«Sicuramente non ho fatto ancora niente – dice Marco Di Bernardo – ho vinto una bella corsa, però la stagione è ancora lunghissima e poi comunque la carriera, ammesso che di carriera si possa già parlare, è più lunga ancora».
Metà settimana dopo la più bella vittoria da quando è junior, il Gran Premio dell’Arno a Solbiate Arno (foto Rodella in apertura), lo junior della Borgo Molino Rinascita Ormelle, che aveva già vinto a Pescantina in aprile, ha però i piedi per terra. Non a caso abbiamo iniziato questo viaggio nella sua storia partendo dalla fine: non sarà troppo già un articolo? La sua risposta invita a continuare, anche conoscendo la storia alle spalle. Sua madre è Nada Cristofoli, azzurra negli anni 90 e vincitrice di tre tappe al Giro e di una maglia tricolore su pista. Suo padre è Carlo Di Bernardo, negli stessi anni dilettante al Caneva.
«Però la vittoria resta bellissima – sorride – tanta emozione. Fino a ieri ancora non ci credevo. Sono cose che comunque restano impresse per un bel po’ e danno motivazione per far meglio. Speriamo davvero di far meglio…».
Marco ha compiuto 18 anni il 9 febbraio e ha l’aspetto di un atleta ancora in crescita. Non ha la definizione dei tanti chilometri e nelle gambe poche corse a tappe. Lo scorso anno ha concluso un bel Giro del Friuli, finora nel suo programma ci sono state corse di un giorno, ma la stagione è lunga e la prospettiva è di alzare ulteriormente il livello.
Eri andato in Lombardia sapendo di poter vincere?
Nella mia testa, volevo vincere. E’ comunque una classicissima e quando vai a correre, non è mai per far secondo: cerchi sempre di portare a casa il massimo risultato. Sicuramente non ero tra i primissimi favoriti, però per come si è messa la corsa, sono riuscito a interpretarla bene.
La corsa è stata decisa da una fuga portata via al terzo di 10 giri da Alessandro Borgo (Work Service), Diego Bracalente (Scap), Di Bernardo (Borgo Molino) e Martic Jurik (Adria Mobil). A due giri dalla fine, lo slovacco è caduto e proprio nell’ultimo giro i tre di testa sono stati raggiunti da Leali (Team Giorgi), Franzosi (Aspiratori Otelli) e Volpato (Giorgione). Nella volata di sei, Di Bernardo ha alzato le braccia al cielo.
Perché sei salito su una bicicletta?
Penso sia un po’ scontato (sorride, ndr), con i miei che hanno corso. Il ciclismo è di famiglia, avevo mio fratello che correva, andavo alle gare e così è nata la passione.
Colleoni, figlio di Imelda Chiappa, non ha mai chiesto molto alla madre della sua carriera…
Sinceramente ho cominciato a capire un po’ di quello che aveva fatto nelle categorie esordienti. Prima più che altro ero spensierato, ero ancora un po’ bambinotto, quindi non capivo ancora bene. Adesso ne sono consapevole.
Andare in bici è ancora un gioco?
Ormai il ciclismo è diventato molto precoce, quindi bisogna stare al passo con gli altri. Molte squadre pro’ stanno creando team giovanili, quindi è ancora un gioco perché comunque non si parla di lavoro e stipendi, però sicuramente bisogna impegnarsi durante la settimana a fare la vita da corridore. Perché sennò si va in gara e si prendono delle legnate. Non dico la vita del professionista, perché penso sia esagerato. Però sul piano di allenamenti, recupero e alimentazione bisogna stare attenti. Col cibo non ho problemi, si tratta di mangiare sano. E allenarsi è necessario.
Pensi che se ti offrissero di passare subito, andresti?
Sicuramente la voglia di passare subito c’è, però poi bisogna anche ragionarci sopra e fare la scelta giusta. Ho l’esempio di due miei compagni dell’anno scorso, Pinarello e Bruttomesso. Uno ha fatto la scelta di passare subito, Pinarello, però sta seguendo un calendario da under 23. Invece Bruttomesso sta facendo un anno da U23 e poi passerà. Io sarei più propenso a fare come lui, a seguire il suo percorso.
Come ti trovi alla Borgo Molino? Guardando da fuori si nota che puntano molto al risultato, facendo in modo che i ragazzi si specializzino in ciò che gli viene meglio…
Nel senso che uno veloce difficilmente viene portato a fare le corse dure? Sono d’accordo, è una cosa che serve. Secondo me non tutte le gare, ma alcune per fare esperienze sono necessarie. Perché da under 23 le corse sono più dure, anche quelle piatte, figurarsi da professionisti. Bisogna fare esperienza, non è sbagliato. Io sto facendo così già dall’anno scorso. Mi trovo benissimo, sono con loro da 4 anni ormai e ad ogni stagione sto meglio, con i compagni e lo staff.
L’obiettivo in questa fase è trovare squadre per il 2023?
Trovare la squadra per il prossimo anno è importante, però adesso il mio sogno è la maglia azzurra e speriamo di continuare bene dopo questa vittoria, così da provare a indossarla. So di dover lavorare. Il mio punto di forza magari è la visione di corsa. Sono uno che comunque riesce a capire la fuga e dove attaccare. Per contro, il mio punto debole sono le salite lunghe, lì faccio fatica.
Vittoria a parte, quando ti sei sentito forte?
A livello di sensazioni, mi sono sentito bene anche alla Coppa Montes, c’erano team importanti. Vlot che ha vinto era del Team Auto Eder, settore giovanile della Bora Hansgrohe. E poi c’era anche Kadlec. Secondo è arrivato il mio compagno Pajur. A me sono mancate le gambe sull’ultima salita, mi sono staccato negli ultimi 200 metri. Una bella prestazione, terzo italiano all’arrivo. Poi ho avuto un periodo un po’ no di 2-3 settimane e alla fine sono tornato in forma.
Quale il tuo programma? Farai corse a tappe?
Adesso finisco la scuola. La prossima settimana corro a Pieve di Soligo, internazionale. L’anno scorso ho fatto 10° al Giro del Friuli al primo anno da junior. Dovevo fare il Lunigiana, ma ho avuto il covid. Quest’anno proverò ad andarci per fare esperienza e proverò a raccogliere anche qualcosa. Alla presentazione si disse che saremmo andati a fare gare a tappe all’estero, ma non ne so di più. Bisognerebbe chiedere alla squadra.
Cosa dicono i tuoi genitori?
Sicuramente quando vinco, i miei sono i primi a emozionarsi ed è bello così. Mi danno stimoli e consigli, poi è ovvio che quando sono in corsa, ascolto quel che dice la squadra. Quando parlo con mio padre e mia madre, sono in grado di dirmi se ho sbagliato qualcosa, come è giusto che sia, avendo corso in bici per tanti anni.