Il “nuovo” Martinelli, corsa a piedi e tanta potenza

18.03.2023
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Bastano pochi istanti, ascoltando la sua voce, per capire che è un Alessio Martinelli diverso da quello dello scorso anno. I problemi non erano stati pochi nella sua prima stagione alla Green Project Bardiani CSF Faizané, ma il corridore di Sondalo ha voltato pagina e ha ripreso con vigore quel cammino verso la conferma delle tante aspettative riposte su di lui, come una delle grandi speranze per riavere un corridore italiano adatto ai grandi Giri.

Martinelli viene dalla quarta piazza finale all’Istrian Spring Trophy, sfida istriana frequentata da corridori di buon livello (era gara 2.2 Uci) tutti giovani come lui. Gara con molti devo team e con molti ragazzi intenzionati a mettersi subito in evidenza per impressionare soprattutto i propri dirigenti. Più che il risultato, il valtellinese ha però messo l’accento su un altro aspetto.

«Ci riflettevo anche in corsa – afferma Martinelli – era da tempo che non mi divertivo così, ma è qualcosa che fa parte della squadra quest’anno e me ne ero accorto già a inizio stagione».

In Istria i corridori hanno trovato un clima difficile: qui la grandinata nel pieno della prima tappa
In Istria i corridori hanno trovato un clima difficile: qui la grandinata nel pieno della prima tappa
I tuoi risultati in Croazia non sono stati una sorpresa, è già da inizio stagione che vai forte…

A dir la verità mi aspettavo qualcosa in più dalla gara istriana. Ero partito per fare classifica, la corsa la conoscevo essendoci stato lo scorso anno. Il prologo era appena un assaggio, un chilometro in tutto, ho perso 4” e andava bene così. Il primo giorno effettivo è stato invece un disastro, climaticamente parlando: grandine e fulmini a più non posso, un freddo terribile.

E poi?

La tappa successiva era quella decisiva, noi abbiamo sempre tirato, in salita avevo gestito bene la situazione pensando al finale, ma sul pavé dissestato non mi sono trovato bene e ho perso il contatto con i primi. Nella frazione conclusiva abbiamo provato a raddrizzare la situazione ma ormai era impossibile, la Jumbo-Visma controllava tutto.

Anche con il team Development si ha la sensazione che gli olandesi abbiano una marcia in più. Hai notato se hanno l’abitudine a tenere la corsa bloccata?

Non direi, anzi nelle prime tappe correvano un po’ nascosti, poi quando Tijmen Graat si è preso la tappa decisiva, hanno messo in funzione tutte le tattiche di controllo. Sicuramente si vede che hanno un’abitudine maggiore a correre fianco a fianco con i grandi, sono gestiti esattamente come la squadra maggiore. Ma anche noi che facciamo attività di categoria all’estero, notiamo molti progressi. Occasioni come queste servono proprio per imparare a correre come un professionista.

Nelle prime uscite il valtellinese ha sofferto il freddo. Qui al Laigueglia, dove si è ritirato
Nelle prime uscite il valtellinese ha sofferto il freddo. Qui al Laigueglia, dove si è ritirato
Riguardandoti indietro, pensi che la stagione scorsa sia stata deficitaria o c’è qualcosa da salvare?

Molto direi, io non sono deluso. Fino al Giro dell’Appennino sono andato forte, poi lo strappo al polpaccio ha cambiato tutto. Se stai fermo per un mese, ripartire poi è difficile. L’Avenir è stato la mia ultima corsa, proprio pensando a quel che avevo passato ho staccato prima la spina per affrontare meglio l’inverno e i risultati ora si vedono. Ma comunque ho portato a casa tre vittorie che rappresentano comunque una crescita.

Che cosa è cambiato in quest’inverno?

Ho preso due chili di muscoli e stanno influendo molto, in positivo. Pedalando alla soglia mi accorgo che spendo meno energie in pianura e a cronometro. Inoltre ho aumentato un po’ la distanza in allenamento, continuando quel cammino di crescita ragionata che è alla base dell’impostazione scelta dal mio preparatore Omar Beltran.

La Green Project Bardiani ha lavorato molto per Alessio in Croazia, provando il colpo grosso
La Green Project Bardiani ha lavorato molto per Alessio in Croazia, provando il colpo grosso
Quei due chili li hai presi in palestra?

No, Omar è contrario. Abbiamo fatto molti lavori di forza in bicicletta, abbinandoli a esercizi a corpo libero e i risultati ci sono stati. Inoltre – e questa è stata una novità per me – ho corso molto a piedi, a ottobre e novembre abbinando le uscite podistiche agli allenamenti specifici. Serviva a far salire bene i battiti del cuore, con sedute fino a 40-50 minuti: all’inizio il batticuore era tanto, poi si è andato stabilizzando.

Effettuavi lavori specifici a piedi?

Cercavamo di ripetere un po’ l’impostazione in bici, ad esempio 30” a tutta e 30” piano. Ho raggiunto anche velocità medie di 4’ al chilometro che so essere molto apprezzabile. Per ora comunque non conto di emulare gente come Van Aert e Yates che hanno fatto anche la maratona, anche se da bambino avevo iniziato a fare sport proprio con la corsa. Io quando chiudo la stagione ciclistica ho bisogno di rilassarmi, pensare a tutt’altro. Magari chissà, a fine carriera…

Mondiali 2019, l’azzurro è secondo, qui il podio con Simmons e Sheffield, ora già affermati pro’
Mondiali 2019, l’azzurro è secondo, qui il podio con Simmons e Sheffield, ora già affermati pro’
Tutti ti vedono come uno specialista da corsa a tappe, ma ti senti davvero tale?

Diciamo che è un giudizio esterno, io credo di poter far bene anche nelle corse d’un giorno. Certamente il recupero è una delle mie doti migliori, ma in corse con strappi brevi e ripetuti io sono convinto di poter dire la mia. Esattamente come avveniva da junior, quando sono stato secondo ai mondiali. Infatti nelle prime classiche spagnole d’inizio stagione non ero andato male.

Hai una corsa specifica alla quale punti?

Voglio sicuramente essere in forma per il Giro Under 23, farlo come si deve puntando alla classifica, ma non corro pensando a quello. Ogni gara è un obiettivo, io quando parto voglio far bene sempre e d’altro canto è quello che anche la squadra vuole.

L’inverno del corridore, fra camminata e corsa

31.10.2022
6 min
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Ecco l’inverno del ciclista ed ecco spuntare le famose attività alternative. In passato abbiamo visto gli atleti cimentarsi anche in sport particolari oppure fare in modo alquanto serio quelle più comuni: su tutte ci viene in mente la maratona di Adam Yates. O il trail notturno di David Gaudu (in apertura foto Geraldine Magnan, ndr) che comunque non sono attività “strane”. Giacomo Notari, uno dei coach dell’Astana Qazaqstan ci accompagna in questo viaggio sulla preparazione del post stacco.

E Notari entra subito nel merito, anche se: «Con il ritorno del Tour Down Under a gennaio, molti hanno già ripreso la preparazione standard, palestra e bici, per essere pronti a gennaio». Lasciando intendere che magari per alcuni professionisti quest’anno c’è stato meno tempo per queste attività alternative.

Attività “esotiche”

Spesso abbiamo parlato di sci di fondo, qualcuno che fa arrampicata, chi scappa in luoghi caldi per andare a surf, chi nuota… ma sono “mosche bianche”. Il nuoto stesso sono relativamente in pochi a praticarlo, perché questo impone una certa tecnica, altrimenti in vasca non si combina nulla.

«C’è anche chi usa i rollerblade – dice Notari – se ben ricordo Tiralongo ne era un sostenitore. Alla Jumbo-Visma, che hanno anche il team di pattinaggio sul ghiaccio di cui in Olanda sono appassionatissimi, vedo che molti pattinatori pedalano. Non mi stupirei se fosse anche il contrario.

«E posso garantire che i pattinatori vanno fortissimo in bici. Una volta a Livigno incontrai Enrico Fabris (che vinse le Olimpiadi di velocità, ndr) e in bici spingeva davvero forte».

Vincenzo Albanese, camminata in montagna 2020
La camminata in montagna è forse l’attività più rilassante e più diffusa tra i pro’. Qui Vincenzo Albanese
Vincenzo Albanese, camminata in montagna 2020
La camminata in montagna è forse l’attività più rilassante e più diffusa tra i pro’. Qui Vincenzo Albanese

Camminate in montagna

Ma quali sono dunque le attività alternative che davvero vengono praticate? 

«Le attività alternative principali – spiega Notari – sono sostanzialmente due: la camminata in montagna e la corsa piedi.

«La camminata preferiamo che sia in montagna (o in collina, ndr) perché c’è del dislivello e in qualche caso anche la quota. Con il fatto che si tratta di un’attività più blanda è preferibile appunto che ci sia del dislivello da fare per questioni cardiovascolari e muscolari. Noi consigliamo dalle due ore di camminata in su, proprio perché l’intensità è bassa».

«Non ce lo hanno chiesto, ma se usano i bastoncini è meglio, perché questi aiutano a fare più dislivello e a muovere un po’ di più la parte alta. Boaro, per esempio, è un ottimo camminatore. E recentemente anche Martinelli ha ripreso con questa attività unendoci anche della corsa lenta. Alla fine emerge “l’animale endurance” proprio del ciclista. A questo “animale” piace soffrire un po’, fare un certo tipo di sforzi che gli danno soddisfazione. Guardiamo Trentin con lo sci di fondo…».

Negli ultimi anni è aumentata la quantità di pro’ che ricorre alla corsa a piedi. qualcuno, come Roglic, anche nel corso della stagione
Negli ultimi anni è aumentata la quantità di pro’ che ricorre alla corsa a piedi. qualcuno, come Roglic, anche nel corso della stagione

Corsa a piedi

C’è poi il capitolo, sempre molto discusso, della corsa a piedi. Ancora oggi c’è chi la demonizza. Una volta si diceva che un corridore dovesse prendere la bici anche per andare a comperare il pane. Non solo non doveva correre ma neanche camminare. Vecchi retaggi.

«Riguardo alla corsa a piedi – riprende Notari – va bene, ma molto dipende dal background dell’atleta stesso con la corsa. Cioè se in passato l’ha fatta. Se non ha problemi di ginocchia e schiena. Dal punto di vista aerobico e cardiovascolare è molto simile al ciclismo e il vantaggio è che con 45′-60′ hai svolto già un buon allenamento».

«So di molti corridori che corrono a piedi d’inverno. Noi in Astana per esempio abbiamo i kazaki che la usano molto. Da loro in questo periodo fa freddo, c’è la neve e allenarsi in bici è impossibile. Così corrono. Gidich per esempio ci va spesso».

Miguel Angel Lopez è un vero esperto di Mtb. Nel post lock down il colombiano prese parte anche a delle gare di Xc in Sud America
Miguel Angel Lopez è un vero esperto di Mtb. Nel post lock down il colombiano prese parte anche a delle gare di Xc in Sud America

E la mtb?

Il discorso è un po’ diverso per quanto riguardo la mtb. Questa infatti non fa solo parte delle “altre attività” in attesa della ripresa vera e propria, ma in certi periodi è ormai integrata nella preparazione.

«Noi – dice Notari – la inseriamo anche nel primo periodo della preparazione invernale, quando fanno palestra e bici. A piacimento dei ragazzi, la parte di bici può essere fatta con la mtb. Lopez per esempio ci va molto. Ma anche a Dombrowsky piace. Idem a Lutsenko. Per non parlare di Velasco che è un ex biker e che è anche elbano. Lui gira spesso (al Capoliveri Bike Park, ndr) anche durante la stagione in mtb.

«Nell’off season, cioè in quelle tre-quattro settimane di stacco fra l’autunno e l’inverno, preferiamo che facciano altro, non la mtb. Quando invece si riprende e si deve alternare la bici con la palestra siamo quasi più contenti che usino la “ruote grasse”, perché c’è una maggiore componete di forza che si attiva. Senza contare che in mtb imparano a spingere e a tirare (anche con il manubrio, ndr) e gli torna utile la componente tecnica per la guida in discesa».

Notari continua il discorso dicendo poi che per l’inverno ai ragazzi non vengono dati programmi, né le durate di queste attività, ma vengono appositamente lasciati liberi.

«Liberi di gestirsi – conclude – tutto l’anno devono rispettare tabelle e parametri, dargli dei programmi anche in questa fase sarebbe riportarli ad un obbligo, ad uno stress. Quindi meglio che in quelle tre-quattro settimane di lontananza dalla bici facciano ciò che vogliono e come vogliono».

Ciclismo e corsa: le obiezioni dell’osteopata

11.07.2022
4 min
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Il connubio ciclismo-corsa a piedi desta sempre molte discussioni. Le parole di Michael Woods non sono rimaste lettera morta e chiacchierando nell’ambiente è facile notare come ci siano quasi due partiti a confronto, tra chi è favorevole e chi mantiene un po’ di diffidenze. Avevamo sentito il preparatore Giacomo Notari plaudire alla possibilità di allargare gli orizzonti, pur con tutti i distinguo del caso. Maggiori riserve ha Michele Del Gallo, osteopata al Tour seguito della Uae Team Emirates al seguito della maglia gialla Pogacar, senza per questo chiudere del tutto la porta all’utilità dell’attività di corsa.

Michele Del Gallo lavora nel ciclismo dal 1996: è fisioterapista e osteopata al Uae Team Emirates
Michele Del Gallo lavora nel ciclismo dal 1996: è fisioterapista e osteopata al Uae Team Emirates

Woods ha ragione

Ragionando con Del Gallo, iniziamo proprio dalle parole di Woods sui rischi a livello osseo ai quali, dalla chiusura della carriera in poi, il ciclista può incorrere.

«Michael ha ragione – dice – tra l’altro non conoscevo il suo passato di mezzofondista di così alto livello. Di per sé il ciclismo a livello osseo può dare dei problemi proprio perché si tratta di un’attività che non contempla quei microtraumi di cui si è parlato, il continuo impatto, per certi versi anche forte, con il terreno che a lungo andare rafforza la densità ossea. Per questo un ciclista quando cade si frattura più facilmente di un altro sportivo, perché il fisico non è abituato a scaricare il proprio peso sul terreno, ma lo fa sulla bici attraverso un sistema di equilibrio e distribuzione delle forze».

La corsa può quindi avere una sua utilità?

Sì, ma dev’essere dosata e utilizzata quando serve. Sono contrario ad andare a correre nel corso della stagione e non credo ad esempio che chi è al Tour faccia anche qualche singola uscita per sgranchirsi al mattino, proprio perché le energie vengono centellinate, si guarda a tutto, dall’alimentazione al recupero dopo tappa. Diverso il discorso fuori dalle gare dove chi è abituato a fare altri sport è portato a dare sfogo alle proprie passioni.

Corsa Tour 2022
Per Del Gallo correre durante il Tour sarebbe un grave spreco di energie
Corsa Tour 2022
Per Del Gallo correre durante il Tour sarebbe un grave spreco di energie
Dal punto di vista muscolare, la corsa a piedi richiede un impegno diverso rispetto al ciclismo? Un massaggiatore si accorgerebbe quindi di quel che l’atleta ha fatto?

Sicuramente, ma teniamo conto che anche in periodo extragonistico, l’uscita a piedi non sarà mai intensiva, quindi non ci sarà uno stress muscolare come avviene per un allenamento ciclistico. Sono uscite molto “easy” e proprio per quello possono essere utili. Una cosa che notavo, facendo seguito a quanto ha detto Woods, è che molti ciclisti, smessa l’attività e passati a fare i diesse o altri ruoli, iniziano a correre a piedi, senza però ottenere quei risultati che ci si attenderebbe da chi viene da uno sport di endurance.

In che misura?

E’ la dimostrazione della differenza tra i due sport: cuore e polmoni saranno anche allenati in maniera simile, ma a livello muscolare c’è una forte differenza e chi va a correre a piedi va in difficoltà più facilmente di quanto avveniva in bici. E’ un dato oggettivo.

Corsa massaggio
Nel massaggiare la muscolatura, l’esperto si accorge dell’attività svolta dall’atleta e dell’intensità sostenuta
Corsa massaggio
Nel massaggiare la muscolatura, l’esperto si accorge dell’attività svolta dall’atleta e dell’intensità sostenuta
Quando allora la corsa può integrare la preparazione?

Nel periodo invernale, al pari di altre attività. Il nuoto ad esempio sarebbe molto utile, anche se è un’altra attività in assenza di peso e quindi non risponde a quei criteri accennati all’inizio per irrobustire l’ossatura, ma può dare molti benefici alla schiena. Indubbiamente per il ciclista un’attività che provochi continui microtraumi può essere un utile affiancamento alla propria preparazione, per preservare il suo futuro. Un’altra attività che può essere utile sono gli esercizi a corpo libero, che infatti stanno notevolmente prendendo piede nella preparazione del ciclista professionista.

Il discorso sull’ossatura è davvero così importante anche in termini di prestazione?

Altroché… Se studiamo il movimento ciclistico esclusivamente come unione di leve e forze, scopriremo come l’attività del quadricipite scarica la sua potenza sul punto di leva costituito dall’anca: se questa non è nel pieno della sua funzione, anche 1.000 watt di potenza non si tradurranno mai al 100 per cento, i watt saranno parzialmente dissipati. Il bacino deve essere fisso, ogni sbilanciamento fa perdere potenza.

Corsa inverno
D’inverno la corsa può dare indubbi benefici, anche a lungo termine (foto Craig Koleski/Red Bull)
Corsa inverno
D’inverno la corsa può dare indubbi benefici, anche a lungo termine (foto Craig Koleski/Red Bull)
In che cosa si traduce questo in termini di preparazione?

Una volta si lavorava di più sul potenziamento muscolare, ma ormai è un principio passato, se guardate gli sportivi attuali, non solo i ciclisti, hanno fisici meno ipermuscolati, proprio perché si lavora molto sulla stabilità per rinforzare tutto l’apparato. L’aumento di massa anche muscolare significa aumento di peso, di consumo energetico e maggiore esposizione agli infortuni. E’ un orientamento che riguarda lo sport in genere, non solo il ciclismo o la corsa.

Yates Barcellona

La corsa a piedi? Nel ciclismo non è più un tabù…

09.07.2022
5 min
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Nella recente intervista a Michael Woods, il canadese della Israel Premier Tech, ricordando il suo passato di promettente mezzofondista in atletica leggera, sottolineava un aspetto legato all’attività ciclistica e ai suoi effetti.

«Se sei sempre in bici – ha detto – in realtà stai facendo solo un range di movimento davvero ridotto. Così influisci male sul tuo corpo. Alcuni esperti mi hanno detto che molti ciclisti professionisti finiranno con problemi di densità ossea, perché semplicemente non corrono né camminano mai».

Un’affermazione del genere non poteva passare inosservata. Il rapporto fra corsa a piedi e in bici, che pure hanno tanto in comune al punto da essere unite da discipline multisportive come duathlon e triathlon, spesso è stato visto in antitesi da preparatori e diesse, ma è ancora così? In fin dei conti sono tanti i pro’ che, anche solo per una sgambatina per scaricare la tensione, effettuano uscite di corsa a piedi. Anche al Tour de France non mancano esempi di protagonisti che iniziano la giornata con una mezzoretta di corsa su strada, Roglic in testa.

Notari 2022
Giacomo Notari, preparatore dell’Astana, ritiene la corsa a piedi un ottimo compendio aerobico per il ciclismo
Notari 2022
Giacomo Notari, preparatore dell’Astana, ritiene la corsa a piedi un ottimo compendio aerobico per il ciclismo

Ciclismo e corsa, sport fratelli

Come la pensano oggi coloro che sono chiamati a impostare l’allenamento degli atleti? Abbiamo sottoposto le riflessioni di Woods a Giacomo Notari, preparatore dell’Astana.

«Il canadese ha complessivamente ragione – dice – considerando che si tratta di due movimenti legati all’endurance e quindi che influiscono molto sul sistema cardiovascolare, ma molto diversi fra loro. Il ciclismo ha un movimento ciclico, quello pedestre ha un forte impatto sul terreno, ripetuto. Diciamo che si compendiano, anzi si può dire che il ciclismo sia per certi versi ancor più utile al corridore a piedi del contrario».

Perché?

La storia di Woods è già esemplare in tal senso: chi subisce un infortunio nella corsa, riprende a fare attività fisica attraverso discipline come il nuoto e il ciclismo che permettono di allenare il fisico a livello cardiovascolare in assenza di peso, senza traumi impattanti col terreno. Come detto prima, si tratta di due specialità endurance che aiutano e incrementano le qualità aerobiche.

Woods Tour 2022
Michael Woods, in gara al Tour, non ha mai dimenticato le sue radici nell’atletica
Woods Tour 2022
Michael Woods, in gara al Tour, non ha mai dimenticato le sue radici nell’atletica
E’ pur vero però che la corsa è sempre stata vista poco favorevolmente nel mondo ciclistico…

E’ qualcosa che è andato cambiando negli ultimi anni con l’affermazione sempre più diffusa della multidisciplina. Se guardiamo a mezzo secolo fa è vero, le tabelle di allora non prevedevano la corsa perché si pensava facesse male andando a inficiare la ciclicità del movimento, ma non è più così. Ormai ogni preparatore la giudica una specialità complementare, sicuramente necessaria per chi fa ciclocross, ma utile anche per chi è concentrato sulla strada.

C’è da fare una distinzione nel suo utilizzo in base al periodo?

Direi di sì. La preparazione invernale ad esempio è andata molto cambiando nel tempo, prevede palestra e anche corsa a piedi quando invece una volta si lavorava prevalentemente in bici. D’estate nel pieno dell’attività si usa meno, ma molti preferiscono al mattino fare leggere uscite per riattivare il metabolismo. Van Aert ad esempio è uno di questi. Va sottolineato poi il fatto che si tratta di atleti che hanno anche una certa predisposizione per gli sport di endurance nel loro complesso. Lo stesso belga è comunque uno capace di correre la mezza maratona a un ritmo di 4’ al chilometro che non è da tutti (nella foto di apertura Adam Yates alla Maratona di Barcellona, chiusa in 2h58’46”, ndr). Molto c’entra anche la provenienza geografica.

Van Aert corsa 2022
Wout Van Aert a Livigno: la corsa a piedi fa parte del suo programma di allenamento da sempre
Van Aert corsa 2022
Wout Van Aert a Livigno: la corsa a piedi fa parte del suo programma di allenamento da sempre
In che senso?

Chi viene da un Paese freddo come Olanda o Belgio d’inverno ha buoni vantaggi nell’abbinare alle uscite in bici quelle sostitutive a piedi, perché in tal modo si riesce a fare meno fatica considerando la temperatura e si ha comunque la base aerobica di cui si ha bisogno nel quadro complessivo della preparazione. Per i mediterranei il discorso è diverso: in Spagna il clima è sempre favorevole, tanto è vero che le squadre prevedono ritiri quasi tutti i mesi in loco.

Ci sono controindicazioni?

E’ importante che la corsa a piedi sia qualcosa di naturale, che “appartenga” al corridore come nel caso di Woods. Iniziare dall’oggi al domani significa andare incontro ad almeno due settimane di indolenzimento muscolare che non fa bene a chi pretica attività ciclistica. Se invece è qualcosa di connaturato, di normale, allora non ci sono problemi. Tornando al paragone col passato, bisogna dire che le nuove generazioni sono nate nello spirito della multidisciplina, quindi la corsa fa già parte della loro cultura sportiva. A maggior ragione se praticano specialità offroad come il ciclocross o la mountain bike, dove l’attività a piedi è parte integrante della disciplina. Ma su questo tema io andrei anche oltre.

Boaro 2022
Manuele Boaro è uno dei ciclisti italiani che ha sempre praticato la corsa su strada
boaro 2022
Manuele Boaro è uno dei ciclisti italiani che ha sempre praticato la corsa su strada
Ossia?

Nel caso dei bambini bisogna spingerli a fare la gamma più ampia di sport per accrescere il loro background motorio e sviluppare qualità diverse. Quando si entra nell’età adolescenziale si comincia a fare attività specifica, ossia a individuare quali saranno le specialità più adatte, ma io personalmente sono contrario a concentrare ragazzi di 13-14 su una sola specialità. Avranno tutto il tempo.

Tu che vivi nell’ambiente, ci sono esempi anche in Italia di ciclisti che fanno anche attività di corsa?

Sì, Boaro è uno fra questi. Sicuramente però – e parlo anche in relazione a quel che vedo nel mio team – per i corridori stranieri l’uscita di corsa a piedi è cosa normale, noi siamo ancora un po’ figli di una concezione antica, che piano piano si va sradicando.

Pro’ e corsa a piedi, è boom. Ma per Morelli è un rischio

26.01.2022
6 min
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«Per andare a comprare il pane, prendi la bici». «Cerca di non fare le scale». «Cammina il meno possibile e stai con le gambe all’aria». Qualsiasi corridore ed ex corridore che abbia più di trent’anni si è sentito dire dal proprio direttore sportivo almeno una volta una di queste frasi. Non solo ciclismo e camminata erano distanti, erano proprio agli antipodi. Figuriamoci la corsa a piedi!

Poi passano gli anni e ti ritrovi in un inverno in cui vedi che Adam Yates fa una maratona. Primoz Roglic esce a fare una corsa persino sulla neve. Tom Dumoulin si sciroppa un 10.000 e arriva secondo in un evento podistico a Maastricht col tempo di 32’38” (3’16” al chilometro). Egan Bernal (a lui tutti i nostri auguri di una pronta guarigione), prima delle sue sessioni in palestra si scalda correndo sul tapis roulant. Senza contare Van Aert, Van der Poel e Pidcock che col ciclocross sono ben più giustificati.

 

Ma quindi, questa corsa fa male o fa bene? Andrea Morelli, del Centro Mapei Sport, presso cui si recano anche molti podisti, ci aiuta a fare chiarezza. Spesso sono anche “mode”, è vero, ma un parere scientifico… non guasta mai. (In apertura James Whelan ex pro’ dell’EF Procycling – foto Twitter)

Lo scorso autunno Dumoulin stupì tutti col secondo posto nella Groene Loper Run di Maastricht (foto J. Timmermans)
Dumoulin ha stupito tutti col secondo posto nella Groene Loper Run di Maastricht (foto J. Timmermans)
Andrea ma cosa succede con questa corsa a piedi?

Ci sta che i ragazzi più giovani, vedi i Van der Poel, vadano a cercare cose così, come andare a correre… Però la cosa va analizzata per bene. Perché un conto sono i professionisti che vanno a correre e un conto sono gli amatori. La corsa a piedi è un’attività aerobica complementare alla bici d’inverno. E vale anche il discorso contrario: chi è passato dalla bici alla corsa si è poi trovato subito bene. Penso ad Armstrong ma anche allo stesso Cassani, che hanno fatto delle maratone. Per un crossista o un biker ha più senso questa attività alternativa, per uno stradista di altissimo livello sinceramente lo vedo un rischio troppo alto. 

Perché rischio?

Perché la contrazione muscolare cambia, è una contrazione eccentrica. La contrazione eccentrica si sviluppa quando il muscolo si contrae allungandosi (fa da freno per intenderci). Un effetto negativo di questo tipo di contrazione sono i DOMS (Delayed Muscle Onset Soarness, Indolenzimenti muscolari a insorgenza ritardata, ndr). I DOMS sono il segnale di una “rottura delle cellule muscolari”, con conseguente infiammazione ed i processi di riparazione sono più lunghi di quelli “normali”. Si manifestano dopo circa 48-72 ore di distanza da questo tipo di allenamento. Però se un atleta non è abituato a questa attività è facile che crei dei danni, penso anche alle articolazioni e ai tendini. Danni che possono essere importanti.

Prima, Andrea, hai parlato di giovani e crossisti, però Roglic e Yates non sono proprio dei giovani…

Dal punto di vista energetico e metabolico, la corsa a piedi non fa male. Anzi si consuma più energia, c’è un maggior consumo d’ossigeno, 30′ di corsa sono due ore di bici. Addirittura ci sono degli studi che dicono che correndo o andando in bici, insomma facendo un’attività diversa da quella solita, si va a stimolare il consumo d’ossigeno. Quindi la corsa può anche essere una tecnica per sviluppare il Vo2Max. E’ anche utile per il controllo del peso. Però ripeto per me il rischio è troppo alto e sono un po’ scettico per un ciclista professionista.

Quindi non fa bene per alcuni aspetti, andrebbe bene per altri…

Esatto. Se si hanno problemi con il freddo, per esempio, ci sono altre attività che potrebbero andar bene, penso al nuoto o allo sci nordico. E poi dobbiamo fare una valutazione: quante volte vado a correre in settimana? Non è facile inserire la corsa all’interno del programma di preparazione. E se poi si commette anche un danno? Non vedo dei vantaggi. Prima avete parlato di Roglic, ma Primoz viene da un’altra attività, dal salto con gli sci. Sicuramente lui avrà avuto una certa abitudine con la corsa, con i salti, con la pliometria e sa cosa lo aspetta. Questo passaggio alla corsa a piedi pertanto lo paga meno di altri che iniziano da zero.

Nella tua carriera da preparatore hai mai avuto dei professionisti che correvano anche a piedi? O ti hanno fatto questa richiesta?

No, né io ho mai inserito la corsa nell’ambito della preparazione. Addirittura ricordo che alcuni atleti hanno avuto problemi ad eseguire il riscaldamento con il salto della corda (come i pugili, ndr). Quei 2′-3′ hanno creato dei problemi anche grossi. Mentre ho avuto corridori che facevano sci di fondo, penso a Morabito. O chi andava a camminare… Addirittura un anno in Liquigas avevano previsto delle ciaspolate nella preparazione.

E se invece si effettua subito la trasformazione? Aiuta, cambia qualcosa?

Anche su questo aspetto ci sono dei dati contrastanti. Per esempio, se faccio un lavoro di pura forza in palestra e poi a seguire faccio un transfer aerobico, sembra che questo sia controproducente. È come se limitasse il lavoro fatto in palestra. Dovrebbero passare almeno sei o sette ore prima di eseguire un lavoro aerobico. Se invece in palestra eseguo un lavoro di “circuit training”, non c’è problema, perché quello è già un lavoro aerobico in qualche modo e con la trasformazione che si fa sui rulli o su strada lo andrei semplicemente a continuare.

Anche a Tignes Roglic non rinuncia a correre. «Ci va tutti i giorni», dice il coach della Jumbo-Visma, Mathieu Heijboer (foto Instagram)
Anche a Tignes Roglic non rinuncia a correre tutti i giorni, come dice il coach Mathieu Heijboer (foto Instagram)
Quando parli di forza pura ti riferisci agli esercizi con grande peso, giusto?

Esatto, agli esercizi con grande sovraccarico di peso, tempi di recupero molto lunghi ed esecuzioni lente: insomma la forza massima. In questo caso è meglio non fare la trasformazione. Poi c’è anche chi è dell’idea che non farla sia sbagliato, perché magari poi il giorno dopo non sta bene, o è troppo vicino alle gare. Il problema di base per rispondere a questa domanda è sempre lo stesso.

Quale?

Che sostanzialmente di studi relativi ai professionisti ce ne sono pochi.

Perché?

Perché è molto difficile fare degli esperimenti su un atleta professionista, che mentre si allena svolge il suo lavoro, non può rischiare di perdere tempo a “sbagliare” il suo allenamento. Al massimo se ti va bene puoi farlo con qualche under 23. Pertanto quando si fanno certi studi si cerca di prendere dei buoni atleti, di gente ben allenata, e si lavora e si traggono i dati da questi soggetti. Per logica poi i risultati si applicano anche ai pro’. Poi però il professionista parte da una base di forza aerobica totalmente diversa e per lui eventuali miglioramenti con molta probabilità sarebbero molto più piccoli.