Ellingworth, ritorno al Bahrain con il progetto del Tour

27.12.2024
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ALTEA (Spagna) – Rod Ellingworth arrivò per la prima volta al Team Bahrain nel 2020 assieme a McLaren, che lo aveva strappato al Team Sky intaccandone per la prima volta la struttura gerarchica. Rod era nato con British Cycling, il suo lavoro aveva portato, fra le altre, alle medaglie olimpiche di Cavendish, Wiggins e Thomas. L’impostazione del team tecnico costruito attorno a lui da David Brailsford aveva reso allo squadrone le vittorie al Tour di Wiggins, Froome, dello stesso Thomas e di Bernal. Oltre a qualche Vuelta e al Giro di Froome. Che sia un caso oppure no, da quando Rod ha lasciato la squadra, il Tour de France ha smesso di fregiarne le maglie. Il Team Bahrain Victorious lo sa (foto Charly Lopez in apertura) e per questo l’ha voluto nuovamente.

Lo abbiamo incontrato durante il ritiro del team di Erzen e Miholjevic, cui ha appena fatto ritorno dopo un altro triennio alla Ineos. Durante tutto l’incontro abbiamo percepito da un lato l’imbarazzo nel parlare di se stesso, dall’altro la volontà, almeno per il momento, di stare alla larga dalle vicende della sua ex squadra nei giorni del passaggio di Pidcock alla Q36.5, ma ne cogliamo la resistenza e parliamo d’altro.

Rod Ellingworth, classe 1972, è stato con Sky dal 2010 al 2019, per poi tornarvi dal 2021 al 2024. Era stato al Bahrain nel 2020
Rod Ellingworth, classe 1972, è stato con Sky dal 2010 al 2019, per poi tornarvi dal 2021 al 2024
Dopo quattro anni, sei di nuovo in questa squadra. La prima volta durò un solo anno: perché te ne sei andato?

Venire qui e anche andare via fu un’opportunità di vita. Sembra passato molto tempo, accadde tutto con la pandemia nel mezzo. La prima volta che arrivai qui, lavoravo per la McLaren, non per la Bahrain. All’epoca dissi che andavo via principalmente per una ragione personale, più legata alla salute e alla sicurezza. Era il periodo successivo a quello strano periodo che abbiamo avuto con il COVID ed essere assunto nuovamente alla Ineos era qualcosa che, in quel momento della mia vita, era abbastanza importante per me. Non c’entrava nulla con il team o altro. Per questo sono riuscito a tornare, perché abbiamo sempre avuto un buon rapporto e nessun problema.

I membri della squadra ricordano che nel 2020 portasti un’organizzazione che prima non c’era: hai ritrovato qualcosa di quel lavoro?

Sì, decisamente c’è ancora qualcosa. Alcune delle procedure che abbiamo messo in atto all’epoca sono continuate e questo è davvero bello da vedere. Per tutto il tempo in cui sono stato via, sono sempre stato in contatto con Vladimir Miholjevic, Milan Erzen e i ragazzi. Abbiamo sempre continuato a parlare, per questo tornare non è stato così strano.

Questa squadra ha più potenziale della precedente?

Ogni anno le squadre trovano il prossimo obiettivo che vogliono raggiungere. La rosa dei corridori è completamente cambiata. Pochi di quella squadra sono ancora qui e questo fa sì che sia tutto piuttosto diverso. Penso però che l’arrivo di Lenny (Martinez, ndr) sia davvero eccitante. C’è un gruppo davvero giovane, con lui, Tiberi e Santiago (Buitrago, ndr), che c’era anche allora. Era appena arrivato, era un ragazzo giovane e sapevamo che c’era molto lavoro da fare. E si può vedere che è progredito molto bene all’interno di questo gruppo. Gli altri due sono nuovi per me. Averli tutti e tre insieme è davvero entusiasmante.

Il Team Bahrain Victorious ha svolto il primo ridito ad Altea fino al 20 dicembre e tornerà a gennaio (foto Charly Lopez)
Il Team Bahrain Victorious ha svolto il primo ridito ad Altea fino al 20 dicembre e tornerà a gennaio (foto Charly Lopez)
La tua storia inizia in Gran Bretagna. Con il Team Sky avete scritto la storia del ciclismo contemporaneo, da lì è nato un altro modo di fare questo sport.

La gente mi dice che abbiamo stabilito dei punti di riferimento, una nuova visione. In realtà abbiamo introdotto nel mondo del ciclismo professionistico molte cose semplici che arrivavano dalla nostra esperienza con British Cycling e dal programma olimpico. Molte di queste cose erano legate al fatto di mettere l’atleta al centro, fare dell’atleta la persona più importante, come noi crediamo che debba essere. Per fare in modo che si faccia tutto per lui, come avevo già sperimentato in passato. Molte squadre professionistiche forse pensavano che si trattasse più di comunicazione o marketing. Noi abbiamo cercato di essere più performanti nel nostro approccio e questo ha funzionato abbastanza bene.

Pensi che cambierà qualcosa nella squadra col tuo ritorno?

Credo che la mia presenza qui sia legata a determinati progetti su cui io potrò concentrarmi. Sono davvero entusiasta di lavorare con Lenny Martinez sul Tour de France e su ciò che ne consegue. Il Tour è una corsa bellissima, a cui partecipano tutte le squadre. C’è sempre una certa attesa per arrivarci ed è bello lavorare a questo progetto per questa squadra.

Hai parlato di Martinez, che idea ti sei fatto di Tiberi?

Non sto lavorando specificamente con lui, come con Lenny e gli altri. Sono stato coinvolto nel progetto francese, tuttavia penso che parallelamente a questo, gli altri aspetti seguiranno il loro corso. Alla fine le cose funzioneranno tutte allo stesso modo, quindi penso che indirettamente ci sarà un cambiamento. L’intero team cambierà, ne sono abbastanza sicuro. E credo che già quest’anno, in questo campo, le persone possano percepire una certa differenza. Non sto dicendo che sarò io. Ci sono altre persone nuove che sono arrivate in questa squadra e che credo stiano facendo la differenza.

Jonathan Milan, Roberto Bressan, Rod Ellingworth, Giro d'Italia 2020, Udinea
Udine, Giro d’Italia del 2020: è proprio Ellingworth a definire con Milan e Bressan il passaggio di Jonathan tra i pro’
Jonathan Milan, Roberto Bressan, Rod Ellingworth, Giro d'Italia 2020, Udinea
Udine, Giro d’Italia del 2020: è proprio Ellingworth a definire con Milan e Bressan il passaggio di Jonathan tra i pro’
Perché lasciare nuovamente Ineos?

Avevo lasciato Ineos prima di decidere di venire qui. È stata una scelta di vita, anche qui non sono a tempo pieno. Ho un certo numero di giorni in cui sarò molto concentrato sul progetto che devo realizzare e questa per me è la situazione perfetta. Funziona molto bene e per la mia vita è il tipo di progetto che aspettavo e di cui avevo bisogno.

Seguirai anche le corse e l’organizzazione della squadra?

Sì, ci sarò. Anche se il piano è che non sia coinvolto così tanto in profondità da dimenticarmi delle cose che si devono fare e gli sviluppi che dobbiamo garantire alla squadra. Il mio ruolo è quello di avere una visione d’insieme, di consulenza anche dal punto di vista gestionale, per aiutare Miholjevic e Milan Erzen. Quindi mi vedrete sicuramente in gara, ma a dire il vero preferisco seguire gli allenamenti.

Sempre dietro le quinte?

Penso solo che negli allenamenti si possa passare più tempo con i corridori e lo staff.

Ultimo anno di contratto, Pinarello cerca lo squadrone

20.12.2024
4 min
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ALTEA (Spagna) – Per un singolare scherzo del destino, ma anche per l’abitudine di frequentare tutti gli stessi hotel, al Cap Negret di Altea si sono ritrovati sotto lo stesso tetto Alessandro Pinarello in maglia VF Group-Bardiani e Lenny Martinez, che dal 2025 vestirà quella della Bahrain Victorious. Il francese ha divieto di parlare prima del nuovo anno, ma basta vederlo risalire dal garage assieme a Roman Kreuziger per ricordarsi di quando lo incontrammo la prima volta. Era il Giro della Lunigiana del 2021, quando la Francia si impose sugli italiani, fra cui appunto correva l’atleta veneto.

Da allora Martinez fece un anno nel devo team della Groupama-FDJ, poi salì nel WorldTour cominciando a crescere e vincere. Pinarello invece scelse un percorso super accelerato per gli standard italiani. Salì subito nel neonato gruppo giovani della Bardiani, dovendo prendere altra residenza, e ha vissuto gli ultimi tre anni facendo esperienza avanti e indietro tra i pro’ e gli under 23. Ha vinto il Palio del Recioto ed è arrivato nono al Giro Next Gen. Dal 2025 però correrà soltanto fra i professionisti. E la sensazione, che lui conferma con parole chiare, è quella che voglia spiccare il volo. Con 21 anni compiuti a luglio, anche il suo cammino di crescita potrebbe rivelarsi molto interessante (in apertura, foto di Gabriele Reverberi).

Per Alessandro PInarello, 21 anni, inizia il 4° anno con i Reverberi: il primo tutto fra i pro’
Per Alessandro PInarello, 21 anni, inizia il 4° anno con i Reverberi: il primo tutto fra i pro’
Come va?

Tutto bene, siamo qua in Spagna, un po’ distanti dal freddo da casa. Siamo ripartiti con questo ritiro di due settimane. L’ambiente è ottimo. Nell’albergo si sta bene. Lo staff della squadra è al completo. Torniamo a casa con un bel blocco di lavoro un bel blocco di lavoro in vista delle vacanze di Natale e poi l’inizio di stagione.

Che cosa ti sei portato via dal 2024?

Di sicuro più esperienza, crescita personale anche a livello fisico. Quindi nelle corse più lunghe, con i chilometraggi superiori e percorsi più impegnativi. Una maggiore resistenza alla fatica. Quindi penso di iniziare questa stagione con più motivazione e anche più consapevolezza di me stesso.

Hai vissuto finora una crescita per step molto graduali, sta andando come pensavi?

Sono contento, perché vedo che pian piano, sia durante la stagione sia comunque in questi anni, essere a cavallo fra gli under 23 e i professionisti mi ha aiutato soprattutto mentalmente. Il 2025 è il mio ultimo anno di contratto, per cui c’è voglia di dimostrare. Quella magari c’è sempre, ma quest’anno ancora di più per trovare anche una nuova casacca, diciamo così.

In quale ambito pensi di dover crescere per sentirti pronto al grande salto?

Penso che probabilmente le corse a tappe siano un terreno dove si può crescere, però dove davvero vorrei migliorare sono le corse di un giorno. Credo che lì possa fare bene anche adesso. Lavorare sulla resistenza e l’esplosività. E con la squadra stiamo valutando la preparazione giusta, che però sarà più intensa da gennaio. Quindi per il momento sono abbastanza tranquillo. La stagione è lunga e c’è sempre tempo per lavorare.

Il Palio del Recioto è stato la sua unica vittoria 2024, battendo Pescador (photors.it)
Il Palio del Recioto è stato la sua unica vittoria 2024, battendo Pescador (photors.it)
Cosa intendevi per “cambiare casacca”?

E’ la volontà di chiunque passi professionista. L’obiettivo è sempre quello di andare in una squadra più forte, una squadra più importante. Quindi questo è quello che cercherò più che altro in questa stagione.

Aver fatto avanti e indietro fra professionisti e under 23 ti è servito per crescere?

L’anno scorso è servito molto, sicuramente. Quest’anno però correrò solo con professionisti, quindi diciamo il passaggio al livello più alto sarà completo. Correre fra gli under 23 è un’altra cosa. Si nota proprio… l’ignoranza di un modo di fare meno ordinato, al contrario del professionismo in cui è tutto molto più preciso.

E il fatto di correre per tutto l’anno con i grandi è uno stimolo oppure c’è qualche timore?

No, sono molto tranquillo, non ho timore di niente. Ovvio non sarà facile, ma se abbiamo fatto questa scelta è perché abbiamo valutato che sia pronto.

Feste a casa?

Meglio non fare le feste (ride, ndr), sennò si mangia. Però sì, le passerò a casa. E poi a gennaio torneremo qui per altre due settimane. Per ora stiamo facendo tante ore, un bel lavoro di fondo, ma senza strafare. Poi cominceremo a metterci anche la qualità e la sera saremo certamente più stanchi.

Sbagliato inseguire, l’Italia ha la ricetta: Geremia vede giusto

26.11.2024
8 min
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Al Giro della Lunigiana del 2021 in cui Lenny Martinez trascinò i francesi alla conquista dell’Italia, Gianluca Geremia guidava la rappresentativa del Veneto, con corridori come Bruttomesso, Pinarello e Scalco. Quel primo Lunigiana dopo il Covid segnò di fatto l’accelerazione fra gli juniores che oggi è sotto gli occhi di tutti. Martinez trascorse una stagione nella continental della Groupama-FDJ e poi salì nel WorldTour. Pinarello passò direttamente professionista nella Bardiani. Si era messo in moto il meccanismo che ha portato allo svuotamento della categoria under 23 per ragioni tecniche e per altre convenienze di cui fanno le spese i ragazzi meno pronti al salto di categoria.

Giro della Lunigiana 2021, Gianluca Geremia con Alberto Bruttomesso
Giro della Lunigiana 2021, Gianluca Geremia con Alberto Bruttomesso

Il tecnico ex corridore

Geremia lavora nel commerciale di Morfeo Gadget, che realizza trofei stampati in 3D, e per il resto continua a seguire le squadre della sua regione e ne manda avanti una a sua volta. Da dilettante ha vinto 11 corse, è stato per tre anni alla Zalf Fior, prima di passare professionista. Tornare a quel Lunigiana è il pretesto per rileggere anche l’Editoriale di ieri e capire che molto probabilmente il discorso ha colto nel segno (in apertura la squadra del Veneto al Lunigiana 2024, immagine Facebook).

«Nel 2021 eravamo nel pieno di un momento – dice Geremia – in cui la Francia iniziava a raccogliere il frutto di un percorso intrapreso anni prima. Già da tempo correvano diversamente, facevano più gare a tappe e meno gare di un giorno. Quindi il loro calendario era già più internazionale, il colpo di pedale era differente e avevano già eliminato la limitazione dei rapporti. Però anche i nostri si difendevano. Bruttomesso ha fatto la sua trafila, è stato under 23, poi è diventato professionista. Quest’anno ha fatto i primi risultati e come lui Crescioli, che in quel Lunigiana arrivò secondo e quest’anno ha vinto una tappa del Tour de l’Avenir. Si vide però un diverso modo di lavorare. Anche noi avremmo potuto togliere la limitazione del 52×14, ma se in corsa non faccio il ritmo gara dei francesi, si creano danni e basta. E’ servito il tempo per adattarsi».

Lunigiana 2021, il podio: Martinez davanti a Crescioli e Pinarello
Lunigiana 2021, il podio: Martinez davanti a Crescioli e Pinarello
Diverso colpo di pedale significa anche altre velocità?

Io seguo la categoria juniores e posso dire che le medie si sono alzate drasticamente. Ormai la gara vale quanto una nei dilettanti di dieci fa. Non ancora con gli stessi picchi, però ci stiamo avvicinando. I ragazzi sono molto più maturi fisicamente e se vengono seguiti bene, tirano fuori delle super prestazioni. Con l’avvento di Salvoldi in nazionale, abbiamo visto che allenati nel modo giusto e con le giuste intensità e frequenze di pedalata fra pista e strada, ottengono grandi risultati e non sono secondi a nessuno. Dopo la svolta del 2021, adesso bisogna stare attenti. Da quell’anno il ciclismo juniores è diventato ancora più esigente e ho visto che molti atleti forti al primo anno, non si sono confermati al secondo e questa cosa un po’ mi fa pensare.

Perché?

Normalmente si andava bene il primo anno e più forte al secondo, ora invece c’è una flessione. Abbiamo fatto un passo in avanti, ma ora dobbiamo avvicinare l’altro piede, perché a livello mentale non sono preparati per queste pressioni. Hanno tutti il procuratore, ma molte volte non ricevono alcuna indicazione oppure non sono pronti per ascoltare quello che gli viene detto. Poi ci sono le pressioni dei team, per cui si stanno creando un po’ di confusione e anche attriti fra il team, la nazionale e le squadre in cui andranno. La società juniores vuole far correre il ragazzo perché ha investito soldi e tempo per avere dei risultati. La nazionale ha le sue esigenze e l’ottimo lavoro di Edoardo (Salvoldi, ndr) è il fatto di mediare fra le parti. Però dall’altra parte c’è la pressione che arriva da questi procuratori che porteranno i ragazzi nei vari team satellite. Questo crea il rischio di collisione, è tutto il sistema che rischia di andare in crisi.

Perché tutto questo?

Perché c’è stato un giro di chiave e stiamo rincorrendo un sistema non nostro. Secondo me, dobbiamo trovare il nostro metodo di lavoro, perché qui i ragazzi non sono trattati come all’estero, dove hanno le scuole che permettono di fare attività sportive. Dove ci sono le vere scuole sportive e dei team satellite con budget che gli permettono di fare un’attività tanto superiore. Questo sistema, che per noi italiani è ancora lontano, ci sta precludendo la possibilità di trovare il vero campioncino, perché magari si è spinti a chiedere il risultato a un allievo che non è ancora maturo.

L’avvento del cittì Salvoldi ha innalzato il livello del lavoro e creato collaborazione fra nazionale e società
L’avvento del cittì Salvoldi ha innalzato il livello del lavoro e creato collaborazione fra nazionale e società
Ci sono degli esempi?

L’esempio lampante è Francesco Busatto (Geremia non ha dubbi, ndr). Per molti era uno dei tanti e aveva l’80 per cento di possibilità di smettere e il 20 di entrare nei dilettanti. Poi per fortuna, abbiamo visto chi è. Io credo che spesso non si faccia una selezione attenta, perché effettivamente il procuratore guarda i numeri. Vede quello che vince, l’altro che ha un ottimo test, però abbiamo visto tanti ragazzi andare forte nei test eppure non diventare mai dei corridori. Quella roba lì non te la vendono al supermercato. Prendiamo il caso di Finn

Cosa vogliamo dire?

Sin dalla prima volta che lo vidi al Lunigiana, si capiva che fosse un ragazzo genuino e brillante mentalmente. Uno che dichiarava che avrebbe attaccato e che avrebbe cercato di fare il forcing e poi l’ha fatto davvero. Quando poi vai all’arrivo e vedi questo ragazzino magro, ancora tutto da formare, lo capisci subito che questo qua è il nostro pacchetto regalo per il futuro, l’investimento, il nostro fondo. E come lui secondo me ce ne sono anche altri. Come appunto Busatto, un altro che fisicamente sembrava quasi un esordiente messo là con gli juniores. Magari non brillante come Finn, però vedevi che c’era del margine di lavoro. Sapete cosa manca secondo me veramente in Italia?

Un vero osservatore disinteressato o comunque obiettivo?

Esatto, il talent scout, che non è il procuratore, ma uno che guarda le corse indipendentemente dal colore della maglia. Che va a parlare direttamente con i direttori sportivi, che magari regione per regione riesce veramente a seguire l’allenamento, parlare con gli atleti e con i loro tecnici. Secondo me dobbiamo trovare una formula di questo tipo, perché oltre ai numeri, per fare i corridori servono altre peculiarità e una di queste è la famiglia alle spalle. Chi sei, come ragioni, cosa pensi, cosa vuoi. Lì dobbiamo trovare, perché è il mix di tanti elementi a far sì che il ragazzo diventi corridore. Se ci soffermiamo solo sul fatto che vince 100 corse e ha ottimi test, secondo me non stiamo portando avanti la persona giusta. Ecco, io la vedo così perché provengo da un ciclismo dove ci scornavamo tutte le domeniche al circuito di San Michele, la corsa del campanile, ma da lì è uscito Ballan, è uscito Cunego.

Pochi scommettevano che Busatto sarebbe passato professionista: se non lo avessero atteso, avrebbe smesso
Pochi scommettevano che Busatto sarebbe passato professionista: se non lo avessero atteso, avrebbe smesso
Il mondo però nel frattempo è cambiato…

Vero, stiamo parlando di un altro ciclismo e dobbiamo adeguarci, ma io sono convinto che dobbiamo essere bravi tutti a trovare il nostro metodo e dare al ciclismo dei corridori che non siano degli juniores con la barba o allievi con le gambe straformate, che fanno tot chilometri all’anno e vincono 200 corse. Quelli sicuramente hanno buone capacità fisiche e voglia di fare sacrifici, ma evidentemente è un tipo di gestione non lungimirante.

Torna al tuo ciclismo: Geremia sarebbe stato pronto a passare professionista a 19 anni?

Pronto non lo ero sicuramente, perché da junior dovevo ancora cominciare a ad allenarmi. L’entusiasmo ci sarebbe stato tutto. Un’altra pecca di questo ciclismo è che nei dilettanti non ci sono più gli elite e quindi si vive su questa categoria under 21 che si tentò di inserire nel lontano 2000. E’ come una continuazione degli juniores, invece di essere due anni è come se fossero tre perché i più forti vanno a fare un altro tipo di calendario e approdano ai devo team. I medio-buoni rimangano lì, vincono sempre gli stessi con la crescita di qualcuno, però la scelta si riduce. E noi intanto portiamo avanti quello che pensiamo sarà il corridore professionista, ma non è così.

Ci fai un esempio?

Quando c’erano gli elite, quando io stesso ero un primo anno elite, in gruppo c’erano Nibali e Visconti. E quando vedevi questi ragazzini del primo anno che vincevano e bacchettavano i più grandi, era il segno che erano corridori veri. E se c’era qualcuno che faceva il furbo, in quegli anni andavano a beccarlo subito. Battere un elite preparato ad esempio per la Coppa Colli Briantei piuttosto che il Giro di Toscana, era l’indicazione di uno che andava forte, che era un corridore vero. Con questa formula abbiamo sempre trovato corridori che ci hanno fatto fare bella figura nel mondo professionistico. Non solo Nibali e Visconti, pensiamo anche a Pozzovivo. Quindi la categoria dilettanti italiana andava benissimo perché il livello delle gare era alto e potevi davvero dare una misura ai giovani che arrivavano.

Finn ha grinta, motivazioni, una famiglia alle spalle e un fisico da scoprire: il futuro è dalla sua
Finn ha grinta, motivazioni, una famiglia alle spalle e un fisico da scoprire: il futuro è dalla sua
Quindi Reverberi che propone la cancellazione degli U23 ha ragione solo perché la categoria è stata svuotata?

Esatto. Le gare sono diventate di 150 chilometri, non ha proprio senso chiamarli dilettanti, chiamiamoli juniores del terzo o quarto anno. Inventiamoci un’altra categoria, perché ha ragione Reverberi. Purtroppo in questo ciclismo qualcuno ha deciso che gli under 23 non servono e noi dobbiamo adeguarci a questa a questa legge di mercato, io la chiamo così. Se però facciamo un discorso razionale e ci diciamo che dobbiamo tirare su atleti imposti da una legge di mercato come questa, perché adesso va quasi una moda fare così, sono del parere che resteremo perdenti. Stiamo inseguendo gli altri e quindi siamo già fuori tempo, il ciclismo mi ha insegnato questo. Se c’è fuori la fuga e il gruppo la annulla tutti insieme, inseguire ha un senso. Ma se tu dovevi essere in quella fuga perché ci sono dentro quelli che vincono, puoi inseguirla, ma sei fuori tempo. Quando rientri, gli altri ripartono e tu hai chiuso.

Quindi cosa si dovrebbe fare?

Fare squadra, inseguire con il gruppo per raggiungerli. Così quando arriviamo a prenderli, abbiamo energie per stare ancora con loro o per rintuzzare i nuovi attacchi. Ma finché rincorriamo così, per tentativi e da isolati, diventa tutto più difficile. Ci potrebbe essere sotto un discorso politico, ma non sta a me farlo, perché sono lontano dalla politica. Oggi stiamo parlando di cose tecniche, però a mio modo di vedere gli elite non hanno mai fatto male a nessuno e mi dispiace vederli maltrattati. Li chiamiamo vecchi, ma hanno 24-25 anni e nonostante quello che dice il ciclismo moderno, hanno tanto da dare.

A tutto Germani: il rinnovo, la crescita e il futuro della Groupama

16.11.2024
5 min
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Lorenzo Germani ha concluso la sua seconda stagione con la Groupama-FDJ e in entrambi i casi è andato oltre quota 70 giorni di corsa. Il ciociaro viene spesso chiamato in causa dal team francese, che su di lui conta parecchio. A testimonianza di ciò è arrivato anche il rinnovo di contratto, che lo legherà alla formazione WorldTour transalpina fino al 2027. Germani è passato under 23 con il devo team e ha fatto tutta la trafila fino ad arrivare in prima squadra. Dopo quattro anni che mastica il francese la pronuncia si è consolidata, nel raccontarci la sua stagione gli scappa un accento perfetto. Nello scherzare con lui questo diventa l’appiglio per snocciolare i pensieri di una stagione difficile ma che lo ha visto comunque crescere. 

«Sono partito a correre presto, al Tour de la Provence – dice – e anche bene. Ma tra la prima e l’ultima tappa in gruppo c’è stata una serie di ritiri clamorosa, se si guarda alle statistiche lo si vede (dei 117 partenti del prologo di Marsiglia solo 68 sono arrivati all’ultima tappa ad Arles, ndr). C’è stata la diffusione di un virus intestinale, che ha colpito anche me. Da lì non sono riuscito a recuperare completamente, anche perché la squadra aveva tanti altri corridori fuori per infortuni o malanni».

La seconda stagione di Germani nel WT si è conclusa con 78 giorni di corsa
La seconda stagione di Germani nel WT si è conclusa con 78 giorni di corsa

Rincorsa continua 

Il calendario di Germani parla di una costante presenza in gare di alto livello, un fattore che sicuramente aiuta a prendere dimestichezza con il WorldTour. Tuttavia correre senza essere mai al top della forma in questo ciclismo può portare maggiore fatica nelle gambe.

«Non sono mai riuscito a rimettermi ad un ritmo corsa giusto – spiega Germani – nel senso che oltre a un po’ di riposo avrei avuto bisogno di un periodo di allenamento costante, per ricostruire la condizione. Sono arrivato fino al Giro d’Italia non con le gambe che avrei voluto per la mia prima presenza alla Corsa Rosa. L’ho comunque finito in crescendo e questo è stato un buon segnale per me».

Due Grandi Giri

Nelle sue due stagioni con la Groupama-FDJ il classe 2002 ha collezionato già tre presenze in grandi corse a tappe, con un Giro d’Italia e due Vuelta. 

«Dopo aver rifiatato a metà stagione – continua – ho ripreso gli allenamenti in vista della mia seconda Vuelta. E’ stata una gara tostissima, non ho mai sofferto così tanto. Nei primi dieci giorni il caldo ci ha distrutti, poi la seconda e terza settimana si saliva e basta. Penso però che quest’anno sia stato utile per crescere ulteriormente, fare due Grandi Giri in una stagione dà una marcia in più. Infatti una volta uscito dalla Vuelta ho fatto registrare i miei migliori valori, nelle ultime corse di stagione ho capito di stare bene.

«E’ anche un bel modo di progredire – continua – perché questo step mi consentirà di aiutare maggiormente i miei compagni. Un conto è tirare nelle prima fasi di gara, un altro è arrivare fino al momento decisivo. Al Lombardia sono riuscito a restare con i migliori e scortare Gaudu fino all’inizio della salita per la Colma di Sormano. Spero che questa stagione mi dia anche quel qualcosa in più per giocarmi le mie carte quando sarò chiamato a farlo».

Il cammino prosegue

La Groupama-FDJ a fine 2022 fece passare tra i professionisti un blocco di sette ragazzi che arrivavano dal devo team. Quel gruppetto di giovani corridori ha continuato il proprio cammino di crescita, ma dei sette iniziali ne sono rimasti solamente tre: Romain Gregoire, Enzo Paleni e il nostro Lorenzo Germani. Chi per un motivo e chi per un altro gli altri hanno lasciato il team francese che li aveva cresciuti. 

«Il rinnovo – spiega Germani – era nell’aria già da dicembre 2023, quindi avevo testimonianza della fiducia della squadra nei miei confronti. Questo mi ha fatto restare sereno in ogni momento della stagione. L’obiettivo è continuare a progredire e far parte del progetto Groupama».

Tra i nomi illustri che hanno salutato i vecchi compagni di avventura c’è quello di Lenny Martinez. Il francesino ha conquistato cinque vittorie nel 2024 e dalla prossima stagione vestirà i colori della Bahrain Victorious. Un addio difficile da digerire ma che fa parte delle scelte sportive di ogni corridore.

«Certamente – conclude Germani – il fatto che Martinez non sarà più con noi ci crea dispiacere. Allo stesso tempo credo che la squadra rimanga molto forte e nell’anno a venire potremo fare bene. Arrivano altri ragazzi forti del team di sviluppo e in più la squadra si è rinforzata con corridori di esperienza come Remì Cavagna e Guillaume Martin. In più rimane Romain Gregoire che nel finale di stagione ha fatto molto bene e ha ancora ampi margini di crescita».

Gadret: un viaggio fra ricordi e osservazioni (sensate) sul Tour

21.07.2024
5 min
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NIZZA (Francia) – Dopo lo stupore per i magnifici numeri sulle salite di questo Tour, trovarci davanti a uno scalatore puro mette addosso la tenerezza di una specie estinta. Lui è sempre uguale, minuto, pieno di tatuaggi, con lo sguardo gentile e insieme furbo. Da quando era magrissimo, ora ha messo i chili giusti, ma quando John Gadret inizia a parlare è come se il tempo non fosse passato (in apertura la sua vittoria di Castelfidardo al Giro del 2011, davanti a Rodriguez e Visconti).

La sua carriera si è conclusa nel 2015, con le ultime due stagioni alla Movistar e una vita intera alla Ag2R La Mondiale. Dal 2023 è direttore sportivo di una squadra dilettantistica alsaziana, il Velo Club Unité de Schwenheim. Inoltre collabora con ASO per alcune gare come Delfinato, Freccia e Liegi. Al Tour de France indossa i colori di E.Leclerc, catena di supermercati e ipermercati che da anni sponsorizza la corsa.

Gadret, classe 1979, è al Tour con E.Leclerc, una catena di ipermercati e supermercati francesi fondata nel 1949 da Edouard Leclerc
Gadret, classe 1979, è al Tour con E.Leclerc, una catena di ipermercati e supermercati francesi fondata nel 1949 da Edouard Leclerc

L’idea di farci due parole, oltre all’occasione per salutarlo, nasce proprio dalla premessa di questo articolo. Il ciclismo attuale ha ridisegnato le categorie. E’ raro che le squadre si accontentino di avere nelle proprie fila degli specialisti, fatti salvi cronoman e velocisti. Gli scalatori sono stati fagocitati dai passisti e a ben vedere in testa agli ordini di arrivo ci sono sempre più degli atleti completi. E se una volta la presa in giro era che il corridore completo è quello che va piano dappertutto, gli attuali vanno forte senza o quasi punti deboli.

Cosa ti sembra di questo Tour?

E’ stato velocissimo, anche nei suoi giorni più duri. I corridori hanno fatto uno spettacolo molto bello. E’ molto difficile oggi essere uno scalatore, anche essere un corridore deve essere tanto complesso. E’ quello che ho detto ieri ai miei ospiti e penso che sia dovuto ai materiali. C’è stata una grande evoluzione. Penso che al giorno d’oggi non potrei più fare il ciclista, perché è diventato un lavoro pieno di schemi. Ma obiettivamente vanno tutti molto veloce.

Vingegaard è diverso da Pogacar: è più leggero, uno scalatore moderno eppure anche lui super completo
Vingegaard è diverso da Pogacar: è più leggero, uno scalatore moderno eppure anche lui super completo
A Plateau de Beille abbiamo visto un nuovo record: quanto secondo te è dovuto agli atleti e quanto ai materiali?

Dicono che Pogacar abbia battuto Pantani, ma se guardiamo la classifica della tappa, ci sono 10 o 12 corridori che hanno fatto meglio. Per questo dico che dipende dai materiali, ma anche dal modo di essere corridori. Non voglio dire che siano più professionali di prima, ma di certo si giovano di una grande evoluzione.

Che cosa c’è nell’orizzonte del ciclismo francese?

Vinciamo tappe, ma nel complesso penso che purtroppo non vedremo presto un corridore francese vincere una classifica generale. A livello dilettantistico cerchiamo di allenarli correttamente, ma penso che poi diventi tutto più difficile al livello superiore. E poi forse anche i media ne fanno dei grandi campioni anche prima che diventino professionisti.

Però intanto Pinot ha smesso, Bardet resiste: non resta che aggrapparsi ai più giovani.

Il giovane che arriva e spinge di più è Romain Gregoire che corre alla Groupama-FDJ. Penso che Lenny Martinez possa diventare un corridore molto bravo anche in un Grande Giro. Quest’anno ha scoperto il Tour e penso che per lui sia stato difficile. Ma dopo loro due, bisogna davvero grattare e grattare ancora per trovare i corridori francesi che possano arrivare su un podio importante.

E.Leclerc è in carovana da anni come sostenitore del Tour (foto Ugo Breysse)
E.Leclerc è in carovana da anni come sostenitore del Tour (foto Ugo Breysse)
Si dice che Martinez cambierà squadra, la Bahrain Victorious sarebbe la sua scelta. Pensi faccia bene a lasciare la Francia così giovane?

Sì, penso di sì. Con tutto il rispetto che ho per Marc Madiot, penso che se cambia squadra, sia che vada in Bahrain o in un’altra squadra all’estero, per lui sarà una scelta molto importante. Penso che darà una spinta alla sua carriera.

Anche tu hai avuto i tuoi infortuni: pensi sia possibile che Vingegaard sia arrivato al Tour nella forma migliore?

No, penso che nella prima settimana sia stato bene, poi ha iniziato a perdere smalto. Ma davanti a quello che sta facendo in questo Tour de France, c’è da togliersi il cappello, perché la sua non è stata affatto una caduta banale. Il secondo posto non è ancora preso, manca la crono, ma ieri ero convinto che lo avrebbe perso. Lo avevo visto in difficoltà, invece ha saputo reagire benissimo.

Quali sono stati i giorni più felici della tua carriera?

Il più bello è stato quello di Castelfidardo in cui ho vinto al Giro d’Italia del 2011, con il terzo posto in classifica dopo la squalifica di Contador. Ho amato l’Italia. Quando ho saputo che il Tour de France sarebbe partito da Firenze, ero super felice. E poi siamo passati sulle strade di Marco Pantani, il mio idolo da giovane. Una partenza davvero intensa.

Martinez ha debuttato al Tour soffrendo. Cambierà squadra nel 2025?
Martinez ha debuttato al Tour soffrendo. Cambierà squadra nel 2025?
Un francese che ha ricordi migliori del Giro che del Tour?

Con i miei scatti e quella vittoria di tappa sentivo di aver guadagnato più carisma nel gruppo del Giro d’Italia piuttosto che qui in Francia. Scarponi era un gran burlone, ma un bel giorno mi disse: «Mi ricordi Pantani, hai il suo stesso aspetto». Le sue parole mi colpirono.

Vai ancora in bici?

Ci va mia nipote, quindi una volta a settimana devo andare a fare un giro con lei. Ma per il resto corro molto a piedi, col ciclismo ho chiuso: è troppo faticoso. Molto meglio guardarlo in tivù.

Lenny Martinez si infila nel Tour. E Mauduit spiega

26.06.2024
6 min
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Quando lo raggiungiamo, Philippe Mauduit sta guidando verso l’Italia. Il Tour è alle porte e per il responsabile sportivo della Groupama-FDJ si avvicinano giorni importanti. La squadra ha inserito Lenny Martinez all’ultimo momento, nonostante tutto quello che era stato detto al riguardo. E l’annuncio del Covid che ha impedito a Gaudu di partecipare al campionato nazionale accentua la scelta di non avere un team che ruoterà attorno ad un solo uomo. Per questa volta, la Grande Boucle della squadra di Madiot seguirà altri schemi.

Sarà per i trascorsi italiani da corridore, Mauduit è sempre stato più un uomo da Giro d’Italia, anche per il suo gusto personale. Però è innegabile che per lo squadrone che ebbe Pinot e che non ha trovato (finora) in Gaudu un successore all’altezza, la corsa della maglia gialla sia un passaggio cruciale.

Philippe Mauduit ha 56 anni e da quest’anno è responsabile tecnico del team (foto Groupama FDJ)
Philippe Mauduit ha 56 anni e da quest’anno è responsabile tecnico del team (foto Groupama FDJ)
Come mai una squadra così sbarazzina quest’anno, con i due giovani più forti?

Gregoire era previsto da gennaio. A dire la verità, quasi tutti erano previsti da gennaio, Lenny è entrato più tardi nel gioco. Però da un paio di mesi, se guardate bene il suo programma di gare, avevamo anticipato parecchio. Ha fatto l’inizio stagione fino al Catalunya, poi un periodo di riposo. Ha ripreso ad aprile nelle gare di Besançon, Grand Jura e Tour de Romandie, poi di nuovo un periodo di riposo. Quindi è ripartito a fine maggio col Mercantur (che ha vinto, foto in apertura, ndr) e poi il Giro di Svizzera. Volevamo tenerlo fuori perché è ancora giovane, ma sapevamo anche che aveva tanta voglia di esserci. E guardando come ha gestito la sua stagione, abbiamo pensato che avendo avuto il programma ideale di preparazione, non avremo niente da perdere. Noi e tantomeno lui.

Lenny ha solo sette mesi meno di Gregoire: basta questo poco tempo per fare la differenza nelle scelte?

In tutte le categorie, Lenny ha sempre gareggiato contro ragazzi che avevano quasi un anno di più. Romain è molto più maturo fisicamente, anche nel suo modo di affrontare le corse. Per questo con Lenny ci siamo andati un po’ più tranquilli.

Amorebieta, così Gregoire ha centrato la sua ultima vittoria (finora) ai Paesi Baschi
Amorebieta, così Gregoire ha centrato la sua ultima vittoria (finora) ai Paesi Baschi
Resta il cambio di impostazione. Non più tutti per uno…

A gennaio abbiamo iniziato a dire che non vogliamo una squadra legata al 100 per cento al suo capitano, ma una squadra combattiva che corra con l’istinto e la voglia di vincere tappe. In più Gaudu ha avuto un problema di Covid al Delfinato, come molti altri, e sappiamo tutti che questo non è facile da affrontare. Dipende del carico virale, c’è qualcuno che dopo dieci giorni non ha più sintomi e qualcuno che invece rimane fiacco per due o tre settimane. Guardando come sta recuperando, abbiamo pensato di portarlo comunque al Tour. L’ha avuto da più di dieci giorni, ora si sta allenando bene. Eravamo anche incerti se dirlo o meno, ma poiché questo gli ha impedito di correre il campionato nazionale, abbiamo pensato di dare una spiegazione, prima che tutti cominciassero a chiedersi perché mai non lo avesse corso.

Cosa pensi di un Tour con le prime due tappe molto dure e il Galibier il quarto giorno?

E’ un tour un po’ particolare. Alla sera della quarta tappa nessuno lo avrà ancora vinto, penso, ma qualcuno lo avrà già perso. Questo di sicuro. C’è anche la tappa con le strade bianche che sarà molto impegnativa, perché i settori sono lunghissimi. E’ un disegno un po’ particolare (dice dopo una pausa di perplessità, ndr), ma proprio per questo si può pensare che ci sarà animazione per tutto il Tour. Chi sarà andato male nella prima settimana, nella seconda e nella terza andrà per vincere le tappe. Ci sarà spettacolo e insieme ci sarà la lotta per la maglia gialla.

Stefan Kung, di nuovo campione svizzero, va al Tour con la sfida di due crono e poi quella di Parigi (foto Instagram)
Stefan Kung, di nuovo campione svizzero, va al Tour con la sfida di due crono e poi quella di Parigi (foto Instagram)
Che cosa faranno i vostri due giovani? Martinez ha il sogno della maglia a pois da regalare a suo nonno…

Con Lenny non si sa mai. Lui è molto grintoso, non fa ciclismo per passeggiare, ma per vincere. Per andare avanti e migliorare in tutto. Non parliamo di classifica generale ovviamente, però nei primi giorni e anche con questi disegni del percorso, qualcosa potrebbe inventarsi. Ovviamente anche Gregoire viene per fare la prima sua esperienza del Tour e con l’obiettivo di puntare a qualche tappa.

Tutta la Francia li aspetta per la maglia gialla?

La gente è sempre orgogliosa, così c’è chi pensa e chi invece lascia parlare le emozioni. Sapete come sono i tifosi, loro aspettano il successore di Bernard Hinault (ultimo vincitore francese del Tour nel 1985, ndr) e non hanno pazienza. Però dobbiamo essere onesti. Con Pogacar, Vingegaard e Roglic questi bimbi hanno ancora tanto da imparare.

Si può fare una domanda un po’ maligna?

Certo.

Gaudu ha corso il Delfinato sotto tono e ne è uscito con il Covid, come anche altri
Gaudu ha corso il Delfinato sotto tono e ne è uscito con il Covid, come anche altri
Si dice che Lenny Martinez cambierà squadra: è stato portato per averlo almeno in un Tour?

Non credo che il suo contratto sia stato definito, anche perché il regolamento dice che prima del primo agosto non c’è possibilità di firmare contratti. Da noi in Francia di solito succede il contrario. Tante volte le squadre che non hanno confermato un corridore non lo fanno partecipare al Tour. Se guardi il passato, è sempre stato così. Noi non siamo nella stessa situazione, non si tratta di sfruttare Lenny per almeno un Tour. Il nostro obiettivo è solo sportivo.

Come ti trovi nel tuo nuovo ruolo?

Non è sempre facile. Sin da gennaio c’è stato tanto lavoro da fare, tanti cambiamenti di programma. Nonostante ciò, abbiamo due vittorie di più dell’anno scorso. Quello che mi dispiace è che stiamo scendendo un po’ nella classifica del WorldTour e anche se non guardiamo mai i punti, non è bello. L’obiettivo di fine stagione è ritrovare il nostro posto e continuare a gareggiare per vincere.

Oltre alla nuova bici da crono per Kung, la Groupama porta al Tour la nuova Wilier Verticale (foto Groupama FDJ)
Oltre alla nuova bici da crono per Kung, la Groupama porta al Tour la nuova Wilier Verticale (foto Groupama FDJ)
Per te che sei mezzo italiano che effetto fa il Tour che parte da Firenze?

Io non sono appassionato del Tour, preferisco il Giro. A dire tutta la verità, ho più passione per la cultura italiana che per la cultura francese, anche se la storia in Francia è ugualmente importante. Anche noi abbiamo qualche scrittore, pittore, artisti bravissimi che mi appassionano, ma l’Italia per me ha un sapore particolare. Sono molto felice quando ci vado e credo che vivere questi giorni tra Firenze e tutte le città che attraverseremo, sarà speciale. Cesenatico, il paese di Pantani: questo per me è molto importante. Adesso posso farla io una domanda un po’ maligna?

Certo.

Sarebbe stato possibile destinare i soldi spesi per portare il Tour a Firenze per creare una squadra italiana?

E cosa vuoi rispondergli? Probabilmente no, quello non interessa. Sono soldi pubblici, come i miliardi stanziati per le Olimpiadi invernali, mentre ad esempio ci sono ancora case distrutte dal terremoto di otto anni fa che aspettano di essere ricostruite. Non roviniamoci la festa Philippe, ci vediamo a Firenze…

Il filo logico di Mauduit sulla crescita di Lenny Martinez

12.05.2024
5 min
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Quattro vittorie e piazzamenti importanti in questo primo scorcio di stagione. Una Vuelta alle spalle. Un ottimo Romandia. Una crescita importante. Ammettiamolo: un po’ ci stupisce non vedere Lenny Martinez al Giro d’Italia. Anche perché ha fatto un buon calendario sin qui, con Catalunya e Romandia che potevano essere un buon percorso di avvicinamento alla corsa rosa.

La grinta di Lenny Martinez (classe 2003) al Catalunya
La grinta di Lenny Martinez (classe 2003) al Catalunya

Una promessa a pois

Qualche domanda sulla gestione tecnica del folletto francese ce la siamo posta anche noi. Martinez ormai sembra pronto per lottare ad alti livelli. E questo è un argomento che abbiamo posto sul piatto e analizzato con Philippe Mauduit, responsabile del settore corse e direttore sportivo della Groupama-FDJ.

In questi giorni si è parlato parecchio di Lenny in Francia, anche in chiave di mercato. Sembra abbia firmato già con la Bahrain-Victorious, ma chi gli è vicino, a cominciare da suo papà Miguel, smentisce categoricamente: «La prima scelta è quella di prolungare con la Groupama».

Ma si è parlato anche del nonno, di Lenny, Mariano. L’ex corridore degli ’70 sta perdendo la vista e ha chiesto al nipote di vincere la maglia a pois, che lui fece sua nel 1978. «Conquistala prima che io non possa più vederti indossarla». Secondo papà Miguel, Lenny si è fissato in testa questa promessa. Anzi, questa missione.

Philippe Mauduit (classe 1968) è uno dei direttori sportivi della Groupama-FDJ (foto X)
Philippe Mauduit (classe 1968) è uno dei direttori sportivi della Groupama-FDJ (foto X)
Philippe, insomma, Lenny Martinez va forte, come mai non lo avete portato al Giro?

Perché è ancora giovane, ha solo 20 anni. E perché uno come lui non lo si porta così…

Ma ci avete mai pensato? Tutto sommato ha già una Vuelta nel sacco e al Giro non avete né un uomo di classifica, né un velocista.

Sì, ci abbiamo pensato, ma in realtà un velocista ce lo avevamo. Ed era Paul Penhoet. Quest’inverno avevamo fatto i programmi di tutti i ragazzi. Prima del Giro Penhoet si è rotto i legamenti del ginocchio. A quel punto ci siamo posti una domanda: rivoluzioniamo la squadra o sostituiamo un solo uomo? Cambiare tanti programmi sarebbe stato troppo complicato e forse neanche era giusto per chi aveva già un calendario definito e aveva iniziato dall’Australia. E poi sarebbe stato complicato inserire Lenny, in quel gruppo concepito diversamente.

Perché?

Perché un corridore così lo devi supportare. Gli devi mettere vicino almeno un paio di scalatori e qualcuno che lo aiuti in pianura. Abbiamo quindi deciso di non toccare nulla e di mandare Laurence Pithie, che non aveva ancora un programma estivo, è uscito bene dal Nord e per lui poteva essere una bella esperienza con una buona possibilità di vittoria di tappa.

Trofeo Laigueglia 2024, Martinez trionfa in solitaria precedendo Vendrame e Ayuso
Trofeo Laigueglia 2024, Martinez trionfa in solitaria precedendo Vendrame e Ayuso
E quindi come gestirete Martinez da qui in poi (rientrerà in corsa a fine giugno e poi a luglio farà il Giro di Svizzera)?

C’è di nuovo l’ipotesi Vuelta per lui e non il Tour de France. In questo caso non solo perché è giovane, ma è il giovane che porta sulle spalle la speranza di tutta la Francia. La speranza del prossimo vincitore del Tour. Significherebbe metterlo in pericolo e questo, per ora, possiamo evitarlo. Meglio la Vuelta, meglio la Spagna.

Insomma, lì Lenny sarà più tranquillo…

Esatto, inoltre in Spagna avremmo una squadra con un po’ più di scalatori. Dobbiamo essere realistici: noi siamo un team che oscilla fra il settimo e il dodicesimo posto della classifica WorldTour e non abbiamo gli uomini che possono fare classifica su tutti e tre i grandi Giri. Per farlo servono altri corridori e i salari sono così alti che già poter fare due grandi Giri con l’idea della classifica generale è tanto. E poi ripeto, l’idea di venire al Giro con il velocista era ponderata. Oggi trovare una corsa di tre settimane che ti dà l’opportunità di 7-9 arrivi in volata è una cosa rara. Quindi era giusto anche per questo motivo.

Philippe, ma per te Martinez era pronto? Pronto per il testa a testa o sarebbe venuto con l’obiettivo di crescere?

E’ un tutt’uno, non si possono dividere le due cose.

Ma conoscendolo sarebbe stato contento? Parliamo dei desideri, dei sogni del “bambino” al Giro…

Sì, sì sicuro. Sotto questo punto di vista sarebbe stato contento e pronto a lottare. Ma come dicevo, cambiare i programmi sarebbe stato complicato. Anche perché oltre a Penhoet, in questa prima parte di stagione abbiamo 6-7 infortuni. E si è trattato d’infortuni gravi, che hanno visto i ragazzi fermi per mesi e qualcuno ancora non ha ripreso.

In Francia ci sono enormi attese su questo ragazzo. Esporlo prematuramente al Tour potrebbe essere un effetto boomerang per Lenny
In Francia ci sono enormi attese su questo ragazzo. Esporlo prematuramente al Tour potrebbe essere un effetto boomerang per Lenny
Si parla di crescita: in queste due stagioni con voi è migliorato? Intendiamo anche sotto il profilo della personalità?

Dal punto di vista fisico le sue caratteristiche fisiche crescono, non in modo eccezionale, ma lineare e questo va molto bene. Dove vedo che cresce rapidamente è nella parte mentale. Lenny non ha paura di niente. Mi sembra che la pressione gli scivoli addosso. Dalla Vuelta dell’anno scorso ha imparato molto. Ha una forza mentale impressionante. Lui parte per vincere, sempre.

Quindi adesso è uno che nelle riunioni parla? Nei meeting dice la sua?

Non parla molto a dire il vero, ma è giovane e sta imparando ad essere leader. Quando nel bus si fanno i faccia a faccia con i corridori è importante anche la parola del corridore, del capitano in questo caso, e non solo quella del direttore sportivo. Io glielo l’ho fatto notare e lui ha capito. E’ incredibile. Gli dici una cosa una volta e non hai bisogno di ripetergliela… come invece oggi bisogna fare con tanti ragazzi.

Voeckler (come Bennati) conta i nomi per Parigi

30.04.2024
4 min
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Mancano poche ore al Giro, ma in questa primavera che annuncia l’estate e ne porta il calore, occorre tenere lo sguardo anche sullo scenario olimpico. Nei giorni scorsi abbiamo lasciato intravedere quel che potrebbe accadere nella squadra italiana a Parigi, con Viviani iscritto come stradista per consegnare un uomo in più a Villa. In questo modo Bennati, che ha da scegliere appena tre uomini, dovrà ridurre la selezione a due nomi. La causa olimpica viene prima, ma per l’Italia e la sua storia tutto ciò suona alquanto insolito.

Lenny Martinez è stato finora uno dei francesi più vittoriosi (4 successi), ma a Parigi non ci sarà
Lenny Martinez è stato finora uno dei francesi più vittoriosi (4 successi), ma a Parigi non ci sarà

Quattro nomi di Francia

In Francia le cose vanno diversamente, con i transalpini che hanno vissuto la stagione delle stranezze nel 2021 a Tokyo. Tre anni fa, Alaphilippe si rifiutò di andare alle Olimpiadi per l’imminente nascita di suo figlio Nino. Mentre Cavagna, convocato principalmente per la crono, neppure finse di essere interessato alla strada e si ritirò dopo appena pochi chilometri. Insomma, Thomas Voeckler dovrebbe essere tranquillo, invece fa fatica a individuare i quattro nomi (uno più di noi) con cui i francesi correranno a Parigi.

«La primavera – spiega il cittì transalpino (in apertura foto Instagram con Sagan) – non mi ha rassicurato. Abbiamo fatto delle ottime prestazioni, ma vista l’altimetria della corsa olimpica, non basteranno per vincere una medaglia. Lenny Martinez, che ha vinto tanto e bene, non ci sarà perché il percorso non è fatto per le sue qualità. Non saremo i migliori in partenza, perché per tutti i più grandi del gruppo i Giochi sono diventati una priorità. Van Aert era pronto a rinunciare al Tour per vincere l’oro: una cosa impossibile due o tre Olimpiadi fa. Correremo in quattro, ma non saremo nella lista dei favoriti».

Laporte è campione europeo in carica, ma finora non è parso in grande spolvero
Laporte è campione europeo in carica, ma finora non è parso in grande spolvero

Corridori spenti

Non sono poi molti i nomi dei grandi corridori francesi, quantomeno quelli in grado di giocarsi una corsa come quella olimpica. E le due carte migliori – Laporte e Valentin Madouas ai Giochi – escono da un periodo non proprio fortunato.

«Dobbiamo capire che questa corsa olimpica – ha aggiunto Voeckler a L’Equipe – sarà unica. Non sarà una classica, una tappa del Tour, un sesto Monumento o un’altra Coppa del mondo. Sarà speciale. Avremo quattro corridori in un gruppo di 90 per oltre 270 chilometri. Nulla sarà impossibile, ma è scontato che non vincerà uno scalatore. Sento molte critiche sulle dimensioni ridotte del gruppo, ma la cosa mi diverte. Questi sono i Giochi, non vuole essere una gara normale. Ho la mia idea di come affronteremo questa gara olimpica. Montmartre sarà un divertimento, ma arriverà dopo oltre 200 chilometri di corsa, come il Poggio alla Milano-San Remo, ma senza una squadra a proteggerti. Sono già stato a vedere il circuito diverse volte e lo farò ancora, perché è difficilissimo capire la difficoltà di questo circuito finale».

Madouas è stato terzo al Fiandre del 2022: se in forma può essere una carta importante per Voeckler
Madouas è stato terzo al Fiandre del 2022: se in forma può essere una carta importante per Voeckler

Corsa imprevedibile

L’ultima medaglia olimpica italiana su strada resta quella di Bettini ad Atene 2004. Paolo vinse dodici anni dopo Fabio Casartelli a Barcellona, quando curiosamente si corse ugualmente in tre. L’ultima volta che la Francia conquistò medaglie, furono quella d’oro a squadre e quella d’argento di Geyre, a Melbourne 1956 quando l’oro in linea andò a Baldini.

Parigi con il nuovo volto imposto dal CIO al ciclismo sarà una parentesi anomala nello scenario internazionale. Questo farà sì che la corsa possa risolversi al primo attacco deciso o aspettare l’ingresso nel circuito di Montmartre. Nessuno potrà controllarla, per questo i tecnici si prenderanno tutto il tempo possibile. Si tratterà di pescare i più vincenti, metterli insieme e sperare che si riconoscano l’uno con l’altro.

Su Laigueglia la furia di Martinez, ma Vendrame era lì

28.02.2024
4 min
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La scena è netta, poco da inventare. Lenny Martinez sta per scollinare il Capo Mele e poi piomberà sul traguardo del Trofeo Laigueglia. Alle sue spalle gli inseguitori si sono rimpastati, ma ormai è tardi. Ci ha provato Christen a inseguirlo, dopo aver tirato come un ossesso prima sul Colla Micheri per fare la selezione. E forse in quel suo inseguire generoso e potente c’è tutta l’ingenuità dei 19 anni. Il gruppetto alle sue spalle, in cui viaggiava Vendrame poi secondo all’arrivo, avrebbe potuto rendere tutto più semplice, ma ormai è tardi.

«Con la giusta collaborazione – dice il veneto – lo avremmo potuto riprendere. Ma è chiaro che non tutti avrebbero tirato. Sono abbastanza sicuro che i direttori sportivi degli altri compagni di fuga a un certo punto abbiano detto di non collaborare perché c’ero io. Lo sapevano che ero il più veloce e avranno pensato di potersela giocare diversamente».

Seconda vittoria stagionale per Martinez e seconda piazza d’onore per Vendrame a Laigueglia
Seconda vittoria stagionale per Martinez e seconda piazza d’onore per Vendrame a Laigueglia

Secondo colpo

Il pomeriggio galoppa verso l’imbrunire, Laigueglia è la solita festa di ciclismo con la lettera maiuscola. Lenny Martinez ha appena finito di abbracciare i compagni che hanno raggiunto l’arrivo alla spicciolata. Il folletto della Groupama-FDJ cresce alla velocità della luce. E se fino allo scorso anno la sua era quasi una posizione di sudditanza rispetto a Gregoire, ora la sensazione è che i due siano molto più vicini e che Lenny spicchi per concretezza. La vittoria alla Classic du Var dice che durante l’inverno ha lavorato bene, ma la stoccata che ha mollato oggi al secondo passaggio su Colla Micheri è di qualità ancora superiore. L’azione giusta l’aveva portata via Vendrame e quando l’ha visto nel gruppetto, anche il veneto della Decathlon-Ag2R si è messo le mani nei capelli.

«Eravamo due della mia squadra nel vivo della corsa – dice Martinez – e sapevamo che la UAE Emirates era molto forte lì davanti. Io sto bene e tatticamente non abbiamo sbagliato nulla. Ho attaccato anche perché mi preoccupava la presenza di Christen che è un forte passista. E’ andata bene e con soddisfazione sono riuscito ad arrivare fino al traguardo».

Lenny Martinez ha fatto la differenza sulla seconda scalata di Colla Micheri
Lenny Martinez ha fatto la differenza sulla seconda scalata di Colla Micheri

Le carte a posto

Vendrame non sa se disperarsi o farsene una ragione. Le statistiche che lo vogliono per la seconda volta secondo a Laigueglia sono spietate, ma la sensazione che al momento domina nella mente di Andrea è quella di aver fatto la selezione, correndo nel modo giusto. Di più in salita contro Martinez non poteva.

«Ne aveva di più – ammette – e ha giocato le sue carte sul terreno più adatto. Io ho sfruttato al massimo le mie ed è vero che quando l’ho visto, ho pensato che sarebbe stata dura. Però alla fine fra mangiarmi le mani ed essere soddisfatto, diciamo che sto a metà. Sono arrivato con poche corse a causa della cancellazione della Ruta del Sol, quindi non sapevo cosa aspettarmi. Avevo buone sensazioni. Il preparatore mi aveva mostrato buoni numeri. E adesso ho la consapevolezza di stare bene. Per questo mi approccio alle prossime corse come Strade Bianche, Tirreno e Sanremo con il morale alto».

A Laigueglia, nella volata per il secondo posto, Vendrame precede Ayuso e Scaroni
Nella volata per il secondo posto, Vendrame precede Ayuso e Scaroni

Questione di feeling

Ed è alto anche il morale di altri azzurri, che pure avrebbero voluto lasciare maggiormente il segno. La salita si è dimostrata sempre amica di Filippo Zana e di Davide De Pretto, mentre si è visto chiaramente uno Scaroni molto determinato in tutte le fasi di gara. Ma l’entusiasmo è quello ancora di Vendrame, che sintetizza così l’ottimo momento della squa squadra, che con O’Connor e Cosnefroy ha già colto quattro vittorie e qui a Laigueglia aveva vinto lo scorso anno con Nans Peters.

«Tutte le sensazioni positive per i nuovi materiali – conferma Vendrame – stanno trovando conferma nelle corse. Non è per caso che in squadra ci sia questo dinamismo e tanta voglia di fare le cose per bene. Si respira quest’aria buona da inizio stagione. Perciò ora che ci penso, la sapete una cosa? Mi girano le scatole, perché fare secondo per due volte un po’ scoccia. Mi consolo sapendo che ho dato tutto, di più oggi davvero non potevo. Avete sentito che freddo? Per fortuna non ha piovuto come l’anno scorso…».