campionati del mondo pista 2025, Santiago del Cile, Martina Alzini, Chiara Consonni

Il viaggio di Alzini verso l’oro, un anno sulle montagne russe

31.10.2025
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Il giorno dopo essere tornata dal mondiale di Santiago del Cile, in cui ha conquistato l’oro nel quartetto, Martina Alzini ha preparato un’altra valigia ed è partita per Barcellona. E’ qui che la raggiungiamo, in un momento di pausa in cui parlare della fresca vittoria è un bel modo per farsi qualche risata. C’era anche lei nel 2022 a Parigi, quando per la prima volta nella loro storia le azzurre conquistarono il titolo dell’inseguimento a squadre. Quella volta uscivano dal sesto posto alle Olimpiadi di Tokyo, questa volta dal quarto di Parigi, che in proporzione ha bruciato molto di più. Non è stato per caso infatti che le italiane si siano guardate in faccia e a Santiago del Cile abbiano voluto esserci a tutti i costi. C’era una delusione da lavare con la vittoria e così è stato.

Anche in Cile, sul gradino più alto del podio l’espressione di Alzini è fra il rabbioso e il commosso, mentre le altre hanno facce da cartone animato e tutte a ridere come nel giorno più bello della loro vita. Però questa volta Martina ha uno scatto d’orgoglio e sottolinea ridendo la differenza.

«In parte è vero – ride – ma ci tengo a precisare che nel 2022 ero io quella che piangeva più di tutte, invece a questo giro il primato è della Ventu (Federica Venturelli, ndr). Infatti il video che più è diventato virale è quello in cui le dico: “Ma cosa piangi?” e ridendo la strattono. Ci tengo a precisare che è un video di affetto, uno scherzo. Nel 2022 mi sono ritrovata io nella stessa situazione di incredulità al mio primo mondiale elite. Per cui mi sono rivista tantissimo nella sua commozione ed è bello vedere come ogni ragazza reagisce a certe emozioni…».

Il debutto di Venturelli è stato baciato dalla vittoria: l'emozione è palpabile
Venturelli piange per il primo mondiale conquistato fra le elite e Alzini scherza: «Ma che cosa piangi?!»
Non è un caso che Federica abbia detto che nel quartetto sei quella che l’ha presa sotto la sua ala, la sua mamma sportiva…

E’ vero, secondo me perché le ho raccontato che in squadra (la Cofidis, ndr) ho lo stesso ruolo con Julie Bego, che ha vent’anni come lei. Sono due giovani rivali, ma si ammirano molto e in certi atteggiamenti di Federica rivedo Julie. Mi rendo anche conto che in certe situazioni mi scatta l’istinto della sorella maggiore. Non diciamo della mamma, perché poi mi sento vecchia (ride, ndr). Però sì, ormai per lei sono “mamma Marti”.

E’ facile per una ragazza tanto giovane entrare in un quartetto che si conosce da così tanto tempo?

No, di facile non c’è niente. Non è facile neppure per noi rimanerci. Il livello e la qualità sono altissime e secondo me i risultati e le varie conferme sono frutto di un lavoro scrupoloso. Penso che quest’anno sia stata una delle edizioni del mondiale che abbiamo preparato con più costanza e regolarità: non sono io a dirlo, ma tutte le volte che ci siamo trovati insieme a Montichiari. Federica ha avuto tanti impegni. E’ stata via tanto tra i mondiali in Rwanda e gli europei su strada. Però mi ha stupito che quando ha girato con noi, l’ho vista quasi senza timore, fiduciosa di quello che può fare. La sua strada è ancora molto lunga, ma non sta a me a raccontare il talento che ha. Lo dimostra da sola.

Hai dichiarato che in questo gruppo nessuno è indispensabile, per cui chi corre è davvero al massimo della forma.

E’ una cosa che mi piace tantissimo. Io stessa mi sono ritrovata in questa situazione all’Olimpiade un anno fa. Pensare 4-5 anni fa di vincere un mondiale del quartetto sembrava un sogno, invece con questo gruppo abbiamo dimostrato che dove non arriva una, arriva un’altra e ci si completa. Secondo me il bello di dire che tutte sono utili e nessuna è indispensabile è che siamo tutte utili alla causa. Sappiamo anche noi che dobbiamo tenere sempre i piedi per terra. Per me questo è fondamentale. Ho l’onore di lavorare con delle campionesse olimpiche, con cui tra l’altro siamo amiche anche al di fuori dell’ambiente. L’anno scorso siamo andate in vacanze insieme, però quando si lavora, si lavora. E tutte con i piedi ben piantati a terra: ogni volta che inizia un quartetto, riparti da zero. I titoli restano, ma al primo posto deve esserci sempre l’umiltà.

Partenza della Roubaix, Alzini e Consonni che due mesi prima hanno vinto gli europei di Zolder nel quartetto
Partenza della Roubaix, Alzini e Consonni che due mesi prima hanno vinto gli europei di Zolder nel quartetto
Partenza della Roubaix, Alzini e Consonni che due mesi prima hanno vinto gli europei di Zolder nel quartetto
Partenza della Roubaix, Alzini e Consonni che due mesi prima hanno vinto gli europei di Zolder nel quartetto
Una mentalità che c’è sempre stata?

Ad eccezione di Federica, abbiamo la fortuna di avere più o meno tutte la stessa età. E’ un gruppo di lavoro nato tanto tempo fa e questo per me è una grande forza. Se anche qualcuno si è trovato in difficoltà, il gruppo lo ha trascinato. Per cui mi sento di dire che è un progetto partito tantissimo tempo fa, che sta continuando. Ed è una grande fortuna che ci si voglia bene e che non abbiamo mai avuto particolari problemi tra di noi.

Dopo il quarto posto di Parigi, c’era davvero la voglia di rifarsi?

Penso di parlare a nome di tutte: sul piano del risultato, il quartetto di Parigi è stato una delusione, ciascuno per ragioni diverse. C’è chi si è riscattato subito, come Vittoria e Chiara (Guazzini e Cosonni, ndr), che alla fine hanno concluso l’esperienza olimpica con un oro. C’è chi come Martina (Fidanza, ndr) ha detto di avere passato un periodo negativo e la capisco bene. Per quanto mi riguarda, credo che il 2024 sia stato una stagione no e giuro che ho passato tutto l’inverno cercando di azzerare tutto e tirare fuori la cattiveria agonistica che all’Olimpiade non c’è stata. Volevo reagire a quella brutta esperienza, questo era chiaro. Tutti dicono che questo mondiale è il primo tassello verso Los Angeles. Io penso che sia una via di mezzo. Da un lato, è un cerchio che si chiude, per dire: «Cavolo, ecco, questo è il nostro valore, quindi punto e a capo». Dall’altro, è uno sguardo verso il futuro, per dire: «Ci sono delle novità, c’è una nuova giovane, ma ci siamo anche noi». E’ bello e motivante.

Di quali novità parli?

Nel mio caso, la novità è il ruolo che ho ricoperto in questo quartetto. Ho fatto la seconda frazionista, mentre di solito partivo oppure ero la terza. Mi diverte cambiare, non lo vedo come un motivo di stress, bensì come proprio una motivazione.

Missione compiuta, il mondiale è italiano: secondo titolo per le azzurre dopo quello del 2022
Missione compiuta, il mondiale è italiano: secondo titolo per le azzurre dopo quello del 2022. Alzini seconda da destra
Missione compiuta, il mondiale è italiano: secondo titolo per le azzurre dopo quello del 2022
Missione compiuta, il mondiale è italiano: secondo titolo per le azzurre dopo quello del 2022. Alzini seconda da destra
Per cui il mondiale è stato la ciliegina su una stagione che sei riuscita a raddrizzare?

Il 2025 mi è piaciuto, ma è stato una stagione roller coaster (le montagne russe, ndr). Siamo partite vincendo il quartetto all’europeo di Zolder. Poi mi sono fermata perché avevo due costole rotte a causa della caduta al UAE Tour. E’ stata una stagione condizionata da infortuni di cui non avevo mai sofferto prima. La frattura della scapola a metà anno, che mi ha tenuto per due mesi e mezzo fuori dalle gare. Però tirando ora una linea, ammetto che forse stare ferma per tutto quel tempo e aver ripreso da zero ha portato anche qualcosa di positivo. A ottobre, non mi sono sentita super affaticata o particolarmente stanca, quindi mi piace sempre trovare il positivo nelle cose.

Nel frattempo la Cofidis ha sostituito Cedric Vasseur nel ruolo di team manager, come l’avete vissuta?

Ci hanno mandato una mail. Abbiamo partecipato a una call su Zoom dove hanno annunciato il nuovo capo, Raphael Jeune, che già conoscevo perché era responsabile del marketing di Look. Forse ora è presto per parlare, ma le prime impressioni sono state positive. E’ venuto a trovarci nelle gare in Italia, ha passato molto tempo con ognuno di noi a parlarne, cercare di conoscerci. Mi piace il suo approccio, il suo modo di fare che sicuramente l’anno prossimo ripartirà da zero per tutti quanti. E come dicevo, ripartire da zero spesso è il modo migliore per fare bene.

La vittoria che serviva. Alzini si rilancia e punta all’azzurro in pista

25.08.2025
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Anche a noi Martina Alzini ha ridabito un concetto scritto in un suo post social: quando vinci è più facile ringraziare tutti. Sicuramente viene spontaneo farlo, avere tanti pensieri in testa e vedere tutto sotto un’altra luce, ma è altrettanto vero che la milanese della Cofidis quest’anno ha dovuto fare i conti con momenti sfortunati.

Il suo successo in Belgio all’Egmont Cycling Race Women di martedì scorso (in apertura foto Jens Morel) è il coronamento del supporto prodotto da tutte le persone che le sono state vicine, dalla squadra al Centro Sportivo Esercito fino agli amici. Dopo la caduta in pista a maggio, forse Alzini è riuscita a raddrizzare una stagione che aveva preso una piega non desiderata. Per la verità il morale non le è mai mancato ed è sempre stata equilibrata nei suoi concetti, però adesso può essere più serena e fiduciosa nel mirare ai propri obiettivi.

Alle spalle di Alzini si sono piazzate Uneken e Tonetti (foto Cofidis)
Alle spalle di Alzini si sono piazzate Uneken e Tonetti (foto Cofidis)
Martina questa vittoria ci voleva più per te che per le statistiche. Che sapore ha?

Sono arrivata a 28 anni (dice sorridendo, ndr) che ho conosciuto certe situazioni per la prima volta o tante cose nuove di me. Mi sono rotta la scapola ed è stata la prima volta che mi operavo qualcosa. Di conseguenza è stata la prima volta che facevo fisioterapia. Devo ringraziare la Cofidis che ancora una volta si è confermata una seconda famiglia. Sotto il lato umano mi hanno lasciato il tempo necessario per tornare a correre per bene. E al Tour de Pologne Women ho corso senza pressioni. Si vede che mi conoscono bene.

E qualche giorno dopo è arrivato subito un bel successo. Ci racconti quella giornata?

E’ stato tutto bello l’insieme di cose che ci ha portato alla vittoria. Io ho solo dovuto finalizzare. La capitana era Amalie (la ex iridata Dideriksen, ndr), ma è rimasta coinvolta in una caduta ad inizio gara e allora ha deciso di fare la regista per noi visto che correvamo senza radioline. Quando c’era da attuare il piano B, tutte le mie compagne hanno fatto il mio nome per puntare alla vittoria. La squadra sa che sono onesta quando so di stare bene o meno. Mi sono presa le mie responsabilità e in pratica ci siamo capite fra noi quasi senza parlarci.

Assieme a Martina ha fatto festa tutta la squadra. Le sue compagne hanno lavorato a fondo e lei ha finalizzato (foto Cofidis)
Assieme a Martina ha fatto festa tutta la squadra. Le sue compagne hanno lavorato a fondo e lei ha finalizzato (foto Cofidis)
Guardando le immagini, avete fatto un gran finale.

Sì, alla grande. Le mie compagne sono state bravissime perché hanno dato il massimo per me tirando a tutta per andare a chiudere sull’ultima fuggitiva quando ormai eravamo vicinissime al traguardo. A quel punto ho leggermente anticipato la volata sapendo che su un arrivo del genere posso esprimere al meglio la mia velocità. Ed è andata bene.

Confermi che è difficile vincere in qualsiasi gara?

So perfettamente che era una gara di classe 2, ma qualità e ritmo in corsa non sono mai mancati. Quando poi si corre in Belgio, non esiste una gara facile o di status minore. Avevo visto già tanta gente in Polonia, ma lassù c’è sempre una cornice di pubblico incredibile che esalta l’atleta. Comunque è sempre difficile gareggiare e vincere ovunque. Ad esempio alla Egmont ho fatto tanti miei record.

Questa vittoria è la riprova della considerazione che la squadra ha per Martina Alzini, giusto?

Credo che sia la dimostrazione che nella vita tutto torna. Sono sempre a disposizione delle compagne tutto l’anno e loro hanno fatto altrettanto per me. Ho ripagato il loro lavoro e la vittoria è stata una conseguenza, anzi la ciliegina sulla torta del nostro gruppo. A luglio ho fatto il ritiro in altura a Tignes con la formazione che avrebbe corso il Tour Femmes. Mi ha fatto piacere essere stata inserita in quella parte di squadra anche solo per accelerare la ripresa della condizione.

Abbiamo visto che hai avuto un pensiero legato a Privitera. Come hai vissuto la sua scomparsa?

Non conoscevo Samuele di persona, ma il suo incidente mi ha toccato profondamente. Facciamo tutti lo stesso sport e quando capitano questi episodi ti chiedi se ne valga la pena o meno continuare. Ho avuto modo poi di conoscere la sua fidanzata Vittoria (Grassi, ndr) che ha fatto quarta quando ho vinto io. Anche lei è una ragazza che arriva della pista, con un grandissimo talento e fa parte della nostra famiglia. Lei ha sofferto tantissimo. L’ho abbracciata quando l’ho vista perché immagino cosa abbia passato e come stia adesso. E’ vero che bisogna saper andare avanti, ma credo che dobbiamo fare qualcosa per il ciclismo. Ognuno di noi e tutti in generale. Queste morti non possono passare così senza che si provi a cambiare qualcosa.

Alzini è rientrata in gara al Tour de Pologne Women vinta dalla sua amica Consonni. Potrebbero ritrovarsi ai mondiali in pista
Alzini è rientrata in gara al Tour de Pologne Women vinta dalla sua amica Consonni. Potrebbero ritrovarsi ai mondiali in pista
Da adesso in avanti a cosa punterai?

Il mio programma è proseguito col Gp Van Impe, continuerà col Simac Ladies Tour ed altre gare tra Francia e Belgio. Il mio vero obiettivo però saranno i mondiali in pista a Santiago del Cile. Uno dei primi allenamenti che ho fatto dopo la caduta è stato proprio nel velodromo di Montichiari. Un po’ perché non ci sono le sollecitazioni che trovi in strada, un po’ perché la pista è il mio grande amore e volevo che fosse uno stimolo per guadagnarmi la convocazione in Sud America. La vittoria in Belgio mi ha dato tante nuove motivazioni.

Alzini, brutta caduta in pista. Il 2025 non si vuole raddrizzare

10.06.2025
5 min
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Una gara in pista in Germania, corsa a punti. Una ruota che scoppia nel gruppo davanti a lei che stava rientrando da un altro giro guadagnato e in un momento Martina Alzini si è ritrovata per terra con un male cane alla spalla (in apertura indossa il tutore che la immobilizza). Come lei è caduta Anita Baima, con segni profondi ma nulla di rotto. Le foto su Instagram meritano un approfondimento, quest’anno non va nulla come dovrebbe. La milanese è a casa sua sulla sponda bresciana del Garda, cercando di convivere con le limitazioni dell’infortunio. Oltre a una costola rotta e varie abrasioni, la frattura della scapola è il boccone più duro da masticare e mandare giù.

«Ho dovuto fare quel post – sorride la campionessa del mondo 2022 di inseguimento a squadre – più che altro perché tanti mi chiedevano perché non fossi a correre. Alcuni sapevano della caduta, ma non cosa fosse successo in realtà. Insomma, era una gara con la nazionale. Eravamo io, la Guazzini e le due giovani Anita Baima e la Sara Fiorin. Per il nostro calendario era un periodo senza impegni su strada e veniva bene anche per fare un po’ di punti».

Subito dopo la caduta in Germania, con abrasioni e botte, Alzini ha vinto la prova in cui è caduta
E cosa è successo?

Stava andando bene, ci stavamo divertendo. Il giorno prima la “Guazza” era arrivata prima nell’omnium, mentre il secondo giorno io ho vinto la gara in cui sono caduta. Mancavano pochi giri alla fine e io ne avevo presi tre, quindi la classifica non poteva cambiare. Tra l’altro hanno pure fatto le premiazioni con un braccio al collo. Vi giuro, io una cosa così non l’avevo mai vista in vita mia. Sono arrivata a 28 anni…

Dove eravate a correre?

A Singen in Germania, una gara di classe 1. Stavo rientrando dal giro acquisito, quindi mi trovavo in quel solito momento di confusione. Da quello che ho capito, a una ragazza malesiana, che era in mezzo al gruppo, è esplosa la ruota davanti, coinvolgendo nella caduta anche Anita Baima che si è ferita il volto. L’ho sentita anche ieri, ha una ferita profonda anche al ginocchio, però niente di rotto. Insomma, mi sono trovata nel mezzo e non ho potuto farci niente. Così abbiamo scelto di rientrare in Italia. Le prime visite in ospedale non segnalavano nulla di rotto, ma inizialmente ho fatto solo le radiografie. Però il giorno dopo ho fatto una risonanza, perché avevo troppo male alla spalla.

Non erano i soliti postumi della botta, insomma?

In 28 anni non mi ero mai rotta nulla e ho capito che era un dolore mai provato prima, che non era un fatto solo di botte. All’inizio hanno parlato di una micro frattura. Però l’ortopedico ha visto bene tutto e ha parlato di una frattura più seria. Ho pubblicato la foto della lastra per far capire che comunque non è una cosa lieve e che starò un bel po’ fuori. Per assurdo, se mi fossi operata subito, avrei fatto prima.

L’ultima volta avevamo incontrato Martina Alzini alla Roubaix: qui con Chiara Consonni
L’ultima volta avevamo incontrato Martina Alzini alla Roubaix: qui con Chiara Consonni
La squadra come l’ha presa?

Personalmente all’inizio ho pensato proprio a quello. Dovevo partire per andare a correre, temevo potessero fare storie, invece continuo a ripetere che questa squadra per me sta diventando sempre di più una famiglia. Mi piace il ruolo che ho e ho fatto una riunione con tutti i tecnici. Ho preferito parlare chiaro. Gli ho detto di non pensare che la pista faccia male alla strada, ma Magnus (Backstedt, ndr), che tra l’altro è uno dei migliori direttori sportivi con cui abbia mai lavorato, mi ha risposto: «Marti, gli infortuni succedono anche in allenamento. Potevi uscire dalla doccia, inciampare nel gradino e spaccarti una caviglia». Ha commentato così. Ha parlato dei rischi del mestiere e ha aggiunto che ha due figlie che corrono in bicicletta e sa di cosa stavamo parlando. Mi stanno lasciando tranquilla, ma questo non toglie che sia stata una stagione sfortunata.

Per quanto tempo dovrai restare ferma?

Avrò il tutore per i prossimi 15 giorni e mi hanno detto che è già un po’ al limite, perché una persona normale lo terrebbe per un mese. Vedremo poi il decorso con le varie terapie, per capire che cosa posso fare. Però la spalla non la posso muovere, devo aspettare che l’osso si saldi. Pensavo che il 2024 fosse stato l’anno più ostico (ride amaramente, ndr), invece si può sempre peggiorare.

Il programma non prevedeva il Giro e neppure il Tour, giusto?

La squadra non fa il Giro. Avevo appena concluso la Vuelta e non avevo in programma il Tour. Però comunque di gare adesso ce ne sono veramente tante. Avrei fatto il Baloise, la nuova gara WorldTour di Copenaghen e le altre in Belgio. Poi ci sarebbero stati i tricolori che penso non farò. Sono solita lavorare per obiettivi e ad oggi purtroppo sul calendario non posso e non saprei quale obiettivo indicare, se non quello di guarire.

Dalla risonanza è emerso che il colpo alla spalla è in realtà una frattura della scapola destra
Come passano le giornate?

Ho deciso di rimanere qua a Brescia perché la mia vita è qua. Vivo da sola, ma sono molto fortunata perché ci sono tante persone che mi stanno vicino e hanno capito la situazione. Insomma, anche da questi momenti vedi chi ti vuole bene e chi no. Il gatto mi sta attaccato come una cozza e per ora la sto prendendo con filosofia. Se per stendere i vestiti o farmi da mangiare normalmente impiego 10 minuti, con un braccio solo serve mezz’ora. Mia mamma sta facendo sacrifici al lavoro per starmi accanto il più possibile, quindi non mi sento di dire che la sto vivendo male: forse perché sono vecchietta? Sono vecchietta (sorride con una punta di ironia, ndr), quindi ne ho viste di ogni e non ne sto facendo un dramma…

Alzini a cuore aperto. Volta pagina e riparte con nuovi stimoli

17.11.2024
8 min
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Aveva bisogno di respirare aria nuova. Martina Alzini aveva bisogno di ricaricare completamente le batterie psicofisiche per ritrovarsi. Manca poco alla fine del 2024, ma la 27enne velocista della Cofidis ha già iniziato a mettersi alle spalle una stagione che lei stessa definisce “distruttiva”.

Ce lo dice a malincuore dopo qualche botta e risposta, tirando tuttavia un sospiro di sollievo sapendo che è iniziata la discesa dopo un’ardua salita. Perché Alzini anche davanti alle difficoltà che più la colpiscono nel profondo non perde l’occasione per sdrammatizzare o sapersi fare forza con un sorriso. D’altronde non è semplice per un’atleta di alto livello svelare gli intoppi che la limitano dentro e fuori le gare, ma il saper “farsene una ragione in fretta” è una virtù che appartiene a pochi. L’Olimpiade le è costata molto, forse troppo, però Martina ne esce con ulteriori convinzioni e insegnamenti che valgono come medaglie. E la ringraziamo una volta di più per essersi aperta con noi.

Buon umore

Dicevamo, un motivo per sorridere Alzini lo ha sempre trovato, anche grazie a situazioni curiose. Quando qualche settimana fa scopre di essere diventata una “cover girl” su un sito generalista di sport che tratta pochissimo il ciclismo, appare confusa: «Non capisco se sia importante o meno, anche se mi fa piacere e forse serve anche questo per il nostro sport». Oppure durante la vacanza a Sharm El Sheikh con le sue amiche-compagne di sempre Guazzini, Consonni e Vece.

«Nel nostro resort – racconta divertita Martina – c’era un centro SPA ed un giorno decidiamo di concederci una seduta di massaggi. Ci accomodiamo nella stanza, entrano due ragazze egiziane per i trattamenti ed una delle due riconosce subito Vittoria (Guazzini, ndr). L’aveva riconosciuta dai riccioli e sapeva benissimo che era una campionessa olimpica del ciclismo in pista. Poi questa ragazza ha messo a fuoco anche noi tre. E’ stata una scena bellissima, dove ci siamo messe tutte a ridere come pazze. In quel momento ho pensato alla potenza comunicativa dell’Olimpiade. Questo viaggio e la loro compagnia mi hanno aiutata molto da punto di vista morale».

Adesso Martina cosa stai facendo?

Sono ancora in una fase post-vacanza, quindi molto tranquilla. Farò tutto novembre a casa a Calvagese col mio gatto Olly. Quest’inverno non ho gli europei in pista da preparare come l’anno scorso che erano a gennaio, anche se poi spero di fare quelli del prossimo febbraio. Ho ricominciato a pedalare da qualche giorno, andando anche in palestra. Dal 5 dicembre mi troverò con la squadra. Il giorno successivo avremo la presentazione a Lille, poi faremo gli incontri con gli sponsor e infine ci trasferiremo a Denia per il ritiro. Rimarremo in Spagna fino al 19 dicembre dove faremo anche alcuni test. Il ciclismo femminile ogni anno diventa sempre più esigente e già lì si gettano le basi per la stagione.

Perché invece il 2024 è stato distruttivo?

Ho chiuso l’annata male di testa ed esausta fisicamente. Sento di essermi trascinata. Fino al 6 agosto ho avuto in mente solo di andare a Parigi. Avevo la pressione di prepararmi a dovere per quell’appuntamento e ho sempre cercato di fare il massimo durante l’avvicinamento. Poi sono state fatte delle scelte da parte del cittì, ma non ne voglio più parlare perché bisogna guardare oltre. Dopo l’Olimpiade ho avuto tante emozioni che non ho saputo gestire.

E come hai risolto questa situazione?

Ho cominciato a farmi seguire da uno psicologo che è fuori dal mondo del ciclismo e che ho trovato vicino a casa attraverso mie conoscenze in accordo con la Cofidis. Non mi vergogno a dirlo perché vorrei essere di aiuto o esempio anche per altri ragazzi che corrono in bici. Non bisogna mai arrivare al punto di stare male per iniziare a farsi seguire. Io non me ne rendevo conto lì per lì, ma dovevo fare qualcosa.

Ora come va?

Decisamente bene. Da quando ho chiuso l’attività ho visto tanti cambiamenti e miglioramenti. Ho notato subito un cambio di mentalità. Sono molto più serena. Adesso nel mio percorso guardo avanti un passo alla volta senza inutili pressioni. Non fisso obiettivi a medio o lungo termine perché al momento serve di più raggiungere bene quelli a breve termine. Ma c’è stato un momento in cui mi sarei avvelenata se mi fossi morsicata la lingua da tanto ero al limite (dice ridendo, ndr).

C’erano motivi in particolare?

A parte le battute, era tutta una questione di stress. Innanzitutto mi ha fatto rabbia sentire sempre dire che ormai da noi donne si aspettano di più solo perché siamo pagate bene o che prendiamo stipendi come gli uomini. Per la serie, avete voluto la parità di trattamento e allora dovete fare di più come i maschi. La gente però non considera a fondo che nel ciclismo femminile sono aumentate le ore di gara, le corse stesse e soprattutto le pressioni. Forse anche più che nel maschile. Poi c’era anche un’altra questione che condizionava me e che mi incontrava.

Per caso c’entra il fatto che sei a casa da sola col gatto?

Diciamo di sì (risponde col suo solito sorriso, ndr). Non sono una ragazza a cui piace sventolare ai quattro venti certe questioni ed infatti a molta gente rispondevo come non fosse cambiato nulla, però la realtà adesso è un’altra. Dopo Parigi, Ben ed io (riferendosi al suo compagno Thomas, ndr) abbiamo deciso di separarci. Siamo rimasti in buonissimi rapporti, non si possono cancellare questi anni assieme, ma ci siamo trovati entrambi ad anteporre la carriera alla nostra relazione. Sono cose che capitano tra sportivi che puntano entrambi a grandi traguardi, forse il più alto. Poi qualcuno dirà che lui ha vinto l’oro olimpico ed io invece sono stata esclusa all’ultimo, ma non siamo tutti uguali. Non tutti i contesti sono identici, soprattutto nello sport dove succede spesso che puoi perdere.

“Mamma Marti”. Alzini per la 19enne Bego è diventata un riferimento a cui chiedere consigli su e giù dalla bici
“Mamma Marti”. Alzini per la 19enne Bego è diventata un riferimento a cui chiedere consigli su e giù dalla bici
La ritieni una sconfitta questa cosa?

No, la ritengo un insegnamento. Dopo l’Olimpiade, considerando che avevo fatto anche quella di Tokyo, ho capito cosa non vorrei più fare per preparare certe gare. Ad esempio sacrificare la mia vita, perché nonostante tutto, la vita va avanti. Anche il fatto di parlare un pochino più serenamente rispetto a prima di questa novità mi rende più leggera, anche se mi costa. Sicuramente tolgo certi imbarazzi. Ho capito che noi atleti possiamo parlare di tutto, non solo delle cose belle o che ci vanno bene. Possiamo parlare anche delle circostanze più avverse in modo discreto e comunque con persone che conosciamo meglio o di cui ci fidiamo.

Possiamo dire quindi che il 2025 sarà la stagione della rinascita di Martina Alzini?

Direi che sarà una stagione piena di motivazioni in un ambiente che conosco bene e in cui sto bene. Sono contenta di aver rinnovato con Cofidis, che ringrazio per essermi stata molto vicina durante l’annata, dandomi la possibilità di curare la pista per Parigi. Così come l’Esercito. Ho capito che non sono un numero per loro e che credono in me. Anzi, penso che col mio modo di fare, cercando di dire le cose con onestà rispettando il lavoro di tutti, mi sia ritagliata un ulteriore ruolo all’interno della Cofidis. E ne sono felice.

Ancora non si sa se nel 2025 la Cofidis prenderà la licenza Professional (foto Face to Face Richez)
Ancora non si sa se nel 2025 la Cofidis prenderà la licenza Professional (foto Face to Face Richez)
Quale in particolare?

Quest’anno mi sono molto legata a Julie Bego, che è il talento della squadra ed ha rinnovato fino al 2027. Lei ha 19 anni e mi chiama “mamma Marti” perché le ho dato tanti consigli e supporto su e giù dalla bici. Durante il Giro Women alla sera veniva spesso a chiedermi come aveva corso o cosa doveva fare per essere più attenta. Io non sarò la ciclista più forte del pianeta, ma questo tipo di rapporto con una compagna di squadra mi appaga e mi fa piacere. Poi certo, resto sempre pronta a sprintare nelle gare più adatte a me.

Alzini, nuovi focus in pista e voglia di raccogliere di più

16.02.2024
6 min
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«Vi confesso che non mi aspettavo la vostra chiamata, però mi fa piacere anche se in questo inizio di stagione non compaio molto negli ordini d’arrivo». Prendiamo in contropiede Martina Alzini che ci risponde in modo divertito, incuriosito e sincero come sempre. Talvolta si può andare oltre i piazzamenti cercando di leggere fra le righe ciò che esprime una gara o una prestazione.

Siamo andati sul sicuro perché Alzini ha sempre qualcosa da dire. Finora ha corso europei, Nations Cup e UAE Tour raccogliendo subito dei riscontri per ciò che sarà il suo 2024. In pista sta provando a rimettersi in gioco su discipline per lei desuete per strappare un biglietto per Parigi 2024. Su strada è alla terza stagione con la Cofidis Women Team, con cui vorrebbe salire un ulteriore gradino di crescita. Di questo ed altro abbiamo chiacchierato con la legnanese, che nel frattempo ha festeggiato i 27 anni in gara negli Emirati Arabi.

Alzini in coppia a Martina Fidanza durante la madison di Nations Cup in Australia. Una disciplina che ha ripreso a fare da poco
Alzini in coppia a Martina Fidanza durante la madison di Nations Cup in Australia. Una disciplina che ha ripreso a fare da poco
Com’è nata la tua partecipazione alla Nations Cup visto che il quartetto non c’era?

Ne avevamo iniziato a parlare già da tanto tempo con Villa e Bragato. Principalmente l’anno scorso Marco (il cittì Villa, ndr) mi aveva chiesto di fare qualche gara di gruppo in vista di quest’anno. Ero sia stimolata che spaventata perché era un po’ che non ne facevo. Così mi sono confrontata anche con Martina Fidanza con cui avrei dovuto fare la madison e mi sono resa disponibile per andare giù ad Adelaide. Compatibilmente agli impegni con le nostre squadra, tra gli europei e il viaggio in Australia ci siamo trovate a Montichiari per qualche allenamento.

Che effetto ti ha fatto prepararti per questa disciplina?

Innanzitutto dovevo raccogliere i punti necessari per farla. Li avevo ottenuti agli italiani di Fiorenzuola dove Martina ed io abbiamo vinto la madison (oltre ad altri tre tricolori, ndr). Poi ho fatto punti in Repubblica Ceca correndo in coppia con Fiorin. Però potete capire bene che si trattava di contesti diversi rispetto ad una Nations Cup. Nei primi due casi ho corso su velodromi all’aperto, ad Adelaide eravamo al chiuso. I riferimenti da prendere sono altri e ne escono gare completamente differenti. Poi diciamo che per prepararmi meglio ho sfruttato “Benjo” (sorride riferendosi al suo fidanzato Benjamin Thomas, plurimedagliato in pista, ndr).

Amicizia. Il 10 febbraio al UAE Tour Fidanza, Consonni e Guazzini hanno preparato la torta di compleanno per Alzini
Amicizia. Il 10 febbraio al UAE Tour Fidanza, Consonni e Guazzini hanno preparato la torta di compleanno per Alzini
In che modo?

Sapete che anche lui ama la pista ed è uno che si riguarda più volte le gare per capire dove sbaglia o dove deve sfruttare meglio le situazioni. Quindi un po’ ho chiesto io, un po’ si è proposto lui di aiutarmi e così ci siamo ritrovati a vedere tanti filmati di madison un pezzo alla volta. Anzi, ad un certo punto sembrava un’interrogazione (ride, ndr). Benjo metteva in pausa la gara e mi chiedeva se avessi notato errori da parte di qualcuno o azioni buone. In entrambi i casi mi ha spiegato cosa si doveva fare e perché. Studiare la madison mi ha fatto bene, correrla ancora di più perché mi è stato tutto molto più chiaro.

Alla fine avete chiuso con un sesto posto. Te lo aspettavi?

Sapevamo che non potevamo fare molto di più. Marco e Martina (Fidanza, ndr) con me sono stati molto pazienti e comprensivi. Martina poi ha fatto quasi gli straordinari perché si è ritrovata a compensare i miei errori. Entrambi li ringrazio infinitamente per l’opportunità che mi hanno dato.

Farai anche le altre prove di Nations Cup?

Ho voglia di riscattarmi, sicuramente. Per Milton (dal 12 al 14 aprile, ndr) mi sono resa disponibile anche per il quartetto. E nei giorni precedenti ho già dato la mia parola che sarò in pista ad allenarmi. Invece salterò la prova di Hong Kong (15-17 marzo, ndr) perché correrò con la Cofidis al Tour de Normandie, dove l’anno scorso avevo ottenuto due secondi di tappa e il terzo nella generale. Vorrei migliorare quei tre podi.

Sembra evidente che il gruppo pista femminile abbia recepito le “strigliate” del cittì Villa, giusto?

Assolutamente sì. Dopo Glasgow abbiamo avuto un cambio di rotta e credo si sia visto subito nei ritiri. Abbiamo capito cosa Marco vuole da noi. L’oro del quartetto agli europei è frutto del nostro maggior impegno, del nostro ulteriore salto di qualità. Il gruppo sostiene le singole e viceversa. Noi siamo amiche prima giù dalla bici che in sella. Al UAE Tour, dove siamo quasi tutte avversarie, le altre ragazze della pista mi hanno fatto una bellissima sorpresa per il compleanno.

Raccontaci pure.

Negli Emirati tutte le squadre alloggiavano nello stesso hotel, quindi a cena ci si vedeva con tutti. La sera del 10 febbraio al tavolo della mia squadra si sono presentate Martina, Chiara e Vittoria (rispettivamente Fidanza, Consonni e Guazzini, ndr) con una torta preparata apposta per me. Non me lo aspettavo ed è stata davvero emozionante. Questo per dire quanto siamo unite e quanto può far bene questo aspetto.

Ex Valcar. Alzini e Consonni hanno disputato il UAE Tour con diversi ruoli e compiti nelle rispettive squadre
Ex Valcar. Alzini e Consonni hanno disputato il UAE Tour con diversi ruoli e compiti nelle rispettive squadre
Il UAE Tour invece com’è andato a Martina Alzini?

Avevo il compito di aiutare Valentine Fortin nelle volate. Principalmente ho fatto la leadout per lei e avevo la responsabilità di fare il treno. Posso dire che le gare di gruppo in pista mi hanno dato quel qualcosa in più per questo tipo di lavoro. La squadra mi riconosce il ruolo di regista in corsa e ne sono orgogliosa perché mi piace analizzare le gare. Stiamo crescendo come team e penso che nella seconda tappa abbiamo fatto il miglior lavoro allo sprint di questi tre anni. Poi ovvio che vorrei avere un po’ di spazio, anche se sto facendo di tutto per guadagnarmelo.

Gli obiettivi del 2024 quindi non sono solo legati alle Olimpiadi?

Parigi resta sempre un grande obiettivo. Tuttavia non guardo più indietro e non penso più a Tokyo. Guardo piuttosto i piccoli passi in avanti, anche perché rispetto a tre anni fa sono cambiate tantissime cose. Il ciclismo è fatto di tante sconfitte e poche vittorie, pertanto le apprezzi maggiormente. Anche grazie all’Esercito (corpo nel quale è entrata da fine dello scorso anno, ndr) riesco a fare bene due attività. Nel 2023 mi è mancato qualcosa dal punto di vista mentale e quest’anno vorrei tornare ad alzare le braccia al cielo, dove non importa. Spero che il mio lavoro venga ripagato. Mi concedete però un’ultima riflessione?

Alzini è alla terza stagione in Cofidis. La squadra le ha assegnato il ruolo di regista in corsa, però lei vorrebbe ritagliarsi qualche spazio in più
Alzini è alla terza stagione in Cofidis. dove è regista in corsa, ma vorrebbe ritagliarsi qualche spazio in più
Certamente…

E’ una riflessione romantica, diciamo. Magari mi attirerò le antipatie di qualcuno e per qualcuno potrebbe essere giustamente opinabile ciò che dico, ma ci pensavo proprio mentre eravamo al UAE Tour guardando le volate. La SD Worx-Protime è la formazione dominante su tutti i terreni e nessuno ne mette in discussione la forza. Anzi, merito loro. Però pensavo che sfida sarebbe stata allo sprint con la vecchia Valcar, tenendo conto adesso di quante di noi sono sparse in giro. Adesso sarebbe una formazione WorldTour che terrebbe testa a loro senza problemi. Che potenziale che c’era lì dentro…

L’abbuffata tricolore di Alzini, pensando al Tour

09.07.2023
5 min
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Di Martina Alzini si erano un po’ perse le tracce. Una primavera resa difficile da problemi a un ginocchio, poche gare in settimane ricchissime di eventi, l’obiettivo del Tour Femmes da preparare non senza difficoltà. Poi una settimana che ha rasentato la follia, con un’autentica pioggia di gare ai campionati italiani su pista e, appena finiti, subito in aereo alla volta di Berlino per il Tour de Berlin.

Un test pienamente superato per vedere le sue reazioni sul piano della resistenza. Nei tre giorni di gare ai tricolori, Alzini ha portato a casa ben 4 titoli (individuale a punti, madison, inseguimento a squadre e velocità sempre a squadre) con il corollario di un argento nello scratch e il bronzo nell’inseguimento individuale e nell’omnium, poi in Germania è arrivato un altro terzo posto, a conferma della condizione ormai ritrovata.

Nel raccontare la sua straordinaria settimana, la legnanese parte proprio dalla rassegna tricolore sorprendendo l’interlocutore: «Avrei voluto fare ancora di più, volevo fare tutte le prove endurance, ma la gara dell’eliminazione era troppo vicina all’inseguimento individuale, non c’era la possibilità materiale. Mi è piaciuto però fare la velocità a squadre, è stato un di più».

Alzini con Fidanza, prime nella madison ai tricolori di Fiorenzuola e insieme anche nel quartetto
Alzini con Fidanza, prime nella madison ai tricolori di Fiorenzuola e insieme anche nel quartetto
Come mai questa escursione in una specialità così lontana dalle tue abitudini?

E’ stata una cosa nuova che ho fatto per stare vicina alla mia grande amica Miriam Vece. Da bambine ci sfidavamo sempre, poi abbiamo seguito strade diverse, ma siamo sempre rimaste molto legate. Poter condividere qualcosa, impegnandoci insieme, è stata una sfida che ci ha reso felici a prescindere dal risultato.

Restiamo in tema di ciclismo su pista. Nonostante il problema al ginocchio hai potuto fare due prove di Nations Cup e quindi hai il polso della situazione: qual è l’atmosfera nel gruppo delle campionesse del mondo?

Sapevamo sin dallo scorso anno che non sarebbe stato un anno facile, il calendario era troppo accavallato con le gare su strada. Se a questo ci si aggiungono gli infortuni che hanno colpito un po’ tutte, ecco che i risultati generali non possono essere una sorpresa. Noi abbiamo cercato di gestirci, siamo state disponibili ogni volta che si poteva, abbiamo sempre dato il massimo. Anche il mondiale, per le date accavallate con le gare su strada non ci favorisce, anzi. Soprattutto chi viene dal Tour sarà svantaggiato. Quel che certamente non manca è comunque la coesione fra noi e questo dato mi induce all’ottimismo.

Per il quartetto iridato una primavera difficile, ma la legnanese resta ottimista
Per il quartetto iridato una primavera difficile, ma la legnanese resta ottimista
Che valore dai a queste maglie tricolori?

Molto alto e su questo voglio aprire una parentesi e ringraziare, come ho fatto anche sul mio profilo Instagram, tutte le ragazze e tutti i ragazzi che hanno partecipato, pur in un periodo compresso nel calendario, pur in contemporanea con il Giro femminile. Ci siamo lamentati spesso in passato del poco spazio riservato ai tricolori, ora che abbiamo organizzatori validi, che ci mettono tutto quel che hanno nell’allestirli, è giusto onorare il loro impegno. C’è chi pur impegnato altrimenti, ha ricavato almeno una giornata per gareggiare e questo lo reputo importante: per questo sono titoli italiani che hanno un valore.

Non hai fatto in tempo a chiudere la rassegna tricolore che sei dovuta andare in Germania per il Tour de Berlin Feminin. Hai avuto tempo per riabituarti alla strada?

A dir la verità era una prova cittadina, quindi adatta alle pistard: tutta nel centro di Berlino, con tante curve. Sull’esito della corsa c’è un aneddoto interessante che rispecchia molto il ciclismo che viviamo. Non era consentito l’uso delle radioline, così quando la svizzera Hartmann è scappata via, né noi della Cofidis né le ragazze della Parkhotel ce ne siamo accorte. Il percorso era pieno di curve e quindi non si vedeva. Con le radio non sarebbe successo, lo avremmo saputo e ci saremmo organizzate.

Tour de Berlin, Cofidis e Parkhotel all’inseguimento, ma Hartmann ha ormai un vantaggio incolmabile (foto Presse BRV)
Tour de Berlin, Cofidis e Parkhotel all’inseguimento, ma Hartmann ha ormai un vantaggio incolmabile (foto Presse BRV)
Che livello era?

Non era di livello altissimo, tra le squadre WorldTour c’era solo la Israel, il team della vincitrice, ma per me è stata comunque utile per riprendere confidenza con le prove internazionali. Subito dopo sono andata in altura, per rifinire la preparazione in vista del Tour.

Il fatto di non aver potuto fare il Giro d’Italia ti è pesato?

Enormemente, ogni volta che mi piazzo davanti alla tv sento un colpo al cuore. Noi siamo una squadra continental e non siamo state invitate. Mi è dispiaciuto tantissimo perché ci speravamo. All’inizio della stagione avevo segnato proprio il Giro e i mondiali su pista con l’evidenziatore, come gli eventi in cui essere al massimo della forma. Poi le cose sono andate altrimenti, per molteplici ragioni, ma io sono italiana e per me il Giro rappresenta sempre qualcosa di speciale.

Il podio finale di Berlino, con Hartmann (SUI) prima con 23″ su Vanhove (BEL) e Alzini
Il podio finale di Berlino, con Hartmann (SUI) prima con 23″ su Vanhove (BEL) e Alzini
Ti resta il Tour, con quali prospettive?

Vedremo. Noi abbiamo Clara Koppenburg che può puntare alla classifica e correremo sicuramente per aiutarla, ma se penso al Tour non posso negare di vivere quest’attesa con un po’ di paura. Siamo andate a effettuare una ricognizione di alcune tappe e posso dire che sarà durissimo. Se dovessi dire, frazioni adatte a una volata ce ne sarà forse una…

Che cosa ti spaventa?

Con un inizio come quello previsto, tutte vorranno essere davanti, ci sarà sempre battaglia e ci sarà soprattutto un alto rischio di cadute ed è questo che spaventa, pensando a quel che verrà dopo la corsa francese. Ci sarà sempre tensione, tutti dicono che la tappa del Tourmalet sarà decisiva ma io penso che già prima la classifica sarà definita. Per dirla tutta, al risultato non penso, la mia speranza è quella di restare in piedi…

Non solo pista e volate. Alzini vuole alzare l’asticella

30.03.2023
6 min
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Non si fa certo scoraggiare da una caduta Martina Alzini. Certo, avrebbe fatto volentieri a meno del capitombolo alla Gand-Wevelgem, ma il suo spirito resta ottimistico in vista del Giro delle Fiandre e delle successive gare.

Il buon inizio di stagione ha dato alla 26enne velocista della Cofidis qualche motivo supplementare per vedere più lati positivi che negativi. L’aver corso la Dwars door Vlaanderen senza particolari fastidi al ginocchio destro colpito nella caduta è proprio uno di quelli. E Alzini non si tira mai indietro nemmeno quando c’è da parlare. Ha sempre pronte una risposta e un’opinione per ogni argomento.

Martina com’è la tua condizione?

Sto bene, anche se un po’ acciaccata. Ieri ho corso per onorare la Dwars che forse è la mia gara preferita. Ho avuto ancora fastidio al ginocchio, ma sta migliorando. Alla Gand prima dei muri mi sono venute contro alcune ragazze e sono volata in un fosso con alcune bici sopra di me. Solitamente io sono una che sta lontana dalle cadute, che le evita. Ma il Belgio è così, non perdona.

E’ tipico di quelle gare…

Va detto però che ogni anno lassù è sempre peggio. Si cade tanto e di più per un mix di cose. Stradine, pavè, canaline e meteo. Partiamo sempre in tante e talvolta c’è una frenesia immotivata. Noto che stare in gruppo è ormai parte dell’allenamento. Puoi fare tutte le ore in bici che vuoi, andare forte, ma se non sai stare o passare in spazi strettissimi allora diventa un problema sia per l’atleta stessa sia per chi ti sta vicino.

C’è una ragione secondo te per tutto questo?

Non saprei, ci possono essere diverse motivazioni dietro. Ad esempio io capisco una come Marta (Cavalli, ndr) che non si senta ancora a suo agio dopo la botta tremenda che ha preso non per colpa sua. Escludendo il suo che è un caso limite, mi sento di dire però che in generale sembra quasi che molte ragazze disimparino a stare in gruppo durante l’inverno lontano dalle corse.

E’ tanto evidente?

Le prime gare dell’anno sono sempre le più pericolose. Molte atlete si prendono rischi inutili iniziando a limare a cento chilometri dalla fine. E non è un caso che a fine stagione questa tensione non ci sia più. A me spiace perché poi si apre il dibattito che noi donne cadiamo più degli uomini ed invece non è così.

Alzini in Normandia si è messa alla prova su nuove dinamiche di gara per curare la generale (foto Mathilde L’Azhou)
Alzini in Normandia si è messa alla prova su nuove dinamiche di gara per curare la generale (foto Mathilde L’Azhou)
Quest’anno sei partita forte. Te lo aspettavi?

A dire il vero no, anche se sapevo di avere lavorato bene. Dopo lo Strade Bianche è come se mi fossi sbloccata. Non la dovevo correre e mi rode essere finita fuori tempo massimo per pochissimo. Tuttavia ho recuperato molto bene e il giorno dopo a Montignoso ho fatto terza dietro a due ragazze (Realini e Spratt della Trek-Segafredo, ndr) che sono tra le più forti scalatrici al mondo e che quel giorno erano di un altro pianeta. E’ stato un onore salire sul podio con loro. Sono soddisfatta della mia prova perché sulla salita del circuito, decisamente lontana dalle mie corde, ho stretto i denti e non sono mai andata alla deriva. Nel finale ho vinto la volata del gruppo.

Poi, guardando le date, è iniziato un mini tour de force per te.

Esatto. Sono partita con la nazionale della pista per la Nations Cup al Cairo. Siamo andate laggiù con un quartetto sperimentale (insieme a lei c’erano Consonni, Crestanello e Vitillo, ndr) e credo che il quinto posto finale sia un ottimo piazzamento tenendo conto di Paesi che erano più attrezzate di noi. In pratica dopo la prova dell’inseguimento a squadre, in accordo con lo staff azzurro, sono rientrata per correre il Tour de Normandie con la Cofidis. Non avevo idea di come sarebbe andata ma direi bene.

Ti sei ritrovata a fare classifica.

Sì, è stata la prima volta che mi capitava. Ho fatto secondi posti di tappa e poi terza nella generale. Mi brucia un po’ che non sia arrivata una vittoria, ma ho scoperto qualcosa di nuovo di me. All’ultima tappa ero fuori dal podio, così sono andata alla ricerca dei secondi di abbuono nei traguardi volanti. Erano tutti importanti. Grazie a quelli e a quelli del traguardo finale ho potuto scavalcare due atlete come Cordon-Ragot e Majerus. Per me è stata un’altra grande soddisfazione aver battagliato per il successo finale. Ho corso pensando a dinamiche cui non avevo mai pensato prima.

Come ci arrivi al Fiandre?

Di sicuro con un buon morale e con una maggiore consapevolezza dei miei mezzi. So che in gare come il Normandia ci può essere più spazio per me. Per una corsa come la “Ronde” invece sono più realista, come sempre del resto. Non siamo noi della Cofidis che dobbiamo fare la corsa. Per quello che mi riguarda voglio godermi al massimo il contesto del Fiandre. La presentazione dei team è da pelle d’oca. Non è nelle mie corde ma è la gara per eccellenza, bisogna essere contenti già di partecipare. Poi vedremo come starò.

Sogno azzurro. Alzini spera di potersi guadagnare una convocazione in nazionale su strada (foto Mathilde L’Azhou)
Sogno azzurro. Alzini spera di potersi guadagnare una convocazione in nazionale su strada (foto Mathilde L’Azhou)
Martina Alzini ha ambizioni particolari per quest’anno?

Se il 2022 è stata la prima vera stagione su strada, questa sarà quella in cui raccogliere qualcosa in più, anche per presentarmi meglio al 2024. Vorrei alzare l’asticella. Ho capito una volta di più che dove non ci arrivano le gambe, ci arriva la testa. Al Giro Donne mi piacerebbe centrare quelle top ten che l’anno scorso mi sono sempre sfuggite di un nulla. Poi ci sarà il Tour in cui la Cofidis vuole ben figurare. Sarà una gara in funzione dei mondiali di Glasgow. Dovrò vedere se rientrerò nei piani del cittì Villa e se io mi reputerò all’altezza per correre in pista. Sarebbe un sogno anche vestire la maglia azzurra su strada. Mondiali o europei non fa differenza. Andrei anche per tirare tutto il giorno.

Un tris tricolore in pista e adesso Alzini punta ai mondiali

27.09.2022
5 min
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Corsa a punti, inseguimento individuale e a squadre. Le tre maglie tricolori conquistate da Martina Alzini a San Francesco al Campo (in apertura foto Scandurra) durante i recenti campionati italiani in pista hanno un valore più profondo del risultato stesso.

Per la 25enne nativa di Legnano (ormai trapiantata a Calvagese e quindi bresciana d’adozione) questa che va concludendosi è stata una stagione altalenante, ma che le sta riservando un finale ricco di soddisfazioni. Ed è da queste che Alzini vuole partire per fare bene negli ultimi appuntamenti prima di pensare al 2023.

Martina, i titoli ottenuti al velodromo Francone cosa rappresentano per te?

Attendevo questi tre giorni di campionati italiani per ritrovare la condizione ottimale. Arrivavo da buone prestazioni tra Belgio e Francia, malgrado il brutto tempo. Volevo dare dei segnali al cittì Villa perché il mio grande obiettivo è guadagnarmi la convocazione ai mondiali in pista (a Saint Quentin en Yvelines dal 12 al 16 ottobre, ndr). Non so se ci andrò, lo spero, ma credo di aver dimostrato di essere in forma. Queste tre vittorie ovviamente fanno tanto piacere, anche perché le ho fatte davanti a “Benjo” (il suo compagno Benjamin Thomas, ndr). Significano anche che alla fine c’è sempre una luce in fondo al tunnel.

A cosa ti riferisci?

Non è stata una annata semplice. Ho avuto tanti alti e bassi, proprio da montagne russe. Di buono c’è che sono riuscita a comprare casa e ho vinto una corsa a maggio (la quarta tappa al Bretagne Ladies Tour, ndr). Ho fatto qualche buon piazzamento, tra cui un quinto posto al Gp Isbergues dieci giorni fa che mi ha dato tanta fiducia. Ho disputato Giro Donne e Tour Femmes con l’intenzione di prepararmi per gli europei in pista di Monaco. Però, rientrata dal Tour, mentre mi allenavo sono scivolata a causa di una macchia d’olio picchiando forte per terra.

Che traumi avevi riportato?

Ho battuto la faccia, facendomi molto male a mento e bocca. Non riuscivo ad aprirla. Mi hanno dato dei punti di sutura e per 15 giorni ho mangiato solo cose liquide. Poi avevo anche un grosso ematoma sul femore. Per fortuna le radiografie avevano escluso fratture però ne avevo già abbastanza per dire addio agli europei. E’ stato il momento più basso della stagione, non vedevo l’uscita. Moralmente è stata molto dura, ma ho pensato che avevo passato anche situazioni più brutte e che avrei superato anche questa.

A inizio anno avevi perso nonno Mario, cui eri molto legata. Hai attinto dai suoi insegnamenti per riprenderti?

E’ stata un colpo durissimo, ma mi accorgo che mi ha lasciato in eredità tante lezioni di vita. E’ come se mi fossero arrivate addosso tutte in una volta. Da lui ho imparato tanto, specie la resilienza. E senza mio nonno ho un’altra visione delle cose. Infatti dopo l’ultimo incidente ho cambiato il mio atteggiamento in bici, soprattutto in gara. Spero sia fiero di me. Io intanto sono felice che il 9 ottobre a Parabiago venga ricordato con una gara di hand bike in suo onore organizzata dalla sua società (per tantissimi anni Mario Bonissi è stato la guida del Gruppo Sportivo Rancilio, ndr).

Alzini ha vinto la corsa a punti malgrado un improvviso abbassamento della sella di qualche centimetro (foto Scandurra)
Alzini ha vinto la corsa a punti malgrado un improvviso abbassamento della sella (foto Scandurra)
Al Giro ti avevamo trovata sottotono dal punto di vista morale. Cosa è cambiato da allora?

Mentalmente ho patito un po’ il fatto di avere un ruolo con più responsabilità. Inconsciamente facevo dei paragoni dentro di me e non è stato facile gestire quello stato d’animo. La squadra però ha sempre apprezzato il mio carattere. D’altronde se vuoi diventare leader in alcune gare devi prima fare esperienza, anche caratterialmente, perché solo così arrivano i miglioramenti.

Nel frattempo come è andata la tua stagione in Cofidis?

Benissimo. Siamo una squadra continental nata solo quest’anno che vuole fare le cose con calma. Andiamo alle gare con tante motivazioni per capire come fare gruppo al meglio, oltre che per crescere. Ad esempio Cofidis, intesa come azienda, ha avuto piacere per la mia vittoria (che al momento è l’unica stagionale di tutto il team, ndr) ed io sono molto contenta di questo. Nel WorldTour con i maschi stanno faticando, almeno noi gli diamo qualche soddisfazione.

Per il 2023 cosa si aspetta Martina Alzini?

Vorrei avere più costanza e correre in modo più sensato. Avere un calendario con più gare WorldTour e fare più risultati. Ho bisogno di correre tanto per avere il giusto feeling agonistico. La strada per me è sempre stata un po’ secondaria se rapportata alla pista, che resta il mio grande amore e dove voglio conquistarmi la qualifica olimpica. Facendo più corse su strada ho la possibilità di costruirmi un futuro. Il ciclismo femminile sta acquisendo sempre più credibilità, così come la figura della gregaria sta diventando sempre più importante. Diciamo che in generale vorrei mettermi più in mostra in ogni gara che farò. E se avessi anche più fortuna non sarebbe così male…

Alzini 2022

Alzini, prima vittoria e conto pari con “Ben” Thomas

12.05.2022
5 min
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“1 a 1 e palla al centro”. Poco dopo la conclusione della sua corsa vincente al Tour de Bretagne, allo smartphone di un collega arriva un messaggio a firma Martina Alzini. Gli emoji esprimono tutta la sua allegria, ma a chi si riferisce con quel punteggio di parità? Pensandoci, la risposta viene subito: è Benjamin Thomas, che quest’anno aveva colto la vittoria all’Etoile de Besseges.

Nel parlare con Martina, i riferimenti al suo compagno di vita, pluricampione del mondo su pista si ripetono spesso e quando lo fa, trasmette con forza tutto il suo amore. Nel raccontarsi, Martina ci confida anche una vicenda che ha segnato la sua stagione e ha rafforzato ancora di più il loro rapporto.

«All’inizio dell’anno è venuto a mancare mio nonno – dice – che per me era “il” riferimento della mia vita. E’ stato un colpo durissimo e se non avessi avuto Ben con me, se non lo avessi sentito accanto, non so come avrei fatto a portare avanti la mia attività. Questo che per me è un lavoro».

Alzini Bretagne 2022
La volata vincente della Alzini, davanti a Markus (NED) e Wollaston (AUS), poi Zanardi, Bastianelli e Guazzini
Alzini Bretagne 2022
La volata vincente della Alzini, davanti a Markus (NED) e Wollaston (AUS), poi Zanardi, Bastianelli e Guazzini
Nella tua professione quanto conta la sua vicinanza?

Tantissimo, ho sempre detto che è uno stimolo costante a migliorarmi. E’ così che vedo i suoi successi. Mi ha dato molto di più a livello professionale, ma è nulla in confronto a quello umano. In gara lo vedete spigliato, spesso all’attacco, ma nella vita è tutt’altro, mite, la persona più buona che abbia mai conosciuto. Mi dà sempre consigli quando glieli chiedo, ma tiene sempre a precisare che non vuole intromettersi nel lavoro di preparatore e manager della squadra.

Se al primo anno in una squadra francese. Ben ti ha aiutato nell’imparare la lingua?

Sì ed è stato fondamentale per comunicare e fare squadra. A casa parliamo italiano, anzi mi fanno spesso i complimenti per quanto lui parli bene la nostra lingua, ma ha capito che era importante che potessi parlare con le mie compagne e i dirigenti. Io avevo imparato un po’ di francese a scuola, ma la pratica mi ha aiutato tanto ed è importante perché si è creato davvero un bel gruppo, considerando che è il primo anno.

Una vittoria in volata: non è proprio il tuo cliché abituale…

Che devo dire… Sentivo che le gambe andavano, che poteva essere la giornata giusta e mi sono buttata nello sprint. Ci credevo, non ho pensato alle avversarie, a chi era sulla carta più veloce di me. Devo dire grazie alle mie due compagne, la francese Cedrine Kerbaol e la belga Alana Castrique che mi hanno pilotato alla grande.

Alzini Mouscron 2022
La 25enne legnanese aveva chiuso terza a Mouscron, battuta dall’olandese De Jong
Alzini Mouscron 2022
La 25enne legnanese aveva chiuso terza a Mouscron, battuta dall’olandese De Jong
Una vittoria che ha rimesso in piedi una stagione difficile.

Non per il cambio di squadra e di vita, neanche a livello fisico. Il problema è stato la bronchite che Ben ha preso alla Tirreno-Adriatico e che mi ha trasmesso. Sono stata malissimo, io che ero riuscita a evitare il Covid sono stata messa a terra dalla febbre alta. C’è voluto tempo per venirne fuori e intanto le classiche del Nord erano andate. Alla Ronde de Mouscron con il terzo posto avevo visto che le cose cominciavano a riprendersi e in Bretagna ne ho avuto la conferma. Ma ho imparato una cosa…

Quale?

A me per andare in forma serve correre, devo aggiustare il tiro nella programmazione d’inizio stagione. Dopo la bronchite ad esempio sono ripartita dalla Gand-Wevelgem e chiaramente non avevo le gambe per tenere e ho finito per ritirarmi. Ne terrò conto per l’anno prossimo.

Che tipo di corsa era il Tour de Bretagne?

Molto dura. E’ vero che il livello di partecipazione non era pari a quello delle classiche, ma c’erano comunque tante big, basti pensare alla Bastianelli vincitrice di due tappe. D’altronde Uae e Ceratizit hanno presentato le loro formazioni migliori, il livello era alto. La tappa che ho vinto era quella principale, sempre su e giù con il circuito finale molto vario.

Alzini pista 2022
L’azzurra non intende minimamente rinunciare alla pista, ma a Milton non ci sarà
Alzini pista 2022
L’azzurra non intende minimamente rinunciare alla pista, ma a Milton non ci sarà
Come hanno preso la tua vittoria in squadra? Era la prima della stagione per la Cofidis…

E’ stata una festa. C’erano compagne che erano di quelle parti, erano letteralmente impazzite (i festeggiamenti nell’apertura, foto di Mathilde Lazou, ndr). Ripeto: formiamo un bel gruppo, si lavora bene insieme.

Tu poi venivi dalla trasferta su pista a Glasgow

Esatto, era la prima del nuovo corso e mi sono trovata benissimo con Villa. Il cittì ha davvero una grande esperienza: sapeva delle mie condizioni, ne abbiamo parlato e ha deciso di evitarmi le qualificazioni del quartetto schierandomi nella finale. Mi ha trattato come Martina Alzini e non come un numero, una qualsiasi componente del gruppo e fa così con tutte. A livello mentale mi ha aiutato tantissimo, sono tornata a casa convinta che abbiamo aperto una bellissima pagina.

Alzini Thomas 2022
La Alzini con il francese Thomas, suo compagno. Entrambi corrono per la Cofidis (foto profilo Facebook Thomas)
Alzini Thomas 2022
La Alzini con il francese Thomas, suo compagno. Entrambi corrono per la Cofidis (foto profilo Facebook Thomas)
Nella seconda prova non ci sei…

Sarei andata volentieri in Canada, ma devo pensare alle esigenze della squadra e questo Villa l’ha capito. Venerdì e sabato torneremo in Bretagna per le due gare di Morbihan e spero di far bene anche lì e continuare nel momento positivo. Anche perché so che la Cofidis mi vuole in gara sia al Giro che al Tour, sarà davvero un periodo duro. Io ho dato la mia disponibilità, ma ho anche detto che se dopo il Giro d’Italia sentirò di essere stanca e che non potrò dare il massimo per le compagne, allora mi tirerò fuori.

Si prospettano settimane di lontananza fra te e Ben…

Già, tra l’altro lui sa già che sarà al Tour, quindi quando lui finisce io comincio. Ma è il nostro lavoro: per fortuna ci sono i telefoni…