Colnago C35, Enzo Ferrari

All’asta da Sotheby’s 4 capolavori firmati Colnago

04.12.2025
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Ancora una volta Colnago e la casa d’aste Sotheby’s tornano simbolicamente a incrociare le proprie strade. Quattro delle più importanti e rare biciclette che hanno fatto la storia del brand lombardo saranno messe all’asta in occasione della Collector’s Week organizzata da Sotheby’s ad Abu Dhabi. L’asta si svolgerà online e si chiuderà questo venerdì 5 dicembre alle 19:30 GST (Gulf Standard Time, le nostre 16:30 ndr).

Colnago Y1Rs, Tadej Pogacar, Tour de France
Ecco la Y1Rs con la quale Tadej Pogacar ha vinto il suo quarto Tour, il secondo Mondiale, l’Europeo e il quinto Lombardia
Colnago Y1Rs, Tadej Pogacar, Tour de France
Ecco la Y1Rs con la quale Tadej Pogacar ha vinto il suo quarto Tour, il secondo Mondiale, l’Europeo e il quinto Lombardia

La bici di Tadej al Tour

La prima delle quattro bici messa all’asta è la Y1Rs Nacked Black usata da Tadej Pogacar in occasione della 16° tappa del Tour de France di quest’anno. Con quella bici l’asso sloveno ha conquistato il suo quarto Tour, il bis Mondiale, l’Europeo e il quinto Lombardia.

Un pezzo unico e di enorme valore storico, la Colnago Y1Rs Stripped Black è a tutti gli effetti una bicicletta destinata a incontrare l’interesse dei collezionisti più esigenti e appassionati.

Colnago C68, Joao Almeida, presentazione Vuelta 2025
All’asta andrà anche la C68 utilizzata da Joao Almeida durante la presentazione della Vuelta 2025
Colnago C68, Joao Almeida, presentazione Vuelta 2025
All’asta andrà anche la C68 utilizzata da Joao Almeida durante la presentazione della Vuelta 2025

La C68 di Almeida

La seconda bici messa all’asta è la Colnago C68 Rossa No.1 utilizzata da Joao Almeida durante la presentazione ufficiale della Vuelta 2025, tenutasi a Torino nella suggestiva cornice di Piazzetta Reale.

Prodotta in una serie limitata e numerata di soli 80 esemplari, la C68 Rossa si distingue per la sua brillante livrea rossa, ottenuta attraverso un complesso processo di applicazione a foglia d’argento, una finitura che ha richiesto più di un anno di lavoro meticoloso. Interamente realizzata in Italia, esprime l’essenza dell’eccellenza artigianale di Colnago. La C68 Rossa No.1 rappresenta il capitolo conclusivo della straordinaria trilogia C68, un’opportunità rara per possedere il primo esemplare di un’edizione limitata storica.

Colnago Eddy Merckx
C’è spazio anche per un pezzo di storia nell’asta Sotheby’s con il telaio Colnago utilizzato da Merckx per il record dell’Ora nel 1972
Colnago Eddy Merckx
C’è spazio anche per un pezzo di storia nell’asta Sotheby’s con il telaio Colnago utilizzato da Merckx per il record dell’Ora nel 1972

Omaggio a Merckx

La terza bici del lotto è un telaio da pista Colnago restaurato, costruito secondo le esatte geometrie associate al Record dell’Ora realizzato nel 1972 da Eddy Merckx a Città del Messico, con misure 61×57 cm, coerenti con quelle delle biciclette preparate per il campione belga.

Il telaio presenta tubazioni Columbus SL perfettamente tonde e foderi posteriori rinforzati, una testimonianza dei principi ingegneristici dell’epoca: purezza, rigidità e velocità.

Colnago C35, Enzo Ferrari
Il quarto e ultimo modello all’asta è la C35 realizzata da Ernesto Colnago ed Enzo Ferrari nel 1989
Colnago C35, Enzo Ferrari
Il quarto e ultimo modello all’asta è la C35 realizzata da Ernesto Colnago ed Enzo Ferrari nel 1989

Un modello che ha fatto storia

L’ultimo modello messo all’asta è la Colnago C35, una bicicletta che racchiude la costante ricerca di innovazione e l’inconfondibile stile italiano. Ideata nel 1989 per celebrare il 35° anniversario dell’azienda, la C35 nacque dalla collaborazione tra due menti visionarie: Ernesto Colnago ed Enzo Ferrari.

Prodotta in Italia sotto la supervisione tecnica di Ferrari, la C35 fu uno dei primi telai da strada realizzati in composito di fibra di carbonio, un materiale che all’epoca apparteneva più all’ingegneria aerospaziale e automobilistica che al ciclismo. La sua introduzione segnò un momento fondamentale: un audace salto nel futuro in un periodo in cui il carbonio non era ancora lo standard.

Questo esemplare si distingue per il gruppo Campagnolo Super Record placcato oro e per le iconiche ruote Colnago a cinque razze in fibra di carbonio, dettagli che elevano la bicicletta da oggetto all’avanguardia a vero capolavoro da collezione.

Colnago

Vingegaard, Almeida e Pidcock: i racconti della Bola

13.09.2025
7 min
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E’ stato il grande giorno della Bola del Mundo alla Vuelta. La tappa del verdetto, quella che avrebbe decretato il re della maglia roja. La frazione è di nuovo di quelle toste, ma si sapeva già che a decidere tutto sarebbero stati gli ultimi 3.700 metri. Quelli in cemento, quelli con pendenze da MTB. Lassù avrebbe dominato la legge del più forte. E il più forte è stato Jonas Vingegaard. Per il corridore della Visma-Lease a Bike tappa e appunto… Vuelta.

Tra una fitta schiera di poliziotti e corse per contenere il pubblico più in basso, il già spoglio monte madrileno era ancora più vuoto nel suo chilometro finale. Si è sempre sul chi va là riguardo alle ormai note proteste pro Palestina.
In questo contesto vanno in scena 153 storie, tante quante i corridori rimasti in gara. Ogni scalata così estrema si trasforma per ognuno in qualcosa di strettamente personale. C’è chi vuole semplicemente arrivare al traguardo, chi vuole vincere, chi deve difendersi, chi dimostrare il suo valore, chi vuole la tappa. Ognuno ha il suo obiettivo.
Noi ve ne raccontiamo tre di queste storie e lo anche con l’aiuto di uno scalatore che sulla Bola del Mundo ci sarebbe stato alla grande: Domenico Pozzovivo.

Vingegaard sta per tagliare il traguardo. Gli inseguitori lo vedono da lontano, tra loro purtroppo non c’è Pellizzari, che perde la maglia bianca
Vingegaard sta per tagliare il traguardo. Gli inseguitori lo vedono da lontano, tra loro purtroppo non c’è Pellizzari, che perde la maglia bianca

Vingegaard campione vero

La prima storia, e non poteva essere diversamente, è quella di Jonas Vingegaard. Oggi il danese ha vinto. Ma la sua è una vittoria di chi era chiamato, e forse voleva dimostrare al mondo intero e prima di tutto a sé stesso, che è ancora forte. Che sa vincere anche senza Tadej Pogacar.
Anzi, a dire il vero era quasi obbligato a farlo.

Eppure in queste tappe è sì stato il più forte, ma non quello schiacciasassi che era lecito attendersi. Il Tour, e lo diciamo da tempo, si è fatto sentire. Jonas ha centellinato energie fisiche e mentali giorno dopo giorno.
«Dopo il Tour così duro – ha detto Pozzovivo – sinceramente mi aspettavo una Vuelta così di conserva, ma forse un po’ meno di come è stata realmente. Mi aspettavo che avrebbe cercato di addormentare la corsa e che non avrebbe corso come fa quando è contro Tadej o come fa lui stesso quando non c’è Pogacar. Penso per esempio alla Tirreno dell’anno scorso».

L’abbraccio tra Kuss e Vingegaard. L’americano è arrivato secondo, siglando una doppietta per la Visma
L’abbraccio tra Kuss e Vingegaard. L’americano è arrivato secondo, siglando una doppietta per la Visma

Jonas il chirurgo

«Anche oggi ha fatto di mille metri (è partito ai -1,3 chilometri e ha mollato ai 300 metri, ndr). Ha calcolato più la durata dello sforzo che la distanza. Sono stati 5 minuti di attacco, 5′ di fuorigiri ad una media di 13 all’ora o poco più. E’ stato un attacco chirurgico, preparato. Credo sapesse che non avrebbe aperto grandi margini e così ha fatto al massimo quello che poteva. Se fosse partito prima lo avrebbero ripreso, non avrebbe avuto la possibilità di portare un attacco simile più a lungo».

Le nostre sensazioni dunque erano giuste. Non ha sprecato nulla più del dovuto. Ha corso con grande consapevolezza dei suoi limiti. E che dire? Chapeau. Le corse si vincono anche così.
«Uno come lui – aggiunge Domenico – se fosse stato meglio avrebbe messo la firma sull’Angliru, per esempio».

Oggi Vingegaard doveva dimostrare che era comunque il miglior corridore di questa Vuelta e ci è riuscito. Onore a lui.

Almeida un leone… Ha lottato contro un gigante e forse lo è diventato anche lui
Almeida un leone… Ha lottato contro un gigante e forse lo è diventato anche lui

Almeida: sostanza e personalità

L’altra storia ci porta dal grande rivale di questa corsa spagnola, Joao Almeida. Chissà cosa, e se, gli ha detto Pogacar, il suo capitano, quando si è trovato a battagliare con il rivale storico del suo leader. Se gli ha svelato qualche punto debole.

Il portoghese della UAE Team Emirates si è ritrovato capitano. Sarebbe dovuto essere lo stesso Pogacar a guidare la corazzata in Spagna. Invece…
«Invece – ha detto Pozzovivo – si è ritrovato leader in modo inatteso. Ma è sbagliato dire che la sua stagione è venuta fuori in modo inaspettato. Andava già forte al Giro di Svizzera (anche prima al Romandia, ndr) e poi doveva fare bene il Tour. E invece ecco che si ritrova a fare la Vuelta e anche da capitano».

Oggi persino Ayuso ha contribuito alla causa di Almeida… almeno nelle fasi meno calde della corsa
Oggi persino Ayuso ha contribuito alla causa di Almeida… almeno nelle fasi meno calde della corsa

Joao leader

E proprio sull’essere leader, sulla pressione, sulla convivenza con Juan Ayuso, Pozzovivo esalta il portoghese: «Per me è stato fortissimo e questo lo consacra sia a livello internazionale che nella sua squadra. Credo che Joao si sia gestito benissimo, anche dal punto di vista della personalità, dell’essere leader appunto. E non ha avuto un inizio di Vuelta facile, con quei problemi di “spogliatoio”. Nella tappa in cui ha accumulato il maggior distacco da Vingegaard, lui stesso al termine della frazione ha detto che la squadra non aveva lavorato al 100 per cento per lui. Credo riferendosi non solo ad Ayuso, ma anche a Vine. E se dici una cosa del genere è perché ti prendi poi pressioni e responsabilità e lui ci ha convissuto benissimo. Idem quel che ha fatto sull’Angliru. Si è messo al massimo del suo limite. Di solito quando hai avversari così forti ti lasci un minimo di margine per rispondere a uno scatto. Lui no… e ha avuto ragione».

Anche oggi sulla Bola del Mundo ha perso qualche secondo, Almeida e la UAE con corridori che gli sono diventati fedeli quali Grosschartner e Vine, non si è fatto intimorire. La mancanza del riferimento Pogacar non si è fatta sentire.
«Non credo che Almeida senta questa cosa. Anche lo scorso anno al Tour era gregario di lusso, ma Tadej spesso partiva così tanto presto che anche lui poteva correre per sé stesso. E poi ha avuto altre occasioni di essere leader. Non ha perso insomma attitudine. Discorso diverso se si fosse trasformato nel leadout che si sposta e prende 10 minuti».

Tom Pidcock (classe 1999) avrà trovato la sua dimensione definitiva?
Tom Pidcock (classe 1999) avrà trovato la sua dimensione definitiva?

Pidcock: ora è nel posto giusto

La terza storia ci porta a Tom Pidcock. Il folletto della Q36.5 finalmente sale sul podio di un Grande Giro. In tanti, dopo la vittoria al Giro U23, lo aspettavano al varco, ma l’inglese aveva sempre mostrato altre preferenze, sia dal punto di vista personale che tecnico.

Domani a Madrid salirà sul gradino del podio e sempre domani Van der Poel sarà al mondiale di MTB. Per Pidcock è di certo un colpo al cuore. «Io sono un biker», ha sempre detto. Oggi all’arrivo quasi non riusciva a parlare tanto era stanco.

La domanda delle domande pertanto è: da oggi possiamo dire che Pidcock è uomo da corse a tappe? Mai come stavolta l’opinione di Pozzovivo, anche lui piccolo, scalatore e persino un po’ biker, è calzante.
«La Vuelta è sempre particolare quando si parla di Grandi Giri e questa lo è stata ancora di più. C’è una dichiarazione di Tom che mi ha colpito nel post Giro d’Italia e cioè: “Ho sofferto molto il caldo”. Per uno che soffre il caldo la Vuelta non è la miglior gara, ma in questo caso si è partiti con il maltempo in Italia, si è sempre restati al Nord dove le temperature non sono mai state torride e niente Andalucia. Questo ha giocato a suo favore».

«Rispetto alle tre settimane possiamo dire che ha dimostrato di esserci. Però mancava almeno un tappone da oltre 5.000 metri. Al Giro d’Italia ce ne sono sempre almeno due se non tre. Se ci fosse stato quello gli avremmo potuto dargli definitivamente la “patente” per corridore da Grandi Giri. Però questo podio è incoraggiante per lui. Resta il fatto che è un corridore che ama la corsa secca, che ama alzare le braccia e credo che correre per la classifica sia stato un grande sforzo mentale per Tom».

Giulio Pellizzari ha ceduto proprio nel finale della Vuelta. Sulla Bola ha incassato quasi 3′ perdendo la maglia bianca. E’ comunque 6° nella generale
Giulio Pellizzari ha ceduto proprio nel finale della Vuelta. Sulla Bola ha incassato quasi 3′ perdendo la maglia bianca. E’ comunque 6° nella generale

Chissà in casa Ineos…

Le analisi di Pozzovivo sono davvero eccellenti, ficcanti come solo chi è stato in gruppo per tanto tempo ad alti livelli può fare. E così gli chiediamo anche se domani, mentre metterà il piede sul podio, lui, ma soprattutto la Ineos Grenadiers, cosa penserà. Gli inglesi si mangeranno le mani?

«Assolutamente sì – dice secco il “Pozzo” – A loro manca un punto di riferimento per i Grandi Giri e in Ineos Grenadiers lo hanno fatto fuori con troppa fretta».

Però è anche vero che in quella squadra c’è una certa mentalità, una certa disciplina, di certo uno che vuole fare MTB non è il massimo per il team. E viceversa. Pidcock aveva perso il sorriso. In Q36.5 qualche comparsata in più offroad la può fare…
«E infatti – conclude Pozzovivo – per Tom stare in una squadra più piccola come la Q36.5 è meglio, può avere questo approccio. Alla fine è un po’ il faro, la maggior parte dei punti dipendono da lui e può permettersi di avere più spazi, di gestire un po’ di più i suoi impegni. Penso anche all’eccezione che, non essendo in una WorldTour, abbia comunque potuto disputare due Grandi Giri. Di certo è una situazione a suo vantaggio».

Almeida si prende l’Angliru: Vingegaard sfinito

05.09.2025
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Purtroppo per lui, Jonas Vingegaard dovrà attendere ancora prima di regalare l’orsacchiotto al figlio. L’Alto de Angliru resta un tabù e, dopo il secondo posto nel 2023 dietro Primoz Roglic, stavolta deve inchinarsi a Joao Almeida.

Sul gigante asturiano trionfa il portoghese della UAE Emirates che forse mette nel sacco la vittoria più importante della sua carriera, per come è arrivata e per chi ha battuto. Una vittoria che lo consacra, semmai ce ne fosse stato bisogno, tra i grandissimi.

Bravo Garofoli (in coda) che in questa Vuelta si è fatto vedere ancora una volta
Bravo Garofoli che in questa Vuelta si è fatto vedere ancora una volta

La consacrazione di Almeida

La tappa scorre via secondo copione: fuga da lontano, dentro c’è anche Gianmarco Garofoli e un tentativo lo fa anche di Antonio Tiberi. Dietro Red Bull-Bora e UAE che chiudono. Poco ha contato il breve stop per la protesta pro Palestina: in gruppo andavano troppo più forte.

La scalata dell’Angliru si trasforma presto in una cronoscalata: Almeida contro tutti. Uno dopo l’altro li fa saltare. L’unico ad averlo messo in difficoltà, anche solo per qualche metro, è stato paradossalmente il compagno Felix Grossschartner. Dopo il grande lavoro di Vine, l’austriaco aveva cambiato ritmo e saggiamente Joao non lo ha seguito. Poteva essere un campanello d’allarme, tanto che in casa Visma-Lease a Bike, cioè lo stesso Vingegaard e Sepp Kuss, che su queste rampe si rigenera, si è subito confabulato. Magari l’americano aveva consigliato al suo leader di attaccare.

Almeida taglia in testa il traguardo dell’Alto de Angliru davanti a Vingegaard. Terzo Hindley a 28″ che nel finale ha recuperato parecchio
Almeida taglia in testa il traguardo dell’Alto de Angliru davanti a Vingegaard. Terzo Hindley a 28″ che nel finale ha recuperato parecchio

Vuelta riaperta

Jonas però non lo ha fatto. La domanda è perché. Troppo presto? Non ne aveva? Alla fine lo scatto che tutti si aspettavano non è arrivato. Nel chilometro finale di salita anche lui dava le spalle e allo sprint, nonostante fosse rimasto sempre a ruota, non è riuscito a sopravanzare il portoghese, abile anche a prendersi la posizione nelle curve conclusive.

Ma un aspetto ha colpito più di tutti: la faccia di Jonas dopo il traguardo. Quando è salito sulla bici da crono per i rulli defaticanti ha fatto un’espressione eloquente. Sollevare la gamba per montare in sella deve essere stato uno sforzo ulteriore e tremendo per il danese. Quella smorfia di dolore potrebbe dire molto.

In fondo il danese è l’unico dei big in classifica (assieme a Gall) ad aver corso il Tour de France a tutta. E le energie, lo abbiamo visto anche con Tadej Pogacar, in questo ciclismo si pagano eccome. Anche se sei un supereroe. In tal senso la tappa di domani, ancora in salita, dirà molto.

Ora i due sono separati da 46”, ma il morale di Almeida è in crescita e quello di Vingegaard forse scricchiola…

Vingegaard è parso davvero stanco dopo l’arrivo
Vingegaard è parso davvero stanco dopo l’arrivo

Quel chilometro finale…

Sembra strano dirlo dopo quanto accaduto con Juan Ayuso in settimana, ma la squadra di Matxin e Gianetti si è mostrata davvero unita. Ayuso escluso, tutti hanno fatto la loro parte. Come si lavora per Pogacar, lo stesso è stato fatto per Almeida.

«La squadra ha lavorato in modo perfetto – ha detto Joao – sono super felice di come sia andata. E’ una vittoria incredibile. Se sia la più importante della mia carriera? Io ho pensato solo a spingere, a fare il mio passo e nell’ultimo chilometro sono andato oltre il limite».

«Abbiamo fatto un ottimo lavoro di squadra – ha sottolineato Matxin a Eurosport – i ragazzi hanno corso al meglio e con la fuga non era facile controllare il distacco. La vittoria di Joao è speciale, questo è un traguardo prestigioso. Oggi volevamo vincere la tappa e ci siamo riusciti. Per radio gli dicevamo di spingere, di restare concentrato, che stava andando forte».

Anche oggi la protesta pro-Palestina lungo le strade della Vuelta si è fatta sentire
Anche oggi la protesta pro-Palestina lungo le strade della Vuelta si è fatta sentire

Marcato se la gode

Intanto i corridori arrivano alla spicciolata. L’Angliru è un giudice micidiale e spacca la corsa come poche salite al mondo. Marco Marcato, direttore sportivo della UAE, si gode il momento: «Questa vittoria vale per tre. L’Angliru è un’icona e un successo così dà tantissimo morale. Ancora di più perché hai battuto Vingegaard, il migliore al mondo su certi arrivi dopo Tadej. Siamo davvero soddisfatti. Joao l’ha presa di petto e chapeau a lui».

Con Marcato si parla anche di tattica. Durante la scalata ci si chiedeva se quel ritmo regolare impostato da Almeida non favorisse Vingegaard. Ma a quanto pare era tutto studiato.
«La tattica era questa – spiega Marcato – Joao è un regolarista e bisognava evitare che uno scalatore puro come Jonas potesse scattare, così abbiamo deciso di impostare un passo forte. Poco importava se l’altro restava a ruota, perché su quelle pendenze e con quelle velocità la scia conta poco. E’ stata una scelta che alla fine ha pagato.


«Vuelta riaperta? Per noi non era mai stata chiusa. Ora il distacco tra i due è di 46” e restano molte tappe dure fino a Madrid. Ci proveremo ancora, ma bisogna fare i conti con le energie rimaste».

Pellizzari intanto rafforza la sua maglia bianca (+32″ su Riccitello). E’ sesto all’arrivo e sesto nella generale
Pellizzari intanto rafforza la sua maglia bianca (+32″ su Riccitello). E’ sesto all’arrivo e sesto nella generale

Il bilancio delle energie

E con questa frase Marcato apre un altro capitolo: quello delle energie, che già avevamo accennato. In teoria il bilancio dovrebbe pendere a favore del portoghese, che ha lasciato il Tour quasi subito. Un dato però non va perso nell’analisi della scalata: il recupero di Hindley e Kuss nel finale, segno che davanti erano stanchi.

«Eh – sospira Marcato – l’idea è quella, ma finora non si è visto questo calo da parte di Vingegaard. E’ vero però che oggi anche lui ha faticato, altrimenti avrebbe attaccato. Bisogna stare attenti, perché una salita finale come quella di domani è più adatta a uno come Jonas.

«Noi andiamo avanti per la nostra strada. Voglio sottolineare il lavoro dei ragazzi, da Novak a Grossschartner, da Vine a Oliveira… tutti. Stamattina eravamo tutti per Joao. Pressione non ne avevamo: in classifica eravamo messi bene e avevamo già vinto cinque tappe. Però abbiamo fatto bene quel che dovevamo, in particolare prima dell’Angliru, quando abbiamo preso davanti la tecnica discesa del Cordal per portarlo al meglio ai piedi della salita. Poi il resto lo ha fatto Almeida, che ci ha messo gambe e cuore».

Vingegaard si diverte, Ciccone salta, Almeida rimugina

31.08.2025
4 min
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Era prevedibile che qualcosa in casa UAE Emirates non andasse. Ayuso s’è tappato le orecchie e forse anche questa volta preferirà non ascoltare. Dopo l’arrivo e il secondo posto alle spalle di Vingegaard, Almeida non ha fatto nomi. Tuttavia il fatto che all’inizio della salita (pedalabile) di Estación de Esquí de Valdezcaray lo spagnolo si sia staccato resta un comportamento da decifrare. Da uno che due giorni fa ha dominato sul traguardo di Cerler, dopo 4.203 metri di dislivello, ci si poteva aspettare di più.

«Siamo stati colti di sorpresa – ha detto Almeida parlando dell’attacco di Vingegaard a 11 chilometri dall’arrivo – non me l’aspettavo. Ero ben posizionato, ma loro hanno attaccato molto forte e per questo non sono riuscito a recuperare. E’ andata così… Ho visto che i ragazzi erano al limite e non potevano fare molto, oggi mi sono mancati particolarmente i miei compagni di squadra. Alla fine non avevo accanto nessuno… Non era molto ripido, quindi penso che avrei potuto seguire Jonas diversamente. Ma non lo sapremo mai».

Almeida ha inseguito Vingegaard andando quasi alla sua stessa velocità: a 27 anni, Joao è nella piena maturità
Almeida ha inseguito Vingegaard andando quasi alla sua stessa velocità: a 27 anni, Joao è nella piena maturità

Il fuori giri di Ciccone

E’ stato così che Jonas Vingegaard ha deciso di affondare i denti, dopo che fino a inizio salita i più attivi erano stati gli uomini della Lidl-Trek. Jorgenson ha tirato e di colpo il danese è andato via da solo. L’ha seguito Ciccone, con un gesto più spavaldo che bello: quello è Vingegaard, per fare classifica contro di lui, bisogna usare la testa e non i muscoli. Ma certe prove vanno fatte e Ciccone a un certo punto ha detto basta.

«Penso che Jonas sia andato troppo veloce per me – ha commentato Giulio, laconico – e ho fatto del mio meglio. Forse seguirlo è stato un errore, era meglio tenere un po’ il passo. Eravamo ancora ai piedi della salita, ma le sensazioni erano buone ed eravamo davvero fiduciosi di provare a vincere questa tappa. Lui a volte è forte e a volte meno. Oggi è stato fortissimo, ma sicuramente ci riproveremo».

Il linguaggio del corpo: bocca chiusa, bocca aperta, il destino di Ciccone era segnato
Il linguaggio del corpo: bocca chiusa, bocca aperta, il destino di Ciccone era segnato

Lo stupore di Vingegaard

Vingegaard non l’ha fatto da super cattivo, anzi alla fine ha scherzato sull’imprudenza di attaccare da tanto lontano. Si è anche voltato spesso, senza scavare solchi profondi. Del resto, fra i rivali davanti è il solo ad aver corso il Tour lottando sino alla fine con Pogacar e a non essersi preparato in altura.

«Oggi mi sentivo benissimo – ha detto Vingegaard – quindi ho chiesto alla squadra di accelerare e hanno fatto un lavoro fantastico. Sono entusiasta di essere riuscito a concludere. A dire il vero, non sapevo che fossi così lontano quando ho attaccato. Non ho fatto i compiti molto bene e sono rimasto sorpreso quando ho visto il cartello dei 10 chilometri. Una volta che ho guadagnato un po’ di vantaggio, ho continuato. Non cercavo la maglia rossa. Il mio obiettivo principale era vincere la tappa e guadagnare tempo sui miei rivali».

La tappa di oggi misurava 195,5 chilometri, attraverso la provincia autonoma di La Rioja
La tappa di oggi misurava 195,5 chilometri, attraverso la provincia autonoma di La Rioja

La promessa di Pidcock

Per una singolare coincidenza del calendario, si è visto oggi sugli scudi anche Tom Pidcock. Il britannico della Q36.5 ha scalato la salita finale assieme ad Almeida. E’ parso troppo a lungo a rimorchio e solo nel finale ha dato il suo contributo, limando una decina di secondi al margine di Vingegaard.

«Mi sentivo davvero bene – ha detto il campione olimpico della moutain bike – ma quando Jonas parte è sempre difficile seguirlo. Ha sempre tanti compagni con sé. Ho creduto che Almeida fosse la ruota perfetta da seguire, ho pensato che saremmo potuti rientrare insieme. Chapeau a lui, non sono proprio riuscito a dargli il cambio. Mi ha urlato contro, ma nel tratto più veloce della salita, sembrava un trattore. E’ ripartito nell’ultimo chilometro ed è stato impressionante, sono riuscito a superarlo solo all’arrivo. Sono contento, a essere sincero. So che è difficile conoscere appieno le mie capacità, ma ci stiamo divertendo».

Dopo un Giro a dir poco anonimo, il Pidcock della Vuelta è molto più propositivo
Dopo un Giro a dir poco anonimo, il Pidcock della Vuelta è molto più propositivo

La singolare coincidenza del calendario sta nel fatto che proprio oggi Van der Poel è tornato a correre in mountain bike, centrando un buon sesto posto a Les Gets, in Francia. Mathieu ha nel mirino il mondiale che si correrà nel Vallese il 14 settembre, proprio nel giorno finale della Vuelta a Madrid. Magari l’olandese si starà già fregando le mani sapendo che nel gruppo non ci sarà la vera star attuale del movimento. Anche se Pidcock dopo la Vuelta volerà in Africa e si giocherà da par suo il mondiale di Kigali.

Domani Andorra dirà chi comanda fra Almeida e Ayuso

27.08.2025
6 min
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SUSA – Almeida o Ayuso, questo è il dilemma. Mentre tutti si interrogano su chi sarà l’avversario principale di Jonas Vingegaard, in casa UAE Emirates si parla sempre di coppia di leader e di responsabilità condivise, sin da quando la squadra è stata annunciata ed è stata confermata l’assenza di Tadej Pogacar, fresco del poker giallo.

Già dalla prima conferenza stampa congiunta al J-Hotel nel giorno della presentazione delle squadre a Torino, il gioco di carte è diventato provare a capire chi dei due bluffasse e chi, invece, nascondesse l’asso nella manica. «La mia forma è un’incognita perché ho pochissimi giorni di gara nelle gambe dopo il Giro, mentre Joao va davvero forte», spiegava Ayuso, uscito con morale e fisico a terra dalla Corsa Rosa e a caccia di riscatto nella Vuelta che, ironia della sorte, è scattata proprio dall’Italia. «Mi sento bene, ma sono certo che anche Juan andrà forte e la cosa più importante è che vinca la squadra. Noi, senza dubbio le proveremo tutte», gli faceva eco Almeida.

Tutti contro Vingegaard

Il primo arrivo in salita, con l’allungo di Soler sulle ultime rampe che portavano all’arrivo di Limone Piemonte, è stato fin troppo esplosivo per il tandem UAE. I due però si sono difesi con gli artigli, sfruttando anche il lavoro di Soler: quinto Almeida, ottavo Ayuso, che si è preso la maglia bianca. Lunedì, invece, nel tortuoso finale di Ceres, con il tornante ai -75 metri, il portoghese ha chiuso 28° e lo spagnolo 35°. Qualche chilometro prima del finale della terza tappa, trovandoci accanto a Mauro Gianetti ad attenderne l’esito, ci siamo fatti raccontare come procede la convivenza dopo queste prime tappe italiane. 

«Stanno bene entrambi – ci ha detto – e l’hanno già dimostrato nell’arrivo di Limone Piemonte. Abbiamo questa opportunità di avere due leader e quindi bisogna giocarseli bene. Anche perché per provare a battere Jonas Vingegaard bisogna essere veramente forti. Essere in due è un piccolo vantaggio. Certo, rimane il fatto che Jonas è fortissimo e ha una squadra di altissimo livello ma, con due carte a disposizione, c’è qualche chance in più. Quindi, è importante proprio avere questa coppia perché, nei giorni più difficili, la superiorità numerica può girare a nostro favore».

Di certo, non è una situazione abituale per la UAE, che di solito fa la parte del leone con Pogacar e che, stavolta, è costretta a raddoppiare le forze per contrastare il “solito” rivale danese. Gianetti replica: «E’ chiaro che Tadej è il numero uno al mondo, ma Almeida è un corridore straordinario, così come lo è Ayuso. Entrambi possono sfruttare la presenza dell’altro a proprio vantaggio e dividere le responsabilità».

Ayuso ha conquistato la maglia bianca e per ora corre in posizione di attesa
Ayuso ha conquistato la maglia bianca e per ora corre in posizione di attesa

Chi va e chi resta

Al netto dei tatticismi però, l’incerto futuro di Ayuso per il 2026 (persistono le voci che lo danno in uscita con la Lidl-Trek in pole position) fa propendere la tesi che sia Almeida l’uomo di punta per queste tre settimane a cavallo tra Italia e Spagna con la breve parentesi francese di ieri. Oltre alla preparazione non ottimale sbandierata a più riprese, il ventiduenne catalano è per la prima volta al via di due Grandi Giri nella stessa stagione e questo rappresenta un ulteriore punto interrogativo. Il portoghese, invece, prima del ritiro nella nona tappa del Tour de France, aveva impressionato facendo filotto tra Paesi Baschi, Romandia e Svizzera. Senza dimenticare che era stato l’unico, oltre a Pogacar, a battere Vingeegard in salita, con l’acuto nella quarta frazione della Parigi-Nizza.

Sul portoghese, Gianetti aggiunge: «Ha dimostrato negli ultimi due anni di riuscire ancora a crescere, poco alla volta. Grazie alla sua costanza nelle tre settimane può impensierire Vingegaard che, dal lato suo, ha un Tour de France sulle gambe, molto impegnativo sia dal punto di vista fisico sia mentale». Al punto da convincere anche un alieno come Pogacar a rifiatare. Il doppio impegno potrebbe pesare sulle gambe del danese. A questo si aggiunge, l’indole della Vuelta degli ultimi quindici anni, ovvero di prestarsi spesso a sorprese e colpi di scena: in casa Uae si è pronti a più scenari. 

Matxin è da sempre il mentore di Ayuso, qui parla con Almeida: è importante che regni l’equilibrio
Matxin è da sempre il mentore di Ayuso, qui parla con Almeida: è importante che regni l’equilibrio

Pogacar da tutelare

Sul mancato nuovo atto del dualismo Vingegaard-Pogacar, il team manager risponde così: «Tadej ci aveva pensato a venire alla Vuelta, sin da inizio stagione, perché è una corsa a cui tiene. Non si può però pensare di fare le classiche, il Tour e la Vuelta, perché le prime tolgono parecchie energie. In una corsa a tappe di una settimana, hai tempo magari per rifiatare. Nelle corse di un giorno come Strade Bianche, Milano-Sanremo, Fiandre sei sempre a tutta e richiedono una preparazione ad hoc e complicata. Tra le classiche e il Tour, Tadej ha staccato soltanto 2 giorni. Se avesse fatto la Vuelta, ne avrebbe avuti altrettanti di riposo prima della Corsa spagnola e sarebbe stato un po’ troppo poco per essere al top fisicamente e mentalmente».

Anche perché poi nel finale di stagione ci sono tanti altri appuntamenti che fanno gola al cannibale sloveno come mondiali, europei e Lombardia. E per un’altra ragione più a lungo termine a cui Gianetti tiene: «Vogliamo che il pubblico possa godersi il suo talento cristallino più a lungo possibile. Ovvio, in una Vuelta disegnata così, Tadej avrebbe potuto vincere parecchie tappe, ma bisogna fare delle scelte e preservarlo».

A ruota di Vingegaard, Ayuso vuole rifarsi dello smacco del Giro
A ruota di Vingegaard, Ayuso vuole rifarsi dello smacco del Giro

Ayuso guarda avanti

Gianetti poi rimescola le carte e dà ancora una carezza ad Ayuso, che vede in crescita di forma e non distratto dalle voci di mercato: «Purtroppo al Giro è andata com’è andata, malgrado la sua volontà, ma questo gli ha permesso di essere qui in corsa oggi alla Vuelta. Bisogna guardare avanti e lui non è certo un corridore che guarda indietro. Al massimo, lo fa per analizzare se c’è stato qualche errore o qualcosa nella preparazione che non ha funzionato. Senza dimenticare poi la caduta e la puntura dell’ape che l’hanno costretto al ritiro. Questa è una grande occasione per lui ed è concentrato soltanto su quest’obiettivo».

Dunque, la strana coppia Ayuso-Almeida continua a braccetto. Almeno fino all’arrivo in quota in Andorra di giovedì 28, quando potrebbe essere già la strada a svelare l’arcano, costringendo l’Uae a giocare a carte scoperte. 

Facce, quote e nomi della Vuelta: Ciccone tira il gruppo azzurro

15.08.2025
6 min
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Dopo la partenza del Giro d’Italia e un pezzetto della Grande Depart del Tour 2024, Torino darà il via anche alla Vuelta. Dal 23 agosto, la corsa spagnola partirà dal capoluogo piemontese e sarà il consueto esame di fine anno per chi ha risultati da confermare e chi deve invece recuperare una stagione balbettante. La statistica racconta che il primo vincitore italiano della Vuelta, Angelo Conterno nel 1956, era proprio di Torino. Se ne andò nel 2007 a 82 anni, dopo aver vinto un Giro del Piemonte e tre tappe al Giro d’Italia.

Sono appena sei i vincitori italiani della Vuelta Espana. Ci fu Conterno nel 1956, poi Gimondi nel 1968, Battaglin nel 1981, Giovanetti nel 1990, Nibali nel 2010 e Aru nel 2015. Sono sei: uno in meno dei vincitori italiani del Tour che sono sette. Significa che non c’è niente di facile a vincere la Vuelta, ma questo crediamo lo abbiate capito da un pezzo.

Angelo Conterno, vincitore della Vuelta 1956: foto tratta dalla mostra allestita dalla Città Metropolitana di Torino
Angelo Conterno, vincitore della Vuelta 1956: foto tratta dalla mostra allestita dalla Città Metropolitana di Torino

L’assenza di Pogacar, nell’aria dopo le tante energie spese al Tour de France, sarà compensata da alcuni nomi di primissima grandezza, dando vita si spera a uno spettacolo come quello che ha reso davvero indimenticabile il Giro d’Italia di Yates. Il percorso si snoderà nella parte superiore di Spagna, con l’arrivo di Madrid che ne costituisce anche il punto più a sud. Quattro le tappe pianeggianti (una con arrivo in altitudine). Sei di media montagna, cinque di alta montagna, con tre arrivi in alta quota. Una cronometro e due giorni di riposo.

Vingegaard e il mondiale

Il favorito numero uno è Jonas Vingegaard, per nome e palmares. Il danese, che al Tour le ha provate tutte per staccare Pogacar, lo aveva detto già alla fine della sfida francese: «Prima mi prenderò una settimana di riposo e poi comincerò ad allenarmi di nuovo. E’ andata bene nel 2023, spero che funzioni ugualmente». La sua preparazione si è svolta ad Annecy, dove vive con la famiglia. Non ha svolto lavori di preparazione in altura, avendone accumulata parecchia per il Tour. A quanto risulta, nelle due settimane e mezza di allenamento, il suo unico obiettivo è stato recuperare freschezza. Come è chiaro, per averlo dichiarato da tempo, che il suo grande appuntamento di fine stagione sia il mondiale di Kigali.

«E’ stato il piano fin dall’inizio – ha spiegato il tecnico danese Michael Morkov – quando ho parlato con Jonas durante l’inverno e mi ha detto chiaramente di essere motivato per i campionati del mondo. E’ ad un punto della carriera in cui punta ai grandi appuntamenti».

Proprio per questo, in Danimarca si respira un po’ di apprensione perché Jonas non avrà abbastanza tempo per preparare i mondiali, che si correranno appena due settimane dopo la fine della Vuelta.

Vingegaard sarà il favorito numero uno della Vuelta con il supporto di Matteo Jorgenson
Vingegaard sarà il favorito numero uno della Vuelta con il supporto di Matteo Jorgenson

Ciccone alla prova

Dato il meritato spazio al più blasonato dei concorrenti, torniamo volentieri in Italia per Giulio Ciccone, che al rientro dalla preparazione in altura ha vinto a San Sebastian e alla Vuelta Burgos (foto di apertura). Il suo obiettivo 2025 sarebbe stato il Giro d’Italia, ma la caduta di Gorizia ha vanificato i suoi piani e quelli di altri corridori del gruppo. L’abruzzese ha detto chiaramente che vivrà la Vuelta giorno per giorno, ma sappiamo che per il Giro aveva lavorato tanto e bene in ottica classifica.

A chi gli contesta si aver sempre sofferto di un giorno di blackout nell’arco della tre settimane, lui per primo e la sua squadra rispondono che l’atleta è molto maturato. Vivrà alla giornata, ma non avendo mai chiuso un Grande Giro nei primi 10, è legittimo pensare che voglia mettersi alla prova.

«Mi piace confrontarmi con corridori forti – ha detto dopo aver battuto Del Toro a Lagunas de Neila, tappa più dura della Vuelta Burgos – preferisco gare così. Questa volta sapevo di avere il vantaggio di non essere in classifica e che lui avrebbe spinto a tutta. Ho approfittato della situazione e poi ho preferito non aspettare la volata. In questa corsa ci sono state diverse belle tappe, che sono state anche un’ottima preparazione per la Vuelta. Ci vado molto motivato, con l’intenzione di far bene».

Almeida e Ayuso sul Galibier al Tour 2024: i due non hanno avuto molte occasioni di correre insieme
Almeida e Ayuso sul Galibier al Tour 2024: i due non hanno avuto molte occasioni di correre insieme

Fra Almeida e Ayuso

La voglia di riscatto si respira anche in casa UAE Team Emirates. Il forfait di Pogacar è stato favorevole al ripescaggio di Ayuso: dopo il ritiro del Giro, altrimenti, lo spagnolo non avrebbe avuto un programma degno di interesse. Purtroppo per lui o per sua fortuna, dovrà fare i conti con l’identica sete di rivincita di Joao Almeida. Dopo la vittoria al Giro di Svizzera, il portoghese si è ritirato dal Tour con svariate abrasioni e una costola fratturata ed ha trascorso la convalescenza a casa. I due leader non sono mai stati grandi amici, si vedrà in che modo riusciranno a convivere.

«E’ una sensazione speciale iniziare la Vuelta da leader della squadra – ha detto Almeida – soprattutto con la forma che ho mostrato in questa stagione. Il recupero dall’incidente del Tour è stato fluido e le mie sensazioni in allenamento sono migliorate. Spero di continuare a progredire e di essere vicino al mio miglior livello all’inizio di questa Vuelta. Abbiamo un gruppo forte intorno a noi e credo che possiamo lottare per qualcosa di grande».

Dopo il passo a vuoto del Giro, Tiberi ha conquistato il secondo posto al Polonia
Dopo il passo a vuoto del Giro, Tiberi ha conquistato il secondo posto al Polonia

Tiberi per la generale

In casa Italia annotiamo anche altri nomi di sicuro interesse. Quello di Filippo Ganna, ritirato dal Tour, che avrà una cronometro in cui farsi valere. Lorenzo Fortunato, re degli scalatori al Giro d’Italia. In casa Red Bull-Bora, i nomi di Giovanni Aleotti, Matteo Sobrero e Pellizzari: pare che il marchigiano vada forte come e più che al Giro d’Italia. E’ la prima volta che Giulio affronta il secondo Grande Giro nella stessa stagione, ma non è da escludere che possa trovare il suo spazio accanto a due leader come Hindley e Vlasov.

Chi invece partirà con i gradi cuciti sulle spalle è Antonio Tiberi, affiancato da Damiano Caruso e Andrea Pasqualon. Uscito male dal Giro d’Italia, il laziale della Bahrain Victorious ha lavorato sodo in altura sul Passo Pordoi e al rientro ha centrato il secondo posto finale al Tour de Pologne.

«Dopo il Polonia – ha detto – una settimana di altura a Sestriere mi permetterà di arrivare direttamente a Torino per la Vuelta. Cercherò di rifarmi della sfortuna patita al Giro, sperando che possa andare meglio. La voglia è di fare bene, cercando di curare la generale».

Niente recon e distacchi sotto controllo: Almeida re dello Svizzera

23.06.2025
6 min
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Alla fine ce l’ha fatta. Joao Almeida ha vinto il Tour de Suisse. Con tenacia, con costanza, come una formichina, il portoghese della UAE Emirates si è messo sotto dopo il pasticcio della tappa iniziale e, negli ultimi 10 chilometri contro il tempo della corsa elvetica, ha ribaltato la situazione.

Kevin Vauquelin però è stato un avversario fiero. Inaspettato, ma altrettanto tenace. Finché ha potuto, ha lottato e, diciamolo pure, ha anche fatto tremare Almeida… e non solo lui. «Alla fine sì, sono deluso, ma la UAE ha mezzi più potenti dei nostri», ha sentenziato il giovane francese.

Almeida in azione nella crono di Stockhutte, dove ha rifilato 24″ a Felix Gall e 1’10” ad Oscar Onley
Almeida in azione nella crono di Stockhutte, dove ha rifilato 24″ a Felix Gall e 1’10” ad Oscar Onley

Non mollare mai

Chi invece è stato davvero uno squalo – e lui stesso ci aveva detto di essere venuto qui per vincere – è stato proprio Almeida.
Ha iniziato la rimonta quasi senza pensarci, ma con l’intento di riscattarsi conquistando le tappe. E così eccolo: l’assolo dello Spluga, la volata di Santa Maria in Calanca e la vittoria di Emmetten prima dell’epilogo di ieri. Ogni giorno tra distacchi e abbuoni rosicchiava qualcosa al leader. Tanto da presentarsi con 33″ di ritardo da Vauquelin. Non male per come si era messa: 3’22” di ritardo dopo la prima frazione.

«E’ stata una lunga strada, nella quale un errore poteva costarci caro – racconta Almeida – Per fortuna non ne abbiamo fatti più dopo l’inizio e siamo riusciti ad arrivare fino in fondo. Ma anche quando ho perso tre minuti, non credo che avessimo sbagliato tanto.
«La squadra è stata incredibile, abbiamo fatto un lavoro perfetto, abbiamo lottato per la vittoria, non ci siamo mai arresi, ci abbiamo sempre creduto. Alla fine è stata una vera lezione: non bisogna mai arrendersi. A volte le cose vanno male, niente è mai perfetto. Bisogna solo continuare a provare. Noi abbiamo continuato a farlo e ci siamo riusciti.

«E adesso? Mi godrò questa vittoria al massimo. E poi sarò pronto per il Tour de France e per supportare Tadej Pogacar. Spero che avremo altri successi».

Simone Pedrazzini è nel gruppo UAE dal 2014 (quando era ancora Lampre)
Simone Pedrazzini è nel gruppo UAE dal 2014 (quando era ancora Lampre)

Pedrazzini racconta

Tra i fautori di questa bella rimonta c’è Simone Pedrazzini, il direttore sportivo della UAE Team Emirates in questo Tour de Suisse.

«L’abbiamo ripresa per i capelli – racconta Simone – Siamo partiti così, con quella tappa in cui abbiamo perso terreno. Può succedere. Il problema è che non eravamo sicuri di recuperare, il percorso non era particolarmente selettivo. Di arrivi con salite lunghe, esclusa la crono di oggi (ieri per chi legge, ndr), non ce n’erano. E invece Joao, un giorno qua e uno là, è riuscito a recuperare tutto».

Eppure Pedrazzini ammette che loro ci hanno sempre creduto, Almeida soprattutto. Ma rimontare oltre tre minuti e passa non era affatto scontato. Anche prima della cronoscalata la certezza non era assoluta.

«Sì, ci credevamo, ma non eravamo sicuri al 100 per cento. Vauquelin è un buon cronoman, basta vedere i suoi risultati. Ma si trattava di una cronoscalata e questo ci poteva favorire. Ipotizzavamo di potergli rifilare un minuto, alla fine è stato 1’40”».

Lo aveva detto Vauquelin prima della crono: voglio svenire, voglio dare tutto. Ha chiuso 4° a 1’40” da Almeida
Lo aveva detto Vauquelin prima della crono: voglio svenire, voglio dare tutto. Ha chiuso 4° a 1’40” da Almeida

Niente recon

L’approccio di Almeida alla crono è stato quantomeno insolito. In un ciclismo in cui si studia tutto, Pedrazzini racconta che il portoghese non ha fatto la ricognizione. E anche per il pacing si è scelta un’altra strada.

«E’ stata una mattina abbastanza tranquilla – dice il tecnico – Joao non ha voluto neanche vedere il percorso. Ha preferito riposare. I primi 4,6 chilometri li aveva già visti con l’arrivo di ieri. Per quanto riguarda il pacing e l’impostazione della crono, noi abbiamo David Herrero. E’ lui l’addetto che analizza tutto, che dà le indicazioni ai corridori anche sui materiali, che spiega il percorso…».

E proprio riguardo alla gestione dello sforzo e al passo sono curiose le parole di Almeida: «Non ho regolato bene il mio sforzo all’inizio e alla fine, non avevo più benzina per dare il massimo nell’ultimo chilometro ma è stato sufficiente. Ho fatto una salita davvero bella, mi sentivo davvero bene. In alcuni punti, ho pensato che il mio misuratore di potenza fosse mal calibrato, perché mostrava valori più alti del solito. Quindi sì, sono davvero super contento».

«Joao – riprende Pedrazzini – ci ha messo del suo. Il mix delle due cose, le indicazioni di Herrero e le sue gambe, ha portato alla crono che abbiamo visto. Sapete, nel ciclismo moderno non è più tanto il diesse che influisce sulla crono, ma altri. Il diesse gestisce la giornata, fa sì che tutto funzioni bene».

Il podio finale del Tour de Suisse 2025: 1° Joao Almeida, 2° Kevin Vauquelin e 3° Oscar Onley
Il podio finale del Tour de Suisse 2025: 1° Joao Almeida, 2° Kevin Vauquelin e 3° Oscar Onley

Quei due intermedi…

Una giornata ben organizzata parte anche da dettagli apparentemente banali: come il bus parcheggiato correttamente per esempio, viste le difficoltà logistiche, e tutto predisposto nel modo giusto. La riunione con Herrero è stata fondamentale, ma anche il supporto degli altri ragazzi della squadra.

«Un altro aspetto da non sottovalutare – continua Pedrazzini – è che una crono così, a fine giro, in pochi la fanno a tutta. Per noi era importante motivare tutti. Saper fare bene una crono è qualcosa che serve anche in futuro e devo dire che i ragazzi sono stati bravi nonostante il giorno prima avessero preso aria per 160 chilometri. E comunque averla fatta con impegno ha permesso che nei primi chilometri ci fossero piccole indicazioni utili per Joao, tipo una doppia curva, il ciglio del marciapiede più alto nei primi 700 metri che erano veloci. E questo è uno stimolo. Sanno che possono aiutare il capitano».

La UAE Emirates non ha lasciato nulla al caso. La corazzata ha predisposto tutto al meglio lungo il percorso.

«Per radio – conclude Pedrazzini – parlava Herrero. Come detto, è lui che fa i calcoli ed è giusto che fosse lui a dare le indicazioni. Indicazioni che servono a non arrivare in croce nei momenti topici. Almeida sapeva sempre i distacchi, non solo all’intermedio ufficiale. Avevamo organizzato per conto nostro altri due punti di cronometraggio: uno ai due chilometri e uno ai sette, oltre a quello dei 4,6 chilometri. Ecco, questo fa parte delle mansioni del diesse.

«Tornando ai distacchi, già dopo due chilometri – i più favorevoli a Vauquelin – Almeida aveva 11″ di vantaggio. Questo ha significato molto. Così come l’aver preso Alaphilippe… per carità, lui non è uno specialista, ma in una cronoscalata averlo a vista per oltre un chilometro è stato un riferimento in più. Anche per il morale».

Almeida a Piuro mette una toppa al suo Tour de Suisse

18.06.2025
4 min
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PIURO – Joao Almeida arriva da solo sotto il sole di Piuro che non lascia scampo alla pelle dei corridori. Taglia il traguardo, festeggia e stoppa il computerino sulla bici. Dopo duecento metri gira la bici e sale piano piano verso il podio. Accanto alla zona mista delle interviste trova il tendone dove all’ombra scende dalla sua Colnago, i meccanici tolgono la ruota posteriore e dopo averla agganciata ai rulli Almeida ci sale nuovamente per fare defaticamento. Pedala e smette di sudare solo dopo qualche minuto. Il colore della pelle da rosso torna roseo. 

Il portoghese del UAE Team Emirates-XRG ha lo sguardo fisso sulla ruota posteriore abbandonata qualche metro accanto a lui, intanto gira le gambe. Pensa e riflette. Oggi a Piuro in Valchiavenna, dove il Tour de Suisse è tornato dopo 27 anni, ha vinto la sua quinta gara stagionale: una tappa alla Parigi-Nizza, due ai Paesi Baschi e la classifica generale sia in Spagna che al Tour de Romandie. 

La Svizzera in Italia

Joao Almeida torna a vincere in Italia dopo più di due anni, siamo al Tour de Suisse ma oggi la corsa ha respirato la passione dei tifosi italiani accorsi numerosi sotto le Cascate dell’Acquafraggia. Quando corri nella squadra numero al mondo devi cogliere le occasioni che ti vengono concesse. Lo scorso anno al Tour de Suisse Almeida venne battuto dal proprio compagno di squadra Adam Yates, si dice che  l’umore del portoghese non fosse dei migliori al termine della cronometro di Aigle. Questa volta lo scalatore portoghese è venuto da solo come unico leader del team emiratino

Almeida ha preso il largo negli ultimi chilometri del Passo dello Spluga, la scalata che ha decretato lo sconfinamento in Italia. Un allungo, non uno scatto. Il passo e le gambe da cronoman hanno fatto il resto del lavoro nella discesa finale

Il portoghese ha fatto la differenza negli ultimi chilometri del Passo dello Spluga
Il portoghese ha fatto la differenza negli ultimi chilometri del Passo dello Spluga
Congratulazioni, è la tua terza vittoria in Svizzera. L’anno scorso hai fatto un lavoro straordinario insieme ad Adam Yates, mentre ora sei il leader unico della tua squadra. Come ci si sente?

È bello. Sono contento della vittoria di tappa, abbiamo fatto un ottimo lavoro di squadra. Mancano ancora tante tappe a domenica (giorno in cui si concluderà il Tour de Suisse, ndr). 

Quando sei rimasto da solo hai pensato di poter prendere anche la maglia di leader?

No, avevo in mente solamente la vittoria di tappa. Con un percorso del genere era difficile pensare di poter prendere più di due minuti a Romain Gregoire (leader della corsa, ndr). 

Oggi il Tour de Suisse è arrivato in Valchiavenna e i corridori hanno pedalato immersi in scenari mozzafiato
Oggi il Tour de Suisse è arrivato in Valchiavenna e i corridori hanno pedalato immersi in scenari mozzafiato
Ti aspettavi di arrivare da solo?

Oggi mi sono sentito bene per tutto il giorno, avevo la sensazione di andare forte fin dai primi chilometri. Gli ultimi dieci chilometri di pianura ho pensato solamente a spingere al massimo e questo sarà il piano fino all’ultima tappa. 

Cosa è successo nella prima tappa quando avete perso tre minuti da Gregoire?

Lui era in fuga e noi abbiamo commesso degli errori come squadra e una volta fatti è stato impossibile riprendere i fuggitivi. In qualche modo siamo riusciti a limitare i danni e oggi ho guadagnato un minuto. 

Pensi di poter provare a vincere questo Tour de Suisse?

Credo sia molto difficile, quasi impossibile, ma possiamo provarci. Domani la tappa sarà impegnativa e la cronoscalata di domenica permette di pensare a tanti scenari diversi. 

Sei tornato in corsa e in questi giorni stai correndo per prepararti al Tour de France, come ti senti?

Penso che la forma sia buona, quindi posso essere felice di come mi sento e partire per il Tour de France con la giusta mentalità, ovvero provare a vincere con Pogacar. 

Almeida: «Al Tour de Suisse per vincere e testare la condizione»

15.06.2025
4 min
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Se ieri abbiamo iniziato a parlare del Tour de Suisse con uno dei corridori più attesi, Tao Geoghegan Hart, stavolta lo facciamo con quello che a detta di tutti è il favorito numero uno: João Almeida.

Lo scorso anno il portoghese fu secondo, alle spalle di Adam Yates, per quella doppietta UAE Emirates che a posteriori altro non era che un anticipo del dominio che poi Tadej Pogacar e appunto la squadra avrebbero avuto al Tour.
E così ecco che Joao, con grande disponibilità, ha risposto alle nostre domande… aggiungendo anche un pensiero sul Giro d’Italia.

Quest’anno Almeida ha disputato sin qui 5 corse a tappe: due vittorie, due secondi posti e un sesto (alla Parigi-Nizza dove non era al top fisicamente)
Quest’anno Almeida ha disputato sin qui 5 corse a tappe: due vittorie, due secondi posti e un sesto (alla Parigi-Nizza dove non era al top fisicamente)
Joao, come stai? Com’è la forma?

Tutto bene, siamo qui in Svizzera per vedere se la gamba è buona.

Qual è il tuo obiettivo in questa corsa? Vuoi confermare il podio o è uno step di passaggio verso il Tour?

No, io credo che voglio confermare che la forma sia buona e che siamo qui per vincere la gara. E anche provare la gamba, com’è… soprattutto venendo da un lungo ritiro a Sierra Nevada.

A proposito, in generale com’è stata la tua preparazione quest’anno? Hai avuto intoppi?

Devo dire che è andato tutto bene. Sono stato un po’ malato alla fine della Parigi-Nizza e anche la settimana dopo, ma niente di speciale. Sono stato costante, ho fatto le gare che dovevo fare e anche per questo sono fiducioso.

La crono dello Svizzera 2024 era praticamente identica a quella di quest’anno. Almeida la vinse usando bici da strada e casco aero
La crono dello Svizzera 2024 era praticamente identica a quella di quest’anno. Almeida la vinse usando bici da strada e casco aero
Joao, tu sei un ottimo cronoman e una tua prestazione in questa specialità conta moltissimo. L’altro giorno al Delfinato Tadej ha pagato qualcosa: ebbene, quanto è importante la crono che ci sarà a questo Tour de Suisse per acquisire dati, fare degli interventi?

In teoria è importante, ma qui in questo Giro di Svizzera la crono che c’è è facile dal punto di vista dei materiali, perché è in salita. E’ tutta una questione di spinta. E stare lì sulla posizione della crono non è facile.

Però è importante per il Tour, per quella di Peyragudes che è sempre in salita…

Esatto, alla fine è uno sforzo simile, una crono da fare a tutta. Ma per me è più un giorno indicativo per valutare la gamba. Perché è uno sforzo che non ti consente di respirare. Devi impostare un pacing giusto e spingere forte. E devo dire che anche per questo sono eccitato, non vedo l’ora di farla.

Quanto ti senti più leader adesso, Joao? Hai acquisito questo senso di leadership sia dentro di te che nei confronti della squadra?

Io credo di sì. E’ una cosa che tutti gli anni cresce in me. In questi ultimi anni ho cominciato a vedere quello che funziona e quello che funziona meno per me. Allenamento, alimentazione… tutte queste cose. Capire come funziona il mio corpo, come devo fare l’allenamento. In questo momento sono in una posizione di consapevolezza. E questo ti dà fiducia per arrivare alle gare e dire: “Sto bene, la gamba c’è”.

La vittoria ai Paesi Baschi di quest’anno è stata una grande iniezione di fiducia per il portoghese
La vittoria ai Paesi Baschi di quest’anno è stata una grande iniezione di fiducia per il portoghese
Chi saranno i rivali principali per questo Tour de Suisse?

Ben O’Connor: io credo che lui andrà forte. Anche Ben ha fatto un ritiro a Sierra Nevada e quindi si è allenato bene. Poi penso a Aleksandr Vlasov. Doveva esserci anche Mattias Skjelmose, ma non ci sarà perché è malato. Questi per me erano i più forti. Poi vediamo giorno per giorno, perché sicuramente c’è tanta gente che sta bene. In tanti si sono allenati forte prima di questa gara e potrebbero anche esserci sorprese.

Chiudiamo con una curiosità. Nei giorni del Giro d’Italia, sulle tue pagine fan dei social – soprattutto i portoghesi – dicevano che era l’occasione di Joao al Giro. Ci hai mai pensato un pochino?

Sì – ride Almeida – alla fine puoi pensare a tante cose. Il Giro d’Italia mi piace tanto.
E non vedo l’ora di tornarci un giorno. Vedendo il Giro, pensavo che fosse in effetti un bel percorso per me. Due crono, salite giuste e anche l’ultima tappa sul Colle delle Finestre mi è piaciuta molto. La squadra è stata brava, hanno fatto una bella gara, alla fine siamo stati un po’ sfortunati. E qualche nostro corridore è caduto, ma nonostante tutto siamo stati lì per vincere. Dai, vediamo se un giorno tornerò: io lo spero tanto!