Viviani, la pista, la Ineos, l’editoriale: diciamocela tutta

21.10.2024
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Viviani sta viaggiando dalla Danimarca verso casa. I mondiali della pista si sono conclusi ieri e volevamo sottoporgli gli spunti da cui abbiamo tratto l’editoriale di oggi. La medaglia d’argento dell’eliminazione è un bel trofeo, anche se il veronese aveva lasciato casa per puntare all’oro. Per cui è ripartito con il senso della conquista, ma la consapevolezza di non avere la pancia del tutto piena.

«Sicuramente la medaglia conferma il fatto che se punto a qualcosa ci arrivo – dice – anche se soddisfazioni su strada non sono arrivate. Speravo dopo l’Olimpiade di riuscire a raccogliere qualcosa, ma non aver staccato dopo Parigi non ha funzionato. E’ palese che ne siamo usciti provati. Le pressioni sono alte, la preparazione è stata intensa. E quando tutto è finito, le squadre hanno chiamato. Probabilmente la cosa migliore da fare era fermarsi e ripartire per il finale di stagione, però non avevamo tanta scelta. Quindi siamo arrivati in fondo con le energie misurate. Questo era l’anno della pista e le medaglie sono arrivate, quindi non posso essere scontento né recriminare niente».

La medaglia d’argento di ieri nell’eliminazione è un oro sfumato, nella volata finale contro Hansen
La medaglia d’argento di ieri nell’eliminazione è un oro sfumato, nella volata finale contro Hansen
Secondo te Ineos è stata contenta di aver avuto per tutto l’anno a mezzo servizio te, Ganna ed Hayter?

L’ha accettato come negli anni scorsi, non hanno fatto una piega. Ci hanno lasciato liberi. Io l’anno scorso ero a correre e ho vinto in Cina, però non hanno detto nulla. Secondo me quello che è cambiato è il valore che hanno avuto queste medaglie. Ho come la sensazione che negli anni precedenti, a Rio come a Tokyo, la mia medaglia olimpica valesse molto di più per il team. Invece adesso è stato come se avessero detto, fra virgolette: “Libertà agli atleti, però non è che di queste medaglie olimpiche ce ne facciamo qualcosa”. Questa è la differenza che ho colto.

E’ così perché è cambiato il management? In fondo Brailsford ed Ellingworth venivano proprio dalla pista…

Penso di sì. L’Olimpiade cambia di persona in persona. Qualcuno ci tiene e per qualcun altro ti porta via dal lavoro vero. Che se poi avessimo vinto 50 corse, il problema neppure si sarebbe posto…

Non hai la sensazione che l’oro olimpico di Martinello sia stato valorizzato dall’ambiente più di quanto sia successo di recente con voi?

Dipende dall’impresa, perché la vittoria individuale fa molto più di quella di squadra. L’ho vissuto su di me. Adesso che non vinco gare importanti su strada, sono ancora Elia Viviani che ha vinto l’oro di Rio, ben più di Elia che ha vinto quattro tappe al Giro, una al Tour, una alla Vuelta. Quindi probabilmente la sua vittoria e anche la mia sono state esaltate perché era tanto che non si vinceva in pista. Sono un po’ il bollino per sempre di Silvio e anche mio. Ho visto però la differenza con i ragazzi, la vittoria del quartetto ha avuto meno impatto. Per chi segue, è stato un boom clamoroso, perché vincere un oro con il quartetto, per quello che significa, è stato immenso. Però è vero che la sensazione di maggior risalto per l’individuale rimane.

Viviani_Oro_omnium_rio2016
Rio 2016. La caduta, la rimonta e l’oro nell’omnium: la svolta nella carriera di Viviani
Viviani_Oro_omnium_rio2016
Rio 2016. La caduta, la rimonta e l’oro nell’omnium: la svolta nella carriera di Viviani
Non ci si accontenta mai…

Se rimettono nel programma olimpico l’inseguimento individuale, la vittoria di Milan avrebbe grande eco. Jonathan quest’anno ha vinto 11 corse, ma fra poco non basterà più neanche quello e si conterà il numero di tappe che vincerà al Giro. Guarderanno se batterà i record di Petacchi o di Cipollini. Il ciclismo moderno è fatto da dominatori. Nel 2018 e 2019 vinsi 18 e 11 corse. Philipsen l’anno scorso ne ha vinte 19, Pogacar quest’anno 25. E’ un ciclismo che va ad annate.

Tu pensi che dedicarti alla pista ti abbia penalizzato su strada?

Negli ultimi tre anni, sicuro al 100 per cento. Quando sono passato alla Cofidis non le ho dato troppa importanza, ma visto che nel 2020 e 2021 le cose non erano andate, mi sono buttato su Tokyo per far vedere che c’ero ancora. Invece negli ultimi tre anni con la Ineos, ho messo la strada in secondo piano. Sapevo che non mi avrebbero portato al Giro, quindi non avrei potuto pormi dei grandi obiettivi. 

Milan ha vinto l’inseguimento col record del mondo, ha avuto il giusto risalto?

Secondo me, se avesse vinto il mondiale e basta, sarebbe passata quasi sotto silenzio: un’altra medaglia, bravo. Con il record però ha dimostrato di aver battuto anche Pippo, anche se non c’era, e ha fatto un’impresa notevole. Secondo me ha avuto la giusta risonanza. Dall’altra parte la gente non si ricorda neanche quali e quante tappe abbia vinto al Giro. Per questo ai ragazzi dico sempre che il nostro punto forte deve essere scegliere i periodi giusti per fare le cose migliori.

Viviani e Villa, una coppia che nelle ultime tre Olimpiadi ha portato sempre medaglie all’Italia
Viviani e Villa, una coppia che nelle ultime tre Olimpiadi ha portato sempre medaglie all’Italia
Vale a dire?

Nelle nostre chiacchierate, gli dico spesso che devono mettere i mattoncini della loro carriera, per comporre il proprio murales. E’ chiaro a tutti che Milan l’anno prossimo deve andare al Tour. Prima deve provare a vincere la Gand-Wevelgem in cui quest’anno è scattato a 50 dall’arrivo, stando in fuga da solo. Poi il Tour, per vincere anche lì e dimostrare di essere il velocista più forte al mondo. Il mattoncino di Pippo invece è concentrarsi su una classica monumento, la vittoria che gli manca. Anche lui il Tour l’ha provato solo una volta e probabilmente deve tornarci. Per entrambi, ma soprattutto per Pippo visti i suoi 28 anni, i prossimi due anni devono essere quello che per me furono il 2018 e il 2019. Nel frattempo verranno fuori i percorsi delle Olimpiadi e magari, se saranno duri, li vedremo tornare alla pista.

Un ritorno di fiamma?

Riguarda uomini e donne, visto che anche loro hanno un ciclismo professionistico di altissimo livello. Non è escluso che tornino, perché il richiamo per chi ha già vinto una medaglia è fortissimo. In più pare che UCI e CIO siano convinti che il percorso di Parigi fosse morbido, per cui chi può dire come sarà quello di Los Angeles? E questo gruppo potrebbe tornare in pista, dato che già hanno fatto la storia. E’ uno scenario credibile ed è per questo che dobbiamo ricostruire un’ottima base di giovani che arrivano da sotto.

Milan, Ganna, Consonni, Moro, Lamon hanno avuto te come riferimento: chi ci sarà per i giovani che arrivano, ora che questa “band of brothers” sta per sciogliersi?

Toccherà a Marco Villa, comunque alla Federazione, e dovranno lavorare tanto. Intanto per richiamare giovani e spingere ancora sulla multidisciplina, sennò c’è il rischio che si crei un buco. E’ ovvio che non può chiudersi tutto qui. L’altra cosa che dico io, avendo visto l’ottimo materiale che ci arriva dagli juniores, bisogna stare attenti allo scalino juniores-under 23, che è quello che spaventa tutti anche su strada. Non saranno più seguiti e coccolati dal tecnico del paese, diventerà una vita un po’ più individuale e purtroppo capita che qualcuno possa mollare. A mio parere i ragazzi ci sono. So quanto sia duro fare un 3’51” oppure 3’53” nel quartetto e se lo fanno da juniores, vuol dire che con degli step giusti, possono entrare nei nostri quartetti olimpici.

Proprio in questi giorni, Viviani e il suo manager Lombardi stanno definendo la squadra per il 2025
Proprio in questi giorni, Viviani e il suo manager Lombardi stanno definendo la squadra per il 2025
Quale sarà il tassello per completare il murales di Elia Viviani?

Voglio tornare al Giro, questa è la mia priorità. La possibilità che vedo è di restare alla Ineos, dove stiamo vivendo una fase di transizione. Sarebbe difficile cambiare e cominciare un altro progetto a 35 anni, anche perché le squadre stanno prendendo altre direzioni. La cosa più grossa sarà dimostrare che un velocista può darti qualche vittoria più di oggi, visto che quest’anno ne abbiamo fatte 14. E’ stata l’annata peggiore, quindi se dimostro che preparando qualcosa, io ci posso arrivare, al Giro potrei fare delle belle cose. Che sia l’ultimo oppure no.

Quindi Elia si vede ancora a braccia alzate, non diventare l’ultimo uomo di qualcun altro come Morkov?

No, è una scelta che ho fatto. Diventare il leadout di qualcuno avrebbe avuto senso se lo avessi fatto dopo gli anni della Cofidis. Farlo per un solo anno con uno sconosciuto non avrebbe senso. Non ho bisogno di allungarmi la carriera. Non perché non abbia l’umiltà di tirare le volate, probabilmente l’unico per cui avrei potuto farlo è Milan perché abbiamo un rapporto di fratellanza in nazionale. Ma ci sono troppi dubbi di natura tecnica su come si affronta quel ruolo e in un anno non lo impari. Lo abbiamo visto con Consonni alla Cofidis: non fu facile, ma cinque anni dopo lui è uno dei più forti al mondo in quel ruolo. Per cui Elia vuole fare le volate per provare a vincerle. E’ questo il mattoncino che ancora mi manca.

Cioni e il momento di Ganna, tra l’incudine e il martello

12.09.2024
7 min
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La vittoria di Affini nella crono di Hasselt in qualche modo avrà tolto a Ganna il peso di non essere andato agli europei. Pippo vorrebbe esserci sempre, la nazionale è la sua famiglia e lo stop dopo il ritiro dal Renewi Tour è servito a permettergli di resettarsi e programmare i mondiali. Quello della crono e probabilmente quelli della pista.

Dopo l’editoriale di due settimane fa, non sono mancate reazioni da parte di chi lavora con il piemontese. Il filo conduttore di quel pezzo seguiva due direttrici. La prima era legata alla programmazione dell’attività: in questo ciclismo così specializzato rincorrere la crono e la pista potrebbe impedire di raggiungere il massimo su un fronte o sull’altro. La seconda era connessa al fatto che per anni Ganna è stato (ed è ancora) il portabandiera del nostro ciclismo di vertice e nessuno fra coloro che lo guidano ha mai fatto un passo indietro nel suo interesse. Lui è un generoso, ma a un certo punto per le energie – fisiche e mentali – si accende la riserva.

Dario Cioni ha letto quel pezzo qualche giorno fa, raggiungendo il suo pupillo nell’altura di Macugnaga. Gli abbiamo chiesto di ragionarne, senza per forza dover prendere una posizione rispetto a un’altra. Dario è un uomo Ineos Grenadiers ma nell’anno in cui la priorità del campione è stata l’attività della maglia azzurra, ha collaborato con i settori della crono e della pista.

Villa e Cioni hanno gestito l’attività e la programmazione di Filippo Ganna fra pista e crono
Villa e Cioni hanno gestito l’attività e la programmazione di Filippo Ganna fra pista e crono
Gli australiani della pista sono cresciuti, Evenepoel è cresciuto. Un argento e un bronzo olimpico sono eccezionali, ma si può pensare che lavorando sulla pista o sulla crono, potrebbero venire risultati migliori?

Sì, alla fine è anche un’osservazione giusta. Il progetto però era partito tre anni fa con il ciclo olimpico. Era stato detto che Filippo avrebbe tenuto il discorso del quartetto fino a quest’anno e poi sarebbe stata presa una decisione per Los Angeles 2028. Non so se sia stata presa, ma non penso. E’ chiaro che c’è anche un’evoluzione dalla parte dei rivali, nel senso che Remco qualche anno fa non era a questo livello e neppure Pogacar. Alla fine però non potevi interrompere a metà il ciclo olimpico…

Tu che sei dalla parte di Ineos, che cosa pensi della tanta attività in nazionale?

Quando Filippo venne da noi, già faceva molto con la nazionale. Alla fine se vince un mondiale, è un bene anche per la squadra perché sarebbe una maglia di campione del mondo che indossa nelle crono con noi. Le Olimpiadi magari sono diverse, perché hanno richiesto dei tempi di preparazione diversi. Ricordiamoci comunque che la pista è sempre stata funzionale anche all’allenamento della cronometro e in certi momenti anche alla strada. Quindi è vero che c’è una dispersione degli obiettivi, ma non c’è una dispersione delle energie. Non si parla di fare discipline diverse, quanto piuttosto specialità complementari fra loro. Facendo la pista, si lavora anche su alcuni aspetti che servono per la crono. Quello che c’è stato quest’anno, magari al contrario dell’anno scorso, è stata proprio un’attenzione particolare verso un obiettivo. Di solito negli anni scorsi si lavorava su più traguardi, questa volta le Olimpiadi erano al di sopra di tutto.

Con Milan al Giro: il gruppo della pista è stato una presenza fissa nella stagione di Ganna
Con Milan al Giro: il gruppo della pista è stato una presenza fissa nella stagione di Ganna
Che bilancio ne faresti?

Non direi proprio che le ha fallite, starei attento a dirlo. La gente trae conclusioni, ma non è detto che siano giuste. E’ venuto via da Parigi con due medaglie, l’argento della crono e il bronzo del quartetto, anche se è chiaro che era partito per una medaglia d’oro nella crono. Fisicamente non era messo male, magari è stato penalizzato dal discorso meteo, perché per lui l’acqua non è una delle condizioni preferite. A livello di valori assoluti, è arrivato alle Olimpiadi in ottime condizioni. Purtroppo la cronometro con la strada bagnata non è stata l’ideale, nelle curve si perdeva terreno. Se fosse stato asciutto, probabilmente il risultato sarebbe stato diverso. Qualcosa può aver lasciato nell’evitare la caduta contro la transenna, però poi il finale è stato il terreno in cui è riuscito a recuperare. Però se trovi un Remco a quel modo…

E qui torniamo al discorso di partenza, con Ganna che deve confrontarsi a crono con uno che prepara solo la crono e in pista con nazionali che fanno pista da mesi. E alla fine nel quartetto è andato meno di quanto pensasse…

Quello l’ha detto anche lui, il fatto che su pista non fosse lo stesso Filippo che c’era stato a Tokyo. Il locomotore è stato più Milan e in questo caso lui lo ha supportato. Non era il Filippo che ha fatto la differenza, questa volta quel ruolo è stato di Jonathan. E’ un ciclismo pieno di fenomeni e bisogna essere anche realisti, ricordando che il progetto del quartetto era partito da tempo. Era stato preso l’impegno di arrivare fino a qua e così è stato.

I quartetti di Parigi hanno girato con tempi più alti rispetto a Tokyo. Cioni parla di gambe, ma anche di materiali e tattiche
I quartetti di Parigi hanno girato con tempi più alti rispetto a Tokyo. Cioni parla di gambe, ma anche di materiali e tattiche
Visto che c’era questo tipo di impegno, si è mai valutato di non fare la crono?

No, aspettate, come priorità la crono veniva prima della pista. Si sapeva che se fosse arrivato pronto per la crono, fisicamente lo sarebbe stato anche per la pista. La maggioranza dei discorsi è stata fatta sulla cronometro, dove si è dimostrato in pieno controllo del risultato finale. Invece nel quartetto sei uno dei quattro, non dipende solo da te.

Ma se nella crono Ganna aveva i valori migliori e nel quartetto no, che cosa è successo nel mezzo?

Questo non lo so, non ho ancora fatto una comparazione dei dati. I numeri comunque erano alti anche nel quartetto, dove c’era un Milan più forte di lui. Poi subentrano discorsi legati ai materiali, alle condizioni e le tattiche di gara. Però su questo non sta a me fare un’analisi. Il discorso che Milan fosse il motore del quartetto l’ha detto anche Filippo, se leggete le dichiarazioni dopo la gara. Però non penso che se Filippo si fosse tirato fuori dal quartetto, il risultato sarebbe stato migliore.

Dopo il mondiale 2023, le Olimpiadi. Evenepoel è salito di livello
Dopo il mondiale 2023, le Olimpiadi. Evenepoel è salito di livello
Però forse se non avesse dovuto fare il quartetto, sarebbe arrivato meglio alla crono, magari facendo il Tour?

La scelta di non fare il Tour non è stata data dal discorso del quartetto, ma dal fatto che si preferiva un altro avvicinamento. Evenepoel al Tour ha fatto classifica, quindi vuol dire che ha un recupero molto accelerato dello sforzo. Perciò il fatto che il Tour per lui sia stato funzionale, non vuole dire che tutti dovevano fare il Tour.

Diciamo che tranne Filippo, le altre medaglie su strada di Parigi venivano tutte dal Tour. Allora magari si è scelto il Giro, perché a luglio si sarebbe potuto lavorare in pista?

No, sono sicuro se lui voleva arrivare all’Olimpiade passando dal Tour, si trovava una soluzione anche per la pista.

Ganna è stato in altura, sabato sarà all’Italian Bike Festival, poi correrà ancora?

Al mondiale della crono, non prima perché non ci sono corse. Ci sarebbero quelle canadesi, ma non avrebbe senso. Farà il mondiale e non credo che andremo a vedere il percorso, perché Velo ha mandato un video che può bastare.

I tifosi sono al fianco di Ganna, riconoscendo in lui lo spirito del guerriero che non si tira mai indietro
I tifosi sono al fianco di Ganna, riconoscendo in lui lo spirito del guerriero che non si tira mai indietro
In base a cosa Ganna è stato fermato al Renewi Tour?

Avevamo capito ormai che non ne avrebbe ricavato niente di buono. Era inutile insistere. In Germania era stato un po’ altalenante, poi aveva avuto due giorni di recupero. A quel punto si è pensato di concedergli un po’ di respiro e un avvicinamento diverso verso il mondiale. La partecipazione all’europeo lo avrebbe pregiudicato. Se le cose fossero state normali, il Renewi Tour sarebbe stato un banco di prova in vista del mondiale, non uno step verso l’europeo. Anche se l’europeo a 10 giorni al mondiale faceva comodo come allenamento. Chiaramente quando la situazione è cambiata, è stato deciso di avere un approccio diverso.

Evenepoel ha avuto bisogno di due settimane di stacco prima di ripartire. Anche Ganna a Parigi ha corso in due discipline, perché farlo correre in Germania e non dargli il necessario recupero?

Alla fine ci sono anche alcune esigenze delle squadre, che vanno rispettate. Se un team dà libertà a 20 corridori, poi come va a fare il calendario?

Dal trionfo alla depressione: cosa ci insegna il caso Hayter?

07.09.2024
7 min
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La storia di Leo Hayter che si ferma e racconta tutto il brutto che gli passa per la testa ha continuato a risuonarci nelle orecchie. Il britannico non è il solo giovane corridore sottoposto costantemente a sollecitazioni da primo della classe, ma forse senza volerlo è diventato l’anello debole della catena e anche il più famoso. Altri smettono, ma non hanno gran nome e nessuno se ne accorge.

E’ difficile capire se la ragione sia solo nello sport o in un conteso più ampio. Per questo abbiamo chiesto alla dottoressa Manuella Crini di leggere le sue parole, cercando di capire cosa potrebbe esserci dietro. La psicologa di Alessandria ha collaborato con il Comitato regionale piemontese per una serie di tematiche fra cui l’ansia negli atleti più giovani e difficilmente riconduce tutto al ristretto ambito dello sport di elite, seppure da lì possa scoccare la scintilla che fa partire l’incendio.

Manuella Crini, psicologa
Manuella Crini, psicologa
Lo sport è il punto di partenza?

Indubbiamente ci devono essere dei trigger, il grilletto che viene tirato affinché una patologia diventi manifesta. Indubbiamente la richiesta di prestazioni molto elevate può essere uno di questi. Quasi tutte le psicopatologie hanno una base familiare, una base genetica. Qualcosa che trasmettiamo, sia come immersione nell’ambiente relazionale primario, ma anche il modo di affrontare il dolore, di affrontare le sfide e le sconfitte. Dall’altro lato, per ciascuno di noi è una storia di vita individuale che ha comunque un peso. Hayter ha un fratello corridore, ma non è detto che due fratelli vivano la stessa esperienza familiare.

Che cosa vuol dire?

Anche due gemelli omozigoti crescono in modo diverso. Se io occupo la piastrella A, mio fratello non può occuparla quindi andrà sulla B, per cui vedrà già il mondo in modo diverso, anche se da soli 10 centimetri di distanza.

Esiste un’età nella quale sei pronto a sostenere certi stimoli legati alla richiesta di prestazioni elevate? Esiste una progressività nello stimolo dell’atleta oppure, col fatto che sono forti fisicamente, si suppone che siano fortissimi anche mentalmente?

Esisteva, una volta esisteva e dovrebbe ancora esistere. Però si è abbassata di molto e in tanti altri sport si è avvicinata a quella che nel calcio è sempre stata una soglia molto bassa. Nel calcio a otto anni o sei dentro o fuori. Si dovrebbe aspettare quantomeno la fine della pubertà (periodo che va dai 9 ai 14 anni, ndr) e l’inizio dell’adolescenza, ma ormai non si aspetta neanche quella. La competizione dovrebbe essere introdotta in adolescenza, sapendo che poi serve l’educazione per affrontarla. Fino alla pubertà in realtà, che tu vinca o perda, hai il tuo premio di partecipazione uguale per tutti. In seguito si inizia ad avere una distinzione, ma in ogni caso devi essere educato alla vittoria e alla sconfitta, che tu arrivi sul podio oppure ultimo. E come puoi reggere una pressione tanto elevata con un cervello in pieno cambiamento?

Leo Hayter e suo fratello maggiore Ethan: il piccolo è da sempre il fan numero uno del più grande (foto Instagram)
Leo Hayter e suo fratello maggiore Ethan: il piccolo è da sempre il fan numero uno del più grande (foto Instagram)
Come?

E’ un bombardamento di cortisolo (un ormone la cui produzione aumenta in condizioni di stress psico-fisico severo, per esempio dopo esercizi fisici estremamente intensi e prolungati, ndr). Puoi viverla da incosciente oppure, se rifletti su quello che stai vivendo e senti la pressione del non essere riuscito, rischi di bloccarti. Ci sono ragazzi molto forti che arrivano davanti al test più severo e si bloccano, come lo studente davanti all’esame che dà più volte e non riesce a superarlo. Si allenano, sentono di essere forti, arrivano al giorno della gara, falliscono e si convincono che nessuna squadra li vorrà mai. Spesso dietro ci sono storie di vita, famiglie disintegrate e altri aspetti personali. E le famiglie spesso sono causa di problemi, tanto che parte del mio lavoro è formare gli istruttori e i tecnici su come gestire le famiglie. Perché spesso la famiglia è invasiva con le sue richieste. Il genitore che magari si improvvisa allenatore per avere anche qualche vantaggio economico, ma non sa nulla di quel mondo.

Hayter ha vinto il Giro d’Italia e nei due anni successivi ha iniziato ad avere questi problemi, smettendo di vincere. Prima hai parlato di educazione alla sconfitta…

Il valore della sconfitta, se viene legato al sentirsi un perdente, è tremendo perché diventa un fatto personale, soprattutto per il tardo adolescente che ancora non è nel mondo adulto al 100 per cento. Se non te lo hanno insegnato, non riesci a scollegare le cose. Ho vissuto una sconfitta e ci sono due possibilità. Se la sconfitta è là, fuori di me, allora l’approccio è giusto. Ma se la sconfitta è dentro di me, mi sento un perdente. E se io sono un perdente, devo ricoprire il ruolo che ho addosso. Mi comporto da perdente in maniera incoscia, inconsapevole, comunque non volontaria. E se mi sento perdente, non riesco più a gestire nulla. Forse allora con questi ragazzini e in chi lavora con loro, la cultura della sconfitta diventa fondamentale.

Vincendo la tappa di Pinzolo, Leo Hayter mette l’ipoteca finale sul Giro U23 del 2022
Vincendo la tappa di Pinzolo, Leo Hayter mette l’ipoteca finale sul Giro U23 del 2022
Anche per guidarli nell’eventuale ripresa?

Certo, non basta ributtarli nella mischia e dirgli di andare: il lavoro deve iniziare da prima. Non dico che devi essere contento di essere sconfitto, ma devi saperti gestire. C’è stata polemica dopo la gara di Benedetta Pilato nel nuoto alle Olimpiadi. Mi è piaciuta molto, è arrivata a quarta invece l’hanno messa in croce perché era contenta di esserci riuscita. Però questa è la cultura, vorrei dire italiana ma credo dell’essere umano, per cui non c’è niente da festeggiare se non hai preso una medaglia. Invece poteva essere veramente una lezione di vita pazzesca. Ha festeggiato perché ha raggiunto un obiettivo che per lei era elevato, anche perché il primo posto è uno e non possiamo occuparlo tutti. 

Una volta una rivista titolò, rivolgendosi a un atleta: se non vinci, non sei nessuno…

Il mondo dello sport secondo me è cresciuto per anni con gli atleti trattati come bestie. E se uno che ce l’ha fatta a suon di botte, ripropone lo stesso modello ritenendolo unico, la catena non si spezza. C’è una fetta di atleti che ha raggiunto degli obiettivi attraverso la mortificazione e quindi applica lo stesso modello, convinto che sia comunque valido perché in tanti casi ha funzionato. Ma se un modello funziona con me, non è per forza universalmente valido. Magari mi è solo andata bene. E poi siamo sicuri che abbia funzionato? Ha fatto di te un atleta migliore, ma vogliamo parlare della persona che sei diventato? Il successo non può essere ridotto solo alla vittoria della gara, c’è anche il successo della vita. E torniamo sempre al fatto che ci dimentichiamo che dietro l’atleta c’è un essere umano.

Benedetta PIlato e la sua esultanza a Parigi per il quarto posto nei 100 rana a un centesimo dal bronzo (foto coni.it)
Benedetta PIlato e la sua esultanza a Parigi per il quarto posto nei 100 rana a un centesimo dal bronzo (foto coni.it)
Cosa faresti se Leo Hayter fosse un tuo paziente?

Intanto, come hanno già fatto, lo bloccherei per un po’ dalle gare, anche dal fargliele vedere. Cercherei di capire, non darei tutto il peso della malattia allo sport, perché credo sia sbagliato. Dietro questo ragazzo c’è un mondo, quindi mi focalizzerei più sulla persona da un punto di vista prettamente terapeutico, psicologico. E poi da un punto di vista più psicoeducativo, lavorerei molto sul significato della sconfitta, su quello che per lui la sconfitta può veramente voler dire, quindi sui suoi nuclei centrali. La tratterei come una depressione normale, nel senso che non darei neanche tutto questo peso allo sport. E poi se ad un certo punto non sarà in grado di tornare a correre, farà altro. Non cercherei di aiutarlo ad uscirne solo per poter fare sport, che invece mi sembra una delle cose su cui tutti puntano.

Racconta di essersi sentito in colpa mentre era in tribuna a vedere il fratello alle Olimpiadi.

Non andarci a vedere le gare, stanne un po’ lontano, disintossicati da quello che evidentemente ti fa star male! Vediamo come va. Poi, piano piano, si potrebbe procedere con una desensibilizzazione, perché non c’è solo la componente depressiva, ma anche una componente ansiosa non da poco, che è controllante. Perché devo andare a vedere le gare se sono fuori? Veramente sto facendo harakiri. Quindi forse lo terrei un po’ lontano e lavorerei, come davanti a una depressione qualsiasi, in maniera farmacologica e in maniera poi terapeutica sui significati.

Leo Hayter ha avuto un’adolescenza di successi e riconoscimenti, sfociati nel passaggio al professionismo
Leo Hayter ha avuto un’adolescenza di successi e riconoscimenti, sfociati nel passaggio al professionismo
Quindi prima l’uomo e poi l’atleta?

Smetterei di trattarla come una malattia dello sport, perché non lo è. Poteva diventare depresso per colpa di qualcos’altro. Se nella vita invece che fare il ciclista avesse fatto il caporeparto al Bennet, chi mi dice che la pressione del lavoro non lo avrebbe destabilizzato comunque? Diciamo che lo sport di altissimo livello ha fatto da cassa di risonanza. Le aspettative nello sport indubbiamente sono un trigger più potente. Ci sono tante patologie di questo tipo, guardate gli attori, i cantanti… Dove c’è un’aspettativa molto alta e senti che non puoi fallire, allora è più facile che tu fallisca. Poi in generale c’è stato un aumento di disturbi d’ansia in tutti i ragazzini e anche negli adulti. Abbiamo tutti lo Xanax nella borsa, perché ormai non riusciamo più a tollerare di poter stare in ansia. L’ansia di fronte a eventi importanti della vita è una condizione normale, invece l’abbiamo patologizzata. E quindi ora c’è più probabilità di sviluppare delle patologie nei giovani, che sono meno attrezzati per fronteggiare tante cose. Non sono più capaci di lasciar andare, ogni ostacolo diventa insormontabile e alla fine crollano. E se leggete bene le sue parole, è quello che sta vivendo questo ragazzo.

EDITORIALE / A forza di tirare, la corda (di Ganna) si è spezzata

02.09.2024
4 min
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Ganna si ferma. Non farà gli europei e non si sa ancora nulla per i mondiali. Se non fosse che alla sua imponente statura è legata da anni la bandiera tricolore, verrebbe da consigliargli uno stacco ben più lungo, perché (in assenza di virus o problemi clinici) la sensazione è che Filippo abbia raschiato il fondo del barile proprio per amor patrio e senso di responsabilità.

Si è detto che il periodo dopo le Olimpiadi sia stato complicato, come si è visto dalle prove non brillanti al Deutschland Tour e poi al Renewi Tour, da cui ha scelto presto di ritirarsi. La sensazione però è che Ganna sia arrivato stanco anche in Francia e che per questo non abbia recuperato al 100 per cento dallo sforzo della crono. La prestazione di Parigi è stata certo di eccellenza, ma visto il percorso favorevole, forse non al livello del miglior Pippo. E’ stata sua ammissione successivamente che gran parte del bronzo del quartetto sia derivato dalla super prestazione di Milan che, al contrario, è arrivato alle Olimpiadi con più brillantezza. Il nostro quartetto ha girato più lentamente che a Tokyo mentre gli altri si sono tutti migliorati: qualcosa è mancato.

Ganna è arrivato secondo nella crono di Parigi, a 14 secondi da Evenepoel
Ganna è arrivato secondo nella crono di Parigi, a 14 secondi da Evenepoel

Fra Ineos e nazionale

Ganna è diventato la maniglia di tutti, forse oltre il lecito. Il ritornello secondo cui non sono macchine potrebbe non essere del tutto giusto. Perché in fondo, pur lasciando spazio a sentimenti e giornate storte, in realtà un atleta è una macchina. Si misurano i suoi watt e il suo consumo di carboidrati. Si analizza la composizione del sudore e si stabilisce quando e cosa dovrà bere. E si riesce a stabilire il tempo con cui scalerà una montagna e a creare la tabella per la crono perfetta. Proprio per questo siamo abbastanza sicuri che alla vigilia di Parigi qualcuno sapesse quale fosse il vero stato del campione. E’ ovvio che a quel punto non potesse tirarsi indietro, ma forse si sarebbe dovuta riscrivere la stagione. Che senso ha andare a fare il Deutschland Tour con un atleta palesemente provato?

Probabilmente la Ineos Grenadiers che paga lo stipendio avrà ritenuto il passaggio assolutamente necessario. Secondo alcuni, è stato già tanto che la squadra britannica abbia concesso a Ganna di non correre la Roubaix per preparare la pista olimpica: figurarsi se adesso avrebbe avuto senso che rinunciasse al Giro di Germania e al Renewi Tour.

Prima tappa del Renewi Tour, Ganna è affaticato. Il giorno dopo c’è la crono, ma lui si ferma
Prima tappa del Renewi Tour, Ganna è affaticato. Il giorno dopo c’è la crono, ma lui si ferma

La freschezza smarrita

E così Ganna ha preparato la valigia e a due settimane da Parigi ha rimesso la maglia della sua squadra. Si è capito subito però che qualcosa non andasse. Nel prologo di 2,9 chilometri vinto da Milan, Pippo ha ottenuto il 14° posto a quasi 7 secondi dal compagno di nazionale. Più di 2 secondi a chilometro, la spia piuttosto indicativa della fatica.

Non si può fare tutto e soprattutto pretendere di farlo al meglio. Ganna è un campione di razza, forte come un cavallo e generoso come un amico sincero. Però a forza di chiedergli di essere Top Ganna in ogni situazione possibile per puntare al massimo e colmare l’assenza di altri talenti, si è finito col pretendere troppo e adesso se ne paga il conto.

Sarebbe potuto essere l’uomo della sorpresa agli europei, invece li guarderà in televisione. E siamo abbastanza convinti del fatto che avrà senso tornare per i mondiali solo se Ganna sarà in grado di ritrovare le forze più fresche: non sarebbe giusto andare a sfidare di nuovo Evenepoel per subirne un’altra lezione. Le ultime sconfitte sono state il frutto della differenza di freschezza e del voler fare tutto in un ciclismo che non ammette alternative alla specializzazione. Remco ha 49 giorni di gara nelle gambe, Ganna è arrivato a 63. E se è vero che il belga è stato fermo per la caduta dei Paesi Baschi, è altrettanto vero che il cumulo degli impegni porti via lo smalto. A nostro avviso Ganna è da troppo tempo sulla cresta dell’onda, senza che qualcuno gli abbia detto di prendersi la pausa cui aveva diritto. E della quale, ci siamo appena accorti, aveva anche bisogno.

Langellotti, un monegasco che vive con i campioni in casa…

18.08.2024
6 min
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E’ ormai risaputo che a Montecarlo c’è una clamorosa concentrazione di ciclisti professionisti. Il buon clima e le agevolazioni fiscali convincono ormai da anni a spostarsi nel Principato, dove sulle strade e in bici si parlano tutte le lingue del mondo. Non ci si è mai chiesti però che cosa ne pensino i corridori locali, se quest’agglomerato di talento sta avendo effetti anche sul movimento locale.

La notizia di pochi giorni fa è che la Ineos Grenadiers, nel suo processo di rinnovamento per il 2025, ha ingaggiato anche un corridore monegasco, Victor Langellotti già nel giro delle professional, venendo dalla Burgos BH. Tocca a lui farci un po’ da Cicerone per le strade di Montecarlo per capire come viene vissuta la presenza di tanti campioni.

Per il monegasco nel 2024 la piazza d’onore al Classic Grand Besançon Doubt
Per il monegasco nel 2024 la piazza d’onore al Classic Grand Besançon Doubt
Come sei arrivato a praticare il ciclismo?

Ho cominciato a circa 12 anni. Mio padre andava in bicicletta quando ero piccolo e quindi è stato lui a trasmettermi la passione per il ciclismo.

Nel 2022 hai vinto la prima corsa per un ciclista monegasco: che ricordi di quel giorno?

Era un sogno. Non pensavo che un giorno sarei riuscito a vincere una gara professionistica. E’ stato un grande momento per me e per il mio team Burgos BH perché erano passati 2 anni dall’ultima volta che la squadra era riuscita a vincere una gara. Quindi è stato un momento fantastico e ho potuto condividerlo con tutta la squadra. Inoltre è diventato un momento storico per il mio Paese. Il Principe mi ha chiamato per farmi i complimenti quindi ho davvero un bel ricordo.

La vittoria di Langellotti alla Volta a Portugal nel 2022, precedendo Moreira e McGill
La vittoria di Langellotti alla Volta a Portugal nel 2022, precedendo Moreira e McGill
A Monaco risiedono molti campioni di ciclismo, capita mai d’incontrali anche in allenamento?

Sì, molto regolarmente poiché sono moltissimi i ciclisti professionisti che vivono a Monaco. Penso che attualmente siano una quarantina, relativamente solo al WorldTour. Quindi, ogni giorno in allenamento ci incontriamo. Alcuni pedalano insieme, ne incontriamo moltissimi. Anche stamattina sono andato ad allenarmi e ho potuto incontrare Mohoric e Pogacar.

Con quali corridori fra quelli che risiedono a Monaco hai più legato?

Con il mio connazionale Antoine Berlin, che corre nella squadra continental di Bike Aid. E’ davvero quello a cui sono più vicino e con cui mi alleno più spesso. Di regola però preferisco allenarmi da solo. Infatti mi permette di concentrarmi sugli esercizi che devo fare in allenamento.

Nei suoi allenamenti il monegasco incontra sempre grandi campioni, dirigendosi verso l’Italia
Nei suoi allenamenti il monegasco incontra sempre grandi campioni, dirigendosi verso l’Italia
Come sono le strade per allenarsi nella tua città, che percorsi ci sono?

Monaco è molto piccola, è solo 2 chilometri quadrati. Quindi per allenarci dobbiamo partire da Monaco e andare in Francia e Italia perché il confine italiano non è lontano. Penso che siamo a 14-15 chilometri da Ventimiglia, da lì troviamo terreno molto montuoso, ci sono tantissime salite e colline, l’ideale per allenarsi. Poi c’è tutta la parte sul mare, tutta la costa, quella è per la maggior parte piatta. E poi, appena torniamo, ci addentriamo nell’entroterra. Lì ci sono molte salite e di conseguenza l’allenamento può diventare rapidamente molto duro. Ma è anche un fantastico parco giochi per un allenamento perfetto tutto l’anno. E anche le condizioni meteorologiche sono molto, molto buone. Il tempo è sempre molto molto bello a Monaco… Anche in inverno, le condizioni sono piacevoli per l’allenamento. E’ anche per questo che ci sono tanti professionisti che vivono qui e che sono felici di vivere a Monaco.

Le cronometro non sono il suo forte, ma spera di avere qualche miglioramento
Le cronometro non sono il suo forte, ma spera di avere qualche miglioramento
La presenza di tanti campioni sta cambiando qualcosa in città, i ragazzi monegaschi sono più interessati a fare ciclismo?

Sì, ma non ci sono solo ciclisti. Abbiamo anche la fortuna di avere molti piloti di Formula 1 che vivono a Monaco, giocatori di tennis e anche alcuni calciatori. Ci sono molti atleti che vivono qui e questo permette soprattutto ai giovani di incontrarli. Per chi va in bicicletta, la possibilità di pedalare con loro è un valore enorme. Le scuole e le federazioni sportive di Monaco puntano su questo per incoraggiare i ragazzi a fare sport. A volte capita che certi professionisti vadano a parlare nelle scuole, vadano a parlare in diversi club. Per poter interagire con i giovani e poterli motivare a fare sport, invogliarli e ispirarli. Intanto nella vita quotidiana e poi per alcuni, quelli che lo vogliono e che possono farlo ad alto livello, farne anche la propria professione.

Victor Langellotti ha conquistato le sue 2 vittorie in salita, nel 2022 in Portogallo e nel 2023 in Turchia
Victor Langellotti ha conquistato le sue 2 vittorie in salita, nel 2022 in Portogallo e nel 2023 in Turchia
Che tipo di corridore sei e quali sono le corse dove ti trovi meglio?

Uno scalatore, non per le salite lunghe ma sugli strappi brevi è il mio terreno preferito. Diciamo dai 2 agli 8 chilometri, mi trovo a mio agio quando l’arrivo è in salita. Le mie due vittorie le ho ottenute sempre attaccando in un finale in salita. Ma sto lavorando per migliorare anche sulle salite più lunghe.

Tu hai un cognome italiano: che rapporti hai con il nostro Paese, vieni spesso qui?

Mio padre è italiano. Venne a vivere a Monaco quando aveva 18 anni ed era originario di Napoli. Buona parte della mia famiglia è a Napoli e quindi metà della famiglia è italiana. Io ci vado regolarmente ad allenarmi e a rivedere i parenti, anche se non spesso quanto vorrei. L’italiano lo parlo molto poco, ma lo capisco.

A 29 anni Langellotti ha firmato un biennale con la Ineos Grenadiers, come uomo per le salite
A 29 anni Langellotti ha firmato un biennale con la Ineos Grenadiers, come uomo per le salite
Il prossimo anno passerai alla Ineos: che cosa rappresenta per te entrare in un team del WorldTour?

Beh, per me è davvero un sogno diventato realtà. Quando ero junior e promettente, era il Team Sky, il riferimento per tutti. E così sono sempre cresciuto con il sogno di far parte un giorno della squadra Sky. Ora sono molto, molto felice di potermi unire a loro l’anno prossimo. E’ per la mia carriera un progresso molto grande. C’è un enorme divario di livello tra Burgos BH ed Ineos, vedo quanto lontano posso andare, come esprimere il mio pieno potenziale, magari partecipare un giorno al Tour de France, quello sarebbe il mio obiettivo. Oppure la Vuelta 2026 che inizierà proprio a Monaco.

Il passo indietro di Leo Hayter apre la porta nascosta

17.08.2024
10 min
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Nei giorni delle Olimpiadi in cui era a Parigi a tifare per suo fratello Ethan, argento nel quartetto, Leo Hayther, vincitore della Liegi e del Giro Giovani U23 del 2022 ha scritto un lungo racconto. Un testo doloroso e crudo, con il quale annuncia che di qui al prossimo anno non lo vedremo più in corsa con la maglia della Ineos. Non lo vedremo e basta.

A 23 anni, compiuti il 10 agosto, il giovane britannico deve fermarsi per una depressione, diagnosticata dallo staff medico della squadra britannica (già dai tempi in cui si chiamava Sky, il team aveva in organico uno psichiatra). Ha provato a ripartire, ma ogni volta è stato peggio. Si è isolato dal mondo. Ha chiuso con gli amici. Il giudizio degli altri lo schiaccia.

Giro d’Italia U23, a Pinzolo la prima vittoria di Hayter che, commosso, viene raggiunto dai compagni
Giro d’Italia U23, a Pinzolo la prima vittoria di Hayter che, commosso, viene raggiunto dai compagni

Un velo da sollevare

Quanto volte si è letto che il ragazzo fosse destinato a un grandissimo futuro? Leo imputa tutto alla pressione che mette su se stesso nel nome della ricerca della perfezione e della magrezza. Eppure, ricollegando la sua storia alle riflessioni di corridori più grandi, ad esempio Trentin, pensiamo che tutto ciò apra una finestra sull’estremizzazione della pressione sugli atleti. Può anche dipendere da lui, ma è innegabile che un ragazzo di 18 anni non abbia la struttura psicologica per sostenere le attese e le pressioni dello sport di vertice. E’ la gradualità cui oggi si sono voltate le spalle. Speriamo che allo stesso modo in cui le parole di Jani Brajkovic ruppero il silenzio sui disturbi alimentari, questo racconto di Hayter faccia capire agli altri ragazzi che vivono la stessa situazione che non sono soli.

«E’ un ciclismo che corre velocedisse Trentin a dicembre – a volte secondo me anche troppo. Nella mia ex squadra c’è il pienone di ragazzini. Ho sentito che a qualcuno del Devo Team hanno fatto il contratto per sette anni, forse si sta correndo un po’ troppo in questa direzione. Cosa ne sai di quel che può accadere fra così tanto tempo? Io credo che questi ragazzi fra non molti anni avranno bisogno di supporto psicologico, perché tante pressioni non le reggi se non sei un po’ adulto e magari rischi di cadere in brutte abitudini per farti forza. Si continua a sovraccaricarli di attese».

Quello che segue è il racconto di Leo Hayter nella sua interezza. Lo abbiamo suddiviso per capitoli per agevolarne la lettura.

Dopo la vittoria al Giro Giovani 2022, tanti indicarono in Hayter il futuro britannico nei Giri, il dopo Froome
Dopo la vittoria al Giro Giovani 2022, tanti indicarono in Hayter il futuro britannico nei Giri, il dopo Froome

Il racconto di Leo Hayter

Ciao a tutti, sono scomparso da un po’ di tempo, sento che ora è il momento giusto per raccontare la mia storia.

Ho avuto problemi mentali negli ultimi 5 anni. E’ qualcosa che per molto tempo ho semplicemente “affrontato”. Ho pensato di essere solo pigro, di non avere motivazione. Questo doveva essere un racconto breve, ma è semplicemente impossibile ridurlo senza avere la sensazione di perdermi dettagli importanti.

Lo scorso maggio ho toccato il fondo. Ero completamente bloccato. Non potevo lasciare il mio appartamento ad Andorra, riuscivo a malapena ad alzarmi dal letto. Il mio team di supporto INEOS mi ha riportato a casa e mi ha fatto una valutazione professionale, dove mi è stata diagnosticata la depressione.

Ho preso una pausa dal ciclismo, ho iniziato a prendere farmaci e mi è stato detto che per l’anno scorso non avrei più dovuto gareggiare, ma mi sono sentito subito meglio.

Al Tour of Guangxi 2023, per Leo un finale di stagione che aveva fatto sperare
Al Tour of Guangxi 2023, per Leo un finale di stagione che aveva fatto sperare

Ritorno a Guangxi

Sono tornato al Tour of Guanxi alla fine della stagione, tutto sembrava a posto. Mentalmente e fisicamente, ero nel miglior posto in cui fossi stato per molto tempo. Ho avuto una buona off season, ma non appena sono tornato ad allenarmi, quelle stesse percezioni e pensieri negativi sono tornati.

Prima del ritiro di dicembre sono andato in modalità panico totale, non riuscivo quasi ad alzarmi dal letto. Ero imbarazzato perché non sarei stato al livello che volevo. Non ho dormito molto in quei giorni, non mi sono nemmeno allenato. Mi sono chiuso nella mia bolla, non ho risposto a nessuno e ho tenuto per tutto il tempo il telefono in modalità silenziosa. Era come se sentissi di deludere le persone e di non riuscire nemmeno a controllare le mie azioni.

Rifugio nel cibo

Quando sono in questi stati di forte ansia, il metodo di difesa a cui ho sempre fatto ricorso è il cibo. Ovviamente, come atleta professionista, non è l’ideale, ma per me è incontrollabile. Mangio in modo compulsivo tutto ciò che mi capita davanti e molto spesso mi sento male. Poi mi sento in colpa per essermi abbuffato. Mi faccio morire di fame, prima di sentirmi completamente vuoto e di mangiare di nuovo un sacco di cibo. Ovviamente, questo mi porta ad aumentare di peso, quando il mio obiettivo è l’opposto, causando ancora ansia e continuando nello stesso circolo vizioso.

Sono arrivato al ritiro di dicembre. La prima settimana è andata bene, nella seconda settimana ero a letto con la febbre. Quando sono tornato a casa, ho attraversato la stessa situazione di prima del ritiro. Ero nervoso per il Tour Down Under, non ancora pronto e fuori forma. Ho avuto costantemente “shock” di ansia, in certi momenti tutto il mio corpo si bloccava: questo perché il sistema nervoso era in modalità “combatti o fuggi”.

Settimana Coppi e Bartali 2023, prime corse da pro’ e Leo è subito battagliero
Settimana Coppi e Bartali 2023, prime corse da pro’ e Leo è subito battagliero

Un’enorme montagna

E’ difficile spiegare quello che mi accade. La mia ansia è solo aumentata. Cose che di solito non mi darebbero fastidio, come un’auto che mi sorpassa su una strada, mi bloccano e rendono l’uscita poco piacevole.

Eppure in Australia ho vissuto dei bei momenti, ma quando sono tornato è successa la stessa cosa. Al UAE Tour sentivo di non essere dove avrei voluto. Negli ultimi anni non mi sono mai sentito dove volevo essere, ho sempre avuto la sensazione che ci fosse un’enorme montagna da scalare per raggiungere il livello a cui “dovrei” essere. Questo ciclo continuo di nessun progresso finisce per essere molto estenuante.

Ho trascorso la prima metà di questa stagione a combattere davvero contro questo. Sapevo che era la mia “ultima possibilità”. Stavo facendo di tutto, compresi ritiri in quota organizzati e pagati da me. Nessuno dei due ha avuto successo.

Ossessionato dalla perfezione

Le mie difficoltà mentali hanno enormi effetti fisici su di me. Dormo a malapena. Non riesco a recuperare. L’ansia porta a un assorbimento di cortisolo. Quando l’anno scorso ho fatto un passo indietro, i miei livelli di testosterone sono aumentati in modo significativo. Dormivo meglio, ero più socievole e non ho mai perso peso così rapidamente. Ho ottenuto i risultati migliori quando non c’era pressione su di me e mi sentivo calmo. Tutte le mie più grandi prestazioni sono arrivate in questo modo.

Per essere chiari, questa pressione viene sempre da me stesso. Una pressione interna per essere il migliore, ossessionato dalla perfezione, che nello sport non è qualcosa di realistico o realizzabile giorno dopo giorno. I piccoli contrattempi fanno parte dello sport, ma non riesco proprio a gestirli in modo positivo. Una brutta prestazione o un giorno storto e vado nel panico, al punto di perdere il controllo della situazione.

Ancora Giro d’Italia Giovani 2022, Leo con il suo diesse Axel Merckx che ha garantito sul suo essere pronto per passare pro’
Giro d’Italia 2022, Leo con il diesse Axel Merckx che ha garantito sul suo essere pronto per passare pro’

Nessun progresso

Ho raggiunto il punto di rottura prima del Tour de Hongrie di quest’anno. Durante tutto il viaggio ho avuto ripetutamente attacchi di panico. Non riuscivo a concentrarmi su nulla. All’aeroporto mi hanno detto che non avevo bisogno di correre, ma ero determinato. Ho messo una faccia da poker, sono partito e ho pedalato bene. Al ritorno però ero esausto.

Sapevo che non potevo continuare così, ma sapevo anche che se mi fossi fermato per fare un passo indietro, realisticamente la mia carriera sarebbe stata in pericolo. Ho trascorso giorni, settimane completamente bloccato. Alla fine ora sono in una posizione simile a quella di qualche mese fa. Ho fatto un’altra valutazione medica, in cui era chiaro che i miei sintomi depressivi non stavano migliorando, anzi forse stavano peggiorando. Ciò mi ha rassicurato sul fatto che non dipendesse solo da me.

Non è qualcosa che può essere cambiata da un giorno all’altro. Sto seguendo una terapia in questo momento, ma è un processo. Ho già fatto alcune sedute con uno psicoterapeuta che non hanno funzionato, quindi è stato come tornare al punto di partenza. Sono molto fortunato ad avere accesso ai migliori psicologi del mondo tramite il team, per cui prossimamente lavorerò a stretto contatto con loro.

Un anno di stop

E’ improbabile che quest’anno correrò di nuovo. C’è ancora tempo e potrei farlo, ma a posteriori non è stata una buona scelta tornare neanche l’anno scorso.

Ho sempre avuto la convinzione che diventare più in forma e più magro mi rendesse felice, ma nasconde solo il vero problema. Non appena mi fermo, i miei pensieri negativi tornano. Raggiungere la forma migliore è come mettere un cerotto su una ferita che invece ha bisogno di punti di sutura.

Al momento anche il mio futuro nel ciclismo non è chiaro. Per ora è irrealistico continuare come ciclista professionista, quindi non correrò per INEOS l’anno prossimo. Quando riesco a mettermi nella giusta disposizione mentale, non c’è niente che mi piaccia di più. E’ come una dipendenza. Ecco perché non poterlo fare è così doloroso. Ho tutto quello che ho sempre desiderato, ma non sono felice.

Qualunque cosa accada, la mia carriera ciclistica non è finita. E’ solo in pausa. Lo devo a me stesso e a tutti coloro che hanno lavorato così duramente per me negli ultimi 10 anni per portarmi dove sono.

Così sul podio della crono U23 di Wollongong nel 2022: un bronzo in cui non credeva
Così sul podio della crono U23 di Wollongong nel 2022: un bronzo in cui non credeva

Il bronzo di Wollongong

So che se riesco a cambiare i miei comportamenti, la mia costanza arriverà e sarò a un livello che non sono mai stato in grado di mostrare prima. Negli ultimi 4 anni non credo di aver avuto più di una manciata di periodi in cui mi sono allenato costantemente per alcuni mesi. Quando ci sono riuscito, ho ottenuto vittorie come la Liegi-Bastogne-Liegi o il Giro U23, ma le singole prestazioni non sono ciò che rende grande un corridore.

Ricordo che prima del mondiale di Wollongong nel 2022 il mio agente dovette venire a casa mia per convincermi ad andare. Ero in lacrime. Non potevo immaginare niente di peggio. Ero convinto che avrei fallito. Ero grasso, non ero abbastanza forte per correre. Avevo trascorso una settimana a letto, la mia bici era rotta e io ero completamente bloccato. Sono arrivato e ho ottenuto una medaglia di bronzo nella cronometro.

Il giudizio degli altri

Vorrei anche aggiungere che mi sembra incredibilmente sbagliato scrivere questo. Ho pensato per mesi che farlo fosse una buona idea. Mi sono seduto ogni giorno per farlo e mi ritrovavo a fare qualcos’altro, ma questa attesa è durata troppo a lungo. Al momento non esco di casa, per quasi niente. Ho paura. Anche scrivendo questo ora riesco a percepire quanto sia stupido in realtà, ma non cambia il fatto che è come mi sento.

Mi sono sempre preoccupato della percezione che le persone hanno di me. Ora sono a un punto in cui questo finisce solo per debilitarmi. E se esco e vedo qualcuno che conosco? E se mi chiedono dove sono stato? E se pensano che ho messo su peso? E se pensano che sono pigro? Questo è il genere di cose che mi passano per la testa, in ogni situazione.

E’ il motivo per cui prendo le distanze da tutti. Ho perso tanti grandi amici negli ultimi anni. Non perché abbiamo litigato, ma semplicemente perché mi sono allontanato da loro quando ero in difficoltà. Le persone mi mandano messaggi per chiedermi come sto e io non riesco proprio a rispondere. Cosa dovrei dire? Fino a che punto ho detto cose brutte o stronzate? Mi considereranno meno se sono in difficoltà?

Leo Hayter ha scritto il suo racconto nei giorni di Parigi in cui ha seguito suo fratello Ethan, argento nel quartetto
Leo Hayter ha scritto il suo racconto nei giorni di Parigi in cui ha seguito suo fratello Ethan, argento nel quartetto

A Parigi in tribuna

E’ anche una delle cose che mi tiene lontano dalla bici. Vorrei essere più sano, più in forma e più vicino al mio peso forma. Mi piace andare in bici all’aperto, ma cosa succede se qualcuno mi vede e mi chiede come sto? Vede che sono chiaramente sovrappeso per un ciclista professionista? Penseranno che sono pigro e che faccio perdere tempo alla squadra? Rideranno di me per il mio aspetto?

Mentre scrivo questo, sono a Parigi a guardare mio fratello alle Olimpiadi. Anche questo non mi sembra giusto, mi sento a disagio solo a essere qui. Vedere e confrontarsi con amici e familiari è difficile, ma ancora di più mi sembra sbagliato poter godere di qualcosa. Se non sto nemmeno facendo il mio lavoro in questo momento, merito di divertirmi?

Voglia di tornare

E’ come se non ci fosse una situazione che non mi spaventi. Se non fosse stato per la mia ragazza, non credo che avrei avuto alcun contatto umano negli ultimi 3 mesi. Per questo sarò sempre grato. Anche nei giorni peggiori riesco a vederla e a dimenticarmene per un po’.

Vorrei anche dire un enorme grazie e scusarmi al mio team di supporto di INEOS e oltre. Non posso fare a meno di sentirmi come se vi avessi delusi tutti, ma ci sto provando. Davvero. Il mio allenatore Dajo, gli psicologi Tim e Robbie e il mio agente Jamie mi hanno sostenuto negli ultimi anni, ma non sono riuscito a ripagare quella fiducia e quella convinzione come vorrei.

Spero che scrivere questo e renderlo pubblico renderà più facile contattare i miei amici, vedere persone, fare cose normali. Non ho pedalato negli ultimi mesi, ma non ho nemmeno vissuto. Spero di potervi aggiornare tutti nel prossimo futuro con qualcosa di più positivo. Tornerò a gareggiare di nuovo ai massimi livelli del ciclismo, non so ancora quando. Ma quando lo farò, sarò pronto.

Leo

Pidcock e Ferrand Prevot, due ori Ineos dalle genesi diverse

31.07.2024
5 min
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Per la Ineos Grenadiers Parigi è qualcosa che evoca grandi successi “gialli” e che ora ha anche un forte sapore olimpico. Sia Pauline Ferrand Prevot che Thomas Pidcock, i due campioni olimpici di mtb, sono in forza al team britannico, ma la loro conquista dell’oro a cinque cerchi, sfalsata di 24 ore, ha un sapore ben diverso dall’uno all’altro. Entrambi però dal 2025 saranno probabilmente destinati ad altri lidi: se per la francese cambierà tutto, lasciando la mtb, per Pidcock c’è la possibilità di trovare un nuovo team pur avendo un contratto fino al 2027. La Ineos non sarebbe contraria, in quanto libererebbe una copiosa fetta del monte ingaggi.

Il ciclomercato ha in parte influito sulle loro prove, anche perché rappresenta il futuro dopo l’aver ottenuto il proprio obiettivo stagionale. In maniera diversa come diverse erano le prospettive e le radici. Partiamo da Pauline, chiamata alla gara della vita, davanti al proprio pubblico. Chiamata soprattutto a sfatare la maledizione olimpica: per tre volte era partita per vincere, a Londra 2012 sognava addirittura la doppietta strada-mtb, a Tokyo 2020 quasi nessuno avrebbe scommesso sulla sconfitta sua e/o della Lecomte e questa era stata una delle maggiori delusioni di tutta la spedizione francese.

L’arrivo trionfale della Ferrand Prevot, un momento che attendeva da tre anni
L’arrivo trionfale della Ferrand Prevot, un momento che attendeva da tre anni

Un’Olimpiade diventata ossessione

Da allora l’oro era diventato un’ossessione e la Ferrand Prevot per esso aveva sacrificato tutto: chi le è vicino parla di una ragazza solare e allegra che si era chiusa in se stessa, sembrava quasi triste anche dopo le vittorie in Coppa del Mondo. Al punto che da quasi un anno non risponde al cellulare né ai messaggi, a nessuno se non della sua stretta cerchia.

«Quando ho vinto l’ultimo mondiale, lo scorso anno a Glasgow– raccontava la transalpina dopo l’oro olimpico – ho avuto una successiva notte insonne, piena di pensieri. Per dissiparli ho preso la bici e in piena notte mi sono fatta due ore e mezza di pedalata per schiarirmi le idee. Sentivo forte la pressione per quest’oro, era quello che tutti volevano, ma anch’io lo volevo per ragioni diverse. Dovevo chiudere una pagina della mia vita, a questa ho sacrificato tutto, ho sacrificato soprattutto me stessa, il mio carattere, la mia creatività, diventando un’altra persona».

Le lacrime sul podio tradiscono l’emozione della francese, dopo la terribile delusione di Tokyo 2020
Le lacrime sul podio tradiscono l’emozione della francese, dopo la terribile delusione di Tokyo 2020

Un’attesa vissuta da asceta

Chi la conosce parla di una Pauline quasi maniacale nell’allenamento come nell’alimentazione, priva di quel caratteristico sorriso che la contraddistingueva, chiusa in un assoluto ascetismo. Forse un po’ schiacciata dall’essere una delle vincitrici quasi annunciate, un po’ come Marchand nel nuoto o le americane nella ginnastica. Per questo l’oro ha il sapore della liberazione e subito dopo, alla premiazione, sembrava una ragazza diversa, liberata, quasi ebbra di gioia.

Ora può riaprirsi al mondo e anche per questo ha bisogno di cambiare. Già prima della gara olimpica aveva detto che voleva lasciare il mondo che le ha dato tanto per tornare alla strada, con obiettivi precisi: il Tour de France Femmes in primis perché sente di poter dire la sua per la maglia gialla, poi la Roubaix che per una biker è corsa che più di altre si attaglia. Ma in generale tutte le classiche possono essere terreno di caccia per chi, pur in una carriera da stradista a mezzo servizio, ha dalla sua sempre un titolo mondiale e una Freccia Vallone.

La volata vincente della Ferrand Prevot a Ponferrada nel 2014, che le valse il titolo mondiale
La volata vincente della Ferrand Prevot a Ponferrada nel 2014, che le valse il titolo mondiale

Pidcock cambierà aria?

Per Pidcock la situazione è diversa, anzi quasi opposta se aveva dichiarato a fine stagione che con l’oro olimpico avrebbe messo la parola fine alla mtb. Il suo amore per le ruote grasse è troppo forte e chi gli è intorno dice che già pensa al tris, mai raggiunto da nessuno. Per questo però ha bisogno di un supporto che gli garantisca di continuare nella multidisciplina e i suoi legami personali di sponsorizzazione con la Red Bull fanno pendere la bilancia verso il team tedesco, che non ha problemi di budget.

Intanto però la sua vittoria non è stata scevra da polemiche. Quando ha forato, lasciando via libera al padrone di casa Koretzky, il pubblico è esploso sognando il trionfo, ma piano piano Pidcock ha eroso il vantaggio fino a riagganciarsi a due giri dalla fine. Poi è stato lui a provare a staccare il rivale, che però sembrava incollato. Fino a quel passaggio finale…

Sul percorso parigino il britannico ha messo in fila Koretzky (FRA), Hatherly (RSA) e Braidot (ITA)
Sul percorso parigino il britannico ha messo in fila Koretzky (FRA), Hatherly (RSA) e Braidot (ITA)

La giusta traiettoria

Un pezzo tecnico ma neanche troppo, casella di un percorso vario e neanche troppo disprezzabile per essere cittadino. Sul sentiero c’erano due alberi, si poteva passare in mezzo oppure esterni. Pidcock aveva sempre scelto la traiettoria esterna, all’ultimo giro, vedendo il francese fare lo stesso ha scelto l’altro passaggio per superarlo. Nella ricongiunzione inevitabile il contatto: «Mi ha toccato allentandomi la scarpa – lamentava Koretzky, tornato quest’anno alla Mtb dopo aver chiuso la sua esperienza alla B&B Hotels prima e alla Bora dopo senza aver lasciato il segno – ha spinto anche molto, è stata una mossa mediocre per non dire altro…».

La Francia però non ha sporto reclamo, dando di fatto ragione alle parole di Pidcock: «Non ho fatto niente di male, lui era davanti e ha fatto la sua scelta, ho visto un’opportunità e l’ho colta, in un punto che non si attendeva. Ma queste sono le Olimpiadi, baby…».

Pidcock durante il riscaldamento: anche a Parigi ha dimostrato di avere una marcia in più
Pidcock durante il riscaldamento: anche a Parigi ha dimostrato di avere una marcia in più

Ora la sfida della strada

La sua reazione alla vittoria è stata più contenuta, quasi si aspettasse anche lui che le cose andassero così. Attenzione però perché ora lo attende la prova in linea e chi lo conosce dice che nella mente gli frulla qualcosa. In una gara pazza come può essere quella olimpica, priva di squadre in grado di controllarla, chissà che il suo modo di correre garibaldino, da biker non possa regalargli qualche soddisfazione. In fin dei conti, gente come Van der Poel o Van Aert nessuno la conosce meglio di lui…

La Bolide F TT di Ganna contro Remco (ma ce l’ha anche Tarling)

27.07.2024
6 min
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Ci siamo. Con la gara delle donne che si svolgerà nel primo pomeriggio, alle 16,32 scenderanno in strada i professionisti della crono. Le Olimpiadi di Parigi entrano nel vivo e il confronto al vertice sarà tiratissimo. I mondiali di Stirling dello scorso anno consegnarono alla storia la vittoria di Evenepoel con 12 secondi di vantaggio su Ganna e 48 su Tarling. Si ragionò a lungo su quel passivo così esiguo del piemontese e si concluse che gli interventi da fare fossero prevalentemente tecnologici, con la constatazione che l’aerodinamica del piccolo belga fosse migliore rispetto a quella dell’azzurro. Dal momento in cui è stato aperto il file olimpico, non sono stati lesinati sforzi. Per realizzare la nuova Bolide F TT, Pinarello ha deciso di investire in modo importante, coinvolgendo nuovamente Luca Oggiano e la sua NabaFlow, specializzata in studi sull’aerodinamica.

Tra comfort e prestazione

Le tempistiche sono state ridotte. Le scadenze olimpiche prevedevano che tutto fosse consegnato prima dei mondiali 2023. Alcuni progetti pertanto sono stati spinti per rispettare la scadenza, mentre il lavoro sugli atleti e sulla posizione sono andati avanti anche oltre agosto. Il primo passo è stata la scansione 3D completa degli atleti, per fare l’ottimizzazione della posizione in maniera digitale, che è la base del lavoro fatto con Ganna nel progettare la bici per il record dell’Ora. In NabaFlow per certe procedure si fa ricorso a tecniche di animazione miste a simulazioni sul cloud, ricorrendo a un software proprietario utilizzato anche per l’Ora di Pippo.

Tuttavia quello che va bene per la prova di un’ora in velodromo non è ripetibile su strada, con la differenza di sollecitazioni previste dalla crono. Perciò si è lavorato con i triatleti, rincorrendo il bilanciamento tra comfort e aerodinamica. Ganna ha sposato la causa senza preclusioni, avendo capito che alcuni passaggi possono comportare della fatica aggiuntiva per trovare la soluzione migliore. Giorni di test supplementari in più in galleria o in velodromo. Ogni atleta la prende in maniera diversa: alcuni sono molto aperti, altri quasi infastiditi. Ganna si è rimboccato le maniche e dagli studi, le simulazioni e i tanti test, è nata la Bolide F TT.

La Bolide F TT debutterà nel pomeriggio con tutti gli atleti del team Ineos Grenadiers

Lo spunto della pista

La nuova bici da crono di Pinarello è stata disegnata e realizzata per i corridori del team Ineos Grenadiers e debutterà stasera nella cronometro olimpica. Inizialmente si era pensato che la prima uscita sarebbe avvenuta al Tour de France, invece il debutto è stato affidato a Kwiatkowski, Sheffield, Tarling, Foss e ovviamente Ganna. La loro bici avrà una colorazione unica, che fonde Luxter Red Gold e Luxter Blu, riportando i colori delle nazioni sul tubo sella.

La Bolide F TT ha rielaborato molte delle tecnologie adottate per la Bolide F HR ottimizzate dal team dell’inseguimento a squadre della nazionale italiana. Il design che se ne è ottenuto ha portato a una riduzione del 2,8 per cento del coefficiente adimensionale che misura la resistenza aerodinamica, riassumendo in sé una serie di altre caratteristiche e tecnologie.

Ieri l’ultimo allenamento degli azzurri, ma otto la pioggia. Ecco Bettiol, Longo Borghini e Ganna (foto FCI)
Ieri l’ultimo allenamento degli azzurri, ma otto la pioggia. Ecco Longo Borghini e Ganna (foto FCI)

Le pinne delle megattere

La prima è la tecnologia AirStream che fece tanto parlare in occasione dell’Ora di Ganna. Sviluppata in collaborazione con l’Università di Adelaide e con NablaFlow, essa trae ispirazione dai tubercoli presenti sulle pinne delle megattere, le balene. Sulla parte anteriore del piantone e del reggisella è stato integrato un modello di AeroNode, che grazie alla particolare zigrinatura riduce i vortici generati dai movimenti delle gambe, migliorando il flusso d’aria.

Il carro posteriore e la zona del movimento sono stati resi più rigidi e questo ha permesso di aumentare la misura del passaggio ruota, passando dalla tolleranza di 28 mm fino a 32, senza che ne vengano compromesse reattività e la rigidità.

Foderi e forcella maggiorati

Gli studi più recenti di telaistica hanno visto lo spostamento della tendenza verso foderi, forcella e pendendi più larghi per ridurre il drag aerodinamico dell’insieme bicicletta + ciclista. Per ottenere lo standard raggiunto, sono stati eseguiti duemila test computazionali di fluidodinamica. Si è determinato che assottigliando gli spessori e aumentando le superfici, si ottiene un peso inferiore, raggiungendo prestazioni altissime di velocità, qualunque sia la provenienza del vento.

Per finire, fra le novità della nuova Bolide c’è l’ottimizzazione della geometria del manubrio, puntando a rientrare nelle misure imposte dall’Uci e ottenere la miglior aerodinamica con il ricorso ai software che d’abitudine NabaFlow utilizza per la Formula Uno.

Direttamente dalla F1

La collaborazione con NablaFlow ha permesso di condurre innumerevoli simulazioni utilizzando il software AeroCloud: la soluzione cloud preferita dalla FIA e da molti team di F1, per determinare il design più efficiente. Il ricorso a simili tecnologie con simulazioni 3D, fatte in maniera molto più accurata, molto più veloce, molto più scalata, hanno fatto sì che si sia ottimizzata l’aerodinamica in qualsiasi comparto. Se tutto questo darà risultati eccezionali in pista, siamo certi che offrirà risconti positivi anche su strada. Per averne conferma, a questo punto, basterà aspettare qualche ora. E tifare tutti per Pippo Ganna!!!

Puccio: «Carlos Rodriguez capitano e occhio a Bernal»

28.06.2024
5 min
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Dopo aver ascoltato Edoardo Affini, ecco un altro grande regista che fa le carte alla sua squadra impegnata al Tour de France: Salvatore Puccio. In questo periodo il tenente di lungo corso della Ineos Grenadiers è in una fase di stacco ma presto lo rivedremo all’opera.

«Correrò in Repubblica Ceca – ha detto Puccio – a luglio e poi vedremo: se farò la Vuelta ci sarà un certo programma, altrimenti farò altre corse. La Vuelta mi piacerebbe, ma è anche vero che tutto sommato cambiare un po’ non mi dispiacerebbe. Si esce dalla routine!».

Il clima è quello ideale per analizzare dunque cosa potranno combinare i suoi compagni da domani al 21 luglio, quando la Grande Boucle si concluderà a Nizza.

Salvatore Puccio (classe 1989) corre in questo gruppo ininterrottamente dal 2011
Salvatore Puccio (classe 1989) corre in questo gruppo ininterrottamente dal 2011
Salvatore anche la tua Ineos Grenadiers si presenta con una formazione da urlo…

Negli ultimissimi anni più di prima si è tornati a puntare molto sul Tour, che resta una grade vetrina. Guardate solo in questi giorni cosa hanno fatto a Firenze… non si può negare che sia la corsa più grande e pertanto la squadra ha portato i migliori atleti, quelli più in forma. C’è gente che ha impostato la propria stagione tutta sul Tour. Partiamo con due capitani importanti.

Due capitani?

Carlos Rodriguez ed Egan Bernal. Rodriguez sta vivendo una delle sue stagioni migliori, ha fatto un bel salto di qualità, ha vinto diverse tappe e la generale del Romandia. E poi Egan quest’anno ha fatto uno step importante per quel che riguarda il suo recupero. Gli manca un ultimo piccolo gradino, ma è tornato ad alti livelli. E forse non tutti se lo aspettavano. Quindi io immagino che loro due saranno i capitani. Carlos Rodriguez leader assoluto e Bernal jolly a seguire.

E Thomas e Pidcock?

Da quel che so io Geraint è al Tour soprattutto in funzione di supporto, anche se è un grandissimo. Mentre Pidcock forse punterà più sulle tappe.

Pidcock è un capitolo grande e non scevro da qualche punto di domanda: tu dici le tappe, ma poi c’è chi dice abbia lavorato per la generale.

Potrebbe anche provare a fare classifica all’inizio e poi dopo il primo giorno di riposo fare una valutazione. Però, ripeto, per quel che riguarda l’uomo per la classifica quello è Rodriguez. Alla fine ha chiuso quinto l’anno scorso e con una brutta caduta alle spalle.

Secondo Puccio Bernal è in netta ripresa. Eccolo impegnato al Giro di Svizzera
Secondo Puccio Bernal è in netta ripresa. Eccolo impegnato al Giro di Svizzera
Ma come è Pidcock in squadra? E’ un compagnone, è un fumantino… Non è facile da decifrare da fuori.

E’ un talento ed è un giovane. Ecco, diciamo che è ancora giovane, in alcune cose si deve assestare, ma i talenti sono così, che poi è il bello del ciclismo. E’ un po’ come poteva essere il primo Sagan, fuori dalle righe, estroso… Però posso dire che in squadra quando siamo tra di noi è disponibile, tranquillo. Un bravissimo ragazzo.

E il fatto che faccia la spola con la mtb anche in piena stagione. Sembra come se fosse solo…

Ma no e poi si è visto anche con Van der Poel e con Van Aert: anche loro facevano la doppia attività. Tom fa la tripla visto che d’inverno fa anche il ciclocross. Poi gli dà comunque qualcosa in più sul piano tecnico. I loro cambi di ritmo sono superiori.

Salvatore, con questi ragazzi che sono al Tour quanto hai corso quest’anno?

Beh, con Thomas e Bernal ero allo Svizzera. Ed è proprio lì che ho rivisto un bell’Egan. Ha fatto un salto incredibile. Era davanti, o a 10”-15” da Yates e dagli UAE Emirates e posso assicurarvi che andavano fortissimo. Lo dicevo prima: lui è un talento e gli si è riaccesa la luce.

A proposito di UAE e degli altri team, chi sono gli uomini da battere?

Penso proprio loro. Guardate che squadra che hanno. Pogacar, Yates, Ayuso, Sivakov, Almeida… i gregari sono all’altezza del capitano quasi. Per attaccarli dovranno trovare un loro momento di difficoltà e penso che li attaccheranno tutti.

Pidcock avrà un ruolo che potrebbe cambiare in corso di Tour. Gli altri uomini della Ineos? Kwiatkowski (a sinistra), De Plus e Turner
Pidcock avrà un ruolo che potrebbe cambiare in corso di Tour. Gli altri uomini della Ineos? Kwiatkowski (a sinistra), De Plus e Turner
Dici? Perché in questi ultimi anni spesso si è visto più difendere le proprie posizioni che guardare avanti…

Ma se questi qui non li attacchi poi fanno la loro gara, praticamente da soli, e fanno male. Quando si mette a tirare gente di quel calibro e Pogacar accelera, significa regalargli la vittoria senza faticare. Siamo al Tour e anche le altre squadre hanno i capitani e gli uomini giusti per tentare qualcosa. I margini per attaccarli, magari con delle alleanze, ci sono. Anche se magari Vingegaard è un’incognita.

Cosa ci dici di lui? Come lo vedi?

Come lo vedo. Torna discorso di prima sui talenti. Lui lo è. Gli basta poco per tornare in forma… anche se è vero che ha ripreso ad allenarsi molto tardi. Per me già dopo la prima settimana capiremo molto di lui. O anche dopo oggi. Questa prima tappa è molto dura e lui non corre da parecchio. Come dicono tutti, la UAE Emirates ci proverà subito.

Salvatore, di solito sei tu il road capitan: chi sarà stavolta?

Castrovejo. Uomo esperto, che sa fare grandi prestazioni. Lui è un uomo squadra e poi, chiaramente, essendo spagnolo ha un certo feeling con chi parla la sua lingua.