Sport e impegno civile, ne parliamo con Jacopo Guarnieri

26.01.2025
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Jacopo Guarnieri ha appena terminato la carriera, una carriera che l’ha visto spesso prendere posizione su temi che andavano anche oltre lo sport. Nella sua bio su X c’è una bandiera arcobaleno, e sempre sull’ex Twitter si trovano contenuti, per esempio, sulla situazione a Gaza o sul 25 aprile. Insomma, su questioni che superano l’orizzonte del ciclismo.

Un’attenzione alle cose del mondo che però pochi suoi (ex) colleghi sembrano condividere, almeno in pubblico. L’abbiamo contattato per ragionare con lui su come possono stare insieme sport ad alto livello e impegno civile e politico. 

Jacopo Guarnieri si è appena ritirato dalle corse, dopo aver militato per Liquigas, Astana, Katusha, Groupama-Fdj e Lotto-Dstny
Jacopo Guarnieri si è appena ritirato dalle corse, dopo aver militato per Liquigas, Astana, Katusha, Groupama-Fdj e Lotto-Dstny
Jacopo, sei stato uno dei pochi corridori che si è esposto su questioni extra ciclistiche. Perché secondo te, c’è questo disinteresse in gruppo per quello che succede nel mondo? 

Credo che, come in qualunque altro lavoro, quando fai il corridore professionista sei nella tua bolla, e questo ti porta a dimenticarti un po’ di tutto il resto. Non ti concentri su quello che c’è attorno, che viene visto spesso come qualcosa di molto lontano dal tuo ambiente. Non credo che sia per cattiveria, è proprio solo il fatto che sei dentro quella bolla e a quel punto un certo distacco dal mondo “reale” diventa quasi inevitabile. 

Una domanda forse un po’ naif. Perché un corridore, magari al termine di una vittoria di tappa al Tour, non utilizza quell’immenso megafono mediatico per dire qualcosa di forte? L’unico esempio che viene in mente è Sagan dopo la prima vittoria al Mondiale.

Appena dopo una gara è un momento molto particolare, c’è l’adrenalina, la stanchezza, sei super concentrato su quello che hai appena fatto, non sei neanche lucido. Quindi credo che aspettarsi che un corridore in quel frangente dica qualcosa di extra ciclistico sia davvero complicato.  Un altro conto magari è quando si è più rilassati in hotel. Quindi nel dopo corsa direi che giustifico quasi tutti. 

Guarnieri nel giardino della sua casa tra le colline piacentine
Guarnieri nel giardino della sua casa tra le colline piacentine
E a parte il dopo corsa?

Ma anche lì non è semplice, specie durante le gare, perché è uno sport che ti prende moltissime energie mentali in ogni momento della giornata. Anch’io quando andavo alle corse ero sempre molto stanco, soprattutto nei grandi giri, quindi hai poca capacità di concentrarti su qualcosa che non sia il tuo lavoro in quel momento. Come dicevo prima viviamo in una bolla, che ti porta a disconnetterti con il resto. Sei vuoi sì, è un’occasione persa, ma funziona così. Poi è così un po’ in tutti gli sport, anzi in altri ci sono direttamente le federazioni che intervengono a bloccare certe dichiarazioni. 

A proposito, tu hai mai avuto limitazioni in questo senso, dalla squadra o dalla Federazione?

Qualche volta è capitato dalla squadra, ma niente di che devo dire. Un episodio limitato nel tempo e comunque niente di troppo grave. 

Guarnieri ha attaccato l’ultima volta il numero alla maglia il 7 agosto 2024 all’ultima tappa della Arctic Race of Norway: la sua milessima gara esatta tra i pro
Guarnieri ha attaccato l’ultima volta il numero alla maglia il 7 agosto 2024 all’ultima tappa della Arctic Race of Norway: la sua millesima gara esatta tra i pro
Puoi dirci di cosa si trattava? 

Preferisco di no. È normale che una squadra professionistica non voglia correre il rischio di far arrabbiare certi sponsor o anche certi potenziali sponsor. Perché ogni volta che ti esponi su qualcosa inevitabilmente pesti i piedi a qualcuno. In generale non è un ambiente in cui veicolare dei messaggi, anzi quello che viene chiesto, più o meno esplicitamente, è di non veicolare niente. La realtà poi è che tanti corridori non hanno opinioni su certe tematiche. 

Tu però le opinioni ce le hai…

Perché sono sempre stato un po’ diverso, sono cresciuto in un certo ambiente, da ragazzo andavo alle manifestazioni. Poi anche forse per un’aderenza musicale con un mondo un po’ di sinistra se vuoi. E in generale sono una persona curiosa. Sono contento di averlo fatto io più che prendermela con gli altri che non l’hanno fatto. 

Guarnieri, qui con Mosca, è stato uno dei corridori più estroversi del gruppo
Guarnieri, qui con Mosca, è stato uno dei corridori più estroversi del gruppo
Forse è più facile esporsi se non si hanno le pressioni di un capitano?

Assolutamente sì. Quando non sei costantemente sotto i riflettori e hai una platea più piccola hai meno pressioni, quindi anche più libertà, certamente. 

Come vedevano i tuoi colleghi le tue prese di posizione?

In realtà nessun ciclista guarda molto i social degli altri ciclisti. È successo una volta quando il Giro è partito dall’Ungheria e io avevo detto qualcosa sulla situazione politica in quel Paese. Poi tanti ragazzi in gruppo mi hanno detto che avevo fatto bene e mi hanno espresso vicinanza. Ma questo perché la notizia era uscita sui media, non perché l’avevo solo scritto sui social. 

Jacopo in una recente intervista concessa a Bici.PRO poco dopo il ritiro
Jacopo in una recente intervista concessa a Bici.PRO poco dopo il ritiro
Ora che sei un ex cambierà qualcosa per te in questo senso? Meno vincoli, più libertà? 

Adesso diventerò uno dei tanti, se prima avevo una nicchia, seppur piccola, ora non sarà più così e mi accorgo che sto usando i social ancora meno. Poi ora inizierò a fare il procuratore quindi è giusto che stia ancora più attento a come e quanto mi espongo, perché rappresenterò altri corridori e dovrò pensare anche a loro. Saranno loro al centro, non più io. In ogni caso non credo molto nell’attivismo online, come dicevo prima serve più a me, per riconoscermi all’interno di una comunità. Ma penso ci siano molti altri modi più efficaci per impegnarsi. 

Però quello che scrivevi lì poteva essere un esempio per altre persone, non credi? 

Può essere, ma la polarizzazione che c’è nei social non riesco più a tollerarla, dovremmo chiederci tutti quanti che senso ha usare questi strumenti se alla fine vengono usati più per dividere le persone che per dare messaggi positivi. X non lo uso più per la piega che ha preso, anche Instagram è tutto finto, quindi passa un messaggio negativo. Credo che fare un passo indietro e usarli meno può essere la cosa più rivoluzionaria da fare in questo momento. 

A tu per tu con Guarnieri e la sua nuova vita da ex pro’

25.09.2024
9 min
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CASTELL’ARQUATO – «Ah, da quando Guarnieri non corre più…». E’ la simpatica dedica social fatta a Jacopo Guarnieri sul suo addio agonistico da Francesco, uno dei suoi cari amici, parafrasando il celebre ritornello di Marmellata #25 di Cesare Cremonini quando parla di Senna e Baggio…

Per il 37enne piacentino d’adozione e per i suoi tifosi adesso “non è più domenica”. Ufficialmente il suo ritiro verrà registrato a fine dicembre, ma Guarnieri è da venti giorni nel pieno della fase ex pro’, anche se era iniziata – col senno di poi – quasi un mese prima. In pratica la sua sedicesima stagione è terminata il 7 agosto con l’ultima tappa della Arctic Race of Norway, che è coincisa anche con la millesima gara (precisa!) della sua carriera nella massima categoria.

Un traguardo all’orizzonte di cui avevamo già parlato con lui, benché ancora un paio di anni fa ci avesse confidato l’intenzione di chiudere a fine 2025, dopo aver contribuito a riportare la sua Lotto-Dstny nel WorldTour. Così siamo andati a suonare al campanello di casa sua, per capire cosa ci sia stato dietro la sua decisione e certi di non trovarlo più fuori in allenamento. E’ stata una lunga chiacchierata, ma Guarnieri ha sempre tanto da raccontare.

La quarta tappa dell’Arctic Race in Norvegia è stata l’ultima gara e la numero 1.000 della sua carriera. Il modo perfetto per dire addio
La quarta tappa dell’Arctic Race in Norvegia è stata l’ultima gara e la numero 1.000 della sua carriera. Il modo perfetto per dire addio
Jacopo come hai vissuto i giorni dal tuo addio ad oggi?

Direi molto bene. Ho chiuso la carriera all’Arctic Race in un Paese come la Norvegia che ha il sole a mezzanotte e che mi piace tantissimo. Sono sempre stato una persona molto decisa una volta intrapresa una strada, anche se la decisione di smettere risale ad inizio luglio. Quando l’ho resa pubblica è stato come liberarmi di un peso, perché sembra assurdo, ma se non lo dici sui social non è vero (sorride, ndr). Mi ha aiutato ad andare oltre. Adesso sono già pronto a partire con nuove cose.

A proposito di social, sui tuoi profili hai ricevuto tanti messaggi da parte di molta gente. Ce n’è stato qualcuno che ti ha sorpreso o ti ha fatto più piacere di altri?

Sicuramente quelli dei miei colleghi sono stati molto belli. Alcuni avevano un tono scherzoso. Se però devo essere un po’ romantico dico quello della Groupama-Fdj. Mi hanno lasciato un messaggio su twitter (l’attuale X, ndr) con un collage di foto ringraziandomi. Lì è dove ho lasciato il mio cuore perché quello che ho vissuto nei sei anni con loro è inarrivabile.

Guarnieri è cresciuto nel CC Cremonese 1891 fino agli allievi. Qui un ricordo dell’album tenuto da una sua zia
Guarnieri è cresciuto nel CC Cremonese 1891 fino agli allievi. Qui un ricordo dell’album tenuto da una sua zia
Invece tra i messaggi privati, qualcuno ti ha detto qualcosa di particolare?

Le prime persone a sapere della mia decisione sono stati i compagni di squadra con cui ero alla Arctic Race e a cui l’ho detto a voce. Dopo una decina di giorni ho mandato un messaggio nella chat di noi corridori della Lotto-Dstny. Al di fuori dell’ambiente di squadra, la prima persona nell’ambito ciclistico a cui l’ho detto è stato Daniel Oss. Era da un po’ di tempo che mi scriveva chiedendomi cosa avrei fatto. L’ho dovuto chiamare perché non potevo scriverglielo e basta. Abbiamo riso assieme, perché lui sta ancora facendo fatiche terribili e un po’ mi invidia.

Hai avuto il tempo di metabolizzare, ma quando e perché hai preso questa decisione a luglio?

In realtà me ne sono fatto una ragione nell’arco di ventiquattro ore. Questa scelta arriva da molto lontano. Quando avevo firmato per la Lotto-Dstny nella mia testa sarebbe stato l’ultimo contratto. In realtà sia in questa stagione che nella scorsa, pur sentendomi molto bene fisicamente, mi sono sentito poco valorizzato. Volevo continuare solo per fare vedere alla squadra che ero ancora “bravo” e che avevo ancora le mie capacità. Così avevo preso contatto con un’altra formazione tra inverno e primavera in cui ero interessato ad andare.

Ciao a tutti. Guarnieri ha annunciato il ritiro ad inizio settembre. Liquigas, Astana, Katusha, Groupama-Fdj e Lotto-Dstny i suoi team
Ciao a tutti. Guarnieri ha annunciato il ritiro ad inizio settembre. Liquigas, Astana, Katusha, Groupama-Fdj e Lotto-Dstny i suoi team
E com’è andata a finire?

Non si è materializzato nulla e già a giugno avevo capito. Era una questione di età, non di valori, visto che l’anno prossimo ne faccio 38. Difficile trovare una nuova squadra che voglia investire su un corridore della mia età per una stagione o due. Ed anch’io ero pienamente d’accordo con questo ragionamento. Nel frattempo era subentrata una seconda squadra, ma anche con loro non si è concretizzato nulla. Mi sono ricordato il mio pensiero di due anni fa. Avrei dovuto fare ancora questa vita ed ora è molto più impegnativa. Anche in quel caso mi sono sentito sollevato.

Quanto ti è costato non fare il Tour de France, considerando la partenza dall’Italia e nello specifico anche da Piacenza?

Ecco, quello mi ha fatto tanto male, più di ricevere un “no” per l’anno prossimo o di decidere di smettere. Questa era veramente un’occasione unica. Per me sarebbe stata veramente la ciliegina sulla torta. Peccato perché stavo bene e andavo forte. C’erano tutte le premesse perché i miei capitani mi volessero al via, però i tecnici non hanno voluto cambiare idea ed andata così. Soprattutto per i modi con cui l’hanno comunicato.

La mancata convocazione al Tour è stato un duro colpo, ma Guarnieri ha fatto le prime tappe come commentatore della rete britannica ITV
La mancata convocazione al Tour è stato un duro colpo, ma Guarnieri ha fatto le prime tappe come commentatore della rete britannica ITV
Ovvero?

A dire il vero non è stata comunicata. Ho scoperto che non sarei andato consultando il nostro sito in cui vediamo la logistica di ognuno di noi ed il relativo programma gare. L’ho trovato un colpo un po’ basso, mi aspettavo più professionalità. Visto che in un team come Lotto-Dstny che cerca tanti punti e occasioni per fare belle corse, penso che potevano dirmelo portando attenzione e motivazione su altre gare. Questo è un errore che non è stato fatto solo con me, ma so che è una situazione che non capita raramente, anche in squadre più blasonate.

Cosa ti hanno detto i compagni quando avevi scritto nella chat?

Nonostante siano stati due anni nei quali non mi sia sentito veramente espresso, i compagni, soprattutto quelli con cui ho corso di più, mi hanno conosciuto e mi hanno apprezzato per quello che so fare, non solo sulla bici. Anche perché non è una banalità, ma talvolta vivi proprio assieme ai compagni per tantissimo tempo. E questo mi ha fatto molto piacere.

Il primo cartellino di Guarnieri. Da giovanissimo a professionista, una vita in bici lunga 31 anni e piena di soddisfazioni
Il primo cartellino di Guarnieri. Da giovanissimo a professionista, una vita in bici lunga 31 anni e piena di soddisfazioni
E i tuoi diesse?

Qualche giorno prima avevo comunicato la mia decisione al management e malgrado ci fossero stati degli attriti, ho trovato la correttezza che è mancata in altri momenti. Alla fine, posso dire che forse non si sono comportati nella maniera migliore, ma non ci siamo tirati i piatti in testa. Visto che voglio restare nell’ambiente ciclistico, non avrò problemi a fare delle puntate nei ritiri della Lotto-Dstny. Per me non è stata una bella esperienza, ma credo che possa succedere in tanti anni di carriera, così come è successo anche in passato.

Sei stato riconosciuto da tutti come il maestro del lead out. Pensi che questo ruolo improvvisamente sia diventato vecchio? Oppure ti saresti sentito vecchio tu se avessi continuato?

Non lo so onestamente. Le gare sono cambiate tanto, stesso discorso per gli approcci. Si sono ridotte molto le occasioni per le volate. Nei Grandi Giri dove sono rimaste comunque tante tappe per velocisti, specie al Tour, adesso è molto difficile arrivare in fondo se non si è degli ottimi scalatori. Di conseguenza vedo tanto caos. Non c’è un vero treno anche nella squadra più attrezzata e spesso è formato da chi non lo fa durante l’anno. Quindi la figura del “pesce pilota” si vedrà sempre meno, anche se vedo in Simone Consonni un mio erede. La coppia che sta formando con Milan è una bella realtà, anche perché per essere un buon ultimo uomo devi avere un grande finalizzatore.

Guarnieri (qui con Demare) resterà nell’ambiente ciclistico come manager di corridori. Seguirà principalmente juniores e U23
Guarnieri (qui con Demare) resterà nell’ambiente ciclistico come manager di corridori. Seguirà principalmente juniores e U23
Farai il manager di corridori. Che caratteristica deve avere un tuo potenziale assistito?

Inizierò a lavorare con i giovani, sposterò quindi l’attenzione alle gare di U23 e juniores. L’aspetto principale, soprattutto se è in procinto di passare pro’, credo che sarà il talento fisico. Tuttavia una cosa che cercherò molto, e che ho sempre cercato nei rapporti attorno a me quando correvo, è quello di trovare persone intelligenti, ancor prima che corridori. Ad esempio mi piacciono quei ragazzi che mi hanno già detto che continueranno a studiare per avere un’alternativa pronta qualora in bici non dovesse andare bene o come vogliono loro. Chi si immagina un fallimento in bici, è anche pronto a sostenerlo e quindi rialzarsi. Quelli che invece puntano tutto sul ciclismo, a mo’ di “o la va o la spacca”, sono i più fragili.

E quale caratteristica vorresti avere tu come procuratore?

Spero di essere quello che è stato per me Manuel Quinziato, il mio manager negli ultimi anni. Lui è stato come lo scoglio o un’isola di salvezza nel mare aperto. Ho sempre pensato che il manager non è soltanto colui che ti trova il contratto. Alla fine il corridore è da solo e ci sono tanti momenti che possono essere negativi. Sapere di avere un punto fermo che è solo tuo, è molto importante e ti dà molta tranquillità. Vorrei avere un gruppo contenuto di corridori per poterli seguire o aiutare al meglio.

Guarnieri è stato un maestro del lead out, ma i veri treni non esistono più ed il suo ruolo nel ciclismo moderno sta cambiando
Guarnieri è stato un maestro del lead out, ma i veri treni non esistono più ed il suo ruolo nel ciclismo moderno sta cambiando
Nel tuo addio social, hai scritto che vorresti fare anche il commentatore tecnico televisivo, che hai già fatto in occasione del Tour de France. In questo caso che stile vorresti avere?

Faccio subito una premessa. Non c’è nulla di definito perché non è una cosa che dipende da me, ma ho avuto contatti per questo ruolo. Tuttavia, compatibilmente agli altri impegni, avendo smesso da poco mi piacerebbe portare questa esperienza e magari rinfrescare un po’ il linguaggio tecnico. Ho seguito il Tour per ITV (una rete televisiva pubblica britannica, ndr) ed è stato molto stimolante perché era in una lingua diversa dalla mia e mi piaciuto molto farlo, perché vivi la corsa.

Chi è stato Jacopo Guarnieri in tutti questi anni?

Non lo so, ma penso di essere stata una persona professionale. Sono sempre stato fedele a quello in cui credevo. Fedele ai lavori da fare in bici, uscendo con un meteo infame, ma anche fedele a non andare ai ritiri quando so che sono controproducenti. Ovviamente nei primi anni di carriera non ero così solido. Però questo aspetto mi ha formato per diventare quello che ero, a costo di essere difficile da modellare. Sono contento di questo, anche se non sono stato solo quello.

Guarnieri da G1 con la maglia di campione provinciale di Cremona. «Il mio unico titolo conquistato su strada nella mia carriera»
Guarnieri da G1 con la maglia di campione provinciale di Cremona. «Il mio unico titolo conquistato su strada nella mia carriera»

E prima di lasciare casa sua, sfogliamo l’album dei ricordi con i ritagli di giornali tenuti da una zia su quel promettente bimbo della C.C. Cremonese 1891. Ecco che arriva in piena zona Cesarini l’ultimo scoop della vita ciclistica di Guarnieri: «Ho corso in bici per 31 anni. Mi è capitato di andare in nazionale, vincere italiani in pista, ma l’unico titolo su strada l’ho vinto da G1 nel 1994. Campione provinciale di Cremona. L’unica maglia di campione che sono riuscito a conquistare». E mentre richiudiamo il libro ridendo, salutiamo e ringraziamo il ragazzone di Castell’Arquato. Lo ritroveremo in giro con altre vesti.

Le volate del Giro d’Italia alla lente di Guarnieri

26.05.2024
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L’allenamento è terminato in concomitanza con l’arrivo della 19ª tappa del Giro d’Italia, vinta da uno straordinario Vendrame. Un’uscita di sei ore per Guarnieri che si prepara per i prossimi impegni tra i quali spicca il Giro di Svizzera. 

«Al momento non c’è un programma troppo stabilito – dice Guarnieri – correrò in Belgio tra qualche giorno e poi sarò al Giro di Svizzera. La speranza è che possa tornare utile per trovare il giusto feeling con De Lie, anche se non credo che ci saranno grandi occasioni per i velocisti. Lo Svizzera però è una corsa che mi piace sempre, molto tirata ed è il miglior avvicinamento al Tour de France, sempre ammesso che ci sarò».

Per Guarnieri e De Lie (rispettivamente 2° e 3° in maglia Lotto) solo 4 gare insieme fino ad ora
Per Guarnieri e De Lie (rispettivamente 2° e 3° in maglia Lotto) solo 4 gare insieme fino ad ora

Le prime misure

De Lie dovrebbe essere l’uomo di punta della Lotto Dstny alla Grande Boucle. Il “Toro di Lecheret” sarà chiamato a continuare il grande momento di forma, da quando ha ripreso a correre a fine aprile ha messo insieme 3 vittorie e 2 podi. 

«Alla Ronde Van Limburg – racconta Guarnieri – abbiamo raccolto un bel terzo posto. Il treno ha funzionato bene nonostante sia stata la terza o quarta gara fatta insieme da inizio anno. Sicuramente non c’è quel feeling che si vede nei treni più forti, ma la prestazione di Limburg ci dà fiducia. Sono contento del lavoro fatto, sia fisico che di squadra. Personalmente sto bene, dopo tanti anni in gruppo so riconoscere le sensazioni e arrivare in forma ai momenti chiave. Vero che la mia convocazione per il Tour non dipende tanto da me ma dalle intenzioni della squadra».

Secondo Guarnieri i tre sigilli messi a segno alla corsa rosa hanno decretato la superiorità di Milan
Secondo Guarnieri i tre sigilli messi a segno alla corsa rosa hanno decretato la superiorità di Milan

Uno sguardo al Giro

Tra i treni migliori visti ultimamente in circolazione c’è quello della Lidl-Trek di Jonathan Milan. Il velocista di Buja ha inanellato tre successi di tappa e altrettanti secondi posti al Giro. Guarnieri, che da casa ha visto l’operato della Lidl-Trek però non è rimasto così sorpreso.

«Da come andava alle classiche del Nord – spiega – ce lo aspettavamo tutti che Milan potesse essere così forte. Alla prima vittoria, quella di Andora, ha fatto vedere di cosa è capace. Ha preso tanto vento, ma era talmente superiore agli altri che non si è scomposto e ha comunque messo dietro tutti. Poi se hai una squadra così forte come la Lidl-Trek, con uomini di spessore che lavorano per te, tutto viene più semplice. Loro hanno Stuyven, uno che ha vinto la Sanremo, come terzultimo uomo, dopo di lui va in azione Theuns e infine Consonni. Simone è uno che di treni ne ha fatti in carriera, si sta dimostrando un grande ultimo uomo».

Tutto semplice

Per Milan e la Lidl-Trek tutto sembra semplice. Poi ci sono delle tappe in cui qualcosa si è sbagliato, come a Fossano o a Padova, ma gli errori fanno parte del gioco. 

«Vorrei anche sottolineare – riprende Guarnieri – che gli avversari forti a questo Giro ci sono stati. Merlier, Kooij, Gaviria. Poi alla Lidl-Trek sono molto bravi, hanno le giuste tempistiche e anche quando non le hanno riescono a cavarsela. Mi ricorda un po’ il treno che avevamo con Demare, eravamo sempre noi a prendere in mano la situazione. Quando hai il velocista più forte anche se sei lungo non cambia, ne esci sempre bene. Meglio farsi trovare fuori tempo ma essere i primi a partire che rimontare e rischiare di rimanere incastrati».

I meccanismi del treno della Lidl-Trek sono stati affinati nel corso di tutta la stagione
I meccanismi del treno della Lidl-Trek sono stati affinati nel corso di tutta la stagione

Affinità

Tutto però è stato costruito giorno dopo giorno, a partire dall’inverno e passando per le diverse corse. Consonni e Milan hanno messo alle spalle, prima del Giro d’Italia, 12 giorni di corsa insieme. 

«Queste volate dominate – analizza ancora – arrivano da un lungo periodo di prove. Fanno sprint su sprint dalla Valenciana, sono passati dalla Tirreno e sono arrivati al Giro. La forza di un treno è anche l’affinità che si crea tra i vari “vagoni”. La Lidl-Trek ha investito tanto tempo su questo aspetto, al contrario nostro. Sanno perfettamente cosa fare e dove andare. Nella tappa di Cento sono stati perfetti, gli avversari possono fare poco, se non sfruttare qualche errore, come successo a Padova. Secondo me contro questa Lidl-Trek tutti partono battuti, anche la Alpecin di Philipsen».

Guarnieri e le sue (quasi) mille gare tra un ricordo e l’altro

25.03.2024
7 min
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CASTELL’ARQUATO – Una storia instagram di Jacopo Guarnieri durante il UAE Tour aveva attirato l’attenzione. Era la condivisione di un dato statistico di un sito specializzato che lo vedeva ad una sola gara dalle mille disputate in carriera da professionista.

La quadrupla cifra in tante discipline è sinonimo di longevità e costanza. Pensiamo ai mille gol di Pelè oppure alle mille vittorie di coach Lenny Wilkens in NBA, ma nel ciclismo attuale tagliare un traguardo simile vuol dire assistere ad un mutamento del proprio sport. Per la verità la nostra curiosità ci ha portato ad approfondire i numeri in questione e scoprire che l’alfiere della Lotto-Dstny ora è a quota 986 e raggiungerà le mille gare nelle prossime settimane. Del conteggio iniziale facevano parte anche le corse internazionali fatte da junior e U23. Tuttavia per noi è stata l’occasione di suonare al campanello di casa di Guarnieri e ripercorrere con lui questa lunga striscia agonistica attraverso i suoi aneddoti più significativi. E non sono mancati quelli divertenti.

Guarnieri vive sulle colline piacentine. Dovrebbe correre il Tour de France che partirà da Piacenza nella terza tappa
Guarnieri vive sulle colline piacentine. Dovrebbe correre il Tour de France che partirà da Piacenza nella terza tappa
Jacopo ti eri reso conto di essere già arrivato a così tante gare?

Veramente no, sono rimasto abbastanza sorpreso. E’ vero anche che hanno considerato quelle da dilettante, però se ci penso a caldo sono tante, perché sono tanti giorni di corsa. Se ci rifletto invece con più calma, queste quasi mille gare spalmate su un arco temporale di sedici stagioni da pro’ ci possono stare.

Te le ricordi tutte queste mille gare?

Vi confesso che ho un’ottima memoria. I miei compagni ridono sempre perché ricordo cos’è successo in determinate gare, chi ha fatto cosa. Dire però che me le ricordo tutte è difficile.

Quali sono le gare che ti ricordi maggiormente?

In questo caso andiamo semplicemente per vicinanza temporale. Gli ultimi anni me li ricordo benissimo (ride, ndr). Battute a parte, mi ricordo le mie prime gare da pro’. Nel 2008 avevo fatto la stage con la Liquigas al Tour of Missouri, poi l’anno successivo avevo debuttato al Tour Down Under (quinto posto nella prima frazione, ndr). Ho esordito nella stagione del ritorno di Lance Armstrong quando era in Astana. Nel classico criterium che fanno prima del Down Under, era andato in fuga. Mi ricordo anche altre prime volte.

Instancabile. De Gendt, compagno di Guarnieri, ha accumulato più di 1.300 gare da pro’ Ne ha disputate addirittura 100 nel 2012
Instancabile. De Gendt, compagno di Guarnieri, ha accumulato più di 1.300 gare da pro’ Ne ha disputate addirittura 100 nel 2012
Racconta pure.

Ad esempio la prima Sanremo l’ho fatta tardi, nel 2012 al mio primo anno nell’Astana. Quell’anno si faceva ancora la salita de Le Manìe. C’era il sole, vinse Gerrans che arrivò in un gruppetto con Nibali, Cancellara e nel giro di trenta secondi scarsi eravamo tutti lì. Il primo grande Giro invece è stata la Vuelta nel 2010, quella che vinse Nibali. Eravamo compagni di squadra alla Liquigas. C’era stata la cronosquadre a Siviglia in notturna. Avevamo fatto secondi, eravamo andati molto forte. Ma c’è un episodio che ricordo ancora benissimo che quando lo racconti ai corridori di adesso non ci credono.

Ovvero?

Era una tappa per velocisti e c’era fuori una fuga. L’ottanta per cento del percorso si sviluppava su questi “su e giù”, le classiche strada vallonate della Spagna. A circa 25 chilometri dall’arrivo, quando la strada iniziava ad essere pianeggiante, riprendiamo i fuggitivi e cosa fa il gruppo? Si ferma a fare pipì (ride, ndr). Roba impensabile per il ciclismo di adesso, dove iniziano a limare per le posizioni a 50 chilometri dalla fine in qualsiasi gara.

Come andò a finire quella tappa?

Avevano vinto i soliti. Se le giocavano Farrar o Cavendish le volate. Questo fa molto ridere perché adesso fanno il triplo della fatica per poi finire a fare le stesse cose. D’altronde siamo nell’epoca in cui i direttori sportivi continuano a dirti di stare sempre davanti e fare attenzione.

Guarnieri con la Katusha ha disputato più di 160 gare in due anni. E per nove volte in carriera ha corso la “settimana santa”
Guarnieri con la Katusha ha disputato più di 160 gare in due anni. E per nove volte in carriera ha corso la “settimana santa”
Da questo aneddoto si evince che il ciclismo è cambiato tanto?

E’ cambiato enormemente. In ammiraglia adesso ci sono internet, Google Maps e tutti sanno tutto, ma tutti sanno le stesse cose. Quindi non c’è neanche un vero vantaggio da sfruttare. Tutti dicono di stare davanti per evitare pericoli, quando il pericolo siamo proprio noi che cerchiamo di stare davanti. L’ignoranza di una volta, intesa nel non conoscere precisamente ogni metro di gara, poteva essere un vantaggio perché si correva in maniera più rilassata. Tanto vincevano sempre i campioni. Allora ci si stressava quando serviva, mentre adesso c’è uno stress costante anche per cose inutili.

Hai fatto anche tante annate da 80 o più gare. Anche questo è un segnale di cambiamento?

Sì, all’epoca si facevano ed era la normalità. Ora è rimasta la normalità solo per il mio compagno Thomas De Gendt. Lui infatti ha molte più gare di me, più di 1.300, tanto che quando ha visto quella storia Instagram mi ha preso in giro, dandomi del dilettante (ride, ndr). Lui non ha mai dei picchi di forma, può permetterselo, ma col livello di adesso fare 80 gare all’anno è impensabile. Adesso quando ne fai una cinquantina, sei nella media giusta. Prima c’erano tante corse in preparazione, ora ci alleniamo in modo più preciso a casa e si va alle gare per correre, salvo qualche eccezione.

Proviamo a metterti in difficoltà. Sai qual è la gara che hai corso più volte?

Non saprei (riflette un attimo, ndr). Secondo me è la classica di Amburgo che l’ho quasi sempre fatta. Dieci volte però anche per Sanremo, Gand-Wevelgem e la vecchia Tre Giorni di La Panne. Poi a memoria, appena sotto, dico Fiandre, Roubaix e Harelbeke le ho corse tante volte (nove volte, ndr). Dico bene?

Guarnieri ricorda la prima Gand 2009, diluvio, i ventagli e la vittoria del suo coetaneo Boasson-Hagen sul compagno Kuschynski
Guarnieri ricorda la prima Gand 2009, diluvio, i ventagli e la vittoria del suo coetaneo Boasson-Hagen sul compagno Kuschynski
Giusto. Un aneddoto legato ad una di queste corse?

La volta che mi ricordo di più Amburgo è l’edizione di due anni fa. Sono rimasto coinvolto in una caduta di gruppo in leggera discesa. Andavamo fortissimo prima di prendere lo strappo e siamo finiti tutti a terra. Erano rimasti in piedi solo i primi trenta corridori. Invece mi ricordo bene la mia prima Gand-Wevelgem nel 2009. Si correva di mercoledì ed era di 200 chilometri. Quando era in mezzo tra Fiandre e Roubaix. Quando era ancora la vecchia settimana santa. Diluviava, al via c’eravamo sia io che Daniel Oss, esordienti tra i pro’.

Cosa successe?

Pronti via e si apre subito un ventaglio senza nessun Quick Step davanti. C’era Tosatto che tirava alla morte per riportare dentro Boonen. Abbiamo fatto quasi tutta la corsa ad inseguire a circa un minuto dalla testa. Abbiamo mollato solo nel finale quando avevamo capito che non avremmo mai ripreso i battistrada. Sia Oss che io l’avevamo finita e Quinziato, che ora è il mio manager, ci aveva detto: «Bravi, giovani!». Ero contento, poi pensi che Boasson Hagen, che ha la mia età, aveva vinto e ti cala l’entusiasmo. Lui al tempo era un fenomeno, che ha vinto poco rispetto a quello che faceva vedere in quegli anni.

Numeri alla mano, Jacopo Guarnieri ha corso tante volte la “settimana santa”.

Mi piaceva tantissimo. In quel periodo si stava in Belgio per tanto tempo anche per le altre semi-classiche. Sempre nel 2009 a De Panne per colpa mia era finito a terra Hoste, che in quelle gare era uno dei big (tre secondi posti al Fiandre, ndr), e altri corridori. Ero uscito abbastanza malconcio da quella caduta.

Guarnieri centra la prima vittoria da pro’ al Tour de Pologne 2009. La sua memoria rivive il treno dei compagni e gli avversari battuti
Guarnieri e la prima vittoria da pro’ al Tour de Pologne 2009. Ricorda il treno dei compagni e gli avversari battuti
A parte la gioia per le tue quattro vittorie, hai un ricordo legato a queste corse?

La memoria va al primo successo nel 2009 alla terza tappa del Tour de Pologne. Ricordo bene il treno tirato da Quinziato e Oss a battagliare con quello della HTC. Arrivai davanti ad Allan Davis, che è stato il mio diesse l’anno scorso, e Andre Greipel, uno dei più forti velocisti in assoluto. Quella sembrava essere il trampolino di lancio per una carriera di vittorie e invece non è stato così (sorride, ndr).

Non è tempo di pensare a ciò che sarebbe stato, ora bisogna solo pensare a quello che verrà. Piacenza, città e provincia d’adozione di Guarnieri, ospiterà la partenza della terza tappa del Tour de France. L’obiettivo è essere al via col tagliando delle mille gare da pro’ sul proprio contachilometri.

Guarnieri, fa gli onori di casa: ecco la sua Orbea Orca Aero

22.03.2024
6 min
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Incontro alla vigilia della Milano-Sanremo con Jacopo Guarnieri. Il pilota dei velocisti della Lotto-Dstny spiega come si trova con la sua Orbea Orca Aero, scelta per avere un mezzo rigido e veloce. La bici è montata con uno Shimano Dura Ace e guarnitura FSA. Nuovo manubrio in carbonio di Vision. Ruote Zipp e pneumatici Vittoria. Sella Flite di Selle Italia.

SOLBIATE OLONA – Alla vigilia della Sanremo, in un primo pomeriggio appena fresco, abbiamo incontrato Guarnieri nella hall dell’hotel in cui alloggiava la Lotto-Dstny e gli abbiamo chiesto di accompagnarci nel parcheggio. Lì c’erano i meccanici dediti a preparare le bici per la corsa dell’indomani. Era da un po’ che volevamo chiedere a Jacopo un po’ di notizie sulla nuova Orbea Orca Aero, che avevamo anche provato, dato che lo scorso anno la squadra correva ancora su Ridley, marchio per loro ormai storico.

Guarnieri è alto 1,90 per 80 chili di peso. Non ha necessità di una bici superleggera, al contrario bisogna che questa sia rigida, confortevole e aerodinamica, dato che il grosso lavoro di Jacopo si svolge ad alta velocità e nelle mischie delle volate, cercando di pilotare gli uomini più veloci del team.

Allora Jacopo, hai preso questa bici alla fine dell’anno, quanto tempo hai impiegato per abituarti?

In realtà il passaggio dalla Ridley a questa Orbea è stato abbastanza veloce. Le geometrie sono piuttosto simili a quelle che usavamo lo scorso anno. Il manubrio è un po’ diverso, perché abbiamo il nuovo Metron di Vision, però anche questo è stato un passaggio abbastanza liscio.

Nessuna differenza di posizione?

Devo essere onesto, non sono mai stato un esperto di misure. In qualsiasi passaggio di squadra, fra annate e diverse biciclette, ho sempre fatto un bel copia e incolla per i meccanici. L’unica cosa che un po’ sento è l’altezza della sella, ma anche quella durante l’anno è facile che la cambi.

Però le bici non sono tutte uguali, tanto che hai voluto una aero…

Ovviamente non uso quella da salita. Chiaramente, essendo 80 chili, quel chilo di differenza sulla bici montata si perde nel mucchio. La mia bici ideale deve avere buona rigidità, ma non estrema, perché comunque pedaliamo tante ore. E poi deve unire all’aerodinamicità un’ottima maneggevolezza, soprattutto nelle discese.

E’ una bici pronta nelle risposte?

E’ molto pronta, in volata restituisce benissimo la forza che imprimi sui pedali, grazie alla flessione della parte bassa del telaio. In più la forcella ha un disegno che aiuta nell’assorbire le buche e disperdere un po’ la durezza dei colpi che prendiamo sul manubrio.

Come ti regoli per la scelta delle ruote?

In realtà cambio veramente poco, diciamo che sono abbastanza prevedibile. A meno che non ci siano da fare tappe superiori ai 3.000 metri di dislivello, per le quali si può optare per una ruota più bassa, il mio setup base prevede le ruote Zipp 454, con cui faccio anche le tappe di montagna. Dipende un po’ dal percorso, se c’è molta pianura direi che rimangono una scelta ottima.

Come mai?

Perché la vera differenza ormai la fai in pianura, per cui inseguire con queste è un po’ più facile anche nelle tappe di montagna. Se poi capita una giornata di pianura velocissima, allora si può anche usare la ruota da 80.

Usate gomme Vittoria, potete scegliere fra vari set?

Ne abbiamo a disposizione tre. Il Corsa Pro che uso praticamente sempre. Pneumatico da 28 davanti e anche dietro. Poi abbiamo un nuovo tubeless per le classiche del Belgio, che è un 30. E’ leggermente più cicciotto, però alla vista risulta molto simile. Infine abbiamo i tubolari completamente neri da cronometro che a volte usiamo anche su strada. Li usiamo in qualche tappa completamente piatta, anche se prendi qualche rischio in più per le forature. Di certo però offrono una minore resistenza.

Come ti regoli per la scelta dei rapporti?

La scelta non è più così ampia. Io uso quasi sempre un 54-40 davanti e un 11-32 dietro. Una volta alla vigilia della Sanremo si cambiavano la cassetta oppure la guarnitura, ma ormai è un’abitudine che si è persa. Non sono un amante del 55, anche se si usa molto. A meno che non ci siano giornate con tanto vento a favore, preferisco il 54 e far girare le gambe.

Come sei messo con le leve del manubrio? Hai dovuto raddrizzarle?

No, le mie leve sono sempre state classiche. Mi piace una leggera inclinazione all’interno, ma niente di estremo. Le nuove regole UCI non mi hanno toccato.

Però nonostante tu non faccia più volate, tieni i pulsantini del cambio all’interno della curva come gli sprinter…

Trovo il bottone molto comodo, perché quando sei in posizione, ti permette di non muovere le mani. Puoi tenerle salde sul manubrio e cambiare con il pollice, in realtà con l’interno del pollice perché è un gesto davvero comodo. Si riesce a cambiare anche con le mani sulle leve e può sembrare una banalità, ma puoi farlo anche mentre stai bevendo dalla borraccia, perché hai la mano sinistra sulla leva. 

Avevi Selle Italia anche l’anno scorso?

Sì. Ho una Flite e usavo Selle Italia anche anni addietro, con la Katusha, se non ricordo male. La forma è rimasta quella, ma adesso il confezionamento è diverso. Ugualmente ne ho testate anche delle altre, però alla fine ho chiesto di tenere la Flite con il foro al centro. Per me è la più comoda e alla fine un corridore, prima di tutto, deve essere comodo. 

Che tipo è questo Van Eetvelt? Parola a Guarnieri, spalla preziosa

08.03.2024
5 min
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Jacopo Guarnieri in modalità scalatore? Non esageriamo, ma di certo quella che abbiamo visto al UAE Tour è stata una versione un po’ diversa del corridore che siamo abituati a vedere. Di solito Guarnieri, uno dei professori del gruppo, è l’apripista di un velocista, negli Emirati invece è stato uno dei fidatissimi di Lennert Van Eetvelt. Tanto da aiutarlo, in parte, anche in salita.

Ma per fare certe azioni servono gambe. E tante, specie se non è il tuo ruolo. «Sto molto bene – racconta Jacopo – ho svolto una preparazione ottima, passando un inverno senza intoppi e con un approccio del tutto diverso.

«La squadra (Lotto Dstny, ndr) ci teneva che fossimo tutti seguiti da un preparatore interno e così dopo tanti anni con Dario Broccardo, sono passato agli allenamenti di Sander Cordeel. E tutto sommato cambiare dopo tanto tempo fa anche bene».

In questi giorni però Guarnieri è tornato nei ranghi. E in Nord Europa ha ripreso a lavorare per Arnaud De Lie e le sue volate.

Guarnieri (classe 1987) all’ammiraglia per qualche dritta da portare ai compagni e Van Eetvelt. Il lombardo è un road captain
Guarnieri (classe 1987) all’ammiraglia per qualche dritta da portare ai compagni e Van Eetvelt. Il lombardo è un road captain
Quindi partiamo da te, Jacopo. Cosa significa approccio nuovo?

Che ho fatto qualche chilometro e qualche ora in meno. Ma non è tanto quella la vera differenza, piuttosto i lavori: non ho fatto un medio o una SFR, per dire. E questo non mi ha fatto capire realmente a che punto fossi. Gli altri anni facevo la solita salita a quei watt e in base a dove arrivavo capivo come stavo. Ora niente di tutto ciò. Mi serviva almeno una corsa per capire la condizione. E visto come è iniziata la stagione e le sensazioni che ho, dico che sto bene.

In UAE ti abbiamo visto molto vicino a Van Eetvelt, cosa ci dici di questo giovane atleta che poi ha vinto la generale?

Noi avevamo fiducia in lui, ma il focus vero era una top 5, non la vittoria. Io gli sono stato vicino anche in salita, ma ammetto che in squadra non è che ci fossero chissà quali scalatori. Tutto sommato al UAE Tour le salite vere sono due. Soprattutto nella prima, ho cercato di stargli accanto finché ho potuto. Tra l’altro era una salita veloce, a ruota si stava bene. Poi chiaramente lo ho aiutato molto in pianura.

E lì di certo eri più a tuo agio… Ci sono stati momenti delicati in quei frangenti?

Direi la tappa in cui ci sono stati i ventagli. Lennert si è ben comportato, alla fine. E’ sempre stato con me e Van de Paar. Al primo ventaglio è rimasto tranquillo, coperto, davanti. Al secondo, che si è aperto per una “mezza caduta”, uno sbandamento, la situazione è stata un po’ più difficile. Così lo abbiamo riportato sotto e gli abbiamo fatto prendere la salita in testa. A quel punto ho insisto un po’ per stargli vicino, poi gli ho passato l’ultima borraccia e mi sono ritrovato lì davanti. Per me è stato un po’ strano: di solito non faccio queste robe! Tra me e Lennert c’è un bel gap. Un gap generazionale e tecnico: 15 anni di differenza, lui è scalatore e io velocista.

Guarnieri ha scortato il belga in pianura ovviamente, ma non solo lì. Ecco la Lotto nelle prime posizioni del gruppo di fianco agli Ineos
Guarnieri ha scortato il belga in pianura ovviamente, ma non solo lì. Ecco la Lotto nelle prime posizioni del gruppo di fianco agli Ineos
C’è qualcosa che ti ha colpito di Van Eetvelt?

Che ascolta e si fida ciecamente di quello che gli dicono. Se gli proponessero, che so, di mettersi gli scarponi da pesca per vincere, lui lo farebbe senza ribattere. Per me da una parte è un limite, ma da l’altra ci dice di un ragazzo che non ha paura di fare sacrifici, che non si fa troppi problemi. Poi in realtà non è che lo conoscessi così tanto prima.

Perché?

Perché di fatto nel 2023 non abbiamo mai corso insieme. Lo avevo visto solo nei ritiri di inizio stagione. Stavolta invece abbiamo parlato parecchio di più. E’ un ragazzo intelligente, particolare. Direi un solitario, ma non un maleducato o un tipo che rifiuta la compagnia se gli capita. Mi piace.

Da un punto di vista tecnico come di è parso?

Ho visto che sa limare bene. Lennert non è di quegli scalatori che devi avere sempre un occhio dietro per tenerlo avanti, che ti fa sprecare troppe energie, che te lo perdi. E credetemi, quando un velocista deve lavorare per uno scalatore non è così facile! Vincenzo (Nibali, ndr) era così… Okay, al UAE Tour con quelle strade larghe e dritte non era poi così complicato, ma già al Trofeo Serra Tramuntana (prova della Challenge di Mallorca, vinta da Van Eetvel, ndr) era più complicato e si è mosso bene.

Van Eetvelt (classe 2001) vince a Jabel Hafeet e conquista anche la generale del UAE Tour. Sono i suoi primi successi nel WT
Van Eetvelt (classe 2001) vince a Jabel Hafeet e conquista anche la generale del UAE Tour. Sono i suoi primi successi nel WT
E mentalmente invece?

Mi sembra piuttosto razionale. Negli Emirati rimuginava molto sul “come faccio a vincere”? E noi gli abbiamo detto: «Che ti frega, provaci. Cosa hai da perdere?”» Con i suoi numeri sapeva che poteva fare bene, poteva vincere la tappa. Sapevamo che Adam Yates, il più temibile, era fuorigioco, dunque ci ha provato. Infatti dopo l’arrivo era parecchio contento, gioviale. Un po’ l’opposto di come era partito per la frazione. 

Sente la pressione?

Bah, non lo vedo uno troppo sotto stress. Come ho detto è razionale. Poi il ciclismo non è solo una questione di watt, ma anche d’intelligenza tattica. Al UAE Tour sapeva che poteva vincere una tappa, ma non aveva certezze sulla generale: però ci ha provato, un passo alla volta. E’ testardo, ma di quelli che ascolta.

Lennert vi ha ringraziato dopo la corsa. Tu gli sei stato vicino, sei una garanzia, ma non è che ora ti vuole come suo uomo e ti toccherà diventare scalatore?

No, no, col mio peso non posso lavorare in salita! Ma ammetto che mi andrebbe di lavorare con lui. So che ha in programma la Vuelta e se dovesse richiedermi in squadra…. perché no? Se fossi coinvolto, accetterei volentieri. Già a Mallorca abbiamo passato dei bei giorni.

Cavendish, Thomas e gli amici: il punto di Guarnieri

01.06.2023
5 min
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«Well, if I couldn’t win, I thought I might as well try and help an old mate out. Call it an early retirement pressie, Mark Cavendish. Chapeau mate»

Questo post di Geraint Thomas su Instagram, completato dalla foto che vedete in apertura, è stato il suo modo di salutare l’amico Cavendish alla fine del Giro. Bene – dice il gallese – visto che non potevo vincere io, ho pensato che avrei ugualmente potuto aiutare un vecchio amico. Consideralo un regalo anticipato per la pensione. Complimenti, amico.

Il gesto più bello del Giro, certe cose te le aspetti solo nei film. Venivamo già dalla spinta a Roglic da parte dell’amico ritrovato sulla strada, per cui quando nell’ultima tappa del Giro abbiamo visto Thomas lanciare Cavendish nella volata, qualche brivido c’è venuto. Thomas che aveva appena perso la maglia rosa e Cavendish pieno di dubbi per lo sprint smarrito.

Van der Poel che manda a Pogacar un messaggio con le dritte per vincere l’Amstel. Il giovane Enric Mas che tira per il suo mentore Contador nel giorno della sua ultima vittoria sull’Angliru. Corridori di squadre diverse che si aiutano fra loro. Ne parliamo con Jacopo Guarnieri, un uomo che non ha mai smesso di farsi domande e di approfondire gli aspetti meno evidenti di uno sport che corre così veloce da far passare inosservati i piccoli gesti. 

Guarnieri, qui con Mosca, è alla Lotto-Dstny da quest’anno
Guarnieri, qui con Mosca, è alla Lotto-Dstny da quest’anno

Caleb vince ancora

Jacopo è tornato dal Belgio, dove finalmente ha scortato Caleb Ewan alla prima vittoria. Da ultimo uomo, il piacentino si è ritrovato a fare il penultimo e a scandire i tempi dello sprint. Visti anche gli anni che passano, non dover più sgomitare come un kamikaze non lo disturba. Dopo gli ultimi due anni sotto tono, il piccolo tasmaniano si era messo a fare tutto da solo, mentre da poche settimane il meccanismo del treno ha preso a funzionare. Così sabato ha vinto la Van Merksteijn Fences Classic davanti a Merlier. Lunedì invece è arrivato secondo, con una foratura agli ultimi 6 chilometri, dalla quale è rientrato come un missile.

Ma veniamo al dunque, Jacopo: che cosa hai pensato vedendo il gesto di Thomas?

E’ stato super bello. Thomas si è trovato davanti, perché lo hanno portato ai 3 chilometri per salvaguardare il secondo posto. E quando ha visto Cav, si è detto: «Vabbè, diamogli una mano». Secondo me sono cose che succedono molto più spesso di quello che magari si è potuto notare al Giro. Questa cosa è stata evidente soprattutto perché Mark ha vinto, aiutato dal secondo in classifica generale. 

Sabato nella Van Merksteijn Fences Classic è arrivata la vittoria per Caleb Ewan (foto Cor Vos)
Sabato nella Van Merksteijn Fences Classic è arrivata la vittoria per Caleb Ewan (foto Cor Vos)
Succedono davvero così spesso?

Sono gesti possibili nei contesti dove non ci sono interessi che vanno a collidere. La Ineos non aveva velocista, oltretutto era anche l’ultima tappa, quindi cascava proprio a pennello. “G” si è ritrovato secondo me nella posizione giusta per dargli una mano e l’ha fatto ben volentieri

A te è capitato mai di aiutare uno di un’altra squadra perché era tuo amico?

Capita ai campionati italiani, visto che comunque i percorsi non sono mai particolarmente simpatici per noi velocisti. Visto che spesso sono l’unico atleta della mia squadra, perché sono da tanti anni all’estero, mi capita di appoggiarmi a qualche altro team. Ad esempio, a Imola 2020 mi ero organizzato con la Bahrain di Colbrelli. Durante la corsa sono andato più volte a prendergli le borracce. A Sonny e anche a Damiano Caruso. C’era Milan che tirava e così ne ho prese un paio per tutti. Non è che Sony abbia vinto perché gli ho dato le borracce, però mi venne spontaneo farlo in quel contesto di amici. C’era anche Eros Capecchi, fu naturale dargli una mano. Una volta invece mi aiutò Luis Leon Sanchez…

In quale corsa?

Una tappa del Tour 2016 che arrivava in Normandia e vinse Cav. Se non ricordo male, c’era la maglia gialla in ballo e io ero da solo a fare il treno per Kristoff. Quelle fasi dai meno 30 ai meno 5, dove praticamente sei in una linea unica: dalle telecamere sembra non succeda nulla, invece è battaglia. E Sanchez fece per me la stessa cosa. Mi fece segno di stargli a ruota e mi portò tranquillamente fino ai meno 5. Lui non aveva uomini di classifica o velocisti. Se non hai niente da perdere è uno scambio che fai molto volentieri e non solo verso chi vince. Un’altra volta a un Eneco Tour c’era Felline che combatteva per una posizione buona. Io sapevo che poco dopo mi sarei staccato e allora l’ho riportato su. Insomma, a volte sono gesti meno plateali, però capitano molto spesso.

Vuelta 2017, Mas aiuta Contador che sull’Angliru vincerà la sua ultima corsa (foto Getty Images)
Vuelta 2017, Mas aiuta Contador che sull’Angliru vincerà la sua ultima corsa (foto Getty Images)
Alla base deve esserci stima?

Assolutamente. Lo fai per una persona per cui hai stima e amicizia e in questo fra italiani ci aiutiamo spesso, perché siamo un bel gruppo. Generalmente siamo molto uniti ed è una cosa che si nota molto spesso quando andiamo a fare le corse con la nazionale. Non a caso Thomas e Cavendish hanno la stessa nazionalità e si conoscono da una vita.

Nei treni c’è spazio per l’amicizia?

Ci sono corridori di cui hai rispetto, nei confronti dei quali sei corretto. Di recente, in una corsa vinta da Groenewegen, c’era Moschetti da solo. Mi è bastato chiamarlo un paio di volte e mi ha lasciato passare per seguire il treno. A volte è un bel gesto anche lasciare… la porta aperta, è una forma di aiuto.

Al prossimo Tour, se Ewan fosse fuori gioco, aiuteresti Demare?

Più che altro non gli farei dei torti, non di proposito. In questi contesti, può capitare di mettersi a lato, sapendo che l’avversario è lì. Ti piazzi e non ti sposti, perché almeno gli hai bloccato la volata. Queste cose non si dovrebbero fare, ma sicuramente capitano con corridori che non stimi. Invece il rispetto, quello c’è per tutti.

Guarnieri: «Tra Demare e Gaudu sarà più facile di ciò che sembra»

02.03.2023
6 min
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Le convivenze sportive, come quelle di tutti i giorni, vivono e sopravvivono di compromessi, belli o brutti che siano. Non ne è esente la Groupama-Fdj che quest’anno, con l’enorme ringiovanimento dell’organico, potrebbe avere qualche problema in più a far coesistere in alcune gare Demare e Gaudu (entrambi in apertura, foto Facebook/Groupama-Fdj).

La prima che faranno assieme sarà la Parigi-Nizza che parte questa domenica e, in questa ottica, potrebbe essere una prova generale per il Tour de France. Nel frattempo si è un po’ affievolito il polverone di fine gennaio suscitato dalle avventate dichiarazioni di Gaudu su Discord rivolte indirettamente a Demare, di cui abbiamo già parlato. Resta tuttavia la curiosità di vedere come si comporteranno i diretti interessati.

Proprio alla “corsa verso il sole” ci sarà anche Jacopo Guarnieri, che conosce benissimo entrambi. Al 34enne piacentino della Lotto-Dstny, che sappiamo non ha paura di esporsi o sottrarsi alle responsabilità, abbiamo chiesto cosa ne pensi. E lui, che domani partirà per la Francia (dove sarà assente Ewan e lavorerà per De Lie), ci ha risposto vestendosi da pompiere.

Marc Madiot sulla vicenda Gaudu-Demare ha pensato al bene della squadra più che alle loro ruggini (foto Facebook/GroupamaFdj)
Madiot sulla vicenda Gaudu-Demare ha pensato al bene della squadra (foto Facebook/GroupamaFdj)
Jacopo qual è il tuo punto di vista sulla questione?

Più che il mio punto di vista, prendo in considerazione i protagonisti. O meglio, contestualizzo loro in base alle idee su come vengono divise le squadre per una gara a tappe. Ci sono dinamiche ben precise tra velocista e scalatore. Non sempre ci vuole una squadra più per uno che per l’altro oppure divisa a metà. Basta avere gli uomini giusti. Guardate Cadel Evans che vinse il Tour nel 2011 con una squadra formata da compagni adatti alle classiche.

Gaudu dopo il quarto posto dell’anno scorso al Tour voleva una formazione tutta per sé.

Sì, ci sta il suo ragionamento. Ma a mio modo di vedere, lo scalatore dovrebbe pensare così solo se può avere in squadra altri scalatori di altissimo livello. Se ci sono, bene. Altrimenti meglio portare compagni che ti possano aiutare in pianura e tenerti coperto in quelle tappe rese difficili dal maltempo. Immagino che Madouas rifarà il Tour, dove l’anno scorso è andato forte (10° nella generale, ndr). Lui secondo me lavorerà per David, che a sua volta non credo farà grandi proclami di vittoria. Per fortuna però non sarà compito mio scegliere la squadra.

Perché, nei tuoi anni in Groupama-Fdj, ti è capitato di dare consigli su chi portare ai tuoi diesse?

No, no (sorride, ndr), era solo un modo di dire. Sicuramente sarà una questione che riguarderà Madiot. Lui non ha mai chiesto nulla ai corridori, giustamente. E noi, quantomeno quelli di seconda fascia come me, non ci siamo mai permessi di dire nulla. Magari poteva capitare che fosse uno dei capitani a battere i pugni per avere un uomo in più per lui. Ad esempio ricordo che al Tour 2021, dove c’erano sia Arnaud (Demare, ndr) che David, il nostro treno dovette rinunciare a Sinkeldam per uno scalatore.

Alla Groupama-Fdj hanno spesso mandato Demare da una parte e Pinot o Gaudu dall’altra. E’ così difficile trovare un equilibrio tra velocista e scalatore in una formazione per un grande giro?

A volte capita che non ce ne sia tra due velocisti o due scalatori che partono alla pari. Sono scelte che si fanno, come dicevo prima. Sappiamo che per la generale, gli uomini di classifica possono incappare sempre in problemi vari. Se invece hai anche un velocista vincente, meglio puntare su quello perché può sempre salvarti la corsa. E’ una scelta che spesso le squadre fanno per mettersi al sicuro, specie se sei un team francese al Tour. Poi può essere che quest’anno Arnaud, che aveva fatto il Giro un anno fa, voglia semplicemente tornare in Francia col solo obiettivo delle vittorie di tappa senza puntare alla maglia verde, dove in quel caso avrebbe una concorrenza agguerrita con gente come Van Aert o lo stesso Pogacar.

Ciò non toglie però che si sia scatenato un bel caos. Ti era mai successo in carriera una situazione simile?

No mai, anche se sono cose che capitano. Siamo sempre stati tutti bravi a convivere. O comunque ci siamo sempre lavati i panni sporchi in casa. Leggendo quello che è successo recentemente con Gaudu, che comunque ha chiesto scusa a Demare, direi che sicuramente non è un buon punto di partenza. Probabilmente, anzi sicuramente non doveva saltare fuori questo problema o quanto meno non con queste modalità. Personalmente penso sia più una roba ingigantita dai media, tant’è che siamo qui a parlarne anche noi. E la penso un po’ come Madiot, che ha ridimensionato la cosa.

La coesione fra Gaudu e Demare sembra un po’ forzata rispetto al passato. Può essere data dal fatto che corridori esperti come te siano andati via?

Da quest’anno ci sono tanti ragazzi giovani in Groupama che sono andati a rinforzare più la pattuglia degli scalatori. Non sono certamente loro che possono e devono sistemare eventuali problemi. Tuttavia però mi sento di dire, forse con un pizzico di orgoglio senza essere presuntuoso, che le partenze inaspettate di Sinkeldam e me hanno danneggiato un po’ Arnaud. Per lui sono cambiate molte cose. Non prendete però come esempio il UAE Tour che è una corsa che per i treni non ha mai dato indicazioni importanti, vedi anche noi della Lotto-Dstny. Io laggiù non mi sono fasciato la testa per gli automatismi da trovare e così deve fare anche Arnaud. Deve solo abituarsi a situazioni nuove.

Cosa si sente di dire Jacopo Guarnieri in versione fratello maggiore a Gaudu e Demare?

Non devo dare loro consigli in particolare. Li vedrò alla Parigi-Nizza, dove avranno interesse reciproco a lavorare bene assieme. E secondo me sarà così. Posso solo dire che parlerà la strada. E a quel punto si accorgeranno che tutta questa situazione sarà ben più facile di quello che sembra.

De Lie, il Toro di Lescheret punta dritto su Sanremo

02.03.2023
4 min
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Il weekend di apertura sulle stradine del Nord ha confermato che Arnaud De Lie è ben più di un velocista, confermando le impressioni di Guarnieri dei giorni scorsi. Il corridore ardennese ha tutto quello che serve per fare la sua parte nelle classiche fiamminghe, dando un senso al soprannome “le taureau de Lescheret”, il toro di Lescheret, il villaggio da cui proviene.

Lo ha dimostrato con il secondo posto alla Omloop het Nieuwsblad e il settimo nella Kuurne-Bruxelles-Kuurne, battuto nella volata alle spalle del gruppo di testa.

A Kuurne ha pagato la fatica del giorno prima a Ninove, ma ha fatto comunque corsa di testa
A Kuurne ha pagato la fatica del giorno prima a Ninove, ma ha fatto comunqu3 corsa di testa

Né quota né Giri

Il ragazzo ha vent’anni e non ha ancora fatto 70 giorni di corsa da professionista, eppure le sue vittorie ammontano già a 12. Non ha ancora la resistenza di rivali come Van Aert e Van der Poel e del resto non ha mai preso parte a un grande Giro né partecipato a ritiri in altura, che per i rivali e tanti colleghi è ormai un punto di passaggio obblligato.

Per ora lo staff tecnico della Lotto-Dstny ha lavorato bene con lui sull’alimentazione e si sta adoperando perché migliori il giusto in salita. Con un metro e 82 per 72 chili, De Lie ha tutto quel che serve per diventare un uomo da classiche, veloce quando serve.

E’ stato Gilbert, al debutto sulla moto di Eurosport, a suggerire la calma a De LIe
E’ stato Gilbert, al debutto sulla moto di Eurosport, a suggerire la calma a De LIe

Il sangue freddo

Il secondo posto a Ninove, sul traguardo della Omloop Het Nieuwsblad, è stato il suo miglior risultato in questo tipo di corse: di fatto gli è sfuggito il solo Van Baarle. E dire che la corsa si era messa male, dato che a circa 50 chilometri dall’arrivo, De Lie è caduto. Ma anziché farsi prendere dal panico, è risalito velocemente in sella e si è lanciato all’inseguimento.

«Ho speso tanto – dice – e credo che la chiave sia stato aver mantenuto la calma durante l’inseguimento. Ho seguito il consiglio di Philippe Gilbert dalla moto e di Frison in gruppo. Però ho faticato e forse per questo domenica avevo le gambe piuttosto stanche. Eppure sono andato migliorando con il passare dei chilometri e ho iniziato a sentirmi sempre meglio. Chissà cosa sarebbe successo se a Kuurne avessimo raggiunto il gruppo di testa. Sabato, invece ho fatto la migliore prestazione a Ninove, quindi era perfettamente normale che domenica fossi un po’ meno brillante. Se non fosse stato così, avrebbe significato che sabato non ho dato il meglio di me».

Frison è il suo angelo custode: qui alla firma di Almeria, dove De LIe sarà secondo
Frison è il suo angelo custode: qui alla firma di Almeria, dove De LIe sarà secondo

Il nuovo Boonen

Sebbene su di lui ci fosse grandissime attese, nella prima gara WorldTour affrontata con grosse attese sulle spalle, i compagni sono rimasti stupiti della sua calma.

«Sta diventando più calmo – ha detto il compagno Frison a Het Nieuwsblad – sembra che ogni prestazione gli dia un po’ più di fiducia. E’ davvero molto solido. Fisicamente è estremamente forte, ma mentalmente è quasi meglio. Non ho mai visto un ventenne così solido».

E qui si chiude quasi definitivamente il capitolo su De Lie che sarebbe solo un velocista, spostando l’ago della bilancia sul De Lie come possibile erade di Tom Boonen. Non è per caso che quando era ancora un U23 Lefevere sia andato a cercarlo, salvo arrendersi al fatto che il vallone avesse già dato parola alla allora Lotto Soudal.

«E’ davvero un leader nato – ha spiegato il tecnico Nikolas Maes – e sta crescendo nel ruolo. All’inizio gli stava tutto bene, ora indica con grande precisione quello che vuole, come vede il finale e cosa vuole che facciamo. Inoltre è capace di dare tutto ed è di ispirazione per il resto della squadra».

Lo scorso anno De LIe si è rivelato, vincendo e tanto alla prima stagione da pro’
Lo scorso anno De LIe si è rivelato, vincendo e tanto alla prima stagione da pro’

Sul Muur col padellone

Quello che più ha stupito i tifosi e gli osservatori sui muri dell’Omloop Het Nieuwsblad è stata la sua grande potenza, soprattutto sul Muur va Geraardsbergen, il vecchio Muro di Grammont, scalato con il 53 e il secondo tempo di giornata, alle spalle di Mohoric.

«Normalmente su quel muro – spiega De Lie – vado con i rapporti più corti. Ma ho cominciato a salire con la corona più grande e non me la sono sentita di cambiare, per paura che si rompesse la catena. Non c’è da vergognarsi di essere dietro Mohoric. Del resto è lui il vincitore della Milano-Sanremo e questo mi motiva solo di più. Sono curioso di vedere che cosa potrò fare io in quei 300 chilometri.».