Search

Su pista sta sbocciando un talento. Ecco Davide Stella

21.09.2023
5 min
Salva

Può essere a buon diritto considerato come una delle grandi sorprese di questa stagione ciclistica azzurra, perché prima dell’estate così ricca di podi, Davide Stella era uno dei tanti ragazzi pieni di speranze e poco altro. Agli europei su pista di Anadia ha però collezionato la bellezza di tre titoli in poco più di 24 ore, nello scratch, nell’eliminazione e nel chilometro da fermo. Poi ai mondiali di Cali ha conquistato un bronzo sempre nell’eliminazione.

Parlando con il giovanissimo friulano, le sorprese diventano quasi una costante, a cominciare dai suoi inizi ciclistici, certamente dovuti alla passione che già allignava in famiglia (il padre è un amatore) ma che partono dalla scuola, seguendo un percorso che vorremmo fosse la regola e non l’eccezione, nel ciclismo e non solo.

«Un giorno alle elementari – racconta – si presentarono dei signori con un volantino, che promuoveva un corso per bambini invitandoli a fare un test. Ci andai e mi piacque subito, anche perché le bici per me non erano una novità. Così continuai e la passione non è mai venuta meno, anzi…».

Davide Stella nella sua estate ha conquistato 3 ori europei e un bronzo mondiale
Davide Stella nella sua estate ha conquistato 3 ori europei e un bronzo mondiale
E la pista quando l’hai iniziata?

A 10 anni, l’affrontavo con la bici da strada le prime volte, ma già l’anno successivo avevo quella specifica a scatto fisso. Pedalavo sulla pista di Portogruaro, almeno una volta a settimana e trovavo lì tanti ragazzi della mia età. Devo però dire che tutto è cambiato quando sono passato sotto la guida di Nunzio Cucinotta, il diesse del team Gottardo Giochi Caneva che è anche il mio allenatore e mi ha trasmesso questa forte passione per la pista.

Quando hai iniziato con la pista quelle curve paraboliche non ti facevano un po’ paura?

Bella domanda… All’inizio mi faceva un certo effetto, poi ho cominciato a prendere confidenza. Ogni volta che sono caduto mi sono rimesso in piedi e ho ricominciato, proprio per non dare spazio alla paura. Ogni tanto però qualche dubbio mi viene, soprattutto nelle gare di gruppo che sono quelle che affronto maggiormente.

La vittoria nell’eliminazione ad Anadia contro lo sloveno Erzen (foto UEC)
La vittoria nell’eliminazione ad Anadia contro lo sloveno Erzen (foto UEC)
Come ti spieghi questa pioggia di medaglie che ti è arrivata addosso?

Non mi ha sorpreso, era l’obiettivo per il quale ho lavorato tanto sin da inizio stagione seguendo le indicazioni del cittì Salvoldi. Lui era molto fiducioso e mi ha spinto a insistere. Ho fatto sessioni di allenamento specifico ogni settimana sin dallo scorso inverno e per prepararmi sono anche stato in Slovenia, in un velodromo non troppo lontano da casa. I risultati si sono visti.

Ti abbiamo sempre visto impegnato in specialità di gruppo, come mai non nel quartetto?

Sono scelte del tecnico, ma questo non significa che io non abbia lavorato e non lavori per l’inseguimento a squadre. Quando si fa allenamento con il gruppo azzurro affrontiamo tutti la specialità, poi va in gara chi è più forte. Lo stesso vale per la madison, a me ad esempio è capitato anche di gareggiare insieme a Sierra e mi sono trovato molto bene.

La vittoria di Stella al GP Comune di Villadose, primo suo successo 2023 in gara nazionale (foto Facebook)
La vittoria di Stella al GP Comune di Villadose, primo suo successo 2023 in gara nazionale (foto Facebook)
Qual è la specialità che ti piace di più?

La mia preferita è l’eliminazione, ma per certi versi è anche quella che odio di più, forse perché mi fa venire sempre alla luce qualche dubbio, qualche timore d’incidente. Prima di farla sono sempre un po’ teso. Ma poi è anche quella che mi dà maggiore soddisfazione.

Una tua particolarità è anche quella che su pista puoi passare indifferentemente dalle discipline endurance a quelle di velocità…

Oltre al chilometro ho fatto anche la velocità olimpica. Riesco a spaziare molto, ma preferisco comunque le gare endurance, anche se devo migliorare le mie doti di resistenza. Eliminazione e madison sono comunque le gare che mi piacciono di più, anche per il carico di strategia che si portano dietro.

Il friulano ha privilegiato la pista quest’anno, ma conta di dare più spazio alla strada nel 2024 (CBPhotos)
Il friulano ha privilegiato la pista quest’anno, ma conta di dare più spazio alla strada nel 2024 (CBPhotos)
Finora abbiamo parlato dello Stella specialista della pista e l’impressione è che a differenza degli altri privilegi questa alla strada…

E’ sicuramente stato così quest’anno, proprio perché avevo delle ambizioni importanti e anche perché con la scuola di mezzo non potevo disperdere troppo tempo ed energie. Dopo i mondiali in Colombia però sono tornato alla strada e con la forma che avevo è subito arrivata una vittoria in una gara nazionale, il GP Comune di Villadose. Su strada sono uno sprinter puro: l’arrivo in volata è il mio pane.

La prossima stagione continuerai a concentrarti sulla pista?

Vedremo, intanto penso a finire bene questa annata, poi decideremo. Certamente proseguirò sul doppio binario, anche perché su pista c’è la possibilità di raggiungere il sogno olimpico che per chi fa sport è tutto.

Negrente: tra azzurro, europeo e futuro all’estero

20.09.2023
4 min
Salva

Mattia Negrente è una delle “novità” di questa nazionale juniores che il cittì Salvoldi guiderà alla caccia dell’europeo. Il corridore veronese ha ricevuto la convocazione dopo la bella vittoria al Trofeo Buffoni. Una conferma, quella arrivata dopo il successo in terra toscana, come conferma lui stesso. 

«In base a come sto andando – racconta Negrente – mi aspettavo di essere convocato da Salvoldi. I miei allenatori hanno parlato con il cittì, la condizione è ottima e quindi la convocazione per l’Olanda è arrivata quasi di conseguenza».

Per Negrente, in maglia gialla al centro, quella del Buffoni è stata la terza vittoria internazionale del 2023 (foto Trofeo Buffoni)
Per Negrente, in maglia gialla al centro, quella del Buffoni è stata la terza vittoria internazionale del 2023 (foto Trofeo Buffoni)

Terza vittoria 

I successi in stagione per Mattia Negrente sono 5, di cui 3 arrivati in campo internazionale. Quella del Buffoni è stata, per molti aspetti, la ciliegina sulla torta, che però ora aspetta il viaggio verso Drenthe. 

«Il Trofeo Buffoni – riprende – è stata la terza vittoria in una corsa internazionale. A inizio anno era arrivato il Giro di Primavera a San Vendemiano. Come stagione la posso considerare positiva, visto che sono riuscito a tenere una buona condizione per tutto l’anno. Non ho mai avuto un picco di forma vero e proprio e questo mi ha permesso di restare sempre sulla cresta dell’onda».

L’esordio con la maglia della nazionale è arrivato alla Corsa della Pace in Repubblica Ceca (foto Corsa della Pace)
L’esordio con la maglia della nazionale è arrivato alla Corsa della Pace in Repubblica Ceca (foto Corsa della Pace)
La vittoria del Buffoni è arrivata nel momento giusto…

Ad essere sincero non me l’aspettavo, ne sono rimasto abbastanza sorpreso. Arrivavo da un Giro della Lunigiana corso sottotono perché prima di partire avevo preso la gastroenterite. Infatti, la corsa non l’ho nemmeno finita. 

Ad una settimana di distanza hai risposto bene.

Avevo tanta voglia di riscattarmi, sulla salita di Fortezza, che abbiamo ripetuto sei volte, avevo male alle gambe, ma sono riuscito a resistere. Ho sofferto davvero tanto ma sono riuscito a rimanere con i primi. Poi, una volta sul rettilineo finale sono partito lungo con la volata, ai 300 metri. Era un arrivo che saliva un po’ e uno sprint così anticipato era difficile da portare a termine, ma ce l’ho fatta. 

Anche a Drenthe ci sarà un arrivo simile, possiamo dire che hai preso le misure?

Dai possiamo dirlo (ride, ndr), ma sarà completamente diverso, credo. 

Con la maglia della nazionale quest’anno hai già vinto…

Avevo questo desiderio di correre con la maglia azzurra e l’ho coronato. Ho corso prima alla Corsa della Pace e poi alla Nation Cup in Slovacchia, dove ho vinto. Quella in Olanda però è una convocazione diversa, ci si gioca un titolo, in una corsa secca. 

Come ci si sente con la maglia azzurra addosso?

Bene, anzi benissimo. E’ un onore e ti viene voglia di portarla il più in alto possibile, vincere con questa divisa è un’emozione unica. Vale di più perché hai una grande maglia addosso. 

Poche settimane dopo in Slovacchia è arrivato anche il primo successo con la maglia azzurra (foto Slovensky Zvaz Cyklistiky)
Poche settimane dopo in Slovacchia è arrivato anche il primo successo con la maglia azzurra (foto Slovensky Zvaz Cyklistiky)
Hai già guardato qualcosa del percorso di Drenthe?

Nel ritiro fatto a Montichiari abbiamo studiato qualcosa, ma adesso possiamo visionarlo dal vivo. 

Cosa avete fatto in ritiro?

Siamo stati quattro giorni, da lunedì a giovedì. Ci siamo allenati bene e siamo pronti. Partecipare al ritiro ha reso tutto molto più concreto. Siamo arrivati oggi. Abbiamo fatto una sgambata per togliere le tossine del viaggio e ora seguiremo il programma di Salvoldi. 

E per la prossima stagione hai già qualche notizia?

Ho preso la decisione di non dire in che squadra andrò. Sarà un team straniero, una development. Ho sempre avuto questa idea di andare all’estero, le squadre ti seguono molto e in più ti avvicini al mondo del professionismo. Respiri l’aria della massima ambizione per un ciclista. Questo lo devo anche al mio procuratore Alessandro Mazzurana, che mi ha permesso di farmi conoscere all’estero. 

Salvoldi e l’Italia hanno voglia di rivincita: rotta su Drenthe

19.09.2023
4 min
Salva

L’ultimo impegno che attende le nostre nazionali è quello dell’europeo di Drenthe, in programma dal 20 al 24 di settembre. La prova che assegnerà la maglia di campione europeo della categoria juniores verrà assegnata il 23 settembre. Fino all’ultimo le scelte sono state difficili per Dino Salvoldi, i tempi stringevano e le gare per selezionare i sei partecipanti anche. 

«Sono stati fondamentali i giorni di ritiro che abbiamo fatto a Montichiari – dice il cittì degli juniores – per la strada abbiamo optato per: Bessega, Montagner, Mottes, Negrente, Sierra e Giaimi. Bisogna capire come quest’ultimo reagisce alla caduta. Probabilmente per lui la più grande problematica sarà la cronometro, visto l’infortunio al gomito potrebbe far fatica a tenere la posizione sul manubrio».

Sierra ha centrato il quarto posto nel mondiale juniores, ora cerca il riscatto all’europeo
Sierra ha centrato il quarto posto nel mondiale juniores, ora cerca il riscatto all’europeo

Riscatto europeo

La medaglia di legno di Sierra ancora brucia se ci ripensiamo, quell’episodio sfortunato però deve essere la miccia che accende l’europeo azzurro. La voglia di riprovarci è mischiata alla consapevolezza di potersi giocare certe occasioni, e per di più da protagonisti.

«E’ tutto l’anno – afferma Salvoldi – che vedo i ragazzi più vicini ai loro coetanei stranieri: come mentalità e di conseguenza come prestazioni. Non sono timidi e non hanno paura di correre a ritmi elevati fin dai primi chilometri, ed è giusto così. All’europeo arriveremo mentalmente stanchi, la stagione è stata lunga per tutti. Ad eccezione magari di qualche ragazzo che si è fermato per infortuni o altri motivi. Fisicamente ci si può arrivare bene, i tempi per recuperare e preparare l’evento ci sono stati. E’ l’ultimo grande sforzo della stagione e troveremo le forze per fare bene, ne sono sicuro. D’altronde la maglia in palio è importante».

Mottes si è meritato la qualificazione agli europei dopo un’estate super
Mottes si è meritato la qualificazione agli europei dopo un’estate super

L’esordiente Mottes

Nel costruire la squadra che si giocherà il campionato europeo Salvoldi ha dovuto aspettare ed attendere tante conferme. I nomi erano previsti per il lunedì dopo il Trofeo Buffoni, l’11 settembre, ma le convocazioni sono slittate in avanti di una settimana.

«Dopo il Trofeo di Vertova e il Trofeo Paganessi – dice Salvoldi – c’è stato un virus e molti corridori non sono riuscito a visionarli. Così anche al Giro della Lunigiana ho fatto fatica a vedere i ragazzi e capire le loro reali condizioni. Sono state fondamentali le ultime gare: il Trofeo Buffoni e le ultime corse nazionali disputate nel weekend».

Tra i nomi spicca quello di Lorenzo Mottes, che nell’ultimo periodo è andato davvero forte e si è meritato questa convocazione.

«Lui è andato davvero bene nell’ultimo mese – afferma Salvoldi – la vittoria di tappa al Lunigiana e il terzo posto finale gli hanno permesso di guadagnarsi questa convocazione. Durante il ritiro di Montichiari ho avuto modo di vederlo dal vivo e ha risposto davvero molto bene».

Negrente è un velocista che può risultare molto utile alla nazionale di Salvoldi (photors.it)
Negrente è un velocista che può risultare molto utile alla nazionale di Salvoldi (photors.it)

Qualche certezza

Rispetto al mondiale di Glasgow qualche corridore è cambiato, i motivi sono diversi: il percorso in primis e la voglia di Salvoldi di dare a tutti i ragazzi un’occasione.

«Dopo il mondiale – dice ancora Salvoldi – la volontà era quella di fare una rotazione e dare un po’ di spazio ai primi anni. Uno su tutti è Bessega, che ha fatto una grande stagione e si è meritato la convocazione. Poi ho comunque dovuto fare delle scelte anche legate al percorso e alla condizione: Sierra e Negrente rientrano tra questi. Dei ragazzi presenti a Montichiari ho dovuto escludere Sambinello e Chinappi, mi è dispiaciuto molto, ma quando si deve scegliere purtroppo è così. Si parte mercoledì e inizieremo il nostro appuntamento europeo, nella giornata di giovedì dovremmo fare la ricognizione del percorso. Questi i vari impegni: le prove a cronometro il 20 e 21 settembre, mentre la gara su strada sarà il 23».

A Cali un buon bilancio, ma Salvoldi guarda già oltre

06.09.2023
4 min
Salva

Se Villa era impegnato alla guida delle ragazze, il settore maschile azzurro ai mondiali su pista juniores di Cali non poteva che avere Dino Salvoldi come referente e la rassegna colombiana ha portato avanti quel lavoro di rifondazione che il tecnico, al suo secondo anno nel nuovo incarico, ha deciso di dare pensando al futuro del settore e di tutto il ciclismo azzurro.

Il bilancio è sicuramente importante, con l’oro del quartetto, due argenti (Giaimi nell’inseguimento individuale e Sierra nella corsa a punti, due bronzi con Stella nell’eliminazione e ancora con Sierra insieme a Fiorin nella madison). Risultati che non hanno sorpreso Salvoldi, soprattutto dopo quanto si era visto agli europei di Anadia, ma di mezzo ci sono stati i mondiali assoluti di Glasgow che hanno fatto un po’ da spartiacque.

Il quartetto azzurro si riconferma iridato con Favero, Fiorin, Grimod e Sierra, battuta in finale la Germania (foto Uci)
Il quartetto azzurro si riconferma iridato con Favero, Fiorin, Grimod e Sierra, battuta in finale la Germania (foto Uci)

«Le prestazioni sono state all’altezza di quel che si era visto precedentemente – sentenzia Salvoldi – in un mondiale molto qualificato, ma mi ha dato ancora di più la conferma di quel che pensavo dopo Glasgow, dove i risultati raccolti non hanno rispecchiato il valore delle prestazioni dei nostri ragazzi. Abbiamo avuto sfortuna in terra scozzese, questo è indubbio».

Una trasferta in Colombia non è mai semplice da assorbire: i ragazzi hanno sofferto?

Eravamo a Cali che è a 1.000 metri di altitudine quindi non ci sono stati soverchi problemi legati all’altezza. Qualcuno ha sofferto il jet lag dopo l’arrivo, ma quel che è pesato di più è stata l’impossibilità di usare la bici da strada durante le gare per defaticare meglio. Questo alla lunga si è fatto sentire.

Per Sierra e Fiorin bronzo nella madison, battuti solo da britannici e belgi (foto Fci)
Per Sierra e Fiorin bronzo nella madison, battuti solo da britannici e belgi (foto Fci)
Anche a Cali alla fine il “front man” è stato Juan David Sierra con tre medaglie tutte di diverso colore. Come lo hai trovato, come ha assorbito la delusione del quarto posto a Glasgow?

E’ stato bravissimo nel “prima” della rassegna – ammonisce Salvoldi – perché ha saputo azzerare tutto e ricominciare, concentrarsi sin dal giorno dopo sull’obiettivo successivo e questo è sintomo di grande maturità. Ci teneva a far bene, oltretutto a Cali ha trovato anche parenti che non aveva avuto modo di conoscere prima e si è trovato come a casa, c’era un tifo notevole per lui e questo mi ha fatto molto piacere. D’altronde dopo Glasgow non è più uno sconosciuto, tutti sapevano chi era e correre nel ruolo di favorito non è facile, ma ha portato a casa altre due medaglie.

La conferma del titolo del quartetto non sembra più neanche una notizia…

Lo notavo anch’io, ormai ci si è abituati troppo bene. Oro e quasi record del mondo, eppure noi sappiamo quanto sudore e quanta fatica ci sono dietro, come un titolo non sia mai scontato. E’ diverso quando corri con tutti gli occhi addosso, con il peso del pronostico, lo scorso anno eravamo più “leggeri”.

Matthew Brennan, oro nell’inseguimento col record mondiale di 3’07″092 e poi bis nella madison e argento nello scratch (foto Uci)
Matthew Brennan, oro nell’inseguimento col record mondiale di 3’07″092 e poi bis nella madison e argento nello scratch (foto Uci)
Rispetto agli europei, la qualità dell’evento com’era?

Molto alta, qui abbiamo trovato anche la compagine russa, sotto l’egida dell’Uci e si è visto subito come gli equilibri fossero cambiati, soprattutto nelle prove di velocità hanno fatto davvero la differenza. Abbiamo capito che a dispetto dell’embargo nei loro confronti, non sono rimasti fermi, hanno continuato a progredire. I ragazzi che hanno fatto bene nelle prove di endurance, come Kazakov terzo nell’individuale a punti dietro Sierra, sono quelli del gruppo di San Pietroburgo che è di stanza in Spagna. Quando rientreranno anche al massimo livello saranno sicuramente da considerare subito più che competitivi.

La stagione però è ben lungi dall’essere conclusa, ora si avvicinano gli europei, ma che cosa cambia rispetto ai mondiali di Glasgow?

Cambia il fatto che i ragazzi sono giocoforza più stanchi – ammette Salvoldi – diventa difficile mantenere alta la tensione soprattutto a livello mentale. Dal ritorno dalla Colombia alcuni si sono ritrovati subito impegnati al Lunigiana, altri hanno ripreso confidenza con la bici da strada in allenamento e nelle altre gare del calendario. Intanto però l’attività su pista, per quel che mi concerne, non è finita…

Per Davide Stella un’altra medaglia dopo Anadia: bronzo nell’eliminazione (foto Uci)
Per Davide Stella un’altra medaglia dopo Anadia: bronzo nell’eliminazione (foto Uci)
Che cosa ti aspetta?

Già a fine mese avremo i test di valutazione per la classe 2007, con tantissimi ragazzi impegnati. Tutti i prospetti provenienti dalla categoria allievi saranno sottoposti a prove per capire la loro predisposizione alla pista. Il settore ogni anno ha bisogno di nuova linfa perché il mondo non si ferma neanche un secondo…

Sierra, un “legno” che fa male. Salvoldi aveva visto giusto

05.08.2023
5 min
Salva

GLASGOW – «Mi dispiace – dice Salvoldi – peccato per tutti. Per il movimento e per il ragazzo. Perché quest’anno veramente ho visto uno step e un tentativo di cambio di mentalità, di atteggiamento e di ammodernamento nel ciclismo di questa categoria e sarebbe stato un bel premio per tutti. Ci rimane che abbiamo fatto vedere di non essere comprimari, ma protagonisti. Rispetto all’anno scorso c’è stato un passo in avanti».

Sierra aveva indovinato la fuga giusta. Con Nordhagen e Philipsen erano in 7
Sierra aveva indovinato la fuga giusta. Con Nordhagen e Philipsen erano in 7

Un tecnico vincente

Salvoldi è tecnico vincente. E mentre mastica gli ultimi bocconi del panino che la tensione gli ha impedito di mangiare per tutta la corsa, nei suoi occhi non c’è il dolore per la sconfitta, ma la fiamma della possibile medaglia sfumata per uno stupido salto di catena. Ha vinto il più forte, ammette, ma potevamo giocarcela.

«A me sarebbe bastato che le cose andassero normalmente – dice Salvoldi – non chiedo fortuna, perché non l’ho avuta proprio mai nella mia carriera. Abbiamo perso subito Gualdi e su un percorso del genere una cosa del genere si poteva mettere in preventivo. Dietro anche Bessega ha fatto una grande gara, ma questo episodio capitato a Sierra ci ha privato di una medaglia che guardando in faccia i corridori nel finale, non mi pareva troppo lontana».

Percorso da scoprire

Sierra è rimasto a lungo per terra, ansimando, riprendendo fiato e maledicendo il ciclismo, come capita a chiunque vada in bici e ne abbia rigetto dopo una sconfitta, una fatica eccessiva, una delusione. Ma poi ha sorriso, ha tirato su col naso e si è diretto verso le interviste, sotto lo sguardo attento di Salvoldi.

«Avevamo individuato subito Sierra – spiega Salvoldi – come il più adatto dei nostri per questo tipo di percorso. Che poi onestamente, quando l’ho visto dal vivo per la prima volta, mi è parso subito molto più impegnativo e questo mi ha comunque rasserenato, perché sarebbe diventato un percorso molto adatto anche per Gualdi e Bessega. Però ha vinto il più forte, su questo non c’è nessuna discussione».

Un altro alloro per Philipsen, già europeo di mtb. In Danimarca ha vinto tutti i titoli (linea, crono, cross, mtb)
Un altro alloro per Philipsen, già europeo di mtb. In Danimarca ha vinto tutti i titoli (linea, crono, cross, mtb)

L’incidente meccanico

Sierra, tesserato per la Ciclistica Biringhello, sorride amaro anche adesso. Gli strappiamo un sorriso ricordandogli che nella prima intervista di qualche mese fa, aveva detto di sperare in una maglia azzurra per qualche prova di Nations Cup, mentre oggi è andato a un passo dal giocarsi il mondiale. Dice di aver messo la testa a posto, facendo la vita del corridore. E ovviamente quando si fa tutto bene, il fisico risponde bene e poi il resto lo fanno i sogni e la testa.

«Ho buttato giù la catena – racconta – dal 52 al 36 per fare il pezzo più duro dello strappo e la catena è caduta oltre il 36. Un passante mi ha spinto per riuscire a tirarla su, ma avevo perso quella trentina di secondi che non sono riuscito a recuperare. Sicuramente una medaglia ci scappava, sicuramente non oro, però l’avrei presa. Invece adesso mi ritrovo con la medaglia di legno.

«Mi sentivo a mio agio su questo percorso, volevo fare molto bene. Ovviamente la maglia iridata è sempre qualcosa di difficile, anche da sognare, però io ci credevo quando sono andato in fuga con i due più forti, Nordhagen e Storm. Da là ho cominciato a crederci un pochino, poi Philipsen è scattato e il suo compagno ha fatto il buco. Io ero appena dietro, non è scattato violentemente, però ha preso quei 5 metri che non sono riuscito a chiudere. Forse aveva una marcia in più e complimenti a Philipsen, ma qui si fatica a inseguire. Nelle curve non guadagni niente, negli strappi non guadagni niente, quindi diventa molto difficile».

Un altro talento danese

Philipsen spingeva come un diavolo, ma quando arriva al tavolo della conferenza stampa, ha la faccia di un ragazzino. Tutti biondi al tavolo del podio: un danese, un tedesco e un norvegese. Il ciclismo dei giovani si va spostando sempre più a Nord, la scuola di lassù evidentemente funziona bene. Il vincitore è un altro figlio della multidisciplina, avendo già vinto un europeo di mountain bike.

«E’ stata una corsa molto intensa – spiega – su un percorso bello, ma difficile. Sono andato in fuga presto, perché lo avevamo pianificato con la squadra da ieri sera per aprire la corsa. Al penultimo giro ho fatto un attacco sulla salita più dura e sono rimasto solo al comando. A quel punto si trattava di spingere e rilanciare, andando nei rilanci sempre al massimo della potenza. Solo quando ha piovuto, è diventato tutto molto più difficile.

«E’ stato pazzesco con tutti i fan sul percorso, ho avuto un grande supporto da amici e tifosi. Tutte le discipline che faccio hanno delle particolarità, difficile scegliere quale sia la più bella. Ma di sicuro il fatto di correre sempre davanti mi viene proprio dalla mountain bike e dalla minore esperienza che ho nello stare in gruppo. Le poche volte che sono caduto, ero nelle retrovie. Per cui se mi dicono di attaccare presto, io attacco. Solo poi mi volto a vedere come è andata».

Dall’Olanda arriva un Giaimi carico a mille

04.08.2023
5 min
Salva

Nelle sue scelte per i mondiali, Salvoldi è stato fedele alla linea che si era dato: una squadra costruita nei mesi precedenti, in parte già rodata anche dall’attività della pista. Luca Giaimi viene da un europeo di categoria al velodromo di Anadia addirittura eccezionale, con due titoli (inseguimento individuale e a squadre) conditi da due record mondiali, ma poi ha tirato dritto e nella prova generale della gara iridata, coincisa con la Watersley Junior Challenge in Olanda (prova della Nations Cup) ha chiuso alla grande con una vittoria di tappa.

Si sente dalla voce che Giaimi, da poco arrivato in Scozia, è già carico a mille. Il successo in terra olandese lo ha caricato, quelli portoghesi sembrano già appartenenti a un’altra epoca per far capire come ormai sia mentalizzato sulla strada.

Lo scatto vincente dell’iridato su pista. Il gruppo rimane a 3″. La corsa è stata vinta da Chamberlain (AUS)
Lo scatto vincente dell’iridato su pista. Il gruppo rimane a 3″. La corsa è stata vinta da Chamberlain (AUS)

«E’ stata una gara dura, quella olandese. Il primo giorno una cronometro nella quale non siamo andati benissimo, anche perché il tempo era brutto e sinceramente non ce la sentivamo di rischiare oltremodo sapendo quel che ci aspetta. Il secondo giorno tappa difficile per il meteo, con tanta pioggia e vento, il terzo frazione ondulata che conoscevamo bene per averla affrontata lo scorso anno, con qualche sprazzo di sole e nel complesso un ottimo lavoro di tutta la squadra. Io ho solo capitalizzato».

L’impressione è che Glasgow sarà il culmine di un lavoro iniziato mesi fa…

E’ così, in gara saremo solo in cinque, ragazzi che durante tutto l’anno corrono per i rispettivi team, ma devo dire che si è formato un gruppo davvero unito, forte, che lavora come un sol uomo. In Olanda è stato così e questo permette di mettere in pratica anche strategie complesse, ma che alla fine funzionano. Lì poi non eravamo solo noi che facevamo le prove generali, c’erano davvero tutti i favoriti per domani.

Il podio con Giaimi e Sierra, secondo il francese Grisel, tra i grandi favoriti a Glasgow
Il podio con Giaimi e Sierra, secondo il francese Grisel, tra i grandi favoriti a Glasgow
Fra loro chi ti ha impressionato di più?

Io vedo favorito il francese Grisel, perché da quel che so è il più adatto al percorso e ha dimostrato di essere davvero in forma. Poi c’è Nordhagen, il norvegese che è stato protagonista per tutta la stagione ma attenzione anche all’americano August, si è ritirato nella terza tappa ma l’ho visto andare molto forte. Come squadre secondo me Francia e Danimarca sono le più forti, ma noi non siamo distanti, anzi…

I risultati dicono che avete raggiunto la forma al momento giusto…

Arriviamo con la gamba giusta, come detto è la summa di un lavoro iniziato mesi fa con tante gare ma anche ritiri, che noi, io e Sierra nello specifico, abbiamo condiviso anche su pista. Salvoldi vuole un gruppo unito, che lavori bene e soprattutto che non sia passivo, che sappia rendere la corsa dura. Nella seconda e terza tappa in Olanda entravamo sempre nelle fughe, nella frazione finale abbiamo provato più volte finché io a 450 metri dal traguardo ho fatto la mia sparata senza che nessuno rispondesse. Ma intanto dietro anche gli altri erano pronti e hanno lavorato, non solo per favorire me ma anche Sierra per la volata del gruppo, infatti ha chiuso terzo assoluto.

Il gruppo azzurro in Olanda, riconfermato per la gara iridata. Giaimi farà anche la cronometro
Il gruppo azzurro in Olanda, riconfermato per la gara iridata. Giaimi farà anche la cronometro
Tu venivi da una trasferta portoghese che migliore non poteva essere…

La cosa che mi piace di più è che lo spirito che si respira su pista, corroborato da tante vittorie, ora c’è anche su strada. Io dopo il Portogallo ho leggermente staccato, poi ho fatto 10 giorni a Livigno passando così dalla pista alla strada. Anadia mi aveva dato tanta forza e capacità di reggere il fuorigiri, lavorando in altura ho tradotto queste caratteristiche anche sulla resistenza necessaria per la strada.

Anche tu come Salvoldi punti molto sul discorso del gruppo…

Siamo un gruppo di amici prima ancora che compagni di nazionale e questo non capita spesso proprio perché normalmente siamo avversari nelle gare, com’è giusto che sia. Io ero nel gruppo azzurro anche lo scorso anno, ma si vede che c’è stato un cambio di passo, si vede qualcosa di diverso.

Giaimi con Sierra, i due saranno deputati a controllare le fughe e magari scatenarle…
Giaimi, insieme a Sierra, sarà deputato a controllare le fughe e magari scatenarle…
Questo si traduce anche in nuove strategie? La sensazione è che non ci sia un capitano, un finalizzatore già designato.

E’ la corsa che deciderà la tattica da adottare. Ci siamo io e Sierra che, venendo dalla pista, abbiamo l’esplosività, possiamo spingere in pianura e creare scompiglio. Cettolin è l’eventuale uomo per la volata, poi Gualdi e Bessega hanno dimostrato che in caso di corsa dura sono gli uomini giusti per entrare nelle fughe. Ci adatteremo al tipo di corsa che verrà fuori, l’importante è non viverla passivamente, ma stando sempre attenti a quel che succede.

In Olanda avete già parlato della tattica iridata?

Sì, attendiamo ora di vedere il percorso per affinare il tutto. Salvoldi però ci raccomanda sempre di non prendere ogni segnale precedente per oro colato: in un giorno importante come quello di domani ci potrà essere chi ha la gamba giusta per fare l’impresa e magari è chi non ti aspetti, come anche chi ha la giornata storta. E’ la strada che dà i suoi verdetti, l’importante è saper cogliere ogni dettaglio, correndo con la testa prima ancora che con le gambe.

Bottino pieno su pista, il metodo Salvoldi funziona

20.07.2023
5 min
Salva

Un bottino di 22 medaglie, con conquista del medagliere (che sta diventando una piacevole abitudine per lo sport italiano) e l’aggiunta di 4 record del mondo. Questo è l’eccezionale bilancio azzurro agli europei juniores e under 23 su pista ospitati nuovamente ad Anadia (POR). E’ l’esaltazione del lavoro di Dino Salvoldi con gli juniores, che dopo un anno di presa di contatto con un mondo per lui totalmente nuovo raccoglie grandi risultati e soprattutto inizia a vedere i frutti del suo metodo, quello che ha fatto grande il ciclismo femminile azzurro.

Quando gli riportiamo i dovuti complimenti, Salvoldi risponde con un «è stata solo fortuna» che non è solo una frase di circostanza e modestia. Qualcuno digrigna i denti di fronte alle attestazioni di stima nei suoi confronti, ma ci sono dati inoppugnabili che dimostrano come il tecnico azzurro in pochi mesi stia ridisegnando la base del ciclismo italiano. Forse tracciando la strada giusta per provare a uscire dalla crisi.

Luca Giaimi trionfatore nell’inseguimento a suon di record mondiale, 3’07″596
Luca Giaimi trionfatore nell’inseguimento a suon di record mondiale, 3’07″596

«Quando si lavora con gli juniores – ammonisce Salvoldi – bisogna tenere conto del fatto che ogni annata è diversa dalle altre, capitano quelle con tanti talenti e quelle con meno. Al di là di vittorie e medaglie, a me piace il fatto che siamo andati bene in ogni prova: in quelle che seguo direttamente, 8, ne abbiamo vinte 7 e fatto secondo nell’altra, significa che abbiamo un futuro. Avevamo ottenuto molto anche lo scorso anno e so che proseguendo su questa strada otterremo molto anche nelle edizioni a venire».

Una simile superiorità ti ha sorpreso?

Sinceramente no, perché venivamo dall’ottima base dello scorso anno. Pur non conoscendo il valore degli avversari, sapevo che avevamo grandi possibilità e soprattutto una straordinaria compattezza di squadra. Siamo forti dappertutto e questa è una novità per il movimento.

La cosa che colpisce è che i nomi che emergono sono praticamente gli stessi che fanno attività ai massimi livelli su strada…

Quando ho preso l’incarico, ho detto subito che volevo accorpare tutta la categoria strada/pista endurance in un unico gruppo. Solo così si può programmare a livello nazionale e internazionale. I risultati creano prospettive e interesse, si mette in moto un meccanismo virtuoso che porterà lontano.

L’impressione però è che tu stia portando avanti un po’ lo stesso criterio di lavoro che applicavi fra le donne elite: quali sono gli elementi in comune e quali le differenze?

Il metodo effettivamente è molto simile considerando la doppia attività, ma la differenza principale sta nel fatto che prima avevo rapporti direttamente con le atlete e quindi con i team, qui si lavora all’incontrario. Per me è stato fondamentale lo scorso anno, prendere contatto con oltre 70 squadre, conoscere dirigenti e tecnici perché è con loro che mi rapporto. Ho trovato gente molto competente, che si aggiorna continuamente. I risultati non verrebbero senza il loro apporto, è come se tutto il movimento stia diventando un grande gruppo.

Il progresso cronometrico del quartetto ti ha sorpreso? Al record mondiale sono stati tolti più secondi…

Tre dei quattro ragazzi li avevo già lo scorso anno, ho visto qual è stata la loro crescita. Posso dire che siamo partiti per Anadia con quest’idea in testa, sapendo che i mondiali di fine agosto saranno in altura e su pista semiscoperta. L’occasione giusta era questa. I ragazzi volevano fortemente il record, a Montichiari era maturata la convinzione di poter fare un gran tempo. In finale poi, con la componente gara, è arrivato un tempo che, sono sincero, è anche oltre le mie previsioni.

Considerando le modalità del tuo lavoro, c’è da aspettarsi che alcuni di questi ragazzi saranno in gara anche nella prova in linea di Glasgow…

Non posso ancora fare i nomi, ma almeno un paio ci saranno. Anche altri che saranno nella selezione hanno lavorato su pista durante l’anno, praticamente solo il campione d’Italia Gualdi non svolge attività al velodromo. All’estero d’altronde fanno lo stesso: in Gran Bretagna il cittì è unico e porterà molti corridori presenti ad Anadia, lo stesso la Germania e la Danimarca, per fare degli esempi.

Sierra e Fiorin hanno sugellato la rassegna vincendo la madison junior
Sierra e Fiorin hanno sugellato la rassegna vincendo la madison junior
A proposito di mondiali, pensi che le sfide di fine agosto in Colombia saranno dello stesso livello?

Difficile a dirsi, cambiano molti fattori. Il livello delle gare portoghesi è stato molto alto e la trasferta in Colombia è molto costosa, non ci saranno tutti. Troveremo meno concorrenza a livello numerico e non so quale sarà il livello. D’altro canto anche noi partiremo dopo 40 giorni dalle gare di Anadia con Glasgow nel mezzo. Non sarà semplice ripetersi, dovremo essere bravi a gestire lo stress psicofisico.

Glasgow è dietro l’angolo, che cosa ti aspetti?

La gara iridata avrà infinite variabili e fare un pronostico è impossibile. Di una cosa sono però sicuro: avremo una squadra forte e saremo protagonisti, quanto ai risultati sono scritti nel futuro…

Cattani e la giovane Italia (di Salvoldi) che cresce

16.06.2023
4 min
Salva

L’ottava piazza finale di Alessandro Cattani all’LVM Saarland Trofeo, prova della Nations Cup juniores ha un significato importante non immediatamente visibile. E’ la perfetta rappresentazione di quei concetti che il cittì Salvoldi aveva espresso a inizio stagione, prendendo spunto dalla sua prima esperienza nella categoria.

Salvoldi aveva detto chiaramente di voler costruire uno zoccolo duro in nazionale, che attraverso continue esperienze potesse mostrare quei progressi che erano mancati lo scorso anno. Cattani fa parte di quel gruppo sin da inizio stagione, ha preso parte a tre trasferte all’estero per prove a tappe andando sempre in crescendo fino alla Top 10 centrata in Germania

Cattani alla partenza della crono finale, chiusa al 20° posto a 36″ da Nordhagen
Cattani alla partenza della crono finale, chiusa al 20° posto a 36″ da Nordhagen

«Quella tedesca era la gara più adatta a me – ammette il diciottenne di Saronno – perché non c’era tanta pianura, tutte le tappe erano vallonate con salite anche aspre e mi hanno permesso di mettermi in evidenza».

Tu sei ormai un componente fisso della nazionale di Salvoldi, puoi testimoniare realmente come le ripetute esperienze portino a cambiamenti?

Sì, mi hanno aiutato molto. Si forma una certa abitudine a correre a questi livelli e nulla ti sorprende più. E’ un livello completamente diverso da quello delle gare italiane, qui devi essere sempre a tutta, sin dall’inizio la corsa può cambiare, da noi si aspetta sempre la fase finale quindi per certi versi è meno probante.

La nazionale italiana, con Cattani, Cipollini, Finn, Gualdi, Montagner e Privitera
La nazionale italiana, con Cattani, Cipollini, Finn, Gualdi, Montagner e Privitera
Alla fine che valore dai a questo ottavo posto?

Non lo credevo possibile a inizio gara, considerando che tutte le nazionali presentavano i loro elementi migliori. Io ho cercato di fare il meglio possibile sfruttando la fuga del primo giorno, dove si è formato un gruppo di una decina di corridori su un piccolo strappetto nel circuito finale. Alla fine ho messo alle spalle gente molto forte come il belga Widar e il norvegese Nordhagen che molti considerano il migliore della categoria e questo mi dà molta soddisfazione perché ho saputo sfruttare l’occasione.

Come ti trovi con questo sistema di lavoro?

Benissimo, Dino riesce a motivarci, analizza con cura ogni corsa e ogni situazione facendoci notare sia quel che ha funzionato sia gli errori commessi. Posso garantire da parte mia che un’evoluzione c’è, ma non scaturisce solo dalle gare, anche dai ritiri che abbiamo iniziato a fare sin dall’inverno e tutto quel lavoro anche a tavolino poi si riflette in corsa.

La corsa tedesca è andata al padrone di casa Leisert con 11″ su Frydkjaer (DEN) e 18″ su Pattinson (GBR)
La corsa tedesca è andata al padrone di casa Leisert con 11″ su Frydkjaer (DEN) e 18″ su Pattinson (GBR)
In che modo sei arrivato al ciclismo?

E’ dipeso dal… Giro d’Italia. Nel 2008 avevo appena 3 anni e mio nonno mi portò a vedere il passaggio della corsa rosa per le mie strade. Gli ho detto che un giorno avrei voluto essere come loro e da allora la passione non mi ha più lasciato. Mi sono sempre dedicato al ciclismo su strada, ho fatto solo un po’ di ciclocross da esordiente.

Tu sei campione italiano di categoria a cronometro, ma sei più passista o scalatore?

Entrambe le cose, mi ritengo un corridore abbastanza completo, anche se devo migliorare in ogni aspetto, come è normale che sia. Le gare a tappe sono comunque le mie preferite, proprio per le mie caratteristiche.

Il quartetto europeo nel 2022: da sinistra con Cattani ci sono le azzurre Toniolli e Zanzi e, a destra, Milesi
Il quartetto europeo nel 2022: da sinistra con Cattani ci sono le azzurre Toniolli e Zanzi
La gara più bella che hai disputato?

L’europeo dello scorso anno, è stata una grande emozione vestire la maglia azzurra. Ancor di più conquistare la medaglia d’oro nella staffetta mista. La nazionale ti dà sempre qualcosa di più, quest’anno l’ho capito in maniera ancora più chiara.

D’altronde ormai cominci a collezionarne un bel po’…

Spero di poterla vestire ancora, ma è qualcosa che va meritato. Devo dire grazie anche alla mia società, la Bustese Olonia se sono riuscito ad arrivare a questi livelli, è la società della mia zona e essendo tutti della provincia di Varese riusciamo quasi sempre ad allenarci in compagnia, il che è importante per fare gruppo.

Il varesino si è laureato lo scorso anno campione italiano a cronometro e punta alla riconferma
Il varesino si è laureato lo scorso anno campione italiano a cronometro e punta alla riconferma
Ora che hai finito l’anno scolastico sarai più libero anche per allenarti…

Sì e non vedevo l’ora, ma anche per le gare, posso dedicarmi appieno alla mia attività ciclistica. Ora mi attende il campionato italiano a cronometro della prossima settimana dove voglio assolutamente riconfermarmi e riportare a casa la maglia tricolore.

Juniores in crescita, ma Salvoldi continua a spingere

30.05.2023
5 min
Salva

Cancellato il Tour de Vaud che doveva essere la quinta tappa e che doveva svolgersi questo fine settimana, Dino Salvoldi traccia una riga sulla stagione e su quel che hanno detto le prove di Nations Cup, confermatesi anche quest’anno il termometro del valore di un movimento. Una challenge particolare, nella quale non ha tanto peso la classifica generale quanto quello che avviene in ogni singola prova. Un po’ per le differenze di caratteristiche che ognuna presenta, un po’ per il valore delle prestazioni dei ragazzi.

Finora si sono disputate quattro prove: una in linea (la Paris-Roubaix) e tre a tappe (L’Eroica, la Corsa della Pace e il Trophée Morbihan).

La gara del pavé non ha regalato soddisfazioni ai colori azzurri con Capra 53°.

Nella Corsa della Pace il migliore è stato Lorenzo Finn 13°, ma con due presenze in top 10 di Negrente e Gualdi, addirittura sul podio nella terza tappa.

In Francia c’è stato l’acuto di Bessega, vincitore della frazione finale con Giaimi secondo nella seconda tappa e 6° nella classifica finale e belle prove anche per Sierra e Cettolin.

In quella italiana vittoria nella cronosquadre e secondo Gualdi ancora dietro Nordhagen, con seconda piazza per Favero nella seconda tappa e decima di Mellano nella terza.

Dino Salvoldi è alla guida degli juniores dallo scorso anno e vuole cambiare molto nella categoria
Dino Salvoldi è alla guida degli juniores dallo scorso anno e vuole cambiare molto nella categoria

Un divario ridotto dal vertice

Il tecnico azzurro all’inizio della stagione era stato chiaro: bisogna costruire uno zoccolo duro, un gruppo di ragazzi che devono acquisire abitudine alle sfide internazionali. Dopo l’anno di presa di contatto, nel 2023 bisogna cominciare a tirare le fila del movimento e dopo i primi mesi Salvoldi si dice abbastanza soddisfatto, anche se c’è ancora molto da fare.

«In generale posso dire – ammette – che rispetto al 2022 ci siamo un po’ avvicinati al resto del mondo. Ora ci siamo, con continuità, in un contesto di qualità generale alta dove ci sono pochi possibili fenomeni e parlo di possibili perché a quest’età non ci sono mai certezze. Scendendo però in profondità nelle prestazioni c’è ancora un gap da colmare».

La squadra azzurra in Francia, con Giaimi, Sierra, Santinello, Bessega, Cettolin e Capra (Le Photographer)
La squadra azzurra in Francia, con Giaimi, Sierra, Santinello, Bessega, Cettolin e Capra (Le Photographer)
Dove in particolare?

Quando le corse diventano difficili, dove ci sono salite lunghe abbiamo ancora una distanza rispetto al vertice, non siamo ancora in grado di essere della partita. Anche in questo ci sono stati dei miglioramenti, sia chiaro, ma i più forti restano lontani. Anche a cronometro non siamo ancora a posto e le classifiche delle gare a tappe dicono che è proprio la corsa contro il tempo che nella maggior parte dei casi è decisiva.

La tua politica di formare un gruppo unico sta pagando?

Io sto andando avanti su quella strada. Le rappresentative sono state sempre diverse, ma vengono quasi tutti da quel blocco sul quale ho iniziato a lavorare con continuità da inizio stagione e che è formato prevalentemente dai secondo anno. Ci sono stati ragazzi che hanno integrato il gruppo, ma voglio mantenere una coerenza con quanto avevo detto a inizio stagione e i risultati mi stanno dando ragione.

Gualdi, azzurro ai Mondiali 2022 è l’elemento più esperto
Gualdi, azzurro ai Mondiali 2022 è l’elemento più esperto
Che riscontri hai avuto al di là dei risultati oggettivi?

Da un anno all’altro cambia molto, non solo in generale ma nei ragazzi stessi. C’è chi fa il salto di qualità e cresce e chi invece resta lì o addirittura peggiora il proprio rendimento. E’ qualcosa di personale, sta nella crescita interiore del ragazzo, ma sicuramente un fattore che noto è che con l’abitudine ad allenarsi e a gareggiare insieme in contesti così elevati si migliora in termini di esperienza.

Per esperienza intendi il rendimento come risultati?

Non tanto, io focalizzo l’attenzione più sulla gestione della corsa, sul lavoro di squadra. In queste trasferte – sottolinea Salvoldi – mi sono reso conto di come Paesi come Norvegia e Svezia siano avanti perché hanno un’abitudine estrema a gareggiare come squadra. Ma non potrebbe essere altrimenti, non c’è una frammentazione in società come da noi, lì si forma la nazionale e questa viaggia insieme tutto l’anno. I rapporti si cementificano, fuori e dentro la gara. Per noi è naturalmente più difficile, ma noto significativi progressi in tal senso. Abbiamo una struttura ciclistica diversa, la mia non è assolutamente una critica, solo una presa d’atto.

Andrea Bessega è stato autore di un’azione vincente in Francia (foto DirectVelo)
Andrea Bessega è stato autore di un’azione vincente in Francia (foto DirectVelo)
Da questo punto di vista siamo migliorati?

Sicuramente, basta guardare la cronosquadre dell’Eroica, dove abbiamo vinto, ma per tutte le gare abbiamo mostrato una certa continuità. I risultati ci sono, ma sono frutto della collaborazione, del fare gruppo e infatti se parli con i ragazzi diranno tutti che vogliono fare altre esperienze. Come detto restano ancora divari tecnici, sui quali c’è da lavorare.

Gualdi e Bessega sono quelli che hanno finora più convinto…

Non è un caso – sentenzia Salvoldi –mi piace molto il loro essere coraggiosi, il loro essere prototipi del corridore moderno che va all’attacco senza paura, hanno un atteggiamento spavaldo che non si pone problemi tattici e che si fa notare, è quello che il ciclismo attuale richiede. I risultati in questo caso sono strettamente correlati alle prestazioni. Dobbiamo metterci in testa che quello che vediamo all’estero è un ciclismo diverso rispetto alle gare italiane, in quello vince chi è più forte, da noi non capita sempre. Spero che anche gli altri ragazzi prendano esempio e siano più coraggiosi.

Nordhagen con le vittorie alla Corsa della Pace e al Trophée Morbihan è un riferimento assoluto
Nordhagen con le vittorie alla Corsa della Pace e al Trophée Morbihan è un riferimento assoluto
Italiani a parte, hai visto qualcuno che ti ha impressionato?

E’ chiaro che Nordhagen mostra di avere qualcosa in più, ma non è una sorpresa, parliamo del vicecampione europeo. Attenzione anche all’americano August, secondo alla Corsa della Pace, per me sono gli unici che si staccano dalla media, dietro ci sono molti ottimi corridori e fra questi ci sono anche i nostri.