Esordio in Coppa, per la Bramati il bicchiere è mezzo pieno

25.11.2024
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La prima tappa di Coppa del Mondo ad Anversa era riservata solamente alle categorie maggiori, con gli Under 23 chiamati a correre fra gli Elite. Erano 8 gli italiani in gara, 5 uomini (il migliore è stato Stefano Viezzi, 30° nella prima volta fra gli “adulti”) e 3 donne. Fra loro Lucia Bramati, anche lei chiamata a confrontarsi fra le più grandi, ma per la figlia d’arte non è certo una novità…

Il podio della gara femminile, vinta dalla Van Empel su Brand e Schreiber, lussemburghese prima delle U23
Il podio della gara femminile, vinta dalla Van Empel su Brand e Schreiber, lussemburghese prima delle U23

La sua voce quand’è ancora ad Anversa, in attesa di un volo di ritorno programmato solo per la tarda serata, è squillante. Il suo 7° posto di categoria ha pur sempre un certo peso: «E’ una tappa nella mia stagione, iniziata un po’ così. La mia estate è stata resa molto complicata dal ritorno della mononucleosi, dopo 5 anni che mi ha dato grossi problemi a fegato e milza e fatto stare un mese e mezzo senza bici. Ho saltato buona parte dell’annata di mtb e ripreso con calma con il ciclocross, andando sempre un po’ di rincorsa. Ancora oggi non sono nella miglior condizione, ma la prestazione mi ha lasciato soddisfatta».

Che clima avete trovato ad Anversa?

Siamo stati fortunati perché fino a sabato c’era tanto freddo e vento forte – racconta la Bramati – Durante la giornata di gare invece il vento è rimasto, ma la temperatura si è elevata fino a 19°. Il problema erano proprio le folate nella parte orientale del tracciato, dove c’erano lunghi rettilinei. Se non trovavi qualcuno a cui accordarti restavi esposto al vento contrario che ti respingeva.

Ancora un 4° posto per la Casasola, unica vera alternativa allo strapotere olandese
Ancora un 4° posto per la Casasola, unica vera alternativa allo strapotere olandese
Com’è stata la tua gara?

Io sono partita dalla quinta delle 7 file previste, quindi ero un po’ indietro e chiaramente tutte cercavano di avanzare perché in fondo al rettilineo c’era la curva che fungeva da strettoia, era difficile anche restare in piedi. Poi c’erano due strappi a piedi, la gara iniziava praticamente lì. Il percorso presentava anche punti sabbiosi e io non sono molto abituata ad affrontarli, questo è un po’ un gap che abbiamo tutti noi italiani visto i tracciati delle principali gare. Ma alla fine ero contenta perché li ho affrontati tutti in bici, senza mettere piede a terra, facendo meno fatica e preservando le gambe.

La Bramati agli Europei, dove insieme all’oro in staffetta aveva chiuso settima fra le U23
La Bramati agli Europei, dove insieme all’oro in staffetta aveva chiuso settima fra le U23
Quanto cambia nel correre insieme alle Elite? Cosa che tra l’altro in campo femminile è ordinaria amministrazione, anche nelle sei tappe con le prove per categorie inferiori, la gara U23 sarà solo al maschile…

Cambia tanto, perché hai riferimenti diversi. Intanto consideriamo che le più forti della categoria sono tutte lì davanti, a lottare fra le prime 10. Io poi sono cresciuta gareggiando sempre con le più forti, anche quand’ero junior non c’era la prova per la categoria più giovane, è stata sdoganata dopo che sono passata. Le gare U23 sono solo quelle titolate, in queste occasioni d’altro canto saremmo troppo poche. Io poi penso che essere con le Elite sia un vantaggio, perché corri al massimo livello, a blocco, per 50 minuti non respiri praticamente mai. L’unica difficoltà è che siamo differenziate da loro attraverso il colore del pettorale, quindi ogni volta che superi o vieni superata devi stare attento al numero della concorrente…

Tu hai sulle spalle il peso di un cognome importante per il ciclocross italiano. Avere tuo padre Luca Bramati che è anche il diesse del team Fas Airport Services Guerciotti Premac dà più o meno vantaggi, è più genitore o allenatore?

Io dico che è un vantaggio, questa sua doppia veste la vivo in modo molto sereno, per me non cambia nulla. Anzi, poter affrontare le trasferte insieme a lui mi dà serenità, mi consente di concentrarmi maggiormente sulla gara non dovendo pensare ad altro e averlo al mio fianco mi rende più sicura.

Thibau Nys (n.18) era il favorito della vigilia, ma il campione europeo non è andato al di là del 12° posto
Thibau Nys (n.18) era il favorito della vigilia, ma il campione europeo non è andato al di là del 12° posto
Il 7° posto di categoria che cosa rappresenta?

Un passo avanti nella mia stagione. Venivo da una buona piazza d’onore in Svizzera, qui sono finita dietro nel computo generale, ma vedo che sto guadagnando posizioni rispetto alle mie pari età rispetto ad esempio agli Europei, dove comunque non me l’ero cavata male sempre in riferimento ai problemi prestagionali. Quel che mi manca è assaporare il gradino più alto del podio, finora non ci sono mai riuscita, sarebbe uno step ulteriore.

Continuerai a seguire lo sviluppo della Coppa?

Sì, a dicembre e gennaio la mia attività sarà soprattutto all’estero, per cercare di crescere ulteriormente ed essere al top per le gare del nuovo anno a cominciare dai campionati italiani e guadagnarmi così la selezione per i mondiali.

Per Iserbyt una vittoria di peso dopo un inizio stagione difficile, con anche una squalifica
Per Iserbyt una vittoria di peso dopo un inizio stagione difficile, con anche una squalifica
Tu sei, anche per famiglia, legata all’offroad ma è chiaro che chi guarda al ciclismo in maniera professionale punta alla strada. Che cosa vedi nel tuo futuro?

Il ciclocross è il mio grande amore, seguito dalla mtb e questo non cambia. So però che le ragazze che vengono dalla strada hanno un altro passo nelle prove invernali ed è qualcosa che devo considerare. Io ho una certa ritrosia ad affrontare le gare su strada, diciamo che non mi sento ancora pronta mentalmente. E’ qualcosa che con mio padre prenderemo in considerazione, magari per affrontare qualche gara in meno in mountain bike e privilegiare la strada nella seconda parte dell’anno proprio per arrivare pronta alla stagione invernale. Ma avrò tempo per pensarci…

A tu per tu con la Pieterse, con un obiettivo leggendario

19.11.2024
7 min
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Una stagione sempre a tutta, saltando da una bici all’altra. Perché nella carriera di Puck Pieterse nulla è normale. Diciamoci la verità: nessuna è ciclista come la 22enne di Amersfoort, che dal ciclocross passa alla strada, poi alla mtb, poi al gravel, con un denominatore comune: vincere. Quest’anno ha vinto il titolo mondiale nella mtb insieme a quello europeo e a 3 successi in Coppa del Mondo (di cui 2 nello short track), 3 tappe di Coppa nel ciclocross con il bronzo iridato, una tappa al Tour de France su strada e il 4° posto ai mondiali gravel.

Tra tante discipline proprio la strada è risultata quella più penalizzata, con poche apparizioni che hanno però dimostrato chiaramente come abbia mezzi straordinari che possono portarla a emergere, tanto da chiudere alle porte della Top 10 nella Grande Boucle pur con una preparazione specifica quanto mai sommaria. Ora però l’olandese è di fronte a un bivio: in apertura di quadriennio olimpico, come orientarsi?

Su strada la Pieterse ha corso solo per 17 giorni, ma centrando la Top 10 ben 12 volte con un successo
Su strada la Pieterse ha corso solo per 17 giorni, ma centrando la Top 10 ben 12 volte con un successo

Dopo una stagione così stressante ha avuto bisogno di un po’ di tempo per rilassarsi e riflettere, chiudendo i ponti con tutti, ma poi, prima di tornare in sella e iniziare la preparazione, ha accettato di sottoporsi a una serie di domande, senza nascondere nulla.

Sei forse la più poliedrica fra le cicliste internazionali: fra ciclocross, strada, mtb, gravel qual è la disciplina che ti piace di più?

È davvero difficile scegliere. Mi vedo più come una ciclista in generale, senza distinzioni. Magari con un focus su mountain bike e ciclocross che per ora mi si addicono di più. La mountain bike è quella che mi ha dato i migliori risultati, ma per ora. E’ una lotta serrata tra tutte e devo dire che fare gravel è stato sicuramente divertente, ma penso che non ci sia abbastanza tempo nella stagione per farne molto di più di quanto ho fatto l’anno scorso.

Il trionfo iridato di mtb ad Andorra, la ciliegina sulla torta della sua stagione (foto Boris Beyer)
Il trionfo iridato di mtb ad Andorra, la ciliegina sulla torta della sua stagione (foto Boris Beyer)
Hai vissuto una stagione lunghissima e ricca di soddisfazioni: qual è stata la più grande?

Sicuramente ai campionati del mondo di mtb ad Andorra. E’ stato davvero speciale vincere quella maglia iridata. Ma nel cuore porterò sempre le emozioni vissute alle Olimpiadi. Quella è stata l’esperienza più grande da provare.

Su strada hai potuto gareggiare solo per 17 giorni ma con una costanza di risultati eccezionale: che cosa hai appreso dalla tua esperienza su strada?

E’ una specialità completamente diversa dalle altre. Ho capito che serve essere un po’ più paziente, non giocare troppo con la mia potenza all’inizio della gara. Lasciare che anche gli altri facciano un po’ di lavoro. Mi rendo conto che ho ancora molto da imparare perché su strada bisogna dosare le proprie energie, sfruttare i momenti giusti, non si va sempre a tutta. Bisogna saper guidare, sfruttare il lavoro degli altri, conservare sempre un po’ di energia per un potenziale sprint.

La vittoria della Pieterse nella tappa del Tour a Liegi, battendo Vollering e Niewiadoma
La vittoria della Pieterse nella tappa del Tour a Liegi, battendo Vollering e Niewiadoma
Nel 2025 quali discipline farai oltre alla strada?

Non cambierà molto rispetto al 2024, penso di combinare di nuovo mountain bike, ciclocross e strada, quindi inizierò l’anno 2025 con il ciclocross, poi alcuni giri in bici su strada, in seguito mi dedicherò alle classiche primaverili e poi tornerò alla mountain bike per il resto della stagione con probabilmente il Tour de France nel mezzo. E’ una formula che in fin dei conti mi ha portato bene, perché cambiare?

Quanto è importante essere in un team come la Fenix Deceuninck che permette di fare altre specialità? Non è una cosa comune in tutti i team WorldTour…

Sì, e penso che il “rimescolamento” sia davvero uno dei segni distintivi di questa squadra. È davvero bello poter fare tre discipline diverse e come anche loro supportino davvero questa scelta originale, per me come per altri. Come se conoscessero le mie ambizioni e volessero davvero aiutarmi nell’ottenere i miei obiettivi e questo mi dà molta libertà e meno pressione. In altri team so che non è così. Per me è qualcosa di speciale, che funziona, che mi dà stimoli di cui ho bisogno. Loro hanno un background diverso, interpretano il ciclismo in maniera globale, apprezzano che i loro corridori facciano più discipline.

Nel ciclocross l’olandese viene dal bronzo iridato Elite. Ai prossimi mondiali correrà forse fra le U23
Nel ciclocross l’olandese viene dal bronzo iridato Elite. Ai prossimi mondiali correrà forse fra le U23
Nel 2025 ci si attende molto da te, soprattutto nelle Classiche del Nord: quali sono quelle che si addicono più alle tue caratteristiche?

Non so ancora quale mi si addice di più perché ho conosciuto solo quelle delle Fiandre, credo che per dare una risposta compiuta ho bisogno di fare più esperienza. Sicuramente mi sono trovata bene nelle prove che ho disputato, finire sesta al Giro delle Fiandre non è cosa da poco. Forse il percorso della Liegi mi si addice di più con salite più lunghe, ma non troppo perché per durata e intensità ricordano molto gli sforzi che si compiono in un cross country. Io mi ritengo abbastanza uno scalatore, quindi dovrebbe essere un tracciato che mi si adatta bene.

Ti vedi più forte nelle corse d’un giorno o anche nei grandi giri?

Finora ho fatto solo un grande giro, quindi non so cosa mi riserverà il futuro, ma ho capito che per competere al più alto livello in quel tipo di corse bisogna concentrarsi solo su quello. Quindi adattare alcune cose in allenamento e prepararmi di conseguenza. Ma penso che è sicuramente possibile per le mie caratteristiche emergere in una grande corsa a tappe. Per ora e penso anche per i prossimi anni mi concentrerò sulle gare di un giorno per fare davvero bene lì.

L’olandese nella gara olimpica di Parigi è stata medaglia virtuale a lungo, cedendo però nel finale
L’olandese nella gara olimpica di Parigi è stata medaglia virtuale a lungo, cedendo però nel finale
Anche tua sorella Isa corre su strada e nel ciclocross: chi ha influenzato l’altra e anche lei seguirà le tue orme approdando nel WorldTour?

In realtà abbiamo iniziato un po’ nello stesso periodo, pedalando nella foresta con mio padre quando eravamo ragazzine. Così ci siamo iscritte al club ciclistico locale. Io ho iniziato prima a competere, ma anche lei vuole farlo. Anche se ha due anni più di me, ma ci alleniamo spesso insieme. E già il fatto che se ne parli mi fa piacere… Lei comunque ha altri obiettivi, lavora per diventare un agente immobiliare. Quindi per lei il ciclismo è più una seconda attività.

Quanto ti ha fatto male perdere il podio olimpico per pochi secondi dopo essere stata protagonista per tutta la gara?

È stato un peccato, ovviamente e quel quarto posto mi ha fatto male. Ma non posso farci niente ora. Cose del genere succedono, fanno parte dello sport. E ovviamente fanno male, soprattutto quando è una gara così importante. Ma devi solo guardare avanti e prendere gli aspetti positivi. Infatti avevo una grande condizione per il Tour de France e ho potuto sfruttarla.

La sfida con la rivale Van Empel sarà nella tappa di Coppa a Namur, dove nel 2023 fu seconda
La sfida con la rivale Van Empel sarà nella tappa di Coppa a Namur, dove nel 2023 fu seconda
Nel ciclocross stanno un po’ mancando le emozioni delle tue sfide con la Van Empel: quando vi rivedremo a confronto?

Penso che la prima volta che ci incontreremo sarà a Namur, il 15 dicembre. Quella tappa di Coppa del Mondo è una gara piuttosto prestigiosa e difficile da fare, con un bel po’ di salita. Quindi non vedo l’ora di affrontare lei e le altre, anche Ceylin e Lucinda (Alvarado e Brand, ndr) che sono super forti in questo periodo. Essere parte di quella battaglia sarebbe già molto bello.

Pensi sia possibile ripetere il record della Ferrand Prevot, iridata nello stesso periodo in 3 discipline diverse?

Io dico di sì, già quest’anno, tuttavia va considerato che sono ancora Under 23, quindi sarà un po’ più facile o una versione in miniatura di quello che Pauline ha fatto qualche anno fa, ma è sicuramente un obiettivo interessante a cui pensare. Ed è nella mia mente che forse un giorno potrò riuscirci e magari fare anche meglio aggiungendo il gravel, ma penso che affinché accada qualcosa del genere, devi essere anche fortunata durante i campionati. Come si è visto per me alle Olimpiadi basta un nulla che cambia tutto.

Due chiacchiere con Ilenia Lazzaro sulle stelle del ciclocross

17.10.2024
5 min
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Con il Be-Mine Cross di domenica ha preso il via non solo il circuito Exact Cross, uno dei principali della stagione sui prati, ma tutta la stagione invernale, che racchiude molti temi che andranno affrontati nel suo corso. Uno riguarda precipuamente l’universo femminile del ciclocross, in grande evoluzione. Già nella sua prima telecronaca su Eurosport, la commentatrice Ilenia Lazzaro ha messo in luce come le gerarchie del settore possano cambiare, non solo per il valore intrinseco delle atlete, ma anche per le commistioni sempre più forti con la strada e quindi abbiamo voluto, attraverso di lei, introdurre l’annata.

«La prima prova ha visto la Van Empel (in apertura, ndr) fare la voce grossa, lasciando lontane Alvarado e Brand e io credo che non sarà un caso. Penso anzi che le due capofila dell’annata 2002, ossia la stessa Van Empel e la Pieterse caratterizzeranno tutta l’annata, dipende solo da quando quest’ultima inizierà a competere».

Ilenia Lazzaro, opinionista per il ciclismo su Eurosport
Ilenia Lazzaro, opinionista per il ciclismo su Eurosport insieme a Fabio Panchetti
Fra le due c’è però una certa differenza, perché la Pieterse, dividendosi anche con la mtb e conquistando allori un po’ dappertutto, ha uno stress maggiore rispetto alla connazionale…

La Van Empel ha gareggiato meno su strada, ma quando la Visma-Lease a Bike l’ha chiamata in causa ha sempre risposto presente. Non chiudi tra le prime 10 la Freccia Vallone o la Vuelta a Catalunya se non hai un valore anche nel mondo su strada. E’ chiaro che la Pieterse ha fatto una stagione molto più ricca perché ci sono anche mtb e gravel, ma tornerà presto e conoscendola sarà subito competitiva.

Parlavi della generazione 2002. Secondo te ci sarà un passaggio di consegne con le più anziane?

E’ inevitabile, anche se bisogna vedere che cosa deciderà di fare Marianne Vos. E poi c’è la Brand che ha sempre la zampata della campionessa. Il fatto è che le vedo molto competitive per gli appuntamenti singoli, magari per una specifica tappa di Coppa del mondo e sicuramente per i mondiali. Ma nel corso della stagione, negli appuntamenti praticamente senza soluzione di continuità delle varie challenge, emergeranno le più giovani. E tornando alla generazione 2002, mi dispiace che quest’anno non vedremo all’opera la Van Anrooij che ha deciso di operarsi quest’inverno per essere pronta per la stagione su strada.

Van Empel e Pieterse: protagoniste assolute anche in questa stagione sui prati?
Van Empel e Pieterse: protagoniste assolute anche in questa stagione sui prati?
Tutta Olanda quindi…

Qualcuno potrebbe dire che c’è sempre Blanka Vas, ma la magiara non ha la stessa continuità delle tulipane. Anche lei può rientrare più in un discorso estemporaneo e sono anche curiosa di valutare come si comporteranno le più giovani, ad esempio la slovacca Chladonova. Per loro ci sarà da considerare, nel passaggio di categoria la lunghezza maggiore delle gare, ma nella prima parte le vedremo protagoniste. Atenzione: io alle spalle delle due campionesse sopra citate ci vedo anche la Casasola.

Ti ha sorpreso la sua scelta di andare all’estero?

Io penso che sia qualcosa di storico al quale non è stata data la giusta considerazione. Non ha scelto un team a caso, perché entrando nella Crelan Corendon si è unita a una delle squadre di riferimento di tutto il movimento. Non è proprio la stessa cosa di quando la Arzuffi approdò alla 777, perché quella era sì una squadra forte, ma non spostava gli equilibri. Quella di Sara sì e i benefici io penso che li vedremo a breve. Già domenica, pur finendo decima, ha mostrato sprazzi di grande ciclocross.

Marianne Vos sarà ancora vincente anche sui prati? Attenzione a lei per i mondiali…
Marianne Vos sarà ancora vincente anche sui prati? Attenzione a lei per i mondiali…
Perché secondo te è così importante?

Perché è una scelta che coinvolge tutta la sua attività e che potrebbe essere un valido esempio anche per altri, non solo al femminile. Sara ha scelto un team che investe nel ciclocross senza dimenticare la strada. Questo le consentirà di investire in entrambe le attività ma senza considerare il ciclocross come la “gamba corta”. Io penso che sia la vera scelta che deve fare chi punta alla multidisciplina. E allora guardo anche quel che avviene al maschile dove abbiamo tanti ragazzi che sono cresciuti con questa idea. Viezzi e Stenico tanto per fare due nomi, ma che devono anche trovare la strada giusta per attuarla e restando in Italia questo non è possibile.

La cultura da questo punto di vista non sta cambiando?

Non abbastanza per essere al passo con i tempi. Sono ancora troppi i dirigenti, le società, i tecnici che pensano solo alla strada, che hanno una visione vecchia. Li fanno gareggiare ogni domenica quando invece perché non pensare almeno un weekend al mese da dedicare ad altro, da impiegare magari per una gara di ciclocross d’inverno e di mtb nelle altre stagioni? Se ne gioverebbero tecnicamente e porterebbero poi più risultati, ma questo non riusciamo a capirlo.

Per Sara Casasola un trasferimento a sorpresa alla Crelan Corendon, team di spicco nel movimento
Per Sara Casasola un trasferimento a sorpresa alla Crelan Corendon, team di spicco nel movimento
Tutto ciò secondo te cambierebbe se davvero il ciclocross approderà al programma delle Olimpiadi invernali?

Aspettiamo con fiducia le decisioni che verranno prese il prossimo anno, ma io penso proprio di sì. Darebbe una prospettiva diversa, porterebbe molti corridori a continuare a fare doppia attività nella maniera più equilibrata, come ad esempio fanno i grandi. Non è che Van der Poel o Van Aert li vedi sempre, ma quelle 6-8 gare le fanno perché sanno che saranno utili. Invece chi molla il ciclocross magari il primo anno su strada va bene, forse anche il secondo, ma poi hanno un calo. Sicuramente bisognerà mettere mano al calendario: ci sono troppe gare, su strada ma anche nel ciclocross e non ce la si fa a far tutto.

Europei cross: brilla il bronzo di Sara Casasola

05.11.2023
6 min
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Potente, grintosa, con la gamba piena: Sara Casasola va a prendersi un bronzo europeo fantastico. Un bronzo che forse neanche lei si aspettava. Oggi sul bellissimo circuito di Pontchateu è stata magistrale. E poco importa che Fem Van Empel abbia demolito le sue avversarie. La gioia italiana è tutta sulle spalle di Sara Casasola.

Van Empel a mani bassi

A Pontchateu, cittadina nel Nord-Ovest della Francia, quasi sull’Atlantico, è stato ciclocross vero. Il campionato europeo femminile ha visto una corsa infangata come non accadeva da un po’. Specie per chi è abituato ad assistere al cross alle nostre latitudini e ancora di più nel finale, quando un forte acquazzone è tornato ad appesantire il terreno. L’allerta meteo e il conseguente stop di ieri, avevano “ridisegnato” il tracciato: più fango, fondo più lento, ma anche più tecnico. 

Ma al tempo stesso restava un tracciato “da gamba”: lunghi rettilinei, giusto un paio di tornanti, sede larga… si poteva passare. Un percorso ben diverso dagli stretti fettucciati italiani e sul quale bisognerebbe riflettere.

Ma torniamo a Pontchateu. In questo contesto Van Empel è andata a nozze. Una gara mai in discussione. Già dopo un paio di giri c’erano metri di vantaggio, che sono poi diventati secondi e infine minuti.

«In realtà al primo giro – ha detto la neocampionessa europea – ho avuto qualche problema: non riuscivo a prendere il ritmo, poi le cose sono migliorate e ho fatto la mia corsa. Ora mi godrò questa vittoria e per un paio di settimane mi riposerò».

Il bronzo di Sara

Ma come la fuoriclasse olandese faceva il vuoto, così Casasola recuperava. Dapprima restava in scia a mostri sacri quali Inge Van Der Heijden e Manon Bakker, poi piano piano le passava. Le altre davano sempre più di spalle, mentre la friulana filava via senza indugio, stabile, compatta e sicura sulla sua Guerciotti.

A due terzi di gara, dopo aver superato Van Der Heijden, per un po’ Casasola sembrava riuscire a mettere nel mirino addirittura Celyne Alvarado, nomi che fanno tremare solo a pronunciarli. Ma poi l’olandese rimetteva le cose in chiaro, spingendo e scavando un distacco di sicurezza. Ma al costo di rischi non da poco: imbarcate, scivolate sulle gradinate di legno, cambio di bici.

Sara invece guidava pulita. Cercava l’erba, da sempre segno di tenuta in certe situazioni, e tagliava decisa all’interno delle curve. E all’uscita spingeva bene il rapporto. Davvero un’ottima impressione e un bronzo strameritato.

Aggiungendo una nota di poesia, quando Casasola stava per tagliare il traguardo è anche spuntato un grande arcobaleno e proprio sotto l’arco colorato il cittì Pontoni le correva a fianco per incitarla, anche se ormai i giochi erano fatti. Mancava giusto l’ultima curva su sterrato, poi solo la lingua d’asfalto che portava al traguardo.

Gioia azzurra

Eva Lechner ce lo aveva detto pochi giorni fa: «Sara sta andando davvero bene». Il settimo posto in Coppa del mondo non era dunque casuale. E questo bronzo può aprire nuove prospettive.

Un bronzo che non è piaciuto del tutto agli olandesi. La stampa di Amsterdam ha parlato di: “sorprendente italiana”, “giovane inaspettata” e “l’italiana che ha interrotto l’egemonia olandese”. Visto che le top 7 erano tutte olandesi, gli Orange si aspettavano una tripletta facile facile e invece…

Sara prima di tutto complimenti. Hai guidato benissimo…

Grazie – risponde con tono raggiante – effettivamente stavo bene.

Ti aspettavi un risultato simile?

Dire che me lo aspettavo no, magari dopo i buoni tempi sul giro fatti in Coppa potevo sperare nelle cinque. Speravo più che altro in una buona giornata, ma non nel podio. Anche perché a questi livelli le migliori arrivano accanite e ben preparate.

Hai cambiato qualcosa nella tua preparazione?

Sinceramente no, semplicemente sono riuscita a fare una stagione su strada più completa, senza troppi intoppi. Quelli che invece avevo avuto lo scorso anno. Come si dice, si cresce di anno in anno e credo sia questa la motivazione del mio miglioramento.

Tempesta, allerta meteo e un percorso diverso: ti è piaciuto questo fango?

A me i tracciati così difficili non dispiacciono e anche se c’era da correre a piedi non mi spaventava perché sono sempre andata bene. Semmai c’era l’incognita del maltempo perché di fatto in Italia non abbiamo mai trovato fango, maltempo… ma sempre tutto secco. Stamattina invece, quando abbiamo provato era tutto diverso, specie dopo la gara degli under 23.

Sara Casasola (classe 1999) raggiante sull’arrivo e anche dopo
Sara Casasola (classe 1999) raggiante sull’arrivo e anche dopo
E infatti ti volevo chiedere proprio di questo e delle scelte tecniche. Con che gomme hai corso?

All’inizio pensavamo di mettere una da fango davanti e un’intermedia dietro, ma poi vedendo i ragazzi e parlando anche con Daniele (Pontoni, ndr) abbiamo deciso di non rischiare e ho montato entrambe le gomme da fango. Anche perché poi con tutta quell’acqua e quel fango non c’erano più tutti questi tratti così scorrevoli.

E poi ha anche ripreso a piovere…

Esatto. Il meteo è andato peggiorando e questa si è confermata la scelta giusta. Gli under 23 scivolavano veramente tanto.

Ultima domanda, sappiamo che sei impegnatissima in questo post gara: ma dicci la verità, ti è passata per la mente l’idea di andare a riprendere la Alvarado?

Eh sì, per un po’ ci ho anche pensato. Io ci ho provato fino all’ultimo, ho dato tutto, ma credo che nel finale i miei tempi sul giro si siano alzati un po’, mentre lei è stata costante. Forse ho pagato un po’ la mia parte centrale di gara, in cui ho spinto di più. Ma va bene così dai!

Van Empel e Pieterse: i nuovi talenti del ciclocross in rosa

08.12.2022
5 min
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Hulst, 27 novembre: prima Pieterse e seconda Van Empel. Anversa, 4 dicembre: prima Van Empel e seconda Pieterse. Nel ciclocross la Coppa del Mondo al femminile non esce da questo entusiasmante dualismo che ha completamente sovvertito le gerarchie consolidate negli anni. Se la nazione guida non cambia essendo entrambe olandesi, stiamo assistendo a un profondo rinnovamento, in maniera repentina come solitamente nel mondo femminile offroad non capita spesso.

Siamo di fronte a due ragazze giovanissime, ancora U23, profondamente diverse e per certi versi anche contrapposte. Sembra che fra loro stia sviluppandosi quella rivalità in gara sulla quale il ciclismo olandese ha costruito le sue recenti fortune (ma anche qualche disgrazia…) nel mondo della strada. Sono due personaggi tutti da scoprire (nella foto d’apertura l’arrivo di Flamanville nel gennaio 2022, da sinistra Van Empel e Pieterse), una, la Van Empel profondamente concentrata sul suo mestiere, tanto che qualcuno la considera alla stregua di un robot. L’altra, la Pieterse, molto più naif.

Tra ciclocross e mtb

A tal proposito curioso un aneddoto raccontato tempo fa dal coach della nazionale offroad Gerben De Knegt: «Nel 2019 a marzo avevo già annunciato a Puck che a ottobre sarebbe stata parte della spedizione olandese ai mondiali di mtb in Canada. Lei mi guarda quasi incredula e dice: “No, coach, in quei giorni ho già prenotato una settimana di vacanza a Texel con le mie amiche…”. Naturalmente è venuta in Canada ed è finita settima».

Quello della mtb è un altro dei punti in comune fra le due ragazze: entrambe sono figlie della nuova generazione ciclistica che quasi non tollera più la specializzazione, ma vive della multidisciplinarietà. Entrambe svettano nel ciclocross, entrambe lo fanno anche nella mountain bike (la Van Empel iridata di categoria 2022, la Pieterse argento nel 2021), entrambe vogliono andare a Parigi 2024 e non solo per fare presenza e assaggiare le crepes… Con la differenza che la Van Empel vuole dire la sua anche su strada.

La Van Empel sta emergendo anche su strada: qui è bronzo in linea agli europei 2022 (a destra)
La Van Empel sta emergendo anche su strada: qui è bronzo in linea agli europei 2022 (a destra)

Alla corte di Marianne

Per questo nel 2023 seguirà la grande Marianne Vos nel team di riferimento del ciclismo olandese, la Jumbo Visma, puntando a far bene già nelle classiche di primavera. Molti la paragonano a Van Der Poel, invece ci sono riferimenti che l’assimilano a Evenepoel: come l’iridato belga, anche la Van Empel ha iniziato tardi ad andare in bici. Prima si dedicava al calcio, nell’RKSV Nuenen e ci sapeva anche fare, tanto che gli osservatori della sezione femminile del Bayern Monaco l’avevano già segnalata. Utilizzando la bici d’inverno per tenersi in forma, Fem si è però appassionata e ha scelto di cambiare, trovando nei genitori pieno sostegno.

Ecco un altro fattore che unisce le storie delle due ragazze: la passione di famiglia. In casa Van Empel suo padre Jean Paul è una vera guardia del corpo. Per Fem la gara inizia molto prima dello start, quando mette le cuffie alle orecchie e sale sui rulli per il riscaldamento. Lo sguardo è fisso e il padre provvede che non venga disturbata. D’altronde anche lui correva in bici come lo zio Micky, anzi l’allenatore di quest’ultimo, Aschmin Van Oorschot è quello che ora allena Fem e non esita a mettere un freno alla sua protetta.

Puck con i genitori Pieterse, che non la lasciano mai nelle sue trasferte
Puck con i genitori Pieterse, che non la lasciano mai nelle sue trasferte

La presenza dei genitori

«Dopo che ha vinto le sue prime due gare di Coppa nel 2021 – raccontava all’inizio della stagione – ho deciso di cambiare la sua impostazione di allenamento, puntando più sulla resistenza anche a scapito dell’esplosività perché sapevo che in Fem la resistenza è una dote innata che va coltivata. Deve crescere con calma, per non fare la fine di Ceylin Del Carmen Alvarado che dopo l’iride del 2020 è andata in calando. Fe può scattare, osa mettere le mani sul fondo del manubrio, può variare il ritmo e pedalare da sola. Le altre non sono così versatili».

Anche i genitori di Puck sono sempre presenti, anzi. A Fayetteville, quando ha vinto il titolo mondiale under 23, suo padre Joost era ai box a lavare le bici a ogni giro, sua madre Ella gli consegnava la bici pulita. Anche la sorellina Isa va in bici, ma per sapere se sarà alla sua altezza bisognerà attendere, ha solo 4 anni… Intanto pedala con i genitori nelle loro escursioni nei boschi. Genitori che sostengono Puck in tutto e per tutto, come anche i suoi insegnanti al Municipal Gymnasium Johan Van Oldenbarneveld: più successi otteneva, più gli insegnanti avevano capito perché certe volte non finiva i compiti…

Prima vittoria per la Van Empel in Coppa, a Vermiglio 2021. Si ripeterà il 18 dicembre?
Prima vittoria per la Van Empel in Coppa, a Vermiglio 2021. Si ripeterà il 18 dicembre?

Imparare a perdere…

A inizio stagione la bilancia pendeva fortemente a favore della Van Empel, ora c’è più equilibrio ma, come detto, la rivalità fra le due cresce. A Hulst se n’è avuta la dimostrazione: la Van Empel era in testa, ma al terzo giro una caduta le ha storto il manubrio e manomesso il deragliatore che non tornava più indietro. Così Fem ha perso concentrazione e Puck l’ha sorpassata in tromba. All’arrivo era fuori di sé rifiutando inizialmente il contatto con i media con cui ha poca dimestichezza. Cosa che non è sfuggita al suo allenatore: «Deve imparare a perdere prima di vincere…».

In Coppa Iserbyt domina in attesa dei tenori

24.10.2022
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Ancora persi fra la chiusura della stagione su strada, l’affermazione del gravel, gli ultimi botti della mtb e i primi del ciclomercato, pochi si sono accorti non solo che la stagione del ciclocross internazionale ha preso il via, ma anche che lo ha fatto attraverso il suo circuito principale, la Coppa del Mondo nel segno di Eli Iserbyt. Le prime due tappe si sono svolte in America, e non avendo più quel sapore di scoperta che avevano lo scorso anno, con il test del percorso iridato di Fayetteville, molti hanno evitato una trasferta così onerosa.

Non però i principali portacolori belgi e olandesi, che poi si sono ritrovati a Tabor, in Repubblica Ceca, per la prima prova europea dove finalmente si sono presentate anche le altre nazioni e soprattutto si è smossa la situazione anche per le categorie giovanili. Se guardiamo alla gara principale, quella elite maschile, poco è cambiato perché in tre prove, il vincitore è sempre stato lo stesso.

Per Iserbyt un inizio fulminante con 3 successi in Coppa. Ora punta agli europei del 6 novembre
Per Iserbyt un inizio fulminante con 3 successi in Coppa. Ora punta agli europei del 6 novembre

Tabor era la sua “bestia nera”

Il detentore del trofeo ha dato vita a una bella sfida con l’olandese Van Der Haar, risolta nel corso del sesto giro quando ha allungato: «Nella prima parte non ero andato bene – ha dichiarato dopo l’arrivo – risentivo ancora del jet lag, poi ho preso il comando delle operazioni, ma serviva almeno una tornata per fare la differenza. Quello di Tabor è un percorso difficile per le mie caratteristiche, lo consideravo la mia bestia nera, per fortuna l’ho sfatata finalmente.

«Ora conto di risparmiare le forze, ho messo in cascina un bel numero di punti e affronterò le prossime tre tappe più tranquillamente per affinare la preparazione in vista del mio grande obiettivo insieme alla conquista delle challenge: il titolo europeo di Namur in palio il 6 novembre».

Le sue dichiarazioni hanno lasciato in più di qualcuno un po’ interdetto, ma chi conosce bene il folletto belga sa la sua attività è commisurata alle presenze dei “mammasantissima”, i fuoriclasse che vengono dalla strada. Il belga non ha mai fatto mistero di dividere il mondo del ciclocross in due emisferi diversi: quello con e quello senza i vari Van Aert, Van Der Poel, Pidcock. Lo aveva detto anche alla fine della passata stagione e su questo concetto è sempre più convinto.

A Fayetteville il belga ha sfatato un altro percorso amaro, dove a gennaio ha perso il mondiale
A Fayetteville il belga ha sfatato un altro percorso amaro, dove a gennaio ha perso il mondiale

I campioni fuori contesto

Iserbyt ha chiarito ulteriormente il suo pensiero in un’intervista rilasciata all’organo olandese Wielerflits: «Ho prolungato il contratto con la Pauwels fino al 2026 e l’ho fatto pensando non solo a me, ma anche per mandare un segnale alle nuove generazioni: si può benissimo avere una buona e redditizia carriera da ciclocrossista, non è necessario essere come loro che sono fortissimi ma sono fuori contesto. Sono talenti eccezionali, diversi da quelli che ammiravo da bambino perché dominano anche su strada. Sono troppo forti, per questo ho deciso che per me quello che sto facendo ora è abbastanza.

«Io mi ritengo un ciclocrossista puro, che ha bisogno dei suoi mesi estivi per riposare e preparare i sei mesi della stagione invernale. Fare solamente 10 cross, quand’anche siano i più importanti, per me non avrebbe senso. Magari potrei fare di più nella mtb, ma finora la schiena non me l’ha concesso, vedremo nel 2023 se la situazione sarà migliorata.

Il podio di Tabor con Iserbyt primo su Van Der Haar a 5″ e Vanthourenhout a 26″ (foto Uci)
Il podio di Tabor con Iserbyt primo su Van Der Haar a 5″ e Vanthourenhout a 26″ (foto Uci)

Stagione puntata sugli europei

«Io faccio tutta la stagione – ha continuato Iserbyt in questa sorta di confessione – loro appena arrivano sono competitivi non solo perché sono più freschi sia fisicamente che mentalmente, ma anche perché hanno un’ampia base per emergere e arrivare a tenere la massima resa per un’ora, per loro che sono abituati alla strada, non è difficile. Quando arrivano loro, io penso alle classifiche delle challenge e devo amministrare la situazione. So bene che questo crea un quadro distorto della situazione, ma non l’ho creato io. Il mio compito è puntare al titolo europeo e alle challenge, se poi li batterò una volta sarà un di più, ma per me non è un’ossessione».

Parole destinate a far riflettere, considerando che Van Der Poel ha già annunciato che inizierà a gareggiare sui prati a fine novembre, mentre Van Aert dovrebbe ripetere l’esperienza dello scorso anno entrando nell’arengo a dicembre, questa volta però tirando dritto fino al mondiale dove dovrebbe esserci il ritorno della “recita dei tre tenori”.

La Van Empel ha fatto tris a Tabor: punteggio pieno in Coppa per la sorprendente olandese
La Van Empel ha fatto tris a Tabor: punteggio pieno in Coppa per la sorprendente olandese

Arriva la nuova vincitutto?

Il discorso riguarda parzialmente anche le donne, parzialmente perché se da una parte la Vos attende ancora per impegnarsi nella disciplina invernale, dall’altro la Brand, che pure ha fatto piuttosto bene quest’anno su strada non solo come spalla di Balsamo e Longo Borghini alla Trek Segafredo, ha subito iniziato a gareggiare, ma la campionessa mondiale ha trovato una straordinaria avversaria nella ventenne Fem Van Empel, che avevamo lasciato parzialmente delusa ai mondiali di Fayetteville (terza nella gara Under 23) e ritroviamo dominatrice con tre successi in Coppa, in un panorama arancione come non mai, dove l’unica vera avversaria sembra l’ungherese Blanka Vas, che a Tabor ha però chiuso solo quinta, mentre la seconda non olandese è stata Sara Casasola, undicesima a 49” in una vera grande prestazione internazionale.

A Tabor oltre alla presenza dei ragazzi della Selle Italia Guerciotti Elite, con Bertolini 23°, c’era anche la nazionale italiana, con Pontoni che ha portato un po’ di juniores e under 23 a fare esperienza. Ancora una volta il risultato migliore è arrivato da Federica Venturelli, che sta mettendosi pian piano alle spalle le conseguenze della caduta di Wollongong e che ha chiuso settima fra le junior a 1’20” dalla Molengraaf, naturalmente olandese… Bene anche Davide Toneatti, nono a 1’21” dal figlio d’arte Nys nella gara U23.

Vermiglio, l’analisi delle bici dei vincitori

13.12.2021
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Due atleti del solito bacino belga-olandese hanno dominato e vinto la gara di Coppa del Mondo di ciclocross di Vermiglio e targata Val di Sole. Fem Van Empel, l’olandese in forza al team Pauwels Sauzen-Bingoal, ha corso con un Ridley X-Night. Wout Van Aert ha utilizzato la nuova Cervélo R5-CX, la numero 4. Andiamo a vedere il setting delle due biciclette.

Fem Van Empel ha condotto in testa la gara delle donne dal primo all’ultimo giro
Fem Van Empel ha vinto la gara delle donne

La Ridley numero 2

Il telaio e la forcella sono il modello X-Night in carbonio, per quello che è il top di gamma della casa belga in ambito ciclocross. Nessuna customizzazione del prodotto. Il mezzo è standard. Il cockpit è firmato Deda, compreso il seat-post in carbonio. La piega è una Deda Superzero in carbonio (38 centimetri). L’attacco è in alluminio (100 millimetri). Quest’ultimo non è in battuta sullo sterzo e c’è uno spessore da 1 centimetro. I due shifters del cambio sono posizionati in bolla, non rialzati verso l’alto.

Doppia corona e un blocco per la catena

La sella è la Selle Italia SLR Boost, una sella corta, non in carbonio e senza canale di scarico centrale. La trasmissione è un misto tra Shimano Dura Ace e Ultegra (11 velocità), con le corone della guarnitura “unofficial” (44-34). I rapporti posteriori sono 11/30 (cassetta Ultegra). I pedali sono gli Shimano XT.

Ruote DT Swiss

Le ruote sono le DT Swiss CRC con mozzi e cerchi full carbon Spline, per tubolari. Interessante la scelta delle gomme, differenziate tra anteriore e posteriore, veloci e con tassellatura media, rispettivamente con sezione da 32 e 33. Un altro dettaglio curioso, adottato da molti atleti del Belgio, è l’integrazione di una sorta di chain-catcher. E’ avvitato alla base del profilato obliquo.

La Cervélo di Van Aert

Wout Van Aert ha approcciato Vermiglio nella tarda mattinata di domenica 12 dicembre. Il campione belga è arrivato in Italia sabato, dopo aver corso (e vinto) in Belgio. Ha gareggiato con la bici numero 4, pronta con le gomme da fango e con una sezione di 32 millimetri.

Quale potrebbe essere la chiave di lettura, rispetto a buona parte dei suoi colleghi che hanno utilizzato pneumatici più veloci? WVA ha usato la combinazione con una tassellatura pronunciata e spaziata. La pressione? Vicina alle 1,5 bar, per avere il grip e mordere la neve, ma senza sacrificare in modo eccessivo la scorrevolezza.

Una 58, ma sembra più piccola

Il telaio della Cervélo R5-CX è della misura 58. A Vermiglio, Van Aert ha utilizzato i tubolari Dugast con battistrada 11Storm (Hutchinson), montati sulle ruote Shimano Dura Ace dal profilo medio e full carbon. La trasmissione Shimano Dura Ace Di2, 11 velocità e con doppio plateau anteriore (46-39) e pignoni 11-30 per il retrotreno. Le pedivelle con lunghezza da 172,5 millimetri e i pedali Shimano XTR. La sella è una Fizik Antares in carbonio Braided.

Manubrio Vision-FSA

Cockpit firmato Vision-FSA, con stem SL-K (negativo) in alluminio e due spessori da 0,5 centimetri ciascuno, tra attacco manubrio e profilato dello sterzo. La piega è la Metron full carbon con profilo alare e curvatura pronunciata in avanti di 5°. Gli shifters Di2, orizzontali al terreno e dritti (non curvati verso l’interno).

Van Empel vola, la Vos si suicida. Super show fra le donne

12.12.2021
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Un palo di legno, il braccio e l’ultima curva. Tutto finito, come la caduta di Nibali a Rio o il rigore di Baggio nel 1994. Il pathos della prova femminile a Vermiglio è un crescendo rossiniano. Van Empel è stata in testa dall’inizio, disegnando le sue linee. Alle sue spalle sembravano tutte piantate nella neve. Anche Marianne Vos che per un piccolo inconveniente sembrava aver perso posizioni e speranze. Poi la svolta. Le ragazze davanti continuavano a darci dentro, ma alle loro spalle l’olandese della Jumbo Visma ha iniziato a guadagnare un secondo dietro l’altro. La sua è stata una danza potente e inesorabile che dopo l’ultima salita l’ha scaraventata nella scia di Van Empel.

Il sole è tornato sulle vette, quaggiù l’ombra è di nuovo padrona. E mentre i maschi scaldano i muscoli per la loro partenza, alle spalle del podio sfilano le ragazze. Prima Van Empel, seconda Vos, terza Rochette. E quarta, ad appena 12 secondi dal podio, Eva Lechner. Peccato!

Marianne Vos è stata protagonista di una super rimonta e di un finale incauto
Marianne Vos è stata protagonista di una super rimonta e di un finale incauto

Sempre in testa

Un palo di legno, il braccio e l’ultima curva. Marianne Vos piomba sulla connazionale come un’aquila. La aggancia e quando mancano due curve alla fine, pensa di aver trovato il varco per passarla. I campioni amano anche il gesto ad effetto. La Vos potrebbe benissimo restarle a ruota e aspettare la volata, dove ne farebbe un sol boccone. Ma l’arrivo solitario la tenta e così si infila all’interno della curva. C’è quel dannato palo, il braccio lo aggancia e Marianne cade. Van Empel è incredula, l’aspetta come si fa con un mito caduto al tappeto. Ma quando Vos riparte, Van Empel accelera secca e si presenta sul traguardo con il vantaggio che basta per roteare il pugno e celebrare il successo.

Nel tratto di salita era obbligatorio salire a piedi, la neve era già… rotta
Nel tratto di salita era obbligatorio salire a piedi, la neve era già… rotta

«Ieri ho trovato il percorso difficile – dice la vincitrice, anche lei olandese, 19 anni – invece stamattina ho subito trovato il feeling giusto e sono entrata in gara molto rilassata. Dall’inizio alla fine in prima posizione, la cosa migliore. Ogni settimana quest’anno è andata meglio. L’obiettivo era conquistare un podio, non vincere, ma ho vinto la prima prova sulla neve ed è bellissimo. La neve è molto fredda, non è la mia temperatura ideale. Marianne è arrivata sotto. Io avevo ancora energie per lo sprint, ma lei è caduta nell’ultima curva. Era difficile passare.

«Non era nei piani restare sola in testa, solo volevo avere il mio passo. E’ stato difficile su questo terreno scegliere la traiettoria. E’ stato molto diverso dal correre sulla sabbia. La neve è bianca e non vedi le linee. E’ difficile tenere la tua e vedere se finisci in un’altra. Sulla sabbia, riesci a vedere dove passi».

Disappunto Vos

Marianne Vos è la solita signora, modello di stile e sportività. E se ai mondiali di Leuven poteva avere motivo di avercela con le connazionali, stavolta si rende conto di aver fatto tutto da sola e non fa polemiche.

«Non sapevo cosa aspettarmi – dice – come tutti. Avevo già corso nella neve, ma non così. Mi sono mancati due giri, ma nella seconda parte della corsa ho ritrovato il ritmo, pur non pensando che avrei potuto lottare per la vittoria. Sono stata goffa. Ero tutto o niente, ho chiuso la linea. Per un istante ero convinta di esserci riuscita, poi ho preso il palo. Succede. Ero un po’ contrariata, ma sapevo che non avrei potuto vincere per come si era messa. Hai una linea e appena pensi di averla trovata e un secondo dopo la bici va dovunque. E’ necessario essere concentrati e stare calmi».

Bandiera Lechner

E poi c’è la prima italiana, Eva Lechner, cui un po’ la neve e un po’ l’aria di casa hanno dato forza e coraggio. Lei poi ha grande manico e nella neve ha saputo muoversi alla grande e ancora una volta è stata la bandiera italiana.

Eva Lechner ha chiuso al quarto posto, ad appena 12 secondi dal podio
Eva Lechner ha chiuso al quarto posto, ad appena 12 secondi dal podio

«Mi sono sentita molto bene – dice – ho sbagliato un po’ all’inizio quando ho perso la scia delle prime, poi mi sono ripresa. Il tifo italiano, soprattutto nel punto più in alto è stato spettacolare. Solo in Italia ci sono tifosi così. Sono un po’ dispiaciuta per il podio, che ci voleva proprio. Sono andata veramente vicina, ma sono contenta di aver fatto un posto nei primi cinque. Mi sono divertita con questa neve. E’ un punto di forza mia saper guidare. Sono contenta che la prima prova sulla neve si sia svolta in Italia. La cosa che oggi era difficile erano le traiettorie un po’ ghiacciate. Bisognava avere la sensibilità di tenere la bici e la calma. Se si sbagliava, ti innervosivi e perdevi il controllo. Serviva tenere l’equilibrio, stare in piedi o in bici…».