Affini e la Visma fino a Roma solo in quattro

26.05.2024
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BASSANO DEL GRAPPA – Lo scorso anno il pullman della Jumbo-Visma – oggi Visma-Lease a Bike – era inavvicinabile per la presenza della maglia rosa Roglic e dello sbarramento in sua difesa. Quest’anno il gigantesco mezzo giallo e nero se ne sta parcheggiato fra poca gente. La squadra olandese lo scorso anno ha conquistato Giro, Tour e Vuelta e sarebbe dovuta venire al Giro con Wout Van Aert, che però in Italia non c’è mai arrivato. Hanno così schierato il giovane Uijtdebroeks, che si è ritirato per malattia. Hanno incassato i forfait di Gesink e Laporte, quindi hanno festeggiato con Kooij a Napoli prima che si ritirasse. E alla fine si sono ritrovati in quattro a stringere i denti fino a Roma: Tratnik, Valter, Van Dijke e Affini.

Hanno tentato qualche fuga. Ci hanno provato, ma certo non è stato facile resettare abitudini e motivazioni. Chi va alle corse per tirare, si costruisce addosso un abito di riferimenti e routine cui adempiere, che sono poi difficili da abbandonare. Per questo ci siamo presentati davanti a quel gigante di Affini, chiedendogli che effetto gli abbia fatto vivere un Giro con tre soli compagni e in che modo abbia ricostruito le sue motivazioni.

In fuga nella tappa di Padova, Affini è entrato con un’azione di forza e si è arreso al lavoro di due squadre
In fuga nella tappa di Padova, Affini è entrato con un’azione di forza e si è arreso al lavoro di due squadre
Che effetto fa?

E’ una sensazione un po’ diversa. L’anno scorso siamo partiti con l’idea di vincere il Giro con Primoz e questo ti dà qualcosa di più in termini di motivazioni e di tenere duro, anche in certe tappe più difficili, specialmente per un corridore come me. Tutto sommato anche quest’anno siamo partiti con delle belle idee, con Kooij per le volate e Cian per la classifica, ovviamente non con la stessa pressione che aveva Roglic. Purtroppo li abbiamo persi tutti e due, ma almeno siamo riusciti a vincere con Olav a Napoli. Ciò non toglie che fare metà Giro in quattro è diverso. Ci siamo dovuti adattare e penso che ci siamo riusciti abbastanza bene.

In che modo?

Abbiamo messo il chip della fuga, degli attacchi e… dell’intrattenimento (ride, ndr). Abbiamo provato a farci vedere, entrare in qualche azione, anche se è quasi impossibile. Di noi quattro non ce n’è uno che possa effettivamente lasciare il segno, perché è il migliore su un terreno in particolare. Il miglior scalatore, il miglior velocista. Quindi devi buttarti e cercare di crearti le occasioni e poi provare a coglierle.

Diciamo che la stagione è particolare, ne sono successe parecchie…

Davvero parecchie, sì. Tutto sommato siamo stati anche abbastanza vincenti, se guardiamo bene. La Parigi-Nizza, la Tirreno-Adriatico, la Het Nieuwsblad, Harelbeke… Non è stato un inizio anno disastroso, ma è chiaro che per gli standard che avevamo messo l’anno scorso, sembra che ad ora sia un anno più brutto. Sicuramente gli infortuni dei vari leader hanno fatto la differenza. Qui al Giro con Wout avremmo avuto la possibilità di vincere più di una tappa. Nel frattempo Jonas avrebbe fatto bene in qualche altra corsa a tappe di avvicinamento al Tour, però su quelle cose non ci puoi fare niente. Purtroppo è successo e speriamo che si rimettano al meglio.

Affini e Consonni, quel dito puntato per gioco parla anche di qualche inseguimento di troppo?
Affini e Consonni, quel dito puntato per gioco parla anche di qualche inseguimento di troppo?
Eri venuto per aiutare un capitano, il cambio di chip è stato facile?

All’inizio ti dispiace, perché sei già mentalizzato su un tipo di lavoro che devi fare, un tipo di sforzo anche che pensi di dover fare nelle tre settimane. Cambiare a questo modo ti crea qualche spazio per provare a fare risultato a livello personale, però allo stesso tempo è difficile. Di occasioni effettivamente non ce ne sono state tante. E’ stato un Giro bloccato. Sono arrivate poche fughe, il gruppo non ha mai dato spazio. Si vede che le squadre dietro non vogliono rischiare niente. Mi metto nei loro panni: se ho il velocista non vorrei rischiare di sciupare un’occasione.

Siete i principali rivali del UAE Team Emirates, cosa ti pare di come hanno corso il Giro?

Hanno controllato quando dovevano controllare e anche quando non l’hanno fatto, hanno ricevuto aiuto. Qualche volta la Movistar, altre la DSM e poi alla fine hanno vinto ugualmente loro le tappe perché sono super motivati.

Com’è avere un hotel per quattro corridori? A tavola siete insieme allo staff?

No, no, c’è sempre il tavolo dei corridori, però c’è più spazio. C’è più spazio nel bus. E’ strano, ma adesso ci siamo adattati.

La Visma-Lease a Bike si è rotrovata con soli 4 uomini dalla 11ª tappa. Qui Valter e Affini
La Visma-Lease a Bike si è rotrovata con soli 4 uomini dalla 11ª tappa. Qui Valter e Affini
Cosa farai dopo il Giro?

Dovrei fare il Giro del Belgio, poi dipende da come finisco il Giro, come starò nelle prossime settimane. Arriverò agli italiani, dopo ci sarà un momento di stacco. Me ne vado dal Giro con qualche tentativo ben fatto. Nel giorno di Padova hanno tirato per tenerci vicino anche quando non serviva. Aspettavano tutti che andassi in fuga io e poi non collaboravano. E allora ho deciso di fare da me. Non ci hanno mai lasciato andare, ma qualcuno me lo sono tolto di ruota. Potevano lasciarci più spazio, ma evidentemente anche loro erano super motivati…

Il Grappa si inchina a sua maestà Tadej: il Giro 2024 è suo

25.05.2024
7 min
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BASSANO DEL GRAPPA – E’ tutto un tripudio rosa, nello sventolare di bandiere slovene che ricorda le scene di Monte Lussari. La sensazione è che Roglic ne avesse richiamate di più, forse per la vicinanza del confine, ma certo oggi il Monte Grappa ha offerto uno spettacolo di folla che raramente è capitato di vedere negli ultimi anni. Solo qualche tifoso troppo irruente ha rischiato di rovinargli la festa, ma alla fine Tadej dirà grazie anche per loro. Adesso sorride nel recinto alle spalle del palco. Regala un mazzo di fiori alla figlia di Alex Carera e uno alla sua compagna Urska. Il terzo prova a lanciarlo dall’altra parte della strada dove sono assiepati i tifosi, ma il tiro è corto e i fiori finiscono per terra. Ci pensa Joseba Elguezabal, il massaggiatore basco, a raccoglierlo e tirarlo oltre la transenna.

Ha attaccato quando davanti era rimasto solo Pellizzari ed è piombato su di lui come una furia. Fra i due si è creata una sorta di legame. Giulio era al Processo alla tappa e ne è uscito quando Pogacar è uscito sul palco per ricevere la maglia rosa. Il marchigiano si è fermato con la bici dietro la schiera dei fotografi e l’ha guardato. Tadej l’ha visto, ha sorriso e l’ha salutato con il pollice in alto. Lo stesso ha fatto Giulio, che poi si è diretto verso la sua gente.

Il Veneto risponde alla grande. Dopo la folla di Padova, ecco Ca’ del Poggio sulla via per Bassano
Il Veneto risponde alla grande. Dopo la folla di Padova, ecco Ca’ del Poggio sulla via per Bassano

Umile e cannibale

Matxin si avvicina e racconta che le cose sono andate come avevano previsto. Che la squadra è stata grande e che lavorare per uno come Pogacar rende tutti dei leoni. Dice che il piano di spendere il giusto per non arrivare vuoti al Tour ha dato ottimi frutti. Ogni giorno si faceva il punto su quanto si potesse spendere e le cose sono andate come nei piani. Sulla strada invece c’è ancora Majka, che come al solito ha dato l’ultima stoccata prima dell’attacco del capitano.

«Si faceva due volte il Monte Grappa – dice Rafal – voleva vincere. Con la bici rosa e tutto quel pubblico, lo capite. Con Pogacar è tutto bello. Io avevo già vinto la Vuelta con Contador, il Tour e adesso il Giro con lui, ma è la prima volta in vita mia che incontro un ragazzo così forte e umile. Più che un vincitore è un cannibale. Sono molto contento. Il Grappa è stato bellissimo. Quando siamo rimasti in tre o quattro corridori, mi ha detto di fare l’ultima accelerata, ma oggi tutta la UAE Emirates è andata fortissimo. Siamo partiti che pioveva, ma quando siamo arrivati qua c’era il sole. E’ stata una giornata perfetta. Non l’ho mai visto in difficoltà, per me al Tour arriverà ancora più forte. Sta crescendo, adesso recupera e poi sarà pronto per la Francia».

Questo è il momento dell’attacco: Majka dà tutto, sta per scattare l’attacco di Tadej
Questo è il momento dell’attacco: Majka dà tutto, sta per scattare l’attacco di Tadej

Tadej è rilassato e capiremo a breve che il giorno della crono era nervoso per davvero. Un attacco imprevisto di allergia lo ha preoccupato per diversi giorni. Poi col cambiamento del meteo le cose sono andate a posto e il risultato si è toccato con mano. Così adesso il Pogacar che ci troviamo davanti è sereno, felice, consapevole e in apparenza ancora fresco. Certo anche lui avrà fatto fatica e avrà avuto qualche preoccupazione, ma dando sempre la sensazione di essere in controllo. Ci fosse stato qualche avversario più solido, forse l’asticella sarebbe stata più alta.

E’ stato davvero tutto facile?

In un grande Giro non c’è mai niente di facile. Sono state tre settimane difficili, a cominciare da questo problema di allergia che a Napoli si è fatto più fastidioso e non se ne andava nemmeno con la pioggia. Non è stato tutto liscio, ma siamo arrivati fin qui con un buon margine sul secondo, per cui sono contento.

Per 18 chilometri senza soluzione di continuità: il pubblico del Grappa è stato una cornice eccezionale
Per 18 chilometri senza soluzione di continuità: il pubblico del Grappa è stato una cornice eccezionale
Difficile valutare le prestazioni senza i numeri: pensi di essere il miglior Pogacar visto finora?

Forse sì. Ho fatto un altro passo avanti, ma ogni anno è più difficile migliorare. Sono fortunato di poter ancora trovare qualche margine durante l’inverno. Sto ancora crescendo, invecchio, per cui adesso entra in gioco anche l’esperienza. Non posso dire tutto quello che ho fatto di diverso nella preparazione, ma è certo che qualcosa volevo cambiare.

Perché?

Con Inigo Sanmillan (suo preparatore fino al 2023, ndr) ci siamo lasciati in ottimi rapporti. L’allenamento con lui è stato molto positivo, ma a volte hai bisogno di un po’ di cambiamento di ritmo e di cose diverse. Un diverso metodo di lavoro. Per cui dopo cinque anni, ho voluto provare qualcosa di nuovo, anche giù dalla bici. Ho lavorato di più anche sul fisico e devo dire che è stato un bel cambiamento. Niente di troppo grande, ma sono soddisfatto del risultato e di come sono andati il mio inverno e la preparazione per le gare.

Non solo il bambino visto in tivù: Tadej ha regalato borracce anche ad altri
Non solo il bambino visto in tivù: Tadej ha regalato borracce anche ad altri
Adesso che è finito si può dire: sei mai stato in difficoltà durante il Giro?

Certo, è successo. Mi sono sentito a disagio molte volte. Sono state tre settimane di gare e ci sono molti momenti in cui ti senti a disagio sulla bici, fuori dalla bici. Hai problemi a dormire e cose del genere. E’ stata una corsa dura, ma devo dire che è stato uno dei migliori grandi Giri che abbia mai fatto nella mia carriera. Mi sono sentito benissimo con le gambe durante le tre settimane.

Potresti descrivere due momenti della tappa? Il primo, quando hai affiancato i compagni prima dell’attacco. Il secondo quando hai preso una borraccia e l’hai data a un bambino…

Sulla salita finale era impossibile parlare alla radio, perché nessuno sentiva niente a causa del baccano della gente. Quindi se vuoi comunicare, devi andare dai tuoi compagni di squadra e dire quello che vuoi dire. In quel momento volevo solo sapere come si sentissero, quanto ancora potessero spingere. Così avrei saputo dove prepararmi per attaccare e ho potuto pianificare gli ultimi chilometri. Invece quel ragazzo è stato davvero fortunato ad essere lì e correre accanto a me. Ho visto un uomo della mia squadra con la borraccia. L’ho presa e gliel’ho data. Penso di avergli rallegrato la giornata e forse non solo quella. Forse sarà una storia che racconterà per tutta la vita. Io comunque avevo ancora le borracce piene dalla cima della salita, perché in discesa non sono riuscito a bere.

Un arrivo e un inchino: nell’ultimo chilometro Tadej Pogacar ha ringraziato i tifosi che lo hanno accolto
Un arrivo e un inchino: nell’ultimo chilometro Tadej Pogacar ha ringraziato i tifosi che lo hanno accolto
Sei riuscito a finire il Giro con il serbatoio ancora pieno?

Il piano era sicuramente quello di finire il Giro con il morale alto, buone gambe e buona forma e penso di esserci riuscito. Sono felice di aver raggiunto questo obiettivo. Oggi è stata la prova finale in salita, per vedere se esco dal Giro con buone gambe e sono davvero soddisfatto della risposta che ho avuto dalle gambe.

Ci sono stati momenti di tensione con i tifosi?

Il Grappa è stato fantastico. Dal basso verso la cima, c’era un’atmosfera pazzesca. Davvero, davvero incredibile. Non potevamo nemmeno parlare alla radio, non si sentiva niente. Abbiamo pedalato così per 18 chilometri, c’era un sacco di gente. Qualcuno ha cercato di avvicinarsi troppo e ha provato a toccarmi. Qualcuno mi ha colpito in modo un po’ troppo energico, ma bisogna essere preparati anche per questo. Devi essere abbastanza stabile sulla bici per non cadere. Tutto sommato non è stato così male. A un certo punto c’era un ragazzo con una torcia in mano che mi correva accanto, forse un po’ troppo vicino. Ho avuto paura che mi bruciasse, ho sentito le scintille sul braccio. Ma dico anche che senza di loro non ci sarebbe stato questo spettacolo, per cui gli sono grato.

Il bacio a Urska, arrivata sul traguardo pochi minuti dopo il trionfo
Il bacio a Urska, arrivata sul traguardo pochi minuti dopo il trionfo

Nessun rimpianto

Il discorso va avanti fra le motivazioni per cui secondo lui gli sloveni brillano in così tanti sport. Poi con la domanda se ci tenesse ad arrivare con 10 minuti sul secondo, che Tadej ha rispedito al mittente dicendo che è bello vincere anche con un solo secondo di vantaggio. E a chi gli chiede se non aver preso la maglia rosa il primo giorno gli abbia rovinato la festa, risponde con le parole che chiudono degnamente questa sua giornata tutto rosa.

«Non ho rimpianti – sorride – penso che abbiamo corso davvero bene. Ci manca una sola cosa, provare a vincere domani a Roma con Molano. Se ci riusciamo, sarà un Giro più che perfetto. Ma se anche non si riuscisse, posso dice che è andato tutto alla grande, non ci sono stati brutti momenti. Sono felicissimo di come è andata, non potevo chiedere di meglio».

Per due ore Pellizzari ha fatto sognare gli italiani

25.05.2024
5 min
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BASSANO DEL GRAPPA – «Quando mi ha ripreso mi ha detto di mettermi a ruota. Io ci ho provato ma andava troppo forte e mancavano ancora tre chilometri alla vetta. Era una volata per me quel ritmo. Sono passato da 350 a 600 watt». Tadej Pogacar che riprende Giulio Pellizzari. E’ questa “la foto” di oggi e, forse, dell’intero Giro d’Italia. Di certo lo è per il marchigiano.

Era già successo sul Monte Pana che Pogacar rintuzzasse Pellizzari, ma stavolta questo recupero ha un valore gigantesco. Stavolta Pellizzari era in fuga da solo. Stavolta era una tappa lunga.

E in tutto ciò la folla impazzisce. Quella a bordo strada. Quella all’arrivo di Bassano e quella alla televisione.

Qualche attimo di stanchezza, ma un minuto dopo Pellizzari era già pronto per le interviste
Qualche attimo di stanchezza, ma un minuto dopo Pellizzari era già pronto per le interviste

Per sé e per la gente

Appena arriva, il corridore della VF Group-Bardiani si appoggia alle transenne. Si siede. Ha il fiatone, ma poco dopo è già pronto a raccontare. Un recupero impressionante. Aspetto non secondario. Vuol dire che sta bene.

Pellizzari è un fiume in piena di emozioni: «Volevo assolutamente prendere quel Gpm, perché volevo indossare la maglia blu a Roma domani, anche se non è mia. Non pensavo di aver guadagnato così tanto quando sono partito».

«Sull’ultima salita ho dato tutto. E forse ad un certo punto ci ho anche creduto. C’era tanta gente sulla strada che urlava il mio nome e mi diceva di crederci. “Vai che è tua”. Io facevo le corna! Ma quel tifo è servito. E’ stato come avere una gamba in più. Ero qui nel 2014 da bambino a vedere Quintana e oggi c’ero io: un’emozione assurda».

Lo spettacolo del Grappa. «Mio padre è di queste parti. Ci tenevo a fare bene per tutta questa gente»
Lo spettacolo del Grappa. «Mio padre è di queste parti. Ci tenevo a fare bene per tutta questa gente»

Sguardo avanti

Quel ragazzino, under 23 di primo anno, che incontrammo al Giro della Valle d’Aosta, guarda caso in lotta per la maglia dei Gpm, sembra lontanissimo. E invece è storia di appena due estati fa. Condividevamo l’albergo e ogni sera si parlava un po’. Ma in quanto a spontaneità è lo stesso.

«Tutto il Grappa – va avanti Giulio – è stata una grande emozione, poi quando ho visto Pogacar che potevo fare? Ho pensato solo ad andare a tutta e di provare a tenerlo ma lui andava troppo, troppo forte. Speravo solo di arrivargli il più vicino possibile. Probabilmente se non ci fosse stato Tadej ora avrei due vittorie al Giro».

Prima abbiamo accennato al recupero di Giulio, qualità fondamentale per chi punta ai grandi Giri. L’aver concluso bene il Giro, essere stato così protagonista nella terza settimana, dopo aver persino superato dei malanni, ha un significato gigantesco in ottica futura.

«Il mio Giro non era iniziato proprio nel modo che volevo – riprende il corridore – Qualcuno addirittura mi aveva detto che non ero pronto a questo e al salto nel WorldTour: io volevo solo dimostrare il contrario, quindi sono contento anche per questo.
«Questa mattina ho sentito Massimiliano Gentili (il suo diesse tra gli juniores, ndr) e lui mi ha detto: “Dimostra che al ventesimo giorno sei questo”».

Tonelli sta tagliando il traguardo, Pellizzari al Processo alla Tappa si volta e lo cerca con lo sguardo
Tonelli sta tagliando il traguardo, Pellizzari al Processo alla Tappa si volta e lo cerca con lo sguardo

Tonelli, che guida

Ma oggi è stata brava anche la sua squadra, come del resto per tutto il Giro. La VF Group-Bardiani ci ha sempre provato e verso Bassano sono riusciti ad imbastire un gioco di squadra tra i giganti. L’aiuto di Alessandro Tonelli è stato funzionale… e bello.

«Stamattina – ha raccontato Tonelli – l’idea era di portare Giulio in fuga con uno tra me, Fiorelli o Tarozzi. Poi invece sono entrato io e Giulio si è mosso solo al primo passaggio sul Grappa. Io sono rimasto davanti ma senza forzare troppo. Anche perché hanno preso la salita come se il traguardo fosse a lì a tre chilometri. Io mi sono gestito. Poi quando è uscito Giulio ho pensato solo ad aiutarlo.

«Certo, nello strappo in discesa è stato un po’ frenetico. Mi ha fatto spendere tanto, magari senza quello sforzo sarei riuscito ad aiutarlo un pelo di più dopo».

Tonelli non solo ha tirato, e si è preso l’Intergiro, ma ha pensato a Pellizzari anche dopo che lui lo avrebbe lasciato.

«Nel breve tratto in pianura tra i due Grappa gli ho detto di mangiare, d’idratarsi e soprattutto di gestirsi in salita, perché la scalata sarebbe durata un’ora. Per due terzi di salita Roberto (Reverberi, ndr) mi teneva aggiornato. Sentivo che Giulio teneva bene. Poi è uscito Pogacar. Ma si sapeva…».

Tonelli (qui al podio per l’Intergiro) e la squadra hanno dato a Pellizzari un ottimo supporto
Tonelli (qui al podio per l’Intergiro) e la squadra hanno dato a Pellizzari un ottimo supporto

Futuro Pellizzari

Il ciclismo può diventare tecnico e futuristico quanto vuole, ma il nocciolo resta questo: il ragazzo che attacca in salita. E’ l’emozione, il sogno.

E non si può non insistere sul coraggio di Pellizzari e su quella manciata scarsa di chilometri con Pogacar.

«Quando Tadej mi ha ripreso – continua il marchigiano – ho pensato proprio a lui l’anno scorso al Tour, quando andando in crisi disse: “I’m gone, I’m dead”. Pensavo a come oggi questa frase la dicano gli altri… ed anche io». 

Giulio Pellizzari (classe 2003) in azione sul Grappa. Alla fine ha chiuso 6° con il drappello dei big
Giulio Pellizzari (classe 2003) in azione sul Grappa. Alla fine ha chiuso 6° con il drappello dei big

E ora Roma

Il fatto di aver tenuto il ritmo dei migliori, stando già fuori da oltre un’ora, nel secondo passaggio sul Grappa non è una cosa banale.

«La resistenza – prosegue Pellizzari – è un po’ il mio punto di forza. Ho cercato di procedere con regolarità. L’ho scalato entrambe le volte con lo stesso ritmo. Il Grappa è davvero duro, ma è il tipo di salita che piace a me».

«Sono contento del mio Giro d’Italia. Tanti tifosi mi chiedevano una tappa, ma ora sono anche contento che sia finito perché sono veramente stanco».

Giulio Pellizzari alle 21:45, come tutta la carovana, volerà verso Roma. La valigia che caricherà sull’aereo conterrà un’esperienza in più… e ovviamente gli occhiali e la maglia rosa che Pogacar gli ha dato sul Monte Pana.

Abus GameChanger 2.0, la seconda generazione della velocità

21.06.2023
6 min
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BASSANO DEL GRAPPA – Sbarca oggi sul mercato mondiale il nuovo GameChanger 2.0 di Abus. La seconda essenza della velocità firmata dalla casa tedesca e prodotta con la qualità artigianale imprescindibile del Made in Italy. Il nuovo casco svelato in queste ore ad Eurobike è un vero prodigio dell’aerodinamica sotto ogni punto di vista. Il GameChanger 1.0 aveva già alzato l’asticella, il rinnovamento tecnico e tecnologico del nuovo modello hanno fatto fare un ulteriore step in termini di prestazioni, ventilazione, sicurezza e comfort. 

Lo abbiamo provato sulle colline Vicentine a Bassano del Grappa a pochi chilometri dagli stabilimenti Maxi Studio e Poliend di Abus, dove il casco prende la sua forma e dove la qualità è di casa. Ci siamo intrufolati nel dietro le quinte dove l’azienda tedesca ci ha aperto le porte per scoprire la nascita e la costruzione del nuovo GameChanger 2.0. Lo abbiamo inoltre testato per un mese e per portarlo nel suo habitat naturale l’abbiamo indossato in un tempio della velocità, l’autodromo “Enzo e Dino Ferrari” di Imola. 

Gli occhiali si possono riporre sia nella parte frontale che in quella posteriore
Gli occhiali si possono riporre sia nella parte frontale che in quella posteriore

Made in Italy

A rendere il GameChanger ancora più speciale sono la sua provenienza e produzione. La scritta Made in Italy campeggia sul lato del casco e lo rende un pregio costruttivo di tutta rilevanza. La produzione si concentra infatti tra due stabilimenti veneti. Il primo, Abus – Maxi Studio a Vanzo Nuovo (Vicenza), dove viene assemblato e curato sotto ogni punto di vista qualitativo. Con i nostri occhi abbiamo visto e toccato con mano i processi di stampaggio, modellazione e assemblaggio finale. 

Nel secondo stabilimento Abus – Poliend a Salgareda (Treviso) dove avviene il processo di produzione dell’anima votata alla sicurezza. La creazione della struttura in-Mold leggera e stabile grazie alla fusione solidale di EPS, la calotta in Policarbonato e tutti i relativi processi di trasformazione. Due eccellenze valorizzate da Abus in grado di produrre caschi all’avanguardia sotto ogni punto di vista rigorosamente Made in Italy.

Aerodinamica migliorata

La seconda generazione del GameChanger è stata sviluppata in stretta collaborazione con i pro’ del Team Movistar. Il GameChanger 1.0 aveva portato le esigenze di un casco aerodinamico a un nuovo livello. Grazie al suo design multiposizione, è stato rifinito per la massima aerodinamica e una ventilazione ottimale.

Per soddisfare i requisiti aerodinamici più moderni nella gamma aero, il GameChanger 2.0 si presenta con una coda più ampia. Ciò significa che il profilo aerodinamico creato dal casco è più lungo dell’11 per cento. I numerosi test in galleria del vento realizzati in 24 differenti posizioni, 5 angoli e 4 velocità, hanno dimostrato che, soprattutto nel range delle velocità di corsa tra 46 e 52 km/h, il nuovo GC 2.0 offre al ciclista un vantaggio decisivo grazie alla sua forma aerodinamica adattata.

La coda è stata inclinata ulteriormente di 8 gradi. Questo angolo modificato ha permesso l’ottimizzazione della posizione della testa abbassata e rivolta verso il basso. Una nostra considerazione infatti è stata quella di avere sulla testa un vera e propria parte attiva dell’aerodinamica. A seconda della posizione scelta, si può avere una resistenza variabile effettiva dell’aria. Non a caso gli angoli e le curve sono stati messi in parallelo con il modello da crono GC TT. Un ulteriore dettaglio è il gap tra la punta del casco e gli occhiali che è stato azzerato e ne permette un’aerodinamica totale e unificata che aspira alla forma perfetta della goccia.

Ventilazione determinante

Seppur ad una prima occhiata la somiglianza con il modello precedente sembri dominante, a testimonianza di un DNA vincente, ad un secondo sguardo si nota l’ingresso frontale Airboost. Questo definisce gli standard e la nuova ventilazione frontale EYEBROW VENTS in grado di dirigere fino al 32% in più di aria all’interno del casco. L’AEROBLADE centrale nella parte superiore del GameChanger 2.0 invece conduce il flusso d’aria in modo ancora più efficiente con l’aiuto dei canali di ventilazione interni attraverso il casco. Allo stesso tempo, ottimizzano l’aerodinamica e la ventilazione in questa zona strategicamente importante. 

Le parti anteriori laterali, chiamate ACTI CAGE, dirigono il flusso d’aria in modo specifico a velocità più elevate, garantendo una ventilazione costantemente buona. Grazie alla loro forma a pinna di squalo, agiscono come una superficie chiusa in posizione di gara e guidano così il flusso d’aria rimanente, non utilizzato per la ventilazione, aerodinamicamente favorevole sopra la testa.

Partendo dal presupposto che più aria entra e più ne deve uscire, ecco che l’AIRFLOW STAR DESIGN posteriore consente un’uscita dell’aria superiore del 20 per cento. Gli sviluppatori sono riusciti a ottimizzare i canali di ventilazione del GameChanger 2.0 in modo tale che, non solo servano alla pura aerodinamica, ma garantiscano anche una temperatura quasi perfetta attraverso la pressione e l’aspirazione simultanee dell’aria che entra ed esce (effetto Venturi).

Ergonomia e comfort

Realizzato per chi cerca la massima prestazione, questo GameChanger 2.0 non sarebbe approvato dai team professionistici se non fosse all’altezza in termini di comfort. Tappe al Tour, Giro, Vuelta, temperature estive e velocità alte non sono infatti un problema. Abbiamo notato inoltre che il nuovo sistema di cinturini FLOW STRAPS PRO larghi 12 millimetri e con una forma a V permettono agli stessi di non creare fastidiose turbolenze. Questo grazie a un profilo cilindrico del cinturino nella parte frontale.

Il sistema di regolazione centrale ZOOM PRO funziona come un orologio svizzero (sede del brevetto) e, grazie al nuovo sistema di scorrimento, guida sia le cinghie che il sistema di regolazione nella posizione ottimale individuale in ogni momento.

La sicurezza è favorita inoltre dal sistema MIPS AIR NODE che entra nel campo dei caschi aerodinamici ad alte prestazioni. Inoltre, queste versioni sono affiancate dalla fibbia FIDLOCK intuitiva e facile da usare.

Il GameChanger 2.0 è offerto in due versioni, per un totale di 11 diversi colori e tre taglie (S, M, L). Il peso è di 260 grammi (S), 265 grammi (M) e 275 grammi (L). Il prezzo consigliato al pubblico sarà di 249,95 euro, mentre per la versione MIPS 299,95 euro. 

Abus

Frigo, il momento è arrivato: debutto fra i pro’

22.01.2023
3 min
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E’ arrivato il momento che Marco Frigo aspettava da quando nel 2019 divenne campione italiano al primo anno negli U23 a Corsanico, in Toscana. Aveva da poco compiuto 19 anni, la maglia della Zalf sembrava il miglior viatico per un rapido transito verso il professionismo. Solo che alla fine dell’anno, il vicentino di Bassano del Grappa decise di seguire le orme di Alberto Dainese, che l’anno prima aveva lasciato la squadra di Castelfranco passando alla Seg Academy Racing in Olanda.

«Voglio imparare il più possibile – disse – e mi aspetto di crescere in un ambiente professionale e ben organizzato come quello della SEG. Andare all’estero è un grande passo, ma sono stato in contatto con Alberto Dainese ed Edoardo Affini e mi hanno davvero incoraggiato a compierlo. Quando ci siamo sentiti, mi sono convinto subito delle loro idee e dei programmi. Sono sicuro di aver fatto la scelta giusta».

Dopo i due anni nella squadra dei procuratori olandesi, per Frigo si sono aperte le porte della Israel Cycling Academy Continental e da quest’anno è arrivato il professionismo vero e proprio con la Israel-Premier Tech.

Frigo è stato tricolore U23 nel 2019: ha corso con Zalf, Seg Academy Racing e Israel
Frigo è stato tricolore U23 nel 2019: ha corso con Zalf, Seg Academy Racing e Israel
Che effetto fa?

Sicuramente prima di tutto è una grande emozione. Finalmente è arrivato il debutto nel professionismo, anche se ho avuto un modo di provare gli scorsi anni, però. Vedremo di fare una bella gara, ci sono tante belle tappe per Nizzolo. Vedremo come sarà l’insidia del vento con queste strade molto aperte, però saremo pronti a tutto.

L’inverno è stato diverso per qualità e quantità di lavoro?

Sicuramente un po’ più di volume è stato fatto rispetto all’anno scorso anno. Però sono contento perché è andato tutto tranquillamente. Ho fatto due ritiri in Spagna, quindi è stato un bell’impegno che ci ha permesso di avere tranquillità e continuità.

La Israel Premier Tech nel 2023 correrà il Giro e il Tour: un calendario da top team
La Israel Premier Tech nel 2023 correrà il Giro e il Tour: un calendario da top team
Farete Giro e Tour, comunque un’attività importante.

Forse all’inizio ci sono stati dei dubbi per il discorso della licenza. Magari qualche corsa abbiamo dovuto beccarla con la wild card, ma va bene lo stesso. Quindi il calendario, almeno anche solo per me che sono neoprofessionista, non cambia molto. La squadra è forte, abbiamo avuto degli innesti all’ultimo momento, però si sono già integrati bene e secondo me riusciremo a fare un bell’anno e a riscattare il 2022.

Tu hai tanto da riscattare, in effetti…

Sì, lo scorso anno sono stato molto sfortunato. Mi sono fratturato a dicembre, mi sono fratturato a giugno e anche ad agosto, quindi non è stata una grande stagione. Per questo a livello personale penso di dover fare una grande annata. Cercherò di aiutare la squadra prima di tutto e di trovare la mia dimensione nel professionismo. Per vedere dove devo migliorare, cosa posso migliorare. Partire con il piede giusto è importante.

Alla Vuelta a San Juan, la punta della squadra israeliana è Giacomo Nizzolo, qui con Alan Marangoni
Alla Vuelta a San Juan, la punta della squadra israeliana è Giacomo Nizzolo, qui con Alan Marangoni
Qual è stato il più grande rammarico della scorsa stagione?

Penso che l’Avenir sia stato lo smacco più grande. L’Avenir e il Giro d’Italia. Perché comunque sono passato attraverso un Val d’Aosta e lì, con una preparazione precaria, la gamba rispondeva bene. Per cui veder sfumare tutto per uno stupido incidente ha bruciato parecchio. Ecco perché sento di essere molto motivato…

Alla Corte Bike Hotel e i valori del cicloturismo

04.11.2022
5 min
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«Chi arriva qui trova l’essenza del turismo italiano in tutte le sue forme. Arte, cultura, enogastronomia e sport». A parlare è il General Manager di Alla Corte Bike Hotel, Roberto Astuni. Poche semplici parole che racchiudono la passione e la volontà di una struttura situata in un nido del ciclismo, Bassano del Grappa, che dal 2011 a oggi ospita cicloturisti da tutto il mondo. Proprio così, perché qui il turismo in sella è una cosa seria. Non bastano una bike room e qualche attrezzo per rendere un hotel adatto alle bici. Alla Corte applica una filosofia rivolta allo sport e al benessere che lavora in sinergia con il territorio, facendolo scoprire in ogni sua sfumatura. 

Dalla base

Per poter apprezzare un territorio la scelta della struttura è determinante sotto ogni punto di vista. Se lo si vuole fare in sella alla propria bici tutto ciò diventa ancora più importante. Alla Corte affina e migliora i propri servizi ad hoc per le due ruote da oltre dieci anni.

«Abbiamo iniziato nel 2011- dice Astuni – nel mondo bike. Prima di iniziare abbiamo studiato veramente a fondo il mercato che in quegli anni stava nascendo e che comunque vedeva la crescita di questo movimento.  La visione di chi voleva approcciarsi a questo mondo inizialmente era per motivazioni di sostenibilità e per risparmiare benzina, niente di più sbagliato. Nel 2012 siamo stati tra i primi a fare dei pacchetti per le vacanze in bici. Noi con le nostre guide tutti i giorni accompagnavamo a fare questi viaggi in bici e fin da subito ci siamo distinti per questo. 

«Il nostro mercato – dice – è il mondo. Abbiamo iniziato a disegnare esperienze complete. In virtù di tante fiere e workshop alle quali abbiamo partecipato e cominciato a lavorare con qualche tour operator ai quali vendiamo il pacchetto completo. Per relazioni e conoscenze di ciò che ci sta intorno abbiamo avviato questo nostro movimento che oggi vanta più di dieci anni nel settore».

Esperienza su misura

Perché un’esperienza diventi indimenticabile, l’unicità di essa è spesso uno degli elementi che ci porta a tornare. Non il solo perché anche i luoghi sono l’altra motrice di questo mondo. La bici è in grado di accomunarli, partendo dalla tranquillità di trovarsi in un Bike Hotel al poter scorrazzare in sella sulle salite del Giro d’Italia.

«I territori del Brenta – spiega Astuni – sono circa venti e hanno questa particolarità che sono gli sport outdoor. Nell’arco di qualche chilometro abbiamo il ciclismo in tutte le sue discipline e forme. Strada, gravel, Mtb fino al downhill che arriva qui dietro la nostra struttura. Poi abbiamo rafting, trekking, parapendio e gite a cavallo. Perché viene scelta questa destinazione? Chi ama fare attività fisica trova il suo contesto perfetto. Il tutto abbinato a all’enogastronomia di cui la nostra zona ma tutto il paese in generale gode. 

«Qust’anno – dice – abbiamo avuto un anno record da quando esistiamo. Proprio grazie al cicloturismo. Per fare un esempio un gruppo di 60 turisti americani sono stati ospiti qui da noi due settimane. Quello che ha fatto scegliere il nostro hotel è stata l’organizzazione. Io sono il primo che spingo il mio ristorante Sant’Eusebio, ma non voglio che cenino solo da me. Per questo ho organizzato cene in ristoranti gourmet oppure in osterie tipiche.

«L’ultima sera ho organizzato la cena di gala nella sala degli affreschi di Villa Godi Malinverni, prima villa del Palladio. Poi tra un giro in bici l’altro, c’è stata la visita al museo della grappa e tante altre attività su misura per questi ospiti d’oltre oceano. Così come loro anche ospiti canadesi, finlandesi, ungheresi, tedeschi e austriaci».

Unione d’intenti

I territori del Brenta sono un angolo d’Italia a misura di bici. Salite iconiche come quella del Monte Grappa e contesti unici come quelli affrontati nel primo mondiale gravel della storia, svoltosi a ottobre tra Vicenza e Cittadella.

«Sentire qualcuno – dice Astuni – che fa le vacanze a Bassano del Grappa per più di qualche giorno è difficile. Con i pacchetti rivolti alle due ruote che facciamo noi si portano i soggiorni da una a due o anche tre settimane. La chiave sta nel portare avanti il discorso di marchio d’area. A mio avviso bisogna creare un’identità comune che spinge in un’unica direzione. Poi all’interno di tutto ciò ognuno si differenzia per servizi come rafting, equitazione eccetera. Con a contorno enogastronomia e arte.

«Ad oggi nella mia zona – conclude il titolare – siamo l’unico Bike Hotel, da maggio a settembre siamo quasi sempre al completo. Purtroppo capita di rifiutare alcuni gruppi. Mi trovo a volte in difficoltà a consigliare a qualche collega. Attenzione: collega, non concorrente. I concorrenti sono quelli del lago di Levico, di Treviso e altri, mete distanti da noi. Manca un po’ di visione. Si tratta di fare un’esperienza a misura dei propri ospiti. Bisogna adattarla al ciclista o gruppi di ciclisti che ci si trova davanti. Quest’anno tra luglio, agosto e settembre abbiamo fatto il miglior trimestre che risaliva al 2016. Oggi l’unica incognita è quella del costo della vita e delle bollette».

AllacorteBikeHotel

Campagnolo: dal Veneto al mondo, dalla strada al gravel

22.10.2022
6 min
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Quando il ciclismo è storia e passione non si può non pensare a Campagnolo. Un’azienda con oltre ottant’anni di tradizione alle spalle, conosciuta oggi in tutto il mondo per qualità e continua innovazione. Generazioni che si sono susseguite, e continuano tutt’oggi a scambiarsi il testimone, che oggi guidano una tra le aziende leader del ciclismo gravel e su strada.

Durante il weekend veneto firmato da Pippo Pozzato, abbiamo avuto modo di avvicinarci all’azienda che per l’occasione vestiva i panni di uno dei main sponsor dell’evento Ride the Dreamland. Assieme a Nicola Baggio, responsabile marketing e commerciale per l’azienda vicentina, siamo andati a fondo su novità, dettagli tecnici e obiettivi futuri.

Nicola, cosa significa essere sponsor di Ride the Dreamland?

Per noi ha molti significati. E’ anzitutto promozione del territorio, obiettivo centrale anche per Campagnolo, perché qui sono nati grandi brand, ma anche per il turismo che arriva grazie al ciclismo. Ride the Dreamland ci permette inoltre di portare i nostri clienti all’interno dell’azienda: c’è quindi un grande contenitore-evento e Campagnolo è al centro. 

Palando di cifre e di mercato, qual è l’andamento del settore gravel in Italia, rispetto magari a mercati esteri?

Il gravel è uno dei segmenti più in crescita. E’ difficile stabilire se rispetto all’estero qui in Italia vada meglio o peggio, ma ciò che possiamo dire con assoluta certezza è che c’è stato un forte incremento nel settore gravel e siamo convinti che crescerà ancora. Noi abbiamo avuto una forte spinta in questo senso grazie al nostro gruppo a 13 velocità, l’unico e il più leggero al mondo: l’Ekar, supportato da Levante, la prima ruota gravel firmata Campagnolo. Performance, qualità e resistenza sono alla base di questi prodotti, nonché parte del nostro DNA ed è grazie a questi valori che definiamo la nostra posizione nel settore gravel nel mondo. A maggio sono finiti per noi due anni fiscali, e comparandoli con il periodo precedente possiamo dire che abbiamo avuto un incremento pari al 170% e oggi il gravel rappresenta il 20% dell’intero fatturato dell’azienda.

Accanto al gruppo Ekar a 13 velocità, per il gravel c’è anche la ruota Levante (foto Campagnolo)
Accanto al gruppo Ekar a 13 velocità, per il gravel c’è anche la ruota Levante (foto Campagnolo)
Guardando invece alla produzione generale, come sono riprese le vendite dopo lo stop causato dal Covid?

Sicuramente dopo il Covid abbiamo registrato anche noi un grande boom nelle vendite. Il segmento cycling ha infatti avuto subito un incremento di domanda a fronte di una filiera distributiva (negozi e distributori stessi) che avevano uno scarico di magazzino. Questo ha avuto un forte impatto in termini di richieste portando a incrementi in tutte le aziende nel settore. Ora il tema centrale è allineare la domanda, che è cresciuta nel tempo e lascerà al ciclismo un numero più ampio di consumatori finali. Questo effetto, che definiamo “effetto frusta della filiera distributiva e produttiva” creerà dei momenti di “sovra-stock” che verranno poi assorbiti nell’arco di un medio periodo, speriamo breve. Quello che è certo è che si ripartirà da un mercato con più consumatori. Il business che ruota attorno al ciclismo è un business sano: i consumatori vogliono continuare su questo sport migliorando e innovando i mezzi di cui dispongono, cambiando per esempio la componentistica. 

Pensando al gruppo Ekar e ad eventi come il mondiale e la Serenissima Gravel, questa per voi è un’ottima vetrina…

Assolutamente. In questo momento inoltre c’è un acceso dibattito sui gruppi elettronici e quelli meccanici ed è evidente che ci sia una tendenza a promuovere di più i primi. Siamo però consapevoli, così come ci viene riportato da esperti del settore, che i gruppi meccanici nel gravel hanno dei vantaggi. Abbiamo quindi voluto sfruttare il mondiale gravel per mostrare e spiegare attraverso i nostri atleti quanto l’Ekar meccanico sia performante.

Parlando di ciclismo professionistico invece quali sono le squadre che sponsorizzerete il prossimo anno, nella stagione 2023?

Il prossimo anno affiancheremo il team francese AG2R Citroen Team.

Nel 2023 Campagnolo sponsorizzerà direttamente soltanto la Ag2R Citroen (foto Campagnolo)
Nel 2023 Campagnolo sponsorizzerà direttamente soltanto la Ag2R Citroen (foto Campagnolo)
Fornendo i vostri prodotti a squadre professionistiche, riceverete sicuramente dei feedback sia dagli atleti stessi che dai meccanici. Cosa vi dicono?

Generalmente abbiamo una collaborazione che prevede, in fase di test del prodotto, una prova dell’articolo anche da parte dell’atleta, al quale poi segue un feedback. A questo si affianca poi il parere dei beta-test. Oltre al giudizio dell’atleta consideriamo infatti anche quello del cliente, solitamente del produttore e quello del consumer, che arriva generalmente dai negozi, molto vicini ai clienti finali. Sono tanti quindi i feedback che riceviamo e sono molto diversi tra loro. La valutazione dell’atleta è quella più puntigliosa, perché stressa in maniera molto forte il prodotto e sa fornire un feedback con cognizione di causa. Dai meccanici poi abbiamo delle recensioni più pratiche, sulle pratiche di montaggio e smontaggio, di funzionalità e qualità, non solo di performance. 

Nicola Baggio è Chief Sales & Marketing Officer di Campagnolo
Nicola Baggio è Chief Sales & Marketing Officer di Campagnolo
Che cosa significa personalmente essere il responsabile marketing e commerciale di una brand storico come quello di Campagnolo?

E’ sicuramente una bella sfida, sia personale che professionale, che ho abbracciato circa un anno e mezzo fa. Questo mi porta da una parte ad avere la consapevolezza di rappresentare uno dei brand più iconici del ciclismo. Dall’altra invece, parlando con i clienti, mi rendo conto dell’affetto, della passione e dell’entusiasmo che c’è nei confronti del brand, che va sempre alimentato in termini di innovazioni e contenuti. Per me tutto questo è molto stimolante, perché mi fa capire che l’area di miglioramento e di crescita da parte dell’azienda sotto il profilo comunicativo e di posizionamento del brand, si basa sulla strategia che impieghiamo e impiegheremo. E’ stimolante appunto la connessione tra quello che il brand rappresenta nel ciclismo e quella che è la ricettività della platea

Recentemente, per concludere, sappiamo che la UAE Team Emirates di Tadej Pogacar è passata a Shimano. 

Come azienda abbiamo deciso di non commentare quanto successo. 

Campagnolo non è solo una marchio storico, ma anche parte della visione del ciclismo, prima italiano, poi mondiale. La ruota alata dev’essere più che un rimando all’azienda, l’orgoglio dell’italianità del brand stesso. 

La corsa, il bus, idee e racconti. La Eolo secondo Basso

19.10.2022
6 min
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Gli manca solo di mangiarsi le unghie. Assistere Ivan Basso mentre segue i suoi ragazzi dal bus della squadra è un’esperienza intensa. Il coinvolgimento dell’ex maglia rosa, ora team manager della  Eolo-Kometa, è contagioso.

Ivan si alza, si risiede. Sul monitor indica i suoi ragazzi: dove sono e dove dovrebbero essere. Cosa può fare quel corridore e cosa può fare un altro. E ancora, cosa gli sta dicendo Zanatta, il diesse in ammiraglia, per radio. La cosa bella è che una manciata di secondi dopo le sue frasi, le maglie della Eolo-Kometa si vanno a posizionare esattamente dove aveva detto lui.

E’ uno spaccato del ciclismo moderno, del ciclismo vissuto da dentro. Per la cronaca la corsa in questione è la Veneto Classic.

Per Basso, Gavazzi è un pro’ esemplare. Guardando la tv diceva come Francesco stesse sempre nelle posizioni buone
Per Basso, Gavazzi è un pro’ esemplare. Guardando la tv diceva come Francesco stesse sempre nelle posizioni buone

Già nel 2023

Con Basso si è parlato a tutto tondo del team, dei suoi ragazzi, del movimento italiano, dell’impegno di Eolo e di Luca Spada, vero appassionato in prima persona. Giusto oggi a Jesolo, termina il ritiro della squadra celeste. E’ il primo del 2023 se vogliamo. A raccolta i 14 atleti confermati più i sei (forse sette) in arrivo. Programmi, colloqui, il punto con lo staff, test… 

«E poi – dice Basso – ci sarà il rompete le righe. Una ventina di giorni di riposo assoluto. Ci serviva. E’ stata una stagione lunga. Siamo partiti bene, poi nel mezzo, soprattutto al Giro d’Italia, è mancato qualcosa. E di nuovo abbiamo finito bene.

«Al Giro dopo un buon inizio ho visto diverse cose che non mi sono piaciute, atteggiamenti sbagliati. Ma forse ho sbagliato anche io. Continuavo a chiedere ai ragazzi cose che non avevano nelle loro gambe. Per esempio un giorno in fuga c’era Fortunato, ma non c’era nessun altro a dargli manforte. Mi sono arrabbiato, ma a mente fredda capisco che non era facile».

Zanatta appena sceso dall’ammiraglia alla Veneto Classic con Luca Spada
Zanatta appena sceso dall’ammiraglia alla Veneto Classic con Spada

Da Lonardi a Piganzoli

La Eolo-Kometa era partita alla grande: prima corsa, prima vittoria. La firma era stata di Lonardi, il quale però si è un po’ perso a partire dalla primavera. «Da “Lona” ci aspettiamo molto. E’ un ragazzo che ha buone gambe e un grande potenziale. Sarà con noi anche per il prossimo anno».

E poi c’è il capitolo Albanese al quale Ivan tiene tantissimo. Quante volte gli ha tirato le orecchie. «Alba può vincere molto di più. Si è disabituato a vincere. In estate è tornato al successo e spesso è stato davanti». 

Ma Basso non è tipo da crogiolarsi sul passato. Lui guarda avanti. Ha un pragmatismo che non ci si aspetta da un team manager così giovane. Ricorda quando per due anni, per imparare, si mise al seguito della Trek-Segafredo, ricoprendo tutti i ruoli, viaggiando nei pulmini coi massaggiatori… ufficialmente era assistente di Guercilena. Una sorta di “master fai da te”. Non sta fermo. Tira dritto per la sua strada. Gli sponsor li ha trovati lui. Ha una voglia matta di crescere.

«La cosa più bella – ribadisce Ivan – è stata quella di essere riusciti a tenere Piganzoli e Tercero. Portare in prima squadra i frutti del nostro vivaio. E posso assicurarvi che non è stata cosa da poco. Su ognuno di loro c’erano almeno dieci squadre WorldTour. Non volevo che andasse come è successo con Mas, Oldani, Carlos Rodriguez e Juan Pedro Lopez.

«Nel giorni scorsi con Piga ho parlato. E’ un talento. Il futuro è tutto nelle sue mani. Campione italiano a crono, nei primi dieci al Giro baby, nei primi cinque all’Avenir. Gli ho detto: “Da adesso in poi per i prossimi 15 anni qualsiasi cosa fai, la devi fare in funzione della bici”».

La Eolo-Kometa in fila. La squadra italo spagnola quest’anno ha portato a casa tre vittorie
La Eolo-Kometa in fila. La squadra italo spagnola quest’anno ha portato a casa tre vittorie

Squadre italiane…

E questo discorso di Piganzoli e Tercero si lega anche ad un altro tema toccato con Basso, i giovani italiani e la presenza di una squadra WorldTour nel Belpaese. La sua analisi è profonda e a tutto tondo. 

«Un po’ mi viene da ridere – prosegue Basso – ogni anno in questo periodo viene fuori il discorso della mancanza delle squadre e dei giovani italiani. A primavera quello della sicurezza. Non credo che i giovani non ci siano, credo che vanno trovati e aiutati ad emergere. Ma non solo nel ciclismo. Un articolo del Corriere della Sera diceva come in Slovenia le ore di educazione fisica a scuola sono molte di più che da noi. E soprattutto sono di qualità. I ragazzi provano molti sport. Poi tra i 13-15 anni scelgono quelli in cui vanno meglio o li appassionano di più. Da noi sono ancora lì a girare le braccia.

«Manca una squadra WorldTour, okay… ma invece di parlare e criticare venite a venire come si lavora in un team, cosa serve, quali difficoltà ci sono. Per iniziare servono 80 milioni di euro garantiti per quattro anni, 20 a stagione… per fare una squadra discreta. Non è una cosa facile.

«Quando c’è una fuga, ti capita di vedere un atleta di una squadra come la nostra che con il suo stipendio base dell’Uci percepisce una paga anche 400 volte inferiore ad un campione di una WorldTour… Bisogna fare queste valutazioni prima di parlare. In certe situazioni sappiamo che al massimo possiamo puntare ad un piazzamento. Era dal 2018 che un corridore di una professional non vinceva una tappa al Giro. Ci è riuscito lo scorso anno Fortunato».

Ivan Basso con Luca Spada. I due hanno raccontato che il loro “ufficio” migliore è la bici. E’ lì che nascono le migliori idee
Ivan Basso (a sinistra) con Luca Spada. I due hanno raccontato che il loro “ufficio” migliore è la bici. E’ lì che nascono le migliori idee

Effetto Spada

Voglia di fare, di crescere, ma di non fare il passo più lungo della gamba. Entusiasmo e pragmatismo. Luca Spada, il presidente di Eolo, è una spinta ulteriore per il team. Lui è un imprenditore. Le sue sfide le vince con lavoro e determinazione, ma soprattutto con la capacità… Capacità di vederci lungo anche nei momenti più tosti.

«Le cose – racconta Basso – nel 2020 non andavano bene con l’avvento del Covid. L’allora Kometa aveva all’epoca un accordo con Eolo per l’anno successivo. Un giorno andai da Luca e gli dissi: “Luca servirebbe un’impegno maggiore del previsto”. Lui mi guarda e mi fa: “Quanto maggiore?”. “Dieci volte tanto”. Mi guarda, fa una pausa: “Okay, partiamo”».

Spada, al nostro fianco, al racconto di questo ricordo, sorride con soddisfazione. I progetti da portare avanti non mancano. Il prossimo è quello di Dinamo, il brand d’integratori naturali di altissima qualità che sta lanciando e di altre attività esclusive legate al ciclismo. Chissà, magari un giorno la squadra si chiamerà così…

Veneto Classic, vince Hirschi, saluta Rebellin

16.10.2022
5 min
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L’ultimo atto dei tre in programma, l’ultimo della stagione 2022. E’ la giornata della Veneto Classic, arrivata alla sua seconda edizione, che chiude ufficialmente il calendario italiano di quest’anno. Tanti i professionisti che hanno preso il via, da Matteo Trentin, fresco di vittoria al Giro del Veneto, a Miguel Angel Lopez, in corsa anche nella gravel di venerdì scorso, fino a Davide Rebellin, all’ultima corsa in carriera

Quasi 3.000 metri di dislivello

190 i chilometri della classica veneta, da Treviso a Bassano del Grappa (sede della gran fondo VeneToGo di sabato) per un totale di 2.900 metri di dislivello. Una giornata tra le terre del Prosecco con tante salite storiche: dopo un primo tratto pianeggiante, arriva subito il muro di Ca’ del Poggio, con i suoi 1.150 metri al 12,3% di pendenza media. Si entra poi nel primo circuito con la salita della Rosina (2,1 chilometri al 6,5%), affrontata dal gruppo tre volte. Nel secondo circuito lo spettacolo è sulla Tisa, lo strappo di 330 metri al 15,2%, con il fondo in pietra simile al pavé. Ultime asperità di giornata la salita di Diesel Farm, su strada bianca, e lo strappo di Contrà Soarda

Formolo ha chiuso il suo 2022 con una prestazione da luogotenente. Il secondo posto brucia o appaga?
Formolo ha chiuso il suo 2022 con una prestazione da luogotenente. Il secondo posto brucia o appaga?

Argento Formolo

Una giornata guidata dagli uomini UAE Team Emirates che hanno corso in testa al gruppo, rincorrendo i fuggitivi di giornata, usciti sul muro di Ca’ del Poggio, poi ripresi. Trentin ci prova, ma con un eccellente lavoro di squadra, ad avere la meglio è lo svizzero Marc Hirschi, che scatta in discesa e fa il vuoto. Arriva contento, quasi non ci crede, ed è visibilmente emozionato. Ad abbracciarlo il suo compagno Davide Formolo, che conclude la stagione con un secondo posto. 

«E’ stata una corsa molto dura – ci dice Roccia – ma abbiamo fatto un ottimo lavoro di squadra conquistando la prima, la seconda e la quinta posizione con Trentin. Finalmente è finita la stagione, ora un po’ di riposo. Le ultime salite erano proprio toste, lo sterrato è stato decisivo a mio avviso, ma c‘è poco da fare, siamo stati i più forti».

Firma svizzera

Una grande unione di squadra quella della UAE Team Emirates come ha sottolineato, raggiante, il vincitore stesso, che il 14 settembre aveva vinto il Giro della Toscana..

«Sono molto soddisfatto – dice – del lavoro che abbiamo fatto come team. Eravamo sempre davanti, nonostante la corsa fosse veramente molto dura, specialmente nel settore in strada bianca. Alla fine quando ho saputo che dietro di me c’era Formolo da solo, ho capito che uno di noi avrebbe vinto, ed ero già molto contento. Quando poi sono arrivato sotto l’arrivo, non ci potevo credere. Davvero una bella vittoria».

Dietro Hirschi e Formolo, sul podio sale Conci: lo svizzero gli è scappato in discesa…
Dietro Hirschi e Formolo, sul podio sale Conci: lo svizzero gli è scappato in discesa…

Tecnica, non gambe

A chiudere il podio, per l’Alpecin-Deceuninck, un magnifico Nicola Conci, che arriva senza rammarichi.

«Nonostante le sensazioni delle ultime settimane, non proprio ottimali – dice – oggi stavo abbastanza bene. In realtà, desideravo che sin dalla Rosina la corsa si facesse dura, ma non c’erano molte squadre che potessero fare grandi azioni e la vera esplosione c’è stata sul primo passaggio sulla Tisa. Purtroppo sull’ultima discesa della Diesel Farm è partito Hirschi davanti a me e io non sono più riuscito a chiudere. E’ vero che mi ha staccato, ma l’ha fatto in una parte molto tecnica, quindi più che le gambe è mancata da parte mia proprio l’abilità».

Grazie Davide

Un ultimo appuntamento significativo anche, forse soprattutto, per il nostro Davide Rebellin, che dopo trent’anni conclude qui la sua carriera.

«Ci tengo a salutare e ringraziare i miei tifosi – dice – che ci sono sempre stati durante tutti i miei anni da professionista. Sicuramente non smetterò di pedalare, ma è ora di lasciare il ciclismo, sento che questo è il momento giusto».

Un trittico veneto che si preannuncia a diventare uno dei grandi appuntamenti del calendario italiano, e non solo, sulla regia di un magistrale Filippo Pozzato. Una corsa diversa, forse perché in luoghi magnifici, forse per la nostalgia del suo essere “l’ultima”, sicuramente un “arrivederci” degno della stagione che ci lasciamo alle spalle.