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EDITORIALE / E’ arrivato il reddito di cittadinanza

02.01.2023
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Il reddito di cittadinanza è arrivato anche nel ciclismo. In alcune parti d’Italia, ha la forma dell’indennizzo da versare ai Comitati Regionali, se il corridore cambia regione, nel quadro della riscrittura del sistema dei punteggi e dei nuovi bonus previsti, come abbiamo scritto l’ultimo dell’anno. Adesso che il disegno è più chiaro, proviamo a collegare i puntini.

Plurime e vincoli: addio!

Il sistema delle plurime presentava delle criticità. Era palese che alcune società se ne servissero per schiacciare le corse, presentandosi al via in sovrannumero, forti dei tanti talenti a loro disposizione. Le plurime pertanto sono state eliminate, senza tenere in troppa considerazione a nostro avviso il loro ruolo di promozione nelle regioni più lontane dal centro dell’attività: quelle del Sud.

Di riflesso, sono stati eliminati anche i vincoli regionali. Erano uno dei motivi per cui si facevano le plurime: non potendo portare via i ragazzi dalle altre regioni, si affiliava lì la squadra e si poteva farli correre. Anche in questo caso, si è pensato alle problematiche che nascevano fra le regioni più forti (fingendo di non intercettare, ad esempio, alcuni malumori in Emilia Romagna ora che alcuni degli juniores più forti hanno cambiato regione) e non si è pensato a quelle del Sud.

Il passaggio da esordienti ad allievi non è immune da costi importanti (photors.it)
Il passaggio da esordienti ad allievi non è immune da costi importanti (photors.it)

Punti e bonus

Come abbiamo detto, il sistema di valorizzazione dei punti è stato implementato in modo piuttosto importante. I punti, per cominciare, si ottengono in ogni disciplina del ciclismo: strada, crono, pista, cross, bmx, eliminator e da poco anche nel team relay.

Ad ogni cambio di categoria, è previsto un passaggio di denaro fra la società cedente e quella che acquisisce l’atleta. Una percentuale di questo importo (che varia fra il 50 e il 100%) va corrisposta al Comitato Regionale se l’atleta cambia regione. E’ tutto spiegato nella tabella che abbiamo già pubblicato e che condividiamo nuovamente.

Al pagamento del punteggio, è stato aggiunto un bonus ad esso legato. Esso riguarda ancora una volta lo scambio di atleti fra le società e non è mai pari a zero. In base alle categorie, oscilla infatti fra 300 e 450 euro per corridori fra zero e 10 punti (può arrivare fino a 800 euro per gli atleti con più di 21 punti). Significa che se la mia società U23 volesse prendere 10 juniores senza punti, dovrebbe comunque pagare 4.000 euro di bonus alla loro società. Anche i corridori a zero punti hanno un prezzo: siamo certi di trovare qualcuno disposto a scommettere sulla maturazione di atleti che non abbiano fatto neppure un punto?

Alessio Delle Vedove passa dalla Borgo Molino alla Intermarché Development e deve pagare la squadra veneta (photors.it)
Alessio Delle Vedove passa dalla Borgo Molino alla Intermarché Development e deve pagare la squadra veneta (photors.it)

Delle Vedove e Busatto

Il sistema è solo italiano: sarebbe interessante proporlo all’UCI, dato che in altri ambiti più strutturati, come quello del calcio, una percentuale del primo contratto da professionista viene destinata in proporzioni variabili alle società che hanno cresciuto l’atleta.

Nel ciclismo invece il meccanismo solitamente si ferma al momento del passaggio in squadre non italiane. Così ad esempio, Alessio Delle Vedove e Francesco Busatto, che correranno nel 2023 nella Intermarché Development Team e provengono rispettivamente dalla Borgo Molino e dalla General Store, dovrebbero pagare di tasca loro il punteggio alle società in cui sono cresciuti. A loro carico ci sono anche le visite di idoneità e i costi di tesseramento, dato che il team non paga nulla di tutto ciò. E mentre Delle Vedove dovrà pagare di tasca sua la Borgo Molino e coprire le spese accessorie (l’importo è di circa 7.500 euro), la General Store ha voluto bene a Busatto e gli ha abbonato il costo dei punti.

Busatto, qui terzo a Rovescala dietro Buratti e Meris, non pagherà la General Store (photors.it)
Busatto, qui terzo a Rovescala dietro Buratti, non pagherà la General Store (photors.it)

Il Nord e il Sud

Ma torniamo alle categorie giovanili, perché qui il discorso si fa critico. E’ intuitivo che nel passaggio fra regioni forti, le squadre prendano e cedano corridori e alla fine il bilancio si tenga in equilibrio. Accade con qualche sforzo fra le piccole e si conferma certamente fra le grandi. E’ intuitivo anche il fatto che negli spostamenti fra squadre regionali, i Comitati del Nord non incassino grandi somme. Il Veneto non avrà denaro dal passaggio di atleti fra squadre venete, a partire dagli esordienti e fino agli under 23.

Immaginiamo tuttavia di recarci in Sicilia. Che cosa succede se una società di allievi vuole prendere i migliori esordienti da un’altra squadra? Deve pagarli. Immaginando che gli atleti di cui si sta parlando abbiano fatto anche parecchi punti nella loro attività regionale, l’esborso diventa notevole. Oltre al punteggio di valorizzazione, infatti, il bonus per un esordiente che passa allievo e abbia più di 21 punti arriva fino a 600 euro. Siamo certi che le società abbiano la disponibilità per raggiungere certe cifre?

Poco male, si sarà pensato, se non ci arriva la società, ci penseranno le famiglie: una sorta di tassa di iscrizione per accedere al livello successivo. E se le famiglie non pagano, l’atleta smette. Del resto, ne abbiamo così tanti…

E così si prosegue fino agli juniores e agli under 23, quando arrivano le squadre extra regionali. E a questo punto, oltre a pagare punteggio e bonus alle società che cedono i ragazzi, entrano in ballo i soldi per il Comitato Regionale.

La GS D’Almo 1966 era in una plurima con la Nial Nizzoli di Reggio Emilia: ora fra le due società c’è una collaborazione
La GS D’Almo 1966 era in una plurima con la Nial Nizzoli di Reggio Emilia: ora fra le due società c’è una collaborazione

Il reddito di cittadinanza

Sono state eliminate le plurime, che consentivano alle squadre del Nord di mettere radici al Sud, investendo e tenendone sotto osservazione i talenti.

Sono stati eliminati i vincoli regionali, così gli atleti possono essere presi e spostati liberamente di regione in regione. Ma questo ha un prezzo.

E’ giusto che vengano pagate le squadre, che sui ragazzi lavorano e investono in base ai propri mezzi e hanno diritto che il loro impegno venga riconosciuto. Però devono essere pagati i Comitati Regionali, che avranno un indennizzo per il passaggio dei loro atleti migliori in altre regioni, senza essere particolarmente coinvolti nel loro sviluppo. Non somiglia a una sorta di reddito di cittadinanza?

Il bello è che questo giro di soldi grava tutto sulle spalle delle società. Si sostiene il ciclismo a spese dei suoi stessi attori. Per quello che conta ed essendo stata ormai varata la normativa, siamo aperti a confronti costruttivi. Convinti che non sarà questa forma di assistenzialismo a risollevare le sorti del ciclismo giovanile. In cambio del reddito di cittadinanza, quale impegno si richiede ai Comitati che lo percepiranno?

Sulle tracce di Favero, junior veneto che pensa in grande

19.10.2022
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E se i risultati di Ganna aprissero una nuova via per il ciclismo italiano? Una via che passa obbligatoriamente dalla pista. I tecnici azzurri, da Villa a Salvoldi, già da tempo lavorano in tal senso e quasi tutti i giovani talenti che stiamo sfornando si dividono fra le due attività. Renato Favero è fra questi e interpreta perfettamente lo stereotipo del corridore che vuole affermarsi su strada passando proprio per la pista.

Ad appena 17 anni Favero ha già un curriculum di tutto rispetto, tanto che Salvoldi ne ha fatto una colonna portante del quartetto arrivato a un soffio dal record mondiale, ma il portacolori della Borgo Molino sta anche diventando un ottimo specialista della strada, uno di quei passisti che sanno emergere anche a prescindere dalle gare a cronometro (è stato azzurro di specialità a Wollongong).

Il quartetto azzurro che ha sfiorato il record mondiale a Tel Aviv (foto Uci)
Il quartetto azzurro che ha sfiorato il record mondiale a Tel Aviv (foto Uci)

Una vittoria di forza pura

Favero non ha alcuna intenzione di recedere da questo doppio impegno, anche se costa molti sacrifici: «Ogni specialità è utile all’altra e me ne accorgo ogni giorno. I lavori su pista, soprattutto i lavori di potenza, mi stanno dando un grande progresso nei cambi di ritmo».

Una dimostrazione si è avuta al Gran Premio Team del Capitano disputato qualche giorno fa a Poggio Torriana (RN). Una gara come le altre, che Favero ha reso speciale non tanto per la sua vittoria, ma per come essa è arrivata.

«Venivo dalla preparazione e dalla gara iridata – dice – e gli effetti si sono visti. E’ quello che mi ha dato la forza di andar via a una ventina di chilometri dalla fine. Ho guadagnato subito 40” e poi sono andato sempre in crescendo».

Trionfo solitario al GP Team del Capitano (Lucia & Stefano Photo)
Trionfo solitario al GP Team del Capitano (Lucia & Stefano Photo)

L’importanza del team

La gara romagnola si è trasformata così non in una vittoria, ma in un dominio del corridore della Borgo Molino, con il vantaggio che cresceva a dismisura.

«Fondamentale è stato il lavoro dei compagni di squadra che hanno stoppato ogni tentativo di inseguimento. Così è più facile gestire la corsa e alla fine abbiamo monopolizzato il podio».

Favero ha chiuso con 1’42” su Di Bernardo e 3’15” su Delle Vedove. Una vittoria che ha addolcito la bocca dopo una trasferta australiana che non lo aveva soddisfatto.

«E come si può esserlo dopo un 25° posto? Ho vissuto la classica giornata no – ammette – forse per colpa della caduta subita tre giorni prima. Ci tenevo molto a far bene, a portare a casa quantomeno un piazzamento perché la specialità mi piace. Diciamo che ho accumulato esperienza per il 2023, ma speravo di far molto meglio».

Il veneto è una delle colonne del team Borgo Molino che ha dominato la stagione
Il veneto è una delle colonne del team Borgo Molino che ha dominato la stagione

Pista, lavoro e sacrifici

Oltre all’esperienza, al corridore di Mussolente è rimasto ben impressa nella mente lo scenario australiano, le strade che probabilmente sono state la causa della sua delusione.

«Erano strade di montagna – ricorda – con tante buche e in una ci sono finito dentro. Allenarsi con la bici da crono era un problema. Erano asfaltate, per carità, ma davvero disconnesse, infatti sono stati in tanti a fare scivoloni per terra».

Tornando alla sua doppia veste ciclistica, Favero spende parole al miele per il suo cittì Salvoldi col quale in fin dei conti ha iniziato a lavorare solo quest’anno.

«A febbraio per la precisione – ricorda – mi ha portato in squadra intravedendo le mie qualità. Lavorare su pista non è semplice, significa andare ogni settimana a Montichiari, effettuare tanti ritiri. Ma è lì che abbiamo cementato il gruppo e costruito un quartetto eccezionale che d’estate ha portato a casa titolo europeo e mondiale».

Nel gruppo della pista Favero ha un compagno/rivale in Luca Giaimi, campione europeo dell’inseguimento individuale che è anche la sua specialità: «Con Luca non c’è rivalità, quando vestiamo la stessa maglia siamo dalla stessa parte, poi è normale che se siamo di fronte ognuno vuole vincere, ma fa parte del gioco».

Una predisposizione per le crono che Favero ha mostrato subito: qui è tricolore allievi 2021 (foto Ghilardi)
Una predisposizione per le crono che Favero ha mostrato subito: qui è tricolore allievi 2021 (foto Ghilardi)

Il sogno a cinque cerchi

Il lavoro sulla pista ha anche obiettivi più lontani, rinfocolati dalle straordinarie prestazioni cronometriche.

«E’ chiaro che il pensiero va alle Olimpiadi – sorride – sarebbe un sogno parteciparvi. Mi dà fiducia il fatto che continuo a migliorare settimana dopo settimana e sono i numeri, i tempi a dirlo. Non lo nascondo, ci punto molto e questo mi dà la forza per affrontare ogni trasferta, ogni sacrificio, anche quando sento che la stanchezza sta per prendere il sopravvento».

La stagione ormai è finita, ma Favero non è uno che guarda con bramosia alle vacanze: «A parte che vacanze non sono, perché c’è la scuola… Un po’ di riposo comunque ci vuole, ma già penso a quando si ripartirà. A metà novembre inizierò con la palestra, con esercizi mirati per assecondare la costruzione del mio fisico».

Favero e Delle Vedove, insieme campioni d’Italia nel quartetto dell’inseguimento
Favero e Delle Vedove, insieme campioni d’Italia nel quartetto

Un conto in sospeso

Renato accennava alla scuola: «Sono iscritto all’Itis a Bassano del Grappa, la maturità sarà nel 2024, quindi per il prossimo anno sono tranquillo. Conciliare le due cose non è sempre facile. La trasferta in Australia ad esempio è durata due settimane e appena rientrato ho dovuto fare gli straordinari per rimettermi in pari. Per fortuna le agevolazioni in qualità di atleta nazionale mi consentono di gestire lo studio».

Per il 2023 il veneto ha già le idee chiare su quel che vuole ottenere: «Intanto confermare i titoli su pista, poi togliere quei pochi centesimi dal nostro tempo nel quartetto per conquistare il record del mondo. Infine i mondiali a cronometro: scusate, ma con quelli ho un conto in sospeso…».

Delle Vedove e il futuro alla Intermarché: «Voglio imparare»

12.09.2022
5 min
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Alessio Delle Vedove corre veloce verso grandi traguardi, senza farsi spaventare da quello che lo circonda (in apertura festeggia l’approdo in finale nell’inseguimento a squadre, foto Federciclismo). Il ragazzo della Borgo Molino Rinascita Ormelle è ritornato dalla trasferta con la nazionale su pista a Tel Aviv. Dove ha conquistato, insieme ai suoi compagni, il titolo iridato nell’inseguimento a squadre, sfiorando per un soffio il record del mondo. 

«Sono tornato a casa dal Tel Aviv il 28 agosto – dice Delle Vedove – non ho ancora corso, mi sono riposato un po’ ed ho ripreso ad allenarmi pochi giorni fa. Il calendario quest’anno finisce il 16 ottobre, quindi ho ancora un mese di concentrazione, poi si potrà pensare al prossimo anno. Disputerò il campionato italiano di cronometro a squadre agli inizi di ottobre (si correrà il 1° ottobre a Fiume Veneto, ndr), è l’ultima gara sulla quale ho messo gli occhi, spero di finire bene».

Delle Vedove, il secondo da sinistra, insieme ai compagni di squadra dell’inseguimento (foto Instagram)
Delle Vedove, il secondo da sinistra, insieme ai compagni di squadra dell’inseguimento (foto Instagram)
Da dopo Tel Aviv si potrebbe dire che sei tornato in forma e motivato…

La maglia di campione del mondo è un sogno incredibile e già poterla indossare è un onore immenso. Peccato per il record del mondo, ma la pista non era delle migliori, era anche semi aperta, quindi c’erano un po’ di agenti ad influenzare la prestazione. 

A proposito del prossimo anno, abbiamo sentito che correrai con la continental dell’Intermarché Wanty Gobert.

Esatto, ne ho parlato con il mio procuratore Nicoletti ed insieme abbiamo deciso che era la scelta migliore per me. Inoltre io sono molto curioso e volevo proprio mettermi in gioco in una realtà come quella. Penso sia il passo giusto per tentare di fare del ciclismo il mio mestiere.

Delle Vedove ha ricevuto tante richieste: sia dall’Italia che dall’estero (photors.it)
Delle Vedove ha ricevuto tante richieste: sia dall’Italia che dall’estero (photors.it)
Quindi anche tu hai il procuratore, da quanto?

Non da molto, ho firmato la procura con lui da un mese più o meno. Inizialmente non volevo avere un procuratore, devo essere sincero: fossi rimasto a correre in Italia, non avrei firmato. Ma visto che sarò con una squadra straniera e ci saranno tante cose da curare, ho preferito averlo. Avevo un’idea diversa dei procuratori, pensavo imponessero le loro idee e che decidessero le cose a tavolino, invece Nicoletti no, mi ascolta e mi ha sempre chiesto cosa pensassi di ogni singolo dettaglio

Come è nato il contatto con la Intermarché?

A inizio giugno mi sono arrivate tantissime richieste ed offerte, tre da squadre Development: Lotto, Groupama FDJ e Intermarché. Sono arrivate in contemporanea anche due offerte dalle continental italiane: Zalf e Colpack.

Il ragazzo si è messo in luce con tante vittorie quest’anno, sia su strada che su pista (foto photors.it)
Il ragazzo si è messo in luce con tante vittorie quest’anno, sia su strada che su pista (foto photors.it)
Come mai hai scelto l’Intermarché?

Il progetto mi è sembrato molto interessante e disegnato a misura di un ragazzo che è al primo anno da under 23. Ho firmato per due anni, fino al 2024. Il primo anno rimarrò in Italia, c’è la scuola da finire, andrò ogni tanto in Belgio a correre o a fare ritiri. Mi hanno già anticipato che dovrei fare il calendario delle corse in Italia e qualcuna in Belgio e Olanda, non vedo l’ora.

Li hai già conosciuti?

Non dal vivo, andrò di persona solamente a fine ottobre, a stagione finita. Pensavo avessero una struttura molto complessa e intricata, invece nella loro professionalità sono molto semplici. Ho parlato anche con il vicepresidente e con il mio allenatore, Kevin Van Melsen. Quest’anno corre ancora con la WorldTour, ma dall’anno prossimo avrà questo nuovo ruolo. Dalla squadra mi scrivono spesso, mi fanno i complimenti, mi chiedono come sto, sono presenti e mi piace.

Hai già fatto qualche piccola esperienza all’estero, che ti aspetti?

Sì, ho fatto la Corsa della Pace e la Roubaix junior, come prima cosa mi aspetto di imparare tanto. Non vado con presunzione ma con voglia di mettermi in gioco, il livello è alto, l’ho visto nelle mie esperienze. Ho anche avuto modo di parlare con dei ragazzi alla Corsa della Pace, che per curiosità correranno con me il prossimo anno.

Delle Vedove in azione alla Corsa della Pace, una delle poche gare fuori dall’Italia corse dal corridore della Borgo Molino (foto Instagram)
Delle Vedove in azione alla Corsa della Pace, una delle poche gare fuori dall’Italia corse dal corridore della Borgo Molino (foto Instagram)
Cosa vi siete detti?

Parlavamo dei vari allenamenti e delle corse fatte. Ho sempre avuto la sensazione che nel Nord fossero più pronti, e ne ho avuto la conferma. Quei ragazzi fanno 200-300 chilometri in più a settimana rispetto a noi, per questo sono avanti di preparazione e di forma. Mi dicevano che si allenano sempre, anche con la pioggia, noi, invece, no.

Ci sono altre differenze?

La scuola, ne discutevo con un ragazzo tedesco e mi spiegava che da loro la scuola ti viene incontro se fai attività sportiva di alto livello, programmano le interrogazioni e le verifiche. Al contrario, in Italia, ti dicono che ti aiutano, ma poi non lo fanno concretamente

Insomma, curiosità e voglia di iniziare…

Voglio ripartire da zero, tirare una riga e rimettermi in gioco, non importa cosa ho fatto fino ad ora. Devo imparare tanto, lo ripeto, nei primi mesi dovrò restare attento. Per farvi un esempio: non so fare i ventagli, i miei compagni sì, non sono abituato a correre sul pavé, loro ci vivono. Non mi monto la testa, si fa un passo alla volta e nel 2024 vorrei trasferirmi in Belgio in pianta stabile, per fare un ulteriore passo in avanti.

Scalco: tappa all’Astico-Brenta, mondiale e poi la Bardiani

09.09.2022
4 min
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Come anticipato qualche giorno fa, Dino Salvoldi ha portato gli juniores della nazionale all’Astico-Brenta, prova del calendario under 23 ed elite. Un bel banco di prova, in vista dell’appuntamento iridato del 23 settembre in Australia. Tra di loro c’è anche Matteo Scalco (nella foto di apertura al Giro della Lunigiana, foto Scanferla), che dal prossimo anno sarà un corridore del team Bardiani CSF Faizanè, entrando così nel progetto giovani della professional di Bruno e Roberto Reverberi

«Da martedì siamo a Montichiari, ci siamo allenati un paio di volte insieme e ieri abbiamo corso all’Astico-Brenta. E’ stata una buona prova in vista anche del Trofeo Buffoni che correrò domenica con il mio team (Borgo Molino Rinascita Ormelle, ndr)». 

Matteo Scalco (il terzo da destra in maglia azzurra) ha corso ieri all’Astico-Brenta, corsa under 23/elite
Matteo Scalco (il terzo da destra in maglia azzurra) ha corso ieri all’Astico-Brenta, corsa under 23/elite

Una prima esperienza

Quella di ieri all’Astico-Brenta è stata una prima esperienza importante per Scalco che dal prossimo anno, in maglia Bardiani, disputerà le gare internazionali under 23. 

«E’ stato un bel test – dice – ed è andata anche molto meglio di quanto potessi immaginare, alla fine sono arrivato ventesimo. Sono soddisfatto di quanto fatto, direi che non ho sofferto i troppo la distanza (140 chilometri, ndr) alla fine sono venute fuori tre ore e venti di corsa, esattamente quanto una gara juniores. Ovviamente il ritmo era più alto ed è stato difficile rimanere con i migliori, ma ce l’ho fatta. Se avessi avuto questa gamba anche al Lunigiana… Va beh, ci sono altri appuntamenti importanti ora».

Gli juniores come Scalco corrono con i rapporti bloccati, anche se dall’anno prossimo non sarà più così. All’Astico-Brenta però Matteo ha avuto modo di montare l’undici come rapporto più lungo al posteriore. Una prima volta anche questa.

«Ho usato raramente l’undici, solamente in alcuni tratti un po’ in discesa dove si spingeva forte. Per il resto, anche in pianura non l’ho mai utilizzato. Sono riuscito a gestirmi bene, era la prima volta e non sapevo bene cosa aspettarmi, ma alla fine anche negli junior si fa velocità e usiamo il 14, basta far girare le gambe. Questo sarà il livello che troverò il prossimo anno e devo dire che come primo approccio mi piace, ovviamente in alcune corse si alzerà un po’ l’asticella, ma sono curioso di vedermi all’opera».

Scalco, in mezzo tra Roberto e Bruno Reverberi ed il suo procuratore Johnny Carera, correrà per Bardiani dal 2023
Scalco, in mezzo tra Roberto e Bruno Reverberi ed il suo procuratore Johnny Carera, correrà per Bardiani dal 2023

Il professionismo

Nel 2023 Scalco, come detto, correrà in Bardiani, ma in che modo è arrivato al team professional italiano?

«Verso maggio ho firmato la procura con i Carera – racconta – e una volta fatto, abbiamo preso in considerazione le possibilità che mi si erano presentate. In Bardiani avevo già un mio compagno dello scorso anno, Pinarello, che ho sentito costantemente durante l’anno. La sua esperienza mi ha aiutato a prendere questa decisione. E’ vero che avrò un contratto da professionista, ma correrò nella categoria under 23, facendo però tutte prove internazionali. Questo calendario non sarà così fitto ma mi permetterà di andare ad obiettivi, e salendo mano mano di livello capisci se questo può essere il tuo mondo.

«Si erano fatti vivi dei progetti delle squadre WorldTour con team Development. Ma quando la Bardiani si è fatta viva con un progetto secondo me migliore, non ho esitato ad accettarlo. Lo vedo come un gradino intermedio, che mi permetterà di crescere passo dopo passo».

Scalco Piva 2022
Scalco ha raccolto molti successi quest’anno, molti importanti, tra cui il Trofeo Piva junior, vinto per distacco (foto Bolgan)
Scalco Piva 2022
Scalco ha raccolto molti successi quest’anno, molti importanti, tra cui il Trofeo Piva junior, vinto per distacco (foto Bolgan)

A misura d’uomo

Dall’esperienza del suo ex compagno di squadra, Scalco ha deciso di intraprendere il cammino in Bardiani, una decisione che fa capire come il progetto giovani sia ben avviato.

«Pinarello si è trovato bene – racconta Scalco – soprattutto per quanto riguarda la scuola. Visto che non corriamo tutti i weekend, c’è una migliore gestione dello studio e dei carichi di allenamento. E’ riuscito a fare tutte le gare internazionali in Italia, tra cui il Giro Under 23, e qualche gara all’estero, come quella in Belgio appena conclusa.

«Per quanto riguarda i dettagli non sappiamo bene cosa dovremo fare. Per esempio non so se sarò costretto a cambiare residenza o meno, durante l’ultimo consiglio federale avevano detto che avrebbero cambiato questa regola. Ho parlato con i Carera, ho conosciuto sia Johnny che Alex, sono venuti anche a vedermi al Lunigiana, a dimostrazione che ci credono».

Per Cuccarolo vittoria con retrogusto un po’ amaro

24.08.2022
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Quest’anno il Giro del Friuli per juniores ha dovuto giocoforza cambiare pelle. Non più gara a tappe, cancellata a fine maggio per ragioni legate alla sicurezza ma due corse in linea, per tenere in vita la manifestazione, una a luglio e poi quella che ha mantenuto la stessa denominazione e che ha regalato l’ennesima soddisfazione dell’anno al Borgo Molino Rinascita Ormelle con Giovanni Cuccarolo.

Sul percorso da Casut a Cimolais il trevigiano ha colto l’ennesima soddisfazione di una stagione costante ad alti livelli: «Riuscire a vincere su un percorso che non era proprio adatto alle mie caratteristiche mi fa particolarmente piacere. Sapevo che se restavo davanti potevo giocarmi le mie carte e la squadra ha corso per permettermelo e farmi arrivare alla volata con le energie necessarie per emergere».

Cuccarolo Friuli 2022
La volata vittoriosa di Cuccarolo a Cimolais. E’ la sua quarta vittoria stagionale (foto Scanferla)
Cuccarolo Friuli 2022
La volata vittoriosa di Cuccarolo a Cimolais. E’ la sua quarta vittoria stagionale (foto Scanferla)
Nel corso della stagione sei stato fra i corridori più emergenti, sin dalle prime classiche di marzo…

Effettivamente sono rimasto sempre a buoni livelli, forse ho conquistato poche vittorie ma ho anche portato a casa 6 secondi posti e tanti piazzamenti davanti. Forse quello che mi ha più fatto male è stato il 3° posto al Trofeo Ristorante Colombera di fine marzo, sapevo di poter vincere già allora. Nel complesso però non posso proprio lamentarmi.

Dicevi che il percorso friulano non ti si addiceva: che corridore sei?

Un corridore veloce, forse non per le volate di gruppo ma certamente reggo bene anche sprint un minimo affollati e soprattutto gare dove ci sono piccoli strappi che possono fare la differenza. Sulle salite corte mi difendo bene, ma l’evoluzione della gara di sabato dimostra che vado migliorando in generale.

Cuccarolo gara 2022
Con 4 successi e 6 piazze d’onore, il veneto Cuccarolo è tra i più continui in stagione
Cuccarolo gara 2022
Con 4 successi e 6 piazze d’onore, il veneto Cuccarolo è tra i più continui in stagione
Tu hai fatto tutto il calendario italiano, ma non ti si è mai visto all’estero…

Con la squadra si era deciso a inizio stagione di seguire il calendario italiano, nel quale in molto gare abbiamo trovato i team stranieri, spesso i più forti al mondo come a San Vendemiano. Le nostre esperienze le abbiamo fatte ed altre ci aspettano da qui alla fine della stagione. Non mi sento penalizzato per non aver avuto occasioni fuori dai confini, almeno con il mio team.

Pur essendo tra i più costanti ad alti livelli, non hai avuto convocazioni in nazionale per le tappe di Nations Cup, quelle potevano essere l’occasione.

Non posso negare che sia un po’ un tasto dolente, nonostante non abbia fatto una brutta stagione non sono stato preso in considerazione. Era un obiettivo, io sono comunque soddisfatto perché ho la coscienza di aver fatto tutto quello che era necessario.

Rispetto all’inizio dell’anno in che cosa pensi di essere cambiato?

Fino alle categorie minori si correva per se stessi, qui ho imparato che cosa significa correre di squadra, avere un obiettivo comune con i compagni. E’ cambiato completamente il modo di correre e di interpretare questo sport. E’ ciò che fa la differenza tra vincere e perdere.

Cuccarolo podio
Il podio finale di Cimolais con Cuccarolo fra Conforti 2° e Menghini 3° (foto Scanferla)
Cuccarolo podio
Il podio finale di Cimolais con Cuccarolo fra Conforti 2° e Menghini 3° (foto Scanferla)
Ora ti aspetta il Lunigiana, con quali obiettivi?

Non sono un corridore per gare a tappe, in queste occasioni posso dare una mano alla squadra e provare a dare la caccia a qualche traguardo parziale. Mi ispiro molto al modo di correre di Wout Van Aert, che riesce a emergere su qualsiasi tipo di percorso nelle corse d’un giorno, spero fatte le debite proporzioni di seguire un po’ le sue gesta.

Il problema del budget limitato

Fin qui le parole di Cuccarolo, ma alcune sue risposte ci hanno spinto a chiedere un approfondimento al suo diesse Cristian Pavanello, che anzi ha anticipato le nostre richieste contattandoci direttamente per dire la sua: «Sul fatto del correre all’estero c’è molto da dire: intanto una squadra per juniores ha un budget limitato, in passato qualche uscita fuori i confini l’abbiamo fatta come alla Roubaix, ma quelle gare ora sono della Nations Cup e vi si partecipa solo con la nazionale. Inoltre noi abbiamo corridori sparsi fra l’attività su pista e la nazionale, con chi dovremmo andare all’estero? Spenderemmo cifre folli – si parla di almeno 7.000 euro – per non portare nulla a casa, l’esperienza i ragazzi possono farla benissimo qui».

Giovanni, già campione veneto Allievi, con il fondatore della Borgo Molino Leandro Freschi
Giovanni, già campione veneto Allievi, con il fondatore della Borgo Molino Leandro Freschi
In Italia però il calendario è troppo caratterizzato da corse d’un giorno…

Questo è un altro aspetto. Samuel Novak ad esempio ha già fatto 5 corse a tappe con la sua nazionale e sinceramente mi sembrano un po’ troppe, quando torna da noi ha bisogno di recuperare. Ma c’è un altro dato a cui non si presta molta attenzione: i dirigenti dei team sono tutti appassionati, che hanno un lavoro e non possono consumare tutte le ferie per seguire le gare. Servirebbero almeno tre persone a tempo pieno, ma come le assumi con gli introiti che abbiamo? Bisognerebbe rivedere tutta l’attività, ma partendo proprio dalle fondamenta.

Cuccarolo sembra molto abbattuto per non aver avuto una chance in nazionale…

Con Salvoldi mi sono confrontato spesso, so che all’inizio non conoscendo l’ambiente si è affidato ai corridori di secondo anno, più navigati. Sicuramente Giovanni avrebbe meritato per la stagione che ha fatto una convocazione, ma chissà che non arrivi presto: con la condizione che ha e considerando che su un percorso veloce come quello australiano che richiede anche fondo uno come lui va a nozze, potrebbe anche arrivare nell’occasione più importante. Incrociamo le dita…

Scalco, ragazzo dalle idee chiare e vittorie in serie

29.07.2022
5 min
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Non è sempre facile correre in una squadra che, nella sua categoria, spesso fa il bello e il cattivo tempo. Alla Borgo Molino sono in tanti a mettersi in evidenza e allora per spiccare serve qualcosa di più, che nel caso di Matteo Scalco si chiama costanza di rendimento. Il giovane vicentino per tutta la stagione è rimasto sempre nei quartieri alti della classifica di ogni prova a cui ha preso parte tanto da guadagnarsi la maglia azzurra, ma poi, dal giorno del Trofeo Piva è scattato qualcosa e ha iniziato a vincere.

Matteo, da che ha ricordi, è sempre stato in bici: «Già a 4 anni giravo con la mia piccola bici davanti casa. Il passo verso l’agonismo è stato tanto breve quanto naturale, ho iniziato con i G2, fino al 1° anno da esordiente ho corso nel VC Marostica, avendo mio padre come allenatore. Poi sono passato alla San Grillo Bike, un’istituzione dalle mie parti, da cui sono passati tanti atleti».

Scalco Piva 2022
La vittoria al Trofeo Piva Junior, con 1’20” sul gruppo regolato da Marco Martini (foto Bolgan)
Scalco Piva 2022
La vittoria al Trofeo Piva Junior, con 1’20” sul gruppo regolato da Marco Martini (foto Bolgan)
Ti sei sempre concentrato sulla strada?

Da allievo ho fatto qualche gara di ciclocross, ma non posso dire che mi abbia affascinato. Per me il ciclismo è sempre stato quello su strada, sono nato lì e non ho mai trovato altre particolari attrattive. Ho provato anche il calcio, ma c’è voluto poco per capire che cosa mi piaceva davvero…

Dove ti trovi meglio?

Dove c’è salita sicuramente. Molti dicono che sono uno scalatore puro, di quelli che non si vedono più, ma io non mi ci sento, né fisicamente considerando che sono 1,76 per 62 chili, né mentalmente, cerco di andar bene ovunque ma è pur vero che la salita è il mio terreno preferito. Sul passo mi difendo abbastanza, anche se so che devo migliorare.

Scalco Loria 2022
Una settimana dopo il bis al GP Sportivi Loria. Privitera a 1’11”, gli altri a quasi 3 minuti (foto Francesco Cecchin)
Scalco Loria 2022
Una settimana dopo il bis al GP Sportivi Loria. Privitera a 1’11”, gli altri a quasi 3 minuti (foto Francesco Cecchin)
Fai una dieta specifica per mantenere quel peso?

No, diciamo che sto abbastanza attento a quel che mangio per mantenere quell’equilibrio, ma non seguo un particolare regime alimentare.

Nel corso della stagione sei sempre andato abbastanza bene, ma la vittoria al Trofeo Piva sembra averti proiettato in una nuova luce. Che corsa è stata?

Quel che mi resterà sempre impresso è il gran caldo. E’ stata una vittoria di squadra: nel circuito finale da ripetere c’era un piccolo strappo che ho usato come trampolino di lancio, ma non avrei certamente fatto oltre 30 chilometri di fuga solitaria se la squadra non mi avesse coperto dietro.

SCalco allenamento
Il vicentino sa far gruppo. Si allena ogni giorno, per studiare al suo rientro (foto M.Scalco)
SCalco allenamento
Il vicentino sa far gruppo. Si allena ogni giorno, per studiare al suo rientro (foto M.Scalco)
La tua caratteristica principale resta però il rendimento costante, anche a livello internazionale finisci sempre in posizioni abbastanza avanzate, anche quando sei stato chiamato in causa in nazionale…

Devo dire che ho avuto la fortuna di raggiungere subito una buona condizione e mantenerla per tutto l’anno, senza interruzioni dettate da problemi fisici. Quando sono stato chiamato in causa per la nazionale ho sempre lavorato per i compagni, sia alla Gand-Wevelgem che al Tour du Pays de Vaud e agli Europei. Spero di avere altre occasioni perché sento molto la responsabilità di indossare la maglia azzurra.

Che ambiente hai trovato in nazionale?

Molto tranquillo, Salvoldi tiene molto che si formi un gruppo coeso sin dall’inizio, che funzioni fuori dalle corse perché poi sia lo stesso quando si gareggia. Quando vince uno, vincono tutti. All’europeo sapevamo che Belletta era la nostra carta migliore e abbiamo lavorato per tenere cucita la corsa. Poi le gare vanno come devono andare, ma quel che era stato stabilito alla vigilia lo abbiamo realizzato.

Nato il 25 giugno 2004, Scalco è già stato 3 volte in nazionale e ora spera nei mondiali
Nato il 25 giugno 2004, Scalco è già stato 3 volte in nazionale e ora spera nei mondiali
Tu sei al primo anno junior: visto il tuo rendimento, cominciano ad avvicinarsi a te altri team per programmare il tuo futuro?

So che le mie prestazioni stanno destando interesse, ma lascio fare al procuratore (Scalco è seguito dai fratelli Carera, ndr), ci sono varie opportunità, ma voglio fare tutto per gradi. Intanto il prossimo anno c’è la maturità e quindi non è proponibile cambiare qualcosa adesso.

Che scuola fai e come ti trovi?

Sono all’Istituto Tecnico Economico di Bassano del Grappa, mi trovo molto bene e riesco ad organizzarmi, infatti non credo che la prossima stagione cambierò molto del mio programma anche se l’impegno dell’esame è molto importante e porterà via molte energie mentali. Per questo però non voglio cambiare. Mi alleno quasi tutti i giorni, così studio la sera, per fortuna le interrogazioni programmate mi aiutano, ma quando sono in trasferta per periodi più lunghi del weekend è un problema, perdo spiegazioni che mi sarebbero utili.

Scalco intervista
Matteo è al suo secondo anno junior. Vuole restare in Italia, anche per non interferire con la scuola
Scalco intervista
Matteo è al suo secondo anno junior. Vuole restare in Italia, anche per non interferire con la scuola
E se ti arrivasse una proposta dall’estero?

Se si tratta del dopo la prenderei in considerazione, sicuramente voglio affrontare la carriera da Under 23 perché sono convinto che sia importantissima per continuare a crescere. Se arriverà qualche buona proposta anche a giudizio di chi mi segue, sono pronto ad accettarla, ma solo dopo gli esami. La scuola viene prima, voglio costruirmi una base culturale per qualsiasi scelta faccia quando sarò più grande.

Che cosa ti attende ancora nella stagione?

Ci sono molte gare nazionali, alcune con arrivo in salita quindi voglio continuare su questo trend fino al Lunigiana. Le gare a tappe mi piacciono molto e credo di avere le caratteristiche giuste per emergere. Poi sogno di vestire la maglia azzurra per i mondiali in Australia, quello del mondiale non è un percorso durissimo ma credo che potrei essere d’aiuto per chi sarà designato capitano. Ma per essere convocato quel che è stato fatto conta poco, importa quel che sarà da oggi ad allora…

Di Bernardo, stirpe nata da una campionessa

21.06.2022
5 min
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Nada Cristofoli fa parte della storia del ciclismo femminile italiano. Dieci anni di attività negli anni Novanta con 11 vittorie tra cui 3 tappe al Giro d’Italia. Un titolo italiano su pista nell’individuale a punti e nella stessa prova anche una medaglia d’argento ai mondiali nel 1995 a Bogotà. Due presenze ai mondiali su strada e una alle Olimpiadi su pista, finendo decima nella corsa a punti ad Atlanta 1996. Ma soprattutto Nada ha dato il là a una dinastia ciclistica, insieme a suo marito Carlo Di Bernardo buon dilettante al Gs Caneva. Da loro sono nati infatti Nicolò oggi appartenente al Gc Sissio e in gara al Giro d’Italia U23; Marco junior della Borgo Molino Rinascita Ormelle (con lei in apertura) e vincitore dell’ultimo Gp dell’Arno. E Fabio, ancora esordiente.

Una famiglia al completo dedicata al ciclismo, ma probabilmente non poteva essere altrimenti. Troppa la passione per le due ruote in comune fra marito e moglie e Nada, ripensandoci, ammette che è così. Anche se quando sono nati i suoi figli aveva già smesso.

«Anzi – precisa – è stata quella la spinta a chiudere l’attività quando avevo solo 28 anni. Volevo una famiglia numerosa e non volevo che il tempo mi scappasse via dalle mani. Se a questo si aggiunge che c’era stato qualche episodio poco piacevole, ecco che la decisione è stata naturale e non me ne sono mai pentita, anzi».

Cristofoli carriera
Nada Cristofoli, attiva dal 1989 al ’99, ha ottenuto in carriera 11 vittorie con un argento mondiale
Cristofoli carriera
Nada Cristofoli, attiva dal 1989 al ’99, ha ottenuto in carriera 11 vittorie con un argento mondiale
Come li avete coinvolti?

E’ stata una cosa naturale, andavamo spesso a seguire qualche competizione e i bambini si appassionavano sempre più insieme al fatto che si divertivano con le bici. Poi mio marito non ha praticamente mai smesso. Noi non li abbiamo forzati, anzi abbiamo fatto fare loro anche altri sport, ma poi hanno deciso di seguire le nostre orme.

Quanto è pesato il tuo esempio?

Non è che sto lì a raccontare le mie imprese. Chiaramente, quando arriva qualche amico o il discorso cade su gare del passato, qualche domanda arriva, ma non è che parliamo sempre di queste cose. Anzi hanno scoperto la mia carriera solo molto dopo che avevano deciso di seguire la loro strada ciclistica. A casa abbiamo album di foto perché mi piace avere ricordi di tutto, quindi sì, ci sono le gare mie ma anche le loro, anzi soprattutto…

Di Bernardo famiglia
Mamma e papà Di Bernardo insieme al piccolo Fabio, ancora esordiente
Di Bernardo famiglia
Mamma e papà Di Bernardo insieme al piccolo Fabio, ancora esordiente
Rispetto a te che tipi di corridori sono?

Io ero veloce, in salita me la cavavo, ma dicevo la mia soprattutto nei gruppi ristretti. Infatti ho raccolto soddisfazioni soprattutto su pista pur essendomici dedicata solamente due anni e avendo a disposizione un numero di specialità molto ridotto rispetto ad ora. Di loro quello che mi assomiglia di più è forse Marco, che è abituato ad andare in fuga. Nicolò è più attendista, diciamo che ha preso un’altra mia caratteristica, anch’io aspettavo l’occasione buona. Fabio è ancora troppo piccolo, ci teniamo che il ciclismo per lui mantenga le caratteristiche del divertimento puro.

E’ diverso vivere le gare da mamma invece che da protagonista?

Molto. Io mi emozionavo molto nelle gare, ma non è paragonabile a quello che si vive guardando i propri figli. Per questo preferisco tenermi un po’ in disparte alle gare. Sanno che ci siamo, che li seguiamo e se hanno bisogno siamo lì, ma hanno a che fare con i tecnici della squadra, noi non vogliamo intrometterci. Però capisco la fatica, i sacrifici che ci sono dietro ogni corsa, ogni azione.

Cristofoli figli
Nada fra i suoi figli Fabio, Marco e Nicolò, tutti coinvolti nel ciclismo già da piccoli
Di Bernardo figli
Marco e Nicolò Di Bernardo, il primo ancora junior, il secondo U23 in gara al Giro d’Italia
E vi chiedono consigli sulle scelte future?

Ci confrontiamo. Marco è da 4 anni che milita alla Borgo Molino. Ne parliamo insieme, sapendo che è un ciclismo molto diverso da quello dei miei tempi. E’ tutto molto precoce il che significa che le scelte vanno ponderate con attenzione. Noi però siamo stati chiari su un punto: tutto va come deve, il sogno è di andare sempre più avanti e approdare fra i professionisti, altrimenti sarà stata una bella esperienza, ma la vita è fatta anche di altro. Intanto Marco vorrebbe approdare fra gli under 23 avendo la possibilità di correre con il fratello. Vedremo.

Di Bernardo Solbiate
La vittoria autorevole di Marco Di Bernardo al Gp dell’Arno a Solbiate (foto Rodella)
La vittoria autorevole di Marco Di Bernardo al Gp dell'Arno a Solbiate (foto Rodella)
La vittoria autorevole di Marco Di Bernardo al Gp dell’Arno a Solbiate (foto Rodella)
Parli di un ciclismo cambiato, figuriamoci allora per te vedere che cosa è diventato il ciclismo femminile…

Non c’è paragone, è un mondo completamente diverso. Io vivevo una realtà fatta di poche squadre, di un calendario pressoché nazionale, di scarsissima attenzione da parte dei media. Oggi invece il ciclismo femminile si avvia ad affiancare in tutto quello maschile. Il ciclismo è cambiato alle sue fondamenta, già da allievi fai vita e preparazione in maniera attentissima, senza trascurare nulla.

Ti sarebbe piaciuto vivere una realtà come questa?

Un po’ sì, soprattutto per la pista. Avevamo solo 3 specialità a disposizione, oggi avrei vinto molto di più. Soprattutto mi sarebbe piaciuto fare la madison, una gara che mi avrebbe esaltato.

Borgo Molino, il difficile equilibrio tra vittorie e futuro

16.06.2022
6 min
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Quali ingredienti servono per comporre uno junior, affinché da grande diventi un grande corridore? E’ la domanda che ci si pone da tempo davanti alle differenze spesso imbarazzanti in ambito under 23 fra i nostri e gli altri. E se è vero che all’estero probabilmente si hanno altre libertà, come denunciato da Oldani al Giro d’Italia, il dubbio che qualcosa in Italia manchi nella formazione in certi giorni ti assale. Sarebbe sbagliato cercare tracce di Evenepoel in ogni ragazzino, ma è interessante chiedersi in che modo crescano i nostri futuri professionisti. E così un sondaggio abbiamo ritenuto di farlo con Cristian Pavanello, diesse della Borgo Molino: la squadra che negli ultimi mesi ha mandato Pinarello direttamente fra i pro’ e corridori come Bruttomesso e Ursella alla Zalf e alla DSM. Eppure fra i tecnici degli U23 c’è chi dice che nel team di Ormelle, in provincia di Treviso, si guardi più al risultato immediato che al lungo termine.

«Sono un tecnico vincente – dice Pavanello, fratello di Luca che fu professionista con la Aki-Gipiemme e per quattro anni a sua volta dilettante, tra la Zalf Fior e la Bata-Moser – e alle corse si va per vincere. Non perché abbiamo bisogno di fare punti, ma perché la vittoria è quello che ripaga i ragazzi dei loro sforzi. Abbiamo vinto con 6-7 corridori diversi, se invece badassimo davvero alla quantità, punteremmo su quelli che danno più garanzie e metteremmo gli altri a tirare. Facciamo tutte le internazionali che ci sono in Italia e abbiamo in programma di fare una trasferta all’estero. Ma i ragazzi hanno la scuola e poi lo stage. Poi c’è la nazionale. Non è semplice trovare il tempo».

Cristian Pavanello è stato dilettante e guida gli juniores della Borgo Molino (foto photors.it)
Cristian Pavanello è stato dilettante e guida gli juniores della Borgo Molino (foto photors.it)
Critiche rispedite al mittente?

Una cosa che mi fa pensare di essere sulla strada giusta è che i nostri ragazzi vengono ricercati da tante squadre. I risultati confermano il buon lavoro che facciamo. Alcuni si confermano e alcuni chiaramente si perdono, magari anche ragazzi da cui ci aspettavamo tanto, ma questo succede a tutti. Secondo me se qualcuno si lamenta, è semmai perché i nostri ragazzi non vanno con loro.

Oggi si passa da juniores a continental e sei già fra i pro’: avete cambiato qualcosa nella gestione?

Non abbiamo cambiato niente, per fare certi numeri serve materiale umano buono. Sapremo fra 4-5 anni se questa tendenza a passare così giovani darà buoni frutti.

Alla Coppa Montes, un bel gap fra Mees Viot e Romet Pajur del Team Auto Eder e Matteo Scalco (foto photors.it)
Alla Coppa Montes, un bel gap fra Mees Viot e Romet Pajur del Team Auto Eder e Matteo Scalco (foto photors.it)
Ci sono squadre come la Auto Eder e la FDJ capaci di prestazioni piuttosto consistenti…

Li preparano per il salto tra i pro’. I nostri hanno altre mentalità, alcuni si sviluppano a 23 anni. Il nostro Pinarello è passato direttamente tra i pro’, ma sta facendo attività U23 e ha i suoi tempi. Sta facendo il Giro d’Italia U23 da primo anno, mi sembra normale che trovi difficoltà. Bruttomesso invece ha vinto subito. Ognuno ha la sua strada. Ci sono stati ragazzini che a livello juniores dominavano e poi sono spariti. E’ meglio così? I migliori dei nostri non saranno al livello dei 4-5 che dominano a livello mondiale, ma hanno mantenuto le loro caratteristiche e vanno bene. Noi lavoriamo su più fronti.

Più specialità?

Facciamo strada, pista e cross. Delle Vedove è un velocista, ma ha fatto anche corse dure come la Tre Valli e la Piccola San Geo e adesso ha vinto i tricolori in pista.

Però al Giro U23 si vedono differenze notevoli.

Chi sta dominando al Giro ha fatto attività con le WorldTour: è giusto? Il nostro modo di lavorare ha dato e dà buoni frutti, ma non si può usare come paragone Evenepoel e pretendere che tutti seguano lo stesso cammino.

Qualcuno dice che la società italiana non produce ragazzi capaci di sacrificarsi davvero.

Non penso che sia così. Si criticano ragazzi che semplicemente fanno un percorso diverso. Non so se i ragazzi della Auto Eder vadano a scuola e non so quanti di loro diventeranno campioni. Credo sia tutto da analizzare bene, senza fermarsi al risultato immediato. Sono nella categoria da 25 anni, abbastanza per capire che Nibali non ne nasce uno ogni anno. Piuttosto faccio io una domanda…

Alla Coppa Montes, l’arrivo di Novak (foto photors.it)
Alla Coppa Montes, l’arrivo di Novak (foto photors.it)
Vai.

Quanti corridori si perdono perché non trovano squadra? Nelle WorldTour straniere fanno correre i loro. La Ineos prende Ganna perché vince e si porta via Cioni, uno dei migliori allenatori in circolazione. In ogni squadra WorldTour c’è almeno un tecnico italiano, si fa tanto parlare, ma qui non c’è una grande squadra che possa insegnare ai ragazzini a diventare corridori. Se hai la struttura, nella quantità trovi la qualità. Invece siamo penalizzati fortemente dalla mancanza di squadre e da quello che Oldani ha detto chiaramente.

Andare all’estero a fare una corsa a tappe non li farebbe crescere?

Come società, la sola cosa che conta è avere ragazzi che continuano, non solo quelli che vincono. Abbiamo fatto per anni il Trofeo Karlsberg, ma ormai è nella Nation’s Cup e si fa solo per nazionali. Non c’è più questa grande quantità di corse all’estero, come qua non ci sono più il Giro di Basilicata, quello di Toscana o quello del Friuli, che è stato annullato e che erano ottime occasioni di crescita. E poi c’è da fare i conti col budget, il momento è noto e andare all’estero ti costa 6-7 mila euro che non sono facili da spendere. E poi un’altra cosa…

Matteo de Monte vince così la Coppa Fratelli granzotto (foto photors.it)
Matteo de Monte vince così la Coppa Fratelli granzotto (foto photors.it)
Quale?

Va bene fare il confronto con le squadre che vengono da fuori a dominare in Italia, ma io non ce la faccio a vedere degli juniores che fanno i professionisti a 17-18 anni. Ci sono già tanti ragazzi in difficoltà  in giro, mi dispiacerebbe impedirgli di andare a scuola, privandoli di un futuro se il ciclismo non dovesse andar bene.

Di Bernardo, figlio d’arte. Salito il primo gradino

10.06.2022
6 min
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«Sicuramente non ho fatto ancora niente – dice Marco Di Bernardo – ho vinto una bella corsa, però la stagione è ancora lunghissima e poi comunque la carriera, ammesso che di carriera si possa già parlare, è più lunga ancora».

Metà settimana dopo la più bella vittoria da quando è junior, il Gran Premio dell’Arno a Solbiate Arno (foto Rodella in apertura), lo junior della Borgo Molino Rinascita Ormelle, che aveva già vinto a Pescantina in aprile, ha però i piedi per terra. Non a caso abbiamo iniziato questo viaggio nella sua storia partendo dalla fine: non sarà troppo già un articolo? La sua risposta invita a continuare, anche conoscendo la storia alle spalle. Sua madre è Nada Cristofoli, azzurra negli anni 90 e vincitrice di tre tappe al Giro e di una maglia tricolore su pista. Suo padre è Carlo Di Bernardo, negli stessi anni dilettante al Caneva.

Sul podio di Solbiate Arno, Di Bernardo fra Leali e Borgo (foto Rodella)
Sul podio di Solbiate Arno, Di Bernardo fra Leali e Borgo (foto Rodella)

«Però la vittoria resta bellissima – sorride – tanta emozione. Fino a ieri ancora non ci credevo. Sono cose che comunque restano impresse per un bel po’ e danno motivazione per far meglio. Speriamo davvero di far meglio…».

Marco ha compiuto 18 anni il 9 febbraio e ha l’aspetto di un atleta ancora in crescita. Non ha la definizione dei tanti chilometri e nelle gambe poche corse a tappe. Lo scorso anno ha concluso un bel Giro del Friuli, finora nel suo programma ci sono state corse di un giorno, ma la stagione è lunga e la prospettiva è di alzare ulteriormente il livello.

Eri andato in Lombardia sapendo di poter vincere?

Nella mia testa, volevo vincere. E’ comunque una classicissima e quando vai a correre, non è mai per far secondo: cerchi sempre di portare a casa il massimo risultato. Sicuramente non ero tra i primissimi favoriti, però per come si è messa la corsa, sono riuscito a interpretarla bene.

La corsa è stata decisa da una fuga portata via al terzo di 10 giri da Alessandro Borgo (Work Service), Diego Bracalente (Scap), Di Bernardo (Borgo Molino) e Martic Jurik (Adria Mobil). A due giri dalla fine, lo slovacco è caduto e proprio nell’ultimo giro i tre di testa sono stati raggiunti da Leali (Team Giorgi), Franzosi (Aspiratori Otelli) e Volpato (Giorgione). Nella volata di sei, Di Bernardo ha alzato le braccia al cielo.

Dopo la vittoria 2020 del GP Rinascita Ormelle, con la madre Nada Cristofoli e il padre Carlo (fofo photors.it)
Dopo la vittoria 2020 del GP Rinascita Ormelle, con la madre Nada Cristofoli e il padre Carlo (fofo photors.it)
Perché sei salito su una bicicletta?

Penso sia un po’ scontato (sorride, ndr), con i miei che hanno corso. Il ciclismo è di famiglia, avevo mio fratello che correva, andavo alle gare e così è nata la passione.

Colleoni, figlio di Imelda Chiappa, non ha mai chiesto molto alla madre della sua carriera…

Sinceramente ho cominciato a capire un po’ di quello che aveva fatto nelle categorie esordienti. Prima più che altro ero spensierato, ero ancora un po’ bambinotto, quindi non capivo ancora bene. Adesso ne sono consapevole.

Andare in bici è ancora un gioco? 

Ormai il ciclismo è diventato molto precoce, quindi bisogna stare al passo con gli altri. Molte squadre pro’ stanno creando team giovanili, quindi è ancora un gioco perché comunque non si parla di lavoro e stipendi, però sicuramente bisogna impegnarsi durante la settimana a fare la vita da corridore. Perché sennò si va in gara e si prendono delle legnate. Non dico la vita del professionista, perché penso sia esagerato. Però sul piano di allenamenti, recupero e alimentazione bisogna stare attenti. Col cibo non ho problemi, si tratta di mangiare sano. E allenarsi è necessario.

Di Bernardo in azione al GP FWR Baron che si è corso a maggio (foto photors.it)
Di Bernardo in azione al GP FWR Baron che si è corso a maggio (foto photors.it)
Pensi che se ti offrissero di passare subito, andresti?

Sicuramente la voglia di passare subito c’è, però poi bisogna anche ragionarci sopra e fare la scelta giusta. Ho l’esempio di due miei compagni dell’anno scorso, Pinarello e Bruttomesso. Uno ha fatto la scelta di passare subito, Pinarello, però sta seguendo un calendario da under 23. Invece Bruttomesso sta facendo un anno da U23 e poi passerà. Io sarei più propenso a fare come lui, a seguire il suo percorso. 

Come ti trovi alla Borgo Molino? Guardando da fuori si nota che puntano molto al risultato, facendo in modo che i ragazzi si specializzino in ciò che gli viene meglio…

Nel senso che uno veloce difficilmente viene portato a fare le corse dure? Sono d’accordo, è una cosa che serve. Secondo me non tutte le gare, ma alcune per fare esperienze sono necessarie. Perché da under 23 le corse sono più dure, anche quelle piatte, figurarsi da professionisti. Bisogna fare esperienza, non è sbagliato. Io sto facendo così già dall’anno scorso. Mi trovo benissimo, sono con loro da 4 anni ormai e ad ogni stagione sto meglio, con i compagni e lo staff.

Lo scorso anno, Di Bernardo è stato 10° al Giro del Friuli, vinto dal compagno Pinarello, a destra (foto photors.it)
Lo scorso anno, Di Bernardo è stato 10° al Giro del Friuli, vinto dal compagno Pinarello, a destra (foto photors.it)
L’obiettivo in questa fase è trovare squadre per il 2023?

Trovare la squadra per il prossimo anno è importante, però adesso il mio sogno è la maglia azzurra e speriamo di continuare bene dopo questa vittoria, così da provare a indossarla. So di dover lavorare. Il mio punto di forza magari è la visione di corsa. Sono uno che comunque riesce a capire la fuga e  dove attaccare. Per contro, il mio punto debole sono le salite lunghe, lì faccio fatica.

Vittoria a parte, quando ti sei sentito forte?

A livello di sensazioni, mi sono sentito bene anche alla Coppa Montes, c’erano team importanti. Vlot che ha vinto era del Team Auto Eder, settore giovanile della Bora Hansgrohe. E poi c’era anche Kadlec. Secondo è arrivato il mio compagno Pajur. A me sono mancate le gambe sull’ultima salita, mi sono staccato negli ultimi 200 metri. Una bella prestazione, terzo italiano all’arrivo. Poi ho avuto un periodo un po’ no di 2-3 settimane e alla fine sono tornato in forma.

Marco Di Bernardo è nato il 9 febbraio del 2004, vive a Carpaccio di Dignano e corre alla Borgo Molino
Marco Di Bernardo è nato il 9 febbraio del 2004, vive a Carpaccio di Dignano e corre alla Borgo Molino
Quale il tuo programma? Farai corse a tappe?

Adesso finisco la scuola. La prossima settimana corro a Pieve di Soligo, internazionale. L’anno scorso ho fatto 10° al Giro del Friuli al primo anno da junior. Dovevo fare il Lunigiana, ma ho avuto il covid. Quest’anno proverò ad andarci per fare esperienza e proverò a raccogliere anche qualcosa. Alla presentazione si disse che saremmo andati a fare gare a tappe all’estero, ma non ne so di più. Bisognerebbe chiedere alla squadra.

Cosa dicono i tuoi genitori?

Sicuramente quando vinco, i miei sono i primi a emozionarsi ed è bello così. Mi danno stimoli e consigli, poi è ovvio che quando sono in corsa, ascolto quel che dice la squadra. Quando parlo con mio padre e mia madre, sono in grado di dirmi se ho sbagliato qualcosa, come è giusto che sia, avendo corso in bici per tanti anni.