Sidi chiude il 2024 con un fatturato di 31,7 milioni di euro (+33%)

27.03.2025
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Il 2024 si è concluso con risultati eccellenti per Sidi, storica realtà di casa nostra attiva nella produzione di calzature per ciclismo e motociclismo. Con un fatturato in crescita del 33% rispetto all’anno precedente, l’azienda ha raggiunto i 31,7 milioni di euro, confermando il successo della strategia avviata dopo l’acquisizione da parte di Italmobiliare nel 2022. Il nuovo management ha dato impulso al marchio, puntando su innovazione, sviluppo prodotto e valorizzazione delle risorse umane.

Il settore motociclistico ha registrato un incremento del 33%, trainato dalla crescita delle immatricolazioni (+10% in Italia secondo ANCMA) e dal lancio di nuovi prodotti. Tra questi spiccano Crossair X, progettato per il motocross, e Orion, ideale per il turismo su due ruote. La gamma di “riding shoes” è stata ampliata con cinque nuovi modelli, rafforzando ulteriormente la presenza del marchio in questo segmento.

Anche la divisione ciclismo ha ottenuto un incremento del 33%, grazie al rinnovamento della gamma “road” e “off-road” e all’introduzione di una nuova linea “all-terrain”. Il lancio della collezione “Winter”, con sei nuovi modelli per ciclismo su strada e fuoristrada, ha contribuito al consolidamento del marchio in un mercato sempre più competitivo.

Focus sulle persone

Uno dei pilastri della crescita di Sidi è l’attenzione verso il capitale umano. L’azienda ha aumentato del 10% il numero di dipendenti e investito in programmi di formazione per potenziare le competenze interne. Anche il network di atleti ha giocato un ruolo chiave: tra le nuove collaborazioni spiccano Malcolm Stewart, vincitore di un round AMA Supercross, e Jerome Clementz, ex campione Enduro, che ha contribuito allo sviluppo della linea “all-terrain”. Confermate anche le partnership con nomi di spicco come Billy Bolt, Alvaro Bautista, Brad Binder e ciclisti del calibro di Antonio Tiberi, Adam Yates e Isaac Del Toro.

Nel 2024, Sidi ha incrementato la propria visibilità con la partecipazione a eventi di rilievo come L’Eroica e la Maratona Dles Dolomites. Contestualmente, ha rinnovato il proprio sito web per migliorare l’esperienza utente e potenziare l’engagement. Un esempio del successo di queste strategie è il lancio dello stivale “Crossair HD”, inizialmente sviluppato per Billy Bolt e poi reso disponibile al pubblico.

Davide Rossetti, CEO di Sidi
Davide Rossetti, CEO di Sidi

Sul fronte internazionale, l’azienda ha consolidato la propria presenza nei mercati esistenti e ha avviato collaborazioni con nuovi distributori, soprattutto negli Stati Uniti.

«Guardando al futuro – ha dichiarato il CEO dell’azienda Davide Rossetti – Sidi continuerà a investire in ricerca e sviluppo, digitalizzazione e sostenibilità, aderendo a iniziative globali come la Science Based Targets Initiative e il Global Compact delle Nazioni Unite. I risultati del 2024 confermano la nostra capacità di innovare. Nel 2025 punteremo sulla crescita sostenibile e sulla valorizzazione del nostro team: il vero ed insostituibile motore del successo di Sidi”.

Sidi

Marcato in estasi: «Yates ha fatto una cavalcata alla Tadej»

25.08.2024
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«Non avevo mai sofferto così tanto», ha detto Adam Yates subito dopo l’arrivo. «Fa così caldo che dall’ultima salita ho avuto i crampi. Non sapevo davvero se avrei potuto continuare così. Ho avuto molta sfortuna negli ultimi grandi Grandi Giri, per cui sono felice di essere riuscito finalmente a vincere di nuovo una tappa. Abbiamo fatto molto bene come squadra, con Marc e Jay (Soler e Vine, ndr) nella fuga. Mi hanno lanciato alla perfezione. Dopodiché sono rimasto solo con Gaudu.

«Quando ho visto che stava attraversando un momento difficile per il caldo – prosegue il britannico – ho capito che avrei dovuto approfittarne. E da quel momento in poi è stata solo sofferenza e sofferenza fino alla fine. Se posso dirlo, non mi interessa la classifica. Oggi era tutta una questione di vittoria di tappa. Ho dato tutto quello che avevo perché non avevo niente da perdere».

Adam Yates è rimasto in fuga per 58 chilometri e alla fine ha vinto con 1’39” su Carapaz e 3’45” su O’Connor
Adam Yates è rimasto in fuga per 58 chilometri e alla fine ha vinto con 1’39” su Carapaz e 3’45” su O’Connor

La giornata perfetta

Difficile dire se Marcato lo abbia ascoltato, dato che il diesse vicentino sulla prima ammiraglia della UAE Emirates in quel momento la stava guidando fino all’area dei pullman. Di certo però la sua idea in questo momento è ben altra. E anche se i ritmi sono convulsi perché c’è da prendere l’aereo che porterà il gruppo al riposo di Vigo, c’è spazio per il ragionamento. Adam Yates ha vinto la tappa di Granada con una fuga di 58 chilometri. Ben altro stile rispetto ai colpi chirurgici in salita con cui ha vinto ad esempio il Giro di Svizzera.

«Hai presente – sorride Marcato – quando fai un piano e va tutto bene? Oggi è andata così. Siamo partiti prima per la tappa, perché magari Adam alla classifica non ci credeva ancora tanto. Noi invece pensiamo che tutto sia ancora possibile, vedendo come corrono. Nulla vieta che arrivi un’altra fuga come quella che ha dato la maglia rossa a O’Connor. Si sta correndo in situazioni meteo impegnative, diverse tappe si sono fatte sopra i 40 gradi. Anche oggi abbiamo fatto un gran lavoro di idratazione lungo il percorso per permettere ai ragazzi di non soffrire troppo. E devo dire che la prestazione è un gran segnale che dà tanta motivazione, perché è stata una grande performance di squadra».

Tiberi è incorso in una pessima giornata, piegato da un colpo di calore che lo ha costretto al ritiro
Tiberi è incorso in una pessima giornata, piegato da un colpo di calore che lo ha costretto al ritiro

Un colpo di calore per Tiberi

Granada ha accolto la nona tappa della Vuelta con il calore di una fornace e purtroppo il primo a farne le spese è stato Antonio Tiberi. L’italiano del Team Bahrain Victorious si è fermato una prima volta alle prese con il mal di testa e poi ha alzato bandiera bianca, vittima di un colpo di calore. La squadra ha messo in atto tutti i metodi per abbassare la sua temperatura, che hanno dato buon esito, ma non hanno scongiurato il ritiro.

Il ragionamento di Marcato non ha grinze. L’impresa di Adam Yates e quella di Carapaz riaprono la classifica e riportano dentro due uomini pericolosi. Si vedrà nei prossimi giorni se davvero il britannico non abbia davvero in animo di risalire posizioni. Intanto va al riposo con un minuto di ritardo dal podio e magari, sfogliando le tappe, capirà che l’occasione non va sciupata. Anche perché nonostante la vittoria di ieri, Roglic non appare ancora quello dei bei tempi, per cui nessun epilogo potrebbe stupirci. E O’Connor sarà un osso duro da mandare a casa. Oggi intanto ha sprintato e ha colto il terzo posto.

«Ho preso l’abbuono nello sprint per il terzo posto – ha detto il leader di questa Vuelta – non è esattamente la mia specialità, ma quei 4 secondi erano lì da prendere. Penso di aver dimostrato che non mi toglieranno questa maglia tanto facilmente. Il giorno di riposo sarà bello, anche perché sono saldamente al comando e con una squadra forte intorno a me. Felix Gall ha fatto un buon lavoro, ma in genere tutti i ragazzi hanno fatto la loro parte. Mi dà fiducia per il proseguimento di questa Vuelta».

Una cavalcata alla Tadej

Marcato va avanti nel ragionamento. Durante la riunione sul pullman ha fatto i complimenti ai ragazzi e dato le indicazioni più importanti per le prossime ore. Domani si riposa, ma prima è stato giusto riconoscergli la bontà del lavoro, all’indomani del ritiro di Almeida che sembrava la figura più vicina a un leader per la generale.

«Joao – racconta Marcato – era uscito benissimo dal Tour e teneva a fare bene. Si sono preparati entrambi alla grande, per cui sono partiti alla pari e poi sarebbe stata la strada a parlare. Ma visto che Adam aveva pagato tantissimo il caldo e sembrava fuori dai giochi, ci eravamo concentrati di più su Almeida. E le cose poi sono andate così. Per questo stamattina abbiamo detto che la cosa migliore sarebbe stata andare in fuga con Adam e due compagni. Lui poi ci ha messo del suo e ha fatto una cavalcata alla Tadej.

«Soler è stato fantastico e anche Vine. Ma quando ha visto che Gaudu soffriva e Carapaz si stava avvicinando – prosegue Marcato – Adam ha semplicemente fatto il suo passo, che però è bastato per andare al traguardo e aumentare il vantaggio. Ora il riposo sarà importante per ricaricare le batterie. Andrà gestito bene. La tappa di martedì ha una salita di prima categoria in partenza e se ci arrivi ingolfato, rischi di restarci. Vedremo come vorranno gestirlo…».

Ancora tutto da scrivere

Nell’angolo della EF Education, Carapaz ha appena dichiarato che vincere la Vuelta potrebbe diventare un obiettivo. In casa Red Bull-Bora invece, Roglic ricorda a tutti di aver avuto ancora fastidi dalla schiena e ci si chiede se lo sloveno stia bluffando o in realtà non fosse davvero pronto per rientrare e abbia dovuto farlo per esigenze di squadra. Come dicevamo ieri, la Vuelta è appena decollata. Vivremo le prossime due settimane senza un italiano in classifica, ma convinti che ne vedremo delle belle.

Pogacar sui Pirenei: il piccolo principe con i denti di un lupo

13.07.2024
4 min
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PLA D’ADET (Francia) – Oggi ha l’espressione beata del Grappa e di tutte le volte al Giro in cui un piano pensato alla vigilia andava a buon fine. Certo la sensazione che questa vittoria Pogacar dovrà sudarsela secondo dopo secondo si fa largo ogni giorno. Quei numeri del Giro appartengono a un’altra dimensione, qui Vingegaard e anche Evenepoel sono avversari ben più cattivi di quelli incontrati in Italia. E forse nella scelta di puntare sul Giro s’è tenuto conto anche di questo. Però intanto Vingegaard oggi ha dovuto subire e tanto gli basta per andare a letto più sereno.

Yates gli ha permesso di respirare e di spiccare nuovamente il volo
Yates gli ha permesso di respirare e di spiccare nuovamente il volo

Lo sgabello della star

Pogacar è seduto sullo sgabello della mix zone con centomila microfoni puntati sulla faccia. Sorride e racconta, mentre dalla strada alle spalle del palco arrivano boati al suo indirizzo. Su questo il Tour non fa eccezioni rispetto al Giro: lo sloveno è idolo anche qui.

«Volevamo davvero correre in modo conservativo – sorride – ma puntavamo comunque alla vittoria di tappa, perché sapevo di poter arrivare con un buono sprint nel finale. Poi ho visto l’opportunità per Adam (Yates, ndr) di fare il vuoto e di arrivare anche alla vittoria di tappa, in più facendo lavorare la Visma. Di colpo però mi sono accorto visto che quando ha attaccato, il ritmo è addirittura calato, non tiravano poi così forte. E allora ho avuto la sensazione che forse avrei potuto provare a raggiungere Adam. Lui è il compagno perfetto, quello che vorresti avere sempre con te. Si è appesantito un po’, ma ha dato tutto quello che aveva. Io alla sua ruota ho potuto respirare per un paio di volte e questa oggi è stata, credo, una delle principali differenze. Il fatto che Adam fosse lì per me. E’ stata una splendida intuizione. Per questo stasera devo dire che grazie a tutti i compagni di squadra. Oggi hanno fatto davvero un lavoro incredibile, sono super felice».

Pogacar con Sivakov nella discesa del Tourmalet: la squadra sempre unita
Pogacar con Sivakov nella discesa del Tourmalet: la squadra sempre unita

Il record di Cavendish

Politt finché ne ha avuta. Poi Soler gli ha poggiato una mano sulla schiena, ringraziandolo e autorizzandolo a spostarsi. E quando lo spagnolo ha finito il suo lavoro, è stata la volta di Almeida, inatteso in questo ruolo, lui che spesso gioca da primo attore e ha il suo bel caratterino. Se ci fosse stato ancora Ayuso, forse, avrebbero potuto fare di più.

«Manteniamo questo slancio – dice Pogacar – e una buona energia nella squadra, buone gambe. Proviamo a mantenere questa mentalità in un’altra giornata, quella di domani, in cui tutti saranno nuovamente importanti. Vincere tante tappe è qualcosa cui non ho mai pensato, neppure quando ero più piccolo. Ad esempio, vedendo Mark Cavendish vincere così tanti sprint, ho sempre pensato che venisse da un altro pianeta e che non fosse raggiungibile. Ma se insegui i tuoi sogni, allora forse puoi reggiungerli. Non è il mio obiettivo raggiungere Cavendish (Pogacar finora ha vinto 13 tappe in 5 Tour, ndr), l’ho detto solo per far capire quanto io l’abbia ammirato e quanto fosse bello vederlo vincere con la sua squadra».

Pogacar lo ha detto chiaro: Almeida ha fatto gli straordinari, ma davvero bene
Pogacar lo ha detto chiaro: Almeida ha fatto gli straordinari, ma davvero bene

Correre d’istinto

In fondo è tutto molto semplice oppure tale lo fa sembrare. La realtà è che per un tipo orgoglioso come lui non è stato facile essere preso a schiaffoni. Attacco spettacolare, ma a vuoto sugli sterrati. Attacco spettacolare, ma a vuoto (e con la beffa della sconfitta) a Le Lioran. Un inverno di diete, studi sulla posizione e lavori di fino. Finché arriva Vingegaard dopo un infortunio come quello dei Paesi Baschi e ti sembra che nulla sia cambiato? Doveva riprovarci, senza meno…

«Mi sentivo davvero bene oggi – dice – le cose non sono andate secondo i piani sulla salita finale, perché ci mancava un uomo: Ayuso si è dovuto ritirare e quindi Almeida ha lavorato molto duramente già a 8 chilometri dalla fine. Ho attacato anche perché ho visto che nessun uomo di classifica stava provando qualcosa. Ho visto un’opportunità e sono partito. C’è ancora molta strada da fare fino a Nizza, ma oggi sono iniziate le vere tappe di montagna! La chiave è che abbiamo una squadra forte per supportare le mie opzioni. In ogni intervista mi dicono che devo risparmiare energie, ma amo correre d’istinto. A volte funziona, a volte no… ma a me piace così».

Svizzera blindato: ora Yates e Almeida verso il Tour con Pogacar

16.06.2024
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Primo e secondo per quattro giorni di seguito al Tour de Suisse: il dominio del UAE Team Emirates anche in questo caso è stato schiacciante. Pensare che Adam Yates e Joao Almeida ora andranno al Tour da gregari di Pogacar fa capire con quanta determinazione la squadra emiratina abbia voglia di ribaltare i verdetti degli ultimi due anni. L’incidente di Vingegaard rischia di sballare le previsioni e gli equilibri, in ogni caso la consistenza del team è piuttosto impressionante.

L’ultima sfida ha visto i due compagni di squadra scaldarsi uno accanto all’altro sui rulli nella zona di partenza. Neppure uno sguardo in cagnesco, piuttosto l’intima convinzione di tirare fuori il meglio dalla giornata. E il meglio ha significato per Almeida vincere la crono, con una gestione aggressiva della prova. Per Yates una tattica conservativa, sapendo che a meno di un tracollo il margine sarebbe stato sufficiente per portare a casa la maglia gialla. Quando Almeida è sceso dai rulli per andare alla partenza, i due si sono stretti la mano e poi la sfida è cominciata. Erano le 16,19: dopo 33 minuti 23 secondi e 870 millesimi, il portoghese ha conquistato l’ultima prova. Staccato di 8 secondi, il britannico ha sollevato l’ultimo trofeo.

Ottime, a margine, le prove di Skjelmose, Riccitello, Pidcock e Lenny Martinez, ma contro quei due la partita era ingiocabile.

Almeida ha vinto la crono con un finale pazzesco, fra agilità e grande velocità
Almeida ha vinto la crono con un finale pazzesco, fra agilità e grande velocità

Il finale di Almeida

Come tutti gli altri, anche Almeida è partito con la bici da crono e poi è passato alla Colnago da salita. Un cambio necessario, visto che il finale verso Villard sur Ollons era da tappa di montagna. E mentre tanti si sono intestarditi su un rapporto troppo lungo, gli ultimi due chilometri di Almeida lo hanno visto spingere con la corona più piccola, facendo velocità con la cadenza. Curiosità nel trionfo, pur essendo un grande cronoman e avendo fatto ottime prove in precedenza, Almeida non aveva mai vinto una crono WorldTour.

«Sono davvero contento della vittoria – dice – penso che sia stata la mia prima vittoria a cronometro, escludendo i campionati nazionali, quindi è molto buono. Sapevo sin dalla partenza che sarebbe stato praticamente impossibile vincere la classifica generale contro Adam. E’ abbastanza forte ed è un combattente. Per cui sono super felice anche del secondo posto dietro di lui.

«Non sapremo mai come sarebbe andata se non avessi dovuto lavorare per lui. E’ stata una settimana fantastica, di un perfetto lavoro di squadra. Poteva essere un’occasione anche per me, ma ci siamo detti che saremmo stati corretti e alla fine è bello vincere avendo questa consapevolezza».

Yates ammette di non aver avuto le gambe per accelerare nel finale: il margine era buono
Yates ammette di non aver avuto le gambe per accelerare nel finale: il margine era buono

I fantasmi di Yates

Yates e la sua barba sono crollati sull’asfalto, ansimando forte. E proprio mentre era lì che cercava di riconnettersi con la vita, dalle spalle sua moglie ha portato il peloso cane bianco che si è messo ad annusarlo e fargli festa. A volte gli organizzatori ci lasciano interdetti: sono così severi nel tenere lontani i fotografi e poi fanno arrivare un cane (sia pure il suo) addosso al vincitore della classifica.

«E’ sicuramente una delle vittorie più importanti della mia carriera – dice Adam – non ero sicuro di riuscirci. Ovviamente, avevo i distacchi rispetto a Joao, partito davanti a me e sapevo che alla fine avrebbe accelerato. Io invece non riuscivo proprio a farlo. Ero già al limite, quindi ho provato a tenere il ritmo e per fortuna è bastato. Sono ancora senza fiato perché è stato molto impegnativo. Avevo in mente da molto tempo il 2019, quando persi la Tirreno-Adriatico per un solo secondo nell’ultima crono (vinse Roglic, ndr) dopo essere stato in testa per cinque tappe. E questo fantasma era nella mia testa da anni. Per cui finalmente è bello vincere una corsa con un’ultima crono come questa.

«In più a inizio anno ho avuto un brutto incidente e la cosa peggiore è che non capivo quanto tempo mi sarebbe servito per tornare. Per fortuna le cose sono state abbastanza rapide e ne sono grato. Vincere la corsa è già una grande cosa, dividere il podio con Joao è una sensazione davvero speciale».

Sul podio, oltre ai due del UAE Team Emirates, anche Mattias Skjelmose
Sul podio, oltre ai due del UAE Team Emirates, anche Mattias Skjelmose

Chissà se Pogacar ha seguito quest’ultima crono e si è fregato le mani immaginando quale tranquillità potranno dargli questi due angeli custodi al Tour de France. Ormai tutti i tasselli stanno andando al loro posto. Firenze sta per diventare la capitale mondiale del ciclismo. Prima con il weekend dei campionati italiani e poi con la Grand Depart. Noi siamo pronti, la sensazione è che lo siano anche loro!

Yates e Almeida, ci si gioca tutto in 16 chilometri

15.06.2024
5 min
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A prescindere da come finirà il Giro di Svizzera e la sfida (sperando che ci sia) fra i due compagni di squadra Adam Yates e Joao Almeida nella cronoscalata finale, c’è chi è già più che contento. E’ chiaro che la Uae Team Emirates porta a casa un prestigioso trofeo, ma soprattutto è soddisfatto Joxean Matxin, lo stratega della formazione che pensa già al Tour, dove ci saranno entrambi e dove entrambi saranno al servizio di Pogacar.

Yates e Almeida hanno fatto il vuoto, ancora una volta. Segno di una condizione già ideale per il Tour
Yates e Almeida hanno fatto il vuoto, ancora una volta. Segno di una condizione già ideale per il Tour

Una marcia in più

La loro condizione è evidentemente quasi al top, anche nella tappa con arrivo a Villars sur Ollion non si sono mai minimamente preoccupati né della fuga iniziale, né del lavoro della Ineos con Rivera che macinava chilometri portandosi dietro Bernal e Pidcock. Negli ultimi 3 chilometri hanno cambiato marcia per andarsi a giocare la vittoria di tappa. In tre giorni due successi per il britannico e uno per il lusitano, ma il conteggio è fallace visto che i due sono arrivati insieme e l’ordine di arrivo è dato solo dalla casualità della fotocellula.

Matxin, come detto era stato chiaro: «Tutti coloro che andranno al Tour sanno che dovranno correre per Tadej, ogni altra opzione è secondaria e dipenderà dallo sloveno». Avere luogotenenti simili, capaci di fare la differenza è per il trionfatore del Giro una garanzia ulteriore per andare a caccia della mitica doppietta. C’è però un sottotesto: con corridori in queste condizioni non è comunque da scartare anche la costruzione di un “piano B” nel caso non tutto vada come si deve per il campione vincitutto.

Bernal continua a rimanere coperto, ma è intanto terzo in classifica. Sarà protagonista al Tour?
Bernal continua a rimanere coperto, ma è intanto terzo in classifica. Sarà protagonista al Tour?

Sfida aperta su 16 chilometri

C’è però un Giro di Svizzera da onorare fino alla fine. La partita fra i due è aperta, c’è una cronoscalata ancora da affrontare con 16 chilometri che decideranno il vincitore finale. Yates ha nei confronti di Almeida 31”. Pochi? Tanti? Il portoghese ha di certo una propensione maggiore per le sfide contro il tempo e da quel che si è visto anche una condizione che raramente ha raggiunto, altrimenti non si spiegherebbe come sia stato lui a forzare l’andatura alle spalle dell’austriaco Felix Gall, per andarlo a riprendere, chiamando addirittura il compagno, rimasto con Skjelmose e Kelderman, per andare via insieme.

Fatto il vuoto alle loro spalle c’era da decidere chi doveva vincere, ma i due non si sono posti il problema: «Nessuno ha chiesto all’altro di lasciarlo vincere – ha detto Yates dopo l’arrivo – ci siamo semplicemente detti di arrivare insieme, perché avevamo vinto insieme. Joao è un’ottima persona, un compagno ideale. E’ in ottima forma e potrebbe facilmente vincere. E’ una situazione strana, magari domani questi 4 secondi risulteranno decisivi, ma ripeto, è stato frutto del caso. Io spero di poter vincere ancora, anche lui lo spera, è giusto che ce la giochiamo ad armi pari onorando la nostra maglia».

Staune-Mittet ancora non ha vinto quest’anno, ma sta crescendo a vista d’occhio
Staune-Mittet ancora non ha vinto quest’anno, ma sta crescendo a vista d’occhio

Un confronto nel segno del rispetto

Da parte sua Almeida è sulla stessa lunghezza d’onda, il che lascia aperta la tappa finale a qualsiasi esito: «Finché facciamo primo e secondo siamo entrambi felici, fra noi c’è pieno rispetto reciproco, lavoriamo per un fine comune. Io ovviamente voglio fare di tutto per conquistare la vittoria finale, so di avere un bel distacco ma so anche che la frazione conclusiva può favorirmi. Noi abbiamo costruito la corsa come meglio non si poteva, domani possiamo divertirci e vinca il migliore, sicuramente chi sarà secondo sarà comunque contento».

Non c’è però solo la Uae e questo Giro di Svizzera un po’ schiacciato dalla squadra numero uno al mondo lo scorso anno mette in mostra anche altri corridori, qualcuno di quei giovani che cercano i raggi del sole. Uno di questi è Johannes Staune-Mittet, norvegese che conosciamo bene vista la sua vittoria al Giro Next Gen dello scorso anno. Oggi è entrato nella fuga di giornata ma poi si è sorbito 55 chilometri di fuga solitaria e quando a una quindicina dal traguardo aveva ancora oltre un minuto e mezzo, qualcuno dei mammasantissima ha iniziato anche a preoccuparsi…

Il giovane yankee Riccitello, chiare origini italiane, molto forte in salita
Il giovane yankee Riccitello, chiare origini italiane, molto forte in salita

I giovani emergenti

«E’ stato un bello sforzo e comunque sia andata io sono soddisfatto – ha dichiarato all’arrivo – Erano tanti chilometri, l’arrivo in salita era troppo importante per chi lotta per la vittoria finale, ma intanto credo di aver fatto qualcosa d’importante. E’ il mio primo anno nel WorldTour e c’è tanto da imparare, verranno occasioni anche per me per emergere».

Un altro da tenere d’occhio è Matthew Riccitello. Il cognome non deve trarre in inganno, viene dall’Arizona, anche lui come il norvegese della Visma-Lease a Bike ha 22 anni e fa parte di quella nidiata di talenti pescati dalla Israel nel nuovo ciclismo a stelle e strisce, come quel Sheehan che lo scorso anno sorprese tutti alla Parigi-Tours: «E’ stata dura tutto il giorno – ha detto lo statunitense che ha chiuso 3° a 14” dalla coppia regina – Sull’ultima salita ho provato a tenere Yates ma ero un po’ stanco. Comunque è stata una buona giornata, la condizione è solida e comincio ad abituarmi a stare in mezzo ai grandi. Il podio finale è lontano oltre un minuto, forse un po’ troppo, ma voglio dare qualcosa al team che mi ha supportato molto in questa corsa».

Per Cavendish la notizia arrivata in corsa della nomina a baronetto da parte di Carlo III
Per Cavendish la notizia arrivata in corsa della nomina a baronetto da parte di Carlo III

Finita la corsa, si torna nei ranghi…

Quella sua, come per Bernal che è terzo e zitto zitto continua a progredire, o come per Skjelmose, il campione uscente che vuole abdicare con l’onore delle armi, sarà un’altra corsa rispetto a quella della “premiata coppia”. Alla fine si vedrà chi alzerà la coppa, poi però si tornerà nei ranghi: c’è un Tour da vincere e l’uomo per farlo, in casa Uae, non è in Svizzera…

Gianetti e la UAE: un mosaico costruito minuziosamente

13.06.2024
6 min
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La Svizzera è una cartolina, la bellezza ti viene in faccia quando meno te lo aspetti allo stesso modo in cui, non appena la pendenza delle salite si fa cattiva, i corridori si trovano senza gambe. Carì si trova sulle montagne del Ticino a 1.655 metri di quota, luogo incantato per escursioni e sport invernali. Ed è proprio in un punto più verde di altri che Adam Yates, dopo l’assaggio di ieri, decide di attaccare. E’ la quinta tappa del Tour de Suisse e ancora una volta il UAE Team Emirates ha preso in mano la corsa, risucchiando i fuggitivi.

«Oggi all’arrivo le primissime parole che mi ha detto Adam Yates – fa Gianetti al settimo cielo – sono state: “Mamma mia, che lavoro di squadra”. Lo ha detto un metro dopo l’arrivo e neanche ringraziando loro, ma dicendolo a me. La squadra ha fatto il lavoro e lui l’ha solo finalizzato. Questo è uno spirito bellissimo, che mi piace. Adam e Joao Almeida sono dei ragazzi straordinari. Non sono solo dei corridori veramente fenomenali, ma delle persone molto intelligenti con le quali è veramente bello lavorare».

Il Giro di Svizzera si corre in uno scenario da cartolina, ma a volte la fatica è meno poetica
Il Giro di Svizzera si corre in uno scenario da cartolina, ma a volte la fatica è meno poetica

Yates e dietro Almeida

Yates attacca come gli scalatori di una volta: lui l’alta frequenza di pedalata non sa cosa sia. Quando dà la prima bordata, il primo a tenerlo è Bernal. Poi il colombiano cede e si fa sotto Mas, finché entrambi vengono ripresi da Almeida. Procedono così, staccati di una manciata di secondi fino al traguardo. Primo Yates, secondo Almeida a 5″, terzo Bernal a 16″, quarto Riccitello a 18″, quinto Mas a 22″. Lo scenario dei due compagni di squadra quasi appaiati ricorda l’identico scenario alla Vuelta dello scorso anno.

«Sapevamo di voler fare un ritmo serrato – racconta il leader – l’intera squadra ha lavorato davvero duramente per tutto il giorno. All’inizio la Ineos ha provato a spronarci un po’ nelle prime due salite, quindi abbiamo dovuto riorganizzarci. Poi però i ragazzi sono stati super forti. Hanno controllato la fuga e poi abbiamo fatto un gran ritmo nel finale. Soprattutto con Joao (Almeida, ndr) salivamo davvero forte. E quando dalla macchina mi hanno detto che stava risalendo, mi sono voltato e quasi pensavo di vederlo passare. So che anche lui è in ottima forma, siamo venuti qui come leader alla pari. Quindi per la squadra è stata una giornata fantastica».

Un mosaico chiamato UAE Emirates

Domani intanto si vivrà uno scenario che ricorda quello del Giro nel giorno di Livigno, ma con il dovuto anticipo. La tappa regina non si potrà fare a causa della neve e in alternativa verrà proposta una… tappetta di 42,5 chilometri. Nonostante gli sforzi, si è deciso che anche il percorso alternativo previsto per la tappa regina attraverso i passi del San Gottardo e del Furka non è fattibile. Si partirà da Ulrichen con la salita finale di Blatten-Belalp che potrebbe riservare comunque degli attacchi. Gianetti da queste parti gioca in casa e ancora una volta, dopo le meraviglie del Giro, si trova ad abbracciare i corridori dopo una gigantesca prova di squadra.

«E’ una soddisfazione – dice – dopo anni di costruzione minuziosa. Pezzo dopo pezzo, come un mosaico, ogni piccola pietrina fa parte del disegno globale. Il personale, i direttori sportivi, i massaggiatori, i meccanici, i manager, il nutrizionista, i cuochi, i fisioterapisti, gli ingegneri, i nostri partner… tutti! Ciascuno mette veramente qualcosa per far sì che questo mosaico sia un bel disegno. E’ bello perché è frutto di tanta passione».

Dopo la vittoria al Giro, al Tour si andrà tutti per Pogacar: Gianetti, grande capo della UAE, non ha dubbi sulla lealtà del team
Dopo la vittoria al Giro, al Tour si andrà tutti per Pogacar: Gianetti, grande capo della UAE, non ha dubbi sulla lealtà del team

Il segreto dell’amicizia

Yates disposto a mettersi a disposizione di Almeida, poi tutti a disposizione di Pogacar al Tour. Come si costruisce una simile intesa? Bastano gli ingaggi alti per spegnere le velleità di corridori nati per essere campioni? Gianetti ascolta. E’ stato corridore. Sa com’è quando dentro hai il fuoco della vittoria.

«Questa è la cosa della quale sono più orgoglioso – dice il Team Principal e CEO del UAE Team Emirates – perché abbiamo creato la squadra partendo dai giovani. Forse uno dei pochi innesti per cui siamo andati sul mercato è proprio Adam Yates. Però Almeida, Ayuso, Hirschi, McNulty, Bjerg, Del Toro e lo stesso Pogacar sono corridori che abbiamo forgiato noi, anche nel senso dell’amicizia. Vogliamo da subito che ogni corridore abbia lo spazio per vincere, tutti i nostri giovani quest’anno ci sono già riusciti. Sei giovane, ma non devi solo lavorare e questo dà loro una carica incredibile. Avete visto con quale personalità hanno lavorato oggi Christen, Del Toro e lo stesso Mark Hirschi? Insistiamo quotidianamente su questo aspetto, per far sì che i ragazzi abbiano rispetto uno dell’altro. Affinché ciascuno in questa squadra abbia rispetto per gli altri. Dobbiamo stare assieme tutti i giorni dalla mattina alla sera, anche in camere doppie: bisogna andare d’accordo.

«Vogliamo che abbiano una mentalità molto aperta, propositiva. Non critica, ma propositiva perché vogliamo migliorare. Voglio che ognuno possa portare qualcosa di suo. Siamo la squadra migliore al mondo perché ci sono 140 persone, tra corridori e personale, che fanno il meglio per far crescere la squadra: se stessi e il gruppo. I corridori questa cosa la sentono, la percepiscono. E’ un circolo che abbiamo costruito in maniera veramente ricercata e dettagliata e io ne vado veramente molto orgoglioso».

Bernal è stato il primo a rispondere all’attacco di Yates, poi ha pagato con 16″ di ritardo
Bernal è stato il primo a rispondere all’attacco di Yates, poi ha pagato con 16″ di ritardo

Al Tour per Pogacar

Per questo stesso motivo andranno al Tour a lavorare per Pogacar: sette capitani al servizio del più capitano di tutti. Come si fa a essere certi che uno non parta con il pugnale nascosto sotto la maglia? Mauro sorride, la situazione è sotto controllo.

«Siamo chiari dall’inizio della stagione – sorride – anzi da prima che il corridore firmi il contratto. “Vuoi venire da noi? Bene, perché vuoi venire da noi? Cosa vuoi da noi come squadra? Noi da te vogliamo questo, ma tu perché vuoi venire da noi? Vogliamo capire se siamo la squadra giusta per quello che tu vuoi”. Quindi è importante chiarire questo aspetto prima di tutto. Poi inizia la stagione e a novembre Matxin fa un lavoro straordinario, corridore per corridore, su quali siano le loro ambizioni e cosa vogliano fare.

«Okay, è chiaro, al Tour c’è Tadej e si lavora per lui: questo è scontato, quindi tutti lo sanno. E sanno che se vogliono trovare un’occasione per vincere, dovranno concentrarsi e identificare il momento in cui loro stessi avranno la squadra a disposizione. E’ frutto di una programmazione molto oculata e discussa in maniera esaustiva. Da domani Yates e Almeida faranno corsa parallela perché ovviamente non corriamo da soli. Ci sono molti avversari che proveranno ad attaccare, che proveranno a fare la corsa dura, difficile, complicata. Quindi ovviamente bisognerà correre bene, sfruttare questa situazione che ci vede al comando della classifica. E se alla fine uno dei due starà meglio dell’altro, la situazione sarà accettata in modo molto sereno».

Il Gottardo accende lo Svizzera, Yates affonda il colpo

12.06.2024
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La strada verso il Tour è una sorta di grande mosaico, le cui tessere si vanno evidenziando in tutte le corse di giugno. E se il Delfinato ha segnalato i nomi di Roglic e Jorgenson, Carlos Rodriguez, Evenepoel e Buitrago, il Giro di Svizzera va ancora in cerca dei suoi tasselli. Oggi il primo arrivo in salita sul San Gottardo ha dato un bello scossone alla classifica. La tappa se l’è portata a casa Torstein Træen, norvegese di 28 anni, che dopo sette stagioni alla Uno X (quattro nel devo team e tre nella professional), ha fatto il grande salto nel WorldTour. Una bella intuizione dei manager del Team Bahrain Victorious, visto che il ragazzo non aveva ancora vinto una sola corsa, né si era distinto per clamorose azioni da gregario. Chapeau! Alle sue spalle intanto oggi si è accesa la lotta fra Yates e Skjelmose.

«Non credevo fosse possibile – ha raccontato il norvegese – perché stamattina non pensavo di avere le gambe. Poi, durante la fuga, ho iniziato a pensare a tutto quello che mi è successo negli ultimi anni e, ovviamente, a Gino (Mader, scomparso lo scorso anno prorio al Tour de Suisse, ndr). Ho sperato solo di poter resistere, e fortunatamente l’ho fatto. L’ultimo chilometro sembrava non finire mai. Yates arrivava velocemente. Non era asfalto, ma ciottolato e c’era vento contrario.

«Vincere la tappa dedicata a Gino è stato incredibile. Manca a tutti. Personalmente non lo conoscevo perché l’anno scorso non ero in questa squadra, ma sento quanto manca. Sono onorato di aver vinto questa tappa per lui, soprattutto con la sua famiglia presente. Significa così tanto…».

Prima vittoria da pro’ per Torstein Træen, norvegese classe 1995
Prima vittoria da pro’ per Torstein Træen, norvegese classe 1995

Gli scatti di Yates

Alle sue spalle, è mancato poco che Adam Yates riuscisse nella grande rimonta. L’inglese ha attaccato quando forse mancava troppo poco all’arrivo e alla fine non è riuscito a recuperare gli ultimi 23 secondi: quando è partito il fuggitivo viaggiava oltre quota 3 minuti. In più con i suoi 58 chili, quando ha messo le ruote alte in carbonio sul selciato che sale al Gottardo, che ha il simpatico nomignolo “Tremola”, la sua azione si è un po’ disunita. Ugualmente il britannico ha conquistato la maglia gialla.

«E’ stata una bella tappa – ha detto – anche se il piano oggi non era di attaccare. Dopo aver dato un’occhiata agli arrivi, volevamo cercare di risparmiare un po’ di energia. Ma durante la salita mi sentivo bene e così ho deciso di mettere i ragazzi davanti e fare un bel ritmo. Ho attaccato solo per vedere se qualcuno mi avrebbe seguito, non ero molto sicuro di me nel tratto con i ciottoli. Non mi piacciono le strade così, perché quando pesi meno di 60 chili, vieni sballottato qua e là ed è piuttosto difficile trovare la giusta trazione. Quindi prima ho attaccato solo per vedere. E visto che nessuno mi ha seguito, ho deciso di continuare.

«Penso che la salita di domani mi si addica un po’ meglio. E’ un po’ più ripida, ma d’ora in avanti ogni giorno si arriva in cima ad una montagna, anche la crono ha l’arrivo in alto. Quindi il difficile sta per arrivare. Sarà una settimana molto dura, ma la squadra sembra forte e motivata. Quindi spero che alla fine diremo che sarà stata una bella settimana».

Skjelmose nella scomoda posizione di avere Almeida (compagno di Yates) così vicino
Skjelmose nella scomoda posizione di avere Almeida (compagno di Yates) così vicino

Le risposte di Skjelmose

La tappa di domani di cui parla Yates prevede l’arrivo a Carì, a quota 1.636, a capo di una salita di 10,2 chilometri all’8 per cento di pendenza media. La classifica è ancora corta, ma oggi alle spalle di Yates si è mosso bene il vincitore uscente Mattias Skjelmose.

«Credo che oggi abbiamo corso bene – ha detto  Skjelmose – come squadra abbiamo fatto quello che dovevamo. I ragazzi hanno creduto in me e hanno fatto un ottimo lavoro per tenere sotto controllo la situazione per molto tempo, Jacopo (Mosca, ndr) in particolare. L’attacco di Yates è stato violento. Se fossi stato alla sua ruota, forse avrei potuto provare a seguirlo. Comunque è andato forte, ma io ho avuto sempre la sensazione di buone gambe, quindi ho deciso di aspettare il momento giusto per forzare il ritmo e minimizzare le perdite. Sono contento della mia prestazione.

«Per me era il primo test in montagna dopo aver staccato e aver fatto il training camp in altura. Si arriva a giorni come questo sempre con un po’ di dubbio, invece alla fine mi sono sentito davvero bene e questa è la cosa più importante. Anche se Yates oggi ha mostrato un’ottima forma, sento che la gara per la classifica generale è ancora aperta. Sono in una buona posizione. Avremo tre tappe di montagna e una cronometro per giocarci le nostre possibilità. Ci proveremo».

Bettiol ha difeso la maglia, ma le pendenze e una caduta hanno reso il compito impossibile
Bettiol ha difeso la maglia, ma le pendenze e una caduta hanno reso il compito impossibile

I dubbi di Bernal

Skjelmose ha lo stesso distacco di Almeida e questo potrebbe rendergli la vita molto difficile. Il portoghese e il britannico, entrambi di maglia UAE Emirates potrebbero metterlo facilmente in mezzo e questo aggiunge un tocco di pepe al Giro di Svizzera. Per dare l’idea della forza della UAE Emirates, consideriamo che i due andranno al Tour per fare da gregari a Pogacar!

Oggi nella scia di Skjelmose e Almeida si è visto anche Bernal, che ha ceduto 12 secondi soltanto nell’ultimo chilometro. Il colombiano viaggia a 49 secondi nella generale e c’è da capire a che punto sia il suo recupero della miglior condizione. Nei giorni scorsi ha detto che qualora non si sentisse all’altezza dei migliori, potrebbe rinunciare al Tour. Difficile da credere, ma merita di essere seguito. La sensazione è che i giochi siano appena agli inizi.

Lutsenko dominatore a Prati di Tivo: prossimo stop la Liegi

11.04.2024
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PRATI DI TIVO – Il Gran Sasso c’è, non si vede, ma si intuisce per l’aria che scende dalle piste senza neve. La signora del bar dice che quest’inverno non si è sciato quasi per niente e che per i gestori degli impianti il periodo è pesante. Lutsenko ha appena conquistato l’arrivo in salita del Giro d’Abruzzo, sullo stesso traguardo su cui a maggio si assegnerà l’ottava tappa del Giro.

Il kazako voleva vincere e l’ha fatto. Prima ha messo la squadra a tirare dalla discesa del Passo delle Capannelle, poi si è ben destreggiato nella morsa dei corridori del UAE Team Emirates. Dopo aver vinto ieri con Christen, questa volta sono stati loro a rimanere con un palmo di naso. Nonostante nel finale fossero in tre, non sono bastati per arginare lo sprint del vincitore.

Beffa per la UAE Emirates

Ulissi manda giù ancora un po’ d’aria di montagna e poi batte la mano sulla spalla di Adam Yates, che si è avvicinato quasi per scusarsi di non aver vinto. Sono fermi sulla destra della strada accanto alla transenna, con un massaggiatore che porge loro da bere e gli chiede se abbiano bisogno di altro.

Sivakov osserva in silenzio, lui che da U23 vinse il Giro d’Italia a Campo Imperatore, sull’altro versante del gigante d’Abruzzo. A guardarla nello schermo, è evidente che in questa corsa ci siano tre livelli sin troppo distinti e che i corridori WorldTour finiti davanti abbiano un livello persino imbarazzante pensando a quello degli altri.

«Sono rientrato sui primi perché ne avevo – dice Ulissi mentre si copre – ma soprattutto quanto ho tirato?».

Il secondo posto è un sapore amaro con cui si fatica a fare di conto, restano l’ultima tappa e poi le Ardenne, dove però tornerà in gioco capitan Pogacar. Meglio riprovarci domani…

Yates, gioia strozzata

Adam Yates è al rientro dalla caduta che lo fece ritirare dal UAE Tour. Recuperare dalla commozione cerebrale ha richiesto più tempo del previsto e il Giro d’Abruzzo come gara del rientro va più che bene per ritrovare la condizione. Si scusa davvero e allarga le braccia, ma nessuno se la sente di dirgli qualcosa: cosa vuoi pretendere dopo quasi due mesi che non corre?

«Ho impiegato tanto per tornare – dice il britannico, terzo nell’ultimo Tour – più di quanto avrei voluto, quindi essere qui a lottare per la vittoria è un grande orgoglio. Ovviamente mi sarebbe piaciuto vincere, ma dopo circa 25 minuti di salita ero vuoto e senza energie. Ho provato un paio di volte ad attaccare, ma Lutsenko è sempre parso a suo agio. Alla fine Diego è tornato sotto e ha fatto un bel lavoro, ma penso che oggi abbia vinto il più forte.

«Siamo venuti qui senza un vero obiettivo, senza alcuna ambizione. Solo per correre e scoprire a che punto siano le gambe. Sicuramente da inizio anno ho perso un po’ di condizione, ma quella tornerà con un po’ più di allenamento. E dalla prossima corsa, che sarà il Romandia, conto di essere un Adam Yates migliore di questo».

Il gatto e i tre topolini

Lutsenko ha lo sguardo sornione del gatto che ha giocato con i tre topolini e alla fine li ha messi in trappola. Sull’arrivo lo ha accolto Michele Pallini, che qui accolse anche la vittoria di Nibali nel 2012, anno in cui lo stesso Lutsenko avrebbe vinto il mondiale degli U23. Oggi ha risposto ai ripetuti allunghi di Yates poi di Sivakov, infine ha preso la ruota di Ulissi ed è uscito di forza vincendo lo sprint in salita quasi per distacco. Rispetto agli agguerriti rivali, il kazako è in corsa con un gruppo di giovani del devo team e per loro e il lavoro che hanno svolto avrà parole di elogio.

«Questi due chilometri finali sono stati duri – racconta – perché ho sempre dovuto seguire la UAE. Si può dire che oggi sia stato UAE contro Lutsenko e sono contento di aver vinto. Ieri avevo fatto secondo e ci ero rimasto male, come se non fossi più capace di vincere. La salita è stata dura per tutti. La mia squadra ha fatto un bel lavoro: prima la discesa veloce e poi la prima parte della salita a tutto gas. Secondo me questo ha un po’ cambiato il ritmo della gara e consideriamo che io sono qui con un gruppo di giovani, mentre la UAE ha solo capitani, se pensiamo a Ulissi, Adam Yates e Sivakov»

Con Lutsenko c’è Pallini, che vinse a Prati di Tivo nel 2012 con Nibali
Con Lutsenko c’è Pallini, che vinse a Prati di Tivo nel 2012 con Nibali

E adesso la Liegi

Dina Ibrayeva, che segue l’Astana Qazaqstan Team come Marketing Communication Manager, ha vissuto il finale in religioso silenzio. Appena un sorriso dai suoi occhi orientali e l’ammissione che Lutsenko stamattina avesse detto di voler vincere. Nel frattempo sul busto del kazako sono arrivate anche la maglia di leader e quelle dei punti e della montagna.

«Ho aspettato lo sprint – spiega – perché ho visto che riuscivo a rispondere bene agli allunghi di Adam Yates, quindi evidentemente ho una buona gamba. Era davvero una bella salita, credo di non averla mai fatta, ma il nostro direttore sportivo (Martinelli, ndr) me l’aveva descritta molto bene. Sono contento. Sto seguendo lo stesso programma che lo scorso anno mi fece passare dall’altura al Giro di Sicilia e vincere in avvicinamento alle classiche (nel 2023 Alexey fu quinto all’Amstel, ndr).

«Sono venuto qui direttamente dal Teide e il prossimo obiettivo saranno la Liegi e poi il Giro di Romandia. Domani resta l’ultima tappa, che ha più di 3.000 metri di dislivello, poco meno di oggi. Sarà una giornata dura, sempre su e giù come una classica. E’ importante aver vinto oggi, domani sarò qui e proveremo a tenere la maglia, ma chi può dire come finirà?».

Sul traguardo la processione dei ritardatari prosegue costante. Il fine gara è ancora lungi dall’essere segnalato. Quando sulla riga passano Edoardo Cipollini, Samuel Quaranta e Stefano Baffi, dall’arrivo di Lutsenko è passata quasi mezz’ora.

Nella notte, lampi di gran Velasco a Montreal

11.09.2023
4 min
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In Italia era notte quasi alta quando a Montreal il gruppo si è sfidato per tutto il giorno sotto la pioggia, consegnandosi (dopo 227 chilometri e 17 giri del circuito che nel 2026 ospiterà i mondiali) allo sprint fra Adam Yates e Pavel Sivakov. Alle loro spalle, quinto e indomito, Simone Velasco ha provato fino all’ultimo a vincere, sprecando forse troppo. Con il contratto appena rinnovato, il campione italiano ha disputato probabilmente la classica WorldTour più bella da quando è professionista. E soprattutto ha ritrovato il fastidio di perdere, quello che si sopisce quando si va alle corse rassegnati. Invece mentre è sul lettino dei massaggi fra le mani di Michele Pallini, già uomo di fiducia di Vincenzo Nibali, a tratti il tono è seccato. Voleva vincere, non ci è riuscito.

In serata per Velasco il massaggio con Michele Pallini, domani (oggi) il volo di rientro e poi la Coppa Sabatini
In serata per Velasco il massaggio con Michele Pallini, domani (oggi) il volo di rientro e poi la Coppa Sabatini
Diciamo che se non vi fossero scappati Yates e Sivakov, si poteva pensare di riuscirci?

L’errore è stato farmi trovare un po’ indietro sulla salita quando sono partiti. Sono risalito, ma mi sono mancati quei 50 metri finali per prenderli. Comunque sia le gambe erano buone e nell’ultimo giro magari ho sprecato un po’ troppo. Mi sono fatto prendere un po’ dall’euforia, mentre potevo essere magari più furbo. E comunque il quinto posto qui a Montreal, con questo parterre, penso che sia un ottimo risultato.

L’euforia perché pensavi di rientrare?

Sinceramente volevo vincere. Ho detto: «Ci provo, magari davanti si guardano un attimo». Sivakov ha corso all’arrembaggio, tirando sempre. Ho pensato che magari agli ultimi 300 metri si sarebbero fermati. Invece loro sono andati e io ho fatto la maggior parte del lavoro per chiudere su Aranburu e poi O’Connor, per cui quando è stata ora di partire sono rimasto sulle gambe.

La miglior classica WorldTour fatta finora?

Sì, a livello di corse di un giorno, sicuramente. Oggi avevo delle belle gambe, questa è un’ottima cosa per il finale di stagione. Da quando ho vinto l’italiano, ho sbloccato qualcosa nella testa. Mi sono accorto che sono tornato ad essere quello che ero anche da dilettante e da juniores. Quindi sono fiducioso per tutto ciò che rimane del calendario.

Il Grand Prix Cycliste de Montreal l’ha vinto Adam Yates, che ha preceduto Pavel Sivakov
Il Grand Prix Cycliste de Montreal l’ha vinto Adam Yates, che ha preceduto Pavel Sivakov
Quando rientrate in Europa?

Voliamo domani e sarò subito alla Sabatini (14 settembre, ndr) e poi farò il Pantani e il Matteotti con la nazionale. A quel punto valuteremo se farò anche la Adriatica Ionica Race o se saltiamo direttamente fino all’Agostoni, per fare poi tutto il finale italiano.

Ti abbiamo visto al mondiale, come sei arrivato a questa condizione?

Innanzitutto, dopo l’italiano, come da programma ho fatto una settimana di stacco. Sono andato a casa all’Elba a festeggiare un po’ e mi è servita per ricaricare le pile, soprattutto a livello mentale. Poi sono andato a lavorare bene in altura, al passo Costalunga con la famiglia, per farmi trovare pronto subito alle corse in Spagna, quando è stata ora di tornare a correre. Ho cercato di fare un buon mondiale in supporto ai due capitani e successivamente ho fatto un altro breve stacco in vista del finale di stagione. Mi era venuto in mente di tornare in altura, però alla fine abbiamo optato per correre. Saltare la Vuelta e fare queste gare di un giorno e sembra che sia stata la scelta giusta.

Che cosa si è sbloccato all’italiano?

In realtà, già dopo che mi è nata la bimba, ho ritrovato tanta più consapevolezza in me stesso e ho lavorato bene durante l’inverno. Ho vinto subito alla Valenciana, mentre di solito a inizio stagione ho sempre bisogno di un po’ per ingranare la marcia. Quest’anno invece mi son fatto trovare subito pronto. Proprio alla Valenciana ho preso il Covid e quindi mi sono dovuto fermare e magari tirare un po’ il fiato mi ha permesso di fare una bella primavera fino al Giro.

Nell’Astana al via da Montreal, un solo straniero (Laas, a sinistra), poi Nibali, Garofoli, Boaro, Basso e Velasco
Nell’Astana al via da Montreal, un solo straniero (Laas), poi Nibali, Garofoli, Boaro, Basso e Velasco
A quel punto?

A quel punto ho fatto il Giro di Svizzera e poi ho recuperato bene fino all’italiano e ci sono arrivato consapevole e rilassato della gamba che avevo. Ho fatto bene nella crono e ho vinto su strada. Avevo con me la mia bimba e la mia compagna, quindi ero bello sereno e questo sicuramente mi ha aiutato a dare il massimo.

Il rinnovo del contratto?

Qui in Astana, ho trovato subito il mio posto. Sono migliorato molto e ora posso guardare avanti, puntando a qualcosa di più grande e ambizioso. Il tricolore è stato un sogno che si è avverato, per questo ora voglio puntate a traguardi più importanti. Magari questo quinto posto è il segno che qualcosa si sta muovendo.