Vision mette in campo il meglio per i propri atleti al Tour

17.07.2024
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Il Tour de France è la vetrina migliore per proporre nuovi prodotti, sia per il richiamo di pubblico sia per l’elevato livello tecnico presente in corsa. Per affrontare al meglio la Grande Boucle serve avere il materiale giusto, Vision lo sa e ha portato il meglio per i corridori della Visma Lease a Bike, dell’Astana Qazaqstan Team e anche della EF Procycling. Sulle strade del Tour, per la prima volta partito eccezionalmente dall’Italia, il terreno per “testare” i prodotti c’è tutto. 21 tappe, con arrivi in salita in posti che richiamano la storia di questo sport, come Plateau de Beille. Ma anche volate veloci e cronometro all’ultimo respiro. Vingegaard e compagni sono chiamati a dare sempre il meglio, così come Vision con i suoi prodotti. 

Il manubrio Metron 5D ACR EVO è il più leggero ed ergonomico della gamma di Vision
Il manubrio Metron 5D ACR EVO è il più leggero ed ergonomico della gamma di Vision

Si parte dall’impugnatura

Il primo prodotto che vi presentiamo è il Metron 5D ACR EVO, manubrio di altissima qualità tecnica in dotazione anche ai team Bahrain Victorious ed EF Education Easy Post. Si tratta del top di gamma della collezione di Vision, totalmente integrato e con finitura in carbonio 3k. Un mix di elementi che rende questo manubrio leggero, aerodinamico ed estremamente ergonomico. La sua forma unica si nota nella zona centrale, con la presenza della sezione Aero-Ergo

Un’altra caratteristica rilevante è l’inclinazione in avanti di 10 gradi, questa favorisce una posizione naturale e comoda in sella, senza affaticare le braccia. L’atleta si trova a respirare meglio, anche in tratti di salita più impegnativi. Come si evince dal nome, il manubrio 5D è compatibile con il sistema di passaggio interno dei cavi integrato ACR (Aerodynamic Cable Routing). Disponibile in quattro diverse misure: L100×W400mm, L110×L420 mm, L120×L420 mm, L130×L440 mm. 

Polivalenti

Entriamo nella gamma delle ruote con le ultime nate in casa Vision, sono le Metron 45/60 sl. Disponibili in due profili: 45 mm e 60 mm – le potete osservare nella scelta dei corridori della Astana Qazaqstan Team – si adattano alle esigenze di ogni ciclista, velocista o scalatore che sia. Il canale interno è da 21 mm, una scelta che permette di avere il miglior rendimento tecnico grazie alla combinazione con copertoni tubeless da 28 mm

La grande novità in termini di sviluppo e miglioramento delle prestazioni la si ha con il nuovo mozzo PRS (Power Ratchet System) con un innesto da 72 denti. Questo fornisce una maggiore scelta per gli angoli di innesti e una scorrevolezza superiore del 24 per cento rispetto ai mozzi di precedente generazione. 

Il peso per la coppia di Metron con profilo da 45 mm è di 1.390 grammi. Mentre per il profilo da 60 mm il peso è di 1.490 grammi.

Contro il tempo

Il Tour de France è una corsa che si gioca sul filo dei secondi in cui tutto può fare la differenza. Nelle prove contro il tempo, quindi, Vision ha portato le ruote Metron 91/TFW. All’anteriore il modello Metron 91 con profilo, appunto da 91 mm e canale interno da 21. Due caratteristiche che le rendono le ruote più aerodinamiche sul mercato, in più il peso è di soli 950 grammi. Al posteriore la scelta è ormai collaudata e affermata sulla ruota Metron TFW, aggiornata alla sua ultima versione. Una ruota lenticolare totalmente realizzata in carbonio. Il peso in questo caso è una sorpresa estremamente piacevole, visto che risulta di soli 930 grammi.

Vision

Contador a Vingegaard: bene i programmi, ma ascolta l’istinto

17.07.2024
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GRUISSAN (FRANCIA) – Alberto Contador segue il Tour con Eurosport, che si è accaparrata le sue osservazioni sempre attente e in certi giorni pungenti. A vedere ragazzi come Pogacar e Vingegaard spianare le sue salite, il Pistolero prova sicuramente qualche moto interiore, che si guarda bene dall’ammettere. Però dal tono di voce capisci che se ne morirebbe di avere qualche anno in meno per metterci becco. Ma il tempo è passato e quel che resta è la grande esperienza.

Domenica s’è parlato tanto di Pantani, si è continuato a farlo anche ieri. E Alberto che col mito del Pirata è cresciuto e che nel giorno del Barbotto si è fermato in mezzo ai suoi tifosi rimanendo incantato dalla loro fede, torna sulla sfida fra Pogacar e Vingegaard e i record che ancora cadranno.

Alberto Contador sta seguendo il Tour con Eurosport, di cui è opinionista
Alberto Contador sta seguendo il Tour con Eurosport, di cui è opinionista
Cosa ne pensi di questo Tour e del loro duello?

Penso che stiamo assistendo ad un Tour molto bello. Penso che nonostante la caduta avvenuta al Giro dei Paesi Baschi, Vingegaard sia di nuovo competitivo, quindi penso che valga la pena festeggiare. Altrimenti vivremmo qualcosa di simile al Giro d’Italia. In questo momento c’è emozione, anche se tre minuti sono comunque tanti da recuperare.

Secondo te questo Pogacar è tanto superiore a quello del Giro oppure i due livelli si equivalgono?

Secondo me è migliore, ha tenuto il meglio per il Tour. I suoi sono tutti d’accordo che si trovi nel momento migliore della sua vita e si vede che è più forte. Inoltre penso che Vingegaard stia ottenendo i migliori numeri anche in salita, quindi penso che sia una questione di preparazione. Non credo che lui sia al suo meglio.

Pogacar in salita: che corridore vedi?

E’ un bravo scalatore, ma per me non ha il fisico dello scalatore puro. Penso che abbia così tanto motore, così tanto talento e così tanta classe, che messi tutti insieme gli permettono di scalare i passi più difficili del mondo più velocemente di altri corridori che sono degli scalatori puri. Come Vingegaard, ad esempio, che ha più capacità da scalatore. Jonas ha anche il fisico più adatto, ma qui il discorso si sposta sui watt e in questo momento Pogacar ne ha di più.

Pogacar attende le Alpi con calma serafica, forte dei tre minuti di vantaggio
Pogacar attende le Alpi con calma serafica, forte dei tre minuti di vantaggio
Si è parlato del record di Plateau de Beille: quanto incidono su questo le attuali tecnologie?

E’ incalcolabile, una autentica barbaridad. Anche la strada, anche l’asfalto non c’entra niente con quello del 1998. E poi bisogna tenere conto che la salita a Plateau de Beille era perfetta per fare una cronometro. Ha iniziato la Visma. Jorgenson è salito molto, molto veloce. E poi il miglior corridore del mondo per le corse a tappe ha tirato per 6 chilometri con Pogacar alla sua ruota e alla fine Tadej ha continuato. E’ stata una cronosquadre in salita, normale che abbiano battuto il record.

E le biciclette?

Ci stavo arrivando. Tutto questo unito al fatto che le biciclette di oggi sono più veloci e avanzano meglio anche in salita, hanno meno attriti… E’ normale che i record cadano, è qualcosa di naturale.

Pogacar ha 3 minuti di vantaggio ed è convinto che Vingegaard cercherà un solo giorno in cui attaccare a fondo. Mettiti nei suoi panni: cosa faresti?

Attaccherei ogni giorno, ogni occasione e ogni momento. E bisogna lasciarsi guidare anche dall’istinto. Non puoi fare un programma di tre giorni, devi anche vedere come ti alzi la mattina. E il giorno in cui lo vedi meno forte, attacchi.

Contador entrò nella 17ª tappa della Vuelta 2012 secondo a 28″ da Rodriguez. Ne uscì primo con 1’52” di vantaggio. Fu l’impresa di Fuente De
Contador entrò nella 17ª tappa della Vuelta 2012 secondo a 28″ da Rodriguez. Ne uscì primo con 1’52” di vantaggio. Fu l’impresa di Fuente De

Lo dice col gesto della mano che scivola in avanti. Chissà se osservando e commentando le fasi di corsa si sia trovato a pensare cosa farebbe lui nelle varie situazioni. Alberto riaprì più di qualche corsa compromessa, ma i tempi sono diversi e la capacità di improvvisare che prima era una dote adesso rischia di ritorcersi contro. Oggi intanto si corre per 177 chilometri fino a Superdevoluy, con tre salite nel finale e un costante crescendo di quota che porta sull’uscio delle grandi salite alpine. E poi non ci sarà più troppo tempo per grandi ragionamenti.

Riposo finito, inizia la settimana più dura. Pogacar non ha paura

15.07.2024
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GRUISSAN (Francia) – Pogacar è di buon umore. Racconta di aver fatto appena un giro con i compagni stamattina (in apertura foto di Alen Milavec) e di essersi fermato in una pasticceria, mangiando – con preghiera di non dirlo al suo nutrizionista – il miglior muffin di sempre.

La maglia gialla si racconta online, come si usa dagli anni del Covid e come le squadre amano fare per non dover allestire una sala in cui accogliere i giornalisti. In più l’impennata di casi di Covid ha indotto ASO a imporre le mascherine ai media che hanno a che fare con gli atleti. Una decisione che la gente comune non capisce, sta però il fatto che per il Covid diversi atleti hanno già dovuto rinunciare alle prove olimpiche.

In questo giorno di riposo hanno già detto la loro Vingegaard e anche Evenepoel. Il belga ha ammesso che difenderà il terzo posto e non vede l’ora di correre l’ultima crono. Dice che ha studiato le tappe che ci attendono e che ieri a Plateau de Beille lo ha motivato il fatto di aver corso più veloce di Pantani.

Pogacar è di buon umore, forte del vantaggio accumulato e della consapevolezza di avere ancora del tempo libero, prima che riprenda la rumba del Tour. «Manca ancora metà del giorno di riposo – sorride – spero che finiremo velocemente la conferenza stampa così potrò rilassarmi nella mia stanza e guardare un bel film…».

Quando ieri Jorgenson è passato in testa, dice Pogacar, i numeri sono esplosi
Quando ieri Jorgenson è passato in testa, dice Pogacar, i numeri sono esplosi
Vingegaard ha detto che ieri ha avuto la migliore prestazione della sua vita. Cosa significa per te?

Penso che ieri tutti abbiamo assistito a una delle migliori esibizioni in salita di sempre. Anche per me, quando ho controllato i miei numeri, è stato davvero pazzesco. Soprattutto la parte in cui Matteo Jorgenson e Jonas sono andati in testa, sono stati i numeri più alti che abbia mai fatto nella mia carriera. E’ stato un grande giorno. E si capisce che Jonas è venuto qui preparato a lottare per la vittoria. Ieri finalmente hanno mostrato le palle e hanno colpito forte. Alla fine è stato uno sforzo totale, dal basso e fino alla cima. E’ stata una tappa pazzesca, davvero pazzesca.

Si è molto parlato del fatto che tu abbia battuto il record di Pantani.

Marco Pantani ha fatto la doppietta. Giro-Tour, penso che fosse l’anno in cui sono nato. Purtroppo in Italia Marco Pantani è il dio del ciclismo, ma personalmente non mi piacciono questi confronti. Ci sono quasi 30 anni di differenza, quindi non voglio pensare alla doppietta in termini di un confronto. Mi concentro ogni giorno per raggiungere l’obiettivo in giallo, senza pensare a queste cose.

Hai letto i commenti sui social media?

Ci sono sicuramente commenti negativi, me ne sono reso conto negli ultimi due anni. In nessuna situazione puoi piacere a tutti. Anche se fai tutto alla perfezione, ci sarà sempre qualcuno a cui qualcosa non piace. Per alcuni non va bene se non vinci, per alcuni non va bene se attacchi in quel chilometro. Ci sono venuto a patti. Sui social non seguo quasi nulla, ho persone che mi aiutano in questo, soprattutto su Instagram. Il mio Instagram è una parte di me, sembra piuttosto bello, ma non guardo troppo cosa succede, perché penso che i social network siano una specie di veleno in questo nostro mondo.

Quello che ha fatto la differenza negli utlimi anni , per Pogacar sono l’alimentazione, le gomme e le ruote
Qello che ha fatto la differenza negli utlimi anni sono l’alimentazione, le gomme e le ruote
La prestazione di ieri a cosa ti fa pensare?

Il ciclismo si sta evolvendo davvero tanto. Quando sei anni fa sono arrivato in questa squadra, non voglio parlarne male, ma era tutto totalmente diverso. Se confronto quest’anno con il mio primo alla Vuelta, allora era quasi tutto dilettantistico, eppure pensavo che fosse molto professionale. Andiamo avanti così velocemente perché le squadre si spingono a vicenda con la tecnologia, la nutrizione, con i piani di allenamento, con i ritiri in altura. Penso soprattutto alla Visma contro UAE e Ineos. Alla Lidl-Trek e alla Soudal-Quick Step. Ci rincorriamo per raggiungere i nuovi limiti. E così ieri abbiamo assistito alla scalata più veloce mai vista. E penso che potremmo vedere qualcosa del genere ogni anno, perché tutti si concentrano così tanto sui dettagli, altri limiti cadranno. Si ragiona su ogni singolo grammo di cibo, dove puoi risparmiare sulla bici. Stiamo andando molto veloci e per me è davvero impressionante vedere come sono cambiate le cose negli ultimi sei anni della mia carriera.

Quali sono gli aspetti che più hanno cambiato le cose?

La nutrizione, per quanto mi riguarda. Sei anni fa, quando ho iniziato, era tutto incentrato sui carboidrati. A colazione si mangiava pasta in bianco, riso bianco e magari frittata. Adesso facciamo una colazione più normale come riso, porridge, fiocchi d’avena. Ancora frittata, pane, pancake e già penso questa piccola cosa faccia la differenza. Per cui non hai più bisogno di mangiare la pasta al mattino. Il cibo è ponderato per la colazione, per la tappa, per il dopo la tappa, per i tempi in cui hai bisogno di mangiare. Quando un anno dopo di me Gorka si è unito al team, il nostro nutrizionista, per me è stato molto difficile seguirlo. Devo dire che ci sono voluti circa quattro anni per iniziare a concentrarmi davvero sul suo piano, perché non è facile seguire mentalmente così tanto l’alimentazione. Questo è stato un grande cambiamento.

E sulle bici?

Ora sono molto più veloci. Penso che le gomme facciano la differenza più grande rispetto a quelle che avevamo sei anni fa, dieci anni fa. Le ruote, l’aerodinamica, i telai. E’ semplicemente incredibile quanto sia diversa la bici adesso rispetto a cinque anni fa.

Pogacar non conosceva molto bene Evenepoel: ora ha imparato ad apprezzarlo
Pogacar non conosceva molto bene Evenepoel: ora ha imparato ad apprezzarlo
Ti abbiamo visto parlare più spesso di un tempo con Evenepoel: come è cambiato il vostro rapporto?

Quando lo guardavo in tv, sembrava un vero campione. Uno che non gliene frega niente di nessun altro, che ha sempre fatto le sue cose e vinceva davvero sempre tutto. Fra noi non abbiamo gareggiato quasi mai negli ultimi cinque, sei anni. E ora finalmente ci siamo trovati al Tour de France. Devo dire che in queste due settimane ho sviluppato tanto rispetto nei suoi confronti. Il modo in cui guida nel gruppo, non è nervoso, è davvero rispettoso verso tutti, per cui mi piace correre contro di lui. E’ un corridore di super classe.

Nell’ultima settimana ci sono più montagne che in qualsiasi altra settimana e poi la crono. Ti aspetti attacchi di Vingegaard?

Attaccherà di certo. Non penso che punteranno su entrambe le tappe, venerdì e sabato: penso che si concentreranno su una. Noi proveremo a fare la nostra gara, non credo che possano fare nulla di pazzesco. Siamo fiduciosi di poter andare al nostro ritmo e passare le montagne con quanti più corridori possibile, perché abbiamo una squadra super buona. Ma penso che sicuramente ci proveranno. Jonas ha detto che non rinuncerà alla lotta e penso che sia il giusto modo di pensare e parlare. Sarà una settimana dura in cui sicuramente vedremo molti fuochi d’artificio, da parte di tutti.

La tappa della Bonette può essere un ostacolo, vista l’altitudine e l’arrivo a Isola 2000?

Adoro il Col de la Bonette, è una salita super bella. L’ho fatta per la prima volta l’anno scorso ad agosto e mi è piaciuta. Amo quei passi sulle Alpi e poi la discesa verso Isola 2000, dove ci siamo allenati prima del Tour. Per cui non ho paura né apprensione e non vedo l’ora che quella tappa arrivi. La scalata a Isola 2000 è fantastica, simile a quella del Plateau de Beille. Invece la tappa di sabato è quasi la mia tappa di casa, direi che è la mia tappa di casa. Mi alleno molto su quelle salite. Le conosco molto bene e non vedo l’ora di trovarmi lì il prossimo fine settimana.

Vingegaard scatterà ancora, Pogacar gli sarà attaccato come un’ombra
Vingegaard scatterà ancora, Pogacar gli sarà attaccato come un’ombra
Che cosa ti fa paura?

Non so cosa temo di più, credo di non temere nulla. Ci sono ancora sei tappe da percorrere, prima di finire a Nizza con una cronometro davvero dura. Ovviamente non voglio ammalarmi o altro nell’ultima settimana, quindi proviamo a evitarlo. Nel complesso, sta girando molto Covid e molte malattie. Anche in salita, quando le persone sono così vicine, è difficile prevenirlo. Perciò, incrociamo le dita perché vada tutto liscio.

Ci sono corridori malati in gruppo?

Sembra di sì, Covid soprattutto. Il team di Aso ha provato a mettere le mascherine sui podi, dietro il podio e nelle zone con la stampa. Penso che più o meno tutti stiano sperimentando lo stesso Covid che ho avuto anche io prima del Tour. Era una lieve malattia, due giorni in cui mi sono sentito un po’ spento. Niente di veramente pazzesco. Qualcuno ha la febbre o qualcosa del genere, allora forse è meglio fermarsi.

Continui a escludere di andare anche alla Vuelta?

Manteniamo la percentuale del 99 per cento che non ci andrò quest’anno. Più probabile il prossimo.

Red Bull dopo Roglic: due giorni per resettarsi e ora tutti in fuga

15.07.2024
5 min
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PLATEAU DE BEILLE (Francia) – Seduto in ammiraglia in attesa dell’evacuazione generale, Rolf Aldag ricompone i pezzi di una tappa che ha visto in fuga quattro dei sei corridori della Red Bull-Bora-Hansgrohe rimasti in gara (in apertura Jai Hindley). Per il team che aveva investito su Roglic perché diventasse il… terzo uomo, si è trattato di un atterraggio piuttosto pesante. Dopo aver perso il Tour del 2020 nell’ultima crono, lo sloveno non ne ha più finito uno. Sempre una caduta a rimandarlo a casa. Così anche nella Vuelta del 2022, al punto di farsi qualche domanda sul perché. Se sia per l’abilità in sella, il posizionamento in gruppo o una sfortuna cronica come raramente ci è stato dato di vedere.

Visto che il tempo non manca, con il capo dei tecnici della squadra iniziamo un viaggio nei giorni più recenti: quelli successivi alla caduta di Roglic. Aprendo prima una breve parentesi: c’era anche lui quassù il 22 luglio del 1998, quando Pantani per la prima volta in quel Tour piegò il suo capitano Ullrich in maglia gialla. Aldag aveva allora 30 anni, oggi ne ha 55 e adesso racconta.

«Ci sono voluti due giorni per ridefinirci – spiega – trovare nuovi obiettivi e poi andare avanti, perché il Tour merita molto rispetto come gara. E penso anche che per il lavoro svolto dai ragazzi in altura, i giorni e i mesi che trascorrono lontani dalla famiglia, valga la pena provare qualcosa. Non è facile, ma vale la pena provarci».

Roglic non riparte: Aldag si sottopone alle domande dei giornalisti che chiedono aggiornamenti
Roglic non riparte: Aldag si sottopone alle domande dei giornalisti che chiedono aggiornamenti
Come hai vissuto il giorno in cui Roglic è caduto?

Era vicino al traguardo. C’è sempre molta tensione in macchina e penso anche in bici. Di colpo l’ho visto cadere e quando è così, non va mai bene. Si vedeva subito che fosse un brutto incidente, per cui ero lì che speravo per il meglio. Quando però ho visto che c’è voluto del tempo per rialzarsi e ripartire, allora nella mia testa hanno iniziato a prendere forma tutti i tipi di scenario.

A cosa hai pensato?

Come prima cosa, ovviamente, ho sperato che stesse bene. A quel punto non era tanto una questione di tempo perso in classifica, ma riguardava davvero la persona. Speravo che non stesse soffrendo troppo, l’unica cosa che avesse importanza. Non era rilevante invece che perdesse 2-3 minuti.

Anche Sobrero verso Plateau de Beille ha recitato la sua parte: con Roglic avrebbe fatto un gran Tour
Anche Sobrero verso Plateau de Beille ha recitato la sua parte: con Roglic avrebbe fatto un gran Tour
Hanno detto che quel tratto fosse pericoloso.

Penso che non abbia senso iniziare adesso il gioco delle colpe. E’ un po’ come se mi chiedessi quanto sia difficile per gli organizzatori creare i percorsi. Se vuoi finire in un centro città, cosa che penso piaccia a tutti, come ci arrivi? Devi prendere una strada e adesso le strade sono costruite per rendere il traffico più sicuro. Avere isole spartitraffico va bene per 364 giorni all’anno, fanno davvero qualcosa di buono per il traffico. Ma per quel solo giorno del Tour de France non vanno bene. Quindi non è facile, ma non direi che sia stata una colpa di ASO. Penso che facciano del loro meglio.

Hanno parlato di segnalazioni imperfette.

Qualcuno ha detto anche questo, ma in realtà non è che qualcuno ci sia finito contro. Penso che, sfortunatamente, Lutsenko fosse già da una parte. Poi gli si è impuntata su quel cordolo la ruota anteriore ed è caduto dall’altra parte. Dovremmo sempre cercare la strada più sicura, non c’è dubbio, ma penso sia quello che fanno oggi.

Oggi Hindley e Sobrero in fuga nel finale: il programma per i prossimi sette giorni è questo?

Per un momento abbiamo avuto quattro ragazzi in fuga dei sei corridori rimasti in gara. Quindi penso che l’hanno interpretata in modo molto offensivo e aggressivo ed è quello che volevamo fare. Voglio dire, se aspettiamo il momento in cui oggi attaccherà Vingegaard, non vinceremo mai nulla. Questo è molto chiaro. Quindi cerchiamo di ottenere il meglio, mantenendo uno stato d’animo e un atteggiamento positivi. Ed è quello che hanno fatto i ragazzi oggi.

Nico Denz ha preso parte alla fuga, con il progetto di lanciare Hindley
Nico Denz ha preso parte alla fuga, con il progetto di lanciare Hindley
La fuga di oggi era pianificata oppure è venuta da sé?

Era tutto organizzato per lanciare Jai Hindley. Ad esempio, Nico Denz era lì, certamente non alla sua ruota, ma dando tutto per guadagnare vantaggio e far decollare la fuga. Poi Matteo (Sobrero, ndr) ha fatto ponte e si è ritrovato in fuga con Hindley e Bob Jungels. Nella vallata prima del finale si stavano assolutamente sacrificando per dare a Hindley un vantaggio consistente. Quindi ho grande rispetto per il lavoro che hanno svolto.

La decisione di fermare Primoz Roglic è stata presa dai medici, oppure è servito a salvargli le Olimpiadi?

No, noi come squadra non siamo realmente interessati alle Olimpiadi, ma siamo interessati alla salute della nostra gente e penso che questa abbia la priorità. Non conosco nemmeno la situazione delle Olimpiadi, non ho visto l’elenco con i nomi, ma per noi non era proprio questo l’obiettivo. Olimpiadi o no, per noi l’obiettivo era il Tour e ora è riaverlo sulla bici. Tenete presente anche quello che è successo dopo il suo incidente…

Jungels fra i più attivi della tappa di ieri per lanciare Hindley verso l’ultima salita
Jungels fra i più attivi della tappa di ieri per lanciare Hindley verso l’ultima salita
Cosa?

C’è stata una giornata intensa con vento di traverso, in cui devi avere tutta la concentrazione. Devi avere l’interruttore acceso e un corpo pronto. E con lui non era proprio così, perché rischiare? Non si trattava davvero di programmi futuri o altro. Penso che a Primoz e al suo team, a tutti noi il Tour sia piaciuto così tanto, che faremo qualsiasi cosa possibile per rimanerci.

E’ stato già fatto un programma per Roglic?

Non ancora, non siamo ancora in quella fase. Sono felice che adesso abbia un po’ di tempo con la sua famiglia. E penso che sia importante non prendere decisioni affrettate. In ogni caso, è importante anche per lui superare la delusione, avere un po’ di lucidità e poi cercare nuovi obiettivi. Ma ripeto: non è questo il momento.

Seconda settimana finita: Pogacar brinda, cosa trama Vingegaard?

14.07.2024
6 min
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PLATEAU DE BEILLE (Francia) – Le ha prese anche oggi, ma Vingegaard dimostra di avere due attributi grossi così. Sarebbe potuto restare passivo, pensando a difendersi. Invece ha fatto tirare la squadra per tutto il giorno. E quando a 10,5 chilometri dalla fine Jorgenson ha dato l’ultima strappata, il danese ha attaccato. Niente a che vedere con le “aperture” dello scorso anno, ma ha comunque chiamato Pogacar allo scoperto, anche se alla fine ha dovuto cedergli 1’08”. Per definire la differenza di livello fra Giro e Tour, basti osservare che alla fine della seconda settimana del Giro, Tadej aveva già 6’41” su Thomas. Qui il suo margine su Vingegaard è ora di 3’02”. Sempre tanto, ma pur sempre la metà.

Jonas arriva e sembra ben disposto. Noi indossiamo tutti la mascherina per disposizione del Tour. La sua grande educazione in certi giorni ti incanta, al confronto con altri sportivi sconfitti che rifiutano di parlare o lo fanno con tono risentito.

Nonostante il passivo di 1’08”, Vingegaard si dice soddisfatto della sua prova. E il Tour è ancora lungo
Nonostante il passivo di 1’08”, Vingegaard si dice soddisfatto della sua prova. E il Tour è ancora lungo
Ti ha fatto tanto male?

In realtà penso di aver fatto la prestazione della vita sull’ultima salita. Per cui posso essere super felice e orgoglioso di come ho corso, di come ha corso la squadra. Tadej è stato semplicemente molto meglio, quindi congratulazioni a lui. Oggi pensavo di poterlo battere, avevo ancora delle speranze, ma ha dimostrato quanto è forte. Io sono andato al top e lui ha guadagnato un minuto? Merita di vincere.

Come dire che sei pronto ad arrenderti?

Se riesce a mantenere questo livello sino in fondo, arrivare secondo non sarebbe un disonore. Ora non ho niente da perdere, sono un po’ nel mezzo, per così dire, e attaccherò ancora. Penso ancora di poter vincere, anche se sembra difficile. Può ancora avere una brutta giornata, lo abbiamo visto negli ultimi due anni (nel 2022 e nel 2023, in occasione dei due attacchi di Jonas, Pogacar perse più di 3 minuti in un solo colpo, ndr). Quindi penso che dobbiamo sperare in questo e lavorare perché accada. Non me ne andrò da questo Tour senza averci provato sino in fondo.

E’ sembrato che quando hai attaccato, lo stessi guardando. Volevi studiarlo?

Non stavo guardando indietro, stavo solo cercando di fare il massimo che potevo. E ho attaccato. Da quel momento ho spinto il più forte possibile fino al traguardo. Questo era un piano studiato da mesi, questa tappa andava corsa così. E non ho avuto dubbi, anche se ieri è andata come sapete. Abbiamo una buona strategia e negli ultimi due anni ha funzionato. Sappiamo che posso sopportare grandi fatiche e potrei farlo anche quest’anno.

Si pensa che potrai crescere, ne sei convinto anche tu?

Se ho fatto davvero la migliore prestazione della mia vita, non so se sia possibile crescere ancora. Il Tour si vince gestendo le giornate di crisi e non calando di condizione. Io penso di poter restare a questo livello sino in fondo. Vedremo alla fine.

Tadej terrà questo livello?

Il parcheggio dei team ha facce diverse. I pullman sono a valle, a Les Cabannes, per cui i corridori hanno ricevuto i loro bei fischietti e stanno scendendo. Arthur Van Dongen, direttore sportivo con Niermann della Visma Lease a Bike, era abituato a commentare altre situazioni. Finisce di scrivere un messaggio, mette su la mascherina e poi risponde.

«Visto come è andata la gara – dice – penso sia chiaro quale piano avessimo. Dare il massimo tutto il giorno e rendere la gara più dura possibile. Abbiamo fatto un lavoro molto, molto buono. Abbiamo ammazzato tutti. A inizio salita i corridori di classifica si sono staccati subito. Ci sono stati subito distacchi importanti. Solo un corridore ci è stato superiore e ha fatto nuovamente la differenza. Jonas si sente bene e noi abbiamo ancora fiducia in lui. Sappiamo che nell’ultima settimana possono succedere molte cose. Non rinunciamo a combattere, ma dobbiamo essere realistici. Ci sono ancora montagne e una crono. Diversa dallo scorso anno, come diversi sono l’avvicinamento di Jonas al Tour e la forma di Pogacar. Tadej ora è fortissimo, aspettiamo di vedere se rimarrà a questo livello».

Il miglior Pogacar di sempre

Gianetti invece non sta nella pelle. Il Team principal del UAE Team Emirates si è fatto il giro di tutti i microfoni e adesso ragiona con calma sullo show cui abbiamo appena assistito. E poi, con una punta di saggezza, invita a mantenere la calma.

«Avevamo visto la sua crescita già da quest’inverno – spiega – poi ha fatto un gran Giro d’Italia e soprattutto una bellissima preparazione per questo Tour. Chiaro che vedere la sua differenza in questo momento con il resto degli avversari è bello. Credo davvero che sia il miglior Tadej di sempre, ma questo non deve farci abbassare la guardia. Tre minuti sono un bel vantaggio, ma la settimana finale di questo Tour de France è veramente molto impegnativa, ci saranno tante difficoltà. Oggi non abbiamo dovuto lavorare, ma pur rimanendo a ruota, è stato un giorno duro. Quindi è chiaro che ci sarà il lavoro da parte delle squadre e degli altri corridori che proveranno a migliorare la loro classifica.

«Sarà una settimana molto impegnativa, sia sotto l’aspetto fisico che mentale. Io non ho mai fatto Giro e Tour nello stesso anno, non posso neanche immaginare cosa sia. E’ qualcosa che va al di là dell’immaginazione, però questo è l’obiettivo e non l’abbiamo ancora raggiunto».

Pogacar sui Pirenei: il piccolo principe con i denti di un lupo

13.07.2024
4 min
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PLA D’ADET (Francia) – Oggi ha l’espressione beata del Grappa e di tutte le volte al Giro in cui un piano pensato alla vigilia andava a buon fine. Certo la sensazione che questa vittoria Pogacar dovrà sudarsela secondo dopo secondo si fa largo ogni giorno. Quei numeri del Giro appartengono a un’altra dimensione, qui Vingegaard e anche Evenepoel sono avversari ben più cattivi di quelli incontrati in Italia. E forse nella scelta di puntare sul Giro s’è tenuto conto anche di questo. Però intanto Vingegaard oggi ha dovuto subire e tanto gli basta per andare a letto più sereno.

Yates gli ha permesso di respirare e di spiccare nuovamente il volo
Yates gli ha permesso di respirare e di spiccare nuovamente il volo

Lo sgabello della star

Pogacar è seduto sullo sgabello della mix zone con centomila microfoni puntati sulla faccia. Sorride e racconta, mentre dalla strada alle spalle del palco arrivano boati al suo indirizzo. Su questo il Tour non fa eccezioni rispetto al Giro: lo sloveno è idolo anche qui.

«Volevamo davvero correre in modo conservativo – sorride – ma puntavamo comunque alla vittoria di tappa, perché sapevo di poter arrivare con un buono sprint nel finale. Poi ho visto l’opportunità per Adam (Yates, ndr) di fare il vuoto e di arrivare anche alla vittoria di tappa, in più facendo lavorare la Visma. Di colpo però mi sono accorto visto che quando ha attaccato, il ritmo è addirittura calato, non tiravano poi così forte. E allora ho avuto la sensazione che forse avrei potuto provare a raggiungere Adam. Lui è il compagno perfetto, quello che vorresti avere sempre con te. Si è appesantito un po’, ma ha dato tutto quello che aveva. Io alla sua ruota ho potuto respirare per un paio di volte e questa oggi è stata, credo, una delle principali differenze. Il fatto che Adam fosse lì per me. E’ stata una splendida intuizione. Per questo stasera devo dire che grazie a tutti i compagni di squadra. Oggi hanno fatto davvero un lavoro incredibile, sono super felice».

Pogacar con Sivakov nella discesa del Tourmalet: la squadra sempre unita
Pogacar con Sivakov nella discesa del Tourmalet: la squadra sempre unita

Il record di Cavendish

Politt finché ne ha avuta. Poi Soler gli ha poggiato una mano sulla schiena, ringraziandolo e autorizzandolo a spostarsi. E quando lo spagnolo ha finito il suo lavoro, è stata la volta di Almeida, inatteso in questo ruolo, lui che spesso gioca da primo attore e ha il suo bel caratterino. Se ci fosse stato ancora Ayuso, forse, avrebbero potuto fare di più.

«Manteniamo questo slancio – dice Pogacar – e una buona energia nella squadra, buone gambe. Proviamo a mantenere questa mentalità in un’altra giornata, quella di domani, in cui tutti saranno nuovamente importanti. Vincere tante tappe è qualcosa cui non ho mai pensato, neppure quando ero più piccolo. Ad esempio, vedendo Mark Cavendish vincere così tanti sprint, ho sempre pensato che venisse da un altro pianeta e che non fosse raggiungibile. Ma se insegui i tuoi sogni, allora forse puoi reggiungerli. Non è il mio obiettivo raggiungere Cavendish (Pogacar finora ha vinto 13 tappe in 5 Tour, ndr), l’ho detto solo per far capire quanto io l’abbia ammirato e quanto fosse bello vederlo vincere con la sua squadra».

Pogacar lo ha detto chiaro: Almeida ha fatto gli straordinari, ma davvero bene
Pogacar lo ha detto chiaro: Almeida ha fatto gli straordinari, ma davvero bene

Correre d’istinto

In fondo è tutto molto semplice oppure tale lo fa sembrare. La realtà è che per un tipo orgoglioso come lui non è stato facile essere preso a schiaffoni. Attacco spettacolare, ma a vuoto sugli sterrati. Attacco spettacolare, ma a vuoto (e con la beffa della sconfitta) a Le Lioran. Un inverno di diete, studi sulla posizione e lavori di fino. Finché arriva Vingegaard dopo un infortunio come quello dei Paesi Baschi e ti sembra che nulla sia cambiato? Doveva riprovarci, senza meno…

«Mi sentivo davvero bene oggi – dice – le cose non sono andate secondo i piani sulla salita finale, perché ci mancava un uomo: Ayuso si è dovuto ritirare e quindi Almeida ha lavorato molto duramente già a 8 chilometri dalla fine. Ho attacato anche perché ho visto che nessun uomo di classifica stava provando qualcosa. Ho visto un’opportunità e sono partito. C’è ancora molta strada da fare fino a Nizza, ma oggi sono iniziate le vere tappe di montagna! La chiave è che abbiamo una squadra forte per supportare le mie opzioni. In ogni intervista mi dicono che devo risparmiare energie, ma amo correre d’istinto. A volte funziona, a volte no… ma a me piace così».

Vingegaard incassa il colpo e quasi gli manca il respiro

13.07.2024
5 min
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PLA D’ADET (Francia) – La fila per la funivia è interminabile e si viene quasi assaliti dal senso di colpa passandole accanto con passo svelto. Fra una cosa e l’altra, per arrivare in sala stampa servirà mezz’ora e intanto cerchiamo di riordinare le idee su quello che abbiamo appena vissuto e visto. In realtà c’è poco da ordinare. Tadej Pogacar ha fatto quello che gli bruciava nel petto da un paio di giorni e questa volta Vingegaard non è stato all’altezza. Dello sloveno vi racconteremo fra poco, ora ci concentriamo sul vincitore degli ultimi due Tour. Stamattina nel Villaggio era opinione comune che oggi si sarebbe visto il primo cenno di sorpasso. Che Jonas sia in forte crescita, mentre Tadej abbia già detto tutto.

Sosta al pullman Visma

Ecco perché prima di raggiungere la funivia ci siamo fermati al pullman della Visma-Lease a Bike, dove per tradizione Vingegaard parla con le televisioni danesi. Che aria tira da quelle parti? Quando siamo arrivati, lui era già lì che parlava con quel tono pacato e lo sguardo disarmato. Anche se questa volta nella voce c’era meno ironia, come ad aver accusato il colpo.

Alla partenza da Pau, Vingegaard con i vertici del Tour all’inaugurazione di un parco dedicato al Tour
Alla partenza da Pau, Vingegaard con i vertici del Tour all’inaugurazione di un parco dedicato al Tour

«Per la tappa di oggi – dice – dovrei essere più felice che triste, perché ho fatto una buona prestazione. Non penso di dover essere deluso, ma non so se posso presentarmi e dire una cosa del genere. Ovviamente è deludente perdere 39 secondi, per questo cerchiamo di prendere solo il buono di questa giornata. E il buono è che la prestazione, almeno per i numeri, è stata buona. E poi domani è un altro giorno, forse un giorno che mi si addice ancora di più…».

Il gruppo è convinto che tu stia crescendo, oggi Pogacar ti ha sorpreso?

Sappiamo bene che ha uno scatto pazzesco e poi forse gli ultimi tre chilometri di salita gli si adattavano un po’ meglio, con meno pendenza e un tratto di discesa. Quando è così, ha senso che mi attacchi, perché lui ha più potenza di me. Invece nella parte più ripida mi stavo riavvicinando. Ha riguadagnato tanto nell’ultimo chilometro.

Il traguardo è arrivato giusto in tempo oppure avevi ancora energie?

Ovviamente sono stato molto felice di vederlo, anche se non ho mai perso il controllo. Tadej ha meritato la vittoria oggi, quindi complimenti a lui. Il suo attacco è stato davvero esplosivo.

La sua Cervélo R5 in partenza, con il 39-52 x 10-36 e ruote differenziate: 42 davanti e 49 dietro
La sua Cervélo R5 in partenza, con il 39-52 x 10-36 e ruote differenziate: 42 davanti e 49 dietro
Domani è un altro giorno: cosa vuol dire?

Oggi non era un giorno da risparmiarsi pensando a domani, diciamolo chiaro. Però penso che il percorso verso Plateau de Beille sia a mio favore. Sarà una giornata un po’ più dura, mentre questa è stata molto breve, per così dire (la tappa è durata 4 ore 01’51”). Credo che più lunga sia meglio è per me.

Come confronteresti la forza della tua squadra e della sua squadra?

Penso che oggi avesse una squadra molto forte, ma penso di averla avuta anche io. Ero sempre circondato da qualcuno. Jorgenson tirava piuttosto forte e penso che avrebbe potuto anche andare di più quando Yates ha attaccato. Ci manca Sepp Kuss, questo è vero. Ma ce la caviamo lo stesso.

E’ ancora possibile vincere il Tour con due minuti di ritardo?

Sì, lo è di certo. Non bisogna buttarsi giù, ero più deluso dopo la tappa del Galibier, dove mi è mancato qualcosa. Oggi mi sono difeso con buoni valori.

Dopo l’arrivo hanno portato Vingegaard subito in direzione del pullman
Dopo l’arrivo hanno portato Vingegaard subito in direzione del pullman

Un colpo pesante

Il ritornello dei buoni valori convince a metà, ma sembra qualcosa cui il campione vuole aggrapparsi a tutti i costi. Intanto però dal pullman è venuto fuori Grischa Niermann, il direttore sportivo. E la sua versione arricchisce la storia.

«Ci aspettavamo che Pogacar attaccasse sull’ultima salita – dice – e questa volta Jonas non ha potuto seguirlo. Però penso che abbia fatto un ottimo lavoro, nel giorno in cui Pogacar è stato più forte. Dobbiamo solo accettarlo. Sapevamo dai giorni scorsi che quando lui accelera, Jonas fa fatica a seguirlo. Oggi lo schema era quello di rispondere gradualmente, invece rispetto ad altre volte, negli ultimi due chilometri abbiamo perso terreno ed è un peccato. Sicuramente è stato un colpo pesante, speravamo di non perdere tempo, invece siamo quasi due minuti indietro. È difficile da recuperare, ma certamente ancora possibile. E’ la prima volta che vedo Jonas davvero deluso in questo Tour, ma lui è un grande agonista e vuole sempre vincere. Ha fatto il suo meglio, ora deve accettare che un altro sia stato migliore».

Jorgenson ha tirato parecchio fino al momento dello scatto di Adam Yates
Jorgenson ha tirato parecchio fino al momento dello scatto di Adam Yates

Un altro piano

Né mani nei capelli né il tono della disfatta, il Tour è obiettivamente ancora lungo. Resta da capire che cosa abbia provato davvero durante la tappa. Se abbia gestito per salvarsi o se sia stato sul punto di crollare. Fra gli attacchi diretti subiti per mano di Pogacar questo finora è il più incisivo e siamo certi che stasera ne parleranno.

«Nonostante tutto rimaniamo ottimisti – prosegue Niermann – sul fatto che ci siano ancora possibilità di vincere questo Tour e sapevamo in anticipo che non sarebbe stato facile. Lo prendiamo giorno per giorno. E parlando di oggi, penso che abbiano fatto una bella mossa mandando Adam Yates all’attacco. Solo questo gli ha fatto guadagnare 10 secondi. Ma stiamo calmi, domattina faremo un altro piano e di sera saremo ancora qui per verificarlo».

Vingegaard getta la maschera: sui Pirenei sarà caccia a Pogacar

12.07.2024
6 min
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PAU (Francia) – Nell’immensa bolgia che ha accolto il gruppo a Pau, a un certo punto non s’è capito più niente. Eravamo al pullman del UAE Team Emirates a parlare con Ayuso, ritirato per il covid, quando s’è sparsa la voce che Pogacar fosse caduto prima della volata. Il tempo di capire che non fosse vero e ci siamo trovati davanti alla maglia gialla che invece lo sprint addirittura l’ha fatto. Certo alla larga dallo sgomitare dei velocisti, ma pur sempre una volata di gruppo. Già è abbastanza strano – ma emozionante – che corra in attacco infischiandosene delle astuzie e le cautele del leader, ma addirittura fare la volata di gruppo?

Domani Pla d’Adet, ma prima ancora il Tourmalet e Horquette d’Ancizan accenderanno il fuoco sotto il pentolone del Tour. Finora se le sono date, ma senza mai affondare il colpo. Domani potrebbe essere l’inizio di un nuovo viaggio. Oggi per qualche chilometro, Adam Yates li ha fatti tremare. La sua presenza nella fuga poteva significare ritrovarselo nuovamente in classifica. Per questo la Visma-Lease a Bike si è impegnata per chiudere.

Sprinter Pogacar

Eppure Pogacar se la ride. Sta facendo esattamente come negli ultimi due anni: fuochi d’artificio per tutti, ogni giorno, alla prima occasione. E domani che cominciano i Pirenei, Tadej si ritroverà senza Ayuso e con Vingegaard che vuole davvero capire a che punto si trovi.

«Il finale non era stressante – spiega la maglia gialla – ero nella mia zona sicura, la mia bolla ed ho evitato tutte le situazioni più frenetiche con la mente lucida. Alla fine però ho visto la possibilità di fare un piazzamento nei dieci e ho fatto la volata. Tranquilli ragazzi, non preoccupatevi. Semmai è più preoccupante l’abbandono di Ayuso, ma credo che abbiamo ugualmente una squadra fortissima. Soler e Politt stanno facendo un lavoro incredibile. Yates e Almeida in montagna sono due sicurezze. Sono tutti in forma per il lavoro che ci attende da domani. Sono le prime salite vere, finora non ce ne sono state, tranne forse nel giorno del Galibier. Considerata la situazione della classifica generale, ora possiamo correre un po’ sulla difensiva. Vorrei vincere la tappa, ma non spenderò troppe energie per quello».

Vingegaard parla di unità della squadra e di aver finito la tappa tutti insieme
Vingegaard parla di unità della squadra e di aver finito la tappa tutti insieme

Cecchino Vingegaard

Tanto è spavaldo Pogacar, per quanto è cauto e cinico Vingegaard. Il danese non ha l’appeal, il ciuffo e i modi telegenici dell’attuale maglia gialla, ma è un grande professionista. Cento giorni fa era messo davvero male, ora è qui con la sensazione che potrebbe nuovamente giocarsi il Tour. Pogacar l’ha capito e questa consapevolezza secondo noi ha reso meno rilassanti i suoi giorni. Forse il tanto sbandierare la serenità è la prima spia di qualche preoccupazione sorta nel frattempo?

«Entriamo in un terreno che mi si addice un po’ di più – dice Vingegaard – aspettiamo con ansia i prossimi giorni. Mi sento molto bene, oggi per noi è stata una bella giornata. Siamo arrivati tutti insieme, non abbiamo perso tempo con nessuno e adesso speriamo di poter recuperare bene fino a domani. Yates in fuga non era la situazione ottimale, non volevamo lasciarlo rientrare nella classifica generale, per questo abbiamo preferito riprenderlo. Da questo punto di vista è stata una giornata dura. Abbiamo provato anche a spaccare il gruppo con i ventagli, ma alla fine i principali avversari erano ancora lì e non avrebbe avuto molto senso continuare a spingere e suicidarsi.

«Da domani però non ci sarà spazio per nascondersi, ma vedremo come verrà gestita la tappa. Dovremo solo aspettare e vedere. Non ho intenzione di dire cosa faremo domani, ma abbiamo le nostre idee. E’ il fine settimana che mi si addice meglio, per cui spero in una corsa dura. Potrei anche attaccare. Finora abbiamo ragionato sul presente, anche perché non stavo benissimo: da domani inizieremo a lavorare per il futuro».

Nostalgia di Parigi

Philipsen della presenza di Pogacar in volata dice di non essersi accorto. Non che sarebbe cambiato qualcosa. Il belga, già primo a Saint Amand Montrond, ha fatto la sua traiettoria creativa, spostandosi dal centro sulla destra e resistendo poi alla rimonta di Van Aert. Al momento del cambio di linea, Wout non ha potuto fare altro che prendergli la ruota. Sarà perché convive male con il soprannome “Disaster”, quando gli chiedono che cosa pensi delle lamentele di qualche avversario, Jasper si indurisce e taglia corto. Hai qualche commento?

«No comment. Non mi piace questa domanda». Le domande dirette si possono fare, poi tutti pronti a ricevere risposte come questa. Il belga va avanti nel discorso dicendo che solo a fine Tour faranno un’analisi per capire che cosa non abbia funzionato nella prima settimana, ma che due vittorie non sono così male. Non vuole parlare di forma che non c’era e tantomeno di sfortuna, per paura che ne chiami altra. Poi con quel ghigno furbetto da velocista spiega che è impossibile prendere nuovamente la maglia verde. E che da velocista trova singolare che il Tour non finisca a Parigi.

«E’ davvero strano – sorride (penserà già al ritiro dopo la tappa di Nimes?) – manca lo zuccherino in fondo. Non è la sensazione più bella, ma è così e non possiamo cambiarlo. In pratica sappiamo che dopo la tappa 16 ne avremo altre cinque in cui soffriremo per arrivare in fondo. Dovremo restare forti, questo è il Tour del 2024».

Van Aert aiuterà Vingegaard, ma vuole soprattutto vincere una tappa
Wout Van Aert aiuterà Vingegaard, ma vuole soprattutto vincere una tappa

Van Aert diviso a metà

Chi si va mangiando le mani è Wout Van Aert, anche oggi secondo, come se gli mancasse la forza necessaria per volgere la volata a suo favore. Sempre alla ricasca degli altri, scegliendo traiettorie non sempre ideali.

«C’erano vibrazioni da vere classiche oggi – dice – un po’ di vento, terreno collinare e tappa a tutto gas dal colpo di pistola. Mi è davvero piaciuta, per questo è un peccato che non riesca ancora a vincere. Il gruppo era piccolo, tanti pensavano di potercela fare. Ho sbagliato ritrovandomi in testa troppo presto, per il vento che c’era. Quando è così, a volte sei troppo lontano e a volte troppo davanti. Ho dovuto aspettare un po’ ai 350 metri dall’arrivo, perché sarebbe stato troppo presto. Forse se fossi partito ai 200, avrei vinto, ma non dirò mai che non sono soddisfatto del lavoro di Laporte per me. Domani inizia di nuovo un’altra gara e daremo pieno supporto a Jonas. Spero di svolgere il mio compito, ma a questo punto spero anche di vincere una tappa. Nella seconda settimana mi sto sentendo bene, il grande risultato è nelle gambe, ma devo dimostrarlo anche sulla bici».

Il capitano e la bici del gregario: dietro c’è un mondo

11.07.2024
5 min
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L’altro giorno, verso Troyes, Jonas Vingegaard ha preso la bici di un compagno e con quella ha tirato dritto fino alla fine. Quella è stata la tappa degli sterrati, corsa a tutta velocità… ma la cosa ci ha fatto riflettere. Se oggi tutto è calcolato alla perfezione cosa comporta pedalare per 100 e passa chilometri su un altro mezzo?

E ancora. Si è letto e sentito che le misure di Vingegaard e Jan Tratnik (in apertura la foto di Jonas con quella bici) fossero le stesse e che addirittura un gregario nei grandi team pedali con le misure del leader. Tratnik al contrario ha detto che il suo capitano, pensando proprio ad una situazione simile, in ritiro si era allenato con una bici che riproponeva le sue misure. Tutta questa carne al fuoco ci ha fatto riflettere.

Cornacchione, meccanico della Ineos Grenadiers, ha detto che il leader sa sempre prima di una tappa chi deve cedergli la bici in caso di guasto
Cornacchione, meccanico della Ineos Grenadiers, ha detto che il leader sa sempre prima di una tappa chi deve cedergli la bici in caso di guasto

Parola al meccanico

Per capire meglio come funzioni il cambio di bici, in generale e non riferito al caso Vingegaard-Tratnik, ci siamo rivolti a Matteo Cornacchione, meccanico della Ineos Grenadiers.

Matteo, ma quindi è vera questa cosa che al gregario vengono modificate le proprie misure in favore del capitano?

No, ogni corridore ha la sua bici. O almeno da noi non è così. I direttori sportivi danno però delle indicazioni.

Cioè?

Solitamente si indica al capitano il corridore che ha la misura e l’altezza di sella più vicine sia in basso che in alto. Faccio un esempio, l’altro giorno verso Troyes a Carlos Rodriguez che è il nostro capitano è stato detto che in caso foratura il primo corridore cui fare riferimento era Bernal. Egan infatti ha la sella più bassa di soli 2 centimetri. L’alternativa in alto è De Plus. Quindi comunichiamo sempre l’uomo di riferimento per il cambio bici in corsa.

Nel limite delle possibilità c’è un uomo “più adatto” a seconda delle tappe?

Sì, infatti l’altro giorno un’altra buona alternativa, sempre riprendendo l’esempio di Rodriguez, era Kwiatkowski. Comunque prima di un grande Giro i capitani vengono avvertiti su chi ha misure simili.

Carlos Rodriguez ha avuto il più possibile vicino Bernal durante la tappa dello sterrato. Il colombiano era pronto a cedergli la bici in caso di necessità
Rodriguez ha avuto il più possibile vicino Bernal durante la tappa dello sterrato. Il colombiano era pronto a cedergli la bici
Ovviamente Matteo parliamo di casi limite, quando non è possibile cambiare la bici normalmente…

Certo, anche dopo il passaggio di bici da un gregario ad un leader, l’idea è di cambiare la bici appena possibile. Ma l’altro giorno, con il gruppo esploso in quel modo l’ammiraglia era 3′-4′ dietro. Meglio adottare questa soluzione che attenderne l’arrivo.

Hai parlato di corridori ben consapevoli delle misure: per caso fornite anche la chiavetta per certe corse?

Noi la diamo sempre, i nostri hanno in tasca la brugola. Anche per la sostituzione della ruota. Tra l’altro i ragazzi sono informati sempre di un eventuale extra supporto a bordo strada. Guadano Veloviewer e gli dicono: «Fra un chilometro c’è il cambio ruote». Nella tappa di Troyes avevamo ulteriori 14 extra feed venuti dal Belgio. Ognuno aveva un set di ruote montate con gomme da 32 millimetri e anche una borraccia.

La tecar uno dei trattamenti usati in caso di forte stress post tappa (foto Instagram)
La tecar uno dei trattamenti usati in caso di forte stress post tappa. In foto Cosentino

Parola al massaggiatore

Ma se questo è il punto di vista del meccanico, dal punto di vista fisico e muscolare cosa succede quando un atleta che all’improvviso cambia bici e quindi misure? Un corridore pedala per circa 30.000 chilometri in un anno: va da sé che c’è uno shock. Di questo aspetto parliamo con Emanuele Cosentino, fisioterapista e massaggiatore della VF Group-Bardiani.

Quindi, Emanuele, è un bello shock per le catene cinetiche? Per i muscoli?

Ne risente la postura in primis. Un corridore parte con una bici che ha determinate misure, le sue misure, quindi con degli angoli ben precisi che lo mettono in condizioni di efficienza, muscolare, aerodinamica e biomeccanica massima. Il muscolo lavora bene. Appena cambia bici, le cose si complicano.

E cosa succede?

Se ci si pedala per 10 chilometri, poco o niente. Se invece la durata è superiore, la prima parte che ne risente è la schiena, poi il collo e la pedalata non è più “rotonda”. Inevitabilmente si creano degli scompensi.

Ti è mai capitato di manipolare un corridore dopo aver cambiato una bici in corsa?

Proprio in corsa no, ma è successo che un atleta pedalasse con una bici più bassa di ben 3 centimetri. E le problematiche maggiori non emergono subito, ma il giorno dopo. 

Insomma, Vingegaard è stato fortunato che il giorno dopo ci fosse il riposo?

Direi di sì. Poi c’è anche chi subisce di meno e chi di più questo stress. Ma di fronte a dei dolori simili oltre al massaggio si lavora con la tecar e i trust.

Il ginocchio è tra i punto del corpo che risente maggiormente di un cambio improvviso di bici, specie in caso di sella più bassa
Il ginocchio è tra i punto del corpo che risente maggiormente di un cambio improvviso di bici, specie in caso di sella più bassa
Senza scendere troppo nel dettaglio, cosa succede se il corridore pedala con la sella più bassa?

Ne risentono soprattutto le ginocchia e la zona lombare. Il quadricipite va a sollecitare il ginocchio in modo diverso, più stressante in quanto gli angoli sono più chiusi. Riguardo al collo in invece, molto dipende dalla lunghezza. Ma se la bici è troppo corta ci potrebbe essere un intorpidimento delle mani. E anche dei piedi.

E se la sella è più alta?

Sempre problemi lombari, ma stando più in punta di sella lavorano di più altri muscoli, come per esempio i polpacci e tutta la zona del bacino, che tra l’altro bascula di più. Inoltre la zona del collo, l’elevatore della scapola, le spalle… sono più sollecitati. E molto dipende anche da quanto è più lunga la bici. Davvero è un discorso vastissimo. E per questo rispettare la propria biomecanica al giorno d’oggi è fondamentale.

Di certo, visto come è andato ieri Vingegaard deve aver recuperato bene!