Juniores ed alimentazione: ce ne parla Erica Lombardi

24.10.2021
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L’alimentazione è fondamentale per gli atleti, l’abbiamo analizzata in diversi modi e sfumature per quanto riguarda i pro’. Ora tocca agli juniores, continua il nostro viaggio in questa categoria, che come disse Malori, è quella della scoperta e dell’apprendimento. Con Erica Lombardi, dietista tra i tanti team dell’Astana Premier Tech, che ci guida come Virgilio con Dante nella selva dell’alimentazione negli Juniores. Scopriamo cosa devono sapere i ragazzi e quale percorso si fa con loro, nessuna dieta: come dice Erica, ormai di casa qui a Bici.PRO.

«La grande differenza tra juniores e professionisti è che tra i ragazzi c’è di mezzo la scuola. Diventa quindi fondamentale educare i ragazzi ad una corretta alimentazione. Non parlo di una dieta, ma di un’educazione alimentare, in cui si vanno a correggere gli errori che i ragazzi fanno».

Uno degli errori più comuni nei ragazzi è bere bibite gassate già di prima mattina, diventa un problema soprattutto se fatto a stomaco vuoto
Uno degli errori più comuni nei ragazzi è bere bibite gassate già di prima mattina
Quali sono gli errori di cui parli?

Saltare la colazione, bere bibite gasate già di prima mattina, oppure mangiare merendine all’intervallo sono i più comuni.

Quale di questi è il più grave?

Saltare la colazione, sicuramente, è il pasto più importante della giornata. Spesso i ragazzi per pigrizia non la fanno. Il rischio è di arrivare digiuni a metà mattina, orario dell’intervallo o ancora peggio a pranzo e poi prendere la bici con i livelli glicemici al minimo. Così non rendono in allenamento ma soprattutto lavorano al di sotto dell’integrazione minima che il nostro corpo richiede.

Qual è la parte più complicata?

La cosa più difficile è organizzare logisticamente la giornata, un ragazzo passa molte ore a scuola, dalle 5 alle 6 ore al giorno. Spesso durante la lezione non possono bere o mangiare, invece per un corridore è fondamentale integrare costantemente cibo e liquidi. Rispetto ad un professionista i tempi sono più brevi nell’organizzazione alimentare della giornata.

Dal punto di vista dei pasti?

Dal punto di vista dei pasti quello più importanti è il pranzo. Appena tornano da scuola mangiano e dopo mezz’ora sono già in bici, di conseguenza devono mangiare cibi altamente digeribili per non appesantirsi. Bisogna mangiare alimenti con un basso contenuto di fibre e grassi, se si impegna troppo la digestione rischiano di stare male.

Come si lavora con le squadre?

Con i team juniores, prima del Covid, si organizzavano laboratori nutrizionali in cui si faceva apprendere ai ragazzi come abbinare i cibi o come un alimento va dal supermercato alla tavola. E’ un’attività fondamentale che spero torneremo a fare già dalla prossima stagione. Un’altra attività importantissima, che si faceva anche questa pre Covid, era l’allestimento di un buffet ed i ragazzi dovevano prendere il cibo autonomamente. Questa attività aveva lo scopo di far capire come abbinare il cibo e come suddividere le macro-categorie di alimenti.

I genitori vengono coinvolti?

Assolutamente, i genitori devono essere informati anche perché poi sono parte attiva nell’alimentazione dei ragazzi. Questi laboratori prevedono la partecipazione di tutti: corridori, team tecnico, genitori e soprattutto il medico sociale. Quest’ultimo è davvero importante perché i ragazzi devono essere seguiti e tutelati da una figura di riferimento.

Le zuppe di legumi e cereali vengono utilizzate come alternative a pasta e riso nel periodo invernale
Le zuppe di legumi e cereali vengono utilizzate come alternative a pasta e riso nel periodo invernale
Quali sono i rischi più grandi per un ragazzo?

Dal punto di vista dell’alimentazione il rischio di prendere integratori non adatti a loro o che possono fargli male o ancora peggio vietati, ricordiamo che anche loro hanno delle regole da seguire.

«Nell’alimentazione si ragiona per macro-obiettivi, per esempio: in inverno fa un’alimentazione che coadiuvi la difesa del sistema immunitario e muscolare. Si va a lavorare sulla parte proteica come zuppe e cereali alternativi alla pasta o riso come farro e legumi. Anche per diversificare i cibi che si ingeriscono. All’interno dei macro-obiettivi si ragiona per micro, ovvero se faccio un allenamento dedicato alla forza integrerò con il giusto carico di proteine. La cosa fondamentale che i ragazzi devono capire è che devono nutrirsi e non mangiare, le differenze sono enormi, soprattutto ne risente il metabolismo

In età adolescenziale quanto è delicato il metabolismo?

Molto delicato, i ragazzi hanno dei fabbisogni energetici differenti, cosa che abbiamo già detto, a questa età si forma l’imprinting metabolico. Se un ragazzo tende ad essere in sovrappeso da adulto sarà più facilmente soggetto a problemi legati al peso.

Juniores, tre squadre che brinderanno al 2021

15.10.2021
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Abbiamo analizzato a fondo la categoria juniores, dove il livello si è alzato notevolmente negli ultimi anni. Ma per capire ancora meglio in che modo si lavora e come si organizza l’attività in una squadra di ragazzi, ancora molto giovani, abbiamo deciso di interpellare tre diesse di altrettante squadre. Abbiamo selezionato i team che si sono distinti per i risultati ottenuti nella stagione appena conclusa e nel nostro dietro le quinte si sono scoperte delle cose davvero interessanti. Le squadre sono: Borgo Molino Rinascita Ormelle, Team Giorgi e Casano Matec.

Borgo Molino, c’è la plurima

«In questa stagione abbiamo lanciato verso la vittoria 10 ragazzi su 14 – inizia così Cristian Pavanello, diesse della Borgo Molino -. Per chi ci guarda da fuori viene facile pensare che una squadra come la nostra possa concentrarsi solamente su pochi corridori ma non è così.»

In che modo gestite l’attività?

La prima cosa da dire è che noi abbiamo un’affiliazione plurima, vuol dire che sotto lo stesso nome, Borgo Molino, abbiamo due selezioni: una in Veneto ed una in Friuli. Un motivo è legato agli sponsor, visto che arrivano dalle due regione è giusto dare visibilità. Un secondo motivo è che a livello regionale ci sono dei blocchi perché alcune regioni non rilasciano il nulla osta ai corridori per correre in regioni diverse. Quando si corrono le gare regionali le squadre come la nostra hanno un tetto massimo di corridori da portare, cioè 12.

Come fate a farli correre tutti?

Nel pieno della stagione, in estate, visto che i ragazzi d’inverno vanno ancora a scuola, partecipiamo a due corse nel weekend così da impegnarli tutti. È un bel dispendio di energie e risorse ma è giusto che tutti i ragazzi abbiano le stesse possibilità.

Come gestite gli allenamenti nel periodo scolastico?

Siamo tre diesse e ci dividiamo le zone: due sono in Veneto ed uno in Friuli, durante la scuola non facciamo muovere i ragazzi, si allenano divisi per microregioni. Studiare è la cosa più importante per loro, il ciclismo deve essere un divertimento, poi, come in tutti gli sport, è bello quando vinci – dice Cristian con una lieve risata.

Le bici e l’abbigliamento da dove li prendete?

Le bici ce le dà Pinarello, con Fausto c’è un rapporto di amicizia incredibile e lui ha piacere nel darci i mezzi. L’abbigliamento ce lo fornisce Mem, le scarpe Gaerne ed occhiali e caschi Ekoi.

Team Giorgi, affiliazione unica

«Siamo da 25 anni nel mondo degli juniores – ci dice Leone Malaga diesse del Team Giorgi-. Fino a poco tempo fa avevamo anche la categoria allievi ma abbiamo dovuto abbandonare il progetto perché da noi (Provincia di Bergamo, ndr) ci sono troppe squadre. Noi abbiamo l’affiliazione unica quindi possiamo schierare tutti i nostri corridori nelle gare regionali».

Qual è la parte più difficile del non avere un vivaio?

Sicuramente trovare dei ragazzi stagione per stagione, la nostra squadra ha la fortuna ed il merito di essere molto conosciuta ma è comunque complicato. Lo è perché i ragazzi, tra le categorie esordienti ed allievi, hanno un vincolo con le società di appartenenza, che si scioglie quando passano Juniores.

Anche voi avete un bel numero di corridori.

Siamo sempre tra i 13 ed i 14 ragazzi. Abbiamo la fortuna di averli tutti vicini e riusciamo a gestire bene l’attività. Ci affidiamo al nostro medico sociale per le visite e ad un dietista per consigliare un’alimentazione corretta. Non facciamo diete ferree, a questa età non serve, il dietista fornisce delle linee guida ma poi i ragazzi sono liberi.

Per gli allenamenti?

Le tabelle le preparo io e tramite una piattaforma i ragazzi caricano l’allenamento e io posso seguire i loro progressi. Ovviamente questa cosa è possibile perché tutti i ragazzi sono forniti di potenziometro.

Insomma, dei piccoli professionisti

Il livello si è alzato molto, la nostra squadra partecipa per il 50 per cento delle corse a gare nazionali ed internazionali. Si è visto anche dalle gare più recenti come il livello sia ormai davvero elevato, non si può nascondere, anche i mezzi sono al top e l’abbigliamento è di ultima generazione

Casano Matec, fra Toscana e Liguria

«La nostra fortuna,durante il lockdown è stata la pista. Ho chiesto a Marco Villa se si potessero fare delle prove e mi ha detto di sì. Da lì è iniziata una collaborazione continua», parte con entusiasmo Giuseppe Di Fresco diesse della Casano Matec. Del loro impegno con la pista ve ne avevamo già parlato.

«Anche noi abbiamo la doppia affiliazione, una toscana con 10 corridori ed una ligure con gli altri 4. Da quest’anno organizziamo anche il Giro della Lunigiana, insomma gli impegni non ci mancano. Noi abbiamo tutto il vivaio completo, dagli esordienti fino agli juniores, ci coltiviamo i talenti in casa. E’ logico che qualche ragazzo lo prendiamo anche da fuori soprattutto per gli Junior ma direi che abbiamo un’ottima percentuale di passaggi di categoria».

Anche voi avete il problema di allenarvi tutti insieme vista la distanza?

Sì, però io ho una casa, soprannominata ormai “casina” dove facciamo molti ritiri, anche prima delle gare. È un modo per stare tutti insieme, si fa gruppo e ci si diverte, il sabato dopo scuola si prendono i ragazzi e si va lì e facciamo il ritiro pre-gara.

Un vero punto di riferimento questa “casina”

Ci troviamo molto spesso, ad inizio stagione per i test ed i controlli, ai quali partecipa anche Erica Lombardi, dietista che lavora con Astana. Abbiamo anche un osteopata, un massaggiatore, un medico sociale ed un biomeccanico, preferisco avere tutto sotto controllo.

A Roubaix col Ballero nel cuore, la commozione di Bardelli

03.10.2021
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«Ci siamo svegliati alle sei e mezza – dice Bardelli con le lacrime agli occhi – c’era il diluvio universale. E ho visto questi ragazzini mettersi il taping come faceva Franco e prepararsi per la Roubaix. Mi viene da piangere perché so che stanno cercando di finirla a tutti i costi, mentre qua davanti Martin s’è giocato la corsa. E andava così forte, da pensare che da lassù lo guidasse qualcuno…».

Davide Buconi del quartetto era uno di quelli con la miglior condizione
Davide Buconi del quartetto era uno di quelli con la miglior condizione

Vittoria a Fredheim

Stiam Fredheim ha vinto la Roubaix juniores, alle sue spalle al fotofinish Alec Segaert campione europeo della crono, terzo Hagenes campione del mondo. Il quarto non s’è ancora capito. Quinto il campione d’Europa Gregoire e sesto Martin Svrcek, corridore slovacco del Team Franco Ballerini (foto di apertura). C’era lui dall’alto a guidarlo, il nostro amico Franco. Che qui vent’anni fa concluse la carriera con quella maglietta bianca con su scritto Merci Roubaix.

Bardelli piange, ma grazie alla pioggia battente se ne accorgono in pochi. La squadra toscana è arrivata a Roubaix all’ultimo momento, grazie all’invito ricevuto. Dopo il mondiale, avevano deciso di chiudere bottega e dare appuntamento al 2022. Svrcek aveva già firmato per la Deceuninck-Quick Step, gli altri erano già a scuola.

«Ma quando è arrivato l’invito – prosegue il tecnico del team – Martin mi ha detto di venire a correre. E io sapevo che se lui dice di partire, lo fa per vincere. Avevo paura del pavé, ma si è mosso benissimo. Si è staccato per un errore, ma era con i migliori».

Il Ballero nel cuore

I francesi per i campioni hanno cuore. E quando ieri alla presentazione delle squadre hanno visto le maglie del Team Ballerini con quella stessa scritta, li hanno adottati. Franco quassù era un dio, come lo sono tutti coloro che su queste pietre hanno lottato, perso e poi vinto.

Sesto posto finale per Martin Svrcek, al primo assaggio di pavé
Sesto posto finale per Martin Svrcek, al primo assaggio di pavé

«Quassù Franco è Franco – dice Bardelli e ancora si commuove – e quando ci hanno visto hanno iniziato a fotografarci. Io ho seguito tutte le sue Roubaix ed essere qui vent’anni dopo è un sogno. Per Martin è il primo anno che corre sul serio, ma ci tenevamo per la Sabrina (mogie di Franco Ballerini, ndr) a onorare questo invito. Martin ha il suo futuro alla Deceuninck-Quick Step, agli altri resterà per la vita. Chi sia Ballerini ci penso io a dirglielo e credo che Martin abbia fatto questa corsa per restituirci qualcosa. Lo abbiamo cresciuto passo dopo passo e anche per questo la giornata si concluderà con un magone. Perché con la stagione finirà anche la nostra collaborazione. Anche se continueremo a essere in contatto».

Il lavoro e la passione

Nel programma dei ragazzi di Bardelli c’era anche assistere all’arrivo dei professionisti, poi la notte al solito hotel col tucano a Charleroi e domattina il volo per l’Italia. Segnate i loro nomi. Alcuni diventeranno corridori, altri porteranno questa giornata per sempre nei ricordi.

Lorenzo Iacchi era fra i primo trenta, ma ha bucato a 20 chilometri dall’arrivo e si è fermato. Comunque il miglior italiano

«E’ un’emozione indescrivibile – ripete Bardelli – ho portato tre corridori di secondo anno, Gianmarco Coppini, Lorenzo Iacchi e Martin Svrcek, e ho aggiunto Davide Buconi che nelle ultime gare si è dimostrato in crescita. A tutti loro e a chi vorrà leggere questa storia porto l’esempio di Franco Ballerini. Un uomo che con il lavoro e la passione ha raggiunto dei risultati bellissimi. Poi ha raccolto il testimone di Alfredo Martini e dopo di lui è stato il commissario tecnico migliore che l’Italia abbia mai avuto. Il lavoro e la passione, basta chiacchiere. Con gli juniores serve fare così. I miei ragazzi non lo dimenticheranno mai».

Con Della Vedova, ragionando di juniores e deviazioni

29.09.2021
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«Qualche anno fa – dice Marco Della Vedova dalla Sicilia – anche un’intervista come questa non ci sarebbe stata. Quando ho cominciato a fare il tecnico non c’erano ancora i social ed era tutto più semplice. Ogni volta che oggi vedo i genitori di qualche esordiente fare post e stories parlando del proprio campione, mi metto le mani sulla testa. Il ciclismo giovanile sta cambiando parecchio e velocemente».

Marco Della Vedova (in apertura nella foto scattata da Carlotta Ganna), oggi ispettore di percorso di Rcs Sport e direttore sportivo della Bustese Olonia, risponde da Selinunte dopo la tappa di ieri vinta da Molano. Nel viaggio fra gli juniores, la sua voce non poteva mancare. E’ il colpo d’occhio di un direttore sportivo che è stato professionista per sette anni, che in seguito ha portato fra gli under 23 corridori come Felline, Sobrero e Ganna e che oggi, pur guidando gli juniores, vive a strettissimo contatto con i professionisti.

AI mondiali di Leuven, Oioli settimo al traguardo
AI mondiali di Leuven, Oioli settimo al traguardo
Sta cambiando velocemente.

I social hanno un peso decisivo, per quello che mettono in movimento. Ci sono ragazzi che pensano già di essere campioni e non ne hanno le basi. Ugualmente hanno dietro i procuratori, chi gli fa le foto e i video. Ne ho visti tanti che si sono prima illusi e poi si sono smarriti. Puoi credere di essere arrivato, ma non sei neanche all’inizio. Due giorni fa leggevo sulla Gazzetta quel pezzo di Ullrich paragonato a Pantani. Con i soldi vale lo stesso discorso. Se non hai le basi non sai gestirli e arrivano i problemi seri.

Da cosa si capisce che il sistema è andato avanti?

Dalle squadre che si fanno sotto con offerte per corridori giovanissimi e famiglie che magari non sanno e le assecondano. Si stanno facendo dei disastri. Mentre questa è l’età in cui dovresti passargli dei valori diversi.

Di quali valori parliamo?

Oioli è tornato dai mondiali di venerdì e la domenica c’era la corsa del Ghisallo, che per gli juniores è importante. Ci siamo sentiti e non sapeva se doveva andarci. Gli ho chiesto se avrebbe preferito riposare e ha risposto di sì, che era un po’ stanco. Così gli ho detto che poteva non correre. Lo ha fatto, ma siccome aveva voglia di stare con i compagni e di divertirsi con loro, l’ha seguita sull’ammiraglia. Se con Ganna al sabato si faceva una cronometro, la domenica stavamo a casa. Alla Lvf era diverso. La Bustese Olonia invece è una società storica, un circolo. Ci sono i pensionati che si informano del risultato e magari aprono il portafogli e versano 100 euro per la squadra. Ma ce ne sono alcune che fanno solo gli juniores, hanno un budget e lo spendono facendo offerte ai corridori.

Che accettano sempre?

Noi siamo fortunati perché Oioli non ha abboccato. Ma ci sono famiglie cui quei 200 euro in più dati al figlio fanno comodo e firmano.

Ganna e Sobrero nel 2015 al primo anno da U23 dopo un cammino ragionato fra gli juniores (foto Instagram)
Ganna e Sobrero nel 2015 al primo anno da U23 dopo un cammino ragionato fra gli juniores (foto Instagram)
Parlavi dei procuratori.

Che ci sono, è un dato di fatto. Una volta ho provato a chiedergli in cambio dei materiali, per un certo… Filippo Ganna. Ci servivano scarpe numero 46 e anche il casco, perché di testa ha la 61. E poi anche la bici. Uno promise mari e monti e poi non lo abbiamo più visto, mentre adesso per vestire Filippo le aziende fanno la coda.

Cosa può fare la Federazione?

Credo che in primis si debba ragionare sulle categorie ancora inferiori. E poi la Fci si deve chiedere che cosa vuole dagli juniores. Se le medaglie o che facciano esperienza. Il sistema non lo cambi più, però magari puoi trovare il modo di starci dentro.

Torniamo ai social?

Guardano cosa fanno i pro’ e li imitano. Per questo mi dà fastidio quando questo o quel campione pubblica che è al pub a bere o a fare baldoria. Come glielo spieghi a dei ragazzini che quando si corre, si corre e basta? Vanno forte e non sono come noi, che non avevamo tutti questi mezzi. Noi avevamo al massimo il papà del Mori che era stato professionista e ci consigliava di andare più agili. Ora invece hanno accesso a un mondo di informazioni su cui devi aggiornarti, altrimenti perdi credibilità. Io invece a questo livello sarei più per un sistema artigianale

Vale a dire?

Se vedo uno un po’ grassotto, non mi serve fargli la plicometria. Quest’anno non l’abbiamo fatta a nessuno. Non abbiamo il massaggiatore a casa, per me possono farne uno a settimana, oppure uno ogni due, mentre so di squadre che ce l’hanno fisso. E magari hanno anche il nutrizionista.

Marco Della Vedova con Gabriele Bessega e Tommaso Bessega, i gemelli della Bustese Olonia di cui abbiamo scritto ieri
Marco Della Vedova con Gabriele Bessega e Tommaso Bessega, i gemelli della Bustese Olonia di cui abbiamo scritto ieri
Argomenti che funzionano?

Trovi il ragazzo flippato, con il padre flippato e cambia squadra. Come glielo fai capire che a 17 anni non serve? E’ difficile invertire la rotta, si dovrebbe ragionare a livello mondiale, dove però i francesi vanno in corsa con l’11. L’unica soluzione è calibrare le cose e avere la fortuna di trovare un ragazzo come Oioli che in questa fase vuole soprattutto divertirsi. Secondo me fino ai 17 anni dovrebbero davvero provare tutti gli sport. Uno come Evenepoel che giocava a calcio e faceva la mezza maratona con ottimi tempi, è per forza un grande atleta. Invece da noi si sceglie uno sport e c’è solo quello.

La logistica in Italia non aiuta…

Vero, dalle nostre parti il territorio ci aiuta, se pensate alla Longo Borghini, alla Barale, a Ganna. Non abbiamo la pista, ma si riesce a lavorare bene lo stesso. Non abbiamo tante discoteche. Uno come Sobrero che abita in vigna, come distrazione aveva la bici. Tutto per dire che bisogna avere una visione a lungo termine.

Parole sacrosante.

La corsa del Ghisallo che ora ti sembra quella della vita, fra dieci anni magari neanche la ricordi più. Sono i discorsi che cerco di fare perché ho visto quello che c’è dopo. Altri che non sono mai usciti da questa categoria magari passano altri messaggi. Piuttosto ho letto che alcuni miei colleghi si sono schierati contro De Candido…

La collaborazione di Marco Della Vedova con Ganna non si è mai interrotta. Qui negli anni da U23 alla Colpack
La collaborazione di Marco Della Vedova con Ganna non si è mai interrotta. Qui negli anni da U23 alla Colpack
Vuoi aggiungere qualcosa?

De Candido ha sempre fatto così, dando i nomi alla fine e pretendendo sempre delle conferme. Un anno volle che portassi Ganna a fare una crono, altrimenti non lo avrebbe convocato. Certo, Bessega ha saputo all’ultimo che avrebbe fatto il mondiale. Poteva prepararsi meglio? Forse, ma ho chiesto a Villa di fargli fare la corsa a tutta e vedere quale fosse il suo limite. Per un primo anno va bene così. Cerchiamo insomma di tenere d’occhio le proporzioni, questo vorrei dire…

Hagenes, vikingo spaziale. Ma i piccoli azzurri crescono

24.09.2021
6 min
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La strada si infila a sinistra e s’impenna nel budello, quando Hagenes molla una botta così secca da stordire anche Gregoire. Il francesino con la puzza sotto al naso che l’aveva battuto agli europei, adesso balbetta. Dietro c’è una caduta, alle spalle del norvegese però s’è già lanciato Dario Belletta. La strada sale, il muro diventa all’improvviso uno Stelvio. Dura tutto pochi secondi, ma la fatica li rende interminabili. E mentre Hagenes continua a spingere potente, dietro l’italiano si arrotola su un rapporto troppo leggero. E’ il momento in cui il cuore dice basta. Belletta si sfila, da dietro risale il francese. Se c’è un errore che l’azzurro si rimprovera ora che la corsa è finita è non averlo agganciato subito. Gregoire si allontana e gli ultimi sette chilometri diventano una crono individuale. Hagenes macina pedalate come lastre di ghiaccio, sarà il primo norvegese della storia a centrare l’iride juniores.

Belletta ha ceduto ad Hagenes ed è stato a lungo in lotta per il podio
Belletta ha ceduto ad Hagenes ed è stato a lungo in lotta per il podio

Promesso alla Jumbo

Hagenes è biondo, ha il sorriso stampato sul volto e la maglia iridata illumina la scena intorno, nella stanza in penombra nella quale lo incontriamo. Guai dire che abbia vinto per caso, dato che nel 2021 si è portato a casa le due Coppe delle Nazioni (Ungheria e Corsa della Pace) e altre vittorie sparse. Non a caso, insomma è nell’orbita della Jumbo-Visma Development.

«Dopo Trento sono diventato matto per una settimana – ammette – e quando sono arrivato qui ho pensato che non avrei voluto un arrivo in volata. Meglio arrivare da solo, anche se non è mai bello avere vantaggio perché dietro i rivali cadono. A Trento ho sbagliato io una curva, oggi è toccato ad altri. Il piano era di attaccare in quel punto e semmai alla volata avrebbe pensato un compagno. La prima fuga ho dovuta inseguirla. Poi ho dovuto chiudere un buco da solo, sono rientrato e mi sono preparato per l’ultima salita.

«Ho festeggiato tanto, porterò a lungo con me questo ricordo. Ma è solo un titolo juniores, non mi sognerei di passare subito pro’. Sono felice dei segnali che ho dato, ma preferisco fare passi graduali, non mi sento pronto. Ho fatto risultati fra gli juniores, di là è un’altra cosa».

Alla partenza Oioli e Bruttomesso erano due degli osservati speciali
Alla partenza Oioli e Bruttomesso erano due degli osservati speciali

Quaranta metri

Belletta lo incontriamo subito dopo l’arrivo. Con i capelli scompigliati sotto il casco e lo stesso spirito di quando vinse il Gran Premio della Liberazione, dedicando poi la vittoria a Silvia Piccini. Guarda in faccia e parla chiaro.

«Ho dato veramente tutto quello che avevo – dice – ogni singola parte. Quando il norvegese ha attaccato, stavo letteralmente morendo sulla bici. A quel punto ho visto il francese passarmi e ho pensato di resistere ancora un po’. Ma era lì, lì, lì… Purtroppo l’unico rammarico che posso aver avuto è stato non agganciarlo subito, però ho dato tutto.

«Non è arrivato il risultato – aggiunge – alla fine sono mancati 40 metri sull’ultimo strappo. Sono un primo anno, è tutta esperienza. Volevo regalare un posto d’onore a questa maglia, alla mia Nazione. Sapevo che stavo bene, Manuel (Oioli, ndr) stava bene, ci siamo parlati durante tutta la gara. Era inutile aspettare in due la volata. Uno doveva andare all’attacco e l’altro proteggerlo. E nel caso fosse stato ripreso, quello che era in gruppo avrebbe dovuto fare la volata. E’ stato divertente, il percorso mi piaceva tantissimo: dentro e fuori, su e giù. Sono molto felice. Sembrava quasi il Liberazione, per un attimo ci ho quasi creduto. Però complimenti al norvegese che oggi ne aveva davvero di più…».

Oioli ha sprintato, cogliendo il settimo posto, dopo il quinto di Trento
Oioli ha sprintato, cogliendo il settimo posto, dopo il quinto di Trento

Trento alle spalle

Oioli veniva dal quinto posto di Trento e dalle due vittorie del Lunigiana. E non è stato per caso ritrovarselo davanti nella fuga.

«Non posso dire di non essere soddisfatto – dice Oioli, poggiandosi alla trensenna – ho fatto di tutto per mandare in porto l’attacco di Dario. Perché so che se lo merita, è un mio amico ed è molto veloce. Purtroppo ha fatto un po’ fatica nel finale e ci sta perché è un primo anno. Il mondiale è stato davvero duro e quando lo abbiamo ripreso, io ero un po’ stanco perché avevo chiuso tanti scatti. Ho provato in volata ed è venuto un settimo posto. Una top ten nel mio primo mondiale. Non male. In più, secondo me la cosa più importante è che mi sono davvero divertito.

«A Trento non stavo per niente bene, mentre oggi ero a posto e me la sono goduta molto di più. E poi è stata una gara completamente diversa, qui c’era un percorso pieno di curve, super tecnico, dove abbiamo fatto più di 44 di media. E’ stata una giornata completamente pancia a terra, non ho mai tolto il 52. Sinceramente mi sono divertito molto di più oggi. Ha fatto selezione il ritmo, non abbiamo mai mollato. Se aggiungi questo al percorso pieno di curve e strappi… All’ultimo giro, mi sono girato ed eravamo rimasti 30-40 senza salite. Un termometro di quanto sia stata dura la gara».

Belletta, il racconto di una corsa… morendo sulla bici
Belletta, il racconto di una corsa… morendo sulla bici

Sfortune azzurre

Bruttomesso racconta che si sentiva bene, pur in una corsa per lui durissima, ma che a un giro e mezzo dalla fine, gli si è incastrata la catena sul 14 e ha dovuto fermarsi per disincastrarla.

«Ho perso quei 40 secondi e basta – aggiunge – non stavo malissimo, avrei potuto giocarmela. Sono soddisfatto, un campionato mondiale con capita sempre e indossare l’azzurro è già un traguardo, dopo una stagione stupenda. Venire al mondiale è stata la ciliegina sulla torta». 

Chi non è riuscito davvero a dire la sua e tantomeno a divertirsi è stato Samuele Bonetto, caduto a 77 chilometri dall’arrivo. Dice che il corridore davanti a lui si è ribaltato facendo tutto da sé e che non ha potuto evitarlo. Ha fatto un capitombolo e nel ricadere si è storto un po’ il ginocchio.

«Ma poteva andare peggio – dice – mi dispiace che sia andata così e che non abbia potuto aiutare la squadra. Il dolore passerà…».

Per Hagenes il mondiale è il sugello su un super 2021: ora Jumbo-Visma Development
Per Hagenes il mondiale è il sugello su un super 2021: ora Jumbo-Visma Development

Svolta De Candido

La chiusura è per De Candido, finito nell’occhio del ciclone dopo le parole dure al termine degli Europei di Trento.

«Hanno corso da Dio – dice questa volta – a me interessa che corrano così e poi il risultato prima o poi arriverà. Logico che se avessimo avuto più fortuna, se non ci fossero state la caduta di Bonetto e il problema alla catena di Bruttomesso, le cose sarebbero state diverse, ma con i se e con i ma…. Sono orgoglioso, perché hanno corso davvero bene. Non c’è da recriminare niente. Siamo stati quelli che hanno fatto la corsa. La fuga è partita grazie a Belletta, abbiamo un ragazzino di primo anno che saprà farsi valere. Un corridore con tenacia e caparbietà. Fa anche pista ed è campione del mondo dell’eliminazione e questo bisogna metterlo in evidenza. E’ un ragazzino che fa tutto molto bene».

Wang, altro danese iridato. E per Bonetto un insolito record

21.09.2021
5 min
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Con la seconda media di sempre fra gli juniores, il danese Gustav Wang ha vinto la cronometro individuale degli juniores. Ha coperto i 22,3 chilometri da Knokke-Heist a Bruges in 25’37” alla media di 52,232 spingendo come massimo rapporto il 52×14. Meglio di lui fece nel 2005 un altro gigante di nome Marcel Kittel, che a Salisburgo conquistò la maglia iridata degli juniores percorrendo i 23,5 chilometri alla media di 54,757. Per dare l’idea della grandezza del risultato, nella crono di ieri fra gli under 23, un altro danese di nome Johan Price Pjetersen ha fatto registrare la media di 52,721, sulla distanza di 30,1 chilometri, ma avendo da spingere tutti i rapporti di questo mondo.

Joshua Tarling, Gustav Wang, Alec Segaert, questo il podio della crono juniores
Joshua Tarling, Gustav Wang, Alec Segaert, questo il podio della crono juniores

Emozione e mascherina

Quando arriva davanti ai microfoni, Wang è molto emozionato. Parla a strappi, tronca le frasi e la mascherina sul volto rende anche difficile cogliere la mimica facciale.

«Sono partito tra i primi – dice – e questo probabilmente è stato un vantaggio. Al via ero molto nervoso, poi ho preso subito un buon ritmo, su un percorso che si è rivelato molto veloce. Era il più grande evento cui prendevo parte da tempo, dato che quelli prima sono stati tutti cancellati. E’ stato bello sentire l’incoraggiamento del pubblico. Finalmente ho trovato una buona condizione. Ai campionati nazionali di giugno sono arrivato secondo a causa di un intervento alle tonsille, ma oggi mi sono rifatto. La vittoria di ieri di Price Pjetersen mi ha motivato, mi ha consigliato di tenere bene il ritmo nel tratto finale in pavé. Ma in Danimarca non abbiamo una scuola di crono. Ci sono tanti buoni specialisti, che imparano l’uno dall’altro…».

Record Bonetto

In diciotto giorni, Samuele Bonetto ha vinto il mondiale di inseguimento al Cairo (3 settembre), è arrivato quinto agli europei della crono (8 settembre) e nono al mondiale della stessa specialità (21 settembre). Ma siccome a diciotto anni si digeriscono anche i sassi, è probabile che in meno di tre settimane si possano trovare le energie fisiche e nervose per tenere testa a simili appuntamenti, in un calendario che difficilmente potrebbe essere più snervante.

Il ragazzo che dopo la vittoria dell’inseguimento individuale al Cairo è stato paragonato a Ganna ed ha a sua volta svelato che il ciclismo lo ha salvato dall’anoressia, arriva dopo aver ben recuperato.

«Ho dato tutto – dice il veneto – non ho rimpianti. Dalla macchina avevo buone indicazioni e sono andato alla partenza con tanta autostima e pronto a morire sulla bici. In fondo tra un mondiale dell’inseguimento e uno della crono non c’è tantissima differenza, a parte la durata. La concentrazione si trova abbastanza facilmente, semmai è più difficile trovare la forma, che non sempre dipende da noi. Per questo forse mi sono sentito meglio a Trento, dove sono arrivato quinto, ma a 3 secondi dalla medaglia».

Il terzo mondiale

Venerdì Samuele sarà chiamato a un altro mondiale, quello su strada, e la cosa lo riempie di orgoglio.

«Per me la gara su strada sarà un grande appuntamento – dice – sono onorato e contento di partecipare. A volte quando esco in allenamento e mi vedo nello specchio con la maglia azzurra, mi vengono i lucciconi, figurarsi in corsa. E le motivazioni ci sono, perché dopo ogni vittoria e ogni gara, si deve azzerare tutto. Queste partecipazioni sono investimenti sul futuro. La strada è ancora lunga, i titoli che contano sono ancora lontani».

Bessega per imparare

Anche Tommaso Bessega l’ha presa come una prova generale di futuro, perché al primo anno difficilmente puoi partecipare a un mondiale con altre aspirazioni. Lui che divide la passione del ciclismo con suo fratello gemello Gabriele e fa parte della filiera della Eolo-Kometa, per arrivare fin qui al meglio ha lavorato con il suo tecnico Marco Della Vedova alla Bustese Olonia e il preparatore Mattia Garbin.

Dopo l’arrivo, Bonetto sfinito e senza rimpianti
Dopo l’arrivo, Bonetto sfinito e senza rimpianti

«E’ stata una crono dura per me – dice – sono partito a tutta sapendo che il livello fosse molto alto. Il percorso forse non era il più adatto alle mie caratteristiche, con quei drittoni infiniti. Avrei preferito qualche curva in più, ma per essere la prima esperienza va bene così. Ho lavorato bene, ho corso il Lunigiana che mi ha dato una buona gamba e credo di essere arrivato giusto all’appuntamento e alla fine di una stagione che come ultima difficoltà avrà i campionati italiani di cronosquadre del 9 ottobre».

Calendari troppo pieni?

Anche Bonetto vi prenderà parte vestito della maglia della Uc Giorgione con cui corre. Ed è vero che a 18 anni si digeriscono i sassi e si trovano le motivazioni per correre tre mondiali, un europeo e anche un campionato italiano della cronometro a squadre in un mese, ma a qualcuno verrà in mente che forse è un po’ troppo? L’Uci, la Uec, la Fci e chiunque abbia il potere di redigere calendari forse qualche domandina se la potrebbero anche porre.

Slongo, che cosa ti sembra dei lavori di Martinez?

16.09.2021
4 min
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Letto come si allena Lenny Martinez, abbiamo sottolineato alcuni passaggi che più di altri ci hanno colpito e ci siamo rivolti a Paolo Slongo. Il veneto, che oggi è uno degli allenatori della Trek-Segafredo, ha lavorato per anni nella nazionale juniores e ha chiaro il lavoro che si chiede oggi a uno junior di alto livello.

«Quando correvo io e negli anni dopo – dice – come volumi non si faceva poi tanto di meno. Su quello che fa non c’è tanta differenza rispetto agli italiani. Però avere le tabelle dei dietologi, oppure l’uso del potenziometro, le ripetute che fa… Fa già lavori che fanno i professionisti. E questo forse è la prima anomalia».

Prima corsa del 2021 a marzo nel Gp Saint Etienne per Martinez, in Coppa di Francia (foto Instagram)
Prima corsa del 2021 a marzo nel Gp Saint Etienne per Martinez, in Coppa di Francia (foto Instagram)
E’ sbagliato?

Non in sé, oppure fisiologicamente, però bisogna essere consapevoli che così si bruciano le tappe. Secondo me il nocciolo della questione è questo. Anche la Francia nel professionismo ha buoni corridori come noi, ma nessuno che vince un grande Giro. Come mai? Io non voglio più lavorare con allievi e juniores, perché se gli dico che devono divertirsi senza magari guardare i chili in più, se gli dico che va bene sbagliare, mi guardano male. La categoria secondo me deve tornare quella che era. Cioè per andare avanti quasi bisogna tornare indietro alle vecchie abitudini.

Cosa pensi del fatto che Martinez usi rapporti più lunghi? Ha senso tenere quella regola?

Alcuni studi dicono che comunque già da allievo puoi lavorare sulla forza senza danneggiare lo sviluppo. Cioè possono comunque allenarla, ma anche in questo io vorrei tornare alla scuola vecchia, per cui a quell’età si devono curare più le abilità che le prestazioni.

In che senso?

Faccio sempre l’esempio di Ivan Basso, che da professionista magari non era un drago in discesa, perché magari quando aveva 15 anni non ha lavorato abbastanza su questo. Faccio anche l’esempio di Sagan, che per il freddo faceva ciclocross o mountain bike. Sono cose che da giovani si imparano meglio, perché non hai la componente paura e ti viene tutto automatico. E poi ci sarebbe da parlare delle dotazioni.

Paolo Slongo è stato il preparatore di Nibali di tutta la carriera, dalla Liquigas all’Astana, dal Bahrain alla Trek Segafredo
Paolo Slongo è stato il preparatore di Nibali di tutta la carriera, dalla Liquigas all’Astana, dal Bahrain alla Trek Segafredo
Cioè?

Sempre quando correva la mia generazione, c’era la regola per cui ti davano ruote con 36 o 32 raggi e basso profilo. Adesso invece l’allievo ha le stesse ruote di Nibali, quindi non c’è una progressione di miglioramento. In più il discorso delle ruote anche per noi era soprattutto per non creare differenze fra classi sociali diverse, così il figlio del contadino aveva le stesse ruote del figlio dell’industriale. Leggo i vostri articoli, per ritrovare i talenti bisogna ritornare alla multidisciplina e al mettere i piedi per terra

Cosa pensi dei 170 chilometri in allenamento?

Sono un po’ tanti, come sono tante le 4-5 ore. Anche i 177 chilometri in gara forse li ha fatti partecipando con la nazionale a qualche corsa di under 23 se in Francia gli danno questa possibilità. Ma più che le distanze, mi concentrerei sugli strumenti e il tipo di lavori.

Che tolgono margini?

Margini e stimoli, che tolgono importanza alla gavetta. Se da allievo corri con il Chorus, sogno di diventare dilettante o professionista per avere il Record.

Sul podio di Ortonovo, Martinez con il trofeo di vincitore del Giro della Lunigiana
Sul podio di Ortonovo, Martinez con il trofeo di vincitore del Giro della Lunigiana
La sensazione è che si ragioni per averli professionisti a 20 anni. 

Magari ci sarà un ciclismo in cui ottieni tutto entro i 25 anni e poi smetti. Come Pogacar, che ha raggiunto risultati che un tempo avremmo detto impossibili. Magari il nuovo orizzonte sarà pieno di corridori che fanno 6-7 anni ad alto livello e poi mollano. E tutto sommato il vero nodo è proprio questo. Che cosa si chiede a questi ragazzi e dove vogliamo portarli.

Quanto lavora uno junior francese? Sentiamo Lenny Martinez

16.09.2021
6 min
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Un po’ leggenda e un po’ di verità. Sui francesi che in meno di dieci giorni si sono presi il Giro della Lunigiana e due posti sul podio dei campionati europei si snocciolano teorie e suggestioni. Sul numero di corse che fanno ogni anno. Sull’attività con le continental di riferimento. Sul fatto che i nostri juniores saranno pure spremuti, ma anche i cugini d’oltralpe davvero non scherzano. Così, approfittando dell’ottimo rapporto costruito proprio al Lunigiana, abbiamo chiesto a Lenny Martinez (che lo ha vinto) di raccontarci la sua settimana di allenamento. Pur davanti al figlio di un campione olimpico, la sensazione è di trovarci davanti a qualche anomalia rispetto ai nostri standard, ma per ora teniamo i commenti per noi riservandoci nei prossimi giorni di approfondire il discorso. A voi le sue risposte.

Lenny Martinez è nato nel 2003, è uno junior di secondo anno, è alto 1,67 e pesa 52 chili. Nel 2022 correrà con la Groupama Fdj Continental in cui corre anche l’italiano Lorenzo Germani, vittima di una caduta pochi giorni fa e costretto a finire la stagione anzitempo.

Ultima corsa di rifinitura (con vittoria) sulle Alpi prima del Lunigiana (foto Instagram)
Ultima corsa di rifinitura (con vittoria) sulle Alpi prima del Lunigiana (foto Instagram)
Per quante ore ti alleni ogni settimana?

A settimana faccio tra le 12 e le 15 ore in media nell’arco di un anno. A volte faccio belle settimane da 18 ore (grandi blocchi di allenamento) e altre da 8 (blocco di recupero) che permette di non essere monotoni. Pedalare mi piace.

Con chi ti alleni di solito?

Lavoro con il mio agente Dries Smith (direzione sportiva della squadra) e ovviamente collaboro con la Groupama Fdj Continental, soprattutto dal prossimo anno.

Ti alleni con strumenti elettronici oppure seguendo le sensazioni?

Mi piace guardare il misuratore di potenza per essere davvero preciso in tutto quello che faccio. Le intensità, le uscite di resistenza, i tempi nella zona di allenamento, questo è davvero interessante. Però da quasi tre mesi il mio sensore ha smesso di funzionare così mi alleno a sensazione e con il cardiofrequenzimetro, che non è male anche per lo sviluppo di noi giovani per imparare a conoscersi.

Segui delle tabelle di lavoro?

Il mio allenatore mi manda le mie settimane di allenamento. Spesso è molto dettagliato durante le settimane di lavoro di costruzione, ma quando faccio tante gare di fila, mi dice solo di recuperare bene, di seguire le sensazioni. Se sto bene, posso pedalare senza problemi, altrimenti mi riposo. Ho anche molte settimane libere, oppure posso andare in mountain bike o ciclocross a fine stagione per esempio. Normalmente non faccio volumi enormi di allenamento ad alta intensità, preferiamo stare tranquilli. Lavoro più sulla resistenza per gli anni a venire.

Martinez e Brieuc, secondo e primo nella tappa inaugurale di La Spezia al Lunigiana: i francesi volano
Martinez e Brieuc, secondo e primo nella tappa inaugurale di La Spezia al Lunigiana: i francesi volano
Ti piace fare lavori specifici?

Sì, è un tipo di allenamento che mi piace molto, soprattutto con il misuratore di potenza e in salita. Li preferisco a una monotona uscita di diverse ore.

Ci sono dei lavori specifici che preferisci?

Mi piace molto lavorare in salita, perché sento di andare molto veloce. Mi piace molto il Sweet Spot (modo con cui definisce le ripetute all’80-94 per cento della soglia, ndr) anche se non lo faccio più. L’ho fatto l’anno scorso quando mi allenavo da solo. Dà una buona sensazione, sento che si fanno le salite molto velocemente anche non spingendo a fondo. Durante certi esercizi, mi immagino con i professionisti sui grandi Giri, nello sforzo, tirando per il mio leader e con la mia musica preferita nelle orecchie! E poi…

Cosa?

Mi piace anche il lavoro alla massima potenza aerobica, perché è abbastanza breve. Ad esempio dei 30/30 in salita. di solito faccio per due volte 6×30” a 400-440 watt e 30” a 200-250 watt, in una uscita di 2 ore in montagna.

Ci sono dei lavori specifici che non ti piacciono o trovi troppo pesanti?

Tutti i lavori specifici sono buoni da fare, perché anche se sono duri e non mi piacciono, mi faranno bene il giorno della gara. Ma direi forse il lavoro lattacido, gli sprint lunghi di 30” ad esempio, che faccio 2 o 3 volte nell’anno prima dei miei grandi obiettivi. Così come tutti gli sforzi “a tutta”, che non faccio ancora, ma che sono anche molto duri perché si cerca sempre di andare oltre nel dolore.

Mandi ogni giorno i dati al tuo allenatore?

Sì! Con la Groupama Fdj Continental abbiamo una piattaforma dove carichiamo le nostre uscite di allenamento, così gli allenatori della squadra possono fare le loro osservazioni e analizzare la sessione o la gara.

A crono va forte: malgrado il peso piuma, Lenny è stato terzo ai campionati nazionali (foto Instagram)
A crono va forte: malgrado il peso piuma, Lenny è stato terzo ai campionati nazionali (foto Instagram)
Puoi descriverci la settimana tipo fra due domeniche di corsa?

Lunedì un’ora di recupero, preferisco pedalare un po’ che stare tutto il giorno a riposo. Ho un solo riposo a settimana, che viene di martedì. Mercoledì 2 ore lavorando sulla resistenza.

Giovedì?

Giovedì 4 ore lavorando sul fondo, più tre volte 3×10′ al medio in posizione aerodinamica a 100 rpm. Venerdì invece un’ora e mezza di recupero. E sabato un massimo di due ore che chiamiamo sbloccaggio (di solito 10-15 minuti di riscaldamento, poi 3 serie di 2 sprint di 15″ in salita con 1′ di recupero tra ogni sprint e 4′ tra ogni serie. Poi recupero per almeno 10′, ndr).

Qual è stata la distanza più lunga in allenamento e in gara?

La mia distanza più lunga in allenamento è stata di 170 chilometri, mentre in corsa di 177.

Fai molta attenzione all’alimentazione?

Dal punto di vista nutrizionale mangio con gusto, mi dico che poi starò più attento tra i professionisti. Mangio tanto, ma cibi di qualità. Non mangio patatine, bibite, biscotti, perché non servono davvero a niente e neanche ne sono goloso. Abbiamo esempi di pasti equilibrati forniti dalla Groupama Fdj Continental, quindi mi ispiro a questi. Aggiungo solo alcune torte fatte da mia nonna per il piacere di mangiare.

Fine di uno stage con la nazionale, prima del Tour de Valromey in cui Lenny vincerà una tappa (foto Instagram)
Fine di uno stage con la nazionale, prima del Tour de Valromey in cui Lenny vincerà una tappa (foto Instagram)
In che modo ti dividi fra la Fdj e la tua squadra di club?

Per il momento non corro con la Groupama Fdj Continental, quindi faccio gare con la nazionale francese, con la rappresentativa regionale e anche con il mio club.

Nelle gare internazionali, gli juniores hanno il rapporto limitato (di solito il 52×14), è vero che nelle altre corse in Francia non avete limitazioni?

Vero, nelle gare UCI usiamo il 52×14, mentre nelle gare regionali in Francia e a livello nazionale abbiamo scelta di rapporti illimitata, quindi io sulla mia bici ho il 52×11. In allenamento il 52×14 non mi dà fastidio, mentre uso in 55×11 sulla mia bici crono perché il 14 non mi basta durante gli allenamenti.

Di solito rientri sfinito dopo gli allenamenti?

Dopo un’uscita di resistenza di 4-5 ore al massimo, è possibile che rientro sfinito, perché attingiamo davvero alle nostre riserve di carboidrati. Mentre quando si fanno i lavori specifici non spendo troppo, perché non faccio ancora esercizi molto molto duri in allenamento e l’uscita è di circa 2 ore.

Quanti giorni di corsa avrai fatto alla fine del 2021?

Nel 2021 chiuderò con circa 35 gare su strada (contando anche le tappe delle corse a tappe) e con il ciclocross arriverò a 45.

Nel 2019, alla vigilia del passaggio fra gli juniores, Lenny Martinez era già un soggetto di interesse nazionale (foto Instagram)
Nel 2019, alla vigilia del passaggio fra gli juniores, Lenny Martinez era già un soggetto di interesse nazionale (foto Instagram)
Per quanto tempo starai fermo prima di iniziare con il cross?

Mi prenderò una piccola pausa a fine stagione, poi riprenderò tranquillamente con un po’ di ciclocross per prepararmi alla stagione su strada. Penso che farò una decina di quest’inverno, forse uno a settimana se possibile oppure uno ogni due settimane. Non lo so ancora, perché non abbiamo ancora fatto il mio programma per il prossimo anno.

Andriotto, casa Eolo-Kometa: «Coi giovani facciamo così»

14.09.2021
5 min
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Dario Andriotto è il responsabile dell’area giovani della Eolo-Kometa, così lo ha definito Ivan Basso alla Coppa d’Oro pochi giorni fa. E dato che le parole del varesino al riguardo ci sono parse molto interessanti, siamo andati direttamente alla fonte, trovando Dario in una fase priva di corse, ma in procinto di andare con la prima squadra al Memorial Pantani e al Trofeo Matteotti.

«Questo fatto di scambiarci fra un team e l’altro – dice – quindi fra giovani e professionisti, è un’idea di Stefano Zanatta. Così tutti riusciamo a vedere come lavorano gli altri, troviamo spunti utili per crescere e soprattutto conosciamo i ragazzi con cui a vario titolo ci troveremo a lavorare. La stessa regola la usiamo per lo staff. Siamo nati da un anno, stiamo trovando la quadra, crediamo molto nei nostri sistemi».

Dario Andriotto, classe 1972, è stato pro’ dal 1995 al 2010
Dario Andriotto, classe 1972, è stato pro’ dal 1995 al 2010
Basso ci ha detto che state creando una filiera interagendo con varie società giovanili.

Esatto. Il mio lavoro è andare a vedere corse juniores e under 23. Parlando con i vari direttori sportivi, cerchiamo di scegliere i ragazzi più interessanti.

Come è fatto per Andriotto un ragazzo interessante?

Alcuni sono forti da juniores e poi si perdono. Prendere un super vincente che però non ha margini non ci interessa. Per questo guardiamo il tipo di allenamento che fanno, le motivazioni e il modo di correre.

Come corre un corridore interessante?

Se corre sempre all’attacco e alla fine dell’anno ha vinto solo due corse, è un conto. Se sta sempre in gruppo e ne vince dieci, è un altro. Noi cerchiamo qualcuno che sia abituato a prendere il vento in faccia, che sia abituato a fare la corsa. Le squadre WorldTour non fanno abbastanza scouting e spesso pescano in base al numero di vittorie…

Quanta attività fanno all’estero le squadre con cui hai a che fare?

Poca, anche se a volte andare fuori potrebbe essere molto utile. Il discorso è sempre quello del budget che manca.

Sul podio del tricolore crono del 2020, Piganzoli (Trevigliese) terzo, dietro Milesi e Garofoli
Sul podio del tricolore crono del 2020, Piganzoli (Trevigliese) terzo, dietro Milesi e Garofoli
Che impressioni ha Andriotto davanti agli juniores che incontra?

I ragazzi sono molto curati, anche troppo. Il rischio è che le squadre se ne approfittino, facendoli allenare perché vincano 10 corse l’anno. Quando accade, in automatico abbassi il loro margine di miglioramento. Capisco le squadrette che con le vittorie trovano gli sponsor per andare avanti, ma per l’interesse dei ragazzi serve altro.

Per questo alla Bustese Olonia avete dato il vostro nome?

Esattamente, perché i risultati non servano a portare soldi. Il risultato di base non conta. E’ una squadra storica, in cui si lavora all’antica. Ci sono passati Sobrero, Puppio e anche Oldani. Ma ce ne sono anche altre. Piganzoli, che corre nella under 23, viene dalla Trevigliese dove si lavora bene. Montoli (foto di apertura, ndr), che è già più talentuoso, veniva dal Canturino. E anche Pellizzari era nella nostra orbita, ma se lo sono venuti a prendere..

A Borgo Valsugana, Santiago Basso (a destra) con la maglia della Bustese Olonia
A Borgo Valsugana, Santiago Basso (a destra) con la maglia della Bustese Olonia
Ecco, Andriotto, parliamo di procuratori…

E’ un problema, bisogna andare coi piedi di piombo. Se un ragazzino va bene, lo accerchiano in cinque e cominciano a fargli promesse e raccontargli favole. Se le famiglie sono al di fuori del ciclismo, a volte firmano e la storia segue il corso voluto da altri.

A volte poi arrivano proprio gli squadroni…

Carlos Rodriguez era un nostro corridore, cresciuto nella squadra juniores della Fundacion Contador. Quando si è trattato di passare con noi alla continental, è arrivata la Ineos che ha messo i soldi sul tavolo e se lo è portato via. Credo che questo non sia giusto, al punto che forse l’Uci potrebbe pensare a un indennizzo per chi cresce i talenti. Nel basket, lo squadrone che prende un giovane continua a pagare un contributo alla società di origine. Noi adesso prenderemo Oioli dalla Bustese Olonia, pagando giustamente i suoi punti. Lo faremo crescere, ma se poi lo portano via, noi non avremo niente

Dal 2021 nelle file della Bustese Olonia c’è anche Marco Della Vedova (foto Instagram)
Dal 2021 nelle file della Bustese Olonia c’è anche Marco Della Vedova (foto Instagram)
Proprio Oioli ha vinto due tappe al Lunigiana ed è arrivato quinto agli europei, con qualche strascico polemico…

L’attività della nazionale è cambiata tanto rispetto a quando facevo io la Cento Chilometri. Prima il tecnico era anche nostro allenatore, per le gare cui puntavamo. Ora da un lato è tutto più professionale, dall’altro ricordo che in nazionale imparavamo nozioni e metodologie di allenamento che in squadra non c’erano. I nostri ritiri di agosto erano anche un modo per tutelare i corridori dall’eccesso di attività. Ora hanno fatto dieci giorni a Livigno e poi si sono rivisti a Trento.

Le società erano contente ai tuoi tempi?

C’era spesso battibecco, perché perdevano i corridori per parecchio tempo. Però si lavorava bene sull’obiettivo. E quando arrivava il mondiale, perché arrivava spesso, vedeste com’erano contente di mostrare la maglia in giro…