“Benjo” Thomas, fari puntati su mondiali, Vuelta e Parigi

13.07.2023
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FIORENZUOLA – Lo stiamo ripetendo da tempo, quasi allo sfinimento. Per tanti motivi quelli di Glasgow non saranno mondiali qualunque. Inizieranno il 3 agosto e saranno un’anticipazione di Parigi 2024. Su pista vincere in Scozia significherà garantirsi l’accesso alle olimpiadi. Fra i tanti in cerca del pass c’è Benjamin Thomas con la sua Francia.

Il bresciano d’adozione della Cofidis guiderà la sua nazionale nella rassegna iridata verso quella a cinque cerchi. Un compito difficile non tanto perché la Francia sia a rischio partecipazione, quanto perché sappiamo quanto i nostri cugini d’Oltralpe sentano il peso dell’evento in casa propria. Thomas lo abbiamo visto “in borghese” durante i campionati italiani su pista a Fiorenzuola in qualità di accompagnatore-allenatore non solo della fidanzata Martina Alzini. Per “Benjo” è stato un momento di stacco psico-fisico prima di rituffarsi in ottica mondiale. Sarà il solito cliente scomodo per tutti, Italia compresa, e così con lui abbiamo approfondito il discorso.

Su strada Thomas punta a correre la Vuelta ed in generale trovare un risultato importante per rilanciarsi
Su strada Thomas punta a correre la Vuelta ed in generale trovare un risultato importante per rilanciarsi

“Benjo” coach

Dall’altra parte del rettinilineo d’arrivo dell’anello di Fiorenzuola c’è Thomas tutto solo in bermuda e t-shirt neutri. Quella è la sua mattonella in cui incita non solo Alzini ma anche Alessio Delle Vedove. E dopo il briefing pre-gara c’è pure quello alla fine.

«Sono diventato tanto amico con Benjo – spiega il classe 2004 della Circus Reuz – ci alleniamo spesso attorno a casa nostra (zona Lago di Garda, ndr) quando entrambi non siamo via per le corse. E’ tanta roba averlo avuto come coach durante i campionati italiani in pista. E’ un onore avere una persona come lui che ti dà anche un piccolo suggerimento. Sono ancora molto giovane e accetto qualsiasi consiglio da lui. Onestamente (sorride, ndr) mi faceva davvero uno strano effetto vederlo e sentirlo a bordo pista che mi incitava ad ogni giro nella corsa a punti. Che emozione!».

Benjamin che bilancio possiamo fare sulla tua stagione finora?

Siamo a metà e la prima parte purtroppo non è andata tanto bene. Colpa di qualche problema fisico e della sfortuna per alcune cadute proprio in gare a cui puntavo. Ho perso un po’ di tempo. Mi sono concentrato sulle corse in cui riuscivo a centrare risultati. L’anno scorso a fine maggio avevo già quattro vittorie e quest’anno invece ne ho solo una in una crono in Francia (terza tappa della 4 Giorni di Dunquerke, ndr). Le piccole soddisfazioni sono che proprio nelle crono sto ritrovando le sensazioni di livello. Mi sono adattato bene anche ai nuovi materiali. Su strada sento che sto crescendo. La qualità si alza tanto ogni anno. Mi manca ancora un po’ di fortuna per centrare quel risultato che mi possa sbloccare. Speriamo avvenga entro fine stagione (sorride, ndr).

Inevitabile constatare che anche Martina stia vivendo un periodo simile.

Anche lei è in crescita. Su strada siamo due atleti ancora giovani. Non abbiamo dato fondo a tutte le nostre potenzialità, soprattutto Martina. Ha delle caratteristiche fisiche davvero ottime. Quest’anno ha ottenuto diversi podi in gare dove poteva centrare una vittoria. Anche lei sta cercando il grande risultato ma ci è sempre più vicina. I campionati italiani in pista sono stati un punto di rilancio per la stagione e prendere fiducia.

Proprio ai tricolori in pista abbiamo notato quanto tu fossi tranquillo.

Due giorni prima degli italiani su pista ho saputo che non sarei andato al Tour de France. Passi da prepararti per andare via un mese da casa per la più grande gara del mondo a… niente (sorride, ndr). Il mio coach mi ha detto di fare riposo per diversi giorni. Quindi ho accompagnato Martina agli italiani così penso ad altro. Mi ha fatto bene ritrovare l’ambiente della pista. In quei giorni sono uscito in bici senza alcun assillo. Pedalate tranquille per prendere il caffè. Sono quelle cose semplici che ami rifare. Da inizio luglio però ho ricominciato con un programma più intenso. Ci sono tanti obiettivi. Mi sono messo in testa di correre la Vuelta. Piano piano mi ricostruisco una preparazione.

Prima però ci sono i mondiali su pista…

Esatto. Ho fatto dieci giorni di altura a Tignes con la nazionale della pista ed ora sono a Livigno. Poi faremo una preparazione a fine luglio a Parigi per assimilare il lavoro in pista e ritrovare quelle giuste sensazioni. Non corro su pista dalla prova di Nations Cup in Canada (20-23 aprile, ndr).

Thomas ha vinto la crono della 4 Giorni di Dunquerke disputando un prova convincente
Thomas ha vinto la crono della 4 Giorni di Dunquerke disputando un prova convincente
Come ci arriva Benjamin Thomas?

Adesso noi come Francia stiamo puntando tutto su Parigi 2024. I mondiali di quest’anno sono una prova generale. Stiamo facendo cose che rifaremo l’anno prossimo. Quest’anno ho fatto pochi ritiri perché ho corso molto su strada ma i miei compagni di nazionale hanno fatto un bel blocco di lavoro, specie i ragazzi del quartetto. A Glasgow farò quello che sarà il programma olimpico. Inseguimento a squadre, omnium e americana, sempre che tutto vada bene.

Com’è il clima in squadra?

Buono. Lavoreremo una decina di giorni sul quartetto prima dei mondiali. Il nostro gruppo si compone di sette corridori. Valentin Tabellion, atleta esperto per la partenza, Thomas Denis, Quentin Lafargue e Corentin Ermenault. Poi ci sono i miei compagni di americana Thomas Boudat e Donavan Grondin che anche loro spesso fanno il quartetto. Anche noi dobbiamo guadagnarci la qualificazione per le olimpiadi attraverso i mondiali. Siamo partiti bene con il bronzo europeo e altri podi in Nations Cup. Noi punteremo a fare i migliori tempi possibili senza fare gara su nessun’altra nazionale. Cercheremo di avvicinarci il più possibile alla vittoria. Ovvio che vedremo a Glasgow come staremo tutti. In Europa bene o male riusciamo tutti a farci un’idea ma mi riferisco soprattutto australiani o neozelandesi che per buona parte della stagione tendono a nascondersi. Ti accorgi della loro condizione quando li vedi girare in pista poco prima delle gare.

Che cosa rappresenta per un francese l’olimpiade di Parigi?

Gli italiani mi dicono sempre che non sembro un francese (sorride, ndr). Ovvio che sono orgoglioso di rappresentare il mio Paese fin dalla prima convocazione da junior. Però se c’è una cosa che non voglio è avere pressioni in più. Ho già vissuto quella situazione a Tokyo e non mi andava bene. Ero arrivato da favorito numero uno perché avevo una grande condizione già da luglio. Nell’americana avevamo preso il bronzo ma nell’omnium non è andata bene per niente (quarto posto, ndr). La mattina della gara non ero riuscito nemmeno a mangiare. Ero troppo stressato. Se arriveremo a Parigi la prenderò con più serenità. Mi dirò “Hai già toccato il fondo a Tokyo da favorito e hai deluso tutti. Cosa vuoi che ti capiti di peggio?” (ride, ndr). Correrò concentrato ma senza pensieri.

Lafay: il pupillo di Damiani che fa gioire la Cofidis

06.07.2023
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Il successo di Victor Lafay a San Sebastian ha riportato la Cofidis a vincere sulle strade del Tour de France a distanza di 15 anni. Il corridore di Lione, 27 anni compiuti a gennaio, si è portato a casa la seconda firma in una grande corsa a tappe. Abbiamo così bussato alla porta di Roberto Damiani, diesse della Cofidis e di Lafay per farci raccontare il momento di questo corridore e non solo. 

Vitor Lafay, 27 anni della Cofidis, vince così a San Sebastian
Vitor Lafay, 27 anni della Cofidis, vince così a San Sebastian

Altalenante

Dopo la vittoria al Giro 2021, nella tappa di Guardia Sanframondi, la carriera di Lafay ha avuto degli alti e dei bassi. 

«Quella tappa del Giro – racconta Damiani – è stata una sorpresa per il mondo esterno, ma non per noi. Le qualità di Lafay sono sempre state chiare ai nostri occhi, tuttavia lui ha sempre avuto dei picchi di prestazione alti alternati a momenti in blackout. Nella parte finale del 2021 ha avuto un periodo difficile, con delle prestazioni di livello basso».

Giro d’Italia 2021, Guardia Sanframondi: Lafay è andato, Carboni si volta e vede arrivare Gavazzi
Giro d’Italia 2021, Guardia Sanframondi: Lafay è andato, Carboni si volta e vede arrivare Gavazzi
Caratterialmente che persona è?

Victor è un ragazzo che ha bisogno di un supporto morale, ha dei vecchi valori di amicizia e fiducia che per lui sono benzina. Con lui è meglio vivere dei momenti umani, come una partita a carte o a scacchi, piuttosto che fare una ripetuta in più. Da questo punto di vista abbiamo un carattere molto affine

Per questo ti trovi così bene?

Ho un rapporto ottimo, è l’unico con cui ho scambiato un messaggio prima che partisse per il Tour de France. Gli ho detto: «Ricordati che sei un valore aggiunto per questa squadra». Mi ha ringraziato per la fiducia. Tra noi della Cofidis c’è un bel rapporto in squadra, anche tra i tecnici. Ci scambiamo spesso qualche opinione tra chi è in corsa e chi, come me, è a casa. 

E tu da casa come hai visto la vittoria di Lafay?

Benone! Vedevo che il gruppo di testa continuava a perdere elementi, mentre Lafay pedalava benissimo. In quel momento ho proprio pensato: «Adesso gliela dà secca». Ci siamo sempre detti che basta un colpo solo per vincere, ma ben assestato. Anche quando ha vinto al Giro è stato uguale glielo ripetevo spesso alla radio: «Un colpo solo che deve uccidere la corsa».

Durante la terza tappa Lafay è andato in fuga per prendere punti al traguardo volante e mantenere la maglia verde
Durante la terza tappa Lafay è andato in fuga per prendere punti al traguardo volante e mantenere la maglia verde
La differenza tra la vittoria al Giro è questa al Tour è che a San Sebastian è rimasto con i migliori, resistendo alla selezione.

In quel drappello c’era la creme del Tour, serviva un’ottima tenuta mentale e fisica. Lui ha fatto una gran cosa, poi dietro hanno sbagliato, vista anche la reazione di Van Aert. Ma nulla toglie il merito a Lafay per quello che ha fatto. Una cosa che mi ha dato fastidio è che la gente si è dimenticata quello che ha fatto nella tappa precedente, a Bilbao. E’ stato lui a rilanciare mentre i grandi nomi si rialzavano. 

Mentre nella terza tappa è scattato per difendere la maglia verde…

Un bel gesto a mio modo di vedere, per rispettare la corsa e per tenere un primato importante. 

La vittoria di San Sebastian che clima ha lasciato in squadra?

Vi basti sapere che da quando sono in Cofidis, ovvero dal 2019, l’obiettivo numero uno della stagione è sempre stato vincere una tappa al Tour de France. Quel chilometro finale lo abbiamo vissuto “a tutta” insieme a Lafay. Quella che è arrivata dopo è una giustissima euforia, ma con la volontà di continuare. Questo entusiasmo deve essere la giusta benzina per dare il meglio. 

Nella prima tappa l’unico a resistere alle accelerazioni di Pogacar e Vingegaard è stato Lafay (a destra)
Nella prima tappa l’unico a resistere alle accelerazioni di Pogacar e Vingegaard è stato Lafay (a destra)
Una vittoria che per Lafay può essere un passo importante…

E’ un successo che può aiutarlo a diventare più costante, sappiamo quanto un successo al Tour possa essere importante. Figuriamoci per un atleta francese di una squadra francese. Ma non voglio che ci si monti la testa, non mi dimentico la sofferenza che ci ha portato la sua assenza dal Giro. Ci hanno accusato di non rispettare la corsa, ma questo non è vero. Purtroppo Lafay doveva essere uno dei nostri uomini di punta e si è ammalato poco prima di partire. Un corridore del suo calibro alla corsa rosa ci è mancato molto. Una vittoria al Tour non può far dimenticare quello che c’è stato prima e quel che verrà poi. Vorrei dire un’ultima cosa…

Prego.

Di un corridore, ed un ragazzo come Lafay, bisogna parlarne più spesso, non solo quando vince.

Van Rysel RCR e XCR, Decathlon alza l’asticella

03.06.2023
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MODENA – “Un pregiudizio è generalmente basato su una predilezione immotivata per un particolare punto di vista“. Decathlon negli ultimi anni sta dimostrando di essere sempre di più attore nel mondo dello sport. Dallo sportivo principiante, come in questo caso, all’agonista esigente. Da Lille, Van Rysel ha dato alla luce due modelli top di gamma pronti a stupire e a far tremare il mondo delle bici da strada. 

I modelli RCR e XCR sono un segnale che le ambizioni dell’azienda francese sono cambiate. Non a caso uno degli obiettivi è quello di entrare tra i top cinque brand del mondo del ciclismo. Il processo è già iniziato come si è potuto vedere con Van Rysel partner ufficiale per l’abbigliamento della squadra WorldTour Cofidis. 

Visione chiara

Ci troviamo a Modena in un punto vendita Decathlon considerato “Gold” per quanto riguarda il ciclismo grazie alle competenze e performance del reparto. Dietro alle due bici coperte da un velo nero e tante aspettative si possono vedere tutte le proposte di Decathlon rivolte al mondo delle due ruote. Dalle bici da bambino, città, alle mtb, gravel, alle bici da strada entry level fino a questi due top di gamma. Insomma si ha la percezione che la gamma e lo sportivo che decide di entrare dalla porta da oggi hanno una possibilità in più. 

«Siamo l’unica marca globale – spiega Rosario Cozzolino, Category Manager Ciclismo di Decathlon – a coprire tutti i bisogni dei ciclisti da corsa, bici, vestiti, accessori e home trainer. Nel 1976 la prima bici Decathlon, nel 2002 abbiamo festeggiato il primo milione di bici venduto, quest’anno siamo arrivati a 70 milioni. Il nostro obiettivo è sempre quello di fornire la gamma più completa. Dalle entry level, alle EDR confortevoli e dedicate all’endurance fino alle Race che abbiamo presentato oggi.

«La passione – prosegue Cozzolino – è uno dei valori che muove Van Rysel. L’impegno nel proteggere i nostri utilizzatori. La tenacia che ci spinge alla ricerca dell’eccellenza. Infine l’umiltà, perché non aspiriamo a supportare solo campioni del mondo, ma ogni utente che abbia i mezzi per migliorare sé stesso. La nostra visione è quella che 600 milioni di atleti in tutto il mondo possano godere di questo brivido della velocità. Mentre la nostra missione è quella di spingerli a cercare il meglio da loro stessi».

Le top di gamma

Le abbiamo viste e toccate. Le due nuove proposte Van Rysel sono finalmente qualcosa di concreto. Anche se però partitanno con una prima vendita nel 2023, per poi entrare a regime nel 2024 con uno stock pronto per il mercato mondiale.

Aerodinamica, rigidità e leggerezza ai massimi livelli. La RCR è stata infatti realizzata in galleria del vento in collaborazione con la francese Onera, che ha anche colorato la livrea del verde fluo, oltre che ovviamente fornire le ruote. 

Online si può già trovare il modello FCR, il primo aero firmato Van Rysel. Questa RCR è però ancora più aerodinamica grazie ai test prodotti. Carri ribassati, cavi integrati e tubazioni che seguono i flussi dell’aria. Il telaio vanta soli 810 g (taglia M), per un peso complessivo che va dai 6,8 kg ai 7.8 kg dalla taglia XXS alla XL. Il manubrio integrato sarà realizzato in collaborazione don Deda. Le coperture avranno una tolleranza fino a 700×33. 

Le versioni saranno quattro: RCR HM con Sram Rival AXS: 4.200 euro. RCR HM con Sram Force AXS: 4.800 euro. RCR Pro con Shimano Ultegra Di2 12v e ruote Ultegra C36: 5.500 euro. Infine la versione RCR Pro team con Shimano Dura Ace, ruote SwissSide che vede prezzo e allestimenti non certi. 

Futuro concreto

Con la XCR, Van Rysel ha dimostrato di voler far sul serio a 360°. Il modello dedicato al mondo triathlon ma anche alle cronometro è sintomo che le aspettative per il futuro hanno in serbo qualcosa di importante magari anche nel World Tour. Ad oggi oltre al team Cofidis, ci sono pro’ come Nans Peters (Ag2r Citroen) e Arnaud De Lie (Lotto Dstny) che sono direttamente supportati dal marchio francese. Proprio De Lie le sue ultime vittorie le ha fatte con ai piedi le top di gamma Van Rysel. 

Queste calzature, che hanno saputo dimostrare di essere vincenti, verranno sostituite dal modello RCR PRO. Sistema di chiusura HABU, pianta più larga di 3 millimetri e una suola completamente rivista e improntata al massimo trasferimento di potenza. 290 grammi di performance che saranno disponibili al pubblico ad un prezzo di circa 170 euro. 

Oltre alle scarpe, abbiamo sbirciato anche un nuovo prototipo di casco che sembra essere il nuovo modello top di gamma. Un compromesso tra aerodinamica e comofort pronti a innalzare ancora di più la proposta di Lille. 

Un viaggio nei valori e volontà di Decathlon, diventate sempre di più concreto e misurabile, pronto a dire la propria sul mercato globale anche ai massimi livelli. Dall’online, al negozio fisico, l’assistenza, al noleggio delle bici bambino (a partire da 5€ al mese), alle assicurazioni accidentali e antifurto. La percezione è proprio questa, Decathlon fa sul serio. 

Decathlon

La visione del filosofo Martin tra ciclismo e ambiente

26.11.2022
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Quando Guillaume Martin parla, le sue affermazioni non sono mai banali. Il corridore della Cofidis, uno dei leader del team WorldTour transalpino, è considerato il filosofo del gruppo e ha già pubblicato due libri, Socrate à vélo e La Société du peloton, dove unisce il ciclismo a considerazioni che vanno ben al di là del mondo a due ruote. Avvicinato dai giornalisti di Reporterre, media che si occupa della tutela dell’ambiente, ha rilasciato alcune affermazioni molto critiche sul suo mondo, dando anche un quadro fosco sul futuro.

Nella sua disamina, Martin parte da un ricordo: «La Vuelta del 2021 mi ha fatto molto pensare. Conclusi quel giro al 9° posto, a dispetto di un forte dolore costale e sacrale, ma non è questo il punto. Per molti giorni abbiamo pedalato in un clima che definire torrido è poco: per ore pedalavamo con temperature costantemente sopra i 33° e in una tappa, mentre salivamo in quota, il tachimetro diceva sempre 39°. Le autorità consigliavano alla popolazione di non uscire di casa, eppure noi eravamo lì, nelle ore più calde, a svolgere sforzi estremi. Aveva senso?».

Il secondo libro di Martin, ricco di spunti sull’attuale mondo delle due ruote
Il secondo libro di Martin, ricco di spunti sull’attuale mondo delle due ruote

I tempi stanno cambiando

Su quell’esperienza, il 29enne parigino ha ragionato, basandosi anche sulle gare di quest’anno: «Viviamo un rapido degrado ecologico e ambientale, le temperature stanno salendo e questo non potrà non pesare sullo sport. Io non sono sicuro che ancora a lungo si potrà prevedere il Tour così com’è strutturato nel mese di luglio e lo stesso dicasi per la Vuelta. Si mette a rischio la salute dei corridori, ma anche di chi segue il ciclismo sulle strade e rimane sotto il sole cocente per ore. Io penso sempre che la nostra sia un’attività da considerare come una forma di lusso, non essenziale».

Quest’ultima affermazione potrebbe sembrare azzardata e in effetti lo è, perché Martin sotto certi aspetti non dà il giusto peso all’attività sportiva sia come elemento di benessere fisico, sia come valore d’intrattenimento, ma nella sua analisi il “filosofo” francese prescinde da queste considerazioni e motiva la sua presa di posizione più in tema con l’ambiente: «La bici è un mezzo ecologico? Sì. Il ciclismo agonistico ad alto livello è uno sport ecologico? No…

Il gran caldo sta pesando sull’attività sportiva. Tour e Vuelta rischiano di cambiare periodo di gara
Il gran caldo sta pesando sull’attività sportiva. Tour e Vuelta rischiano di cambiare periodo di gara

Il problema dei mezzi a motore

«La mia vita è esemplare in tal senso: trascorro da 200 a 250 giorni fuori da casa e il mezzo principale di spostamento è l’aereo, perché consente di risparmiare più tempo di recupero necessario per le prestazioni e sono le migliori o peggiori prestazioni a misurare il nostro valore e quindi il nostro sostentamento. Quindi il mio stile di vita – forzato – è più inquinante di quello di un cittadino medio».

Il transalpino va anche oltre: «Guardate in ogni gara ciclistica quanti sono i mezzi motorizzati al seguito e quanto consumano, quanto inquinano. E i rifornimenti? Quanti prodotti sono avvolti nella plastica? Cerchiamo di non sporcare le strade con gli scarti, questo è vero, ma molto meglio sarebbe prescindere da prodotti inquinanti. Io in allenamento cerco di preparare i miei rifornimenti da solo, ma in gara è impossibile».

La carovana degli sponsor nei grandi giri è un aspetto sul quale il francese invita a riflettere
La carovana degli sponsor nei grandi giri è un aspetto sul quale il francese invita a riflettere

Un ambiente logorante

Si fa abbastanza per rendere gli eventi più ecologicamente sostenibili? Martin prova a dare qualche soluzione: «Dovremmo usare di più il treno per gli spostamenti e i mezzi elettrici per il seguito, ma è un processo in itinere, siamo ancora ai primi passi. Io credo che anche questi ragionamenti influiscano sullo stato generale del nostro movimento, che è florido. Molti miei colleghi non ce la fanno più, vivere in un ambiente con altissime aspettative, dove sei costretto a superare sempre i tuoi limiti è logorante. Non è solo Dumoulin che di fronte alla depressione ha alzato bandiera bianca, in tanti lo hanno fatto».

Qual è allora il futuro delle grandi competizioni sportive? «Intanto sono momento di discussione e riflessione. Molto si parla dei mondiali di calcio in Qatar e della loro opportunità in un Paese dove non si rispettano i diritti umani e lo stesso era stato per i Giochi Invernali di Pechino. Solo che bisognerebbe fare prima questi discorsi, non dopo. Da questo punto di vista il ciclismo vive un’epoca positiva: si sta globalizzando, le nazioni del Sud America vivono un ruolo importante e quelle africane anche. E’ però arrivato il momento di rivedere il modo di organizzare gli eventi: abbiamo davvero bisogno di tante macchine in una gara ciclistica?».

Gli spostamenti sono secondo Martin un fattore inquinante che inficia l’immagine del ciclismo (foto Lazou)
Gli spostamenti sono secondo Martin un fattore inquinante che inficia l’immagine del ciclismo (foto Lazou)

Collaborare, nel ciclismo e non solo

Nell’intervista, Martin conclude con un complesso ragionamento prendendo spunto da un passaggio del suo ultimo libro: «Ho tracciato un parallelo con il modo in cui i funghi micorrizici entrano in simbiosi con gli alberi, di cui colonizzano le radici. L’albero fornisce al fungo zuccheri dalla fotosintesi, mentre il fungo fornisce all’albero sostanze nutritive. Questo mutuo scambio lo vediamo anche nel ciclismo: prendiamo il caso di una fuga. Quando si collabora, tra corridori di squadre diverse, la fuga va fino in fondo. Ma se un corridore è riluttante a subentrare, il gioco non funziona. Di fronte alla crisi ecologica, noi spesso siamo come questo corridore recalcitrante che privilegia il proprio interesse, senza vedere che questo danneggia l’intera comunità e anche se stesso, alla fine».

Look ritorna nel ciclismo che conta con Cofidis

10.11.2022
3 min
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In casa Look ricorderanno a lungo il 2022, che lentamente si sta avviando alla sua conclusione. Come tutti ricorderanno, la stagione ciclistica si era aperta con l’esclusione della Gazprom-RusVelo da tutte le gare a causa dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia. Una decisione che aveva coinvolto non solo atleti e personale del team, ma anche la stessa Look, che alla squadra russa forniva le biciclette. L’azienda francese non è rimasta ferma a guardare e nel giro di pochi mesi ha creato i presupposti per rientrare nuovamente nel ciclismo e soprattutto dalla porta principale, quella del WorldTour. E’ infatti di qualche giorno fa l’annuncio che a partire dal 2023 Look fornirà le biciclette al Team Cofidis, una delle formazioni storiche del ciclismo francese.

Il ritorno nel WorldTour segue di qualche mese l’annuncio della partnership tecnica con USA Cycling e il suo programma USA Track Sprint. 

Dal 2023 il Team Cofidis sarà insieme al marchio francese: un nuovo inizio
Dal 2023 il Team Cofidis sarà insieme al marchio francese: un nuovo inizio

Non solo i maschi

L’accordo fra Look e Team Cofidis avrà una durata pluriennale e non riguarderà solamente la formazione maschile ma interesserà anche quella femminile e il team di paraciclismo, vero orgoglio di casa Cofidis. 

Va comunque ricordato che quello fra Look e il team guidato da Cédric Vasseur è un rapporto che dura ormai da diversi anni. Dal 2010 la formazione transalpina utilizza i pedali Look Keo Blade Ti. Quest’anno invece il team maschile e quello femminile hanno utilizzato i seguenti modelli di ruote Corima: MCC DX, WS Black DX e WS TT DX.

Look e Corima hanno accompagnato la nazionale francese ai recenti mondiali su pista
Look e Corima hanno accompagnato la nazionale francese ai recenti mondiali su pista

Soddisfazione reciproca

L’accordo è stato accolto con grande soddisfazione da entrambe le parti. Il primo a fornire un commento in merito è stato Federico Musi, Ceo di Look Cycle e Corima.

«Siamo orgogliosi di annunciare questa partnership a lungo termine insieme al Team Cofidis – ha dichiarato – che permetterà ai corridori di beneficiare dell’intera gamma di bici Look, dei pedali e delle ruote Corima. Siamo inoltre particolarmente entusiasti di poter contribuire alla diversificazione e all’espansione della comunità di ciclisti, sostenendo la squadra femminile e lo sviluppo della squadra di paraciclismo. Promuovere il “Made In France”, il know-how francese e il patrimonio di eccellenza a fianco di una squadra prestigiosa e storica come Cofidis è un vero onore».

Federico Musi, Ceo di Look Cycle e Corima
Federico Musi, Ceo di Look Cycle e Corima

Parola al team

Le prime dichiarazioni da parte della squadra transalpina non potevano che arrivare da Cédric Vasseur, Direttore Generale del Team Cofidis.

«Siamo entusiasti di dare ai nostri corridori – ha detto – l’opportunità di pedalare su biciclette Look per i prossimi anni. Questa nuova partnership è un ulteriore passo nello sviluppo della nostra squadra verso la ricerca della performance. Siamo inoltre orgogliosi di utilizzare prodotti high-tech francesi al 100%. Siamo convinti che l’accordo fra Cofidis e Look fornirà alla nostra squadra maschile, a quella femminile e alla squadra di paraciclismo i prodotti migliori per tutte le discipline, dalla strada alla pista fino allo sterrato».

Chiudiamo con una breve nota storica che è anche un auspicio. Il primo successo dei pedali Look nel professionismo risale al 1984 grazie a Bernard Hinault. L’asso transalpino è stato anche l’ultimo francese a vincere il Tour de France nel 1985. Chissà che dopo tanto tempo non sia nuovamente arrivato il momento di vedere un francese sul gradino più alto del podio, magari in sella proprio ad una bicicletta Look.

Look

AR14: il casco evoluto e perfezionato da Ekoi

24.10.2022
3 min
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Ekoi ridisegna, ma non cambia identità, al suo casco da strada per eccellenza: ecco che arriva l’AR14, diretta evoluzione del’AR13. Si tratta di un casco leggero, ancor più aerodinamico ed elegante. Allo stesso tempo, l’AR14, riesce ad essere anche ergonomico e protettivo. E’ il casco scelto dalle squadre professionistiche che collaborano con Ekoi: Lotto Soudal, Cofidis, Arkea Samsic e Euskaltel Euskadi. E non solo, visto che lo stesso prodotto è usato anche dal triatleta Patrick Lange.

L’evoluzione

Inizialmente, quando è nata due anni fa, la serie dei caschi AR era riservata esclusivamente ai velocisti. Ma una volta viste le sue ottime caratteristiche, è stata adottata da tutti i corridori. Come tutti i prodotti dedicati ai professionisti, il casco AR14 è stato testato e perfezionato più volte, soprattutto in galleria del vento.

E’ disegnato con ben 10 aperture dedicate alla ventilazione, così da garantire il ricambio d’aria anche a basse temperature. L’AR14 è costruito con la tecnologia Full In-Mold: dove la calotta esterna in policarbonato viene saldata direttamente con un guscio interno in polistirolo espanso (EPS) in un unico pezzo.

Nella parte frontale è anche possibile appoggiare comodamente gli occhiali
Nella parte frontale è anche possibile appoggiare comodamente gli occhiali

Caratteristiche

Il casco AR14 è fatto per performare al massimo soprattutto alle alte velocità. Oltre all’aerodinamica è stato curato anche il peso, che nelle tre taglie disponibili è di: 195 grammi per la S, 210 grammi nella misura M/L e 245 grammi per la XL/XXL.

Un’altra caratteristica particolare di questo casco è la fibbia magnetica, per una chiusura sempre perfetta. Per massimizzare la stabilità, inoltre, il mantenimento occipitale è regolabile dal basso verso l’alto. Il prezzo al pubblico è di 152,49 euro.

Ekoi

Reparto velocisti Cofidis: il bilancio con Damiani

12.10.2022
5 min
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Fare punti per una squadra WorldTour è uno, se non l’aspetto più importante per il bilancio stagionale. Ne conseguono infatti la permanenza nella categoria e l’appetibilità verso sponsor e atleti. Per Cofidis la zona retrocessione di cui si era parlato a inizio anno è ormai dimenticata. Hanno fatto tutti la loro parte, gli scalatori e soprattutto i velocisti. La stagione ormai alle battute finali si è rivelata essere uno step in avanti sotto più punti di vista.

I velocisti per molte formazioni rappresentano la linfa vitale per accumulare vittorie, piazzamenti e quindi punti preziosi. Ci siamo posti interrogativi e li abbiamo dirottati su Roberto Damiani diesse del team francese, chiedendogli come si gestiscano tante ruote veloci e cosa ci sia dietro l’esigenza di finalizzare ogni ordine d’arrivo per l’accumulo dei punti. 

Tirreno-Adriatico, Roberto Damiani e Fabio Sabatini, che ha chiuso sull’ammiraglia la sua carriera da ultimo uomo dei velocisti
Roberto Damiani e Fabio Sabatini, che ha chiuso sull’ammiraglia la sua carriera da ultimo uomo dei velocisti
Roberto, facciamo una panoramica sui vostri velocisti…

Partirei con Max Walscheid che ha vinto una corsa poi ha avuto un incidente in allenamento e da aprile ha rincorso sempre un po’ la condizione. Ritengo che Max sia l’interprete ideale per essere l’ultimo uomo per un altro velocista. Lui non ha l’esplosività naturale vista la stazza, ma dispone di una progressione importante. C’è una grossa differenza tra il velocista esplosivo o il velocista come Max più alla Petacchi o Cipollini. Questi atleti infatti sono in grado di raggiungere delle punte di velocità in progressione. Per cui diventano veloci, ma per questo tipo di caratteristiche. 

Continuiamo…

Piet Allegaert che ha fatto buonissimi risultati, ma che probabilmente manca di quell’esplosività finale che gli potrebbe permettere di vincere. Anche lui potrebbe essere inserito tra gli uomini di aiuto per il pit out finale. 

Poi c’è Coquard il vostro migliore velocista quest’anno…

Bryan ha riaperto il discorso con la vittoria, l’ha fatto bene già a inizio stagione e vincendo anche adesso alla fine. E’ un velocista che invece diventa uno di quegli uomini da ultimi 100/150 metri. Ha fatto bene il suo lavoro, abbiamo cercato di sostenerlo come peraltro lui ha sostenuto Simone Consonni nell’ultima Parigi-Tours facendo davvero un ottimo lavoro. 

Coquard Besseges 2022
Lo sprint vincente di Coquard all’Etoile de Besseges dopo 551 giorni di astinenza
Coquard Besseges 2022
Lo sprint vincente di Coquard all’Etoile de Besseges dopo 551 giorni di astinenza
Eccoci a Consonni, che stagione ha disputato?

Direi abbastanza complicata, perché ha avuto qualche problema di salute. Simone ha forse pagato il fatto di trasformarsi da ultimo uomo di Elia Viviani a protagonista in ricerca del risultato. Però sta lavorando bene, sta crescendo e oltretutto ha fatto un buon cumulo di risultati.

Poi c’è Davide Cimolai altro azzurro molto veloce…

Cimolai è sicuramente un buon velocista, quest’anno si è dedicato più ad aiutare gli altri. Questi corridori sono stati importanti per un certo numero di punti che ci hanno dato la possibilità di arrivare nella posizione attuale di squadra.

Fare punti quindi è l’obiettivo?

Il primo obiettivo rimane quello di vincere. Sembra di dire un’ovvietà, ma se vinci fai anche i punti

Simone Consonni ha vinto alla Paris-Chauny 2022 (foto @westcoo)
Simone Consonni ha vinto alla Paris-Chauny 2022 (foto @westcoo)
Abbiamo visto spesso ordini d’arrivo con più uomini dello stesso team fare la volata, anche nel vostro caso. Come spieghi questo approccio?

Ci siamo trovati qualche volta a prendere in considerazione dei risultati che ponevano due o tre corridori nei dieci all’interno di una gara, come hanno fatto altre formazioni. Contenti per il numero di punti che hanno fatto un po’ meno per la corsa che si è persa. 

E’ un aspetto tattico che diventa esigenza programmata prima della gara o è un’eventualità del finale?

E’ anche un’esigenza, io faccio fatica a non pensare di essere alla partenza di una corsa per non vincere. Anzi non ci riesco proprio. Per me ogni corsa è fatta per cercare il massimo risultato. 

Questo non incide sull’ordine d’arrivo in negativo a volte?

Sono situazioni che a posteriori puoi anche dire che avresti potuto giocartela meglio. Ma l’importanza di essere nel WorldTour è comunque fondamentale

Consonni e Cimolai sono i due velocisti azzurri in forza al team francese
Consonni e Cimolai sono i due velocisti azzurri in forza al team francese
Facendo un paragone calcistico i velocisti sono come delle prime punte. Più fanno gol e più acquistano continuità. Vale lo stesso per i tuoi sprinter, vedi Consonni sempre più presente negli ordini d’arrivo?

Buttarla dentro è importantissimo. Quella vittoria lì è stata come aprire una porta importantissima. Anche perché è stato un ordine d’arrivo pesante. C’erano davvero degli ottimi velocisti. A me dispiace tantissimo quello che è successo alla Coppa Bernocchi. In un momento chiave della gara, in cui Simone godeva di grande forma, ha avuto un problema meccanico e li è rimasto fuori dai giochi. Alla Parigi-Tours c’è stato quel tentennamento in cui Mozzato gli ha messo il manubrio davanti e lui non è riuscito più a partire per lo sprint. Sono situazioni che non gli hanno permesso di raccogliere risultati ancora meglio di quello che ha fatto. 

E’ in un percorso di crescita?

Direi più un periodo di trasformazione e ci vogliono tempo e calma. 

Cimolai è stato portato ala Vuelta per aiutare i corridori preposti a fare punti
Cimolai è stato portato ala Vuelta per aiutare i corridori preposti a fare punti
In ottica 2023 avete in mente di rinforzare il roster dei velocisti?

Siamo in uno sfondo più dedicato al nostro manager che si occupa di mercato. Chiaramente si confronta con noi per le scelte tecniche, però adesso abbiamo già un buon numero di velocisti che potranno vantare un anno in più di lavoro insieme. Qualche dinamica di gara per il prossimo anno avverrà più facilmente nei finali di corsa. Penso che sia uno dei settori su cui ci possiamo affidare maggiormente. 

Che bilancio dai al reparto in questa stagione?

Sicuramente è stata una stagione positiva, oltre che per il reparto per la squadra. Per il numero di vittorie conquistate e per il fatto che probabilmente una grande percentuale di quelli che si considerano come grandi esperti di ciclismo ci davano per spacciati nel WorldTour. Invece nella classifica annuale siamo in 11° posizione e in quella triennale in 14°. Siamo andati dritti verso i nostri obiettivi, con grande umiltà ma anche con grande determinazione. E questo devo dire che è una di quelle cose che ci fa maggiormente piacere. 

Vandenbroucke, 13 anni fa la morte di una stella

12.10.2022
5 min
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Tredici anni sono passati, ma sembra ieri. Frank Vandenbroucke se ne andò il 12 ottobre 2009, in un albergo in Senegal, solo, all’ultimo passo di una discesa dolorosa. C’è chi dice che quell’epilogo così triste abbia dato un sapore di leggenda a tutta la sua storia, parallela ad altre di quei tempi, da Pantani a Jimenez, tutte con un finale tragico, epiche pagine strappate alla letteratura greca fatta di dei in terra.

I belgi ancora oggi amano follemente l’immagine di Frank. Il ragazzo che sembrava prestato al ciclismo da Hollywood e quella fama di “bello e dannato” lo aveva accompagnato da sempre, sin dai suoi esordi. Una vita che era legata intimamente al ciclismo, intanto per via delle origini, con il padre meccanico e lo zio Jean Luc ottimo protagonista dell’epoca di Merckx e Gimondi. Poi per quel ginocchio ballerino che lo tormentava da quando aveva 4 anni: girava con la sua piccola bici, quando un’auto lo prese in pieno. Tre mesi di ospedale, quattro operazioni: la leggenda narra che quel bambino non versò neanche una lacrima per il dolore, ma aveva pianto tutte le lacrime che aveva in corpo quando gli avevano dovuto tagliare il pantaloncino da ciclista…

Frank Vandenbroucke era nato il 6 novembre 1974 a Mouscron. In carriera ha vinto 46 corse
Frank Vandenbroucke era nato il 6 novembre 1974 a Mouscron. In carriera ha vinto 46 corse

Frank e Remco, simili e tanto diversi

Vandenbroucke come Evenepoel, accomunati da un passaggio repentino dall’epoca dei giochi, delle vittorie da junior subito a quella degli adulti, delle cose serie saltando a pie’ pari un’intera categoria. Oggi si discute ancora se quella scelta fatta dalla Quick Step sia stata giusta, anche per le conseguenze che ha creato in tutto il sistema. Allora sembrò quasi naturale: troppo forte Frank. Un talento simile andava subito messo alla prova sui grandi teatri, non su quelli di provincia…

Vinse subito, Frank e ad ogni vittoria faceva impazzire le ragazze, con quei suoi capelli biondo tinto, quel suo fare da attore consumato. Vinceva gare importanti, in linea e a tappe e ogni vittoria non era mai comune come non lo erano le sconfitte come quella al Fiandre nel testa a testa con Museeuw, il ciclista canonico, campione sui pedali, ma che non regalava quei guizzi di fantasia né dava spunti al gossip. La sua più bella vittoria? Lui disse la Liegi della fuga sulla Redoute, a 30 chilometri dal traguardo spingendo sul 39×17, vanificando gli sforzi di Bartoli che puntava al poker, ma che, come gli altri, si era accorto che quel giorno il belga volava.

La sua vittoria più importante, alla Liegi del 1999, con 30″ su Boogerd
La sua vittoria più importante, alla Liegi del 1999, con 30″ su Boogerd

In un giorno, il paradiso e l’inferno

Una favola, che stava però per tramutarsi in un dramma ed è curioso come le due facce della medaglia coincidano in uno stesso periodo, in uno stesso evento: la Vuelta del 1999. Gli dei sanno essere ironici e regalare quanto c’è di più bello e di più brutto pressoché nello stesso momento…

Frank ha già vinto una tappa, a lui non si chiede altro, ma quel mattino, arrivato di buon’ora per le operazioni di partenza, si accorge che al mezzo promozionale della Saeco c’è una ragazza talmente bella che tutta la fila è per farsi dare il caffè da lei e avere insieme un sorriso. Frank resta qualche lungo secondo attonito, poi chiama a sé Massimiliano Lelli, suo compagno alla Cofidis: «Dai, dimmi che la conosci, dimmi che me la presenti». Il toscano di buon grado lo accontenta e Frank diventa un cliente abituale, fa la fila anche più volte, s’imbottisce di caffè quel giorno e quello dopo e quello dopo ancora.

Passato pro’ a 19 anni, il belga entrò subito nel cuore dei tifosi, calamitando attenzione e sponsor
Passato pro’ a 19 anni, il belga entrò subito nel cuore dei tifosi, calamitando attenzione e sponsor

Una super vittoria in montagna

Tappa di montagna. Frank è esaltato da quegli occhi e si spinge: «Oggi vincerò per te e ti porterò il mazzo di fiori dato in premio». Sarah, questo il nome della ragazza, lo prende in parola e promette che sarà lì al traguardo ad aspettarlo. Vandenbroucke mette la squadra alla frusta: si arriva ad Avila, traguardo proibitivo per uno come lui, ma quel giorno il belga ha forze da Ercole. Anticipa tutti, se ne va a 70 chilometri dal traguardo, non lo vedono più e coloro che lottano per la maglia amarillo si accontentano di darsi battaglia quando Frank è già arrivato. Prende il mazzo e glielo porta: «Sei un uomo di parola» gli dice Sarah con un bacio sulla guancia. E’ quella la vittoria più bella, ma dai risvolti amari…

Alla sera la sua eccitazione non ha limiti. Non riesce a dormire. Il compagno di stanza gli suggerisce una soluzione: «Prendi dal frigobar una bottiglietta di alcol e manda giù un sonnifero». In quel momento non sa di vestire la figura del diavolo tentatore. Frank, ignaro, ci casca e scivola in un gorgo, quello della dipendenza.

Quando arrivava alla partenza le attenzioni erano tutte per lui, come un attore sul red carpet…
Quando arrivava alla partenza le attenzioni erano tutte per lui, come un attore sul red carpet…

Il delirio e la maglia iridata

Scivola sempre più giù, schiavo delle sostanze. Sono quelli gli anni del doping, certo, ma la sua storia con quella piaga c’entra fino a un certo punto, va ben oltre perché è lui che va oltre, arrivando alla cocaina, all’amfetamina. Il dio del pedale diventa sempre più anonimo, ai margini. Le squadre non ci credono più perché quello non è il Frank Vandenbroucke che avevano imparato a conoscere.

Una sera Vandenbroucke diventa preda del suo delirio. Si mette la maglia di campione del mondo, quella che non aveva mai vinto e aveva dovuto acquistare. Manda giù una bottiglia di vino, la più costosa e insieme s’imbottisce di cocaina. Lo salva la madre, trovandolo riverso nella sua stanza. La corsa in ospedale, il salvataggio in extremis. Ma sono solo i prodromi della sua fine che come spesso accade a chi ha conosciuto la massima popolarità avviene nella solitudine di una stanza d’albergo, il 12 ottobre 2009. A quasi 35 anni. Un talento sbocciato troppo presto, senza la forza mentale per gestirlo.

Consonni, la fatica di un anno storto e le birre della Barbieri

24.08.2022
5 min
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Dice Consonni di aver corso le ultime prove dell’omnium di Monaco, chiuso con la medaglia d’argento, più di testa che di gambe. E alla fine quel malessere che, assieme alla compagna Alice, aveva spiegato come lo sballottamento dopo i tanti viaggi, ha preso la forma di un tampone positivo che l’ha costretto a fermarsi ancora. Dalla Tirreno in poi, non c’è stato mese nella stagione di Simone che non abbia avuto qualche intoppo. E quando è così, diventa anche difficile mantenere i buoni propositi.

«Sarei voluto andare ad Amburgo – ammette – ma la stagione non vuole lasciarmi tranquillo. Così sono stato a casa per una settimana senza andare in bici e ieri ho fatto la prima ora e mezza, che sembrava di essere ripartito a novembre. Devo ricostruirmi ancora. Ho fatto tante pause. E se tutto va bene riprendo dall’11 settembre a Fourmies. Mi sarebbe piaciuto anche fare la Vuelta, per avere un grande stimolo, ma la squadra ha detto di no per il problema dei punti…».

Consonni è rientrato al Polonia (qui con Cimolai), ma dopo 5 tappe è stato mandato in Belgio e Francia
Consonni è rientrato al Polonia (qui con Cimolai), ma dopo 5 tappe è stato mandato in Belgio e Francia
Proviamo a ricominciare da qualcosa di più allegro. Dice Rachele Barbieri che deve offrirti qualche birra per averle fatto cambiare rapporto agli europei…

Dai, facciamoci una risata. Ero sui rulli, perché dopo le ragazze toccava a me e mi stavo giocando l’europeo. Quando però sono scese di pista per la caduta, ho smesso di riscaldarmi e sentivo che nel box c’erano Villa e Rachele che parlavano di cambiare rapporti. Dicevano che così accorciata, la corsa sarebbe stata quasi una prova di scratch.

Quindi?

Anche io venivo da grandi ragionamenti sul rapporto da usare e m’è venuto di getto, senza pensarci tanto: «Allora perché non mettete un rapporto da scratch?». Mi hanno guardato come se avessi avuto l’intuizione del secolo e alla fine l’hanno cambiato. Secondo me un dente non fa grande differenza, per me vinceva lo stesso, anche per come l’ha fatto.

Non dirglielo, sennò non ti paga da bere…

Ha avuto sicuramente vantaggio sul piano psicologico (sorride, ndr). Rientrare sapendo di avere un rapporto più lungo ti fa sentire forte.

Il secondo posto nell’omnium di Monaco è un buon risultato, ma c’era già qualche segnale negativo
Il secondo posto nell’omnium di Monaco è un buon risultato, ma c’era già qualche segnale negativo
Villa si è detto molto soddisfatto del tuo omnium.

Ci teneva a farmelo fare. Mi sono liberato all’ultimo, perché la squadra è piuttosto concentrata in questa caccia ai punti, quindi non ero sicuro di poter lasciare la strada e nemmeno troppo della mia condizione.

Sei rientrato al Polonia e prima non correvi dai campionati italiani, giusto?

Giusto, ma dopo 5 tappe in Polonia usate per riprendere ritmo, mi hanno fatto ritirare per andare a Leuven, dove ho fatto decimo e ritrovato fiducia, e al Circuit Franc Belge. Quando uno sponsor investe tanto come Cofidis, l’idea di retrocedere non va tanto giù. Comunque mi sono liberato, ho fatto una scappata il venerdì a Montichari e ho lavorato con la bici del quartetto che era rimasta in Italia. E poi sono andato a Monaco.

Che tipo è Grondin che ti ha battuto nell’ultimo sprint?

Chiuso, introverso. Sembra che se la tiri, ma è un tipo alla mano. Ha un grande motore. Mi raccontava Benjamin Thomas che erano in caccia in una madison e non riuscivano a prendere il giro. Finché Grondin gli ha chiesto se volessero prenderlo, oppure c’era un motivo in quello stare nel mezzo. E quando Ben gli ha detto che bisognava prenderlo, l’altro ha accelerato e in meno di cinque giri l’hanno guadagnato. Altrimenti restavano nel mezzo per tutta la corsa…

Il terzo posto di Reggio Emilia, dietro Dainese e Gaviria, è stato il miglior risultato al Giro
Il terzo posto di Reggio Emilia, dietro Dainese e Gaviria, è stato il miglior risultato al Giro
In teoria ti servono 50 punti per qualificarti ai mondiali.

Nel quartetto ci sono, perché la qualifica è per Nazioni. Per l’omnium mi mancano 50 punti, ma voglio capire bene cosa faremo. Stiamo parlando della specialità di Elia (Viviani, ndr), che ha annunciato di puntare forte sui mondiali. Se lui ha in testa altre prove, allora ne possiamo ragionare.

Siamo in balia dei punti, insomma. Peccato che quelli della pista non valgano su strada…

Già ci si lamenta perché nelle corse di un giorno se ne fanno più che vincendo tappe di un grande Giro. Da una parte potrebbe essere giusto per premiare chi fa più specialità e magari non partecipa ai Giri, ma la vedo complicata. Però il sistema nelle gare su strada non mi convince. A inizio anno l’Arkea venne a una corsa con tre velocisti. Ognuno fece la sua volata, si piazzarono nei 10 e andarono a casa con un baule di punti. Io sono abituato che si corre per vincere, non per piazzarne più che puoi.

Cambiano gli scenari.

E cresce lo stress. Le corse sono tutte più tirate e nessuno molla. Si fa la volata anche per il 60° posto e si lima all’inverosimile. E badate, lo dice uno che ha sempre limato tanto. Adesso tenere le posizioni è diventato snervante.

L’oro olimpico del quartetto a Tokyo è il momento più alto nella carriera di Consonni, primo a destra
L’oro olimpico del quartetto a Tokyo è il momento più alto nella carriera di Consonni, primo a destra
Forse ti aspettavi una stagione diversa?

Decisamente. Fino alla Tirreno ero stato perfetto, poi si è ammalata mia nonna e insieme è venuto fuori il problema al ginocchio. Ho sempre saputo di non essere un corridore da 15-20 vittorie l’anno, ma aver avuto un percorso tutt’altro che lineare non ha aiutato. Quest’anno mi sono rimesso in gioco, puntando su me stesso, cercando tempi e occhio nelle volate. Spero che servirà a raccogliere l’anno prossimo. E spero che vada come nel 2021, in cui gli altri si sono presi i vari titoli in palio e io sono arrivato alla fine con le Olimpiadi.