Mondiali juniores dominati. Salvoldi però guarda già oltre

26.08.2025
5 min
Salva

Sei medaglie d’oro, tre d’argento e quattro di bronzo, surclassando la stessa Gran Bretagna. I mondiali juniores di ciclismo di Apeldoorn in Olanda hanno confermato ancora una volta l’Italia come scuola principale a livello giovanile. Dino Salvoldi torna a casa con il carniere ricco e con tante indicazioni utili per il prosieguo del suo lavoro, che ora si prolunga fino al massimo livello, quello elite. Tanti gli spunti che i 5 giorni di gara hanno dato al selezionatore azzurro.

Salvoldi con il presidente Fci Dagnoni e il quartetto azzurro, oro per il quarto anno di fila
Salvoldi con il presidente Fci Dagnoni e il quartetto azzurro, oro per il quarto anno di fila

Un bilancio sontuoso che però, per Salvoldi, era quasi prevedibile anche dopo i risultati provenienti dagli europei di Anadia: «Senza la minima volontà di apparire presuntuoso le aspettative erano alte perché laddove c’è il cronometro abbiamo un metro di paragone sul quale poter lavorare e i numeri ci dicono dove più o meno potresti collocarci a livello internazionale, a meno di fatti straordinari. Ma centrare il bersaglio pieno quando parti da favorito ha un valore molto importante. Nelle altre gare, quelle di gruppo le variabili sono sempre tante, ma anche lì avevamo la consapevolezza di essere preparati e competitivi. Poi qualche sorpresa c’è anche stata come il bronzo di Vendramin in una prova composita come l’omnium. Alla fine abbiamo corso 8 gare e abbiamo preso la medaglia in 7, in un contesto di categoria che ogni anno si alza sempre di più».

Il quartetto si è confermato e ormai sembra quasi un’abitudine. Questo gruppo, rispetto a quello dello scorso anno che ha stabilito il record mondiale, come si colloca come valori?

Il tempo finale talvolta è anche condizionato dalle condizioni ambientali del tipo di pista e anche dall’avversario con cui ti trovi a correre in finale. Tutte queste componenti sono venute un pochino meno rispetto alla situazione ideale. Presi individualmente avevamo Magagnotti che c’era quest’anno e anche lo scorso. Comunque non credo di fare torto a nessuno nel dire che in questa squadra e in quella dell’anno scorso Magagnotti era il leader, per quello che riguarda gli altri forse quelli dell’anno scorso avevano e avranno più attitudine per la pista, dal punto di vista muscolare e metabolico. Il gruppo di quest’anno è più multidisciplinare, composto da gente che è più indirizzato verso la strada.

Doppio oro per Alessio Magagnotti, vero leader della nazionale su pista e protagonista anche su strada
Doppio oro per Alessio Magagnotti, vero leader della nazionale su pista e protagonista anche su strada
A proposito di Magagnotti, con il suo titolo mondiale d’inseguimento individuale e a squadre ha fatto pensare a Filippo Ganna. Secondo te ci sono punti di contatto?

Io direi che, anche per posizione nel quartetto, trovo molte più affinità con Milan – ribatte Salvoldi – e questo si vede anche su strada, dov’è un vincente nelle volate di gruppo, ma è anche grazie a questa caratteristica specifica che gli consente di fare bene il quartetto e l’insegnamento individuale. Io lo vedo davvero su quella direzione, ricalcando in proiezione i passi di Johnny.

Mentre per quanto riguarda Vendramin, è stato davvero una scoperta in questa occasione, con ben tre medaglie. Che corridore è?

Jacopo sapevamo che è un ciclista di un livello molto alto perché è un ragazzo molto, molto veloce e con una grande abilità di guida e soprattutto una grande visione periferica in gara. Quest’anno lo abbiamo imparato a conoscere, a scoprire e allenare. Nell’ultimo periodo è cresciuto enormemente, si è completato, anche se c’è ancora tanto da fare e lui lo sa. E’ un corridore del dicembre 2008, è quasi più un allievo che uno junior primo anno, ancora giovanissimo e che deve imparare tanto. E’ stata una bella scoperta, un bel percorso condiviso. Chiaramente per renderlo un corridore vero bisogna andare ad allenare quelle lacune che evidentemente deve avere alla sua età, ma devo dirgli bravo, perché i risultati confermano che la sua applicazione, il lavoro che abbiamo fatto ha alzato il suo livello.

Jacopo Vendramin sorpresa azzurra, sul podio in eliminazione, scratch e omnium (foto Uci)
Jacopo Vendramin sorpresa azzurra, sul podio in eliminazione, scratch e omnium (foto Uci)
Allarghiamo un attimo il discorso, a tre anni dalle Olimpiadi un mondiale su pista può dare indicazioni per il discorso olimpico o sono ragazzi troppo giovani per pensare a questa edizione, come invece può succedere per altri sport come il nuoto che svolgeva la rassegna iridata junior in contemporanea?

E’ una bella domanda e devo rispondere che nel sistema Italia la priorità ce l’ha comunque sempre l’attività su strada. Altri Paesi hanno un’altra storia, un’altra struttura rispetto a noi, potrebbe anche non essere prematuro inserire qualche nome già per Los Angeles. Noi con questo gruppo dobbiamo per forza proiettarci verso Brisbane 2032.

Tu adesso ti metti subito all’opera per pensare ai mondiali in Cile? Anche se manca tempo, ti stai facendo un’idea di chi portare e che cosa attendersi, magari coltivando una speranza di avere anche i big del quartetto?

In termini di programmazione la risposta è no. Tutti hanno fatto scelte diverse quest’anno proprio perché è quello postolimpico, scelte che io in prima persona condivido, infatti non ho mai fatto alcuna forzatura, quindi ad oggi non ci sarà nessuno dei campioni a parte Lamon. Magari potrebbe succedere, un imprevisto, una variazione di programma che determini questa opportunità, ma io devo ragionare su quel che ho a disposizione e quindi seguiremo la via maestra di far fare esperienza ai giovani, alcuni al loro primo mondiale. Inizieremo il 3 settembre gli allenamenti e se penso ai mondiali è giusto e coerente tenere un profilo molto basso, ma non c’è niente di male in questo, è una fase di scoperta, di crescita e di riprogrammazione.

La Gran Bretagna ha chiuso alle spalle dell’Italia. Spicca l’oro di Hobbs in omnium e chilometro (foto Uci)
La Gran Bretagna ha chiuso alle spalle dell’Italia. Spicca l’oro di Hobbs in omnium e chilometro (foto Uci)
Proprio in questi giorni, sono usciti i calendari di Coppa del mondo per i prossimi 3 anni, con tutte gare in Estremo Oriente e Australia salvo la penultima tappa 2028 in Francia. E’ un programma che secondo te va bene per noi, per guadagnarsi la qualificazione olimpica?

Per dove sono collocate devo dire di no – risponde Salvoldi – ma anche per quando, perché il periodo d’inizio anno non ci aiuta. Tutti e dico tutti saranno impegnati con i loro team nella preparazione e nelle prime gare, quindi dovremo programmarci bene, fare un turnover, considerando anche che sono tutte gare molto lontane, che quindi presuppongono anche viaggi e giorni d’impegno. Avere un calendario definito aiuta comunque a fare un’ipotesi di programmazione. Ma ancora più importanti delle Coppe del mondo saranno i mondiali, perché è facilmente presumibile che da lì scaturirà la maggior parte dei punti validi per la qualificazione olimpica. Lì dovremo programmare di avere la presenza degli atleti migliori.

EDITORIALE / Da Apeldoorn la ricetta perché tutto riparta

25.08.2025
6 min
Salva

La trasferta iridata di Apeldoorn è stata un trionfo azzurro. Lo scorso anno il bilancio parlò di tre ori e un bronzo. Quest’anno la spedizione è tornata a casa con 6 ori, 3 argenti e 4 bronzi: 13 medaglie, che hanno collocato l’Italia al primo posto del medagliere.

Matilde Cenci nel chilometro da fermo e nel keirin (foto UCI in apertura). Trevisan, ancora Matilde Cenci, Campana e Fiscarelli nel team sprint. Colombo, Cornacchini, Magagnotti, Matteoli e Federico Saccani nell’inseguimento a squadre. Ancora Magagnotti nell’inseguimento individuale, Chantal Pegolo nell’eliminazione. Questi gli ori di Apeldoorn, seguiti dagli argenti di Jacopo Vendramin nell’eliminazione, di Julian Bortolami e Riccardo Colombo nella madison, di Linda Sanarini, Matilde Rossignoli, Elisa Bianchi, Alessia Orsi ed Erja Giulia Bianchi nell’inseguimento a squadre. Infine i bronzi, con Vendramin nell’omnium e nello scratch, Matilde Cenci nello sprint e Magagnotti nel chilometro.

«Oltre ai doverosi complimenti ad atleti e società – ha commentato il presidente FCI Dagnoni – ci tengo a ringraziare tutti i tecnici e lo staff della Nazionale, che da tempo lavora in perfetta sinergia, permettendo ogni anno di raggiungere obiettivi sempre maggiori. Credo che la continuità tecnica sia uno dei segreti. Abbiamo impostato il lavoro quattro anni fa credendo in questi tecnici e da allora non ci sono stati cambiamenti sostanziali. Questo ha permesso a ognuno di lavorare con tranquillità. L’armonia che regna nelle nostre Nazionali consente agli atleti di esprimersi al meglio e di crescere tecnicamente».

WorldTour e devo team

Tempo fa scrivemmo in un Editoriale che la WorldTour italiana esiste ed è il gruppo della pista. Marco Villa era ancora al comando e la sua programmazione, che prosegue oggi in continuità, ha permesso negli anni di arrivare a titoli olimpici e mondiali fra le donne e fra gli uomini. Una struttura nata nella precedente gestione federale e che, opportunamente potenziata, lavora nella continuità cui fa riferimento il presidente Dagnoni.

L’inserimento di Dino Salvoldi alla guida degli juniores e ora della pista maschile è stato un’intuizione geniale di cui va riconosciuto il merito. Il potenziamento del team performance e il coinvolgimento sempre maggiore di Diego Bragato nella gestione degli atleti si sta rivelando un’altra mossa vincente. Ne consegue che se il gruppo degli elite è la WorldTour, le nazionali U23 e juniores sono il degno devo team, che lavora in modo coerente con i metodi del vertice. I risultati di Anadia e ora di Apeldoorn ne sono la testimonianza.

E qui il discorso si sposta al resto del ciclismo italiano, che fa fatica ed è sotto gli occhi di tutti. Tuttavia quella fatica andrebbe forse riletta alla luce di altre consapevolezze per le quali il ruolo federale potrebbe non essere così impattante. Proviamo a spiegarci, tornando al periodo del Covid da cui tutto è cominciato. Prima era diverso, magari già avviato lungo una china da non sottovalutare, ma diverso. Scusate il paragone in apparenza contorto: se avrete la pazienza di seguirci, magari alla fine ci troveremo d’accordo.

Fra Covid e programmazione

Quando la pandemia travolse tutto e tutti e ci si accorse che la bicicletta era il solo modo per sfuggire al lockdown, fu evidente che alcuni negozi fossero pieni di pezzi da vendere, mentre altri erano a secco. Erano i più piccoli, quelli che andavano avanti con le regole di una volta e non erano stati in grado – per incapacità o mancanza di cultura specifica – di attuare la programmazione degli ordini che la crisi aveva reso indispensabile. Negli anni quei piccoli negozi hanno chiuso e sono rimasti in piedi le strutture più grandi.

Nelle squadre è accaduto o sta ancora accadendo la stessa cosa. Il ciclismo giovanile, che per decenni è andato avanti con il volontariato, si è trovato davanti a strutture più organizzate, che dall’estero hanno mostrato una superiore capacità di organizzazione e pianificazione. Squadre nate con budget superiori oppure capaci di attrarre risorse grazie a strutture nuove e senza troppi vincoli con il passato. In una vita precedente, qualcuno raccomandò di tenere lontani i manager dalle squadre, senza capire che così facendo si stava condannando il ciclismo italiano all’estinzione.

Chi ha capito è riuscito ad attuare una conversione, infilandosi nel binario che porta verso il futuro. L’esempio del Cycling Team Friuli e a breve della Biesse-Carrera (in procinto di entrare nell’orbita Cofidis, sia pure non come devo team) ne sono un valido esempio. Chi ha deciso di resistere sulla vecchia strada purtroppo ha dovuto rassegnarsi alla chiusura. L’esempio della Zalf Fior è una ferita ancora dolorosa.

Il settore velocità sta decollando, la conferma di Apeldoorn: qui il ct Ivan Quaranta assieme a Matilde Cenci (foto UCI)
Il settore velocità sta decollando, la conferma di Apeldoorn: qui il ct Ivan Quaranta assieme a Matilde Cenci (foto UCI)

Il ruolo della Federazione

La Federazione in tutto questo ha un ruolo? Probabilmente non avrebbe potuto scongiurare il tracollo di quel mondo. Semmai una responsabilità superiore ce l’ha probabilmente chi in precedenza si è accontentato di gestire senza programmare, gettando il seme sulla sabbia o in mezzo ai rovi. Se oggi qualcosa si può fare è prendere in mano il movimento, dargli una forma e guidare il futuro, nella stessa direzione adottata con le nazionali. Non può essere la Federazione ad attrarre i budget per le società, ma può esigere che chi guida il ciclismo di base sia davvero qualificato. Bene il volontariato, a patto che non diventi l’alibi per restare fermi. La Federazione può e deve vigilare sulla corretta gestione dei ragazzi più giovani. Coinvolgendo persone innamorate e competenti come Mario Chiesa, per fare un esempio, che proprio qui ha di recente denunciato le esagerazioni che non portano a niente.

Ecco, se qualcosa ci sentiamo di chiedere alla Federazione del presidente Dagnoni, prima di stringergli la mano per i risultati ottenuti ad Apeldoorn e Anadia, è di uscire dalla logica dei voti nel cui nome si accetta di non crescere. Di modificare lo statuto e dare voce a chi avrebbe davvero le competenze per far ripartire il nostro ciclismo. Di impegnarsi sul territorio e nelle scuole, per raccontare la potenza educativa, ecologica e sociale di questo sport. Solo qualificando chi opera nel ciclismo si può sperare che lo sport torni appetibile. E che il meccanismo virtuoso si rimetta in moto.

Capello vince dappertutto. Salvoldi guarda già lontano…

28.07.2025
4 min
Salva

Roberto Capello non si ferma più. Il corridore della Grenke-Auto Eder ha conquistato la scorsa domenica anche la Medzinarodne dni Cyklistiky, prova di Nations Cup su tre tappe, la sua quarta vittoria in poco più di un mese. Ormai non è un caso, il diciassettenne è diventato un riferimento assoluto fra gli juniores.

Dino Salvoldi, il cittì azzurro non era in terra slovacca seguire la trasferta della nazionale, impegnato com’era nei contemporanei europei juniores e U23 su pista in Portogallo e aveva affidato la guida della squadra a Dino Fusar Poli che, al di là del successo gli ha dato importanti indicazioni sulla tre giorni e soprattutto sul comportamento del nuovo gioiello del ciclismo giovanile.

Il podio finale della prova slovacca, vinta dall’azzurro con 7″ sul ceko Patras (foto Sona Nikova)
Il podio finale della prova slovacca, vinta dall’azzurro con 7″ sul ceko Patras (foto Sona Nikova)

L’influsso del team tedesco

E’ chiaro a questo punto che il Capello di oggi è ben diverso da quello di un anno fa e al di là dell’anno di maturazione in più, molto ha influito l’ingresso nella multinazionale filiera della Red Bull Bora Hansgrohe. Anche Salvoldi ne è ben cosciente.

«Bisogna fare alcune considerazioni di base. Da un punto di vista dei volumi dell’allenamento non è cambiato molto per lui perché già l’anno scorso era un ragazzo abituato ad allenarsi con continuità e con carichi importanti. Anzi, da quel punto di vista forse fa anche meno. Quello che evidentemente è cambiata è la qualità della squadra e dei compagni e il calendario. E’ passato da fare una stagione tipo campionato di calcio, correndo con frequenza settimanale a correre praticamente solo gare a tappe, ma con una frequenza molto controllata. Finora ha solo 18 giorni di gara nelle gambe…».

L’arrivo di Capello al Trofeo Dorigo, dominato dal team tedesco con 5 atleti ai primi 5 posti (Photors)
L’arrivo di Capello al Trofeo Dorigo, dominato dal team tedesco con 5 atleti ai primi 5 posti (Photors)
Il team influisce solo su questo?

E’ già un aspetto importante. Poi, essendo entrato in una squadra prestigiosa con compagni di livello, sono aumentate anche le possibilità di fare risultato ma sono cambiati anche i materiali che sono diventati davvero di primissima qualità, a livello dei professionisti.

Pensi che sia scattato qualcosa anche mentalmente? Il team sta investendo molto su di lui anche come responsabilità, facendone spesso il leader del gruppo, quasi vogliano costruire un leader e non solo un corridore per il futuro team professionistico…

Quello sicuramente è stato un altro step, creare una mentalità più vincente che l’anno scorso non aveva. Lui comunque sta imparando e spesso si mette al servizio dei compagni di squadra, anche quando la corsa è particolarmente dura. Lui per le sue qualità, le sue caratteristiche, spesso è davanti e tante volte ha visto vincere i suoi compagni. A differenza dell’anno scorso, quest’anno è diventato vincente anche lui. Io più che le vittorie apprezzo la sua costanza di essere sempre tra i migliori, in qualsiasi contesto. Ha cambiato dimensione da quel punto di vista sicuramente.

Moller Andersen e Schoonvelde, doppietta al Trofeo General Patton in Lussemburgo grazie anche all’azzurro, 3° (foto team)
Moller Andersen e Schoonvelde, doppietta al Trofeo General Patton in Lussemburgo grazie anche all’azzurro, 3°(foto team)
Viene naturale fare un paragone con Finn, anche per il fatto dell’appartenenza alla squadra tedesca. Quali sono i punti in comune fra i due e le differenze?

Sono entrambi molto bravi in salita e anche a cronometro, il che ne fa ottimi prospetti per le corse a tappe. Roberto, a differenza di Lorenzo, si esprime su frequenze di pedalata più basse, di conseguenza è un po’ meno esplosivo, meno veloce. E quindi tende a fare la differenza più sulla costanza del mantenere un ritmo elevato, invece Lorenzo ha più facilità di variazione di velocità, questa è la differenza sostanziale.

Per Capello vittoria anche al campionato italiano a cronometro, un segnale importante per il futuro
Per Capello vittoria anche al campionato italiano a cronometro, un segnale importante per il futuro
Stai pensando a come impiegarlo per le prove titolate?

I mondiali in Rwanda sappiamo che avranno un dislivello importante, forse troppo accentuato per le sue caratteristiche anche se bisogna prima vederlo di persona per capire come impostare la squadra. D’altro canto c’è da dire che Capello su una distanza importante com’è quella di un mondiale è fra i migliori al mondo in questo momento. Vedremo insieme agli altri due ragazzi che lo affiancheranno come impostare la corsa, posso dire però che già lo vedo come titolare anche perché farà anche la cronometro. Diverso il discorso per l’europeo, che mi sembra maggiormente nelle sue corde, valutando solo il profilo altimetrico e la tipologia della salite.

Finn è un corridore prettamente stradista. Capello secondo te potrebbe avere anche giovamento dal fare attività, magari anche solo di allenamento, su pista?

Come mezzo di allenamento, pensando alla cronometro o a migliorare quelle lacune che ha soprattutto in riferimento alla forza, qualche allenamento potrebbe essergli utile, però non ha le caratteristiche per gareggiare su pista, quello no.

Tante medaglie e tanti segnali. Salvoldi mette un po’ d’ordine

26.07.2025
5 min
Salva

Una trasferta per certi versi difficile quella vissuta dalla nazionale italiana ad Anadia (POR) per gli europei juniores e under 23 su pista. Siamo nell’anno postolimpico e Dino Salvoldi ha spesso specificato come questa stagione sia importante per cercare risposte nella costruzione della nazionale che poi dovrà andare a caccia della qualificazione olimpica. Dall’altro lato la ristrutturazione dei quadri tecnici ha avuto un effetto, rallentato i tempi di lavoro e per questo il testo lusitano era visto non senza apprensione.

Proprio da queste considerazioni parte l’analisi del tecnico azzurro, che visti suoi incarichi deve anche differenziare più di prima l’occhio verso i più giovani come verso coloro che sono alle porte della nazionale maggiore.

Ad Anadia l’Italia ha conquistato complessivamente 22 medaglie di cui 9 d’oro, finendo seconda nel medagliere
Ad Anadia l’Italia ha conquistato complessivamente 22 medaglie di cui 9 d’oro, finendo seconda nel medagliere

«Complessivamente sono chiaramente soddisfatto, ma devo fare un distinguo. Per gli juniores ho la consapevolezza di aver fatto il percorso giusto e di aver presentato una squadra competitiva. Al contrario, negli under 23 avevo un po’ di dubbi perché c’è stata discontinuità nella preparazione, oltre al fatto di avere iniziato tardi. Per una serie di imprevisti non abbiamo avuto modo di prepararci e quindi arrivare con i ragazzi al meglio delle loro potenzialità».

Alla luce di questo i risultati (ricordando che l’Italia ha chiuso seconda nel medagliere) assumono quindi una luce diversa?

Sì, perché ho avuto delle conferme, ma soprattutto indicazioni utili in prospettiva, sul materiale umano che abbiamo a disposizione.

Ancora un titolo europeo per Davide Stella, che ha svettato nello scratch. Per Salvoldi è un punto fermo
Ancora un titolo europeo per Davide Stella, che ha svettato nello scratch. Per Salvoldi è un punto fermo
Queste difficoltà si sono ad esempio tradotte nell’impegno dell’inseguimento a squadre U23: quel bronzo ti ha lasciato un po’ l’amaro in bocca?

Alla fine il bronzo è stato un premio – risponde Salvoldi – perché è arrivato dopo tre prove e siamo andati progressivamente meglio. Potrei dire che la terza è stata la prima gara interpretata bene, con tutti gli automatismi proprio perché prima si sono visti i problemi della mancanza di lavoro insieme. E’ stata una prestazione consona a al livello che avevamo in quel momento. Sono tutte indicazioni che ho tratto e incamerato, i problemi tattici che abbiamo riscontrato ci serviranno per il futuro. Il tempo di lavoro mancato poi in gara lo paghi. E’ un bronzo che premia l’applicazione dei ragazzi, ma che non rispecchia il loro reale valore.

Parlavi prima degli juniores. Facendo il paragone con la generazione precedente, quella che adesso è under 23, che valore ha questa?

Vorrei innanzitutto sottolineare che è il quarto anno di fila che vinciamo e sempre con prestazioni cronometriche importanti. Sono frutto di un lavoro continuativo, che per i secondo anno è iniziato nel 2024 mentre per i nuovi è iniziato a dicembre inserendoli progressivamente. E’ un flusso continuo, che poi andrà avanti col cambio di categoria. Io con i ragazzi sono stato chiaro, questo è un anno dove si deve lavorare il più possibile perché probabilmente i mondiali 2026 saranno già qualificativi per Los Angeles e dovremo farci trovare pronti.

Vittoria nella corsa a punti per Juan David Sierra, dedicata al compianto Samuele Privitera
Vittoria nella corsa a punti per Juan David Sierra, dedicata al compianto Samuele Privitera
Proprio per le difficoltà che dicevi prima a proposito degli under 23, le vittorie di Sierra e di Stella hanno magari quel pizzico di valore in più perché raggiunte proprio non essendo al massimo della condizione?

Sì, infatti loro hanno questa grande abilità anche di tattica e di conduzione del mezzo. Anche se non sono al 100 per cento riescono comunque ad essere competitivi in quel tipo di gare, corsa a punti e scratch in quest’occasione. Io non mi preoccupo, è stato solo un problema di tempistica, secondo me più avanti, proseguendo nel lavoro, avremo molte più indicazioni. L’anno prossimo, quando partiremo dall’inizio, iniziando gli allenamenti prima, avremo un altro tipo di riscontri. In prospettiva, alcuni di questi giovani oggi under o juniores, potranno andare ad implementare il gruppo degli elite. Adesso c’è ancora un gap, serve lavoro costante.

E’ pesato il ritorno dei russi?

A livello juniores, ne avevamo già incontrati lo scorso anno ai campionati del mondo. Sono sempre stati forti, hanno sempre avuto grande tradizione e quindi non sono certo una sorpresa. Vedremo quanti e quali di loro continueranno a progredire, ma dobbiamo considerarli un fattore anche in ottica olimpica.

Renato Favero ha chiuso secondo nell’inseguimento, battuto dall’inglese Charlton. 3° Giaimi
Renato Favero ha chiuso secondo nell’inseguimento, battuto dall’inglese Charlton. 3° Giaimi
E ora?

Ora si torna a lavorare a testa bassa – avverte Salvoldi – perché dal 20 al 24 agosto abbiamo i campionati del mondo juniores che per noi sono il vero obiettivo. Questo è stato il primo passaggio, il primo momento di confronto, il mettere il numero sulla schiena dopo tanti allenamenti fatti insieme. Quindi adesso abbiamo un altro mese per arrivare al top della condizione. Con gli Under invece iniziamo a lavorare insieme agli elite per i mondiali di ottobre che ci daranno altre risposte in funzione del nostro vero target, la qualificazione olimpica. Abbiamo fatto delle buone prestazioni, 3’51” del quartetto nella finalina è tanta roba, ma dobbiamo renderci conto che non c’è tempo da perdere, perché le qualificazioni olimpiche sono davvero dietro l’angolo…

Pokerissimo Grenke al Dorigo. L’analisi di Salvoldi

20.06.2025
5 min
Salva

Il Trofeo Dorigo ha regalato un esito a sensazione: 5 corridori della stessa squadra, nell’occasione il Team Grenke Auto Eder, ai primi 5 posti (in apertura, foto team). Qualcosa di assolutamente inusuale nell’ambito sportivo nel suo insieme, ricordando un po’ quello che faceva la Valanga Azzurra nello sci alpino anni Settanta (ma nell’ambito ciclistico anche la Mapei dei bei tempi non ci andava poi lontano, Roubaix 1996 docet…), ma quel che è avvenuto a Solighetto, che per molti team italiani era uno degli obiettivi di questa parte di stagione, non può passare sotto silenzio.

Dino Salvoldi, il cittì della nazionale juniores, si è fatto delle sue idee al riguardo, partendo comunque da un momento complessivamente positivo del nostro movimento che in fin dei conti è sempre in testa alla Nations Cup pur con una partecipazione ridotta per i ben noti tagli finanziari.

Salvoldi, cittì della nazionale italiana, ha guardato con molta attenzione quanto successo al Trofeo Dorigo
Salvoldi, cittì della nazionale italiana, ha guardato con molta attenzione quanto successo al Trofeo Dorigo

«Questa prima parte di stagione ci ha dato da una parte delle certezze e dall’altra ha evidenziato lacune sulle quali lavorare. I risultati internazionali ci dicono che il movimento c’è, è forte, ma abbiamo uomini che sono forti per alcuni percorsi e non per altri. Per spiegarmi meglio, nel 2024 avevamo un corridore di livello assoluto come Finn che non per caso poi è andato a prendersi il titolo mondiale. Oggi forse non abbiamo il riferimento assoluto, ma abbiamo tanti corridori forti a comporre un’ottima squadra».

Tu però hai un occhio molto attgento e quel che è successo a Solighetto non potrà non averti destato alcune considerazioni…

Certamente, quel che è avvenuto deve essere soppesato con attenzione. Partiamo col dire che a vincere è stato un italiano, Roberto Capello e questo a me che sono il cittì non può che far piacere e darmi indicazioni positive. Una settimana prima alla Classique des Alpes Capello aveva sfiorato lo stesso risultato, poi solo particolari situazioni tattiche avevano determinato scelte diverse. Poi non dimentichiamo che a lottare per un posto nei primi 5 ci sarebbe stato anche Agostinacchio, se non fosse caduto. Detto questo, non voglio comunque sfuggire al tema.

Per Roberto Capello una grande vittoria, arrivando da solo con 1’45” sui compagni (foto Arianna Paoli)
Per Roberto Capello una grande vittoria, arrivando da solo con 1’45” sui compagni (foto Arianna Paoli)
Secondo te un dominio così marcato da che cosa dipende, al di là del valore intrinseco del team appartenente alla filiera della Red Bull?

Generalmente c’è una differenza marcata nella preparazione. Queste prestazioni derivano dalla consapevolezza di poter realizzare nelle gare quel che emerge nella preparazione di gruppo ed è importante questa specifica. Perché in quel team si lavora molto tutti insieme e quegli allenamenti di squadra hanno poi un peso specifico diverso da quello che hanno negli altri team, dove si lavora individualmente con contatti fra corridore e preparatore. La qualità dell’allenamento di gruppo alza il livello di tutti, i grandi momenti di preparazione si fanno in team, esattamente come avviene per gli sport di squadra. Il ciclismo sta cambiando in questo senso.

Quindi non è più solo un problema di “quanto” ma di “come” ci si allena?

Sono cose connesse. In Italia si è spesso discusso sul monte ore di allenamento che fa uno junior, ma accumulare ore vale se lo si fa in gruppo. Torniamo al discorso delle lacune di cui prima: noi notiamo che generalmente (e ci tengo che si consideri questo fatto, perché poi ogni caso va valutato di per sé) i nostri ragazzi hanno una qualità media di allenamento in pianura inferiore a quella di altri Paesi. Questo significa che in una gara internazionale, quando si arriva ai piedi della salita, il corridore che pure ha grandi valori come scalatore ci arriva stanco, con le armi spuntate. L’allenamento CT 5+5 diviso fra pianura e salita sarà più simile alla gara. In team come quello si ragiona prendendo le prestazioni in allenamento per far sì che siano le stesse in gara.

I danesi Byrkedal e Moller Andresen, che con Schoonvelde (NED) e Tjumins (LAT) hanno lavorato per Capello (foto Arianna Paoli)
I danesi Byrkedal e Moller Andresen, che con Schoonvelde (NED) e Tjumins (LAT) hanno lavorato per Capello (foto Arianna Paoli)
Siamo quindi indietro…

Piano con i giudizi. Io parlo generalmente e posso dire che ci stiamo adeguando, si comincia a capire che non ci si gioca più tutto in salita. Un dato che mi ha sorpreso, a proposito della prestazione del team tedesco è stata il fatto che abbiano lavorato di squadra senza l’uso delle radioline, sono stati bravissimi in questo e ciò deriva proprio dalla formazione del gruppo in allenamento, tutto l’anno. Ma io sono convinto che ci stiamo arrivando e se guardo l’andamento italiano nel suo insieme posso dire che il bicchiere è ben più che mezzo pieno…

Non avere un team di riferimento nel WT è in questo senso un handicap?

Sono tanti i Paesi che non ce l’hanno, io credo che influisca poco, non ne facciamo un alibi di comodo. Il tema è insito in ogni team, bisogna capire se si preferisce guardare più all’agonismo o alla promozione, se si cerca solo il risultato o si pensa alla crescita dei propri ragazzi. Io ho contatti costanti con i vari direttori sportivi e trovo molta comprensione e voglia di crescere di pari passo con il movimento internazionale, di adeguarsi. Noi i team di riferimento nazionale li abbiamo, 2 professional che dal prossimo anno saranno 3 ma bisogna ragionare su altri termini.

Il lettone Tjumins, un altro dei leader della Grenke, dove il ruolo è gestito a rotazione (foto Arianna Paoli)
Il lettone Tjumins, un altro dei leader della Grenke, dove il ruolo è gestito a rotazione (foto Arianna Paoli)
Il lavoro su pista che fai con tanti ragazzi ha un’importanza anche in tal senso?

Diciamo che serve a crescere anche per affrontare certi percorsi, è sicuramente un aiuto ma non è la soluzione per tutto. Bisogna capire che si va sempre più veloci e i ragazzi devono essere messi nelle condizioni di farlo. Poi anch’io sono critico, anch’io penso che le velocità dovrebbero diminuire ma questo si fa a livello di regole, a livello dirigenziale, noi possiamo solo adeguarci.

Davide Frigo cresce, vince e Salvoldi lo chiama in nazionale

06.06.2025
6 min
Salva

Davide Frigo è uno dei protagonisti di questo inizio di stagione nella categoria juniores, il fratello minore di Marco che abbiamo iniziato a conoscere dopo la vittoria alla Coppa Montes ha aggiunto un altro tassello al suo percorso di crescita. Il veneto al suo secondo anno da junior ha messo in tasca anche il Giro del Friuli (in apertura foto Bolgan) e per lui è arrivata la chiamata dal cittì della nazionale Salvoldi per la prossima prova di Nations Cup: il GP Dino Baron. 

«In realtà – ci racconta mentre si sta dirigendo al lago Le Bandie – Salvoldi mi aveva chiamato per correre la Corsa della Pace, ma un malanno mi ha impedito di partire. Mi è dispiaciuto, ma sono felice e onorato che il cittì mi abbia chiamato per questa gara. Siamo partiti giovedì (ieri per chi legge, ndr) e abbiamo fatto una prova del percorso. Domani faremo scarico mentre sabato e domenica si corre».

Davide Frigo insieme ai compagni del Team Tiepolo dopo la vittoria al Giro del Friuli Venezia Giulia Juniores (foto Bolgan)
Davide Frigo insieme ai compagni del Team Tiepolo dopo la vittoria al Giro del Friuli Venezia Giulia Juniores (foto Bolgan)

Vestire l’azzurro

I primi mesi di questa seconda stagione nella categoria juniores ci hanno fatto apprezzare le qualità di Davide Frigo, fratello minore di Marco Frigo, professionista con la Israel Premier Tech. I due si somigliano molto, ci ha raccontato lo stesso Marco un mesetto fa. Ma ora, visti anche i risultati e le qualità dimostrate, è il momento di conoscere personalmente Davide Frigo. Chi è il giovane veneto che si sta facendo conoscere a colpi di pedale e che è entrato nell’orbita della nazionale?

«Innanzitutto – precisa Davide Frigo – ci tengo a ringraziare Dino Salvoldi per la fiducia. Essere qui con la nazionale è bellissimo. Ho sempre visto mio fratello e devo ammettere che anche avendoli a casa non ho mai voluto indossare i vestiti della nazionale. Dentro di me pensavo fosse un “peso” e che avrei dovuto meritarmeli. Ora che sono stato convocato e che andrò a correre con l’azzurro addosso sono doppiamente felice».

Davide Frigo ha corso in maniera costante rimanendo con i migliori nella tappa decisiva, dimostrando ottime doti in salita (foto Bolgan)
Davide Frigo ha corso in maniera costante rimanendo con i migliori nella tappa decisiva, dimostrando ottime doti in salita (foto Bolgan)
Chi saranno i tuoi compagni di avventura al Baron?

Barutti, Magagnotti, Pedritti, Turconi e Rosato. Ho incontrato più o meno tutti nelle varie gare, soprattutto Magagnotti e Rosato che sono delle mie zone (Davide Frigo abita a Bassano del Grappa, ndr). Con loro due corro da quando ero giovanissimo, praticamente. Non li conosco molto bene, ma in questi giorni rimedieremo. 

La convocazione con la nazionale arriva dopo una prima parte di stagione davvero positiva…

Già dalle prime gare avevo ottenuto ottimi risultati, poi è arrivata la vittoria alla Coppa Montes, gara internazionale. Penso che quel successo abbia fatto svoltare un po’ la stagione, tanto che Salvoldi mi ha convocato in nazionale. Mi ha detto che gli era piaciuto come avevo corso alla Piccola Liegi delle Bregonze, ero andato in fuga e avevo attaccato spesso. Il cittì quel giorno era in moto a seguire la gara da dentro ed è rimasto colpito da mio spirito battagliero. 

E’ il tuo modo di correre?

Diciamo di sì. Anche perché in volata sono fermo, quindi se voglio provare a fare qualcosa devo muovermi in anticipo e provare a staccare tutti. 

Il punto debole di Davide Frigo è la volata, nello sprint a tre della terza tappa è arrivato terzo (foto Bolgan)
Il punto debole di Davide Frigo è la volata, nello sprint a tre della terza tappa è arrivato terzo (foto Bolgan)
Cosa che alla Coppa Montes ti è riuscita, invece com’è andata al Giro del Friuli?

Trattandosi di una gara a tappe, lo svolgimento è stato un po’ diverso. Non sono mai arrivato da solo, ma sono riuscito a rimanere davanti in tutte e tre le tappe. Durante la cronometro iniziale mi sono difeso bene. Invece nella tappa più difficile, la terza, sono rimasto con Proietti Gagliardoni e Frizzi che però erano dietro di me in classifica generale. 

In cosa ti senti migliore rispetto allo scorso anno?

Credo di essere maturato tanto, sia fisicamente che mentalmente. Già nel 2024 avevo notato un miglioramento, ma la mia priorità era aiutare la squadra e i miei compagni più grandi. Non cercavo il risultato personale, mentre quest’anno ho cambiato un po’ mentalità visto che sono passato secondo anno juniores. Sono partito con l’idea di finalizzare e ci sto riuscendo, anche con un po’ di fortuna. 

Cosa vuol dire indossare la maglia della nazionale per te?

Un onore. Cercherò di farmi vedere e di onorarla al meglio lavorando al meglio per la squadra. Anche quando si corre con una maglia così prestigiosa la cosa importante è pensare alla squadra. Vedremo di fare delle belle gare, per me vedo più adatta quella di domenica. 

Davide Frigo è cresciuto con l’esempio e i consigli del fratello maggiore Marco, professionista con la Israel Premier Tech (foto Bolgan)
Davide Frigo è cresciuto con l’esempio e i consigli del fratello maggiore Marco, professionista con la Israel Premier Tech (foto Bolgan)
Come mai?

Si addice alle mie caratteristiche, è davvero dura. Sono un corridore che in salita va bene e ha un buon passo in pianura. 

E tuo fratello ti ha dato qualche consiglio prima di questo importante esordio?

Me ne dà sempre tanti. Abbiamo un bellissimo rapporto e mi suggerisce anche piccole cose che, messe insieme, mi aiutano a capire tanto del ciclismo e mi fanno crescere. Forse il consiglio che ricordo di più è di mangiare tanto per riempire la gamba (sorride, ndr). 

Nel 2024 Davide Frigo si era messo a disposizione dei compagni più grandi, ora tocca anche a lui mostrare le sue doti (foto Bolgan)
Nel 2024 Davide Frigo si era messo a disposizione dei compagni più grandi, ora tocca anche a lui mostrare le sue doti (foto Bolgan)
Che ragazzo è Davide Frigo fuori dalla bici?

Sono uno abbastanza tranquillo, non mi piace andare tanto alle feste o stare dove c’è molta gente. Ho pochi amici ma li ritengo validi proprio per questo. Quando non vado in bici mi piace comunque guardare diversi sport. In famiglia siamo appassionati di motori. 

Tu e tuo fratello in bici avete davvero caratteristiche così simili o c’è qualcosa in cui siete diversi?

Ora sono più leggero di lui, quindi credo di essere uno scalatore migliore. E’ anche vero che non ho ancora smesso di crescere, magari in futuro diventerò anche io un passista come Marco. Nella vita credo che lui sia leggermente più testardo, riesce a fare le cose anche da solo, invece io mi faccio aiutare da qualcuno. Quando ho bisogno, chiedo spesso a mio papà. Per noi la famiglia viene prima di tutto, siamo molto uniti.

Tra pista e juniores, la doppia veste di Salvoldi

14.05.2025
5 min
Salva

E mentre il suo collaboratore di sempre Sangalli si accinge al debutto al Giro, Dino Salvoldi è reduce da un’importante trasferta, quella per la Corsa della Pace. Ennesimo capitolo di una stagione nella quale non c’è sosta, visto il suo doppio incarico federale di responsabile della categoria (in toto, cioè fra pista e strada com’era prima) e di cittì della pista maschile nel suo insieme. Tenere dietro a tutto non è facile, ma come aveva fatto tre anni fa quando gli fu affidato il settore giovanile, il tecnico si è messo al lavoro per ambientarsi il più possibile.

Ecco quindi che ogni intervista, ogni contatto lo investe da due sponde, per tastare con mano la situazione da una parte e dall’altra. Lui però sembra avere già trovato la quadra per la coesistenza fra le due anime. La chiacchierata non può che prendere avvio proprio da quanto avvenuto in terra boema.

La squadra azzurra in Boemia: da sinistra Magagnotti, Mengarelli, Agostinacchio, Capello e Bertoncelli
Parte della squadra azzurra in Boemia: da sinistra Agostinacchio, Capello e Bertoncelli

«Essere stati protagonisti in una gara così prestigiosa è un bellissimo segnale. Abbiamo vinto la classifica a squadre e fatto doppietta in quella a punti con Magagnotti e Agostinacchio, siamo saliti sul podio generale con Capello, poi una vittoria di tappa sempre con Magagnotti e altri tre podi grazie anche ad Agostinacchio, credo che i numeri dicano tutto. Quel che non dicono è che torniamo a casa anche con qualche rimpianto in valigia, perché nella tappa principale abbiamo provato a ribaltare la classifica e solo un pizzico di sfortuna e qualche imprecisione ce lo hanno impedito».

Come ti stai trovando con i ragazzi?

Diciamo che questo è la prosecuzione del lavoro degli anni precedenti, anche perché questi ragazzi sono al secondo anno e sono molto più avvezzi, si vede la loro crescita anche personale. Siamo arrivati all’evento con meno raduni per il ridotto budget a disposizione, abbiamo pagato a caro prezzo l’annullamento dell’Eroica che ci sarebbe servita tantissimo, ma il primo test internazionale ci ha dato risposte anche superiori alle aspettative.

Il cittì con i ragazzi prima del via di una tappa. La scelta delle strategie è stata fondamentale per loro
Il cittì con i ragazzi prima del via di una tappa. La scelta delle strategie è stata fondamentale per loro
D’altro canto sulla categoria c’è molta attenzione dopo l’exploit di Finn agli ultimi mondiali. Si sente la sua mancanza ora che è passato di categoria?

Quella è stata una bellissima pagina, ma noi dobbiamo andare avanti. Io noto che il livello medio del nostro movimento si è molto alzato. In alcune gare che tre anni fa mostravano una grande selezione, oggi vedo arrivi di gruppi abbastanza corposi, questo significa che il livello generale è salito, lo dicono anche le medie orarie. Per me questo test aveva molto valore, anche se è presto per trarne indicazioni per le prove titolate.

Dicevi però che questo era un punto di svolta. E ora?

Ora inizieremo a differenziare i gruppi, mettendo da una parte chi è immediatamente competitivo e dall’altra quei ragazzi di primo anno sui quali lavorare con costrutto per il 2026. Teniamo anche conto di un fatto: tradizionalmente il nostro movimento nella prima parte dell’anno è meno brillante perché c’è la variabile scuola che influisce molto di più che negli altri Paesi, penso che andando avanti nella stagione il nostro livello crescerà ancora.

Salvoldi è spesso presente alle gare junior italiane per valutare il livello dei ragazzi
Salvoldi è spesso presente alle gare junior italiane per valutare il livello dei ragazzi
Veniamo alla pista, come ti stai gestendo?

Con gli under 23 il mio lavoro è iniziato praticamente da un mese – risponde Salvoldi – ma per la categoria sono già settimane importanti perché ci sono gli europei da preparare. Ho formato un primo gruppo di riferimento, d’altronde i ragazzi degli anni 2004-06 sono quelli che ho seguito nelle passate stagioni, quindi il lavoro è abbastanza agevole, ci si conosce già. Devo dire che sono particolarmente soddisfatto delle loro continue presenze a Montichiari, del lavoro che stiamo svolgendo. Non era così scontato considerando che il 90 per cento di loro è in team internazionali alle prese con un calendario intenso. Ho trovato, anche da parte di questi, disponibilità totale.

E per quanto riguarda gli elite? Ammetterai che è una stagione strana, senza eventi importanti fino a ottobre…

Per certi versi può anche essere un vantaggio in questa fase di passaggio. Noi intanto stiamo continuando gli allenamenti e ho detto ai ragazzi di pensare a lavorare, quando vengono, senza guardare il cronometro. Io credo che in questo momento bisogna fare una distinzione, guardare soprattutto ai nuovi, agli under 23 per trovare quegli elementi che dal 2027 saranno fondamentali per raggiungere la qualificazione olimpica e il livello che ci compete.

Insieme al gruppo degli under 23 Salvoldi ha già lavorato, portandoli ai vertici mondiali juniores
Insieme al gruppo degli under 23 Salvoldi ha già lavorato, portandoli ai vertici mondiali juniores
Con gli altri sei in contatto?

Sicuramente, ci siamo già incontrati e ci sentiamo, siamo d’accordo che fino al Tour de France, al quale la maggior parte di loro parteciperà, saranno concentrati sulla strada, poi ci risentiremo e vedremo chi potrà investire parte del tempo sui mondiali di quest’anno.

Ha stupito un po’ il fatto che alla recente riunione di Gand ad accompagnare i ragazzi è stato Villa. Con lui c’è interscambio?

C’è e ci sarà sempre, succedeva così anche lo scorso anno. Lui poi segue le ragazze della pista, è chiaro che in questo mondo ha il suo cuore ed è una risorsa in più alla quale attingo volentieri. Noi siamo colleghi, ma prima di tutto amici: questa rotazione di ruoli fa parte del nostro programma, la ritengo qualcosa di molto utile.

Il tecnico azzurro sta prestando particolare attenzione agli under 23 per preparare gli europei (foto Uec)
Il tecnico azzurro sta prestando particolare attenzione agli under 23 per preparare gli europei (foto Uec)
Accennavi prima che questa stagione “soft” può essere un aiuto per te…

Sì, ma non dimentichiamo che non c’è tempo da perdere perché sappiamo già che il sistema di qualificazione olimpica sarà ancora più duro e restrittivo rispetto a Parigi e dovremo farci trovare pronti. Quindi bisogna alzare il livello subito, per questo la stagione che stiamo vivendo non è certo di riposo, le gare degli under 23 saranno importantissime.

Nuovo quadriennio: per gli juniores è ora di cambiare passo

03.04.2025
5 min
Salva

Da quando ci sono state le nuove elezioni federali gli impegni di Dino Salvoldi sono triplicati, anzi si è perso il conto di quanto lavoro ci sia da fare. Il tecnico azzurro, che ha mantenuto l’incarico con la categoria juniores, sia su strada che su pista, si è visto aggiungere anche la gestione di under 23 ed elite, sempre su pista. Per capire il calibro dei suoi impegni basta sapere che ieri mattina è andato a Trieste insieme a Marco Velo per vedere il percorso dei campionati italiani juniores. Nel pomeriggio, invece, era a Montichiari per lavorare con gli under 23 su pista.

Intercettiamo Salvoldi mentre da Trieste si sposta a Montichiari, il tratto di strada ci dà il tempo di parlare della categoria juniores. La stagione è appena iniziata ed è arrivato anche il primo impegno per la nazionale. 

«Siamo stati alla E3 Saxo di categoria – racconta il cittì – prima prova di Nations Cup a cui prendiamo parte riservata agli juniores. E’ stato un bel test, nel quale ho portato ragazzi al secondo anno nella categoria. Una scelta dettata dal fatto che la stagione sia appena iniziata e non ho ancora avuto tanti riscontri. La gara è stata bellissima, interamente svolta sul percorso dei professionisti: 140 chilometri con dieci muri».

La E3 Saxo Nations Cup riservata alla categoria juniores si è svolta sugli stessi muri della gara dei pro’ (foto E3 Saxo)
La E3 Saxo Nations Cup riservata alla categoria juniores si è svolta sugli stessi muri della gara dei pro’ (foto E3 Saxo)
Che gara è stata?

Molto controllata e veloce. Nonostante il percorso impegnativo, non c’è stata selezione, nemmeno sui muri. Sul finale due atleti si sono avvantaggiati con una bella azione. Il gruppo ha esitato un attimo di troppo e la corsa è andata via. 

Dei tuoi ragazzi cosa ci dici?

E’ arrivato un quinto posto di Riccardo Colombo, che ha iniziato bene la stagione e questo risultato lo premia pienamente. Ci sono state un paio di cadute che hanno escluso alcuni pretendenti come Magagnotti e Segatta. Avevo chiesto loro di correre in maniera spregiudicata, visto che era la prima prova e che ci si giocava una gara importante ma non un titolo. 

La corsa è stata molto controllata e con poca selezione, complice anche il bel tempo (foto E3 Saxo)
La corsa è stata molto controllata e con poca selezione, complice anche il bel tempo (foto E3 Saxo)
Come riparte il movimento dopo il 2024 e i suoi tanti successi?

Una cosa su cui ragionavo nei giorni scorsi è proprio questa. La E3 Saxo è impegnativa ma ho visto i nostri ragazzi molto vicini alle prestazioni degli atleti di riferimento della categoria. Se negli anni passati c’erano delle eccellenze, che erano dettate dal talento, ora vedo un livello migliore. 

Frutto delle prestazioni fatte nel 2024, tra cui la vittoria del mondiale?

Tante squadre hanno fatto uno step in avanti, per questo dico che la vittoria di Finn potrebbe aver invogliato molti team a lavorare in maniera diversa. Ai ragazzi ora non puoi più nascondere nulla, i numeri e le prestazioni per fare risultato li conoscono alla perfezione. 

Questo che anno può essere per il movimento juniores?

Il sistema si è dovuto adeguare, anche chi si basava sulle proprie esperienze ha cambiato metodo. Le novità prima o poi arrivano, non le puoi tenere nel cassetto. 

Si può fare qualcosa per abbracciarle?

Mi piacerebbe avere meno dispersione. Se non si alza il livello generale è difficile creare i presupposti per il futuro. I ragazzi più forti e talentuosi emergono, ma c’è una grossa fetta di movimento che va tutelata. Mi riferisco a quei ragazzi che in questo momento tendiamo a perdere. La categoria juniores si evolve e se non si trovano i risultati diventa difficile avere un futuro nell’immediato. 

Il migliore degli azzurri è stato Riccardo Colombo che ha iniziato alla grande il 2025 (foto E3 Saxo)
Il migliore degli azzurri è stato Riccardo Colombo che ha iniziato alla grande il 2025 (foto E3 Saxo)
In che senso?

Se un ragazzo non vince tra gli juniores fa fatica a entrare in una continental, figuriamoci in un devo team, per cui serve lavorare sui regolamenti. In altri sport anche tra i pari età si va a competere con chi è del tuo stesso livello. Se vedo che un ragazzo è forte e vince le gare regionali sarà interesse di tutti portarlo a confrontarsi a livello nazionale o internazionale. 

Gli argomenti sono tanti, ma serve una mano dall’alto. 

Si parla di prolungare la categoria juniores di un anno, oppure di anche di avere un aiuto dai Comitati regionali. 

La stagione passata ha sancito uno spartiacque importante per la categoria juniores, la vittoria di Lorenzo Finn al mondiale ha portato a dei ragionamenti sul movimento. Il 2025 sarà un anno a spese ridotte per la Federazione, che ha limitato le trasferte in tutte le categorie. Una mano possono darla i comitati regionali o le rappresentative miste. Portare i ragazzi a fare esperienze internazionali è diventato fondamentale per la loro crescita sportiva. Per non creare un divario tra le tante realtà si possono pensare diverse soluzioni, qualcuno deve muovere il primo passo affinché si possa costruire un quadriennio in cui ridurre ulteriormente il gap. Che in Italia manchi una realtà che investe in una formazione WorldTour e in tutte le sue squadre satellite è un dato di fatto, ma questo non deve diventare la scusa per passarsi la palla in attesa che qualcuno la metta a terra e inizi a giocare. 

A Konya la prima senza Villa. L’Italia della pista riparte

23.03.2025
6 min
Salva

Schiacciata nel calendario, ridotta a essere l’unica prova di Nations Cup per questa strana stagione, la tappa di Konya è stata, per il ciclismo su pista, un momento davvero particolare. Sui media non ha avuto particolare risalto, anche perché, salvo il 4° posto della Vece nello sprint, non ci sono stati squilli azzurri, ma era una prova importante, la prima del “dopo Villa. Il mentore della pista italiana ora è stato chiamato al capezzale del ciclismo su strada e il suo settore deve ripartire e lo ha fatto dal consesso internazionale più importante, mondiali a parte.

Il quartetto azzurro, con Lamon, Boscaro, Galli e la novità Jacopo Sasso ha chiuso al 7° posto
Il quartetto azzurro, con Lamon, Boscaro, Galli e la novità Jacopo Sasso ha chiuso al 7° posto

Tante novità in maglia azzurra

In Turchia la nazionale italiana si è presentata con un gruppo fortemente rinnovato, con tanti giovani e senza i suoi big. Si può davvero dire che il cammino verso Los Angeles 2028 sia partito da lontanissimo, iniziando a far fare esperienza ai più giovani. In questo contesto Davide Boscaro si è visto improvvisamente vestire di panni nuovi. Prima era il giovane del gruppo, ora è uno dei più esperti, chiamato a introdurre i ragazzi in un nuovo ambiente.

«L’assenza di Villa si è sentita – racconta Boscaro al suo ritorno – Salvoldi ci aveva già avvertito che non avrebbe potuto seguirci nella trasferta e che tutto era demandato a Bragato. Con lui siamo abituati a lavorare, sia noi uomini che le ragazze, diciamo che ha permesso in questo modo una transizione più soft, oltretutto so che si sentiva spesso anche con Villa. Diego è un po’ il collante, ma so che Dino, il nuovo cittì, ha lavorato con i ragazzi che ora passano di categoria. Li conosce, la scelta di succedere a Villa ha una sua logica».

In Turchia vittorie per ben 12 nazioni in un contesto con moltissimi volti nuovi
In Turchia vittorie per ben 12 nazioni in un contesto con moltissimi volti nuovi

Un nuovo ruolo per Boscaro

Con Salvoldi avete già avuto modo di confrontarvi? «Io lo conoscevo di vista, a Montichiari ci s’incrociava spesso. Con lui ho parlato fugacemente come anche gli altri componenti la nazionale, ci ha già detto che il lavoro vero e proprio inizierà ad aprile, per impostare l’appuntamento dei mondiali di fine stagione e tutto il lavoro che servirà per le qualificazioni olimpiche del 2027. Ci sarà tutto il tempo per commisurarci».

E’ indubbio però che il tuo ruolo è cambiato improvvisamente: «Non nascondo che inizialmente mi sono trovato un po’ spaesato nel trovarmi ad essere la guida, quello che ha più responsabilità insieme a Lamon. Ho cercato di essere vicino ai più giovano, di dare consigli soprattutto per come affrontare la gara considerando che avevamo avuto pochissimo tempo per girare insieme e certi meccanismi non li inventi dall’oggi al domani».

Ally Wollaston continua a stupire. In Turchia ha vinto l’omnium e portato il quartetto in finale
Ally Wollaston continua a stupire. In Turchia ha vinto l’omnium e portato il quartetto in finale

C’è del buono anche in un 7° posto…

Il quartetto azzurro, che è sempre il riferimento principale del movimento endurance a maggior ragione ora nel periodo di un profondo ricambio, ha chiuso al 7° posto. Potrebbe sembrare un risultato deludente, ma ha dei lati positivi: «Io non guardo tanto al piazzamento quanto al tempo e fatte tutte le considerazioni di prima, bisogna dire che siamo andati forte. Io, Lamon e Galli avevamo fatto l’europeo, ma gli altri erano completamente nuovi. Sapevamo che era una fase di passaggio. Purtroppo l’appuntamento era molto concentrato nei tempi e questo ha portato a una sovrapposizione di gare. Io ad esempio ho disputato l’eliminazione nel mezzo delle due prove di inseguimento a squadre, avevo le gambe scariche durante la gara…».

Un momento di passaggio solamente per noi? «Mah, io ho guardato con attenzione anche gli altri e molti erano nella nostra situazione. La Danimarca ad esempio ha portato una squadra di giovani, neanche la loro prima scelta fra loro. La Francia ha cambiato tutti i componenti rispetto all’europeo. L’Australia che ha vinto aveva invece un mix fra corridori esperti e plurititolati e più giovani. Nelle altre prove invece c’erano atleti navigati, la Spagna ad esempio ha vinto la madison con due campioni del settore come Mora Vedri e Torres Barcelò. La cosa però che mi ha colpito è che, al di là della pista effettivamente molto veloce, tanti quartetti hanno fatto grandi tempi, anche nazioni che solitamente non erano nelle prime posizioni».

Due vecchie conoscenze prime nella madison, gli spagnoli Mora Vedri e Torres Barcelò
Due vecchie conoscenze prime nella madison, gli spagnoli Mora Vedri e Torres Barcelò

Adesso tanta strada, per prepararsi bene

E ora? La stagione della pista è praticamente già finita… «Dino ci ha detto che vuole sfruttare questi mesi per lavorare tanto su pista, almeno una volta a settimana, poi ci prepareremo per le gare di classe 1 e per gli appuntamenti italiani come Fiorenzuola e Pordenone che saranno molto importanti, veri e propri test. Io intanto sono passato all’Arvedi e come i miei compagni gareggerò alla domenica per mantenere la condizione e fare lavori importanti in funzione pista».

Come detto, i risultati migliori in chiave italiana sono arrivati da Miriam Vece, che ha replicato il quarto posto degli europei. Nel suo caso va tenuto conto del fatto che il panorama della velocità presentava a Konya quasi tutte le big del settore: «E’ un segno positivo, la conferma di un trend di crescita, significa che la mia presenza fra le migliori non è più un caso e ci sono ancora ampi margini di crescita. In Turchia il settore velocità era davvero all’altezza di una Coppa del mondo».

La pista di Konya si è dimostrata molto veloce. La Vece ha stabilito il primato italiano sui 200 metri in 10″486
La pista di Konya si è dimostrata molto veloce. La Vece ha stabilito il primato italiano sui 200 metri in 10″486

I naturali timori delle novizie

Che ambiente hai trovato? «Una pista bella e molto veloce, un bell’evento purtroppo non adeguatamente supportato né dal punto di vista mediatico, né come presenze di pubblico. Per quanto riguarda l’Italia, io ero con due giovani come Grassi e Baima, alla loro prima esperienza a questi livelli. E’ un approccio sempre complicato ma hanno saputo metabolizzare la naturale agitazione della vigilia e Anita avrebbe anche fatto meglio senza la caduta. Sapevano che comunque era un’eccezionale opportunità, poter gareggiare al loro primo anno in Coppa del mondo contro gente che corre abitualmente mondiali e Olimpiadi».

Nel suo settore d’altronde cambia poco, se non il fatto che Quaranta è ora pienamente responsabile: «Infatti per noi rimane tutto come prima, continuiamo sulla strada intrapresa che sta dando frutti, soprattutto in campo maschile, dove Ivan ha portato i giovanissimi a gareggiare come l’iridato junior Del Medico».

L’abbraccio della Vece alla Van de Wouw, vendicatasi dopo aver perso nei quarti agli europei
L’abbraccio della Vece alla Van de Wouw, vendicatasi dopo aver perso nei quarti agli europei

E’ adesso un po’ di riposo

Anche nel suo caso la prova di Konya chiude una parentesi molto breve: «A me non dispiace. Ho tirato la carretta per tanto tempo, per inseguire la qualificazione olimpica e poi tutto il resto fino ad oggi. Un po’ di riposo me lo merito, poi inizierò la preparazione per i mondiali per riallacciare il discorso e continuare a progredire, ma credo che un periodo di stacco servirà anche per quello».