Ulissi in cabina di regia, fiutando la fuga buona

29.09.2024
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OPFIKON (Svizzera) – Ulissi e Lorenzo Finn si sono incrociati nella sera della vittoria del genovese nel mondiale juniores (in apertura immagine da video Lello Ferrara/FCI). Era dal 2007, appunto dalla seconda vittoria iridata di Diego che l’Italia non conquistava quella maglia ed è parso a chi c’era una singolare coincidenza.

«Le cose non avvengono per caso – sorride il livornese – penso di avergli portato anche bene a Lorenzo, visto che sono arrivato la sera stessa. Lo sapevo di essere l’ultimo ad aver vinto il mondiale juniores. L’altro giorno con i ragazzi ci siamo collegati per vedere la gara e mi sono reso conto di quanto tempo sia passato. Se riguardo quelle foto, eravamo proprio dei bimbetti. Acerbi sotto tanti aspetti e consapevoli che dovevamo affrontare ancora tanta gavetta prima di affacciarci al professionismo ed essere competitivi. Adesso gli juniores più validi vengono presi e messi nelle squadre satellite. E già a 19 anni corrono già tra i professionisti. Lo vedo bene alla UAE. Maturano molto più velocemente, anche fisicamente, e sono subito pronti a vincere».

Ulissi corse il primo mondiale nel 2012 a Valkenburg. Eccolo sul Cauberg a ruota di Contador
Ulissi corse il primo mondiale nel 2012 a Valkenburg. Eccolo sul Cauberg a ruota di Contador

Fa quasi strano sentire parlare così questo ragazzo di 35 anni, conosciuto quando era anche lui uno junior. Nelle sue gambe ci sono 15 anni di professionismo, nel suo sguardo tante storie ancora da raccontare. Bennati lo ha portato al mondiale confidando nella sua esperienza, vedendo in lui un leader e un ispiratore per la banda dei ragazzi di cui è composta la nostra nazionale qui ai mondiali di Zurigo 2024.

E’ arrivato il mondiale. Cosa ti è parso del circuito dopo averlo assaggiato?

E’ un circuito parecchio esigente, mi sembra. Soprattutto la prima parte, subito dopo l’arrivo, con lo strappo e poi subito la seconda salita. Sono almeno 12-13 minuti di sforzo pieno e poi dopo ci sono altri strappi dopo le discese, che sicuramente allungheranno il gruppo e metteranno sicuramente in difficoltà.

Bennati dice di aver trovato un Ulissi molto più solido di altre volte in passato, in cui al mondiale eri fra i primi a doversi muovere.

E’ normale che dopo dieci, quindici anni si maturi e si abbia più esperienza. Soprattutto a 35 anni, in una squadra così giovane, sicuramente posso cercare di aiutarli e di dare qualche consiglio utile. Fisicamente mi sento ancora bene, quindi penso di poter essere di grande supporto per la nazionale.

Quale può essere il tuo ruolo in una corsa così?

Sicuramente avremo due o tre corridori che attenderanno di più il finale. E poi corridori come me e altri magari con cui dovremo cercare di anticipare per entrare in qualche azione importante.

Conosci bene Pogacar, lo hai aiutato anche a vincere belle corse, la domanda che tutti si fanno è se si possa batterlo.

Ho sentito i vari ragionamenti sulle tattiche e sul provare ad anticiparlo. Ma Tadej quando sta bene è imprevedibile, magari è lui che anticipa tutti. Se capisce che ci sono troppe nazionali che lo possono attaccare, potrebbe partire anche da molto lontano. E’ il corridore più forte al mondo, su un percorso che penso gli piaccia in particolar modo. Però noi sicuramente dobbiamo fare la nostra gara, non guarderemo tanto quello che fa lui e vediamo tutti insieme di riuscire a fare bene.

Da corridore a corridore, c’è qualche spia del fatto che lui possa essere in difficoltà oppure è il classico avversario illeggibile?

E’ illeggibile. Penso che cercherà di controllare la prima parte di gara con gli uomini che ha. Non dimentichiamo che ha due compagni di squadra come Tratnik e Novak che sicuramente nelle fasi più calde saranno lì e potranno aiutarlo. Poi quando lui trova l’occasione per attaccare, che manchi tanto o poco, di certo non aspetterà troppo.

Sanremo 2022, Ulissi e Pogacar alla sua ruota: Diego ha lavorato spesso per lanciare lo sloveno
Sanremo 2022, Ulissi e Pogacar alla sua ruota: Diego ha lavorato spesso per lanciare lo sloveno
Ti sei mai immaginato a braccia alzate sull’arrivo di questo mondiale?

No. Alla fine ho 35 anni, bisogna essere obiettivi nelle cose. Sto bene, cerco di fare un grande mondiale da protagonista, però sono consapevole che ci sono corridori che ora come ora hanno tante marce in più. L’hanno dimostrato tutto l’anno. Come ho già detto tante volte, sono soddisfatto della carriera che ho fatto. Di campioni ce ne sono realmente pochi, si contano su una mano, però penso di aver fatto ottime cose e sono soddisfatto di ognuna.

Stai già pensando al prossimo anno con l’Astana?

Sto pensando al mondiale, sono concentratissimo. Quindi penserò a finire la stagione con la maglia della UAE Emirates. E poi, solo alla fine, inizierò a pensare alla nuova vita che mi attende.

Tiberi sta bene: «Un mondiale da rischiare il tutto per tutto»

28.09.2024
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OPFIKON (Svizzera) – Sabato mattina. Le donne stanno uscendo per andare alla partenza, i professionisti hanno un rendez vous con i giornalisti presenti e poi dovranno decidere se uscire in bici o far girare le gambe sui rulli. Fuori ci sono 15 gradi e piove forte, non l’ideale per una sgambata. Tiberi ha il solito ritmo da battito calmo, che in tanti colpi d’occhio ricorda i passi lenti di Nibali. Sorride e si vede che sul suo cielo brilli adesso una buona stella. La vittoria al Giro del Lussemburgo gli ha permesso di salire un altro scalino, in una stagione che lo ha visto crescere nelle sicurezze e nella considerazione generale. Difficile capire se ci sia stato un solo motivo a far scattare la scintilla, la sensazione è quella di una crescita coerente globale.

«Per me è stato tutto un seguirsi di cose – spiega – a partire dalla brutta vicenda che mi ha portato a cambiare squadra. Quell’esperienza mi ha fatto crescere e dato tanti insegnamenti. Alla Bahrain Victorious sin da subito hanno puntato tanto su di me, con l’idea di farmi crescere come corridore da corse a tappe. Ho incontrato Michele Bartoli, con cui mi sono trovato veramente subito tanto bene e si è visto subito che ho avuto un bel miglioramento. E poi da cosa nasce cosa. I risultati portano fiducia in se stessi e più consapevolezza dei propri mezzi. E alla fine sono arrivato qui».

Prova percorso, lo spirito è giusto. Ulissi accelera, Tiberi risponde
Prova percorso, lo spirito è giusto. Ulissi accelera, Tiberi risponde
Hai visto il percorso, che impressione ti sei fatto?

E’ tanto tanto impegnativo, più che altro per la lunghezza e la quantità di giri che affronteremo sul circuito finale. Secondo me verrà fuori una gara tanto impegnativa. L’unico aspetto positivo è che non dovrebbe piovere. Per il resto, il percorso mi ha ricordato molto le strade che abbiamo affrontato in Lussemburgo. Salite non troppo lunghe, ma comunque abbastanza ripide. Un percorso che richiede tanta potenza e anche abilità di guida, perché è abbastanza tecnico. A parte gli ultimi due chilometri, non c’è un metro di pianura. Sempre sali, scendi, destra, sinistra… E’ veramente un percorso nervoso, dove sarà fondamentale la posizione.

Hai detto in una precedente intervista su bici.PRO di aver vinto il Lussemburgo con un attacco rischiatutto: o la va o la spacca. Questo è un percorso in cui rischiare allo stesso modo?

Questo è esattamente uno di quei percorsi da “adesso o mai più”: ancora più che in Lussemburgo. In primis perché siamo in un mondiale, poi per il livello che c’è. Sicuramente è un circuito dove bisogna essere sempre con il coltello fra i denti e sempre pronti. Bisogna saper leggere la gara e cogliere il momento giusto.

Tiberi ha vinto il Lussemburgo con un attacco improvviso nell’ultima tappa.
Tiberi ha vinto il Lussemburgo con un attacco improvviso nell’ultima tappa.
In Lussemburgo c’era Van der Poel ed è finito dietro. Che effetto fa ritrovarsi al mondiale in messo a certi nomi e provare a giocarsela?

Sicuramente un bel effetto, anche se ancora non mi sento al loro livello. Però al Lussemburgo ho capito che, senza aver paura o il timore di provare a fare qualcosa, ho le possibilità e le forze per sorprendere appunto corridori di quel calibro. Questo mi dà tanto morale e tanta fiducia. So che se si presenterà l’occasione e la gamba sarà buona, non avrò paura. Proverò qualche buona azione o qualcosa che comunque sorprenda i diretti avversari.

Qualche scelta tecnica particolare su questo percorso?

Più o meno sempre la stessa configurazione, cercando di replicare le scelte già fatte in Lussemburgo. Magari con qualche dettaglio simile a quelli che usiamo nelle gare a tappe sui percorsi di salita. Quindi la bici più leggera con ruote da 45. Un profilo né troppo alto né troppo basso, perché comunque è un percorso duro, ma anche tanto veloce. E poi i soliti rapporti, 54-40 davanti e 11-33 o 34 dietro.

Un debuttante (Zambanini) e un veterano della gestione Bennati (Rota), riferimento del cittì
Un debuttante (Zambanini) e un veterano della gestione Bennati (Rota), riferimento del cittì
Con tante curve, salite e discese, ci sarà abbastanza tempo per mangiare?

Anche quello sarà un aspetto da non sottovalutare e che bisognerà sempre tenere a mente. Su un percorso così lungo e con una temperatura che sicuramente non sarà troppo alta, l’alimentazione sarà fondamentale se non cruciale per arrivare nelle battute finali con energia sufficiente. Non sarà facile alimentarsi su questo percorso perché è tanto tecnico, veloce e duro. Quindi anche questo potrebbe essere un aspetto che darà vantaggio nel finale a chi riuscirà a curarlo meglio.

Invece quello strappo ripido del circuito l’hai provato?

E’ duro, ma sembra duro o durissimo in base alle gambe che uno ha. Lo abbiamo provato in allenamento, va su al 15-17 per cento. Forse per le mie caratteristiche sarà meglio farlo in agilità, viste anche le tante volte che lo faremo. Agili le prime volte e poi con più in potenza nelle fasi finali.

Vigilia del mondiale, il cittì Bennati risponde alle domande di Ettore Giovannelli
Vigilia del mondiale, il cittì Bennati risponde alle domande di Ettore Giovannelli
Ricordi quando a novembre scorso venimmo a casa tua per fare il test della tua Merida?

Sì, certo.

Se ti avessimo detto allora che saresti stato il miglior giovane del Giro, che avresti vinto il Lussemburgo e saresti stato una delle punte per i mondiali, che cosa avresti pensato?

Avrei pensato a un bell’augurio, però forse non l’avrei presa troppo sul serio. Sarebbe stata una cosa in cui sperare. Invece essere qui come uno dei leader azzurri al primo mondiale da professionista, dopo aver vinto in Lussemburgo davanti a nomi come Van Der Poel, sicuramente mi dà tanta felicità e consapevolezza dei miei mezzi.

Fuori ancora piove, lasciamo l’hotel in direzione di Uster per la partenza delle donne elite. Le ragazze di Sangalli hanno ottime carte da giocare, per seguire gli azzurri di Bennati dovremo aspettare ancora un giorno.

Bennati, terzo mondiale: l’Italia di Ciccone, Tiberi e Ulissi

20.09.2024
8 min
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Bennati racconta che la lista degli uomini per Zurigo era piuttosto lunga. Ha aspettato la Vuelta e le prove canadesi. E a quel punto, chiusa la parentesi degli europei, ha affinato la ricerca e tirato fuori i nove nomi per i mondiali del 29 settembre. Bagioli. Cattaneo. Ciccone. Frigo. Rota. Tiberi. Ulissi. Zambanini. Zana. Uno di loro sarà riserva.

In questi giorni un post di Alberto Bettiol conferma che il toscano si sia tirato fuori dalla mischia. Nonostante fosse anche andato a vedere il percorso, Alberto ha sentito di non avere le gambe giuste, ne ha parlato con il cittì e alla fine ha rinunciato. Un esempio per tutti i corridori, fa capire Bennati, che forse discende dalle sue stesse parole quando affrontammo insieme la disamina della corsa di Parigi.

«Un Bettiol al 100 per cento – ragiona Bennati – fa sempre comodo in una nazionale. Ho apprezzato il suo ragionamento, che può essere di esempio per chiunque si trovi in una situazione simile. Dopo questo passaggio, è nata la squadra. Non c’è un capitano designato. Ci sono corridori importanti, è una squadra omogenea e ambiziosa. Più o meno tutti possono aspirare a fare qualcosa di buono, a patto di essere uniti e avere un obiettivo chiaro. Dovremo correre da squadra e spero che saremo capaci di far divertire la gente. Non possiamo permetterci di aspettare il finale quando si muovono i grossi calibri…».

Per Bennati, il mondiale di Tiberi sarà un obiettivo, ma anche un investimento
Per Bennati, il mondiale di Tiberi sarà un obiettivo, ma anche un investimento
In effetti pensare di sfidare Pogacar, Evenepoel, forse Van der Poel e magari Roglic potrebbe sembrare un’impresona…

Credo che sarà difficile utilizzare tutti in fase di attacco. Vedremo come si metteranno le cose, però magari qualcuno dovrà sacrificarsi prima e altri si ritroveranno ad aspettare il finale. Penso che Tiberi e Ciccone potrebbero provare a tenere l’ultimo o il penultimo giro, quando si muoveranno quelli forti. In una situazione secca come la gara di un giorno, in salita non vanno tanto più piano.

Allora ti chiediamo di spiegarci le tue scelte: Bagioli, ad esempio. Forse è l’uomo da classiche più di tutti gli altri, ma quest’anno non ha brillato…

E’ vero, i risultati non sono stati dalla sua parte. Poi, come era già successo al mio primo mondiale, gli ho dato il Canada come ultimo test. Nel 2022 fece terzo a Montreal, quest’anno è andato ugualmente molto forte. Non si è piazzato, però mi hanno detto tutti che andava forte e soprattutto facile. E’ arrivato davanti. Ci ho parlato un mese fa. Gli ho chiesto se avesse mollato o pensasse di esserci per il finale di stagione e lui mi ha detto di essere motivato. Per questo mi sono sentito di dargli fiducia, perché ritengo che sia un corridore importante per questo tipo di corse. Va forte in salita e tra tutti quelli che ho convocato, sicuramente insieme a Diego Ulissi, è il più veloce.

Bagioli si è guadagnato la convocazione dopo le prove nelle gare canadesi
Bagioli si è guadagnato la convocazione dopo le prove nelle gare canadesi
Parliamo di Diego, allora, e della solita storia che nelle corse lunghe si spegne.

Secondo me non dobbiamo più pensarci. Diego ha 35 anni, è più maturo e penso che ci sia sempre una prima volta in cui dimostrare di essere all’altezza. E poi diciamo una cosa sui mondiali che abbiamo fatto insieme: lui era fra quelli chiamati prima di tutti ad aprire la corsa, chiunque alla fine sarebbe stato stanco. Stamattina ho letto che Ulissi sarà capitano, ma facciamo chiarezza sul termine. Il capitano non è per forza quello che fa risultato. Diego in questo mondiale sarà il capitano, il regista in corsa insieme a Cattaneo. Però secondo me possiamo utilizzarlo in vari modi. Come regista, appunto, e come attaccante da metà gara in poi. Ulissi nella fuga giusta può preoccupare ben più di un avversario. E poi qualche anno fa anche lui vinse in Canada.

Al Giro del Lussemburgo stiamo vedendo un Tiberi in palla. Oggi c’è una tappa dura che potrebbe essere un bel test per Zurigo?

Anzitutto credo sia giusto che Tiberi ci sia a questo mondiale. Soprattutto in prospettiva, è giusto che faccia esperienza e inizi ad assaporare questo tipo di emozioni. Anche perché, pensando al mondiale del prossimo anno, in Rwanda si correrà in quota e potrebbe essere una sfida tra quelli che si giocano i Grandi Giri. Attenzione però, quest’anno non verrà per fare la comparsa, io conto che possa essere tra i protagonisti.

Ulissi ha già corso sette mondiali da pro’, dopo averne vinti due da junior
Ulissi ha già corso sette mondiali da pro’, dopo averne vinti due da junior
Zambanini è stato il miglior italiano in entrambe le prove del Canada, in che ruolo lo immagini?

Per lui vale lo stesso discorso di Tiberi. E’ un corridore giovane e quest’anno ha avuto una stagione continua, è andato forte dall’inizio e va ancora molto bene. Credo che stia raggiungendo il suo picco di forma e mi sembrava giusto portarlo. Non sappiamo fin dove può arrivare. Da giovane aveva fatto qualche risultato, ma non era sicuramente tra i più forti. Sta vivendo una crescita graduale che mi piace e come ragazzo credo che sia molto valido.

Allora adesso parliamo di Ciccone, che si è ritirato dalla Vuelta e poi non lo abbiamo più visto…

Si è ritirato perché aveva un dolore al ginocchio, però dopo aver fatto qualche giorno di stacco è ripartito. Siamo rimasti sempre in contatto. Giulio è sempre stato super motivato per questo mondiale. Ovviamente non abbiamo il riscontro delle competizioni, però mi ha detto che preferisce preparare un appuntamento così importante allenandosi, piuttosto che andando a correre. E infatti sta facendo un grande lavoro con Bartoli. Non è andato in altura, perché non c’erano i tempi tecnici, per cui si è allenato a casa.

Zambanini continua a crescere: nelle prove canadesi è stato il primo italiano
Zambanini continua a crescere: nelle prove canadesi è stato il primo italiano
Un altro nella stessa situazione è Rota: anche lui ritirato alla Vuelta, poi volato in Canada. Ricordiamo il bel mondiale di Wollongong…

Rota sarà a Zurigo perché ho la certezza che sia motivato e mi fido di quello che mi dice. Me l’ha dimostrato negli anni scorsi. Alla Vuelta stava andando bene poi purtroppo è caduto e anche lui ha avuto male al ginocchio. Ha fatto una settimana di recupero, si è ripreparato ed è andato in Canada. Non è stato brillantissimo, non è arrivato davanti come Bagioli, però ha una condizione in crescita e ritengo che sia un corridore solido per questo tipo di competizione. Io credo che possa svolgere il ruolo che gli darò, come ha sempre fatto. E’ uno dei miei uomini di fiducia e ho voluto dargli fiducia anche quest’anno.

Rispetto alle convocazioni di una volta, in cui c’erano le indicative, sembra che ora molto si basi sul dialogo e sulla condivisione delle preparazioni.

Sì, deve esserci molto dialogo perché il ciclismo da questo punto di vista è cambiato, grazie ai nuovi metodi di allenamento. Anche a me viene difficile perché vengo da un altro periodo in cui i corridori avevano bisogno di fare più gare di avvicinamento per preparare l’appuntamento. Ho fatto fatica a entrare in questa ottica, però adesso obiettivamente le cose funzionano così. E’ anche soggettivo. Bettiol appartiene a una generazione un po’ più vicina alla mia e ha bisogno di correre prima di arrivare all’appuntamento. Invece la maggior parte di quelli che ci sono adesso e sono più giovani, preferiscono correre meno e prepararsi meglio.

Per Rota il terzo mondiale sui tre nella gestione Bennati: la fiducia è al massimo
Per Rota il terzo mondiale sui tre nella gestione Bennati: la fiducia è al massimo
Quale ruolo immagini per Cattaneo?

Me lo posso giocare in vari modi. Magari non mi può dare garanzia di risultato, però per tirare o entrare in fuga e aiutare un compagno, può fare il lavoro di due. Mattia sta andando particolarmente forte, anche perché quest’anno è stato fermo a lungo e adesso è carico di energie. Alla Vuelta è andato benissimo e sono convinto che al mondiale sarà una pedina davvero fondamentale per tutto il gruppo. E’ un corridore esperto, vede la corsa e sa gestire tante situazioni che fanno parte del suo repertorio perché è abituato a lavorare per i grandi campioni. Accanto a lui potrebbe muoversi Marco Frigo, anche lui reduce dalla Vuelta. E’ uno che non ha paura di far fatica e abbiamo visto che sa anche inserirsi nelle fughe.

E poi c’è Zana, che portasti al tuo primo mondiale per rispetto verso la maglia tricolore, attirandoti anche qualche critica.

Se trova la giornata giusta, Pippo può arrivare davanti. Alla Vuelta ha fatto un bel secondo di tappa, però mi aspettavo che ci riprovasse. A fine Vuelta non ero tanto sicuro di convocarlo, finché ho parlato con Pinotti che è il suo preparatore. Gli ho detto che mi sarebbe piaciuto vederlo in una gara dopo la Vuelta, per capire se ne fosse uscito davvero bene. E così all’ultimo lo hanno inserito al Matteotti e mi hanno confermato tutti che ha fatto due belle sparate. E’ rientrato su un’azione davanti e poi ha tirato la volata a De Pretto, però non cercavo il risultato quanto la conferma che la condizione ci fosse.

Zurigo sarà il terzo mondiale di cittì Bennati, dopo Wollongong e Glasgow
Zurigo sarà il terzo mondiale di cittì Bennati, dopo Wollongong e Glasgow
Ultima cosa, non marginale, ancora una volta correranno senza avere le radio. Il tuo ruolo di fatto si ferma alla riunione del mattino e alle poche info che eventualmente puoi fargli arrivare…

Non avere la radio agli europei, vedergli fare quello che avevamo deciso di non fare e non poter intervenite è stato frustrante. Non poter dare indicazioni in tempo reale per me è deprimente. Sono convinto che avere la radio e guidare la squadra in tempo reale contro un corridore come Pogacar sarebbe già difficile, ma almeno ti darebbe la tranquillità di essere presente. Perché in certe situazioni non è solo una questione di gambe, ma anche di convinzione. Puoi cogliere l’attimo oppure gestire delle situazioni che da terra non puoi gestire e non puoi nemmeno cambiare. Puoi mettere chi vuoi lungo il percorso, ma cosa gli comunichi? Il tempo, il distacco, oppure quando hai un minuto di ritardo gli dici di andare a tutta per rientrare? Sono messaggi che più o meno lasciano il tempo che trovano. Qualcosa puoi fare, però è sempre molto complicato.

Quando partite?

Giovedì ci troviamo a Lomazzo, in provincia di Como. Facciamo un giretto al pomeriggio e il giorno dopo andiamo su in autostrada.

Trentin, Ballerini e Consonni: nasce il treno di Milan

13.09.2024
7 min
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Domenica si corre tutti per Jonathan Milan e la sua volata sul traguardo di Hasselt. Come si fa nelle nazionali che saggiamente pescano dai team anche i meccanismi vincenti, il cittì Bennati ha individuato in Simone Consonni il miglior leadout del friulano. Quello che lo ha lanciato verso la maggior parte delle vittorie 2024 e che meglio ne conosce i movimenti. Perciò ieri, nel giorno del suo trentesimo compleanno, anche il bergamasco è volato nel Limburgo, pronto a fare la sua parte.

Quel che più incuriosisce nei tempi recenti di Consonni è il tempo di mezzo fra Parigi e la ripresa dell’attività su strada. Lui che alle Olimpiadi ha preso il bronzo nel quartetto e poi l’argento nella madison, che più lo rileggiamo e più brilla come un oro sfuggito di mano. Per la caduta, soprattutto, e quei giri senza un filo che hanno portato la coppia azzurra a giocarsi l’ultimo sprint in affanno senza avere comprensibilmente un quadro chiaro della situazione

La caduta di Consonni nella madison è stata più fastidiosa di quanto si pensasse e ha richiesto cinque giorni di stop
La caduta di Consonni nella madison è stata più fastidiosa di quanto si pensasse e ha richiesto cinque giorni di stop
Simone, quanto è durata la… decompressione olimpica?

Non tantissimo, dai! La verità è che grazie alla caduta, mettiamola così, ho dovuto riposare un po’ più del previsto e quindi ho fatto praticamente cinque giorni senza bici. Devo dire che mi sono bastati e sono ripartito con voglia e grinta. Ho ripreso al Renewi Tour e già fisicamente e mentalmente ero messo bene, meglio di quanto pensassi. Perciò ho ritrovato subito il piglio giusto.

Quindi quella caduta, da cui sei ripartito subito con una faccia da assassino, è stata una bella botta?

Decisamente sì. Praticamente ho fatto subito per rialzarmi, solo che avevo un crampo nel braccio destro, praticamente lungo tutto l’avambraccio e fino alle dita. La cosa che mi ricordo sono tutte le dita che avevano degli spasmi e si muovevano da sole. Quindi il braccio destro e anche il polpaccio sinistro con un crampo bello importante. Ho esitato un po’ a rialzarmi e poi sono ripartito. Sentivo che non riuscivo a spingere al 100 per cento, anche se ero completamente nel mio mondo. E dopo le interviste e il podio, all’antidoping ha iniziato a girarmi la testa, avevo un po’ di nausea. Sicuramente qualcosa anche a livello mentale, nervoso e tutto, però magari ho picchiato la testa e avevo un po’ di rintontimento. Quello che poi, quando passa l’adrenalina, viene fuori tutto insieme.

Se fosse stata una corsa normale saresti rimasto seduto per terra?

Se non era la madison e non ci fosse stato Elia da solo, mi prendevo tutti i cinque giri di neutralizzazione che mi spettavano. Invece appena il fisico mi ha dato la possibilità, mi sono ributtato subito dentro.

Consonni è tornato in gara al Renewi Tour, subito con buone sensazioni
Consonni è tornato in gara al Renewi Tour, subito con buone sensazioni
Come si fa a ritrovare la grinta adesso per andare a un europeo e poi magari ci saranno anche i mondiali su pista?

Alla fine, se fai questo sport e cerchi di farlo al 100 per cento, vivi di obiettivi. Cerchi sempre di trovare le sensazioni e le emozioni che quando ti metti il numero ti fanno andare avanti. Sicuramente non è sempre facile, certe volte il fisico ti dice di no, anche se la testa o la voglia sarebbero di andare avanti. Per cui devi anche dargli il tempo che richiede. Però la verità è che per tanti motivi questa Olimpiade è stata diversa da quella di Tokyo.

In cosa?

Là venivi da un periodo comunque molto delicato e particolare come quello del Covid. Il volo fino a Tokyo è lungo. C’è il fuso orario. Alla fine invece, la trasferta di Parigi è stata semplice proprio a livello logistico. Eravamo a un’oretta e mezza da casa. Hai la famiglia vicino, nel mio caso c’erano mia mamma e mio papà. E’ salito anche mio fratello, c’era mia moglie. Il fatto di sentire e vedere tutti i giorni Alice mi ha dato serenità e tranquillità per vivere le Olimpiadi quasi come una corsa normale. A Tokyo eravamo da soli e senza pubblico e così emotivamente, anche senza volerlo, già prima di partire sentivamo il peso di quelle piccole difficoltà. Qua tutto sommato è stata una trasferta facile, che ci ha permesso di tornare e riprendere subito a lavorare con appena un paio di giorni di stacco.

Si lavora per obiettivi e nei giorni scorsi Milan ci ha detto che con Bennati parlava già da un po’ degli europei. E’ stato così anche per te?

E’ importante sapere che durante l’anno, dopo le Olimpiadi, ci saranno gli europei e quindi c’è già un’organizzazione. Non ti arriva nulla addosso all’improvviso, senza sapere quello che c’è. Va pianificato un po’ tutto ed è sicuramente importante, perché comunque riesci a programmare bene. In questo caso devo sottolineare nuovamente il fatto che la squadra ci ha lasciato tranquilli per tutti questi mesi dopo il Giro d’Italia e non è da tutti.

E’ il prezzo per tutti i team che hanno specialisti della pista, anche Ineos per Ganna…

Togliendo il campionato italiano, era dal Giro che non correvo con la maglia della Lidl-Trek. Per una squadra WorldTour, che comunque vuole sempre essere sul pezzo, è una defezione importante. Non tanto la mia magari (ride, ndr), ma quella di Johnny, quindi dobbiamo ringraziare tanto la squadra. Col “Benna” questa cosa era già nell’aria e la verità è che Johnny ci è arrivato e ci sta arrivando con testa, grinta e gamba al top. Ed è la dimostrazione ancora una volta che la pista, se fatta in un certo modo, non fa solo bene, ma ti può dare qualcosa in più.

Il progetto europeo era nell’aria da parecchio. Già alla Tirreno-Adriatico primi contatti con Bennati
Il progetto europeo era nell’aria da parecchio. Già alla Tirreno-Adriatico primi contatti con Bennati
Al Deutschland Tour è parso insaziabile…

Johnny sto iniziando a conoscerlo sempre meglio ed è veramente forte, ma soprattutto di testa. Ha una voglia di vincere, di alzare le mani e far vedere di essere il più forte che è qualcosa di incredibile. E il bello è che la passa a tutti noi. Penso che noi gli abbiamo dato una bella mano, ma anche lui da leader ha dato una grande grinta e un grande senso di appartenenza al nostro treno e al nostro gruppo. E questo ci ha portato tutti, sia lui sia noi, a fare una stagione spettacolare come quella che stiamo facendo.

Parlavamo con Bennati di quanto sia facile fare bene il treno in allenamento, ma che il vero test si fa in corsa…

E’ verissimo quello che dice, perché penso che Daniele abbia più esperienza forse di tutta la nazionale messa insieme, togliendo però “Trento” (Matteo Trentin, ndr). E’ verissimo, puoi provare il treno quanto vuoi, ma alla fine la verità è che guardando il gruppo che siamo, c’è gente abituata a lavorare con grandi capitani. Il “Ballero” è sempre stato in grandi treni, come di recente quello di Cavendish e prima alla Quick Step. Ha lavorato con Morkov, quindi ha un’esperienza che ci fa stare tranquilli. Trentin non va neanche nominato, solo a livello di esperienza può insegnare a tutti qualcosa. E quindi anche lì siamo tranquilli. Sappiamo cosa vogliamo e agli europei abbiamo una storia importante.

Per te è la terza volta, giusto?

Esatto. Ho corso poco su strada con la nazionale, però questo sarà il mio terzo europeo. Nel primo, era il 2017, venne il secondo posto con Elia in Danimarca. Due anni dopo abbiamo vinto proprio con Elia ad Alkmaar. Perciò mi fa super piacere tornare a far parte di questo gruppo. La cosa che mi fa un po’ sorridere è che dopo la gara di Amburgo parlavo con i miei compagni e ho realizzato che domenica ce li troveremo contro. Quelli che sono sempre stati insostituibili al nostro fianco saranno i nostri rivali. E anche rivali importanti. Dan Hoole sarà nel treno di Koij. Theuns sarà nel treno di Philipsen e Merlier.

La collaborazione fra Consonni e Milan al Giro ha portato 3 vittorie e 4 secondi posti
La collaborazione fra Consonni e Milan al Giro ha portato 3 vittorie e 4 secondi posti
Secondo te faranno due treni separati?

Non lo so e sinceramente avranno una bella gatta da pelare. Perché è vero che non c’è neanche più Van Aert, però hanno anche Jordie Meeus, che magari non ha la costanza degli altri due, ma è stato l’ultimo vincitore sui Campi di Elisi.

Belgio e Olanda saranno le squadre da marcare?

Da marcare neanche tanto. Io sono convinto che se inizi a marcare troppo, sei sulla difensiva. Invece devi partire per farti marcare, ma questo è un altro discorso. Dobbiamo essere bravi a gestirla emotivamente, ma abbiamo gli uomini per fare quel che serve. Per chi è abituato a gestire tutto in pista, in cui un errore anche minimo può costarti la medaglia, la gara su strada è uno stress, ma molto più gestibile.

Due settimane agli europei: squadra per Milan, ma pronti a tutto

31.08.2024
6 min
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Con Jonathan Milan che continua a macinare volate, la vista sugli europei di Hasselt del 15 settembre si fa decisamente interessante. Il percorso che parte da Zolder è stato definito come una Gand-Wevelgem senza il Kemmelberg, ma questo non significa automaticamente che sarà una corsa facile. Soprattutto se al via ci sarà un corridore come Van der Poel, cui l’arrivo in volata non sta per niente a cuore.

Daniele Bennati è andato a vederlo nei giorni attorno Ferragosto e ne è tornato con le idee sufficientemente chiare per intavolare la conversazione con i potenziali convocati, i cui nomi saranno diffusi martedì prossimo a Roma. Quel che è abbastanza chiaro è che si tratterà di una corsa veloce, con un tratto del circuito finale in cui gli attaccanti come l’olandese e il degno compare Van Aert potrebbero tentare il colpo di mano. Rispetto alle perplessità di partenza infatti, il tecnico del Belgio Vanthourenhout ha scelto di portare Philipsen, Merlier e pure Wout, che dalla Vuelta qualche perplessità sui ruoli l’ha già espressa.

Volendo immaginare un po’ di nomi, consapevoli di non avere frecce azzurre così abbondanti o appuntite, forse solo il miglior Ganna sarebbe in grado di stare con quei due in caso di attacco. Mentre per l’eventuale sprint, la carta Milan, magari tirato dallo stesso piemontese e lanciato da Consonni sarebbe la scelta migliore. Bennati però non si sbilancia, osserva, annota e intanto costruisce la possibile strategia.

Il percorso degli europei di Hasselt è lungo 222,8 km per 1.273 metri di dislivello
Il percorso degli europei di Hasselt è lungo 222,8 km per 1.273 metri di dislivello
Partiamo dal percorso: come si potrebbe definirlo?

Non direi che sia facile, di facile non c’è nulla. La parte centrale sarà sicuramente da gestire bene, perché ci sono due tratti di pavé esposti anche al vento. Uno è anche in salita e vista anche la partecipazione, non è proprio così scontato che si arrivi in volata. Van der Poel non ha interessi ad aspettare il finale.

Serve una squadra compatta per chiudere oppure è bene avere qualcuno che possa andare via con chi attaccasse?

In quella parte centrale, secondo me c’è bisogno di uomini che abbiano la capacità di saltare sulle ruote di chi partisse. In quel momento bisognerà decidere se stare tutti assieme e chiudere oppure far saltare dentro qualcuno di noi e non tirare. Potrebbe essere una delle ipotetiche soluzioni, non ce ne sono molte altre a ben vedere. Dall’ultimo pavé all’arrivo ci sono 45 chilometri e c’è in giro gente capace di reggere certe distanze in un ipotetico attacco. Si mette ogni cosa sul piatto, anche se in gara tutto può cambiare.

Ai mondiali di Zolder, Ballerini decise che si sarebbe corso per Cipollini e non si fece andare via nessuno.

Potremmo anche decidere di fare così, ma per chiudere subito quando attacca un Van der Poel a meno di 50 chilometri dall’arrivo, bisogna che ci siano ancora uomini in grado di farlo. Non immagino certo che Milan si metta a tirare per inseguirlo.

Van Aert alla Vuelta ha già vinto tre tappe e chiede chiarezza di ruoli nel Belgio degli europei
Van Aert alla Vuelta ha già vinto tre tappe e chiede chiarezza di ruoli nel Belgio degli europei
I belgi portano tre uomini velocissimi: vedi una logica?

Non mi stupirei se, in caso di arrivo allo sprint, decidessero di fare due volate. Tra Merlier e Philipsen non mi sembra che corra buon sangue. Da una parte per noi è meglio così, però vedrete che una logica c’è e non verranno certo a spiegarcela prima. Non credo proprio che il loro tecnico sia uno sprovveduto.

Escludi che possa aver chiesto a Merlier di tirare la volata a Philipsen, tenendo Van Aert per un attacco?

E’ difficile, ma non conoscendo i soggetti, non saprei dirlo. Probabilmente avrà già parlato con loro, ma ci sta anche che possano adottare la soluzione di fare la volata entrambi, privando gli altri di un riferimento sicuro.

Nell’ipotesi di Milan leader per lo sprint, l’idea è quella di usare Consonni come ultimo uomo?

Simone è il suo uomo di fiducia quindi potenzialmente potrebbe essere così. Poi ovviamente in base alle dinamiche di corsa nel finale, anche loro dovranno valutare la situazione. Quanto a Ganna, vediamo come sta dopo il ritiro al Renewi Tour, i prossimi giorni saranno decisivi.

Ganna fu già protagonista agli europei 2023: lo fermò una caduta ai meno 25
Ganna fu già protagonista agli europei 2023: lo fermò una caduta ai meno 25
Ai mondiali di Copenhagen sei stato capitano in un mondiale che sarebbe finito in volata e Bettini ancora oggi dice che il suo rammarico da tecnico fu di non aver provato abbastanza il treno…

In allenamento il treno viene sempre bene. Ne ho fatti tanti e non sbagliavo mai nulla. In gara ti devi sicuramente affidare a uomini di esperienza e ovviamente ognuno deve avere il proprio ruolo. In quel mondiale c’era anche tanta gente giovane e si venne a creare una situazione per cui a un certo punto il treno deragliò completamente. Io potevo anche decidere di battezzare un’altra ruota e lo stesso si dovrà essere capaci di fare se il finale si complicasse.

Quanto tempo prima della corsa andrete in Belgio?

Arriviamo il giovedì e l’indomani andremo provare soprattutto quel tratto di pavé che si fa tre volte. Quello è importante da vedere, perché invece l’arrivo è abbastanza semplice. La strada è tutta dritta, è la statale che arriva nel centro di Hasselt. Impercettibilmente sale e nell’ultimo chilometro tende a girare verso sinistra. Non ci sono curve però, né spartitraffico.

Si può pensare che l’eventuale treno prenda in mano la corsa con un po’ di anticipo?

E’ un arrivo abbastanza complicato da gestire. Sicuramente l’ideale sarebbe aspettare il più possibile e poi uscire con gli ultimi uomini, però sono situazioni in cui devi stare sempre molto davanti. In ogni caso abbiamo corridori capaci di tenerti davanti e poi anche di portarti fuori nell’ultimo chilometro.

Consonni sta correndo il Renewi Tour con Milan
Consonni sta correndo il Renewi Tour con Milan
Ormai i treni non riescono più a gestire i finali, d’altra parte…

Infatti le volate si fanno sempre da dietro, riesce a vincere chi ha la capacità di aspettare più possibile. Ma questo te lo puoi permettere solo se hai qualcuno che ti tiene coperto fino a quel momento e impedisce che ti chiudano. Potenzialmente è più semplice organizzare una volata quando ci sono molte curve nel finale, perché prendi la testa e le curve ti fanno respirare. La velocità si abbassa, il gruppo è lungo e da dietro è più difficile rimontare. Con una strada così dritta e larga invece, è molto importante avere uomini che sappiano fare quel lavoro. Gente come Cattaneo e Affini, ad esempio, può essere una garanzia.

Quindi non essendoci curve o punti in cui frenare, si svolgerà tutto alla velocità della luce?

Se non sbaglio l’ultima curva è a tre chilometri e mezzo, poi è tutto uno stradone. L’ultimo chilometro e mezzo tende tutto ad andare verso sinistra, per cui non avendolo visto con le transenne, direi che il traguardo inizi a vederlo quando mancheranno 600 metri.

Ne hai parlato con Milan?

Sì, ci sentiamo spesso. Lui è motivato, perché ne stiamo parlando già da molto tempo. Ovviamente, dopo le Olimpiadi, abbiamo ripreso il ragionamento, come è giusto che sia. Voglio rimanere con i piedi per terra perché non c’è nulla di scontato. Per un po’, dopo quattro europei vinti di fila, sembrava che non avessimo altra possibilità che vincere il quinto e proseguire. Però i cicli finiscono, ci sono anche gli avversari e non è detto che sia tutto così facile. Per cui teniamo i piedi per terra e cerchiamo di mettere in strada la miglior squadra possibile. Le corse non si vincono con i colpi di fortuna, ma con le gambe e le strategie migliori.

Colbrelli, il sogno di Parigi e l’azzurro che purtroppo non brilla

19.08.2024
6 min
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Amadio l’ha appena accennato, Bennati l’ha detto chiaramente, ma forse non tutti l’hanno sentito o voluto capire. Dietro il malcontento per le prestazioni di Bettiol e Mozzato a Parigi c’è una semplice constatazione: abbiamo corso in tre perché il nostro ranking non è all’altezza delle Nazioni più forti. I punti si fanno nei Grandi Giri e anche nelle classiche monumento e noi, persi Nibali e Aru, non abbiamo più trovato sostituti all’altezza. Ci sarebbe stato anche Colbrelli, che però si è fermato per i noti problemi di salute. Sin da Tokyo, Sonny aveva fatto un bel cerchio rosso sul giorno di Parigi. Per cui oggi è con lui che facciamo il punto della situazione azzurra (in apertura è proprio con Bennati, in una foto Limago | Creative Agency).

«Io non ho mai fatto le Olimpiadi – dice il bresciano da casa – ma posso dirvi che con Cassani avevamo parlato proprio di Parigi. Non mi aveva portato a Tokyo nel 2021, nonostante andassi fortissimo in salita. Però ricordo che ne parlammo, vi dico la verità. Fui io a dirgli che avrei preferito non andare, perché il percorso mi sembrava troppo duro. Lasciate stare che Van Aert fece terzo, ma lui quell’anno volava. Io magari sarei stato con Bettiol, che poi ebbe i crampi. Magari venivano anche a me o saremmo arrivati in quel gruppetto e sarei arrivato fra l’ottavo e il decimo posto. Per questo dissi a Cassani che sarei rimasto a casa e sposammo l’idea di andare a Parigi. Che ne sapevo di quello che mi sarebbe successo? Andai anche a fare le visite al Coni perché ero nelle liste olimpiche. Ci tenevo molto, le Olimpiadi mancano alla mia carriera, perché per uno sportivo sono indimenticabili. Ma nel 2021 ci concentrammo sul mondiale…».

Il 2021 è l’anno in cui Colbrelli batte Van der Poel alla Roubaix ed Evenepoel agli europei
Il 2021 è l’anno in cui Colbrelli batte Van der Poel alla Roubaix ed Evenepoel agli europei
A Parigi siamo andati in tre, perché il nostro ranking non era all’altezza.

Purtroppo è così. Le Olimpiadi sono già difficili a pieno organico, che sono 4 corridori. Ma se corri in 3 e uno è Viviani che si è trovato lì per la pista, su un percorso che non era per lui, allora si fa dura. Che poi Elia ha fatto la sua parte. Ma se siamo andati in tre non è solo per quest’anno, ma anche per i precedenti. Mancano un po’ più di continuità e magari corridori da corse a tappe, perché i punti pesanti si prendono nei Giri. Senza più Nibali e Aru, dobbiamo aspettare Pellizzari e Piganzoli e ovviamente il nostro Tiberi, che al momento credo sia la punta italiana. Invece nelle classiche siamo anche in tanti, però quando inizia la vera corsa, non ci siamo. Ganna ha fatto secondo alla Sanremo ed è stato un grandissimo numero. Penso che corridori per le corse del Nord li abbiamo, perché quest’anno Bettiol è stato preso nel finale del Fiandre e poteva andare sul podio. E invece quel giorno è venuto fuori Mozzato, che ha fatto secondo.

La sensazione è che manchino l’incisività, la forza e il coraggio di provare qualcosa fuori dagli schemi.

Che sia una corsa prestigiosa, che sia anche una corsa più piccola, vincere è sempre difficile e in questo nuovo ciclismo ancora di più. Si va a mille, è tutto esasperato. Non devi tralasciare niente. Posso capire la vita che fanno i corridori e la pressione che hanno, perché l’ultimo anno l’ho fatto come Dio comanda e ho avuto i miei risultati. Però non è facile, perché se non sei alle gare, sei in qualche ritiro in altura. Se vuoi fare la differenza servono rinunce, sacrifici e un impegno fuori dal comune. O sei Van Der Poel, Van Aert, Pogacar e Remco, che però li conti su due mani, oppure non è per niente facile. Per un ragazzo che approda in questa nuova avventura è molto difficile, che sia nel WorldTour o una professional. Poi ci sono team e team. E alcuni non sono attrezzati o sul pezzo, come ero io col Bahrain.

Dopo la fuga di Bettiol, il Fiandre 2024 ha segnalato il secondo posto di Mozzato
Dopo la fuga di Bettiol, il Fiandre 2024 ha segnalato il secondo posto di Mozzato
La squadra giusta rende le cose più facili?

Se sei arrivato fino lì e sei professionista, devi essere anche professionista nella vita. E’ un attimo restare senza squadra, è un attimo non fare il risultato o essere messo da parte da un team perché non ti sei allineato a questa disciplina. Diventare professionista vuol dire anche esserlo sul lavoro, sull’alimentazione e la preparazione. Su tutto quanto. Sapete quante volte mi svegliavo la mattina e avevo la classica nausea? Magari pensavo che avrei preferito fare tre ore anziché sei, ma non è così che funziona.

L’Italia porta sempre avanti il tema della gradualità, all’estero si bruciano le tappe: chi ha ragione?

Quando andiamo nelle corse minori, facciamo fatica. Ci sono squadre under 23 che non sposano il progetto continental e si lamentano, quella mentalità di lavorare per il risultato va cambiata. Sto vedendo dei giovani che sono già professionisti e hanno la mentalità da grandi. L’asticella si è alzata molto. In Italia vedo ragazzini di 12-13 anni con la bici da professionisti. Quello che vorrei far capire è che il professionismo si fa da professionista, non da giovane. Fino a una certa età deve essere un gioco, altrimenti a un certo punto è normale che arrivi al bivio e mandi tutto a quel paese.

Protagonista lo scorso anno da junior, Widar ha vinto il Val d’Aosta e il Giro d’Italia U23 (foto Roberto Fruzzetti)
Protagonista lo scorso anno da junior, Widar ha vinto il Val d’Aosta e il Giro d’Italia U23 (foto Roberto Fruzzetti)
Ormai la soglia del professionismo si è abbassata agli juniores.

Mi sto guardando attorno per fare una squadra di giovani e sto vedendo i costi di una squadra di juniores. Alcuni ragazzi prendono anche i soldi, juniores che guadagnano 1.000-1.500 euro al mese. Vuol dire che con 100.000 euro gli juniores quasi non li fai più e questa è una mentalità da cambiare. Come bisogna cambiare il fatto di non andare all’estero.

Tu hai rinunciato a Tokyo, Bennati dice che se un corridore convocato non si sente all’altezza, dovrebbe chiamarsi fuori…

Bisogna sempre guardare il punto di vista del corridore che, se sta bene, vuole onorare la maglia azzurra. Certo, la giornata storta ci può stare, non esiste la bacchetta magica. Ma se nelle settimane prima vedi che non vai come deve andare, a quel punto bisogna essere onesti e dire di no. Chiamarsi fuori perché la figuraccia in corsa sarebbe la tua personale, ma anche per l’Italia. Scegliere gli uomini per le Olimpiadi è difficile perché devi programmarla mesi prima, però il corridore deve essere onesto. E anche in corsa devi dire se stai bene o se stai male…

Tolto Viviani, che ha preso l’argento nella madison, la sensazione è che gli azzurri di Parigi non fossero al meglio
Tolto Viviani, che ha preso l’argento nella madison, la sensazione è che gli azzurri di Parigi non fossero al meglio
Ha fatto bene Pogacar a non andare a Parigi?

Forse dopo una stagione così intensa, capisco che abbia avuto voglia di staccare la spina e pensare alle ultime gare di stagione. Ha vinto prima del Giro. Poi avrà fatto qualche giorno di scarico e si è allenato in altura diretto verso il Tour. Sapete, non è semplice anche se sei Pogacar. La testa conta molto, è quello che conta di più.

Dov’erano gli azzurri? Ritorno a Parigi con il cittì Bennati

14.08.2024
7 min
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Parigi è un boccone che piano piano è andato giù. Bennati lo ha masticato a fatica, ripassando le scelte, le parole, gli impegni e la gara. E poi, dovendo partire alla svelta per un sopralluogo sul percorso degli europei, ha voltato la pagina. E’ innegabile che la corsa su strada degli azzurri alle Olimpiadi sia stata un buco nell’acqua, in cui la figura migliore l’ha fatta colui che meno c’entrava. Con quella fuga, Viviani se non altro ha mostrato al mondo che a Parigi c’era anche l’Italia.

Se avesse potuto aspettare la fine del Tour, Bennati avrebbe portato corridori in palla come Moscon?
Se avesse potuto aspettare la fine del Tour, Bennati avrebbe portato corridori in palla come Moscon?

Prestazione opaca

Il fatto che corressimo in tre discende direttamente dai risultati e i nostri (pochi) risultati nelle classiche hanno indicato i nomi di Bettiol e Mozzato. Se anche avessimo corso in cinque, probabilmente il risultato non sarebbe stato migliore. Ma altrettanto probabilmente, se si fosse potuta dare la squadra dopo il Tour, ci sarebbe stato margine per altre valutazioni. La tagliola del 5 luglio ha impedito di fare diversamente.

«I ragazzi stavano bene – spiega Daniele – apparentemente le cose andavano per il verso giusto. Poi la gara è andata come è andata, è inutile girarci attorno e io mi devo prendere la responsabilità, anche se rifarei le stesse scelte. Non parlo del piazzamento, ma della prestazione al di sotto delle nostre possibilità. Ho sempre detto che, a parte Evenepoel che in questo momento sarebbe sbagliato guardare, non vedo fenomeni nell’ordine di arrivo dal secondo al decimo. Dovevamo fare assolutamente meglio a livello di prestazione. Nei due mondiali che ho fatto, sia in Australia sia a Glasgow, sono sempre tornato a casa col sorriso, perché abbiamo fatto molto bene dal punto di vista della prestazione. In qualche modo abbiamo fatto divertire gli appassionati, cosa che in queste Olimpiadi non è successa».

Fino all’inizio dell’ultimo giro, Bettiol era nel gruppo alle spalle di Evenepoel e Madouas
Fino all’inizio dell’ultimo giro, Bettiol era nel gruppo alle spalle di Evenepoel e Madouas

L’avvicinamento non è stato semplice. A causa del calendario varato dal CIO con il benestare dell’UCI, non si sono potuti coinvolgere Ganna né Milan nella prova su strada. Poi, per le nuove quote della pista, il solo modo perché potesse correre l’omnium e poi la madison era che Viviani venisse convocato per la gara su strada. La decisione è stata presa e non avrebbe avuto senso mettersi di traverso.

Partiamo proprio da Elia.

Come ho detto fin dall’inizio, essendo il responsabile del settore strada professionisti, sul momento non ci sono rimasto bene. Però poi, ragionando a mente fredda, ho capito che fosse una cosa necessaria. E’ sotto gli occhi di tutti il fatto che in questo momento su strada facciamo più fatica che in pista. Va dato atto che siamo una delle Nazioni di riferimento nella pista e nelle crono, per cui si è scelto di dare la possibilità a Elia di fare le sue specialità. A un corridore come lui, bisogna stendere tutti il tappeto rosso per quello che è riuscito a dare in termini di visibilità. La pista è riuscita ad arrivare a questi livelli soprattutto grazie a lui che ci ha sempre creduto e ovviamente anche a Marco Villa.

E alla fine la mossa è stata azzeccata, vista la medaglia d’argento.

Sulle sue potenzialità e la possibilità di fare risultato non ho mai avuto dubbi. Sapevo però che Elia non avrebbe fatto un calendario mirato per la prova su strada, perché con la squadra non stava facendo l’attività più consona. Ovviamente qualcuno che sognava quel posto può esserci rimasto male. Penso che qualsiasi atleta abbia l’obiettivo e il sogno di partecipare a un’Olimpiade, ma non tutti alla fine riescono ad andarci.

Si sapeva da tempo che avreste corso in tre.

Ho iniziato a parlare di Parigi da dicembre del 2023 e una decina di atleti ha effettuato le visite a Roma. Ho indicato i più adatti a quel percorso, senza conoscere le dinamiche che si sarebbero create. Poi, a inizio stagione, ho detto a tutti che nessuno avrebbe avuto in mano la certezza di essere convocato, ma speravo che mi mettessero in difficoltà con i loro risultati di inizio stagione, delle classiche e del Giro. Nel caso specifico, Bettiol fino al Tour ha fatto una stagione molto significativa, con una continuità importante. E’ andato forte alla Sanremo e anche al Fiandre, dove è stato riassorbito nel finale. E proprio al Fiandre è arrivato con Mozzato il solo podio italiano in una gara monumento del 2024. Per cui la scelta è caduta su loro due. Avevano raggiunto risultati importanti e credo che un’Olimpiade si possa conquistare anche e soprattutto attraverso i risultati.

Hai dovuto dare i nomi il 5 luglio.

Credo l’ultima Nazione sia stata la Francia, che li ha dati l’8 di luglio. Poi ovviamente ti devi affidare alla buona sorte e alla parola dei corridori, che si impegnano ad arrivare pronti all’appuntamento. Ci siamo sentiti. Abbiamo parlato con i loro preparatori. Hanno avuto la massima fiducia. La crono ci aveva mostrato un Bettiol in ripresa. Dopo aver vinto l’italiano è andato al Tour, ha fatto una settimana discreta e poi si è ritirato per preparare la cronometro. Semmai, se qualcuno avesse sentito di non essere al meglio, avrebbe potuto fare un passo indietro. Ma erano entrambi certi di stare bene.

Come è stato il tuo approccio con Viviani?

Ci siamo sentiti spesso. Il suo ruolo era determinante e devo dire che ha confermato la sua professionalità. Il fatto che sia entrato in quell’azione è stata una decisione presa al momento da lui stesso, perché non c’erano le radio. L’obiettivo era che arrivasse a Parigi per dare il supporto agli altri due, poi ha deciso di inserirsi in questa azione che alla fine è risultata positiva per lui e anche per noi.

La fuga di Viviani è stata una sua iniziativa che ha tenuto gli altri due azzurri al coperto
La fuga di Viviani è stata una sua iniziativa che ha tenuto gli altri due azzurri al coperto
Come è stato veder scorrere via un’Olimpiade senza poterci mettere mano?

Purtroppo correre senza radio è molto limitante. E’ frustrante non avere la possibilità di fare nulla. Quando sei in macchina, non hai contatto diretto con gli atleti. Quindi stai lì, guardi la corsa nel tablet e ascolti radio corsa, ma a a livello tattico non puoi fare quasi nulla. Ovviamente diventa più semplice per il mio collega belga, che ha un corridore come Evenepoel che stacca tutti (sorride, ndr).

Non sei riuscito ad avere alcun tipo di contatto con Bettiol e Mozzato?

Li abbiamo visti un paio di volte. Sono venuti alla macchina per prendere acqua e Alberto all’ultimo giro non era fuori corsa. C’erano ancora Evenepoel e Madouas e dietro era ancora tutto in gioco. Però quando è venuto alla macchina, obiettivamente non era l’Alberto dei giorni migliori. Quindi ho capito che la faccenda si faceva abbastanza complicata. Ovviamente Luca a quel punto era già più dietro.

Si è detto che con 89 corridori e 272 chilometri sarebbe venuta una corsa pazza, invece è stata molto più lineare.

E’ vero, però analizzandola bene, al 180° chilometro prima di entrare a Parigi, c’era il terreno per attaccare. Un po’ di azioni ci sono state e pensavamo che si potesse fare più differenza. Il Belgio ha provato a muovere la corsa già da lì, anche Van der Poel scalpitava, però era anche ancora lungo arrivare a Parigi. Poi Van Aert ha corso solo ed esclusivamente su Van der Poel e, così facendo, ha aperto una grande possibilità per Remco.

Sei riuscito a parlare con i corridori dopo la corsa, almeno per quello che si può dire?

Dopo la corsa non ci siamo detti nulla, ma la sera dopo cena ho voluto parlare con loro. Gli ho detto che non potevamo tornare a casa soddisfatti, tutt’altro. Mi hanno detto di aver fatto il massimo e io ci credo. Non penso che si siano tirati indietro perché non avessero voglia di far fatica. È stata una giornata negativa dal punto di vista prestazionale e sicuramente si sono ritrovati con poche energie o con energie non sufficienti per fare una gara più dignitosa. Tanto altro da dire al momento non c’è. Voglio che andiamo agli europei e al mondiale con la voglia di riprenderci il nostro posto. E se ci saranno altre cose da dire, le tirerò fuori con loro a fine stagione. Per adesso va bene così.

Mozzato a testa alta, per convinzione e per orgoglio

03.08.2024
4 min
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VERSAILLES (FRANCIA) – La sua convocazione ha fatto discutere. D’altra parte, se i posti sono solo tre, è abbastanza facile immaginare che ciò possa accadere. Chi ha storto la bocca lo ha fatto per via di un Tour de France anonimo. Ma Luca Mozzato ha tutte le caratteristiche per potersi rendere utile, se non addirittura per essere protagonista, in una gara in linea come quella che si presenta a Parigi con in palio l’oro olimpico (in apertura, un’immagine Instagram lo ritrae con la sua nuova Bianchi Oltre).

Lo ha dimostrato al Giro delle Fiandre, arrivando dietro Mathieu Van der Poel. Lui è sereno e pronto a giocarsi le sue carte. «Sto bene, sono pronto – dice con sicurezza – ho fatto un buon avvicinamento. Sono consapevole che al Tour de France non sono stato presente come avrei dovuto, ma è anche vero che dovevo non prendere rischi per non arrivare cotto a questo appuntamento. Sono fiducioso, emozionato e proverò a far bene».

I ragazzi di Bennati (sulla destra): Alberto Bettiol, Luca Mozzato, Elia Viviani
I ragazzi di Bennati (sulla destra): Alberto Bettiol, Luca Mozzato, Elia Viviani
Sarà una corsa diversa dalle altre.

Sarà strano essere in tre. Noi professionisti siamo abituati ad avere corse gestite dalle grandi squadre dal primo chilometro fino alla linea del traguardo. Trovarsi in tre o in quattro, per le squadre più numerose, senza radio, sarà una incognita per tutti. Dipenderà naturalmente da come vorranno correre le grandi squadre. Se tutti vorranno mettere qualcuno davanti, potrà venire fuori una corsa pazza. Se invece qualcuno la prenderà in mano nelle prime ore avremo la parvenza di una corsa classica, ma non sarà facile.

Che tipo di gara ti aspetti?

Vedremo come sarà in corsa. E’ strano, è diverso. E’ una incognita un po’ per tutti. Di sicuro sappiamo che ci sono alcuni corridori che possono attaccare quando vogliono. Sono pochi, ma sono loro: Evenepoel, Pedersen, Van Aert e Van der Poel. I favoriti sono loro e faranno una corsa diversa dagli altri. Credo che la loro intenzione sia di isolarsi il più possibile, il prima possibile. E poi giocarsi le rispettive carte tra di loro. Per tutti gli altri sarà una incognita e bisognerà vedere che situazioni si presenteranno. E quindi magari entrare nel loro gioco tattico e romperlo.

A Parigi anche i meccanici Campanella (a destra) e Foccoli: rispettivamente Lidl-Trek e Ineos
A Parigi anche i meccanici Campanella (a destra) e Foccoli: rispettivamente Lidl-Trek e Ineos
Una lotta tra loro quattro potrebbe creare spazi all’improvviso per altri?

Quella è la speranza. Ultimamente il trend non è tanto quello di controllarsi tra loro, anzi, spesso collaborano per rimanere da soli. Ma noi dobbiamo cercare una situazione favorevole per giocarci le nostre carte per una medaglia e, perché no, per vincere. Siamo qui per provarci, altrimenti saremo rimasti a casa.

Che cosa ne pensi del percorso?

Mi piace. E’ adatto alle mie caratteristiche. Non è molto duro. Se fosse una corsa normale, con tanti partenti e squadre organizzate, si parlerebbe di volata quasi sicura e di un gruppo nutrito. Così invece c’è un livello alto e un gruppo non numeroso. Sarà quindi una corsa più tattica. Bisognerà entrare nelle azioni nel momento giusto, perché siamo in pochi e quindi non si possono sprecare energie inutilmente battezzando azioni che non sono buone. Sarebbe come mettersi una palla al piede.

Nel pomeriggio di ieri, l’hotel della nazionale ha aperto le porte ai media. Qui Mozzato (di spalle) con Francesco Pancani
Nel pomeriggio di ieri, l’hotel della nazionale ha aperto le porte ai media. Qui Mozzato (di spalle) con Francesco Pancani
Quale sarà il tuo ruolo?

Sentiremo Daniele che cosa ne pensa. Non abbiamo ancora fatto la riunione tecnica (l’intervista è stata realizzata ieri prima di cena, ndr). Siamo tutti d’accordo sul fatto che il nostro leader è Alberto e lavoreremo per lui. Elia ed io dovremo essere bravi a interpretare la corsa e a sfruttare le occasioni che ci capiteranno.

Non è un Grande Giro, non è una classica monumento, non è un mondiale. E’ l’Olimpiade. Senti qualcosa di diverso?

Per uno sportivo l’Olimpiade è una cosa diversa, è vero. Per il ciclismo è particolare rispetto ad altri sport, ma è una situazione che trascende da tutto. Siamo circondati da atleti di ogni sport, si respira la competizione vera da qualche settimana. Ogni giorno guardiamo i risultati di tutti gli altri ragazzi, tifiamo per gli italiani, apprezziamo gli stranieri. Si sente, si respira. E’ speciale. E’ bello esserci. E’ una cosa che ti spinge a dare il meglio di te stesso. E io questo chiedo a me stesso, questo mi chiedono i compagni di squadra e il commissario tecnico. Sono pronto, ho fiducia, vediamo come andrà.

Trentin vince al Wallonie e rimanda le domande a Bennati

02.08.2024
5 min
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L’umore di Matteo Trentin è come il cielo che sovrasta casa sua nel Principato di Monaco, per gran parte del tempo sereno, ma a volte si scurisce. Da un lato c’è la vittoria al Tour de Wallonie, la prima in maglia Tudor Pro Cycling e la prima in una corsa a tappe per il trentino. Dall’altra parte, invece, c’è la non convocazione nel trio che si giocherà l’oro olimpico a Parigi 2024. Al suo posto il cittì Bennati ha deciso di portare Luca Mozzato. Erano loro due e forse pochissimi altri a giocarsi l’ultimo posto disponibile, vista la convocazione quasi obbligata di Elia Viviani e quella certa di Alberto Bettiol

Per Trentin al Wallonie anche la prima vittoria di una corsa a tappe in carriera
Per Trentin al Wallonie anche la prima vittoria di una corsa a tappe in carriera

Il sapore della vittoria

L’ultimo successo di Matteo Trentin risale ad ottobre 2022, al Giro del Veneto, quando ancora vestiva la maglia del UAE Team Emirates. La scorsa stagione ci era andato vicino un paio di volte al Delfinato, ma si era fermato al secondo gradino del podio. Anche ad inizio anno, ad Almeria, aveva sfiorato il successo. 

«Era anche ora – dice Trentin – è stata la prima vittoria con la maglia della Tudor. In più si è trattata dalla prima volta in cui ho vinto una corsa a tappe. Sono molto contento di quanto fatto. Ero partito per il Belgio con l’obiettivo di vincere una tappa, poi è arrivata anche la maglia così abbiamo provato a portarla fino alla fine. Per me si è trattato di un buon segnale, a dimostrazione che quando preparo un obiettivo ci sono. Non sarà stata la gara più importante dell’anno, ma con il ciclismo di oggi non ci sono più corse facili o difficili. Vincere è sempre impegnativo. In Belgio ogni tappa è stata tirata e io ho risposto bene restando davanti anche in quelle più dure».

La sua ultima vittoria risaliva al Giro del Veneto 2022, in maglia UAE
La sua ultima vittoria risaliva al Giro del Veneto 2022, in maglia UAE
Un ottimo risultato considerando che è arrivato con la nuova squadra. 

E’ andata bene anche per questo. Sono contento per l’ambiente e penso possa fare bene alla mentalità di tutti. Nella prima parte di stagione la Tudor si è comportata molto bene con delle buone prestazioni al Giro d’Italia. Poi siamo calati un pochino, ma nella seconda parte di stagione abbiamo rimesso tutto a posto. Oltre alla mia vittoria al Wallonie sono arrivati un quinto e un sesto posto nella generale del Czech Tour. 

Una squadra giovane, ma che sta imparando tanto. 

L’età conta, ma i miglioramenti si vedono tutti. La Tudor non è una formazione abituata ad arrivare nel finale di una corsa a tappe con un leader. Certi automatismi vanno oliati. D’altronde era la prima volta anche per me. 

C’è qualcosa da perfezionare?

Più che altro abbiamo agito e capito come fare. Una bella lezione che verrà utile in futuro. Certe cose non le puoi migliorare se non ti trovi mai a fronteggiarle. Nel complesso l’ultima tappa l’abbiamo corsa bene, ci sono alcune cose da valutare…

Quali?

Dei tecnicismi. Ad esempio nella prima parte di gara controllare la fuga non è stato semplicissimo. Nel corso della gara è andata bene invece. Poi il finale è stato più movimentato, anche io ho sbagliato un po’ l’approccio. Sono uno che è abituato a seguire per poi provare a vincere, invece in questi casi bisogna ragionare per l’obiettivo più grande. Posso dire che il riassunto dell’esperienza al Wallonia é: non si smette mai di imparare. 

L’esclusione da Parigi 2024 fa male, ma Trentin rimanda a Bennati le domande
L’esclusione da Parigi 2024 fa male, ma Trentin rimanda a Bennati le domande
Dopo la pausa è stato un bel modo per ripartire…

Sì. Dopo un periodo di pausa ero andato a Livigno ad allenarmi da solo. Mi sono portato dietro la famiglia per qualche giorno. Due settimane di lavoro fatte bene che mi hanno permesso di arrivare pronto per questa seconda parte di calendario. 

Nel quale erano previste le Olimpiadi?

Ero andato in ritiro con l’obiettivo di preparare anche questo appuntamento. 

Invece la convocazione non è venuta, ne hai parlato con Bennati?

Per i ragionamenti che non hanno portato alla convocazione dovete chiedere a lui. La mia versione è che mi sono preparato al meglio e la vittoria in Belgio ne è la dimostrazione. Sarei stato pronto e l’ho fatto vedere.

Il Wallonie è stato un bel banco di prova per Trentin che ha imparato a gestire la corsa in maniera diversa
Il Wallonie è stato un bel banco di prova per Trentin che ha imparato a gestire la corsa in maniera diversa
I tuoi obiettivi per la seconda parte di stagione prevedono gli europei?

Ripeto che dovete parlarne con il cittì. Non mi sento più di sbilanciarmi. Correrò e farò il mio.

Che calendario farai con la squadra?

Correrò al Giro di Danimarca e al Renewi Tour, ancora in Belgio. Poi sarò alla Bemer Cyclassic (ex Cyclassics di Amburgo, ndr). Poi ci sarà da capire se sarò al via delle gare in Italia o se sarò ancora al Nord. Questo però dipende dagli inviti che arriveranno alla squadra. 

Allora ti facciamo un in bocca al lupo sperando di vederti alle corse in Italia.

Crepi!