Giro di Lombardia 2025, Tadej Pogacar

Pogacar, la provocazione di Rowe, l’analisi di Archetti

26.11.2025
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Pogacar non avrebbe vinto il Tour con una bici di 10 anni fa, parola di Luke Rowe. Nel 2015, come per tutta la sua carriera, il gallese correva nel Team Sky. Un metro e 85 per 72 chili, l’attuale direttore sportivo della Decathlon Ag2R incarnava il modello del perfetto gregario di Froome e quell’anno, per la prima volta, lo scortò alla vittoria. Lo avrebbe fatto anche del 2016 e nel 2017. Aiutò Thomas nel 2018, mentre si ritirò nel 2019 quando il Tour lo vinse Bernal, nel primo anno in cui la squadra divenne Team Ineos.

Intervenendo al podcast Watts Occurring, di cui era ospite assieme al suo ex capitano Geraint Thomas, il gallese è finito a parlare di Pogacar e delle sue vittorie. E ha pronunciato le parole che sono rimbalzate sui social e decine di altre piattaforme giornalistiche.

«Siamo arrivati al punto in cui le bici aerodinamiche – ha detto – sono così leggere da usarle anche nelle tappe di montagna. Ho visto alcuni numeri, dei dati in galleria del vento, che confrontati con quelli delle bici che usavamo prima, danno differenze enormi. Si ottengono costantemente miglioramenti aerodinamici. Se mettessimo qualcuno come “Pogi” su una bici di sei-otto anni fa, il divario sarebbe enorme. I progressi che le bici hanno fatto negli ultimi anni sono enormi».

Che cosa succedeva nel mondo delle bici dieci anni fa? E quali differenze ci sono fra quelle di allora e le attuali? Rowe ha ragione? Scontato che ci siano stati dei progressi, quali sono stati i più incisivi? Lo abbiamo chiesto a Giuseppe Archetti, capo meccanico della nazionale, attualmente alla Lidl-Trek, dopo una carriera davvero lunga. Lui nel 2015 era alla IAM Cycling, primo approdo dopo gli anni della Liquigas e prima di arrivare alla Lampre e da lì alla UAE Emirates che ne derivò. Archetti conosce bene Pogacar, avendo lavorato anche con lui.

Che cosa c’era di diverso dieci anni fa rispetto ad oggi?

L’unica cosa diversa che ci può essere sono le ruote e le gomme. Perché Shimano ha ancora i gruppi elettronici come allora. I telai in carbonio sono di altra concezione, ma comunque erano in carbonio. Se andiamo a vedere, la grande differenza sono le ruote e le gomme.

Quali fattori nello specifico fanno la differenza?

Secondo me, il fatto di avere il canale più largo, usando i tubeless con le misure di adesso, può fare la differenza. Ci vengono dati dei numeri secondo cui al momento le ruote sono più performanti. Rispetto a quelle di dieci anni fa, invece di esserci i tubolari ci sono i tubeless. Al posto delle ruote da 15, ci sono quelle da 60. Questo è stato lo sviluppo più grande. Altro discorso sono invece le geometrie dei telai…

Abbiamo chiesto a Giuseppe Archetti, bresciano della Lidl-Trek, di guidarci nei miglioramenti tecnici degli ultimi 10 anni
Abbiamo chiesto a Giuseppe Archetti, bresciano della Lidl-Trek, di guidarci nei miglioramenti tecnici degli ultimi 10 anni
Vale a dire?

Il posizionamento dei corridori ha spinto a rivedere le misure. Gli assetti in sella sono stati stravolti. Una volta su 10 corridori, avremmo avuto 2 reggisella a zero gradi, ora ne abbiamo 8 perché sono tutti spostati in avanti. E’ tutto al limite e anche il freno a disco concorre…

Che cosa c’entra il freno a disco?

Può fare la differenza, però se ne potrebbe parlare a lungo. Sono convinto che a causa dei freni a disco si arriva sempre più vicini al limite. Si stacca all’ultimo momento e con il peso tutto in avanti, non hai margine per recuperare un errore.

Rowe dice che i telai aerodinamici fanno la differenza.

Io vedo che quando vanno in galleria del vento, l’ultima delle voci su cui indagano è la bici. Potrebbe sembrare un controsenso, in realtà significa che la differenza la fa quello che c’è sopra alla bici. Che poi abbiano fatto tutti questi nuovi disegni performanti, sempre da quello che risulta sulla carta, è un fatto. Veloci lo sono davvero, ma secondo me Pogacar vincerebbe anche con la Graziella. E’ lui che fa la differenza, non la bicicletta.

Andando a memoria, al Team Sky erano molto gelosi del grasso e dei lubrificanti che usavano…

Anche adesso stanno tornando di moda le catene cerate. E se prima erano cose per pochi, oggi sono uno standard acquisito: le hanno tutti. Per carità, le bici sono importanti, ma la verità è che vanno più forte perché tutti hanno il preparatore e il nutrizionista e perché sanno come gestirsi leggendo i watt. Si è alzato il livello di tutto il gruppo e le medie sono cresciute. Mi viene da ridere quando si enfatizza questo dato.

Perché?

Una volta partivano a 50 all’ora per 40 chilometri. Poi ne facevano 150 a 32 di media, infine gli ultimi 50 chilometri li volavano a 55 all’ora. Certo che oggi le medie sono più alte, perché tutti vanno più forte e tutti sono più preparati. In più partono forte e non mollano mail. E poi ci sono le biciclette. Sicuramente a livello meccanico qualcosa è migliorato, ma secondo me non è la bici che li fa volare. Anzi, secondo me le bici sono quelle che a volte li fanno cadere.

A livello di sensazioni quali sono le differenze del corridore nuovo quando riceve la bici per l’anno successivo?

La prima cosa che notano sono le ruote. Poi si parla del feeling con le gomme, che è una questione di abitudine. Perché se uno arriva da Continental e deve passare a Pirelli, ha bisogno di tempo per abituarsi. Quanto alla posizione in sella invece non ci sono grandi differenze.

Le nuove ruote Enve Pro con cui Pogacar ha dominato l’ultimo Tour de France (foto Alen Milavec)
Le nuove ruote Enve Pro con cui Pogacar ha dominato l’ultimo Tour de France (foto Alen Milavec)
Abbiamo parlato di ruote, i corridori sono concordi nel parlare soprattutto del perno passante.

Certo, perché la ruota è più rigida e puoi guidare diversamente. Puoi avere un controllo superiore sulla bici, ma comunque c’è sempre da spingere, a meno che non la porti a spasso. Di diverso ci sono anche i cablaggi, ora le bici funzionano meglio, però la grande differenza la fa il corridore là sopra. Se si sposta di 3 centimetri rispetto a come erano messi prima, i valori cambiano dal giorno alla notte.

Quindi la bici conta, ma non è così decisiva?

A livello di numeri ci sono bici migliori di altre, non discuto. Ma se metti Ciccone o Formolo sulla bici da crono di Pogacar, siamo certi che avrebbero dei miglioramenti così grandi?

Rowe ha ragione? Difficile dirlo, forse sì o forse no. Il margine di Pogacar sui suoi rivali è talmente ampio che i secondi persi quotidianamente per una bici meno scorrevole non basterebbero per annullarlo. Su tutti, ma non su Vingegaard. Forse con una bici di 10 anni fa, unitamente a una maglia e un casco meno aerodinamici del body e del MET attuali, il suo vantaggio sul danese non sarebbe più molto rassicurante. Sarebbe una corsa a handicap, del tutto anacronistica e improponibile. Si fa per parlare e far parlare, è chiaro. Ma qual è il senso di un confronto del genere?

Ciccone e quel millimetro che può cambiare la testa

08.05.2025
5 min
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TIRANA (Albania) – Sono in un angolo in disparte rispetto al pullman e al resto dei meccanici. Li notiamo quasi per caso mentre stiamo parlando con Giuseppe Campanella e ci avviciniamo con discrezione. Ciccone sorride e saluta, Archetti molla la classica battuta di quando ci si incontra alle corse, ma in fondo anche lui è contento di vederci. Sono le nove del mattino, i corridori usciranno alle 10,30 e l’abruzzese approfitta del tempo libero per verificare la posizione della sella sulla sua Madone.

Archetti sta lavorando sull’avanzamento e gli chiede se vada bene. Ciccone prende il metro e misura dalla punta della sella al centro del manubrio. Poi lo fissa con lo sguardo impertinente e gli chiede se sia possibile spostarla avanti di mezzo millimetro. Mezzo millimetro?

«Oggi si fa tutto al limite – dice Giulio – comprese le misure. Andiamo sempre a tutta. E io so come funziona la mia testa. Se quando sono veramente a tutta, inizio a pensare di avere la posizione meno che al massimo, finisce che ne risento e non do davvero tutto. Lo so che è una mia malattia, ma sono così da sempre. I meccanici mi odiano…».

Una sella alla settimana

Archetti sorride e intanto lavora. Ciccone non sa che nella sua carriera il meccanico bresciano ha avuto a che fare con corridori ben più assillanti e meno educati di lui. Per questo lo asseconda e gli dice che non deve scusarsi e che anche questo fa parte del processo.

La sella della Madone è montata su un piccolo reggisella integrato che si infila nello svettamento del piantone. Si tratta di un segmento breve di tubo di carbonio, che forma un tutt’uno con la sella abbinata.

«Sai che facciamo? Ne cambio una ogni sette giorni – dice Ciccone – così evitiamo che ci siano dei cedimenti della sella che mi facciano abbassare troppo. Le abbiamo tre selle per fare il Giro? Non mi piace quando la sella perde la forma. E’ una questione mia personale. Per cui nelle tre settimane del Giro, cambieremo tre selle».

Archetti annuisce e per scrupolo gli chiede se voglia riscontrare le misure appena stabilite con un’altra sella, in modo da essere certo di avere due bici identiche. Ciccone acconsente, probabilmente non gli sembra vero. Il meccanico fa un segno sul piccolo reggisella e poi ci infila l’altro.

Ecco i porta borraccia che usano i massaggiatori della Lidl-Trek per preparare le borracce
Ecco i porta borraccia che usano i massaggiatori della Lidl-Trek per preparare le borracce

Il tesoro dei meccanici

Nello spazio di fronte, tra il pullman e il camion dei meccanici, i massaggiatori stanno preparando le borracce per l’allenamento e si servono di uno strumento che rende tutto più agevole. E’ una sorta di gabbia in cui le borracce vengono disposte una accanto all’altra senza il rischio che versandoci i sali e poi l’acqua si corra il rischio che cadano o che bagnino la superficie.

L’interno del camion è una sorta di paradiso della meccanica, con le dotazioni che farebbero la gioia di qualunque amatore. Ruote pronte, gomme da montare, pignoni, dischi. Glen Leven, che dopo essere stato meccanico è ora la figura di raccordo fra gli sponsor tecnici e la squadra, ci mostra la parete piena di ruote delle classiche. Sono già pronte per la tappa degli sterrati e perché devono ancora valutare cosa montare per le strade albanesi su cui ci sono ancora degli interrogativi.

«Credo che non tutti ci rendiamo conto del valore di questi materiali – ammette – perché semplicemente ne abbiamo bisogno, li chiediamo e arrivano. Una volta ho fatto dei test con Milan e c’era da cambiare delle pastiglie dei freni. Quando ho visto su internet il loro valore di mercato, mi è quasi venuto un colpo».

Il più pignolo

Nel frattempo Ciccone e Archetti hanno finito le loro verifiche. Giulio è lì che osserva la bici e poi approfittando della presenza di Glen, gli chiede informazioni sulle tacchette per gli scarpini.

«Sai cosa faccio?», dice Archetti rivolto verso il corridore che intanto fa per allontanarsi. «Ti monto la seconda sella sulla bici di scorta. Così siamo certi che siano identiche». Ciccone annuisce e si dirige verso l’hotel. Gli camminiamo accanto e il discorso prosegue.

«Sono super fissato e preciso su tutte le misure – dice – anche perché sono super sensibile, quindi in bici riesco a sentire anche il mezzo millimetro. Perciò il grosso del lavoro di biomeccanica lo faccio a inizio anno, però cambiando tantissimi materiali come le selle, prima di ogni gara preferisco ricontrollare tutto. Le tacchette invece, una volta messe, non le tocco più. Le cambio se si consumano o si rompono e anche bisogna ritrovare la posizione perfetta e precisa».

«E’ di gran lunga il più meticoloso della squadra – ha sorriso Archetti – ma almeno c’è una ragione e per questo lo aiutiamo volentieri. Ci sono quelli che sono pignoli senza motivo, solo per il gusto di fare e disfare le cose a oltranza e magari a loro vogliamo meno bene».

Ci allontaniamo, passando a salutare lo staff della Ineos e poi quello della UAE Emirates. Il grosso albergo si trova proprio di fronte all’aeroporto. Dicono che allenarsi qui sia davvero complicato. Domani si comincia a correre, ormai non resta che l’ultimo allenamento.

Manubri stretti sopra e larghi sotto, cambia la biomeccanica?

12.01.2024
6 min
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Molti li categorizzano come i manubri da gravel riportati al settore strada, altri li vedono come la soluzione più adatta per sfruttare tutta l’aerodinamica dell’avantreno della bici ed un posizionamento delle leve adeguato.

Affrontiamo l’argomento con Giuseppe Archetti, meccanico dalla grande esperienza che dal 2024 è in forza al Team Lidl-Trek.

Si lavora con i nuovi materiali e con le nuove regole: da quest’anno Archetti è alla Lidl-Trek
Si lavora con i nuovi materiali e con le nuove regole: da quest’anno Archetti è alla Lidl-Trek
Anno nuovo e ti ritroviamo con una nuova casacca!

Dico sempre che la vita ed il percorso lavorativo sono un’evoluzione continua, non bisogna mai fermarsi. Bisogna trovare nuovi stimoli e comunque c’è sempre da imparare.

Un lavoro impegnativo quello del meccanico dove conta anche il fattore umano?

Sicuramente si, come per ogni cosa. In questo caso devo ringraziare il Team Manager Luca Guercilena e i due colleghi Mauro Adobati e Giuseppe Campanella. Con entrambi condivido anche gli impegni della nazionale, anche se Campanella, in ambito azzurro, si occupa maggiormente della compagine femminile.

Il team è una vera azienda (foto Steel Media, Lidl-Trek)
Il team è una vera azienda (foto Steel Media, Lidl-Trek)
E’ cambiato tutto, bici, materiali e componenti. Come ti stai trovando?

Come dicevo in precedenza, c’è sempre da imparare. Qui è tutto nuovo e tecnicamente è difficile trovare di meglio, siamo all’apice della tecnologia e della ricerca. Anche per questo motivo devo prendere le giuste misure con i materiali. Ci vorrà ancora qualche giorno, ma la strada è quella giusta ed è anche motivante. E’ pur vero che i training camp che anticipano la stagione hanno l’obiettivo di formare noi meccanici e i membri dello staff in genere.

Hai già utilizzato in passato gli equipaggiamenti che trovi ora in Lidl-Trek?

Solo Sram, era l’epoca del Team Cannondale, una vita fa. Tutto quello che trovo e vedo ora è nuovo, per nulla accostabile a quello che ho usato in passato. Bici, trasmissioni e componenti: tra questi anche i manubri.

La posizione con le mani alte, porta a chiudere le spalle (con i nuovi manubri)
La posizione con le mani alte, porta a chiudere le spalle (con i nuovi manubri)
Parliamo proprio della nuova concezione dei manubri, stretti sopra e più larghi sotto, cosa ne pensi?

Ci confrontiamo sempre di più con i numeri, con i dati e con i riscontri che arrivano da vari fronti. I test eseguiti nella galleria del vento dimostrano che riducendo l’impatto frontale delle spalle, si guadagnano watt. Tuttavia è necessario farlo nel modo corretto per non compromettere la prestazione del corridore. In realtà forse è meglio dire che si risparmiano dei watt. Anche noi dobbiamo entrare nell’ottica che l’estremizzazione delle performances è reale, è tangibile. Lo è per i materiali, lo è per tutto quello che riguarda gli atleti.

Roba da ingegneri?

E’ così, perché sempre più spesso noi che montiamo e assembliamo le bici dei ragazzi, ci confrontiamo con gli ingegneri delle diverse aziende che supportano la squadra. Vi dirò, a mio parere è un passaggio giusto e corretto, perché le biciclette sono un concentrato di tecnologia.

Il vecchio riferimento dei manubri larghi come le spalle esiste ancora?

No, tutto è stravolto. Quell’epoca, per lo meno in ambito professionistico, non esiste più. Oggi come oggi le soluzioni che vediamo sono figlie di valutazioni e calcoli, test su test, prove su prove. Team come il Lidl-Trek è al pari di una grande azienda e non lascia nulla al caso. Non esiste più il modo empirico di valutazione.

Ad ognuno il suo stile e modo di impugnare le leve
Ad ognuno il suo stile e modo di impugnare le leve
Invece per quanto riguarda la posizione delle leve?

Soprattutto nella stagione scorsa, a mio parere si era andati oltre ed è arrivato il momento delle regole. Il rischio di andare verso una scarsa sicurezza nelle fasi di guida, era più che reale. Ho visto diversi corridori soffrire perché avevano chiesto le leve troppo chiuse, atleti di team diversi, con materiali diversi.

Cosa dice la regola UCI che norma questa parte della bici?

Le leve non devono avere una chiusura superiore ai 10°, rispetto all’asse del manubrio. Non è facile da spiegare, ma di fatto è un punto di partenza che ha l’obiettivo di contenere le estremizzazioni e rendere i componenti sfruttabili al pieno delle potenzialità, senza mettere in discussione la sicurezza.

Manubri con il flare e leve curvate o leve che seguono la svasatura del manubrio. Cambia la biomeccanica del corridore?

La biomeccanica è cambiata, perché è cambiato il modo di stare in sella. Ma se consideriamo il setting del corridore, quello esula dal design del manubrio. E’ una concezione di lavoro e di espressione atletica che non può essere confrontata con il passato.

Ci sono dei riscontri da parte degli atleti che ti hanno colpito in modo particolare?

Quando ci si confronta con i corridori giovani, delle ultime generazioni, anche noi meccanici con i capelli bianchi dobbiamo entrare nell’ottica che questi arrivano con delle informazioni e un’educazione diversa da corridori più avanti con l’età. Ma il futuro è dei giovani.

Manubri stretti e power meter?

Esattamente.

C’è differenza tra un manubrio usato da un velocista e uno usato da chi è più scalatore?

Di base il velocista chiede l’integrato a prescindere, lo scalatore, o comunque chi fa classifica nei grandi Giri preferisce la piega e l’attacco manubrio separati. Ma anche in questo caso le variabili da considerare sono diverse, così come i materiali a disposizione. In Lidl-Trek i corridori hanno una vasta scelta. La tendenza, riferita alle preferenze dei corridori è quella di avere l’integrato su tutte le bici. E’ leggero, molto rigido e ormai anche l’ergonomia è ottimale, ma anche i numeri e i dati hanno la loro importanza.

La Parigi-Roubaix vissuta dai meccanici dei team

15.04.2022
7 min
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La Parigi-Roubaix chiude ufficialmente la campagna del pavé. E’ la classica delle pietre per eccellenza e insieme al Fiandre è una delle corse più amate. Per giocarsi la vittoria non contano solo le gambe, ma una serie di fattori che includono anche la preparazione tecnica della bicicletta.

Abbiamo chiesto a quattro meccanici storici del World Tour di descriverci le soluzioni in grado di fare la differenza, con qualche richiamo al passato. La parola a Matteo Cornacchione del Team Ineos-Grenadiers, Giuseppe Archetti del Team UAE EMIRATES, Mauro Adobati del Team Trek-Segafredo e Fausto Oppici in forza al Team Bikexchange-Jayco.

Le ruote alte, uno dei leitmotiv tecnici moderni anche per il pavé (foto GreenEdge Cycling)
Le ruote alte, uno dei leitmotiv tecnici moderni anche per il pavé (foto GreenEdge Cycling)

La Roubaix di Cornacchione (Ineos)

«Le analogie con il passato, in fatto di tecnica, sono davvero poche. E’ cambiato tutto. Di sicuro vedremo una Roubaix corsa con la combinazione ruote ad alto profilo e tubeless, scelta che ormai è fatta dal 90% dei corridori e non è solo una questione di sponsor. Molti atleti che hanno avuto il modo di lavorare con questi pneumatici si trovano bene. Ricordo circa 20 anni fa, era il 2004 per la precisione, c‘erano ancora le ruote basse e fatte a mano, con i cerchi in alluminio, una cosa che ora non esiste più. In quell’epoca, io ero meccanico alla Fassa Bortolo, Petito fu uno dei primi ad usare le Bora in carbonio con il profilo da 50. Erano gommate con i tubolari da 28, ma un alto profilo in quella corsa non si era mai visto.

«Oggi le ruote da 50/60 millimetri sono la normalità. Tornando al tubeless: a mio parere è una scelta tecnica che può fare la differenza, perché è vantaggioso contro le forature e anche per una migliore gestione della foratura stessa quando l’ammiraglia è lontana. A meno che non ci sia un danno importante allo pneumatico, un tubeless si sgonfia in un lasso di tempo dilatato, permette di proseguire la marcia e offre delle tolleranze eccellenti alle pressioni più basse. Ovviamente c’è tutto il pacchetto delle biciclette con i freni a disco in caso di maltempo e fango, l’edizione del 2021 ne è un esempio».

Matteo Cornacchione all’opera nel camion officina
Matteo Cornacchione all’opera nel camion officina

«Un altro particolare che mi piace considerare – prosegue Cornacchione – è il manubrio. Molti corridori preferiscono usare quello tutto in carbonio, rigido e leggero, lo stesso che utilizzano nel corso della stagione. Una volta si toglieva il carbonio oppure quello in alluminio superleggero e si usava il manubrio in lega più robusto. Rispetto al passato stanno scomparendo anche le modifiche ai nastri manubrio, perché buona parte di quelli che usiamo oggi prevedono un inserto in gel e comunque sono parecchio smorzanti. Ma come i guanti che indossano gli atleti, che sono tutt’altra cosa se messi a confronto con quelli di 20 anni fa.

«E poi il fattore più importante, ovvero la ricognizione del giovedì e in parte quella corta del sabato. Lì verranno definiti gli pneumatici, sezioni e pressioni di gonfiaggio e gli ultimi dettagli. In quell’occasione anche noi meccanici dovremo essere bravi a capire le esigenze del corridore. Gli atleti dovranno essere in grado di adottare il giusto compromesso, limitando il cambio delle biciclette a metà percorso. I materiali contano parecchio e possono fare la differenza».

Gli ultimi controlli prima delle ricognizioni (@Team UAE-EMIRATES)
Gli ultimi controlli prima delle ricognizioni (@Team UAE-EMIRATES)

La Roubaix di Archetti (UAE)

«Una volta una corsa come la Roubaix la vedevi e la vivevi di più come meccanico. Il lavoro che comportava una corsa come questa era enorme. Il mondo della bicicletta e della tecnica legata al mezzo meccanico è cambiato completamente. Ora si lavora con una tecnologia che al pari della F1 e rispetto al passato, neppure troppo lontano, tutto è stato stravolto. La meccanica e il modo di operare di noi meccanici sono tutt’altra cosa. Ci sono i freni a disco, con tutte le variabili che comportano.

«Per le vecchie Roubaix, la doppia leva del freno, quella posizionata sulla parte orizzontale del manubrio, era una sorta di obbligo. Oggi non esiste più. C’erano le ruote basse e fatte a mano da noi meccanici. Erano quelle con 32 raggi, si arrivava fino a 36 e incroci in quarta, per conferire una grande capacità di smorzare le vibrazioni e di essere affidabili anche in caso di rottura di uno o due raggi. Ricordo perfettamente il secondo posto di Dario Pieri, proprio con delle ruote a 36 raggi.

«Fare le ruote, essere in grado di raggiare e di fare le tensioni dei raggi era una delle prime cose che ti veniva chiesta quando facevi il provino per fare il meccanico. Si usavano i tubolari da 25, 26, qualcuno provava i 28 e sembravano enormi. Oggi si usano le ruote ad alto profilo in carbonio con i tubeless anche da 32 millimetri di sezione.

«Sono del parere che oggi, proprio la tecnologia tubeless per le gomme da strada, ha raggiunto un livello ottimale. Vedremo una Roubaix corsa con i tubeless da oltre il 90% dei corridori e proprio questo equipaggiamento sarà in grado di fare la differenza. I ricorsi storici mi portano a menzionare anche le sospensioni montate sulle bici e qualche forma strana del telaio. In un certo senso quella via è stata abbandonata. Si è tornati su disegni tradizionali, lavorando sulla tipologia di carbonio e penso che il processo di evoluzione non sia terminato, anzi».

Mauro Adobati all’opera (foto Trek-Segafredo)
Mauro Adobati all’opera (foto Trek-Segafredo)

La Roubaix di Adobati (Trek)

«Le biciclette per la Roubaix e la scelta dell’equipaggiamento tecnico in genere, possono fare una grande differenza. Poi è necessario considerare anche la fornitura che i vari team hanno disponibile. Qualcuno come noi ha la bici specifica per questi terreni, altri utilizzeranno la bicicletta standard opportunamente equipaggiata. Ecco che la preparazione, le scelte e l’insieme dei dettagli, giocano un ruolo fondamentale. Chi avrà la possibilità di sfruttare biciclette con delle geometrie più morbide, con degli angoli anteriori aperti e dei passaggi ruota maggiorati, lo farà e in caso di maltempo avrà qualche vantaggio. Ma anche se la corsa verrà condotta a velocità esasperata fin da subito.

«Le bici specifiche per il pavé si usavano anche in passato, quando si usavano ancora l’acciaio e l’alluminio. Carri posteriori allungati e passo totale maggiore, rispetto ad una bicicletta standard, forcella aperta in avanti. I concetti delle geometrie sono rimasti più o meno quelli, ma i materiali e buona parte della componentistica sono cambiati completamente.

«Guardandola in chiave moderna, di sicuro la scelta degli pneumatici tubeless potrà fare la differenza. Con tutta probabilità i nostri corridori useranno delle gomme con sezione da 30 millimetri e ruote con profilo da 37. Ad oggi hanno ancora la possibilità di scegliere tra tubeless e tubolare. La maggioranza degli atleti adotterà il medesimo setting che utilizza per le altre gare, con variazioni minime, spesso legate alla sicurezza e votate al mantenere l’equilibrio ottimale sul pavé. Da appassionato della tecnica della bicicletta, mi colpisce positivamente l’apertura alle innovazioni di oggi, in un mondo rimasto chiuso per troppo tempo».

Fausto Oppici a destra, Giuseppe Archetti a sinistra, con i colori della nazionale
Fausto Oppici a destra, Giuseppe Archetti a sinistra, con i colori della nazionale

La Roubaix di Oppici (BikeExchange)

«Molto è cambiato, nelle biciclette e nella componentistica. Personalmente partirei dalle gomme, considerando che anche solo qualche anno fa, era impensabile arrivare alle dimensioni attuali di 30/32 millimetri per corse come la Roubaix, quando lo standard era 25 ed era già visto come abbondante. C’era la convinzione che gli pneumatici grandi fossero meno scorrevoli e controproducenti. Ora invece è tutto l’opposto.

«Ci sono i tubeless e la crescita di questa categoria di prodotti. I corridori oggi li chiedono, al di là della fornitura legata agli sponsor. I tubeless offrono dei vantaggi anche nella sfruttabilità delle ruote in carbonio e ad alto profilo. Le ruote fatte a mano e saldate non esistono più. Tra ruote e tubeless ci sono da considerare la soggettività dell’atleta, la sua predisposizione e anche il suo storico. I nostri potranno scegliere tra tubolari e tubeless con ruote hookless, scelta che viene fatta dopo le ricognizioni.

«E poi la bicicletta, che corrisponde allo stesso modello usato per le gare normali. Ci sono aziende che forniscono biciclette specifiche, fattore che una volta era un must e che oggi è meno ricercato. Ovviamente ci sono i freni a disco, che coinvolgono tutta la bicicletta e non solo l’impianto frenante, perché entra in gioco proprio la possibilità di sfruttare le gomme e le ruote in modo differente. Proprio le bici con i dischi hanno anche permesso di aumentare la luce tra telaio, forcella e pneumatici, con enormi vantaggi in caso di fango».

Manubri più stretti: corridori alla ricerca dell’aerodinamica

04.02.2022
5 min
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Non troppi giorni fa con Davide Guntri, di Deda Elementi, avevamo parlato dei manubri dei velocisti. Da quell’articolo era emerso come le pieghe, anche un po’ inaspettatamente, si stessero stringendo. I manubri stretti stavano dilagando in gruppo… e non solo per i velocisti.


Stavolta, sempre con Guntri, vogliamo approfondire il discorso che riguarda questa tendenza. Capirne le motivazioni che spingono atleti, neanche tanto piccoli, a ricercare questa specifica.

Auyuso con la curva Superzero: drop da 75 millimetri, reach da 130, come l’Alanera che sta aspettando
Auyuso con la curva Superzero: drop da 75 millimetri, reach da 130, come l’Alanera che sta aspettando



Primi pezzi alla UAE

Un discorso che è ancora molto in fase embrionale. Anche per i produttori stessi.


«Per questioni logistiche – dice Guntri – non siamo riusciti ancora a fornire le nuove Alanera da 40 centimetri. Ricordo che da noi tale misura è presa sull’esterno, quindi si tratta di un 38 centro-centro. I pezzi per ora sono molto pochi e sono per la UAE Team Emirates. Sono dei prodotti nuovissimi.

«Giuseppe Archetti (meccanico del team, ndr) per adesso ha montato il manubrio stretto a Juan Ayuso e Pascal Ackermann. Non si tratta dell’Alanera, il nostro manubrio integrato, ma della piega Superzero».

«Il Superzero è un manubrio la cui curva ha lo stesso disegno dell’Alanera. Anche il reach e il drop sono gli stessi. Ciò che cambia è la parte alta. L’Alanera è più aero, la Superzero più tradizionale. Ma quello che davvero importava a noi in questo caso non era tanto il disegno, specie nella parte alta della piega, quanto appunto la larghezza. Stanno provando questa taglia per vedere come ci si trovano».

La Superzero dello spagnolo è larga 40 “centimetri Deda”, vale a dire 38 nella misura centro-centro standard
La Superzero dello spagnolo è larga 40 “centimetri Deda”, vale a dire 38 nella misura centro-centro standard



Feedback positivi

E in effetti è quello che interessa anche a noi. Perché ci si stringe così tanto? La scorsa volta avevamo parlato di vantaggi aerodinamici, ma anche di svantaggi nella guida della bici.


«In effetti non è un qualcosa di facilmente concepibile – ammette Guntri – I professionisti sono alla ricerca di prodotti sempre più aerodinamici, e può anche starci, ma in quanto a respirazione e guida non so quanto possano avvantaggiarsene.

«Io non lo vedo un prodotto alla portata degli amatori. E’ troppo specifico per chi fa della bici il proprio mestiere. Loro che sono dei professionisti possono anche utilizzarlo alla grande, sono molto preparati e possono trarne dei vantaggi. Ackermann e Ayuso per esempio hanno rilasciato dei feedback positivi. Entrambi hanno detto che si trovano molto bene. Respirano normalmente e la guida non ne risente».

Nel disegno c’è una Mtb, ma il concetto non cambia: col manubrio stretto si è più aero, ma cassa toracica e rachide sono più schiacciati
Nel disegno c’è una Mtb, ma il concetto non cambia: col manubrio stretto si è più aero, ma cassa toracica e rachide sono più schiacciati



Leve, pieghe e aerodinamica

«Se si va a vedere – continua Guntri – frontalmente ormai sembra che i corridori siano sulle bici da cronometro. Quando impugnano la piega sulle leve la posizione non è così tanto diversa».



A questo punto, chiediamo a Guntri quanto la regola che ha bloccato la posizione con gli avambracci sulla piega, stile crono appunto, abbia inciso sulla svolta verso i manubri più stretti.
«Ah – risponde con passione il tecnico di Deda – Non ha inciso tanto, ha inciso tantissimo! Non potendo più schiacciarsi in avanti, i corridori hanno cercato di stringersi il più possibile per essere aerodinamici. Posso solo dirvi che atleti alti 190 centimetri mi hanno già richiesto la nostra piega da 40 (esterno-esterno)».



«Non solo, ma adesso di pari passo al manubrio più stretto ci sono le leve ruotate verso l’interno, questo sempre per potersi distendere, per essere aerodinamici, e per avere di fatto un appoggio in più con il polso».


«Il primo ad utilizzare questa soluzione è stato Romain Bardet. Quando vidi quelle leve così ruotate sull’Alanera la sera stessa lo chiamai. Lui mi spiegò il perché. Mi disse del discorso dei polsi. Così anch’io, come faccio sempre, eseguii il mio test personale. Lo feci con la bici di McNulty (per una questione di misure supponiamo, ndr) ed in effetti si ha un appoggio ulteriore».

Il manubrio super stretto di Ewan (al centro). Da notare la differenza con quello di Bonifazio (a sinistra) e Laas (a destra)
Il manubrio super stretto di Ewan (al centro). Da notare la differenza con quello di Bonifazio (a sinistra)


Produzione ad hoc

«Noi abbiamo creduto fortemente nel lavoro con la UAE Team Emirates. E’ la nostra squadra faro e non solo per le due vittorie al Tour con Pogacar, ma anche per lo sviluppo dei prodotti, per l’esperienza di Archetti. Posso garantire che è uno sforzo enorme anche per noi seguirli con prodotti sempre più specifici.
«Da quando c’è il biomeccanico all’interno dei team molte cose sono cambiate. Non so se sia un bene o un male, non spetta a me dirlo, però posso dire di gente che va dal biomeccanico una volta ogni 15 giorni. E mi chiedo: quali adattamenti possono maturare in un periodo così breve? A noi però nel frattempo chiedono nuovi prodotti, nuovi pezzi. Li produciamo e poi magari dopo 3-4 mesi li abbandonano».



Per ora la tendenza è quella dei manubri ristretti. È un qualcosa che riguarda non solo i corridori che utilizzano i prodotti Deda, ma anche gli altri. Il manubrio moderno è stretto e possibilmente con profili aerodinamici, meglio ancora se integrato così da essere anche molto rigido.
«In UAE Team Emirates, al momento – conclude Guntri – mi hanno chiesto l’Alanera da 40 centimeti 12-13 corridori, vale a dire poco meno della metà della rosa».



E intanto, Caleb Ewan (anche nella foto di apertura) procede spedito con la sua “mini piega”. Il velocista della Lotto-Soudal sta correndo con un manubrio da 38 centimetri, che nelle misure Deda significa 36 centimetri centro-centro. E leve ruotate all’interno…

Team nuovo, sella nuova: la scelta di Ackermann

14.01.2022
4 min
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Quando un professionista approda in un nuovo team, i fattori “del cambio” da considerare sono molti e diversi tra loro. Ci sono i nuovi compagni di squadra, c’è il nuovo staff e le “abitudini” che devono essere “immagazzinate e fatte proprie”. C’è l’aspetto operativo e i vari programmi che vengono stilati in accordo con lo stesso team, con il quale si costruisce la stagione agonistica, obiettivi e di conseguenza gli allenamenti. E poi ci sono i nuovi materiali, dalla bici ai singoli componenti, che siano la sella o il manubrio: ovvero gli strumenti di lavoro dell’atleta.

Giuseppe Archetti, meccanico storico della nazionale e della UAE
Giuseppe Archetti, meccanico storico della nazionale e della UAE

Abbiamo chiesto a Giuseppe Archetti, meccanico di grande esperienza nell’UAE Team Emirates e ci siamo focalizzati su un importante ingresso, quello del tedesco Pascal Ackermann e di come il corridore sceglie la sella, che nel caso del team di Gianetti è fornita da Prologo.

Cosa succede quando arriva un nuovo corridore ed è necessario metterlo in sella?

All’atleta viene fornita una serie di prodotti e al tempo stesso i biomeccanici del team lo affiancano e lo assecondano nelle sue scelte. Si parte comunque da una panoramica e da una serie di valutazioni dei materiali che utilizzava in precedenza.

Archetti con Ackermann. Il corridore si è mostrato competente nelle scelte e valutazione dei nuovi materiali (foto Team UAE)
Ackermann si è mostrato competente nelle valutazione dei materiali (foto Team UAE)
Quindi si utilizza una sorta di storico dell’atleta?

In un certo senso è così. Noi abbiamo dei biomeccanici con il compito di valutare la posizione adeguata che l’atleta deve utilizzare quando è sulla bicicletta. Questo passaggio comprende anche la scelta della sella giusta. Il passaggio tiene conto anche di una sorta di confronto con i vecchi materiali utilizzati dal corridore, nel caso sia un nuovo arrivo, come nel caso di Pascal.

Nel caso specifico di Ackermann, su quale modello di sella è ricaduta la scelta?

Noi utilizziamo Prologo e il modello che è stato scelto è la Dimension 143. Ci sono state alcune prove ed hanno interessato vari modelli. La scelta finale è stata quella. Inoltre posso dire che già al secondo raduno abbiamo ricevuto degli ottimi riscontri e feedback dal corridore in merito alla scelta. Non solo, perché in base alle scelte fatte, lo stesso atleta fornisce dei feedback del prodotto che vengono riportati a Prologo e devo dire che l’azienda è piuttosto attenta a questo aspetto.

Per Ackermann una Prologo Dimension 143 (foto Prologo)
Per Ackermann una Prologo Dimension 143 (foto Prologo)
Voi come meccanici e i biomeccanici del team, utilizzate gli strumenti di valutazione Prologo?

Ci sono alcuni fattori che vengono fatti collimare. I biomeccanici utilizzano dei loro riferimenti, che però trovano una sorta di riscontro con le strumentazioni e i prodotti Prologo. Non di rado c’è anche un confronto diretto con l’azienda.

Tornando invece ad Ackermann, quanto tempo ha impiegato il tedesco a trovare la sella giusta? Più in generale, quanto tempo è necessario, mediamente, per far si che un corridore trovi il prodotto ideale alle sue esigenze?

Dipende, perché la sella è componente molto soggettivo e davvero particolare. Ci sono corridori che si prendono più tempo e spendono molte ore prima di arrivare ad una decisione, altri invece scelgono la prima sella che provano e la tengono per il proseguo della stagione. Ackermann è stato veloce, considerando che non aveva utilizzato Prologo nelle stagioni precedenti, a conferma di una buona sensibilità e capacità tecnica. In una fase di assestamento, come nel caso di Pascal, il merito è anche dei biomeccanici che hanno indirizzato il corridore nel modo giusto e dell’azienda che fornisce i materiali, con un ampio range di scelta.

Altezza sella e arretramento, i valori che usa Ackermann sono “standard”, oppure sono piuttosto “spinti”?

Prendere ad esempio un solo corridore è complicato, perché rispetto a 20 anni addietro, le posizioni utilizzate oggi sono tutte estreme. Ma è giusto dire che tutto è cambiato, corridori, materiali e modo di pedalare.

Quante selle vengono fornite ad un atleta nel corso di una stagione?

Ogni corridore ha 7 bici e si parte da questa fornitura. Nel momento in cui si è optato per una sella e un modello preciso, la base è il montaggio della bicicletta. L’atleta riceve “lo strumento di lavoro” completo nelle sue parti. Tutto quello che è dato in seguito è frutto della gestione del materiale da parte del team, oppure dell’azienda che fornisce dei nuovi materiali da provare e da sviluppare.

Posizioni avanzate: si spinge di più. Ma va sempre bene?

03.08.2021
5 min
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Le posizioni dei professionisti (ma anche di coloro che gareggiano nelle categorie inferiori) sono sempre più avanzate: perché? Spostandosi più avanti si spinge di più, è vero, ma siamo sicuri che non ci siano controindicazioni? C’è un limite oltre il quale si creano danni muscolari? Ne abbiamo parlato con Andrea Fusaz, preparatore ma anche esperto biomeccanico del CTF lab. E anche con Giuseppe Archetti, meccanico della Uae.

Tutti avanti

Il tecnico friulano è tra i più preparati in materia. Conosce i corridori sia da un punto di vista atletico che “meccanico”, per così dire.

«Le posizioni sono più avanzate perché sostanzialmente si hanno due vantaggi: si è più aerodinamici e migliora l’efficienza meccanica. Portandomi avanti con la sella rispetto al movimento centrale porto il ginocchio a restare “più basso” rispetto al corpo. Immaginiamo il corridore come fosse in una “foto” frontale. Se sta 10 centimetri indietro rispetto al movimento centrale sarà sì più allungato, ma il suo ginocchio gli arriverà “in gola”. Stando più in avanti, il ginocchio rimarrà più basso rispetto al tronco. E questo consente una migliore efficienza muscolare e meccanica, un miglior utilizzo della catena muscolare posteriore e una migliore ossigenazione sanguigna delle gambe visto che gli angoli sono meno chiusi.

«E infatti se si nota bene sono tornati gli attacchi più lunghi. Tutti sono buttati in avanti. Una volta si diceva che con la pedivella in orizzontale in avanti, la perpendicolare del ginocchio doveva passare sull’asse del pedale stesso. In realtà poi non era così. Perché quelle erano posizioni che venivano prese da fermi. Con i nuovi strumenti si è visto come, spingendo poi si vada all’indietro. E si perdeva la massima forza che si poteva esprimere». 

Le nuove tendenze

Fusaz parla del loro metodo di fare test, il Retul. Un metodo dinamico, cioè con il corridore che pedala. E per di più anche a wattaggi differenti: 3, 4 e 5 watt/chilo. A volte anche con una diversa altezza della ruota anteriore per simulare la pendenza, la salita. L’obiettivo è quello di riuscire a sfruttare la forza di gravità nell’arco della pedalata.

Ma siamo sicuri però che la nuova letteratura non abbia dei contro? Per esempio se si pedala troppo in avanti si spinge di più, ma si consuma anche di più. E posizioni estreme potrebbero creare degli stress muscolari che magari in un grande Giro, alla lunga, si pagano.

«Premesso – riprende Fusaz – che le posizioni sono anche personali può starci che in una corsa di un giorno questa possa essere più spinta, ma non credo che i pro’ cambino posizione tanto facilmente. Poi il corridore che preferisce una posizione più comoda anche se è meno redditizia ancora lo devo conoscere».

I limiti Uci

Ma troppo avanti non si può stare. A crono, per esempio, l’Uci impone un arretramento (proiezione punta sella-movimento centrale) minimo di 5 centimetri. Questo sfavorisce soprattutto i corridori meno alti.

«E questo è il motivo – riprende Fusaz – per cui oggi sono molto in voga le selle corte. Riesci a spostarti più avanti. Si è passati dai classici 27 centimetri ai 24. In questo modo si resta nelle regole. Poi è anche vero che se misurassero tutte le bici prima di una gara su strada credo che non tutte sarebbero in regola, come invece avviene per le gare in pista».

A crono tutti pedalano molto avanzati. Da notare il ginocchio di Roglic (gamba sinistra) più avanti del pedale
A crono tutti pedalano molto avanzati. Da notare il ginocchio di Roglic (gamba sinistra) più avanti del pedale

Parla Archetti

Infine non potevamo ascoltare il parere del meccanico, colui che “fa i fatti” in termini di posizioni e quote delle bici. Abbiamo coinvolto Giuseppe Archetti della Uae, proprio perché abbiamo visto un “suo” corridore, McNulty, pedalare con un reggisella dritto, stile Mtb.

«Oggi le richieste che mi vengono fatte dai corridori (e dai biomeccanici) vanno in tal senso: cioè tutti in avanti. Tuttavia io sono del parere che siano tutte un po’ estreme. Stando per 5-6 ore così avanzati, braccia, schiena e collo si affaticano molto. Un vecchio meccanico mi disse: più stai avanti e più sei su una sedia, più stai dietro e più sei su una poltrona. Dove stai più comodo? Io non credo che queste posizioni incidano sullo sforzo che si può fare in volata o al momento di un attacco, ma sono idee mie… che non sono un biomeccanico».

Infine Archetti fa un chiarimento: su strada la differenza punta sella-movimento centrale può anche essere inferiore ai 5 centimetri.

«C’è chi mi arriva a 2,8-3 centimetri, ma solo i meno alti. Anche perché con le inclinazioni dei nuovi telai non è così facile andarci. Mentre a crono, puoi anche andare sotto la soglia dei 5 centimetri, ma a quel punto la distanza sulla perpendicolare del movimento centrale e la punta delle appendici non è più di 80 centimetri, ma scende a 75».

Si va in Giappone, come verranno gestiti i materiali?

03.07.2021
5 min
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Ha davvero un bel da fare Giuseppe Archetti in questi giorni prima di partire per il Giappone e le Olimpiadi di Tokyo. Il capo dei meccanici della nazionale azzurra in rotta sul Giappone deve coordinare una bella mole lavoro, tra bici che partono e che arrivano, chi corre da una parte e chi dall’altra. E poi scatole, borse, borsoni…

Ed è proprio il “mastro nazionale” a dirci come ci si prepara ad un’Olimpiade tanto più che si svolge dall’altra parte della Terra. «E io seguo solo la strada!», esclama Archetti quasi a dire “per fortuna”.

ll materiale dello Squalo arriverà direttamente dal Tour
ll materiale dello Squalo arriverà direttamente dal Tour
Giuseppe, segui cinque atleti (Nibali, Ciccone, Caruso, Bettiol e Moscon) quante bici portate?

Per ora la lista prevede 20 bici complete, cioè già montate, più 4 paia di ruote ciascuno. Parecchie, ma necessario visto che c’è chi usa i freni a disco e chi quelli tradizionali, chi ha Sram e chi Shimano. E’ chiaro che così il volume del materiale lievita. Per esempio, Trek ha due corridori, Nibali e Ciccone, e magari loro potrebbero portare un paio di ruote in meno a testa. Ma cambia poco.

Quattro bici!

Una è per correre, una sale sull’ammiraglia e una è al box 1. In più si vocifera che possa essere allestito anche un box 2. Vorremmo farci trovare pronti ad ogni evenienza visto che è un evento quadriennale della cui importanza non c’è bisogno di dire altro.

Invece per quel che riguarda gli altri pezzi e i componenti come pedali, manubri…?

Quando arrivano le bici, chiediamo ai team una fornitura completa dei pezzi, ma in questo caso che c’è un viaggio molto lungo e il bagaglio volerà con noi, stiamo molto attenti soprattutto alla “minuteria”. Forcellini del cambio, collarini reggisella, nastri manubrio… cose per un pronto intervento. Se per esempio in volo, nella stiva, si piega un forcellino posso cambiarlo prontamente. In più bisogna considerare che quasi tutti i club hanno previsto un punto di appoggio in Giappone nella zona di Tokyo per le necessità più importanti.

Non solo bici, Archetti deve pensare anche alla “minuteria” (e a suoi attrezzi)
Non solo bici, Archetti deve pensare anche alla “minuteria” (e a suoi attrezzi)
E poi con Sram, Shimano, e per altre Nazioni anche Campagnolo, ci sarà un bel caos…

Esatto. In Nazionale con me ci sarà anche un secondo meccanico, Mauro Adobati (della Trek-Segafredo, ndr). Per esempio lui partirà con una scorta di pezzi Sram. Mentre per quel che riguarda Shimano si potrà fare riferimento sul “punto base” del club.

Magari Shimano avrà previsto anche un qualcosa di più riguardo all’assistenza visto che “gioca” in casa…

Sì, è possibile.

Tu sei il responsabile del materiale, o meglio, sei il coordinatore: come lo raduni? Hai un “inventario”?

Abbiamo un elenco del materiale che ci dà le squadre. Per fortuna al ritorno dai vari eventi in passato non è mai mancato nulla.

Gli azzurri utilizzeranno borse rigide Scicon Aerocomfort 3.0 Tsa Corsa
Gli azzurri utilizzeranno borse rigide Scicon Aerocomfort 3.0 Tsa Corsa
Alla fine con quante borse, scatole partite?

In tutto abbiamo 30 colli grandi. Le bici saranno messe in 20-22 borse Scicon. Oltre alle casse rigide che vedremo di organizzare nel magazzino della Fci nelle quali andranno anche i nostri attrezzi. Si tratta di casse rigide con lucchetto e ruote. E a proposito di ruote queste andranno in appositi cartoni.

Quando si parlava delle bici da portare hai detto “per ora” e prima “20-22 borse”: perché non un numero preciso?

Perché ancora non è ben chiaro il discorso legato a Ganna (il suo materiale potrebbe viaggiare con il reparto pista, ndr) con la crono. Dovremmo sciogliere questo nodo all’inizio della prossima settimana con Marco Velo. Marco fa da coordinatore tra me e Cassani, è un responsabile della logistica.

Dai corridori ti è arrivata qualche richiesta particolare?

No, semmai siamo stati noi che abbiamo chiesto delle cose a loro, soprattutto per quel che riguarda i rapporti. Adobati che è al Tour seguirà le indicazioni di Nibali e Ciccone (a casa, ndr) e io degli altri ragazzi. Diego Ulissi che ha partecipato al test event ha suggerito un 39×29… se non piove.

Ulissi, vincitore del test event 2019, ha fornito indicazioni tecniche utili ad atleti e meccanici
Ulissi, vincitore del test event 2019, ha fornito indicazioni tecniche utili ad atleti e meccanici
Perché se non piove?

Perché, se ho ben capito, si riferiva alla pendenza su alcune rampe che la ruota posteriore slitti e ad eventuali ripartenze da fermi. In quel caso verrebbe montato un pignone più grande dietro e uno più piccolo davanti.

Come radunerai il materiale?

Eh – sospira Archetti – per me è la sesta Olimpiade ma con il fatto che si corre in tutto il mondo è sempre tutto più complicato. Quando si andò a Pechino fu più facile perché riuscimmo a far partire un container giorni prima e noi viaggiammo “leggeri”. Io raccoglierò il materiale per Tokyo da tre punti: dal Tour, dal Giro di Sardegna e dal magazzino di Bergamo. Al materiale del Tour ci pensa Adobati. Le borse Scicon di cui vi dicevo gliele farò avere prima dell’ultima crono dalla mia squadra (la Uae, ndr). Io a Roma prenderò in carico il materiale del Giro di Sardegna e poi andrò al magazzino di Bergamo.

Ultima domanda, secondo te a Tokyo vedremo delle novità tecniche?

Non credo. Mancano poco più di 20 giorni e certe cose andrebbero provate anche in gara prima di un evento tanto importante. Ohi, poi ci sta che Shimano, che è giapponese, magari presenti quel giorno il 12 velocità. Ma io sinceramente non rischierei.