Proprio in questi ultimi due giorni si è concesso un’incursione in Spagna tra i ritiri delle tante squadre perché ora il suo lavoro è fatto anche di pubbliche relazioni. Sceso di bici a fine 2024, Jacopo Guarnieri ce lo aveva anticipato che avrebbe intrapreso la carriera di procuratore. A giugno ha superato l’esame di abilitazione dell’UCI senza problemi, anche se aveva iniziato a muovere i primi passi nel nuovo ambiente già qualche mese prima, preparando tutta la documentazione necessaria.
Alla sua corte ci sono diversi corridori di tutte le categorie, tutti scelti da lui seguendo determinate caratteristiche tecniche e soprattutto umane. In linea col tipo di atleta e uomo che abbiamo conosciuto, Guarnieri ha ben stampato in mente cosa cerca in un suo potenziale assistito e in cosa può ricambiarlo.
Si sa, esistono regole scritte che devono essere messe nero su bianco nel contratto, ma è altrettanto vero che ce ne sono di non scritte che possono essere siglate da sguardi, parole, pensieri, intenzioni e attenzioni. Per il manager piacentino la firma sul cosiddetto foglio di carta non ha solo un valore per accrescere il numero dei propri atleti, ma diventa un impegno totale. Con Jacopo abbiamo voluto capire come sta interpretando il suo ruolo.


Chi sono stati i primi a credere in te come procuratore?
Fra tutti direi che a decidere di venire con me sono stati i pro’, anche perché la maggior parte di loro mi conosceva quando correvo (Jake Stewart della NSN Cycling Team, suo ex compagno alla Groupama, ndr). Tuttavia devo dire che è stato così anche per i giovani, forse per l’effetto di essermi ritirato da poco che penso possa essere un elemento che mi aiuterà a guidarli meglio nelle scelte. Mi sta piacendo molto lavorare con i giovani e all’inizio era una cosa che non pensavo. Con loro c’è tanto spazio e molto margine di manovra perché stanno crescendo.
Quali sono i criteri con cui scegli i corridori o per i quali loro scelgano te?
In generale deve esserci un rapporto di fiducia in entrambi i sensi. Non solo io devo credere in un atleta, ma anche lui in me. Anche perché dietro ci sono le famiglie, specialmente se sono corridori minorenni. Sicuramente alla base c’è un aspetto tecnico e qualitativo. Ti può piacere un ragazzo per come corre, per come si comporta, per le dichiarazioni che fa poi parlandoci devi capire se c’è affinità. Ho una visione frutto delle persone che hanno lavorato con me da corridore e credo anche della mia personalità. Se si trova una comunione d’intenti col corridore diventa tutto più semplice.
Il rapporto con i tuoi assistiti come sta andando? Ti è capitato di avere vedute diverse da loro?
Sono estremamente contento dei ragazzi che ho, ma credo che anche due punti di vista diversi possano essere di aiuto. Almeno per me, questa situazione mi mette in discussione ed è lì che talvolta puoi imparare qualcosa di nuovo, a maggior ragione se sei nuovo del mestiere. Come a scuola o nella vita di tutti i giorni. Se ti dicono sempre di sì, che sei bravo o hai ragione, non impari nulla.


Quali sono i dettami che dai ai tuoi ragazzi?
Principalmente il mio atteggiamento è impostato molto sul futuro. Per juniores e U23 l’obiettivo è prepararli al professionismo, ad una carriera lunga e magari di successo. Devono essere pronti a sostenere un carico fisico dal punto di vista mentale, che credo sia l’aspetto più importante. Le categorie giovanili, anche fin da esordienti e allievi, sono molto impegnative per le pressioni che si autoimpongono i ragazzi e che gli arrivano dai tecnici. I giovani devono arrivare alla categoria successiva senza essere già esauriti. Quindi per me conta anche l’ambiente in cui crescono. Voglio guardare a lungo termine con loro, senza forzarli a bruciare le tappe o prendere scelte che li possa compromettere.
Con i pro’ cambia il tuo atteggiamento?
Con loro è un argomento diverso. Diciamo che quando il corridore trova la sua dimensione, la bravura del procuratore è trovare una realtà che possa andargli bene e dove possa dare il meglio di sé. In quel caso entrano in gioco altri fattori, come le possibilità di giocare le proprie carte, l’aspetto economico o la durata del contratto.
Hai notato competizione nel mondo dei procuratori?
Sicuramente sì. Ci sono gruppi di procuratori con cui si è più affini, altri meno come penso sia normale in qualsiasi ambiente. Da quelli che conosco molto bene ho avuto qualche aiuto in termini di consigli o confronti. Credo che se alla base del nostro lavoro resta il ciclismo, potrà capitare di trovarsi a sgomitare con un collega per un corridore, ma penso sarà una competizione sana, dove alla fine sarà il ragazzo a decidere con quale persona si trova più in sintonia.


Jacopo Guarnieri come vede il fatto che i procuratori vadano a cercare il corridore tra gli allievi o addirittura adocchiare gli esordienti?
Rispetto a tanti anni fa, si è abbassata molto l’età in cui i ragazzi vengono sollecitati. Onestamente non ci vedo nulla di male nel guardare nelle categorie inferiori, purché vengano rispettate certe cose. Ognuno ha il proprio metodo, ma per come voglio lavorare io, penso che per i giovani bisogna essere il più conservativi possibile. Più si prendono ragazzi giovani, più li devi liberare dalle pressioni. Si devono semplicemente far lavorare e crescere. E non raccontare loro cose non vere.
La sensazione è che tutti siano alla ricerca del super talento giovane da far firmare subito.
E’ normale che si vada sempre più indietro a cercarlo, ma per me il focus rimane un altro. L’obiettivo, come dicevo prima, è cercare di farli diventare pro’ possibilmente di successo e non junior o U23 di successo. Quanti erano dei campioni da giovani e quanti di questi sono passati pro’? E’ facile salire sul carro e inseguire il fenomeno. La bravura del procuratore deve essere quella di saper intercettare anche talenti inespressi. Questa caccia non deve far dimenticare che ci sono tantissimi corridori di talento che magari fino agli junior o U23 non hanno fatto vedere tanto ed invece possono diventare buoni professionisti.
E se un tuo ragazzo ti dicesse di voler abbandonare la scuola per fare il corridore, come la vedresti?
Chiaramente ognuno è libero di fare ciò che vuole, soprattutto quando è giovane e c’è di mezzo la famiglia. Io non posso sostituirmi alla famiglia, ma credo che il procuratore debba essere un buon consigliere. Dal mio punto di vista la scuola rimane un punto fermo, anche perché è una ulteriore sfida col tuo corpo e con la tua mente. Bici e studio sono due impegni importanti da portare avanti, però per me sono complementari. E’ un discorso più ampio.


Prego.
Un giovane corridore non deve vedere quello della scuola come uno stress aggiuntivo perché è uno stress che ti può dare un diploma, delle soddisfazioni, un backup e può essere un salvagente. E se ci pensano bene, è uno stress che ti prepara al professionismo perché ti prepara a sostenere un carico maggiore di responsabilità.
Finora quale pensi che sia il tuo punto di forza?
Sicuramente ho il tempo da dedicare ai miei ragazzi. I valori espressi in bici sono importanti e so che posso dare consigli al corridore sotto il profilo tecnico e agonistico. Il ciclismo però non sono solo watt, c’è altro. Il supporto mentale e umano è importante. E sanno che sono a loro disposizione 24 ore su 24 per ogni situazione che sia un pro’ o un ragazzino. Ho impostato il lavoro così, me lo posso permettere e ne sono contento. Questa è la mia strada col mio pensiero, spero che funzioni.




















































































