Rastelli cambia vita: «Il ciclismo era diventato uno stress»

31.01.2024
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L’annuncio dell’addio al ciclismo di Luca Rastelli è stata affidata ad un post su Instagram. Qualche riga di testo, tanti pensieri e una foto in bianco e nero, a racchiudere una pagina della sua vita. Ora per Rastelli inizia un altro capitolo, fatto di normalità: un lavoro, una casa e delle nuove dinamiche da instaurare. 

L’annuncio del ritiro è arrivato tramite un post su Instagram: era il 26 gennaio
L’annuncio del ritiro è arrivato tramite un post su Instagram: era il 26 gennaio

Pagina bianca

Ventiquattro anni però non si racchiudono in un post su un social, meritano almeno un approfondimento. Serve scavare, chiedere, capire prima l’uomo del ciclista e raccontare una storia che può essere d’insegnamento. Perché si impara tanto anche da chi è capace di dire “basta”. 

«Va tutto bene – racconta Rastelli al telefono – ho iniziato a lavorare, faccio il metalmeccanico in un’azienda tra il Veneto e il Friuli. E’ abbastanza vicina a casa, sono nato a Cremona, ma da un paio d’anni vivo a Fontanafredda dalla mia fidanzata. Sono stato fortunato perché ho trovato subito un impiego. Sulla decisione di smettere ci ho riflettuto bene a metà gennaio, poi ho fatto l’annuncio su Instagram».

Rastelli strada 2022
Rastelli, classe 1999, è passato professionista con la Bardiani nel 2022
Rastelli strada 2022
Rastelli, classe 1999, è passato professionista con la Bardiani nel 2022
Eppure eri partito per fare il 2024 con la Work Service…

Avevo parlato con la squadra della mia situazione. Era da tempo che avevo perso la motivazione, ma abbiamo provato a fare la preparazione invernale e vedere poi come mi sentivo. Volevo provare a ritrovare quel Luca Rastelli che ero da under 23 e al mio primo anno con la Bardiani. 

Anche con la Work non hai ritrovato la motivazione?

Ho provato, ma mi pesava allenarmi, mi pesava fare la vita da professionista. Sapevo di non fare le cose al 100 per cento, come andrebbero fatte. Quindi ho deciso di smettere, senza aspettare le corse. Può sembrare una decisione affrettata.

Ai mondiali juniores di Bergen è arrivato secondo, terzo Gazzoli (a destra in foto)
Ai mondiali juniores di Bergen è arrivato secondo, terzo Gazzoli (a destra in foto)
In effetti…

Ma ho voluto essere sincero prima con la squadra e poi con me stesso. Era inutile attaccare il numero sulla schiena, già durante la preparazione avevo capito di non essere in condizione. 

Lasci dopo due stagioni da professionista.

Vero, sono passato in Bardiani nel 2022 e mi sono trovato subito bene. Ho messo insieme tante esperienze e la prima presenza al Giro d’Italia. A fine stagione ho avuto qualche problemino, ma era stata un’annata positiva. 

Per Rastelli anche una partecipazione al Giro d’Italia, nel 2022
Per Rastelli anche una partecipazione al Giro d’Italia, nel 2022
Poi è arrivato il 2023…

Ho iniziato la stagione con qualche problematica, sia personale sia con la squadra. Avevo un dolore al ginocchio che mi ha dato qualche pensiero, poi non c’è più stato comune accordo con il team. 

Cos’è successo?

C’era stata qualche discussione sulla preparazione, non ci si trovava più con le stesse idee. Avevamo approcci differenti tra i vari preparatori e questo ha portato a continui confronti con la squadra

Nel 2023 il team ha preso una serie di allenatori nuovi, tu avevi mantenuto il tuo esterno?

Reverberi a fine 2022 ha preso la squadra di preparatori dal team Drone Hopper che aveva chiuso. Io avevo una persona esterna che mi seguiva, come nel 2022. Solo che i pensieri sui metodi di allenamento erano differenti. Non è stato questo a farmi smettere, non sto dicendo che è colpa del team. 

La sua ultima gara da pro’ è stato il Giro di Slovacchia a settembre 2023
La sua ultima gara da pro’ è stato il Giro di Slovacchia a settembre 2023
Allora cosa ti ha fatto smettere?

Quella passata è stata una stagione di alti e bassi. In certi momenti stavo bene e poi non andava nulla come previsto. Ho corso poco e ho perso la voglia, il motivo del ritiro è proprio questo: perdita di motivazione. Non vedevo nel ciclismo degli obiettivi futuri, ma solo un conto alla rovescia, qualcosa che prima o poi sarebbe finito comunque. L’unica cosa che provavo era vivere il ciclismo solo come stress. 

Come stai ora? In che modo vedi la tua vita futura?

Sono sereno, della mia carriera porterò bei ricordi. D’ora in poi vedrò la bici in altra maniera, come un cicloamatore. Può sembrare strano, ma mi sento più felice rispetto a come stavo quando ero ciclista, ora sono più contento.

EDITORIALE / Il Giro, la FCI e il ciclismo da spolpare

23.10.2023
6 min
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Un osso da spolpare. Volete un’immagine del ciclismo italiano? Questa è quella che ci sentiamo di consegnarvi, andando oltre certe analisi. Dalla lontana Cina, sfogliando giornali e siti, proprio nel bel mezzo del calcioscommesse 3.0, ci siamo imbattuti in un bilancio molto duro e obiettivo da parte della Gazzetta dello Sport sullo stato di salute del ciclismo italiano. Lo ha firmato Davide Romani, spaziando su vari temi, dalla nazionale al Giro d’Italia.

«Sempre più giù – si leggeva – la moneta di colore azzurro continua a precipitare nel pozzo del ciclismo mondiale, ma ancora non si vede il fondo. La fotografia del movimento italiano al termine del 2023 è un’immagine sfocata».

A seguire, l’analisi corretta dei vari ranking UCI, il fatto che correremo alle Olimpiadi con soli tre atleti (come nel 1992) e i numeri in ribasso dei professionisti italiani nel gruppo del WorldTour. Oltre, ovviamente, alla considerazione che l’ultima squadra azzurra nella massima categoria fu nel 2016 la Lampre di patron Galbusera.

Non è semplice per Bennati scegliere gli azzurri se la loro attività non è qualificata come un tempo
Non è semplice per Bennati scegliere gli azzurri se la loro attività non è qualificata come un tempo

Gli interessi di chi?

L’indomani, ancora sulla Gazzetta e sempre con la stessa firma, l’intervista a Sonny Colbrelli su come sia cambiato il meccanismo di accesso al professionismo e sulle sue paure di genitore nel mettere in bici i figli, visti i pericoli delle strade e l’assenza di ciclabili e piste riservate.

Il concetto è stato poi ripreso da Cristiano Gatti su Tuttobiciweb nella sua rubrica Gatti e Misfatti, parlando della paura dei genitori, delle poche corse giovanili, dell’annullamento della Adriatica Ionica Race alla vigilia della partenza, dei talenti nostrani che migrano nei devo team stranieri e del Giro che «deve elevare suppliche perché le grandi squadre mandino almeno una formazione B. L’Italia che vede il suo sport storicamente più popolare trasformarsi negli anni in un agonizzante sport residuale…».

L’episodio legato alla corsa di Argentin rimane una pagina torbida, in cui sono stati coinvolti anche attori che avrebbero potuto benissimo restarne fuori. L’Accpi, ad esempio. Dicono che lo scorso anno i premi sono stati percepiti dai corridori dopo 5 mesi. Quest’anno non lo saranno affatto, avendo dato il proprio assenso alla cancellazione della corsa. Si è fatto l’interesse dei corridori o si è preferito schierarsi con il palazzo? E’ questo il ruolo del sindacato?

La cancellazione della Adriatica Ionica Race è stata una delle pagine più brutte e poco chiare degli ultimi anni
La cancellazione della Adriatica Ionica Race è stata una delle pagine più brutte e poco chiare degli ultimi anni

Il ruolo del Giro

Il quadro è desolante, ma verrebbe da chiedersi quali siano le ragioni del degrado. Chi ha spolpato il ciclismo? E grazie a chi? Prima di parlare della FCI, qual è il ruolo del Giro d’Italia in questo gioco? RCS Sport è capace di fare promozione oppure fa semplicemente il proprio utile? La sua presenza sul territorio genera interesse oppure si limita al montaggio e lo smontaggio dei palchi nel giorno della gara?

Le squadre italiane non sono mai cresciute, fra l’altro, perché non hanno avuto la certezza del calendario. Ogni anno e per anni abbiamo assistito allo stillicidio delle Wild Card, con una rotazione… democristiana che ha impedito di avere la minima programmazione, utile per incentivare gli investimenti da parte degli sponsor. Non è per caso che le squadre preferiscano il Tour: ne hanno beneficio a molti livelli. Il fatto di dover pagare per avere un grosso nome al via del Giro è una disarmante ammissione.

Il Tour 2024 partirà da Firenze: l’investimento sarà ripagato. Qui Prudhomme con Cassani e il sindaco Nardella
Il Tour 2024 partirà da Firenze: l’investimento sarà ripagato. Qui Prudhomme con Cassani e il sindaco Nardella

Il ruolo del Tour

ASO, la società che organizza il Tour, la Vuelta, la Roubaix, le classiche Ardennesi e un totale di 20 prove di altissimo livello, iniziò sin dal 2000 una campagna ben precisa in sostegno di due squadre francesi che per varie vicende erano rimaste fuori dal ProTour, prima che questo diventasse WorldTour. Indipendentemente dallo status o dai risultati, la Cofidis e il Team Total Energies hanno ricevuto sempre l’invito per il Tour e le classiche. I due sponsor hanno così ottenuto un buon ritorno dal loro investimento, sapendo che ogni anno i loro team avrebbero girato la Francia portando il marchio ai francesi e al mondo. L’incentivo ad investire di più è stato una conseguenza.

Non basta. Certi sponsor sono arrivati alle squadre su indicazione della stessa ASO, che ha proposto loro di distrarre una parte della sponsorizzazione destinata al Tour de France a vantaggio degli stessi team che grazie al Tour sarebbero diventati grandi.

Il Giro d’Italia ha mai suggerito a un suo sponsor di entrare a sostegno di un gruppo sportivo? Quel che si nota è semmai la sponsorizzazione da parte del team a vantaggio delle corse RCS, per avere un barlume di possibilità di prendervi parte. Mentre la Drone Hopper-Androni stava chiudendo i battenti, gli striscioni pubblicitari che portavano il suo nome erano ancora sulla cartellonistica del Giro. Non li avranno pagati, ma era previsto che lo facessero. Lo stesso dicasi per Eolo, che per anni è stato il title sponsor delle corse Gazzetta, spendendo quello che magari gli avrebbe permesso di ingaggiare qualche buon corridore.

La Total Energies, come la Cofidis, ha sempre partecipato al Tour, e le corse ASO pur non essendo nel WorldTour
La Total Energies, come la Cofidis, ha sempre partecipato al Tour, e le corse ASO pur non essendo nel WorldTour

Il ruolo della FCI

E la Federazione cosa fa? In che modo ha tutelato e sta tutelando il ciclismo italiano? Esiste negli uffici dello Stadio Olimpico una visione che porti in futuro a una nuova primavera?

Quel che si nota è da un lato un notevole appoggio da parte del Coni che ha permesso di superare parecchi ostacoli, dall’altro un certo appiattimento sulle posizioni di RCS Sport, cui sono stati affidati il Giro d’Italia U23 e quello delle donne, con il famoso bando che tagliò fuori gli altri organizzatori.

L’investimento sulle nazionali è astuto e probabilmente darà anche buoni frutti. Si prende il meglio e si cerca di trarne il meglio in termini di risultati. Se però non si fa nulla per alimentare il bacino, alla fine non ci sarà più acqua da pompare nel campo ed è quello che in parte sta già accadendo.

Amadio ha portato tutto quel che ha imparato in anni di gestione di grandi squadre, ma forse non è questo lo scopo di una Federazione, che dovrebbe spingere maggiormente la base a ritrovare solidità e credibilità. Il ciclismo italiano è in balia dei soldi altrui. E neanche si può impedire a un corridore di cercare fortuna all’estero, se la controproposta è un calendario asfittico popolato dalle squadre che sono rimaste. In Francia, la Federazione gestisce la Coupe de France, in cui vengono coinvolti professionisti e under 23 dei team continental. Avete fatto caso che nei Devo Team delle squadre del Belgio e d’Olanda è molto raro trovare un giovane francese? E’ così difficile immaginare un calendario formato dalle classiche internazionali per U23 e le altre corse professionistiche rimaste fuori dal WorldTour? E’ un tema che si è mai affrontato al tavolo della Lega commissariata?

Agli europei di Drenthe, il presidente Dagnoni con le tre azzurre del Mixed Team Relay juniores
Agli europei di Drenthe, il presidente Dagnoni con le tre azzurre del Mixed Team Relay juniores

La base spaccata

Quel che si nota è che, avendo lasciato ai Comitati regionali la possibilità di organizzarsi come meglio credono, non ci sono situazioni omogenee a tutto svantaggio della crescita del movimento. Esiste una prospettiva per il ciclismo italiano? La nascita del grande campione non dipende dalle strutture, la natura fa da sé, ma siamo certi di non averne persi perché anziché dedicarsi al ciclismo hanno preferito altri sport? Se la sola stella polare resta il profitto, non illudiamoci troppo. Intendiamoci: è legittimo che società private agiscano per fare soldi. La possibilità di fare promozione andrebbe nel senso di tenere alimentata la fiamma sotto il proprio investimento. Non raccontiamoci storie, insomma, certe cose non accadono per caso.

La tecnologia MagneticDays strizza l’occhio alla Coppa America

25.09.2023
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Non rappresenta una novità rilevare che le specifiche caratteristiche tecniche del trainer JARVIS, unitamente alle possibilità di analisi che il sistema MagneticDays è in grado di offrire all’utente, vengano frequentemente utilizzate come strumenti per la ricerca e la sperimentazione da parte di importanti Università Italiane. Quello che sin dalle sue prime versioni non è mai stato considerato quale un semplice “rullo” per affinare i propri allenamenti in bicicletta, è stato difatti nuovamente scelto ed individuato quale strumento di analisi a supporto della ricerca scientifica applicata al movimento e alla fisiologia umana. Nello specifico, lo studio più recente è stato pubblicato lo scorso agosto sulla piattaforma Frontiers. Il titolo era:Ventilation and perceived exertion are sensitive to changes in exercise tolerance: arm+leg cycling vs. leg cycling.

Il progetto è stato condotto da un gruppo di ricerca, che ha coinvolto attivamente due dipartimenti. Quello di Scienze del Movimento, dell’Uomo e della Salute dell’Università degli Studi di Roma “Foro Italico”. Il secondo è stato il Division of Respiratory and Critical Care Physiology and Medicine dell’Istituto Lundquist per l’Innovazione Biomedical che fa parte del Centro Medico americano Harbor-UCLA con sede a Torrance, in California.

Un rendering della strumentazione ideata da MagneticDays per i test
Un rendering della strumentazione ideata da MagneticDays per i test

Due Università coinvolte

Lo studio proviene da un ambito sportivo ben lontano da quello del ciclismo, ovvero dalla vela. Non a caso il promotore e finanziatore di questa ricerca è stata la divisione Italiana di Harken. Azienda internazionale specializzata nella produzione di hardware per la vela ad alte prestazioni i cui prodotti sono un vero e proprio “must” in eventi di livello mondiale quali la Coppa America, l’Ocean Race, le Olimpiadi e il mondiale Maxi. Nel 2017, il Team New Zealand presentò per la prima volta un’innovazione all’interno del proprio equipaggio, i cosiddetti “grinder-ciclisti”. Questi sfruttavano la forza delle gambe, invece di quella delle braccia, per alimentare i sistemi idraulici di bordo, generando così una potenza decisamente superiore. Anche grazie a questo accorgimento, il team velico neozelandese ottenne una vittoria netta in quell’edizione della Coppa America.

Proprio da quello specifico avvenimento è notevolmente aumentato l’interesse verso il ciclismo e l’utilizzo del movimento delle gambe al posto di quello degli arti superiori. Per questo Harken ha promosso una ricerca approfondita per lo sfruttamento combinato dei due movimenti. Lo studio della componente fisiologica dal 2017 è stato il centro di molti studi portati avanti dai Team principali di Coppa America e dalle grandi aziende coinvolte nel mondo della vela professionistica con l’obiettivo di sfruttarne tutti i vantaggi per elaborare strategie sempre più competitive.

Alessandro Vanotti, ambassador MD, con Marco Sbragi che di MagneticDays è il CEO
Alessandro Vanotti, ambassador MD, con Marco Sbragi che di MagneticDays è il CEO

Un test con due JARVIS indipendenti

L’utilizzo della tecnologia MagneticDays ha ricoperto un ruolo fondamentale nella valutazione dei parametri fisiologici oggetto di questo complesso studio. La finalità era quella di verificare l’effettiva condizione della frequenza respiratoria (fR) quale marcatore dello sforzo fisico, e variabile sensibile alle modificazioni della tolleranza all’esercizio. Per lo studio sono state utilizzate due tipologie di attività: un esercizio simultaneo gambe e braccia (Arm+Leg) come quello dei “grinder-ciclisti”, e uno con coinvolte solamente le gambe (Leg). La ricerca ha coinvolto un campione di dodici uomini sottoposti a sei test di valutazione ciascuno nel corso dei quali sono state registrate durante l’esecuzione la tolleranza all’esercizio, lo sforzo percepito e le variabili cardio respiratorie. 

Tutti i test sono stati eseguiti utilizzando la tecnologia offerta dal JARVIS applicata ad un ergometro multimodale. Si tratta di uno strumento realizzato ad hoc da MagneticDays in grado di combinare il movimento delle gambe a quello delle braccia. La gestione dei due JARVIS è indipendente l’una dall’altra. In modo da consentire la registrazione e la misurazione della potenza erogata dai due diversi movimenti in modo separato.

MagneticDays

Linea Corefusion: all-in su performance e tecnica

19.08.2023
3 min
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X-Bionic, azienda svizzera che lavora nel campo dell’abbigliamento tecnico sportivo, presenta la sua nuova collezione: la Corefusion. Un incontro tra i tessuti tecnici e performanti, tipici dei capi da ciclismo e la tecnologia della termoregolazione. Quest’ultima ha contribuito a rendere X-Bionic un punto di riferimento dell’abbigliamento sportivo. La collezione sarà disponibile dal 2024, ma per un numero di fortunati è possibile acquistare la collezione in anteprima durante il mese di agosto

La maglia endurance è più comoda e confortevole, realizzata sempre con tecnologia ThermoSyphon
La maglia endurance è più comoda e confortevole, realizzata sempre con tecnologia ThermoSyphon

Le maglie

Il ciclismo è uno sport che nei capi di abbigliamento, e non solo, è in continua evoluzione. Si cercano sempre più la perfezione ed il comfort e lo sviluppo continua a crescere a dismisura. X-Bionic, nella collezione Corefusion, unisce la necessità di termoregolazione ai migliori tessuti in lycra. Un binomio che garantisce comodità e prestazioni al top

La scelta di X-Bionic è composta da due maglie differenti, caratterizzate entrambe dal sistema proprietario 3D Bionic Sphere. A questo si abbina la tecnologia ThermoSyphon nella zona della schiena. L’innesto di questo tessuto tridimensionale agevola il trasporto e l’eliminazione del sudore durante l’attività sportiva. Protegge inoltre dal freddo nelle fasi di riposo. Questa tecnologia, la ThermoSyphon, è applicata sulla schiena tra le due scapole, il punto del corpo che ha maggior bisogno di dissipare il calore. 

La maglia maggiormente votata alla tecnica e alla performance è l’Aerojersey, una capo con vestibilità estremamente aderente, realizzata con una stampa che rappresenta la mappa termica del corpo. Un modo per dissipare al meglio il calore anche nelle giornate più calde e impegnative. Come detto X-Bionix cura particolarmente la dispersione del calore. 

Per chi cerca un capo più morbido è stata pensata la Merino Jersey, in lana merino di alta qualità e disponibile in due colorazioni.

I pantaloncini

Le novità presentate da X-Bionic non finiscono di certo qui, arrivano anche i pantaloncini da ciclismo. Innovativi grazie al fondello a quattro intensità, foderato e imbottito di schiuma, adatto alle pedalate su lunghe distanze. 

Questo modello presenta due versioni di bretelle: da uomo e da donna, entrambe realizzate con il sistema brevettato 3D Bionic Sphere.

X-Bionic

Pedranzini: la Valtellina e i pro’ come motore del turismo

20.07.2023
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BORMIO – La cornice all’evento di presentazione del team Eolo-Kometa è stata la piazza Kuerc di Bormio. I corridori del team professional, guidato da Ivan Basso e dal suo staff, si sono goduti l’abbraccio della comunità di Bormio. Tra le varie autorità e appassionati presenti, c’era anche Giacomo Pedranzini, proprietario dell’azienda Kometa (nella foto di apertura davanti all’azienda di famiglia insieme ai corridore della Eolo-Kometa). Sponsor che dà il secondo nome alla professional

«Il progetto della Eolo-Kometa – ci dice in prima battuta – che a me piace chiamare “la squadra di Basso e Contador”, è nato sette anni fa. Aveva un obiettivo chiaro, per me e la mia famiglia, che ha deciso di aderire a questa iniziativa. Ovvero quello di consumare del cibo sano, promuovendo attraverso lo sport l’assunzione di uno stile di vita attivo». 

Terra eroica

La scelta di allenarsi in questo contesto non è casuale, la Valtellina è da anni teatro di grandi sfide a colpi di pedale. Da Bormio parte la salita al Passo dello Stelvio, il valico automobilistico più alto d’Italia ed il secondo in Europa. Non lontano da qui si nascondono le pendenze del Passo Gavia e del Mortirolo. Insomma, in Valtellina il ciclismo è di casa. 

«La Valtellina è, prima di tutto – continua Pedranzini – terra di agricoltura eroica e poi di ciclismo altrettanto eroico. I vigneti che si affacciano sulla strada che attraversa la valle sono la testimonianza della fatica e della passione che gli agricoltori hanno verso questo territorio. Negli ultimi 20 anni il turismo legato al ciclismo è cresciuto a dismisura, arrivando ad eguagliare quello dello sci. Questo fatto, per la Valtellina, è un risultato eccezionale, offrire un turismo sano e rispettoso dell’ambiente e delle attività economiche della valle è un grande traguardo».

Il motore del professionismo

Una grande spinta è arrivata dallo sport agonistico, le battaglie che hanno caratterizzato queste salite hanno portato tanti appassionati su queste strade. Una volta ammirate le bellezze naturalistiche gli appassionati non hanno potuto far altro che ripercorrere a loro volta queste strade. 

«Siamo partiti da una squadra continental – riprende – poi fortunatamente siamo arrivati al modello professional, partecipando agli ultimi tre Giri d’Italia. Alla corsa rosa abbiamo anche collezionato due splendide vittorie in tappe iconiche. Speriamo di contribuire ad un ulteriore rilancio del ciclismo in Italia. La bicicletta era la cultura del nostro Paese, che dominava nel ciclismo internazionale. Portare una squadra professionistica su queste strade in ritiro vuol dire farle vivere anche al di fuori del contesto agonistico, che dura solo un giorno. La cultura e la passione per lo sport devono abbracciare questa terra tutto l’anno».

L’esempio Ungheria

Il Giro d’Italia nel 2022 è partito dall’Ungheria, una terra ed una popolazione che hanno calorosamente abbracciato il ciclismo e la corsa rosa. L’azienda della famiglia Pedranzini, Kometa appunto, nasce in questa valle ed ha anche uno stabilimento in Ungheria. Giacomo Pedranzini vive quel territorio, cosa ha lasciato il ciclismo da quelle parti un anno dopo?

 «Ha lasciato – conclude – un Giro di Ungheria con strade affollate e con tanto entusiasmo di contorno. Il risultato più bello, che ha dato il maggior riscontro, è che gli ungheresi sono stati contentissimi dell’evento. La stessa organizzazione ha detto che quella è stata una delle migliori partenze dall’estero del Giro. Questo deve fare il ciclismo professionistico, essere un motore di crescita per lo sport a tutti i livelli».

Shokz OpenRun PRO: gli auricolari a conduzione ossea

24.06.2023
3 min
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Shokz, azienda di riferimento per auricolari e cuffie ad uso sportivo, presenta le sue cuffie a conduzione ossea. Una tecnologia che permette di sentire attraverso il design “open ear”, che lascia libero il condotto uditivo. In questo modo si può ascoltare musica ed allo stesso tempo percepire l’ambiente circostante, cosa fondamentale nel ciclismo. 

Le cuffie a conduzione ossea permettono di allenarsi in piena sicurezza
Le cuffie a conduzione ossea permettono di allenarsi in piena sicurezza

Innovativi

La tecnologia ed i brevetti di Shokz sono estremamente innovativi, i loro prodotti sono caratterizzati da un’ottima impermeabilità. Fattore determinante quando si tratta di essere utilizzati in eventi all’aria aperta. Uno su tutti è l’IronMan, della quale Shokz è stata sponsor. Gli auricolari a conduzione ossea sono lo strumento perfetto per chi vuole allenarsi in sicurezza. Ma lo diventano anche in altri ambiti della vita di tutti i giorni, come a casa o in ufficio. Permettono di sentire i rumori circostanti e al tempo stesso di concentrarsi a ritmo di musica grazie al design “open-ear”. 

Questo prodotto di Shokz sfrutta la conduzione ossea, un processo uditivo naturale del nostro corpo
Questo prodotto di Shokz sfrutta la conduzione ossea, un processo uditivo naturale del nostro corpo

Conduzione ossea

Questo sistema utilizzato da Shokz per creare le sue cuffie è lo stesso che utilizziamo naturalmente quando beviamo o mangiamo e anche mentre parliamo. La conduzione ossea è il motivo per il quale percepiamo in maniera differente la nostra voce rispetto alla realtà. Tendiamo a percepire la nostra voce più bassa e intensa perché il cranio trasmette basse frequenze meglio dell’aria. 

Shokz sfrutta la conduzione ossea naturale integrando nei propri auricolari wireless dei trasduttori elettromeccanici, che convertono i suoni in vibrazioni da trasmettere direttamente all’interno dell’orecchio, attraverso le ossa del cranio, bypassando quindi il timpano.

La batteria arriva fino a dieci ore di autonomia
La batteria arriva fino a dieci ore di autonomia

OpenRun PRO

Sono proprio queste le cuffie bluetooth che utilizzano la tecnologia brevettata di Shokz. Un sistema di conduzione ossea di nona generazione e del design “open ear” che non blocca i canali uditivi. L’autonomia arriva fino a dieci ore, in modo da poter essere sfruttati durante tutti gli allenamenti.

Shokz

DNA Custom: Gobik sostiene il valore dei gruppi sportivi 

16.05.2023
2 min
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Si chiama “A unique kit for a unique team” ed è lo slogan ad effetto che caratterizza la nuova campagna di Gobik sviluppata per sostenere e promuovere al meglio il proprio servizio di abbigliamento team personalizzato. Una campagna, quest’ultima, che rappresenta la sintesi perfetta del DNA “custom” di Gobik, la parte più originale di questa famiglia che crea sogni ciclistici, che si tratti di una semplice maglia, di un pantaloncino o di un accessorio cycling wear. 

Il brand spagnolo ha a cuore le esigenze di ogni gruppo ciclistico
Il brand spagnolo ha a cuore le esigenze di ogni gruppo ciclistico

Gobik è noto per essere uno dei più grandi centri di produzione tessile per il ciclismo in tutta Europa, “forte” di oltre 8.000 proposte grafiche all’anno e 600.000 capi prodotti negli ultimi dodici mesi. Risultati questi ultimi resi possibili grazie al costante impegno per la qualità e per l’innovazione di Gobik in tutto il processo di produzione.

Ciascun ciclista, e con lui ogni singolo gruppo sportivo, è diverso e unico. Ognuno ha difatti i propri percorsi preferiti, i propri luoghi di sosta, il proprio modo di pianificare il percorso e il proprio orario di partenza. Un insieme di particolarità che Gobik raccoglie, amplifica ed asseconda attraverso il servizio “custom”, con l’obiettivo di rendere unico l’abbigliamento personalizzato per ogni singolo gruppo di ciclisti che quotidianamente incrociamo lungo strade, sentieri oppure sterrati.

Gobik pone l’accento sul collettivo, e con la campagna “A unique kit for a unique team” evidenzia i suoi valori e quella frase ad effetto – sempre valida – che ci ricorda che il ciclismo diversamente da quello che si possa pensare è uno sport di squadra

Il valore dell’appartenenza 

«Non dobbiamo mai dimenticare – ha affermato Albert Medrano, il responsabile marketing di Gobik – che ben la metà del nostro volume di lavoro proviene dal cosiddetto personalizzato. Ed è proprio in questa area del nostro lavoro e della nostra attività che si ritrovano le nostre origini, ma anche il nostro presente. In Gobik abbiamo un ottimo team di designer che aspetta di ideare le migliori grafiche per i gruppi sportivi per la prossima estate.

«Oltre al fatto di essere vestiti tutti uguali, noi vogliamo aggiungere altri fattori importanti ai nostri capi: come l’identità, in quanto l’abbigliamento parla di te e del gruppo a cui appartieni. Ma non solo, i nostri capi rendono riconoscibili agli altri ciclisti lungo il percorso, fornendo anche una componente di sicurezza al gruppo in quanto più omogenei».

Gobik

Un’ora a curiosare nel mondo di Gualdi

29.04.2023
8 min
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CAZZANO SANT’ANDREA – Le montagne che contornano la Val Seriana si fanno più aguzze man mano che procede. Sembrano quasi pronte a mordere il cielo, come tanti canini affilati. Per salire a Casnigo la strada prende una svolta a destra e si inerpica subito. Un dentello di un chilometro e mezzo con un paio di tornanti che metterebbero in difficoltà più di qualche corridore. Simone Gualdi ci dà appuntamento qui, su queste rampe. Mentre lo aspettiamo, poco lontano dal cartello di benvenuto, i rumori di una fabbrica interrompono la pace del paesino. 

Gualdi ha partecipato all’Eroica Juniores con la nazionale, ottenendo il secondo posto (foto FCI)
Gualdi ha partecipato all’Eroica Juniores con la nazionale, ottenendo il secondo posto (foto FCI)

Tra calcio e ciclismo

In realtà Simone abita un paio di chilometri dopo Casnigo, il paese si chiama Cazzano Sant’Andrea. Poco più di 1.600 abitanti, la casa si trova in una zona un po’ più isolata, una palazzina di pochi piani. Saliamo le scale e ci apre la porta papà Marco, pochi istanti dopo entra anche sua mamma Chiara, con le borse della spesa in mano. 

Simone si fionda sotto la doccia e intanto noi parliamo con i genitori. Marco è un cuoco e lavora a Dalmine, a una mezz’oretta da casa, traffico permettendo. Sua moglie Chiara, invece, è un’infermiera nella casa di riposo di Gandino, a pochi chilometri da casa. 

«Anche se con il lavoro facciamo fatica ad avere molti giorni liberi – racconta il papà – abbiamo seguito molto le gare di Simone, fin da piccolo. Durante la settimana è autonomo, anche se devo ammettere che quando è fuori in allenamento un po’ di ansia c’è».

«Io alle gare non sono mai andata – replica la madre con una risata – ed è meglio così, mi viene l’ansia. Davide, il fratello piccolo, gioca a calcio a Vertova, non lontano da qui. Abbiamo provato a farlo andare in bici, ma ha prevalso l’amore per il pallone».

Una doccia veloce ed il giovane bergamasco è pronto a raccontarsi
Una doccia veloce ed il giovane bergamasco è pronto a raccontarsi

Cresciuto in “casa”

Simone Gualdi ha lo sguardo deciso e una buona parlantina, non serve molto tempo per prendere confidenza. Il corridore della Scuola Ciclismo Cene va in bici da tanti anni e lo ha sempre fatto vicino a casa. 

«Ho iniziato quando ero in terza elementare – racconta seduto al tavolo del soggiorno – già pedalavo da solo su una mountain bike, così, per piacere personale. Poi in terza elementare dei miei amici mi hanno coinvolto e sono andato a provare. La squadra era la Gazzanighese. I primi tre anni faticavo a finire le corse, ero uno dei più piccoli e fisicamente soffrivo. Ho avuto anche la tentazione di lasciare ma non ho desistito, mi piaceva troppo la bici.

«Poi tutto ad un tratto sono cresciuto e sono arrivato a vincere, la cosa bella è che tra Gazzanighese e Scuola Ciclismo Cene c’è un legame profondo. La maggior parte dei ragazzi con i quali corro ora li conosco da quando avevo 8 anni. Sono contento di come è andato e come sta andando il mio percorso di crescita. Alla fine mi alleno molto, ma senza finirmi».

Il presente e il passato recente

Il corridore bergamasco, classe 2005, è uno dei volti del ciclismo nazionale. Nella seconda metà della scorsa stagione si è affermato tra Giro della Lunigiana e la convocazione ai mondiali di Wollongong. Nel 2023, invece, ha già corso con la maglia azzurra alla Gand-Wevelgem e alla Eroica Internazionale Juniores Coppa delle Nazioni, corsa a tappe di tre giorni chiusa al secondo posto in classifica generale. 

«Questi primi mesi della nuova stagione – riprende mentre finisce di sorseggiare la bevanda per il recupero – sono andati bene. Ho aggiunto molte gare internazionali al calendario. La Gand-Wevelgem non è andata benissimo, il clima non ha aiutato. Mentre l’Eroica è stata molto più positiva, il livello era alto e confrontarsi con certe realtà fa sempre bene. Ora mi aspetta un’altra tappa di Coppa delle Nazioni, sempre con la nazionale, questa volta in Repubblica Ceca. Le salite, il mio terreno preferito, saranno una bella incognita, ma non vedo l’ora di mettermi alla prova. Sono contento di aver trovato continuità con l’Italia, Salvoldi organizza ogni mese tre giorni di ritiro. E’ un modo di lavorare che mi piace, si crea un bel gruppo e ci abituiamo a correre insieme.

«Le esperienze in campo internazionale – continua Gualdi – sono iniziate con il Giro della Lunigiana. Una gara che mi ha lasciato molto, ma anche un po’ di amaro in bocca, perché il podio mi è sfuggito di pochi secondi a causa di un problema meccanico (il bergamasco ha comunque vinto la maglia della classifica dei giovani, ndr)».

Durante la pausa dal ciclismo c’è tempo per seguire l’Atalanta, sua squadra del cuore, qui in trasferta a Zagabria
Durante la pausa dal ciclismo c’è tempo per seguire l’Atalanta, sua squadra del cuore, qui in trasferta a Zagabria

Neroazzurro

I colori del cuore di Simone sono due: il nero e l’azzurro, gli stessi che si incontrano sulla maglia dell’Atalanta, della quale è tifoso. Il suo amore per il calcio arriva da lontano e glielo ha regalato un suo ex allenatore. 

«Il calcio è uno sport che conosci per forza – dice con una risata – anche se non ti interessa davvero. Nel mio caso i miei amici ne parlano e lo seguono molto, la passione per la Dea (l’Atalanta, ndr) deriva dall’amore per la mia terra. Dello stadio mi piace l’atmosfera che si respira, sia nel pre partita che durante i 90 minuti. Con il fatto che si gioca molto in inverno riesco andare qualche volta allo stadio a vedere le partite. Rigorosamente in curva, nella parte calda del tifo! Mi sono divertito a fare anche qualche trasferta, una delle più belle è stata quella di Zagabria per i gironi di Champions League. Dodici ore di pullman, insieme ai tifosi, una gran bella giornata. Siamo partiti da casa la mattina e siamo tornati il giorno seguente.

«Mio fratello gioca a calcio, ma non possiamo andare insieme allo stadio – confida con una risatina – è interista. Qualche volta è venuto con me a vedere l’Atalanta ma è si è trattata di una scelta di compagnia, non di tifo».

Gli amici sono sempre pronti a seguirlo e sono tra i primi ad interessarsi dei risultati di Gualdi
Gli amici sono sempre pronti a seguirlo e sono tra i primi ad interessarsi dei risultati di Gualdi

Futuro? Praticamente scritto

Con i suoi 18 anni appena compiuti Gualdi apre gli occhi al futuro con grande interesse. Nel prossimo futuro qualcosa è già scritto, altro è da scrivere e proverà a farlo nel migliore dei modi. 

«Il prossimo anno – racconta – sarò con la Circus ReUz (il devo team della Intermarché-Circus-Wanty, ndr). E’ un contatto nato abbastanza recentemente, si parla di un paio di mesi fa. Ho parlato con i diesse Visbeek e Tamouridis, la scelta è presto fatta, l’opportunità è unica. Mi hanno cercato anche delle squadre italiane, ma l’esperienza all’estero mi permette di avere più continuità nella crescita. Seguirò un programma più delineato, con allenamenti e recuperi programmati. Avrò modo di correre tante gare internazionali, per aumentare a mano a mano il livello. In più dal 2026 sarò nella formazione WorldTour.

«Gli obiettivi per questa stagione sono altri – conclude – mi piacerebbe fare bene alla Due Giorni di Vertova, la corsa di casa. L’anno scorso sono arrivato terzo nella gara del sabato, mentre la domenica mi sono ritirato. In gara si affronta la salita di Casnigo, quella dove ci siamo incontrati oggi, lì mi aspetteranno i miei amici. L’anno scorso hanno fatto un tifo infernale. Mi piacerebbe migliorarmi anche al Giro della Lunigiana e provare a vincere il campionato italiano, tra qualche giorno andrò a vedere il percorso».

Scuola e amici

Gualdi si trova al quarto anno dell’Istituto Valle Seriana perito meccanico, a Gazzaniga. La scuola va bene, ci dice, il Piano Formativo Personalizzato lo aiuta a rimanere al passo

«I professori sono molto comprensivi – spiega – e anche i compagni mi aiutano tanto. Riesco a rimanere al passo con lo studio e questo è importante, non nascondo che a volte porto i libri anche in trasferta, ma fatico a studiare. Dopo le gare mi riposo e la testa va subito alla tappa successiva. Quando sono a casa, invece, mi organizzo bene, la prossima settimana ci sono delle verifiche che dovrò saltare per andare con la nazionale in Repubblica Ceca. Ho già concordato con i professori quando recuperare le verifiche e le interrogazioni.

«Gli amici sono una parte importante della mia vita – finisce di raccontare – siamo molto uniti. Mi chiedono spesso come vanno le corse e quando non esco per preparare una gara o per allenarmi capiscono. In inverno riesco a godermi di più la loro compagnia, ci piace fare le cose che fanno tutti. Divertirsi è importante, la categoria juniores aumenta di importanza, ma siamo comunque ragazzi».

A tavola con Piva, fra Busatto, il Belgio e i giovani

29.04.2023
8 min
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RIEMST (Belgio) – Valerio Piva conosce i corridori e il Nord come pochi altri. Da anni il tecnico della Intermarché-Wanty Gobert vive in Belgio, ci ha pedalato e sempre a quelle latitudini dirige e segue i corridori. Da quest’anno, tra questi c’è anche Francesco Busatto, vincitore della Liegi U23.

Incontrato a casa sua, dove tra le altre cose ha un hotel – l’Hove Malpertuus – che da anni ospita molti team durante la campagna del Nord, Valerio ci parla di questo giovane italiano. Ma di riflesso il discorso si estende anche a ragionamenti più vasti, che riguardano sempre i giovani e alcuni aspetti del ciclismo in Belgio.

Busatto (a destra) aveva dimostrato ottime cose già durante i ritiri invernali con la prima squadra (foto Instagram)
Busatto (a destra) aveva dimostrato ottime cose già durante i ritiri invernali con la prima squadra (foto Instagram)
Valerio, parliamo di Busatto. Questo autunno ancora non lo avevi conosciuto, ora ci sei stato più a contato: cosa ci puoi dire di lui?

Francesco ha iniziato questa stagione debuttando coi grandi e lo ha fatto con me. Avevamo avuto problemi con un corridore che si era ammalato per l’Oman e abbiamo portato lui. Era già in Spagna con la squadra, aveva fatto entrambi i ritiri e abbiamo visto che aveva una buona condizione. Grazie al regolamento, che prevede questo scambio tra il team devo e la WorldTour, lo abbiamo schierato subito.

Ed è andato bene…

Alla prima corsa, il Gran Premio di Muscat, è finito quarto. Fra l’altro era anche una corsa abbastanza selettiva, impegnativa, con il finale su uno strappo. Si è destreggiato anche bene in volata. Era rimasto anche da solo nel primo gruppo. Da lì abbiamo visto che i primi approcci, anche col livello più alto, erano positivi, e l’Oman ne è stata la conferma.

Che corridore è?

Non è uno scalatore. Si difende su percorsi vallonati. Ha uno spunto veloce ed è esplosivo, quindi direi che è un corridore moderno. Oggi è importante essere veloci.

Hai detto che Busatto, non è scalatore eppure vince la Liegi. Chi ti ricorda se dovessi fare un paragone tecnico?

Difficile fare dei paragoni. Busatto ha vinto una corsa rinomata per essere dura: ha fatto la Redoute, ma non è la corsa dei pro’. E’ importante che sia riuscito ad uscire bene da questi strappi e che abbia mantenuto la sua esplosività. Se poi dovessi dire chi mi ricorda, proverei un Bettini. Ma in generale è uno di quei corridori che riescono a “fare la corsa” su tanti tipi di percorso.

Lo sprint vincente di Busatto sul traguardo di Blegny sede di arrivo della Liegi U23 (foto Cyclingmedia Agency)
Lo sprint vincente di Busatto sul traguardo di Blegny sede di arrivo della Liegi U23 (foto Cyclingmedia Agency)
Ti aspettavi questo successo alla Liegi? E’ stata una sorpresa per te?

Per niente sorpreso. Dopo l’Oman, l’ho rivisto qui in Belgio e l’ho portato di nuovo a correre con me, al Limburgo. Tra l’altro lo avevo fatto venire un giorno prima per fargli vedere il percorso. Il giorno della corsa però non è andato molto bene: freddo, acqua e lui non stava un granché. A quel punto è tornato con la squadra under 23. Ha disputato altre corse in Belgio, di nuovo il Brabante con noi, che era una settimana prima della sua Liegi.

Un ottimo banco di prova…

Esatto ed è andato forte, perché essere davanti in una gara come la Feccia del Brabante, quattordicesimo, vuol dire molto. E’ stata la conferma delle sensazioni che avevamo avuto a inizio stagione. E cioè quelle di un corridore che ha qualità. Chiaramente deve crescere, è giovane deve maturare. E infatti io glielo avevo detto dopo il Brabante: «Guarda che la Liegi è l’obiettivo. Se hai una gamba così puoi solo che vincere». Tra l’altro ho scoperto che nessun italiano aveva mai vinto la Liegi under 23.

E ora?

Adesso un po’ di tranquillità, poi l’obiettivo prossimo sarà il Giro d’Italia under 23. Successivamente altre corse, ma adesso non conosco con precisione il suo calendario. L’anno prossimo sarà con noi nella WorldTour.

Piva ha portato Busatto al Limburgo per saggiare strade simili all’Amstel e alla Liegi. Un’esperienza utile per il breve e il lungo periodo
Piva ha portato Busatto al Limburgo per saggiare strade simili all’Amstel e alla Liegi. Un’esperienza utile
Tu, Valerio, quassù sei di casa. I tuoi consigli avranno avuto un certo peso…

Il tracciato del Limburgo è una piccola Amstel Gold Race e spesso usiamo quelle strade per valutare i ragazzi. E anche per fargli conoscere i percorsi. Alla fine possono essere esperienze per il futuro. Ci pensavo giusto qualche giorno fa…

A cosa?

Proprio Francesco mi ha detto: «Sai, Valerio, quest’anno non ho ancora corso in Italia». E questo è già un approccio diverso. Mi diceva: «Sì, vado bene, però io un ventaglio non so cosa sia. Non ho mai corso col vento vero». In Italia è difficile trovarle giornate dove veramente c’è il vento che condiziona la corsa. Prenderci confidenza adesso è importante: capire le posizioni, imparare a conoscere e a riconoscere i percorsi…

Riconoscere i percorsi. Sembra un aspetto banale, ma non lo è…

Esatto. Quando dicono che i corridori belgi sono bravi sui percorsi del Fiandre, di Harelbeke… Vivono qua, come ci vivo io. Non è che ce l’hanno nel Dna o che li sanno interpretare bene per natura. Vanno forte perché conoscono le strade. Io esco e pedalo sul percorso della Liegi, della Freccia e dell’Amstel. Li conosco a occhi chiusi. E così vale per i ragazzi che vanno in bici. 

Per Piva conoscere e riconoscere le strade vuol dire molto. E chi cresce quassù poi è avvantaggiato
Per Piva conoscere e riconoscere le strade vuol dire molto. E chi cresce quassù poi è avvantaggiato
Vanno a memoria. Si ricordano i punti più insidiosi, il vento, le curve, gli strappi, le pendenze…

E così facendo arrivano al professionismo con un bagaglio diverso rispetto agli altri ragazzi. E’ importante quindi crescere qui se si vuole andare forte in certe gare. Ricordo quando mi proposero Ballerini: «Siamo sicuri che farà bene nelle classiche in Belgio», mi dissero. Okay, ma alla fine? Sì, è un ottimo corridore, ma ci vuole del tempo per fare di più. Devi essere abituato a correre qua da giovane. Busatto si è ritrovato in una squadra belga e correrà quassù molto di più di tanti altri. E sicuramente avrà un bagaglio diverso.

E qui ci si allaccia indirettamente al discorso dei giovani italiani… 

Io penso che i giovani italiani ci sono. L’abbiamo visto anche adesso. Bisogna chiaramente lavorarci. Semmai il problema è un altro.

Quale?

Non essendoci delle grandi squadre italiane hanno meno certezze sul futuro. Un ragazzo che corre in Italia inizia a pensare: «Se voglio diventare un professionista devo andare all’estero». E deve dimostrare qualcosa subito. A volte come nel caso di Busatto ci sono i manager, ma tante altre volte non è così. C’è pertanto questo handicap: non c’è uno sbocco diretto in una squadra importante, come poteva essere anni fa la Liquigas della situazione.

Campioni come Van Aert ed Evenepoel (qui in uno spot per una catena di pizzerie) sono spendibili anche per brand extra ciclistici
Campioni come Van Aert ed Evenepoel (qui in uno spot per una catena di pizzerie) sono spendibili anche per brand extra ciclistici
E in tal senso non si vedono grosse aperture, almeno guardandola nel breve periodo…

Tante squadre si trovano in difficoltà. Io faccio parte di una squadra WorldTour piccola, in cui le difficoltà ci sono e i budget non sono grandi. Però abbiamo la fortuna di stare in Belgio in cui ci sono più industrie interessate al “prodotto ciclismo”.

Quassù ti fermi all’autogrill e trovi la pubblicità con Van Aert. Al supermercato c’è la gigantografia di Remco…

Il ciclismo in Belgio è al primo posto come simbolo di sport. Il ciclista è ancora considerato un vero atleta. Uno sportivo che fa sognare i giovani ed è per quello che tanti ragazzi vanno in bici. Il Belgio è un Paese piccolo. Il ciclismo è nelle tradizioni di famiglia e ogni giorno gli passa davanti alla porta di casa una corsa. Già un mese prima del Fiandre, in tv facevano programmi di approfondimento, storia, tecnica… Senza contare che hanno miti come Evenepoel e Van Aert, come noi un tempo avevamo Pantani.

Tornando a Busatto, abbiamo raccontato che c’è questo bel feeling con Paolo Santello, il suo preparazione. Ora che passera nel World Tour, questa collaborazione si dovrà interrompere?

Noi abbiamo una struttura con allenatori, dietisti, massaggiatori… e la mettiamo a disposizione di tutti i nostri atleti. Ma se un ragazzo arriva e mi dice: «Guarda Valerio sono tanti anni che lavoro col mio preparatore e mi trovo bene», perché fermarlo? Chiaramente deve essere un preparatore coordinato con noi, che non dia fastidio. I nostri atleti lavorano con TrainingPeaks e quindi vengono monitorati anche dal nostro trainer di riferimento. 

Busatto è allenato da Paolo Santello dalla fine del 2021: la collaborazione prosegue con la regia del team
Busatto è allenato da Paolo Santello dalla fine del 2021: la collaborazione prosegue con la regia del team
L’importante è che il preparatore sia allineato a filosofie e programmi: è così?

Chiediamo la collaborazione diretta col nostro capo allenatore. Nel caso di Francesco, se vuol lavorare con un italiano perché parla meglio la lingua, ci sta. Ma posso dire che col tempo è successo più spesso il contrario: dai preparatori esterni, sono passati a quelli interni dopo che hanno visto come lavora la squadra. Siamo partiti come una professional piccola che ha comprato la licenza ed è vero, ma poi abbiamo investito molto nella struttura. E non solo nel nome.

E torniamo in parte al discorso del prodotto ciclismo in Belgio e della capacità di vedere il tutto a 360° …

Abbiamo puntato molto sullo staff di allenatori, nutrizionisti… nel progetto. E questa è la miglior pubblicità. Adesso tanti manager ci propongono atleti di livello, anche giovani forti, che prima neanche osavano accostare a noi. Invece hanno visto che chi viene qua riceve l’attenzione che merita, la qualità che serve e in corsa tutti i nostri atleti hanno una chance, perché non lavoriamo solo attorno al grande nome. La squadra pertanto è diventata appetibile. E anche gli atleti si fidano.