Arzuffi cerca su strada lo stesso percorso del cross

04.01.2024
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Il suo processo di trasformazione in stradista ha avuto una netta e decisiva impennata durante il 2023. Nella stagione alle porte, Alice Maria Arzuffi è pronta per fare uno step ulteriore in questa nuova parte di carriera (in apertura foto Arne Mill).

Un dato che aiuta meglio a capire la tendenza intrapresa dalla brianzola di Seregno sono i giorni di gara. Quest’anno sono stati 51 – il massimo per lei – con un podio di tappa al Baloise Ladies Tour e circa una decina di top 10, di cui una ottenuta nella quarta frazione del Tour de France Femmes. D’altronde, prima Baldinger la scorsa primavera e poi Lacquaniti pochi giorni fa ci avevano spiegato quanto credano nelle doti di Arzuffi, specialmente nelle corse a tappe. Così, tra un’uscita in bici e l’altra in Friuli a casa del suo fidanzato Luca Braidot, abbiamo voluto sentire l’ex tricolore di ciclocross per conoscere le sue mire con la Ceratizit-WNT.

Arzuffi al Tour Femmes 2023 ha conquistato un decimo posto di tappa al termine di una lunga fuga
Alice che stagione è stata quella passata?

E’ stato un anno buono. Anzi direi che il 2023 è stato un anno di rodaggio. Il primo in cui ho fatto praticamente solo strada, a parte tre gare di ciclocross lo scorso gennaio corse senza troppe tensioni. Ho capito quanto sia importante fare una sola attività per andare meglio. Attualmente è difficile essere competitive in entrambe le discipline. Quest’anno ho avuto la possibilità di restare ben concentrata sulle corse, sapendo che poi in questo periodo avrei avuto un break per rifiatare e riprendere con più calma.

Non sono mancati nemmeno i risultati.

E’ vero, sono soddisfatta di ciò che ho raccolto. Tuttavia il miglior risultato credo sia stato quello di aver trovato una maggiore consapevolezza. Certo quando arrivi davanti ne acquisisci molta di più, però le prestazioni sono state buone. Poi per me è stato un motivo di orgoglio e stimolo sapere che i miei diesse hanno fiducia in me.

Alla tua prima annata con la Ceratizit hai ritrovato Lacquaniti dopo dieci anni. Ha contribuito a farti ambientare meglio?

Sì, esatto, Fortunato è stato il mio primo diesse quando ero in Faren nel 2013, anche se abbiamo fatto pochissime corse assieme perché all’epoca avevo la maturità. L’ho trovato un po’ cambiato da allora, ma il mio rapporto con lui è molto positivo. Anzi mi piace molto lavorare con lui. In alcune corse in Spagna ha saputo farmi tirare fuori il massimo da me stessa. In generale però mi sono trovata benissimo con tutta la squadra, anche con i materiali. Dopo gli anni di ciclocross avevo bisogno di trovare un ambiente sereno, dove si puntano agli obiettivi con meno pressione, pur mantenendo molto alto il livello.

Che effetto fa quindi ad Alice Maria Arzuffi passare l’inverno senza ciclocross?

Sicuramente è tanto diverso, ma onestamente sto meglio adesso. Ero arrivata ad un punto, specie negli ultimi due anni, che non riuscivo più a sostenere quella vita né fisicamente né psicologicamente. Ho vissuto quattro anni da sola in una casa nelle campagne di Herentals, il paese di Van Aert. Mi passavano a prendere solo per le gare e lassù l’inverno è difficile lontano dalle corse. Tornavo a casa con una frequenza irregolare. Solo 2-3 giorni ogni due o tre settimane. Spesso ero l’unica italiana in corsa. Ho saputo adattarmi, ma iniziava a mancarmi la famiglia.

Nel ciclocross sei stata l’unica italiana a vincere nel Superprestige. Su strada vuoi ripetere lo stesso percorso?

Diciamo che l’intenzione è quella, anche se è passato del tempo e quest’anno compirò trent’anni (il 19 novembre, ndr). Nel ciclocross sono voluta andare in Belgio per crescere ancora e sono riuscita nel mio intento. Fare altrettanto su strada è difficile, ma ci sto lavorando. Vorrei avere più coraggio. Dovrei osare di più rispetto a quello che potevo fare già nel 2023, perché non ero sicura delle mie potenzialità. Vorrei fare un salto in più, visto che oltretutto sia per me che per la Ceratizit sarà il primo anno nel WorldTour.

Avete già stilato il tuo programma gare?

Indicativamente sì. La mia predisposizione fisica è quella per le gare a tappe, nelle quali ho sempre cercato di fare bene. Inizierò a Maiorca, poi Valenciana e classiche del Nord. Gand, Fiandre e Liegi su tutte. A maggio farò le gare in Spagna. Ai Paesi Baschi dovrei fare classifica come prova generale in vista del Giro d’Italia Women. Al Tour Femmes invece dovrei correre in appoggio alle compagne o giocare le mie carte per le tappe. La seconda parte di stagione la vedremo più avanti.

Come giudichi il percorso del Giro?

Sarà una gara in cui si dovrà centellinare le energie. Già la crono di Brescia non è così semplice come sembra. Bisognerà perdere pochi secondi sia lì che in tutte le tappe prima delle ultime tre. Personalmente il tracciato mi piace, si addice alle mie caratteristiche e alla mia buona capacità di recupero. In compenso non sono per niente veloce e mi sto allenando per colmare questa mia lacuna.

Obiettivo Giro Women. Arzuffi punta a fare classifica sfruttando le sue doti in salita e di recupero (foto Arne Mill)
Obiettivo Giro Women. Arzuffi punta a fare classifica sfruttando le sue doti in salita e di recupero (foto Arne Mill)
Nel ciclocross hai vestito l’azzurro tante volte. Ci fai un pensierino anche su strada?

Certo, perché no?! E’ sempre un onore indossare quella maglia. Nel cross ho il rammarico di non aver mai corso il mondiale al top della forma, su strada mi basterebbe guadagnarmi una convocazione. In realtà però penso che se metterò assieme prestazioni o risultati, la chiamata in nazionale potrebbe essere una conseguenza. Intanto un mio primo obiettivo sarà la Strade Bianche. Vorrei migliorare il piazzamento del 2023 (19° posto, ndr) e restare più a lungo e fino in fondo nel gruppo di testa.

Thibau Nys: «Il cross è magia, la disciplina più impegnativa»

02.01.2024
6 min
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Un’interessante intervista a Thibau Nys, giovane corridore della Lidl-Trek, è stata pubblicata di recente sul canale Youtube di Challenge Tyres, l’azienda che produce gli pneumatici usati dal belga nel ciclocross (in apertura, immagine tfoto.be). Ovviamente fra le domande, alcune riguardano proprio le scelte tecniche del giovane Nys, altre però portano alla luce la sua passione per il cross e un interessante confronto a distanza di tempo con il celebre padre.

La scena si svolge a Baal, in Belgio. Si compone di un muro bianco, davanti al quale è seduto l’atleta della Baloise-Trek, con accanto la sua bici e la maglia iridata U23 conquistata lo scorso anno ai mondiali di Hoogerheide. Da quest’anno Thibau è diventato elite e ha vinto tre gare, fra cui l’apertura di Coppa del mondo a Waterloo, negli USA, e il Koppenbergcross.

A gennaio 2023, Nys si è laureato campione del mondo U23 a Hoogerheide
A gennaio 2023, Nys si è laureato campione del mondo U23 a Hoogerheide
Perché hai scelto il ciclocross?

E’ una domanda abbastanza facile. Sono cresciuto vedendo mio padre Sven correre e andare alle gare ogni fine settimana, per cui per me è diventato una specie di idolo. Era esaltante vedere quanto andasse veloce. E ora che sto correndo le sue stesse gare, trovo che il cross sia la disciplina più impegnativa. Tutto deve essere al posto giusto, al momento giusto, nella posizione giusta. Tutti i dettagli contano. Ed è tutto così necessario, che basta manchi una sola parte perché la gara vada male. Penso che sia questa la bellezza del cross.

Come ti alleni?

Durante la settimana, il grosso del lavoro si fa su strada. Però c’è anche il giorno in cui facciamo un allenamento specifico di gruppo nel bosco. E’ un lavoro ad elevata intensità, tecnico ed esplosivo. Servono rapidità e intelligenza, si fanno passaggi stretti, lavoro a intervalli molto brevi e tratti di corsa e questa è la parte più divertente da fare.

Da quest’anno sei diventato elite.

Penso sia stato un grande salto, soprattutto perché ho vinto le prime due gare, quindi molto meglio di quanto mi aspettassi. C’è una grande differenza nel passaggio fra gli elite, rispetto a quando si passa da junior a U23. Devi essere al 100 per cento per gareggiare con i grandi. Ma se riesci a gestire lo sforzo e ad arrivare in finale e vincere, allora il risultato è una delle emozioni più grandi che si possano provare.

L’intervista fatta a Nys si è svolta a Baal, in Belgio (tfoto.be)
L’intervista fatta a Nys si è svolta a Baal, in Belgio (tfoto.be)
A quale pneumatico Challenge ti potresti paragonare?

Al Limus 30, è il mio preferito. Mi piace utilizzarlo per la maggior parte del tempo. E’ la gomma che mi si addice davvero e si adatta anche al tipo di gare che mi piacciono. Sia sulle superfici super scivolose, ma anche su percorsi duri e veloci. Pressione leggermente più alta e poi posso fare quello che più mi piace.

Fango, erba o sabbia?

Fango, di sicuro.

La giusta pressione o il giusto disegno?

Non è facile, a dire la verità. Diciamo la giusta pressione.

Ostacoli da saltare o da fare con la bici in spalla?

Da saltare.

Pneumatici Grifo o Limus per vincere il Koppenbergcross?

Limus. 

Incollare i tubolari o ripulire la bici dal fango?

Forse non si dovrebbe dire, ma non ho mai incollato le gomme da solo, quindi preferirei pulire la bici.

Prima di una gara dai un bacio alla tua ragazza o bevi un energy drink?

Un bacio alla mia ragazza.

Birra belga o vino italiano?

Non c’è dubbio: vino italiano.

Vacanze al mare o in montagna?

Li farò entrambi dopo la stagione di cross, ma preferisco il mare

Cantare sotto la doccia o ballare davanti allo specchio?

Cantare sotto la doccia.

Bici Trek Boone, ruote Bontrager, pneumatici Challenge: il kit completo (tfoto.be)
Bici Trek Boone, ruote Bontrager, pneumatici Challenge: il kit completo (tfoto.be)
Come avresti fatto per battere tuo padre quando era in attività? Qualche tempo fa dicesti che ti avrebbe preso a calci…

Ho fatto alcune gare molto forti quest’anno e sono sicuro al 100 per cento che lui nella sua miglior condizione avrebbe avuto problemi a battermi, ad esempio nella Coppa del mondo di Waterloo. Il fatto però è che mio padre era costante ad alto livello per tutto l’anno, quindi avrei difficoltà a contrastarlo sempre. Ma sono abbastanza sicuro che qualche volta potrei batterlo.

Pensi di avere quel che serve per raggiungere Van der Poel, Van Aert e Pidcock?

Sono fiducioso al riguardo, ma non quest’anno. Forse nemmeno il prossimo, ma ci arriverò e cercherò di crescere passo dopo passo per sfidarli.

Descriveresti il ciclocross in una sola parola?

Magia.

Perché le gomme Challenge?

Penso che mi offra la migliore gamma di possibilità per ogni tipo di scenario di gara. Puoi davvero personalizzare la scelta in base alle tue preferenze e ai tuoi punti deboli e forti. Penso che questo sia davvero importante. Mi trovo bene con le Limus 30, ma anche con le Grifo. Le usiamo forse per il 60 o 70 per cento dell’intera stagione. Mi danno più di supporto rispetto a quello che farebbero gli altri marchi, sento la differenza. E poi mi piacciono molto le gomme da gravel.

Nys Thibau Sven
Europei juniores di Trento: Thibau Nys con suo padre Sven, grande campione del ciclocross, iridato nel 1997, 1998, 2005 e 2013
Nys Thibau Sven
Europei juniores di Trento: Thibau Nys con suo padre Sven, grande campione del ciclocross, iridato nel 1997, 1998, 2005 e 2013
Come scegli le gomme da usare?

E’ un processo difficile. Si inizia già prima della gara, osservando le bici che arrivano dai giri di prova. Vedendo quanto fango c’è e come si regolano anche gli altri. Poi esci a tua volta sul percorso e fai la tua valutazione. Può capitare che faccia cambiamenti anche 30 minuti prima dell’inizio, in cerca dell’opzione migliore per partire. E a quel punto si può cambiare anche durante la gara, se le condizioni lo richiedono. Sono abbastanza contento di come riusciamo a gestire ogni volta questa scelta.

Quanto è importante avere la giusta pressione?

Davvero tanto. Nella maggior parte dei casi dipende da quanto sia morbido il fondo del percorso, se vuoi affondare un po’ o restare sopra. Se la superficie è dura oppure no. C’è da valutare la larghezza dell’appoggio sul terreno, capire se devi tagliare la crosta superficiale oppure se è meglio galleggiarci sopra. E’ diverso ogni settimana, si cerca sempre di trovare l’equilibrio.

Ultimamente hai alternato gomme da 30 con gomme da 33 millimetri, come mai?

Come ho detto, dipende tutto da come è la superficie. A volte hai bisogno che il 33 provi davvero a galleggiare sulla sabbia o sul fango quando lo strato è molto spesso e pesante per non farti risucchiare completamente. Altre volte è più sottile e scivoloso e ho la sensazione che con il 30 riesco a passarci meglio, magari quando mi infilo in un solco o una sezione fangosa. In quel caso mi dà davvero molta trazione permettendomi di andare più veloce anche in curva.

Sugli ostacoli meglio saltare che scendere e prendere la bici in spalla
Sugli ostacoli meglio saltare che scendere e prendere la bici in spalla
Dove tieni tutte le tue gomme?

La maggior parte delle volte le conserviamo nel deposito delle biciclette o nel camion dove ho tutte le ruote. Dopo averle pulite, le asciughiamo e questo credo sia il miglior consiglio, perché con la giusta manutenzione i tubolari dureranno molto più a lungo.

Un consiglio per un giovane che si avvicina al cross?

Prova semplicemente a trovare la tua strada. Fai le tue cose, non ascoltare e non copiare quello che dice la gente. Puoi imparare dai consigli, ma soprattutto devi ancora capirlo da te. Solo così potrai davvero crescere passo dopo passo e conoscere te stesso, la tua bici, i percorsi. In questo modo farai progressi e affronterai nel modo giusto la tua carriera.

X-One R e X-One RS: nuova gamma per il cross

27.12.2023
3 min
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Schwalbe fa un ulteriore passo in avanti nella sua gamma di pneumatici dedicati al fuoristrada. Il marchio tedesco trasferisce la sua tecnologia Souplesse anche ai nuovi X-One R e X-One RS, pensati e studiati per il ciclocross.

La costruzione Souplesse è la combinazione della carcassa Turn-Up Super Race e dell‘inserto antiforatura V-Guard. Offre quindi la sinergia perfetta di ottima sensazione di guida e di sicurezza, offrendo un’eccellente elasticità della gomma. I due strati della carcassa sotto il battistrada creano una morbidezza unica e un‘aderenza costantemente elevata grazie all‘adattabilità ad ogni superficie.

Il risultato è uno pneumatico che offre una guida fluida ed un controllo preciso anche a basse pressioni d‘aria. Il tessuto V-Guard di Schwalbe, in fibra hightech, garantisce un‘ottima protezione contro le forature.

I tre strati della carcassa sul fianco conferiscono allo pneumatico un elevato livello di stabilità laterale
I tre strati della carcassa sul fianco conferiscono allo pneumatico un elevato livello di stabilità laterale

X-One R: a 360°

Il copertone X-One R ha un disegno del battistrada che risulta completamente nuovo per il mondo del ciclocross. E’ un prodotto studiato e progettato per offrire le migliori prestazioni a tutto tondo. Ha una grande trazione in curva, merito anche della tecnologia Souplesse. A questo si aggiungono le eccellenti caratteristiche di rotolamento. Tutti questi fattori hanno fatto diventare i copertoni X-One R i preferiti dei campioni tedeschi nel ciclocross. Judith Krahl e Sascha Weber, si affidano a questo pneumatico.

E’ disponibile nei negozi nelle misure 33-584 (con peso di 375 grammi) e 33-622 (dove il peso passa a 396 grammi). Prezzo di vendita consigliato: 74,90 euro. 

La parte centrale dell’X-One R è nata per sviluppare grandi velocità nei tratti rettilinei
La parte centrale dell’X-One R è nata per sviluppare grandi velocità nei tratti rettilinei

X-One RS: veloci

Il secondo modello presentato da Schwalbe per il mondo del ciclocross è il copertone X-One RS. L’obiettivo del marchio tedesco per questo prodotto è chiaro: ridurre al minimo la resistenza al rotolamento. Questo viene garantito dal design semi-slick del copertone nella parte centrale, in modo tale che nei tratti veloci l’atleta possa spingere al massimo. Si tratta del primo pneumatico della gamma ciclocross. 

Uno pneumatico dedicato così tanto alla velocità, nella gamma ciclocross di Schwalbe, non era ancora stato sviluppato.

L‘X-One RS è disponibile da subito in misura 33-622 (peso di 380 grammi). Prezzo di vendita consigliato: 74,90 euro.

Schwalbe

Cross: quando servono i motori potenti, Lucinda Brand c’è

13.12.2023
6 min
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CALPE (Spagna) – Tra i tanti corridori della Lidl-Trek che vanno e vengono nell’immenso Hotel Diamante Beach c’è anche Lucinda Brand. Quando arriviamo si sta godendo il sole incredibilmente caldo della Costa Blanca. Parla al telefono. E’ il suo momento di relax.

La campionessa olandese arriva da noi sgranocchiando una mela. Aveva impostato la sveglia per l’ora dell’intervista. Ma si presenta con un paio di minuti di anticipo e quando iniziamo a parlare l’allarme scatta poco dopo. 

Lucinda è da anni una super big della strada, ma ormai anche del ciclocross. E’ soprattutto da quando è arrivata alla Lidl-Trek, o poco prima, che ha potuto riprendere il rapporto col fango. A 34 anni, in questa stagione ha vinto due gare in appena sei apparizioni. 

Brand vince a Flamanville, secondo successo stagionale che la rilancia anche in Coppa (foto UCI/Sporti Pic Agency)
Brand vince a Flamanville, secondo successo stagionale che la rilancia anche in Coppa (foto UCI/Sporti Pic Agency)
Sei gare di cross sin qui e peggior risultato un terzo posto. Lucinda, una partenza sprint…

Sì, è stato davvero bello riprendere così. Sono contenta di essere tornata subito ad alti livelli. Devo dire che mi sono allenata bene. Ho pedalato molto nella foresta e in offroad. Ho fatto parecchie sessioni per il ciclocross.

Dal 2016, il tuo numero di gare di cross è notevolmente aumentato: sei passata dalle 5-6 apparizioni al farne anche 33 nella stagione 2021-22. Come mai?

Quando ero più giovane, una junior o anche prima, facevo il cross e lo trovavo divertente per pedalare in inverno, anche perché non mi piaceva molto allenarmi, specie con il brutto tempo. Poi sono diventata un’elite, sono andata in squadre che non erano così entusiaste che facessi il ciclocross, in quanto credevano fosse troppo dispendioso e difficile da combinare con la strada. Così avevo smesso. Se puoi fare solo 2-3 gare, che senso ha? Ma mi dispiaceva.

Però hai ripreso fino ad arrivare al titolo iridato!

Sì, anche nella tecnica non ero affatto brava, dovevo ricostruire tutto o quasi. Dopo tanti anni solo su strada, iniziavo ad annoiarmi. Sempre le stesse cose, le stesse gare, persino gli stessi hotel. Perciò avevo bisogno di fare qualcosa di nuovo, di diverso e ho deciso di riprendere il ciclocross e allenarmi davvero per questa disciplina. Curando molto anche la tecnica.

Brand (classe 1989), nonostante un palmares enorme, continua a lavorare molto sulla tecnica. Un lavoro che si ritrova anche su strada
Brand (classe 1989), nonostante un palmares enorme, continua a lavorare molto sulla tecnica. Un lavoro che si ritrova anche su strada
Alvarado, Bakker fanno tutta la stagione inanellando successi, poi però arrivano le grandi e loro finiscono in secondo piano. E’ solo questione di “motore” o c’è dell’altro?

Credo sia soprattutto una questione di forza. Le corse su strada stanno aiutando molto la mia potenza e la mia resistenza nel cross. E questo è utile soprattutto quando il terreno è molto fangoso ed è necessaria tanta forza. Poi certo, conta anche avere un buon “flow”, un buon feeling… ma questo c’è solo quando anche la tua tecnica funziona. Altrimenti devi spendere troppo e non è facile perché il livello nel cross è notevolmente aumentato. Una volta potevi commettere più errori ed eri comunque sempre lì, adesso no.

Eppure ti abbiamo vista dal vivo in azione a Dendermonde, prima tua gara dell’anno tra l’altro, e con tutto quel fango ci sei sembrata piuttosto a tuo agio…

Sì, era la prima gara, ma dopo la prima parte ero un po’ stanca. C’è stato un inizio super veloce, ma ero fresca, ovviamente, venivo solo dagli allenamenti ed ero anche super eccitata e ho spinto. Ma è stato uno shock! Un colpo per il corpo. Okay, mi ero allenata in tutto, anche a correre, ma finché non metti tutto insieme, non sai mai come può andare. Quel giorno ero davanti, poi sono finita dietro. A quel punto ho cercato di trovare il mio ritmo. Ho cercato di “recuperare”. In quel caso è servita parecchia esperienza. Dopo il primo giro non ero sicura di poter arrivare al secondo posto.

Hai parlato spesso di tecnica, ebbene cosa ti dà il cross anche per la strada: solo la tecnica?

Ti aiuta nel gestire la tua bici in corsa, nella guida, e ti aiuta anche dal punto di vista atletico come negli sforzi brevi e intensi. Ogni volta nel cross è un piccolo sprint. E anche su strada le gare, specie nei finali, non sono molto costanti.

Nel 2021 per l’atleta di Dordrecht è arrivato il titolo mondiale nel cross, preceduto da quello europeo (foto Instagram)
Nel 2021 per l’atleta di Dordrecht è arrivato il titolo mondiale nel cross, preceduto da quello europeo (foto Instagram)
E avverti realmente questi benefici su strada dopo aver terminato una stagione di ciclocross?

Sì, ma anche perché mi piace molto e già questo è importante per la testa. Poi quando sei al limite su strada ti ritrovi quell’esplosività. Dopo diversi anni, credo che se non avessi fatto il cross, avrei perso la mia esplosività del tutto. Mentre adesso è tornata quella di un tempo.

Van Empel, Brand, Bakker, Pieterse, Alvarado… perché il ciclocross femminile è il regno delle olandesi?

Prima di tutto credo sia legato alla cultura che c’è nei Paesi Bassi, dove andare in bici è normale e farlo come sport è molto bello. Abbiamo molte squadre ciclistiche ed ognuna ha il suo circuito, dove si può pedalare in sicurezza, senza traffico cosa ideale per i bambini. C’è un allenatore fisso che ti segue, spesso anche su strada. Tutto questo va unito al fatto che siamo vicini al Belgio, dove il cross è importantissimo, e abbiamo l’opportunità di andare a correre da loro.

Interessante. Vai avanti…

Un altro vantaggio è che in questo momento forse i belgi non hanno così tante ragazze. Però hanno le squadre… che vogliono atlete. A quel punto prendono le olandesi. Le squadre belghe vorrebbero puntare su atleti belgi chiaramente, ma alla fine essendo il ciclismo femminile in crescita, vanno bene anche le olandesi. Credo dunque ci sia un mix di opportunità favorevoli a noi. Senza contare che spesso ci alleniamo insieme e questo ti spinge sempre un po’ più in alto.

Brand è stata terza alla Roubaix 2022, grazie anche alle sue doti di crossista. La classica delle pietre è forse il suo primo obiettivo 2024
Brand è stata terza alla Roubaix 2022, grazie anche alle sue doti di crossista. La classica delle pietre è forse il suo primo obiettivo 2024
Hai cambiato qualcosa sulla tua bici?

No, tutto come lo scorso anno. L’anno scorso avevo cambiato un po’ la posizione, volevo essere un po’ più bassa con il manubrio, ma quest’anno nulla. Va bene così. Mi trovo molto bene anche con le gomme Dugast.

Sei una top rider sia per la strada che per il cross, cosa prevedono i tuoi programmi in entrambe le discipline?

Il periodo di Natale è piuttosto impegnato, cercherò di bilanciarlo tra strada e cross. Ho una gara a breve, poi tornerò in Spagna. Qui, a gennaio, ci sarà una prova di Coppa del mondo (a Benidorm 21 gennaio, ndr) e potrò combinarla più facilmente con il camp di gennaio appunto. Successivamente lavorerò per i campionati del mondo, dove finirò la mia stagione di cross. Due settimane di riposo, una piccola vacanza, poi si riprenderà con la strada. Adesso non conosco nel dettaglio il mio calendario, lo stiamo decidendo in questi giorni, ma probabilmente farò le classiche delle Fiandre e spero la Roubaix… Quella mi piacerebbe davvero vincerla. Sono già salita sul podio ed è stato davvero bello. Ma ovviamente non sono l’unica che la vuol vincere!

E le corse a tappe?

Saranno principalmente le piccole gare a tappe. Da maggio in poi ne abbiamo molte in calendario noi donne. Probabilmente farò anche un grande Giro, ma come ripeto, va deciso adesso. Sarà un calendario un po’ diverso con le Olimpiadi di mezzo. 

Il concetto di manubrio fa passi da gigante anche nel cross

12.12.2023
5 min
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Il manubrio è uno dei punti di contatto che influisce in modo esponenziale sulla bicicletta. Per molti atleti la leggerezza non è fondamentale, per altri è importante anche nel ciclocross. La maggior parte dei corridori cerca il giusto compromesso tra rigidità ed ergonomia.

Abbiamo messo insieme quattro considerazioni di altrettanti atleti, molto differenti nello stile di guida e nel modo di aggredire i tracciati di ciclocross. Manon Bakker (vittoriosa tra le donne a Vermiglio) e Laurens Sweeck, Ryan Kamp e Michael Vanthourenhout. Tutti (e non sono i soli) utilizzano la piega Deda Superzero e nessuno di loro ama particolarmente l’integrato in ambito cx. Cambiano le scelte per quello che concerne l’attacco manubrio: c’è chi lo preferisce più “morbido” e chi invece lo cerca rigido.

Bakker, leggerezza al top

«Ritengo che anche in ambito ciclocross – spiega l’atleta olandese – la leggerezza sia importante. Lo è perché dove si possono risparmiare dei grammi, senza compromettere la sicurezza del componente, è importante farlo e per me una bici leggera è più funzionale. La leggerezza è importante perché influisce anche sulla rigidità complessiva e un manubrio troppo rigido nel ciclocross può essere controproducente.

«Questo è uno dei motivi – prosegue Bakker – che orientano la mia scelta su un binomio non integrato. Inoltre, non utilizzando le leve troppo inclinate verso l’alto, per me è fondamentale avere una piega che mi permetta di appoggiare i polsi sulla piega, visto che per la maggior parte del tempo il palmo delle mani è sui comandi».

Sweeck, compromesso semi-aero

«Al di là delle scelte soggettive e delle sponsorizzazioni – spiega il ciclocrossista belga – il fatto di avere a disposizione una piega con la parte superiore più larga, una sorta di concezione aero, offre dei vantaggi sfruttabili per l’appoggio del palmo delle mani. Un manubrio del genere ti aiuta nel controllo della bici quando è fondamentale tirare con la parte superiore del manubrio.

«Rispetto ai manubri completamente rotondi il feeling è migliore e così anche la sensazione di rigidità. Diventa importante anche la scelta dell’attacco manubrio, a mio parere più rigido è, meglio è».

Kamp, come su strada

«Dal manubrio passa tutto – spiega Ryan Kamp – il giusto manubrio ti permette di guidare bene la bicicletta, di avere un buon feeling e di essere comodo. Ti supporta e ti sostiene, ma nel ciclocross non deve essere estremamente rigido. Preferisco la piega e l’attacco manubrio separati che lasciano sempre un margine di elasticità, rispetto ad un integrato che nel cx può diventare eccessivo, anche se entrano in gioco gli sponsor tecnici e le scelte personali.

«Nel corso della stagione di gare – ci racconta il ventitreenne olandese – uso la bici da ciclocross anche per allenarmi su strada e mi piace avere sempre il medesimo setting».

Vanthourenhout, Superzero e Zero100

«La scelta della tipologia di piega – spiega infine il campione europeo Vanthourenhout – è condizionata dal fatto che a me piace utilizzare i manettini con una inclinazione rialzata. Ho iniziato ad usare il Superzero Carbon e forse non tornerei ad un manubrio rotondo di tipo standard. Se è vero che noi crossisti passiamo buona parte del tempo con le mani alte sui comandi, è altrettanto vero che quando le spostiamo sulla parte centrale dobbiamo avere un manubrio rigido, ma che ci permette di non modificare eccessivamente le caratteristiche della bici sull’avantreno.

«Rigido sì – conclude – ma non troppo. Un’altra caratteristica importante è la larghezza: troppo stretto non è funzionale quando la guida diventa molto tecnica e tutto il corpo si muove in parallelo alla bicicletta».

E’ arrivato il momento di arginare il talento di Pidcock?

11.12.2023
4 min
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Chissà come l’avranno presa i capi dell’UCI e segnatamente il presidente Lappartient, scoprendo che i tre più grandi crossisti del gruppo non prenderanno parte (volontariamente) al mondiale di specialità? La sensazione è che la scelta che non sono stati in grado di fare Van der Poel, Van Aert e Pidcock sia venuta dai team e sia stata affidata agli allenatori. Così se Van Aert si è concesso il rientro (con vittoria) a Essen, ma ha già inquadrato con Mathieu Heijboer il giusto avvicinamento per le classiche, il programma di Pidcock l’ha preso in mano Kurt Bogaerts. E il primo punto fermo è stato volere che il folletto britannico, campione del mondo di mountain bike a Glasgow, partecipasse al ritiro del Team Ineos Grenadiers, rinviando così il debutto nel cross al 16 dicembre. Gara di Herentals, casa Van Aert.

Bogaerts allena da anni Pidcock, seguendolo nelle tre specialità (foto Sporza)
Bogaerts allena da anni Pidcock, seguendolo nelle tre specialità (foto Sporza)
Come mai?

Perché sarebbe un peccato se Tom perdesse l’inizio del ritiro. A differenza dello stage di gennaio a Denia, adesso ci sono tutti. Insieme a Thomas, Carlos Rodriguez, Bernal e Ganna, Tom è un uomo importante per la squadra. In più ha concluso la stagione il 9 ottobre con la Coppa del mondo di mountain bike in Canada. Questo però significa che Tom debutterà nel cross senza la minima preparazione specifica, perché il ritiro in Spagna termina il 15, ma ci teneva a cominciare per avere un rodaggio prima della Coppa del mondo di Namur, che si corre il giorno dopo Herentals.

Quel giorno ci sarà il primo confronto con Van der Poel e Van Aert: può condizionarlo nella preparazione?

Non dal mio punto di vista. Per Tom il ciclocross è soprattutto un valore aggiunto verso la stagione su strada. Un bel cambiamento. Herentals interrompe il primo blocco di preparazione alle gare su strada, ma sviluppare un po’ di resistenza al freddo e alla pioggia non può far male. Quando arriverà il momento di fare sul serio, anche su strada si deve essere pronti per ogni tipo di tempo.

Questo in teoria, cosa succederà poi quando saranno in griglia?

Tom è uno cui piace vincere, ma è in una fase diversa rispetto allo scorso anno. Sarà in discrete condizioni, ma partirà dalla terza fila o anche più indietro. Poi bisognerà vedere il livello degli altri due, che in realtà abbiamo già intuito. L’anno scorso sono stati forti già al debutto e si sono resi la vita difficile.

Lo scorso anno Pidcock ha corso l’avvio di stagione del cross in maglia iridata, vinta a Fayetteville 2021
Lo scorso anno Pidcock ha corso l’avvio di stagione del cross in maglia iridata, vinta a Fayetteville 2021
In realtà anche loro sembrano più focalizzati sulla strada.

E’ quello che sembra, se non atleticamente di certo mentalmente. Dopo aver sbagliato il Fiandre e la Roubaix, credo che ad esempio Van Aert non voglia sprecare energie mentali e fisiche nel cross. Mathieu continuerà a fare quel che ha già avviato con grande successo quest’anno. E Tom nel mezzo potrebbe dare un bell’impulso al movimento.

Perché saltare nuovamente il mondiale?

Perché il prossimo anno Tom dovrà iniziare la stagione su strada ben preparato. Non sappiamo ancora se all’Algarve o al Gran Camiño. Certo è che la Parigi-Nizza e la Tirreno arrivano subito dopo i mondiali di ciclocross e questo non va molto bene per la preparazione. Per questo abbiamo optato per fare un bel blocco di allenamento, concentrandoci sulla Coppa del mondo, dato che due giorni dopo la prova di Benidorm inizierà il secondo ritiro della squadra a Denia.

E’ vero che non vedremo Pidcock nelle classiche del pavé?

Questa è l’intenzione, anche se non ancora confermata. La direzione è quella delle classiche delle Ardenne. Se partecipi alle gare fiamminghe, puoi fare meno corse a tappe in primavera. Se invece vuoi fare anche una Parigi-Nizza, allora devi modificare il programma.

L’esplosività della Mtb può essere utile a Pidcock in avvio di Tour e alle Olimpiadi
L’esplosività della Mtb può essere utile a Pidcock in avvio di Tour e alle Olimpiadi
Programma di cui però fa parte la mountain bike.

Ancora per il prossimo anno, certamente, poi faremo una valutazione. Comunque dopo le classiche, penseremo al Tour de France. Dopo il Delfinato, valuteremo se partecipare alle due prove di Coppa del mondo di mountain bike in Val di Sole e a Crans-Montana. Suona strano, ma potrebbero rivelarsi un valore aggiunto per un Tour che parte subito forte, con occasioni per lui già nella prima settimana.

L’obiettivo olimpico sovrasta tutto il resto?

L’intenzione è che Tom partecipi sia alla mountain bike che alla corsa su strada. La sua ambizione è di nuovo l’oro olimpico. La prova su strada è un po’ più complicata, ma per fortuna si corre dopo la mountain bike e l’esplosività del fuoristrada può tornargli utile nella seconda sfida.

La bici di Manon Bakker, signora di Vermiglio

10.12.2023
5 min
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VERMIGLIO-Analizziamo ed entriamo nel dettaglio della bicicletta di Manon Bakker, che ha conquistato la gara al femminile in Val di Sole.

Stevens Superprestige, una taglia 58 per la altissima atleta del Team Crelan-Corendon, forse meno tecnica nella guida rispetto a Pieterse e ad Alvarado, ma potente e costante, un’atleta molto solida anche per l’aspetto agonistico.

Rulli prima dell’ultima ricognizione sul percorso
Rulli prima dell’ultima ricognizione sul percorso

Quattro bici, quattro setting

Venti minuti di rulli prima di fare la ricognizione, due giri sul tracciato di gara e un paio di progressioni su asfalto prima di rientrare nel camper per cambiare il vestiario. Ancora una decina di minuti di rulli prima di incolonnarsi verso la partenza, così la Bakker ha strutturato le due ore che hanno preceduto l’inizio della prova al femminile.

Tre biciclette pronte per la gara, più una montata sui rulli e per il riscaldamento. L’unica variabile erano le gomme, ma Manon Bakker ha scelto di utilizzare quella con i tubolari intermedi, i Dugast Typhoon.

Una Stevens Superprestige in Coppa

Le caratteristiche della bicicletta rispecchiano quelle fisiche di Manon Bakker, alta un metro e 82 centimetri. Ovvero una posizione molto allungata e alta sull’avantreno. La bicicletta della atleta olandese è una Stevens Superprestige, taglia 58 e non è sloping. Ha un avantreno voluminoso nello sterzo (dove si notano anche diversi spessori tra il profilato e lo stem) e per quanto concerne la forcella, mentre è più sfinata nella sezione posteriore. Il diametro del reggisella è di 27,2 millimetri (non ha usato un Deda, ma uno Scope, sempre full carbon).

Bakker ha utilizzato due ruote DT Swiss Spline CRC per tubolare (Dugast da 33 per terreni veloci e mescola Monsoon), con mozzo Spline 240s. La piega è una Deda Superzero Carbon, mentre lo stem è il Superbox.

Doppia corona tra le donne, mono tra gli uomini

Volendo considerare il profilo strettamente tecnico è interessante sottolineare la vittoria di un doppio plateau in campo famminile e il dominio di una monocorona in quello maschile con Nieuwenhuis (corona da 44).

Per Bakker una trasmissione Shimano Ultegra con doppia corona anteriore (46-36 e pedivelle da 172,5 millimetri) e una scala pignoni 11-34. I due dischi freno con il diametro da 140 millimetri. Interessante il fatto che, al contrario di altre colleghe che usano la doppia corona, l’olandese non impiega il chain catcher. La sella è una Selle Italia SLR, senza canale centrale di scarico. I pedali, Shimano XTR.

La prima a Vermiglio per Nieuwenhuis è divertimento puro

10.12.2023
4 min
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VERMIGLIO – C’è sempre una prima volta per tutto. Quella di Joris Nieuwenhuis è la prima sulla neve e la parola d’ordine è divertimento, ma senza togliere nulla alla ricerca della massima performance.

Durante le prove di ieri pomeriggio, il forte atleta olandese si è concesso a qualche dichiarazione e approfondimento sul setting della bicicletta.

Nieuwenhuis con il suo staff nella zona cambio
Nieuwenhuis con il suo staff nella zona cambio

Una Trek Boone taglia 56

La bici è quella standard fornita da Trek al Baloise-Trek-Lions. E’ una taglia 56 e Nieuwenhuis utilizza una sella Bontrager, così come le ruote RSL37. Hanno la predisposizione per i tubolari e questi ultimi sono Dugast. Il cockpit non è integrato, stem e curva sono separati, sempre Bontrager. La trasmissione è Sram Red con i comandi che hanno la nuova architettura mutuata dal Force.

Com’é pedalare sulla neve?

E’ divertente, una situazione molto differente a quelle che siamo normalmente abituati ad affrontare nel ciclocross. Se dovessi fare un accostamento potrei dire che è simile alla sabbia. Ma anche in questo caso è difficile essere precisi, perché c’è sabbia e sabbia.

Ti è spiaciuto rinunciare alla prova di Essen per essere qui a Vermiglio?

Mi piacerebbe correre sempre ed ovunque, ma non si può fare. Con il team avevamo messo in calendario Vermiglio, quindi non avendo pressioni dalla squadra e avendo il via libera sono contento di essere qui.

Quali aspettative ti sei creato?

Voglio divertirmi prima di tutto il resto e onestamente godermi anche questa esperienza che è qualcosa fuori dalla norma. Non voglio sottrarre nulla alla prestazione, ma è logico pensare che chi ha già affrontato la neve di Vermiglio parte con alcune skills in più.

E’ più difficile spingere o guidare la bici?

Guidare la bici su un terreno del genere porta via un sacco di energie, diventa fondamentale capire dove lasciarla correre e dove assecondare il cambio di direzione non ricercato. A tratti la bici sembra un cavallo impazzito e si deve guidare molto con il bacino. Proprio in questi momenti la cosa più sbagliata da fare è arpionare la bicicletta.

In merito alla bici hai fatto dei cambi di setting?

La bici è sempre la stessa, la Trek Boone taglia 56 che uso normalmente. Stessa trasmissione, userò la corona singola anteriore con 46 denti e una scala pignoni 10-36. Nessun cambio di setting anche per le pedivelle, uso sempre le 175. Stessa altezza di sella e stesso arretramento. Le ruote rimangono quelle con il cerchio da 37 millimetri.

La rapportatura è sempre questa a prescindere dai percorsi?

La scala posteriore è sempre 10-36, talvolta si interviene sulla corona. Quando il terreno è particolarmente pesante chiedo un plateau da 42, oppure 40 denti.

Invece per i tubolari?

Credo che utilizzerò le gomme da fango, con una pressione inferiore rispetto agli standard. Penso che la pressione adeguata sarà di poco superiore ad un’atmosfera. Ma decideremo domani mattina nelle ultime prove e comunque prima della gara. Mi sono fatto l’dea che la scelta degli pneumatici è molto personale. Ogni scelta sarà giusta e sbagliata al tempo stesso.

Come si costruisce un percorso da ciclocross sulla neve?

09.12.2023
4 min
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VERMIGLIO – La Val di Sole si prepara ad accogliere i crossisti, per la terza edizione della prova di Coppa del mondo di ciclocross. Abbiamo fatto due chiacchiere con Sergio Battistini, ovvero il responsabile del percorso e colui che cerca di far collimare i numerosi tasselli previsti per una competizione di questo calibro. Cerchiamo di capire, attraverso le sue dichiarazioni, l’impegno che comporta costruire un tracciato sulla neve.

Sergio Battistini con un commissario UCI per la verifica del tracciato
Sergio Battistini con un commissario UCI per la verifica del tracciato
Quanto tempo è necessario per costruire questo tracciato?

Si parte mesi prima, ma solo a ridosso dell’evento il percorso di ciclocross prende realmente forma. La variabile più grande da considerare è la neve, che è un materiale non facile da lavorare. Arriviamo a preparare il tracciato sotto data per capire la consistenza del manto e adeguare le modalità di lavorazione.

Rispetto alle edizioni precedenti, la neve è diversa?

Decisamente sì, soprattutto se facciamo un confronto con il 2022. L’anno passato era tanta e soffice e per rendere il tracciato praticabile è stato necessario rimuovere la strato a contatto con il terreno. Quest’anno invece c’è meno neve, ma lo strato inferiore è consistente e diventa una sorta di pavimento. Siamo riusciti a batterla in modo perfetto.

Potrebbe essere un percorso veloce?

Ci sono i presupposti per una gara veloce, proprio perché la neve è più consistente. Potremmo vedere anche più tratti tecnici percorsi in sella alla bici, ovvio che poi le differenze sono relative alla tecnica di guida.

Una neve che potrebbe tenere di più anche nelle curve?

Esattamente, è probabile che lo strato battuto creato in questo 2023 terrà molto di più, un fattore che potrà influire su una media oraria maggiore.

La lunghezza ed il dislivello?

In tutto 2.900 metri e 60 di dislivello positivo. Ci sono comunque delle differenze, perché abbiamo creato due montagnette di neve che non erano presenti nelle edizioni precedenti. Diventano delle sorte di paraboliche improntate ad offrire spettacolo.

La parte nord del tracciato di ciclocross di Vermiglio, sotto al Tonale
La parte nord del tracciato di ciclocross di Vermiglio, sotto al Tonale
Due chilometri e nove, non sembra così lungo!

Come dicevo si lavora per lo spettacolo del ciclocross e cercando di offrire al pubblico una visibilità ottima da ogni angolazione e da ogni punto del tracciato. Inoltre c’è anche l’aspetto televisivo, perché ogni banner, ogni sponsor e telecamera sono posizionati nei punti strategici.

La cosa più complicata da gestire?

Senza dubbio la neve. Nel 2022 prima delle 4 del mattino eravamo all’interno del fettucciato a spalare e battere. Quest’anno siamo tutti molto più rilassati. La neve è imprevedibile.

Quante persone sono coinvolte per la costruzione del tracciato?

Noi del comprensorio siamo una ventina.

Quanto tempo è necessario per rimettere tutto a posto?

Ci vogliono due giorni, senza pause. Perché qui a distanza di una settimana, post evento ciclocross, la stagione dello sci di fondo entra nel vivo e tutto deve essere perfetto.