Infront e il TotA: sponsor e territorio attraverso l’evento

19.12.2024
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L’ingresso di Infront all’interno dell’organizzazione del Tour of the Alps è una delle novità che la corsa dell’Euregio ha apportato nel 2024. Un prima edizione “combinata”, quella che si è svolta lo scorso aprile, che ha portato una crescita esponenziale dei numeri della breve corsa a tappe. Ma chi è Infront e di cosa si occupa? Ne parliamo direttamente con Stefano Deantoni Marketing Director di Infront Italy.

«Noi siamo parte di un gruppo internazionale – dice – che ha come suo core business il marketing sportivo. Ci occupiamo dei servizi legati allo sport, a 360 gradi, per far sì che un evento possa essere fruito da diversi stakeholder. In primis lavoriamo sui diritti televisivi, passiamo da intermediario tra chi ha un diritto, che può essere una federazione o un organizzatore, e chi ha interesse ad usufruire di quel diritto, in questo caso un broadcast che trasmette le immagini».

Stefano Deantoni Marketing Director di Infront Italy
Stefano Deantoni Marketing Director di Infront Italy.

Marketing

Gli eventi sportivi e le gare di ciclismo non contemplano più solamente il vedere la corsa, ma c’è anche un contesto di interessi legati a sponsorizzazioni di aziende o del territorio stesso. Ogni soggetto chiamato in causa ha come scopo quello di entrare in una macchina che funziona e in grado di mettere sotto la lente di ingrandimento tutti gli attori presenti. 

«Naturalmente – continua Stefano Deantoni – passiamo anche alle sponsorizzazioni, quindi accordi commerciali. In questo caso dall’altra parte c’è un’azienda che utilizza lo sport come mezzo di comunicazione. Ci occupiamo di creare contenuti originali, ovvero del dietro le quinte o di curiosità. Con l’intento di dare molto più risalto a quello che è il solo evento televisivo e per dare più contenuti per tutti i media. Infine cerchiamo di rendere esclusiva l’esperienza dell’evento, questo avviene attraverso le aree hospitality. Vogliamo dare qualcosa che non si può comprare, quello che i nostri colleghi svizzeri chiamano “money can buy opportunity. Un qualcosa che solo tu che possiedi il diritto puoi offrire». 

Il ciclismo e i valori aggiunti

Fornire dei servizi al fine di aumentare il valore finale del prodotto offerto. Infront si inserisce a metà tra chi possiede un diritto, un organizzatore di un evento, e coloro che ne usufruiscono per promuoversi. 

«Il fine di tutto questo – spiega il marketing director – è di aumentare il posizionamento sul mercato, la notorietà, la riconoscibilità di un evento. Il Tour of the Alps si inserisce in un contesto più ampio del portafoglio di Infront. Noi facciamo parte di un gruppo internazionale che ha visto come il ciclismo possa rientrare nelle nostre strategie di sviluppo. Infront lavorava già con soggetti importanti come il Giro delle Fiandre, il Tour de Suisse e l’Amstel Gold Race. Noi della filiale italiana di Infront dovevamo allinearci alle strategie di gruppo, abbiamo cercato di capire quali eventi ciclistici erano approcciabili. Siamo arrivati al Tour of the Alps, gara di elevato livello tecnico e utilizzata in preparazione al massimo evento del ciclismo italiano: il Giro d’Italia». 

«Come detto non guardiamo solo al lato sportivo – prosegue – il TotA si corre in regioni interessanti per noi: il Trentino, Tirolo e Alto Adige. Abbiamo visto che c’era anche la possibilità di lavorare con i territori e di sviluppare anche questa parte di movimento».

La scelta di passare da determinati comuni o territori è legata alla promozione turistica di queste aree
La scelta di passare da determinati comuni o territori è legata alla promozione turistica di queste aree

Crescita a tutto tondo 

Il Tour of the Alps era in momento di svolta del proprio percorso di crescita, nel cercare di affermarsi ancora di più come gara importante del calendario internazionale ha trovato in Infront il partner giusto per lavorare

«L’edizione del 2024 – dice Stefano Deantoni – è stata fatta con tutti i crismi, collaborando a braccetto. Noi ci siamo occupati in prima battuta di dare maggiore visibilità all’evento nazionale facendo leva sul prodotto ciclismo. Il product manager del ciclismo in Svizzera, che è il nostro headquarter, ha già diversi contatti in giro per il mondo ai quali vende i suoi prodotti. Ha aggiunto il TotA al suo portafogli facilitando il lavoro. Ci siamo occupati anche di fare attività per le aziende, nel tentativo di dare slancio al prodotto. Abbiamo creato una Bike Experience, dove gli sponsor hanno avuto modo di pedalare sul territorio che ospita la corsa. Il giorno successivo, invece, li abbiamo portati sul traguardo a vedere la tappa all’interno della nostra area hospitality. 

Infront ha la capacità di proporre l’evento a diversi Paesi, quasi 300, la potenza di fuoco è elevatissima
Infront ha la capacità di proporre l’evento a diversi Paesi, quasi 300, la potenza di fuoco è elevatissima

L’immagine

Presentare un prodotto che possa raccogliere l’attenzione di chi ne usufruisce, come per esempio il pubblico, è importante. Ma lo è altrettanto proporre a sponsor e aziende qualcosa che possano comprare e che sia tangibile

«Noi ci inseriamo in continuità – ci spiega ancora Stefano Deantoni – con l’attività già esistente e cerchiamo di capire dove si può migliorare in base anche alle esigenze del cliente. Quindi ci chiediamo: come lavoriamo per migliorare la qualità della produzione televisiva? Oppure, in che modo il Tour of the Alps può diventare una piattaforma di comunicazione per gli sponsor? O ancora, lavoriamo in modo che il percorso tocchi delle località che si ha intenzione di promuovere. I territori sono uno stakeholder molto importante di questo evento quindi dobbiamo avere cura anche di loro. Infront offre molte risorse e permette di avere uno sviluppo e una dimensione più internazionale. La crescita del Tour of the Alps, rispetto all’edizione del 2023, è stata 35 per cento a livello mediatico. Chiaramente l’anno uno il salto è elevato, poi bisogna lavorare per mantenere alta la qualità e i numeri».

A tu per tu con Lappartient: il ciclismo globalizzato e i costi

25.11.2024
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RIVA DEL GARDA – Al margine della presentazione del Tour of the Alps c’è stata la conferenza dell’AIOCC (Association Internationale des Organisateur de Courses Cyclistes). La corsa a tappe dell’Euregio punta in alto e vuole entrare nel ciclismo dei grandi, ne ha il diritto e la forza di farlo. A questo incontro ha partecipato anche David Lappartient, presidente dell’UCI. Il momento è delicato, il ciclismo vive un periodo di forte globalizzazione, con tante gare fuori dal Vecchio Continente. Da un lato è giusto, la crescita porta ad un’espansione del movimento e della disciplina. Dall’altra parte bisogna fare in modo che gli attori possano seguire il calendario proposto. Nel 2026 si parla di ben 14 gare WorldTour in più, un numero non da poco che obbliga le squadre a pensare al futuro, programmando già gli investimenti. 

A destra David Lappartient, mentre a sinistra Christian Prudhomme, entrambi intervenuti alla presentazione del TOTA
A destra David Lappartient, mentre a sinistra Christian Prudhomme, entrambi intervenuti alla presentazione del TOTA

Il passo giusto?

Uno degli argomenti che ha fatto discutere ultimamente è la questione campionati del mondo. L’appuntamento di Zurigo ha sicuramente regalato un grande spettacolo per il pubblico. Tuttavia è innegabile che i costi del mondiale svizzero abbiano avuto un grande impatto sui bilanci delle varie federazioni. La via però sembra ormai tracciata, e il prossimo appuntamento iridato in Ruanda non sarà di certo meno costoso

«Per noi – ci dice Lappartient in disparte – che siamo l’Unione Ciclistica Internazionale, l’obiettivo è andare ovunque. Nel 2024 siamo stati a Zurigo, ed è stato uno dei mondiali più costosi in una delle città più costose al mondo. Tuttavia l’organizzazione è stata davvero perfetta (forse Lappartient si è dimenticato della scomparsa di Muriel Furrer, la junior svizzera deceduta nella prova in linea iridata, ndr). L’anno prossimo saremo in Rwanda, non siamo mai stati in Africa e quindi è un sogno per tutti. Quando sono diventato presidente dell’UCI ho dichiarato che entro la fine del mandato saremmo andati in questo Continente. Dovevamo andare e così sarà, dopo più di cento anni il campionato del mondo arriva in Africa

Il campionato del mondo di Zurigo è stato uno dei più costosi degli ultimi anni per le federazioni
Il campionato del mondo di Zurigo è stato uno dei più costosi degli ultimi anni per le federazioni
Le federazioni nazionali, con grande probabilità, saranno costrette a sostenere un costo elevato

Sappiamo che per le nostre federazioni nazionali ha un costo. Tuttavia non siamo al pari di altre federazioni internazionali, come la FIFA nel calcio. Quindi non siamo in grado di sostenere direttamente tutte le federazioni nazionali dal punto di vista finanziario. Quello che possiamo fare è dare un sostegno a tutte le Nazioni che partecipano alla prova del mixed team relay. È una cosa che ho proposto due anni fa e che ora non è più così grande, ma almeno aiuta un po’.

Le varie Nazioni dove possono trovare il sostegno?

E’ difficile, sappiamo che è un tasto dolente per le federazioni nazionali, ma hanno le risorse per farlo o il sostegno anche da parte dei vari governi. Il ciclismo è obbligato ad andare nel mondo, nel 2026 i mondiali saranno a Montreal, per poi tornare in Europa nel 2027. 

Girmay Alcudia 2022
Per Lappartient l’arrivo del ciclismo in Africa è un passo doveroso vista la crescita di questo Continente
Girmay Alcudia 2022
Per Lappartient l’arrivo del ciclismo in Africa è un passo doveroso vista la crescita di questo Continente
Il ciclismo è davvero uno sport così internazionale?

La maggior parte delle Nazioni che prendono parte agli eventi UCI sono localizzate in Europa, così come la maggior parte dei corridori in gruppo. Tuttavia ci sono circa cento Nazioni che partecipano attivamente ai campionati del mondo. Ecco perché dobbiamo essere ovunque. 

Non è però un periodo facile, economicamente. 

Vero, lo si vede anche dai governi che tagliano le spese, è il caso dell’Italia ma anche del mio Paese (la Francia, ndr). Naturalmente di questo risentono anche i budget dello sport. A volte sono fermi, il che è vero. E’ chiaro che questa difficoltà si ripercuote anche sulle sponsorizzazioni private, le quali non stanno crescendo a causa dell’inflazione. 

La richiesta di un salary cup non fa piacere ai team che guidano la classifica UCI e che possono accaparrarsi i corridori più forti
La richiesta di un salary cup non fa piacere ai team che guidano la classifica UCI e che possono accaparrarsi i corridori più forti
Le soluzioni quali possono essere?

Cerchiamo di modellare anche altre organizzazioni. Ad esempio, abbiamo ridotto da sei a tre le tappe di Coppa del mondo su pista, passando a tappe di Coppa delle Nazioni. Questo per ridurre anche i costi per la federazione nazionale. Abbiamo anche lavorato sulla Coppa delle Nazioni juniores e under 23, per avere una maggiore collocazione a livello continentale. Non è facile, come UCI cerchiamo sempre di non aumentare gli obblighi per le nostre federazioni nazionali.

Il salary cup tanto richiesto dalle squadre è attuabile?

Crediamo che questo sia un modo per assicurarsi che non ci siano due o tre squadre in grado di dominare. Per l’interesse del gruppo e dello sport stesso è meglio avere più squadre in grado di vincere come avviene in NBA o nel campionato di rugby. Stiamo quindi lavorando a stretto contatto con l’AIGCP.

Guercilena è stato uno degli ultimi team manager ad affrontare il tema dei costi nel ciclismo
Guercilena è stato uno degli ultimi team manager ad affrontare il tema dei costi nel ciclismo
Si riuscirà a raggiungere un accordo?

Naturalmente ci sono alcune discussioni, ma il direttivo è fortemente sostenuto, non da tutti, perché ovviamente i team di punta non sono sempre completamente d’accordo. Direi che la grande maggioranza delle squadre sostiene l’argomento. Ma è vero che il diavolo si nasconde nei dettagli, quindi stiamo lavorando molto anche su quelli. La prossima settimana faremo una presentazione del progetto al seminario dei team WorldTour.

Ci sono degli obiettivi?

Vorremmo iniziare con il prossimo ciclo triennale, nel 2026. Ma inizieremo lentamente e ci vorranno tre anni per avere l’implementazione completa, visto che ci sono già dei contratti firmati che bisogna rispettare. L’obiettivo non è ridurre il budget, è solo fare in modo che il divario tra i top team e gli altri possa essere più contenuto. 

Callovi, raccontaci la tua nuova vita nella Polizia di Dubai

06.11.2024
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L’avevamo lasciata in uscita sia dall’Esercito sia dal ruolo di vice-cittì di Paolo Sangalli nella nazionale femminile e pronta ad immergersi in una nuova avventura. Un anno fa di questi giorni, tra deserto e grattacieli, Rossella Callovi stava assaggiando ciò che sarebbe diventata la sua attuale vita. Ed ora la troviamo consulente dello Sport Excellent Center del Dipartimento degli Affari Sportivi della Dubai Police.

Un lavoro tosto, intenso e soddisfacente come ci racconta al telefono con entusiasmo la 33enne trentina ex campionessa del mondo juniores su strada, che ora si sta godendo un clima molto più sopportabile per il caldo. Da novembre 2023 ad oggi Callovi ha sviluppato un percorso lavorativo particolare che l’ha portata ad allargare il ventaglio degli sport da monitorare. Compreso il “suo” ciclismo, segue un totale di 28 discipline facenti capo al corpo militare della metropoli degli Emirati Arabi Uniti. Rossella in poco tempo è già diventata un punto di riferimento per tutte le squadre sportive della polizia locale, ma non mancano le occasioni per restare in contatto con l’Italia e con il mondo del pedale. Ecco cosa ci ha detto sulle mansioni del suo ruolo.

Callovi a giugno ha portato il Dubai Police Cycling Team in ritiro a Baselga di Pinè. I test sono stati fatti al CeRiSM di Rovereto
Callovi a giugno ha portato il Dubai Police Cycling Team in ritiro a Baselga di Pinè. I test sono stati fatti al CeRiSM di Rovereto
Rossella partiamo da come sei finita a Dubai?

Risale tutto ad agosto 2023. In quel periodo ero stata contattata dall’ambasciata degli Emirati Arabi Uniti in Italia che avevano in mano il mio profilo e volevano parlare con me. Mi aveva chiamato il Dipartimento Affari Sportivi chiedendomi inizialmente di lavorare per la loro squadra di ciclismo, il Dubai Police Cycling Team. Da quella telefonata abbiamo fatto tre colloqui ravvicinati dove, parlando di altri aspetti, mi hanno proposto di seguire anche gli altri sport.

In quanto tempo hai dovuto decidere?

Avevo ancora un po’ di cose in ballo da sistemare in Italia, così mi hanno proposto un mese di prova proprio a novembre di un anno fa. Mi sarebbe servito per capire di cosa avrei dovuto occuparmi. Nel frattempo, dal report sul ciclismo che mi avevano chiesto di compilare, ne ho fatti altri due in generale sull’accademia militare e sullo stesso dipartimento sportivo. D’altronde qua a Dubai sono ambiziosi e corrono veloci. A me sembrava di essere in una centrifuga di una lavatrice (sorride, ndr). Alla fine di questa prova ho accettato la loro offerta che si è materializzata a gennaio.

E’ uno dei classici treni da prendere al volo?

Diciamo di sì, nel senso che ho l’età e le condizioni giuste per salirci sopra. Sono arrivata a Dubai a marzo, ma nei mesi prima con quelli che sono adesso i miei capi c’è stato subito un buon feeling, anche perché hanno gradito il mio riscontro sincero sul loro dipartimento sportivo. E’ stato un bel confronto. Ad oggi ho un contratto annuale che si rinnova in automatico se una delle due parti non chiede di svincolarsi per validi motivi. E’ la forma contrattuale più alta che c’è qua per gli stranieri e loro la reputano a tempo indeterminato. Devo dirvi che è dura perché sono arrivata in un momento di forte ristrutturazione interna del Dipartimento Sportivo della Polizia, ma sono davvero contenta.

Quali sono stati i tuoi primi compiti?

Come anticipavo prima, ho iniziato subito con l’acceleratore a mille. Appena mi sono insediata, ho dovuto creare una banca dati dei 28 sport della Dubai Police. Ho raccolto tutte le informazioni delle relative squadre, tra atleti, staff, calendari non definiti e altri strumenti per monitorarle. Ho fatto 28 incontri con i rispettivi dirigenti delle squadre per sistemare tutto. E’ stato una sfacchinata incredibile che ho portato a termine in un mese. Con tutte queste informazioni ho fatto la reale fotografia dello stato attuale dello sport a Dubai e di conseguenza anche delle varie federazioni degli Emirati. Poi ho fatto anche altro.

Racconta pure.

In questa ristrutturazione del Dipartimento degli Affari Sportivi della Polizia di Dubai c’era anche un “progetto talenti” che non esisteva. Per questo era stato commissionato a tre multinazionali esterne di studiare una strategia sportiva per una nuova riforma delle squadre della polizia. Parallelamente il direttore dello Sport Excellent Center, il colonnello Abdulbasit Ali, aveva chiesto di fare altrettanto a me, come eventuale “piano B” (in apertura assieme ad Abdullah Khalifa Al Marri, comandante della Dubai Police). Le voleva pronte per giugno. Anche in questo caso abbiamo fatto tutti un grande studio e alla fine il capo ha approvato la mia strategia. Mi hanno fatto un enorme piacere naturalmente.

Callovi adesso è la consulente dello Sport Excellent Center del Dipartimento della Dubai Police. Segue 28 squadre di altrettanti sport
Callovi adesso è la consulente dello Sport Excellent Center del Dipartimento della Dubai Police. Segue 28 squadre di altrettanti sport
Ora di cosa ti occupi?

Adesso seguo la parte più agonistica e competitiva delle 28 squadre sportive della Dubai Police. Si va dal management per avere una struttura organizzativa sostenibile fino agli aspetti legali in cui rivediamo i codici disciplinari e comportamentali di ogni atleta. Curiamo anche il marketing e lo sviluppo accademico e dei giovani. In ogni sport abbiamo applicato una propria regolamentazione. La nostra intenzione è quella di trovare un equilibrio tra sport e lavoro.

Hai avuto difficoltà nello sviluppo di questo progetto?

No, non particolarmente. Molti mi conoscono solo per il mio trascorso ciclistico, ma in Italia avevo fatto tante esperienze diverse. Mi ero laureata a Verona con la tesi sulla doppia carriera di alto livello tra sport e studio, poi avevo fatto un master in management con più competenze in altri sport. Grazie ad una borsa di studio vinta, avevo fatto tre mesi in Inghilterra lavorando per un ente governativo (il Tass, ndr) che si occupava di gestire il sistema di supporto e servizi che ruota attorno agli atleti di alto livello. Devo dire però che aver lavorato accanto a Broccardo, Salvoldi e Sangalli mi ha aiutato tanto. Ognuno di loro mi ha trasmesso molto relativamente alle parti prestative e gestionali di un atleta. Ma anche altre persone sono state preziose per ciò che sto facendo adesso.

Chi sono?

Penso a Maurizio Evangelista (il direttore del Tour of the Alps, ndr) che mi ha insegnato ad organizzare gli eventi. Penso alla professoressa Francesca Vitali, psicologa dello sport e molto attiva nella doppia carriera. E penso anche al professor Federico Schena, vicerettore dell’università di Verona che è anche a capo del CeRiSM (il Centro di Ricerca Sport Montagna e Salute, ndr), con cui collaboravo prima. Lui l’ho rivisto questa estate perché, durante il ritiro a Baselga di Pinè della nostra squadra di ciclismo, ho portato alcuni atleti nel centro di Rovereto a fare dei test incrementali. E’ stato il mio secondo rientro in Italia dopo quello per il congedo dall’Esercito.

Anche se la sede dei team della UAE Emirates sono ad Abu Dhabi, quanto incidono le imprese di Pogacar nel territorio di Dubai?

Il ciclismo è senza dubbio uno degli sport emergenti. Qua vogliono l’eccellenza e le gare della UAE sono molto seguite, così come i corridori sono presi come modelli. Con l’arrivo di Longo Borghini, anche la formazione femminile ha fatto un grandissimo salto in avanti rispetto a prima. Però a Dubai e dintorni vogliono crescere anche con gli eventi ciclistici sia in quantità che in qualità. Basti pensare che nel 2028 ad Abu Dhabi ci saranno i mondiali su strada, mentre nel 2029 quelli in pista. E i lavori della costruzione del nuovo velodromo sono già iniziati.

Quanto manca il solo ciclismo a Rossella Callovi?

Al momento devo dirvi che non ho molto tempo per pensarci troppo con tutto il lavoro che c’è (risponde divertita, ndr). Tuttavia resto aggiornata e sono sempre in contatto con quel mondo, specie per le vacanze di fine stagione. Qualche settimana fa ho conosciuto Lorena Wiebes durante una cena col mio capo ed altre persone. Mentre è venuta qua in vacanza Letizia Paternoster. Sono stato stata felice, le ho fatto da guida uscendo prima dal lavoro. Abbiamo passato un po’ di tempo assieme tra safari, escursioni e giri al mercato. Per il resto qua vogliamo perseguire il nostro obiettivo di promuovere lo sport tra i dipendenti della polizia per portarli agli eventi internazionali.

Rastelli cambia vita: «Il ciclismo era diventato uno stress»

31.01.2024
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L’annuncio dell’addio al ciclismo di Luca Rastelli è stata affidata ad un post su Instagram. Qualche riga di testo, tanti pensieri e una foto in bianco e nero, a racchiudere una pagina della sua vita. Ora per Rastelli inizia un altro capitolo, fatto di normalità: un lavoro, una casa e delle nuove dinamiche da instaurare. 

L’annuncio del ritiro è arrivato tramite un post su Instagram: era il 26 gennaio
L’annuncio del ritiro è arrivato tramite un post su Instagram: era il 26 gennaio

Pagina bianca

Ventiquattro anni però non si racchiudono in un post su un social, meritano almeno un approfondimento. Serve scavare, chiedere, capire prima l’uomo del ciclista e raccontare una storia che può essere d’insegnamento. Perché si impara tanto anche da chi è capace di dire “basta”. 

«Va tutto bene – racconta Rastelli al telefono – ho iniziato a lavorare, faccio il metalmeccanico in un’azienda tra il Veneto e il Friuli. E’ abbastanza vicina a casa, sono nato a Cremona, ma da un paio d’anni vivo a Fontanafredda dalla mia fidanzata. Sono stato fortunato perché ho trovato subito un impiego. Sulla decisione di smettere ci ho riflettuto bene a metà gennaio, poi ho fatto l’annuncio su Instagram».

Rastelli strada 2022
Rastelli, classe 1999, è passato professionista con la Bardiani nel 2022
Rastelli strada 2022
Rastelli, classe 1999, è passato professionista con la Bardiani nel 2022
Eppure eri partito per fare il 2024 con la Work Service…

Avevo parlato con la squadra della mia situazione. Era da tempo che avevo perso la motivazione, ma abbiamo provato a fare la preparazione invernale e vedere poi come mi sentivo. Volevo provare a ritrovare quel Luca Rastelli che ero da under 23 e al mio primo anno con la Bardiani. 

Anche con la Work non hai ritrovato la motivazione?

Ho provato, ma mi pesava allenarmi, mi pesava fare la vita da professionista. Sapevo di non fare le cose al 100 per cento, come andrebbero fatte. Quindi ho deciso di smettere, senza aspettare le corse. Può sembrare una decisione affrettata.

Ai mondiali juniores di Bergen è arrivato secondo, terzo Gazzoli (a destra in foto)
Ai mondiali juniores di Bergen è arrivato secondo, terzo Gazzoli (a destra in foto)
In effetti…

Ma ho voluto essere sincero prima con la squadra e poi con me stesso. Era inutile attaccare il numero sulla schiena, già durante la preparazione avevo capito di non essere in condizione. 

Lasci dopo due stagioni da professionista.

Vero, sono passato in Bardiani nel 2022 e mi sono trovato subito bene. Ho messo insieme tante esperienze e la prima presenza al Giro d’Italia. A fine stagione ho avuto qualche problemino, ma era stata un’annata positiva. 

Per Rastelli anche una partecipazione al Giro d’Italia, nel 2022
Per Rastelli anche una partecipazione al Giro d’Italia, nel 2022
Poi è arrivato il 2023…

Ho iniziato la stagione con qualche problematica, sia personale sia con la squadra. Avevo un dolore al ginocchio che mi ha dato qualche pensiero, poi non c’è più stato comune accordo con il team. 

Cos’è successo?

C’era stata qualche discussione sulla preparazione, non ci si trovava più con le stesse idee. Avevamo approcci differenti tra i vari preparatori e questo ha portato a continui confronti con la squadra

Nel 2023 il team ha preso una serie di allenatori nuovi, tu avevi mantenuto il tuo esterno?

Reverberi a fine 2022 ha preso la squadra di preparatori dal team Drone Hopper che aveva chiuso. Io avevo una persona esterna che mi seguiva, come nel 2022. Solo che i pensieri sui metodi di allenamento erano differenti. Non è stato questo a farmi smettere, non sto dicendo che è colpa del team. 

La sua ultima gara da pro’ è stato il Giro di Slovacchia a settembre 2023
La sua ultima gara da pro’ è stato il Giro di Slovacchia a settembre 2023
Allora cosa ti ha fatto smettere?

Quella passata è stata una stagione di alti e bassi. In certi momenti stavo bene e poi non andava nulla come previsto. Ho corso poco e ho perso la voglia, il motivo del ritiro è proprio questo: perdita di motivazione. Non vedevo nel ciclismo degli obiettivi futuri, ma solo un conto alla rovescia, qualcosa che prima o poi sarebbe finito comunque. L’unica cosa che provavo era vivere il ciclismo solo come stress. 

Come stai ora? In che modo vedi la tua vita futura?

Sono sereno, della mia carriera porterò bei ricordi. D’ora in poi vedrò la bici in altra maniera, come un cicloamatore. Può sembrare strano, ma mi sento più felice rispetto a come stavo quando ero ciclista, ora sono più contento.

EDITORIALE / Il Giro, la FCI e il ciclismo da spolpare

23.10.2023
6 min
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Un osso da spolpare. Volete un’immagine del ciclismo italiano? Questa è quella che ci sentiamo di consegnarvi, andando oltre certe analisi. Dalla lontana Cina, sfogliando giornali e siti, proprio nel bel mezzo del calcioscommesse 3.0, ci siamo imbattuti in un bilancio molto duro e obiettivo da parte della Gazzetta dello Sport sullo stato di salute del ciclismo italiano. Lo ha firmato Davide Romani, spaziando su vari temi, dalla nazionale al Giro d’Italia.

«Sempre più giù – si leggeva – la moneta di colore azzurro continua a precipitare nel pozzo del ciclismo mondiale, ma ancora non si vede il fondo. La fotografia del movimento italiano al termine del 2023 è un’immagine sfocata».

A seguire, l’analisi corretta dei vari ranking UCI, il fatto che correremo alle Olimpiadi con soli tre atleti (come nel 1992) e i numeri in ribasso dei professionisti italiani nel gruppo del WorldTour. Oltre, ovviamente, alla considerazione che l’ultima squadra azzurra nella massima categoria fu nel 2016 la Lampre di patron Galbusera.

Non è semplice per Bennati scegliere gli azzurri se la loro attività non è qualificata come un tempo
Non è semplice per Bennati scegliere gli azzurri se la loro attività non è qualificata come un tempo

Gli interessi di chi?

L’indomani, ancora sulla Gazzetta e sempre con la stessa firma, l’intervista a Sonny Colbrelli su come sia cambiato il meccanismo di accesso al professionismo e sulle sue paure di genitore nel mettere in bici i figli, visti i pericoli delle strade e l’assenza di ciclabili e piste riservate.

Il concetto è stato poi ripreso da Cristiano Gatti su Tuttobiciweb nella sua rubrica Gatti e Misfatti, parlando della paura dei genitori, delle poche corse giovanili, dell’annullamento della Adriatica Ionica Race alla vigilia della partenza, dei talenti nostrani che migrano nei devo team stranieri e del Giro che «deve elevare suppliche perché le grandi squadre mandino almeno una formazione B. L’Italia che vede il suo sport storicamente più popolare trasformarsi negli anni in un agonizzante sport residuale…».

L’episodio legato alla corsa di Argentin rimane una pagina torbida, in cui sono stati coinvolti anche attori che avrebbero potuto benissimo restarne fuori. L’Accpi, ad esempio. Dicono che lo scorso anno i premi sono stati percepiti dai corridori dopo 5 mesi. Quest’anno non lo saranno affatto, avendo dato il proprio assenso alla cancellazione della corsa. Si è fatto l’interesse dei corridori o si è preferito schierarsi con il palazzo? E’ questo il ruolo del sindacato?

La cancellazione della Adriatica Ionica Race è stata una delle pagine più brutte e poco chiare degli ultimi anni
La cancellazione della Adriatica Ionica Race è stata una delle pagine più brutte e poco chiare degli ultimi anni

Il ruolo del Giro

Il quadro è desolante, ma verrebbe da chiedersi quali siano le ragioni del degrado. Chi ha spolpato il ciclismo? E grazie a chi? Prima di parlare della FCI, qual è il ruolo del Giro d’Italia in questo gioco? RCS Sport è capace di fare promozione oppure fa semplicemente il proprio utile? La sua presenza sul territorio genera interesse oppure si limita al montaggio e lo smontaggio dei palchi nel giorno della gara?

Le squadre italiane non sono mai cresciute, fra l’altro, perché non hanno avuto la certezza del calendario. Ogni anno e per anni abbiamo assistito allo stillicidio delle Wild Card, con una rotazione… democristiana che ha impedito di avere la minima programmazione, utile per incentivare gli investimenti da parte degli sponsor. Non è per caso che le squadre preferiscano il Tour: ne hanno beneficio a molti livelli. Il fatto di dover pagare per avere un grosso nome al via del Giro è una disarmante ammissione.

Il Tour 2024 partirà da Firenze: l’investimento sarà ripagato. Qui Prudhomme con Cassani e il sindaco Nardella
Il Tour 2024 partirà da Firenze: l’investimento sarà ripagato. Qui Prudhomme con Cassani e il sindaco Nardella

Il ruolo del Tour

ASO, la società che organizza il Tour, la Vuelta, la Roubaix, le classiche Ardennesi e un totale di 20 prove di altissimo livello, iniziò sin dal 2000 una campagna ben precisa in sostegno di due squadre francesi che per varie vicende erano rimaste fuori dal ProTour, prima che questo diventasse WorldTour. Indipendentemente dallo status o dai risultati, la Cofidis e il Team Total Energies hanno ricevuto sempre l’invito per il Tour e le classiche. I due sponsor hanno così ottenuto un buon ritorno dal loro investimento, sapendo che ogni anno i loro team avrebbero girato la Francia portando il marchio ai francesi e al mondo. L’incentivo ad investire di più è stato una conseguenza.

Non basta. Certi sponsor sono arrivati alle squadre su indicazione della stessa ASO, che ha proposto loro di distrarre una parte della sponsorizzazione destinata al Tour de France a vantaggio degli stessi team che grazie al Tour sarebbero diventati grandi.

Il Giro d’Italia ha mai suggerito a un suo sponsor di entrare a sostegno di un gruppo sportivo? Quel che si nota è semmai la sponsorizzazione da parte del team a vantaggio delle corse RCS, per avere un barlume di possibilità di prendervi parte. Mentre la Drone Hopper-Androni stava chiudendo i battenti, gli striscioni pubblicitari che portavano il suo nome erano ancora sulla cartellonistica del Giro. Non li avranno pagati, ma era previsto che lo facessero. Lo stesso dicasi per Eolo, che per anni è stato il title sponsor delle corse Gazzetta, spendendo quello che magari gli avrebbe permesso di ingaggiare qualche buon corridore.

La Total Energies, come la Cofidis, ha sempre partecipato al Tour, e le corse ASO pur non essendo nel WorldTour
La Total Energies, come la Cofidis, ha sempre partecipato al Tour, e le corse ASO pur non essendo nel WorldTour

Il ruolo della FCI

E la Federazione cosa fa? In che modo ha tutelato e sta tutelando il ciclismo italiano? Esiste negli uffici dello Stadio Olimpico una visione che porti in futuro a una nuova primavera?

Quel che si nota è da un lato un notevole appoggio da parte del Coni che ha permesso di superare parecchi ostacoli, dall’altro un certo appiattimento sulle posizioni di RCS Sport, cui sono stati affidati il Giro d’Italia U23 e quello delle donne, con il famoso bando che tagliò fuori gli altri organizzatori.

L’investimento sulle nazionali è astuto e probabilmente darà anche buoni frutti. Si prende il meglio e si cerca di trarne il meglio in termini di risultati. Se però non si fa nulla per alimentare il bacino, alla fine non ci sarà più acqua da pompare nel campo ed è quello che in parte sta già accadendo.

Amadio ha portato tutto quel che ha imparato in anni di gestione di grandi squadre, ma forse non è questo lo scopo di una Federazione, che dovrebbe spingere maggiormente la base a ritrovare solidità e credibilità. Il ciclismo italiano è in balia dei soldi altrui. E neanche si può impedire a un corridore di cercare fortuna all’estero, se la controproposta è un calendario asfittico popolato dalle squadre che sono rimaste. In Francia, la Federazione gestisce la Coupe de France, in cui vengono coinvolti professionisti e under 23 dei team continental. Avete fatto caso che nei Devo Team delle squadre del Belgio e d’Olanda è molto raro trovare un giovane francese? E’ così difficile immaginare un calendario formato dalle classiche internazionali per U23 e le altre corse professionistiche rimaste fuori dal WorldTour? E’ un tema che si è mai affrontato al tavolo della Lega commissariata?

Agli europei di Drenthe, il presidente Dagnoni con le tre azzurre del Mixed Team Relay juniores
Agli europei di Drenthe, il presidente Dagnoni con le tre azzurre del Mixed Team Relay juniores

La base spaccata

Quel che si nota è che, avendo lasciato ai Comitati regionali la possibilità di organizzarsi come meglio credono, non ci sono situazioni omogenee a tutto svantaggio della crescita del movimento. Esiste una prospettiva per il ciclismo italiano? La nascita del grande campione non dipende dalle strutture, la natura fa da sé, ma siamo certi di non averne persi perché anziché dedicarsi al ciclismo hanno preferito altri sport? Se la sola stella polare resta il profitto, non illudiamoci troppo. Intendiamoci: è legittimo che società private agiscano per fare soldi. La possibilità di fare promozione andrebbe nel senso di tenere alimentata la fiamma sotto il proprio investimento. Non raccontiamoci storie, insomma, certe cose non accadono per caso.

La tecnologia MagneticDays strizza l’occhio alla Coppa America

25.09.2023
3 min
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Non rappresenta una novità rilevare che le specifiche caratteristiche tecniche del trainer JARVIS, unitamente alle possibilità di analisi che il sistema MagneticDays è in grado di offrire all’utente, vengano frequentemente utilizzate come strumenti per la ricerca e la sperimentazione da parte di importanti Università Italiane. Quello che sin dalle sue prime versioni non è mai stato considerato quale un semplice “rullo” per affinare i propri allenamenti in bicicletta, è stato difatti nuovamente scelto ed individuato quale strumento di analisi a supporto della ricerca scientifica applicata al movimento e alla fisiologia umana. Nello specifico, lo studio più recente è stato pubblicato lo scorso agosto sulla piattaforma Frontiers. Il titolo era:Ventilation and perceived exertion are sensitive to changes in exercise tolerance: arm+leg cycling vs. leg cycling.

Il progetto è stato condotto da un gruppo di ricerca, che ha coinvolto attivamente due dipartimenti. Quello di Scienze del Movimento, dell’Uomo e della Salute dell’Università degli Studi di Roma “Foro Italico”. Il secondo è stato il Division of Respiratory and Critical Care Physiology and Medicine dell’Istituto Lundquist per l’Innovazione Biomedical che fa parte del Centro Medico americano Harbor-UCLA con sede a Torrance, in California.

Un rendering della strumentazione ideata da MagneticDays per i test
Un rendering della strumentazione ideata da MagneticDays per i test

Due Università coinvolte

Lo studio proviene da un ambito sportivo ben lontano da quello del ciclismo, ovvero dalla vela. Non a caso il promotore e finanziatore di questa ricerca è stata la divisione Italiana di Harken. Azienda internazionale specializzata nella produzione di hardware per la vela ad alte prestazioni i cui prodotti sono un vero e proprio “must” in eventi di livello mondiale quali la Coppa America, l’Ocean Race, le Olimpiadi e il mondiale Maxi. Nel 2017, il Team New Zealand presentò per la prima volta un’innovazione all’interno del proprio equipaggio, i cosiddetti “grinder-ciclisti”. Questi sfruttavano la forza delle gambe, invece di quella delle braccia, per alimentare i sistemi idraulici di bordo, generando così una potenza decisamente superiore. Anche grazie a questo accorgimento, il team velico neozelandese ottenne una vittoria netta in quell’edizione della Coppa America.

Proprio da quello specifico avvenimento è notevolmente aumentato l’interesse verso il ciclismo e l’utilizzo del movimento delle gambe al posto di quello degli arti superiori. Per questo Harken ha promosso una ricerca approfondita per lo sfruttamento combinato dei due movimenti. Lo studio della componente fisiologica dal 2017 è stato il centro di molti studi portati avanti dai Team principali di Coppa America e dalle grandi aziende coinvolte nel mondo della vela professionistica con l’obiettivo di sfruttarne tutti i vantaggi per elaborare strategie sempre più competitive.

Alessandro Vanotti, ambassador MD, con Marco Sbragi che di MagneticDays è il CEO
Alessandro Vanotti, ambassador MD, con Marco Sbragi che di MagneticDays è il CEO

Un test con due JARVIS indipendenti

L’utilizzo della tecnologia MagneticDays ha ricoperto un ruolo fondamentale nella valutazione dei parametri fisiologici oggetto di questo complesso studio. La finalità era quella di verificare l’effettiva condizione della frequenza respiratoria (fR) quale marcatore dello sforzo fisico, e variabile sensibile alle modificazioni della tolleranza all’esercizio. Per lo studio sono state utilizzate due tipologie di attività: un esercizio simultaneo gambe e braccia (Arm+Leg) come quello dei “grinder-ciclisti”, e uno con coinvolte solamente le gambe (Leg). La ricerca ha coinvolto un campione di dodici uomini sottoposti a sei test di valutazione ciascuno nel corso dei quali sono state registrate durante l’esecuzione la tolleranza all’esercizio, lo sforzo percepito e le variabili cardio respiratorie. 

Tutti i test sono stati eseguiti utilizzando la tecnologia offerta dal JARVIS applicata ad un ergometro multimodale. Si tratta di uno strumento realizzato ad hoc da MagneticDays in grado di combinare il movimento delle gambe a quello delle braccia. La gestione dei due JARVIS è indipendente l’una dall’altra. In modo da consentire la registrazione e la misurazione della potenza erogata dai due diversi movimenti in modo separato.

MagneticDays

Linea Corefusion: all-in su performance e tecnica

19.08.2023
3 min
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X-Bionic, azienda svizzera che lavora nel campo dell’abbigliamento tecnico sportivo, presenta la sua nuova collezione: la Corefusion. Un incontro tra i tessuti tecnici e performanti, tipici dei capi da ciclismo e la tecnologia della termoregolazione. Quest’ultima ha contribuito a rendere X-Bionic un punto di riferimento dell’abbigliamento sportivo. La collezione sarà disponibile dal 2024, ma per un numero di fortunati è possibile acquistare la collezione in anteprima durante il mese di agosto

La maglia endurance è più comoda e confortevole, realizzata sempre con tecnologia ThermoSyphon
La maglia endurance è più comoda e confortevole, realizzata sempre con tecnologia ThermoSyphon

Le maglie

Il ciclismo è uno sport che nei capi di abbigliamento, e non solo, è in continua evoluzione. Si cercano sempre più la perfezione ed il comfort e lo sviluppo continua a crescere a dismisura. X-Bionic, nella collezione Corefusion, unisce la necessità di termoregolazione ai migliori tessuti in lycra. Un binomio che garantisce comodità e prestazioni al top

La scelta di X-Bionic è composta da due maglie differenti, caratterizzate entrambe dal sistema proprietario 3D Bionic Sphere. A questo si abbina la tecnologia ThermoSyphon nella zona della schiena. L’innesto di questo tessuto tridimensionale agevola il trasporto e l’eliminazione del sudore durante l’attività sportiva. Protegge inoltre dal freddo nelle fasi di riposo. Questa tecnologia, la ThermoSyphon, è applicata sulla schiena tra le due scapole, il punto del corpo che ha maggior bisogno di dissipare il calore. 

La maglia maggiormente votata alla tecnica e alla performance è l’Aerojersey, una capo con vestibilità estremamente aderente, realizzata con una stampa che rappresenta la mappa termica del corpo. Un modo per dissipare al meglio il calore anche nelle giornate più calde e impegnative. Come detto X-Bionix cura particolarmente la dispersione del calore. 

Per chi cerca un capo più morbido è stata pensata la Merino Jersey, in lana merino di alta qualità e disponibile in due colorazioni.

I pantaloncini

Le novità presentate da X-Bionic non finiscono di certo qui, arrivano anche i pantaloncini da ciclismo. Innovativi grazie al fondello a quattro intensità, foderato e imbottito di schiuma, adatto alle pedalate su lunghe distanze. 

Questo modello presenta due versioni di bretelle: da uomo e da donna, entrambe realizzate con il sistema brevettato 3D Bionic Sphere.

X-Bionic

Pedranzini: la Valtellina e i pro’ come motore del turismo

20.07.2023
4 min
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BORMIO – La cornice all’evento di presentazione del team Eolo-Kometa è stata la piazza Kuerc di Bormio. I corridori del team professional, guidato da Ivan Basso e dal suo staff, si sono goduti l’abbraccio della comunità di Bormio. Tra le varie autorità e appassionati presenti, c’era anche Giacomo Pedranzini, proprietario dell’azienda Kometa (nella foto di apertura davanti all’azienda di famiglia insieme ai corridore della Eolo-Kometa). Sponsor che dà il secondo nome alla professional

«Il progetto della Eolo-Kometa – ci dice in prima battuta – che a me piace chiamare “la squadra di Basso e Contador”, è nato sette anni fa. Aveva un obiettivo chiaro, per me e la mia famiglia, che ha deciso di aderire a questa iniziativa. Ovvero quello di consumare del cibo sano, promuovendo attraverso lo sport l’assunzione di uno stile di vita attivo». 

Terra eroica

La scelta di allenarsi in questo contesto non è casuale, la Valtellina è da anni teatro di grandi sfide a colpi di pedale. Da Bormio parte la salita al Passo dello Stelvio, il valico automobilistico più alto d’Italia ed il secondo in Europa. Non lontano da qui si nascondono le pendenze del Passo Gavia e del Mortirolo. Insomma, in Valtellina il ciclismo è di casa. 

«La Valtellina è, prima di tutto – continua Pedranzini – terra di agricoltura eroica e poi di ciclismo altrettanto eroico. I vigneti che si affacciano sulla strada che attraversa la valle sono la testimonianza della fatica e della passione che gli agricoltori hanno verso questo territorio. Negli ultimi 20 anni il turismo legato al ciclismo è cresciuto a dismisura, arrivando ad eguagliare quello dello sci. Questo fatto, per la Valtellina, è un risultato eccezionale, offrire un turismo sano e rispettoso dell’ambiente e delle attività economiche della valle è un grande traguardo».

Il motore del professionismo

Una grande spinta è arrivata dallo sport agonistico, le battaglie che hanno caratterizzato queste salite hanno portato tanti appassionati su queste strade. Una volta ammirate le bellezze naturalistiche gli appassionati non hanno potuto far altro che ripercorrere a loro volta queste strade. 

«Siamo partiti da una squadra continental – riprende – poi fortunatamente siamo arrivati al modello professional, partecipando agli ultimi tre Giri d’Italia. Alla corsa rosa abbiamo anche collezionato due splendide vittorie in tappe iconiche. Speriamo di contribuire ad un ulteriore rilancio del ciclismo in Italia. La bicicletta era la cultura del nostro Paese, che dominava nel ciclismo internazionale. Portare una squadra professionistica su queste strade in ritiro vuol dire farle vivere anche al di fuori del contesto agonistico, che dura solo un giorno. La cultura e la passione per lo sport devono abbracciare questa terra tutto l’anno».

L’esempio Ungheria

Il Giro d’Italia nel 2022 è partito dall’Ungheria, una terra ed una popolazione che hanno calorosamente abbracciato il ciclismo e la corsa rosa. L’azienda della famiglia Pedranzini, Kometa appunto, nasce in questa valle ed ha anche uno stabilimento in Ungheria. Giacomo Pedranzini vive quel territorio, cosa ha lasciato il ciclismo da quelle parti un anno dopo?

 «Ha lasciato – conclude – un Giro di Ungheria con strade affollate e con tanto entusiasmo di contorno. Il risultato più bello, che ha dato il maggior riscontro, è che gli ungheresi sono stati contentissimi dell’evento. La stessa organizzazione ha detto che quella è stata una delle migliori partenze dall’estero del Giro. Questo deve fare il ciclismo professionistico, essere un motore di crescita per lo sport a tutti i livelli».

Shokz OpenRun PRO: gli auricolari a conduzione ossea

24.06.2023
3 min
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Shokz, azienda di riferimento per auricolari e cuffie ad uso sportivo, presenta le sue cuffie a conduzione ossea. Una tecnologia che permette di sentire attraverso il design “open ear”, che lascia libero il condotto uditivo. In questo modo si può ascoltare musica ed allo stesso tempo percepire l’ambiente circostante, cosa fondamentale nel ciclismo. 

Le cuffie a conduzione ossea permettono di allenarsi in piena sicurezza
Le cuffie a conduzione ossea permettono di allenarsi in piena sicurezza

Innovativi

La tecnologia ed i brevetti di Shokz sono estremamente innovativi, i loro prodotti sono caratterizzati da un’ottima impermeabilità. Fattore determinante quando si tratta di essere utilizzati in eventi all’aria aperta. Uno su tutti è l’IronMan, della quale Shokz è stata sponsor. Gli auricolari a conduzione ossea sono lo strumento perfetto per chi vuole allenarsi in sicurezza. Ma lo diventano anche in altri ambiti della vita di tutti i giorni, come a casa o in ufficio. Permettono di sentire i rumori circostanti e al tempo stesso di concentrarsi a ritmo di musica grazie al design “open-ear”. 

Questo prodotto di Shokz sfrutta la conduzione ossea, un processo uditivo naturale del nostro corpo
Questo prodotto di Shokz sfrutta la conduzione ossea, un processo uditivo naturale del nostro corpo

Conduzione ossea

Questo sistema utilizzato da Shokz per creare le sue cuffie è lo stesso che utilizziamo naturalmente quando beviamo o mangiamo e anche mentre parliamo. La conduzione ossea è il motivo per il quale percepiamo in maniera differente la nostra voce rispetto alla realtà. Tendiamo a percepire la nostra voce più bassa e intensa perché il cranio trasmette basse frequenze meglio dell’aria. 

Shokz sfrutta la conduzione ossea naturale integrando nei propri auricolari wireless dei trasduttori elettromeccanici, che convertono i suoni in vibrazioni da trasmettere direttamente all’interno dell’orecchio, attraverso le ossa del cranio, bypassando quindi il timpano.

La batteria arriva fino a dieci ore di autonomia
La batteria arriva fino a dieci ore di autonomia

OpenRun PRO

Sono proprio queste le cuffie bluetooth che utilizzano la tecnologia brevettata di Shokz. Un sistema di conduzione ossea di nona generazione e del design “open ear” che non blocca i canali uditivi. L’autonomia arriva fino a dieci ore, in modo da poter essere sfruttati durante tutti gli allenamenti.

Shokz