Il ritorno di De Lie e la forza di uscire dal momento buio

28.08.2025
7 min
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L’immagine del ritorno alla vittoria per Arnaud De Lie si divide in due momenti a distanza di pochi secondi, forse attimi. In quel breve lasso di tempo, superata la linea del traguardo di Leuven nell’ultima tappa del Renewi Tour, il Toro di Lecheret è tornato a incornare gli avversari. Nell’arena di casa i panni del torero li ha vestiti Mathieu Van Der Poel, il quale ha scelto la corsa a tappe belga come ultimo trampolino di lancio prima di andare a caccia del titolo iridato in mountain bike. 

Podio finale Renewi Tour 2025, vincitore Arnaud De Lie, secondo Mathieu Van Der Poel e terzo Tim Wellens (RhodePhoto)
Podio finale Renewi Tour 2025, vincitore Arnaud De Lie, secondo Mathieu Van Der Poel e terzo Tim Wellens (RhodePhoto)

La mente e le gambe

Una vittoria a testa per i due contendenti alla classifica finale e solamente tre secondi a separarli. De Lie ha vinto il Renewi Tour grazie agli abbuoni. Ma sarebbe meglio dire che non ha perso grazie alla grinta e alla voglia di soffrire oltre i limiti. Sull’arrivo dell’iconico Muur Geraardsbergen il belga è stato l’unico a tenere le ruote di Van Der Poel. Uno sforzo brutale che lo ha costretto a due minuti di totale apnea prima di tornare a sorridere (in apertura nella foto di RhodePhoto).

«Penso ci siano diversi aspetti da considerare – ci racconta Nikola Maes, diesse della Lotto Cycling che ha seguito la corsa in ammiraglia – nel periodo delle Classiche (dalle quali è stato escluso, ndr) De Lie non ha dato il meglio di sé. Ha fatto quello che doveva fare, ma se il corpo non è completamente pronto per l’allenamento e la mente non è al 100 per cento è quasi impossibile crescere fino alla forma migliore. E penso che avesse alcuni problemi personali che doveva risolvere. La squadra lo ha sostenuto in tutto, ma alla fine dei conti è il corridore che deve cambiare».

«De Lie – continua – si è assunto alcune responsabilità dopo quel periodo e ha capito cosa stesse succedendo, cosa stava andando storto».

L’attimo in cui De Lie realizza di essere tornato alla vittoria e di aver fatto suo il Renewi Tour (RhodePhoto)
L’attimo in cui De Lie realizza di essere tornato alla vittoria e di aver fatto suo il Renewi Tour (RhodePhoto)
E’ stato capace di ripartire…

De Lie è ancora un ragazzo giovane, è con noi da molto tempo ma ha solamente 23 anni e sta ancora imparando tanto. Si trova nella fase di apprendimento della sua carriera e ogni anno mette un tassello in più. A essere sinceri lo abbiamo visto tornare dal Tour de France con una mentalità nuova. Dopo le difficoltà della prima settimana ha ritrovato una grande forza mentale e la fiducia di credere in se stesso. Alla fine dei conti puoi parlare quanto vuoi, ma sono le prestazioni che ti danno la fiducia per vincere le gare o per competere di nuovo con i migliori. 

Cosa non stava funzionando?

È difficile individuare il problema. De Lie è un corridore, ma prima di tutto è una persona. In un periodo come quello delle Classiche tutto deve funzionare al meglio prima di andare a fare certe corse. Durante l’inverno non era tutto al 100 per cento. Arnaud (De Lie, ndr) voleva essere al meglio, non possiamo dire che fosse carente o che se la prendesse comoda. Ha lavorato sodo ma non ci sono garanzie, non è con la scienza che ottieni tutto, ci sono anche aspetti umani da considerare. 

Il Toro di Lecheret si era già lanciato in uno sprint nella prima tappa arrivando secondo alle spalle di Merlier (RhodePhoto)
Il Toro di Lecheret si era già lanciato in uno sprint nella prima tappa arrivando secondo alle spalle di Merlier (RhodePhoto)
Era una questione di testa?

Penso che la parte mentale abbia avuto un ruolo, sicuramente. Perché alla fine è il pulsante del motore che ti farà performare o meno. Il suo stato mentale in quel momento non era al massimo, ed era una cosa che doveva risolvere principalmente da solo. Posso solo congratularmi con lui per averlo capito e per il modo in cui ha ritrovato la concentrazione, la fame e la voglia di lavorare sodo per un obiettivo. Se mi chiedete cosa è andato storto non lo saprei dire, è più complesso di un semplice errore di programmazione.

Come siete ripartiti dopo quel momento buio?

Lo abbiamo affidato a un nuovo allenatore, è passato da un preparatore esterno ad allenarsi con Kobe Vermeire, uno dei membri del nostro staff. Non avevamo dubbi sulle qualità dell’atleta, ma sapevamo che sarebbe stato un lavoro a metà. Solo ripartendo da zero avrebbe potuto raggiungere un certo livello. Al Tour è scattata la molla e ha avuto la conferma che la strada intrapresa era quella giusta. Vedere De Lie migliorare durante una corsa a tappe difficile come il Tour ci ha fatto capire che ha qualità incredibili. E se non fa nulla di anormale, direi che riuscirà sempre a risalire la china. E questo è anche ciò su cui ha puntato la squadra.

Sul muro di Geraardsbergen De Lie è stato l’unico a resistere ai colpi di Van Der Poel
Perché si è cambiato preparatore?

Lo scorso anno c’erano alcuni problemi con l’allenatore interno al team che lo seguiva, così gli abbiamo dato fiducia nel trovarne uno esterno. Tutto stava andando bene, però la squadra vuole avere un certo controllo sui suoi corridori, soprattutto quelli di primo piano. Nel periodo delle Classiche abbiamo fatto una bella chiacchierata con De Lie e, in accordo con lui, abbiamo cambiato. Questo non vuol dire che si riparte da zero, la sua crescita e il suo cammino sono continuati.  

L’arrivo a Geraardsbergen e la vittoria a Leuven ci hanno mostrato un De Lie di nuovo capace di sostenere certe sfide…

Dopo quelle due giornate ha avuto un momento di “decompressione”. Specialmente al termine del Renewi Tour, a Leuven. De Lie ci ha sempre abituati a buoni risultati, anche durante questa stagione, ma gli avversari al Renewi Tour erano di un’altra caratura, pensiamo al solo Van Der Poel. Sul muro di Geraardsbergen ha tenuto botta e nell’ultima tappa ha vinto. Arnaud nella sua forma migliore può competere al livello di quei corridori.

Eccoli i due contendenti alla vittoria finale che se ne vanno, alle loro spalle spunta Wellens (foto Rhode Photos)
Eccoli i due contendenti alla vittoria finale che se ne vanno, alle loro spalle spunta Wellens (foto Rhode Photos)
Torniamo a marzo, quando lo avete fermato, ti saresti mai aspettato di rivederlo davanti così presto?

Sì. Ed è quello che hanno detto i miei colleghi durante il Tour. Lo stato mentale di De Lie era ripristinato, avevamo di nuovo il vecchio Arnauld: che ride, che si sente bene, ascolta, dà suggerimenti e parla molto. Era completamente diverso da quello che avevamo visto durante le Classiche. 

E’ tornato se stesso?

Definirei quei comportamenti come tipici di un corridore che si sente bene nel proprio corpo rispetto a uno che si sente perso. Qualsiasi atleta che non si sente al meglio tenderà a isolarsi, smetterà di comunicare, di ridere e diventerà più introverso. Quando l’ho rivisto ad Amburgo era un ragazzo, anzi un uomo diverso. Aveva recuperato la concentrazione. 

Non è un caso che De Lie sia tornato al successo sulle strade di casa, dove ha ritrovato l’abbraccio del proprio pubblico (RhodePhoto)
Non è un caso che De Lie sia tornato al successo sulle strade di casa, dove ha ritrovato l’abbraccio del proprio pubblico (RhodePhoto)
Il fatto che sia tornato alla vittoria sulle sue strade, in Belgio, non può essere un caso…

Ha un ottimo rapporto e un ottimo feeling con questo tipo di gare. E l’intera corsa ruotava attorno alle tappe di Geraardsbergen e Leuven. C’è da dire che lo scorso anno, proprio a Geraardsbergen, aveva vinto. Mentalmente il legame con la gara c’era già, oltre al fatto che gli addice. Essere riuscito a battere rivali di altissimo livello come Van Der Poel e Wellens non farà altro che dargli più fiducia e confermargli che nei suoi giorni migliori può competere con questi corridori. Inoltre c’erano i suoi genitori e la sua fidanzata a seguirlo, questo ha giocato un ruolo importante. 

Ora però serve mantenere la concentrazione.

Saprà farlo, abbiamo ancora alcune gare importanti come Bretagne Classic, Quebec e Montreal. Sono abbastanza fiducioso che la sua concentrazione rimarrà buona e adeguata fino alla fine della stagione.

I destini incrociati di De Lie e Gaudu. Due storie su cui riflettere

29.06.2025
5 min
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Potrà sembrare strano, ma le strade di Arnaud De Lie e David Gaudu in qualche modo s’intrecciano, si somigliano, pur restando distanti. Uno è un velocista belga, l’altro uno scalatore francese. Entrambi hanno talento, e lo hanno dimostrato, ma allo stesso tempo portano con sé fragilità importanti.

Ma senza divagare: perché i destini di De Lie e Gaudu s’incrociano? Il primo sta uscendo da un periodo nero e la sua squadra, la Lotto, lo ha annunciato al Tour de France. L’altro, invece, resta fuori. Viene dunque da chiedersi: il talento basta?

Dopo essersi rimesso in sesto De Lie ha lavorato sodo allo Svizzera. Qualche giorno oprima era stato 3° alla Brussels Classic
Dopo essersi rimesso in sesto De Lie ha lavorato sodo allo Svizzera. Qualche giorno oprima era stato 3° alla Brussels Classic

La situazione del belga

De Lie non ha avuto una grande primavera (ed è già la seconda, dopo i problemi fisici dell’anno scorso). Il belga, per sua stessa ammissione, ha avuto difficoltà mentali. Si è caricato di troppa pressione e questo a cascata lo ha portato completamente fuori forma. La Lotto lo ha quindi fermato del tutto, lo mise proprio fuori squadra, e resettato ancora una volta.

«Il mio stato d’animo – ha detto De Lie qualche giorno fa – è completamente diverso ora. Dopo la Gand-Wevelgem giravo a vuoto. Ero in un circolo vizioso, ma ora va molto meglio. La cosa più difficile, la prima per risollevarmi, è stata accettare quei momenti. Ora cerco di trarre il positivo da quelle fasi negative. E’ su questo che mi concentro, lo scatto deve venire da sé stessi. Gli altri possono incoraggiarti, ma se sei convinto che non funzionerà, allora non funzionerà mai».

De Lie ha parlato dei suoi prossimi obiettivi: le volate e le tappe ondulate del Tour: «I miei obiettivi non devono essere per forza incentrati sui risultati. Devo essere soddisfatto e orgoglioso. Ero sempre arrabbiato per i miei piazzamenti all’inizio della stagione, ma quell’atteggiamento non mi ha aiutato. A un certo punto ho pensato: per chi sto pedalando? La gente ha delle aspettative, ma io lo facevo quasi per gli altri, non per me stesso. Se do il massimo nella cronometro in salita in Svizzera, per dire, allora potrò essere orgoglioso di me stesso. E questo mi dà molta più soddisfazione.

Gaudu ha concluso un Giro d’Italia nel quale è stato quasi invisibile. Era al di sotto del suo talento
Gaudu ha concluso un Giro d’Italia nel quale è stato quasi invisibile. Era al di sotto del suo talento

E quella del francese

«Dato il mio livello attuale, sono stato trasparente con la squadra. Conoscono i miei dati, quindi abbiamo deciso insieme di saltare il Tour quest’anno», ha detto senza troppi giri di parole David Gaudu, scalatore della Groupama-FDJ e grande speranza del ciclismo d’Oltralpe.

E dire che l’inizio di stagione del bretone non era stato affatto male. Aveva vinto una tappa e chiuso terzo al Tour of Oman.

«Da allora – ha raccontato il team manager della FDJ, Marc Madiot, che si trova a rivivere qualcosa di molto simile che gli accadde con Pinot – è stato costantemente in difficoltà: cadute, spirali negative. Abbiamo cercato di recuperarlo gradualmente portandolo anche al Giro d’Italia, ma è ricaduto.

E a proposito di Giro, anche noi abbiamo una testimonianza diretta. In più di una partenza e arrivo lo abbiamo visto quasi “non presente”. In particolare il giorno della crono di Pisa. Eravamo dietro l’arrivo in attesa di Pellizzari per un’intervista concordata. Gaudu era partito un paio di corridori prima. Quando è arrivato, era stanco ma non sfinto, come chi dovrebbe fare una cronometro a tutta, ma magari non erano queste le direttive. Il massaggiatore gli ha chiesto più volte se volesse l’acqua o il recupero, quelle bevande viola ormai familiari, e lui non ha risposto. Continuava solo a legarsi i capelli, ora lunghi, con l’elastico. Alla fine, lo stesso massaggiatore gli ha messo l’asciugamano sul collo e gli ha indicato la via per il bus.

Una scena che potrebbe anche non significare nulla, ma col senno di poi il linguaggio del corpo era eloquente.

Per il Tour bisogna essere al 100 per 100 – ha concluso Madiot – piuttosto che inseguire il tempo, stiamo facendo un reset. L’obiettivo è riportarlo al suo livello migliore per la Vuelta e per il finale di stagione, fino alla Cina.

La mente degli atleti può essere forte nei momenti di sforzo, ma anche fragilissima al di fuori della stretta attività. Lì possono sorgere problemi che fanno crollare il castello
La mente degli atleti può essere forte nei momenti di sforzo, ma anche fragilissima al di fuori della stretta attività. Lì possono sorgere problemi che fanno crollare il castello

Talento sì, ma di cristallo

Per certi aspetti i due ricordano i classe 1990 di cui tanto si è parlato: forti, estri puri, ma in tanti, chi per un motivo e chi per un altro, si sono persi strada facendo. Solo Romain Bardet e Mattia Cattaneo, che comunque hanno avuto i loro momenti tempestosi, sono rimasti in pista a lungo. Mattia ancora va avanti…

«I miei obiettivi non devono essere per forza incentrati sui risultati», anche questa frase di De Lie fa riflettere. E’ un capitano, un leader e sentirlo parlare così magari non è il massimo per gregari o sponsor. Tuttavia è un pensiero che va rispettato, almeno in questo momento di “convalescenza”.

E ancora. Circolo vizioso, spirale negativa, ricaduta… sono termini che fanno riflettere. Tante volte si pensa che la vita del corridore sia semplice: basta allenarsi, mangiare bene e riposarsi, e automaticamente si vada forte. Ma non è così. Ci sono equilibri ben più sottili.

E forse lo sono ancora di più quando c’è il talento e si ha la consapevolezza di poterlo (e di doverlo) dimostrare.

De Lie fuori squadra, cosa succede alla Lotto?

08.04.2025
4 min
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Quel distacco a oltre 100 chilometri dalla Gand-Wevelgem è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Così Arnaud De Lie è stato di nuovo messo “fuori squadra”, o meglio, fuori gara dalla sua Lotto fino a nuovo ordine. La decisione è stata presa, apparentemente, con grande calma e lucidità dal team manager della formazione belga, Stéphane Heulot.

«E’ sicuramente una delusione – aveva detto Heulot dopo la Gand – ma neanche una sorpresa. De Lie è indietro con la preparazione e le sue condizioni sono tutt’altro che ottimali. Era prevedibile una situazione del genere, anche se lui e tutti noi speravamo in qualcosa di diverso. Ma non siamo nella situazione dell’anno scorso. Ora dobbiamo porci delle domande e ripartire».

Guy Van Den Langenbergh, giornalista di Het Nieuwsblad e Gazet van Antwerpen
Guy Van Den Langenbergh, giornalista di Het Nieuwsblad e Gazet van Antwerpen

Parola a Van Den Langenbergh

Già, ma quali sono queste domande? Qualcosa di più l’abbiamo chiesto a uno dei giornalisti belgi più esperti in materia di ciclismo, Guy Van Den Langenbergh. Grazie a lui abbiamo cercato di capire se i problemi sono “solo” legati all’atleta o anche al ragazzo, all’uomo.

«Cosa è successo a De Lie? La situazione è “semplice” – spiega il giornalista di Het Nieuwsblad – per il momento Arnaud non è in grado di produrre risultati e per questo è stato allontanato dalle corse. De Lie si allena, ma non si prende cura di sé fuori dalla bici. Vive al 90 per cento per il suo lavoro, e questo non è sufficiente. Soprattutto perché ingrassa facilmente. Ha lavorato con un allenatore esterno, Gaetan Bille. Ora ha dovuto interrompere la cooperazione».

Di questa sospensione con Bille aveva parlato anche Heulot, che sotto questo aspetto era stato molto diretto, senza troppi giri di parole: «La cattiva forma di Arnaud non ha più nulla a che fare con la malattia di Lyme (contratta proprio un anno fa, ndr), gli esami medici sono chiari. Ciò di cui ha bisogno è lavoro, disciplina e serietà. Bisogna fare bene il proprio lavoro».

Così, dopo il 126° posto a De Panne, la rinuncia al GP E3 di Harelbeke e il ritiro alla Gand, la Lotto ha deciso di interrompere la collaborazione con Bille in modo netto.

De Lie (classe 2002) per lui anche problemi di peso, secondo il manager Heulot (e non solo)
De Lie (classe 2002) per lui anche problemi di peso, secondo il manager Heulot (e non solo)

Il quadro

Lo scorso anno, vuoi per sfortune, vuoi per errori personali e soprattutto per la malattia di Lyme, De Lie non andava bene e fu messo fuori corsa. Quasi per tutelarlo. Adesso sembra più una punizione. Oltre a rappresentare una necessità reale, visto che non è in grado di tenere le ruote.

Quest’anno il “Toro di Lescheret” era anche partito bene, vincendo una corsa a inizio stagione. Poi due scivolate lo hanno rallentato, ma di certo non giustificano il suo scarso rendimento. La “macchina De Lie” si è inceppata e l’atleta è ripiombato nel suo personalissimo groviglio.

«Io – riprende Van Den Langenbergh – non credo che la vittoria d’inizio stagione a Bessèges lo abbia appagato. De Lie è un ragazzo ambizioso. Finora la stampa belga lo ha trattato con pietà. E’ ancora giovane, ma questa è la seconda “primavera” consecutiva che gli manca. Deve riabilitarsi.
«Riguardo alle voci di un possibile addio alla Lotto, non credo che accadrà: ha ancora un anno di contratto e la squadra vuole trattenerlo».

Ma il ragazzo ha classe e una grinta pazzesca: eccolo vincere nella 3ª tappa di Besseges di quest’anno
Ma il ragazzo ha classe e una grinta pazzesca: eccolo vincere nella 3ª tappa di Besseges di quest’anno

Quale futuro?

La Lotto è senza dubbio una squadra che investe molto sui giovani. Si barcamena tra limiti di budget e risultati, ma ha un ottimo vivaio. Lo stesso De Lie, ma anche Van Eetvelt e Van Gils, che è stato preso dalla Red Bull-Bora proprio per farne un leader da classiche, ne sono l’esempio.
Perdere una pedina tanto importante e simbolica per le corse più rappresentative della stagione è un colpo pesante per il team belga. Pensate, la sua vittoria a Besseges resta ad ora l’unica per la Lotto in questo 2025…

Se magari non poteva competere a un Fiandre, corsa che comunque De Lie aveva detto essere nelle sue corde, di certo poteva fare bene a De Panne, Gand, Brabante… E invece niente di tutto ciò è stato o sarà possibile. «Ad ora non si sa quando rientrerà, ma di certo non sarà presente alla Roubaix», ha concluso Van Den Langenbergh.

Le aspettative di Van Eetvelt. Arriva il tempo dei Grandi Giri

24.01.2025
5 min
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Certe volte vincere non basta. Guardate Lennert Van Eetvelt: a soli 23 anni ha iniziato la sua stagione vincendo e l’ha chiusa vincendo, ha portato a casa due corse a tappe del WorldTour come Uae Tour e Tour of Guangxi, eppure per molti addetti ai lavori è stato un comprimario, forse perché ha saltato per infortunio tutta la primavera e la sua Vuelta è durata solo metà corsa. Inconvenienti di un ciclismo che tritura tutto e tutti, non dando il tempo di riflettere.

Per Van Eetvelt nel 2024 36 giorni di gara con 5 vittorie e ben 12 Top 10
Per Van Eetvelt nel 2024 36 giorni di gara con 5 vittorie e ben 12 Top 10

Promosso capitano della Lotto

Il giovane talento della Lotto però guarda avanti e così fa il suo team, che sapendo ben valutare un 2024 da protagonista lo ha eletto a capitano della squadra, insieme all’altro giovane Arnaud De Lie, puntando sulle sue qualità di corridore completo ma con ampi margini di miglioramento. Per il corridore di Binkom inizia una stagione importante, che parte però dalla difesa di quanto fatto.

«Per me è stata un grande passo avanti. E’ stato difficile arrivare dove sono, passando per molti infortuni e devo dire grazie al team che mi è sempre stato vicino, facendomi correre con alcuni dei ragazzi migliori al mondo in tutti i posti. L’anno passato mi ha dato molta fiducia, so che qualsiasi cosa mi succeda ho la forza per tornare ai vertici, lavorando con pazienza».

La prima vittoria del corridore Lotto nel 2024, battendo Vlasov e McNulty al Trofeo Serra Tramuntana
La prima vittoria del corridore Lotto nel 2024, battendo Vlasov e McNulty al Trofeo Serra Tramuntana
Quanto ti è pesato perdere 4 mesi di corse e saltare tutto il periodo delle classiche?

E’ stata dura, per tutta la prima parte dell’anno. Sentivo che non ero in gran forma all’inizio della stagione e avevo qualche dubbio se sarei riuscito a tornare al livello che volevo. Ci è voluto davvero molto tempo, ma è stato un cammino utile per capire quello che sono, quando posso essere resiliente. Ora ho più sicurezza. Guardate l’ultimo Lombardia: non ero al massimo, ma quando la corsa si è sviluppata ero lì, con Evenepoel e gli altri, a lottare. Significa che il mio livello di base è quello ed è un livello da vertici.

Lo scorso anno hai vinto due importanti corse a tappe: ti stai specializzando nelle prove medio-brevi o pensi che le corse di un giorno siano ancora le più adatte a te?

Spero in realtà di migliorare dappertutto ed essere in grado di competere per qualcosa d’importante nell’arco di un Grande Giro. Ma c’è ancora molta strada da fare, quindi ci sto solo lavorando. Il resto viene da sé, l’essere competitivo un po’ dappertutto, sono tappe per arrivare lì come dimostrano anche gli altri che corrono e vincono le grandi prove a tappe.

Il belga punta soprattutto a essere competitivo nei Grandi Giri, ma deve migliorare a cronometro
Il belga punta soprattutto a essere competitivo nei Grandi Giri, ma deve migliorare a cronometro
L’infortunio al ginocchio è risolto e per proteggerlo hai cambiato qualcosa nella tua preparazione?

Più che altro ho cercato di affinare le mie qualità per essere competitivo su vari obiettivi. Mantenere il mio scatto per le classiche, ma essere anche più performante in salita. Per ora l’aspetto sul quale ho meno dimestichezza sono le cronometro, dove pure agli inizi di carriera me la cavavo bene, ma su questo dovrò lavorarci.

Quando eri ragazzino ti affascinavano di più le classiche o i Grandi Giri?

Sicuramente le grandi corse a tappe. Il Tour de France. Era la mia corsa preferita da guardare ogni estate, ho sognato di essere lì, a lottare con i più forti. Quest’anno andrò puntando alle tappe e a capire bene come va interpretato, aprendomi comunque a ogni possibilità, alla Vuelta invece andrò per fare classifica. Il Tour resta la corsa regina ed è lì che voglio scrivere pagine importanti.

Alla Vuelta ritiro alla tappa numero 12, ma fino ad allora se l’era ben cavata con il 2° posto a Pico Villuercas dietro Roglic
Alla Vuelta ritiro alla tappa numero 12, ma fino ad allora se l’era ben cavata con il 2° posto a Pico Villuercas dietro Roglic
La Lotto conta molto su di te per centrare il traguardo del WorldTour: qual è l’atmosfera in squadra?

È davvero ottimale, siamo tutti carichi alla vigilia dell’inizio della stagione e vogliamo portare a casa quanti più punti possibile. Abbiamo una squadra giovane, anche io lo sono e me ne rendo conto, ma questo ti dà anche quel pizzico di spregiudicatezza che può fare la differenza. Ognuno è carico, entusiasta, pronto a dare il massimo e questo è molto, molto bello.

La tua è la generazione di Evenepoel: per voi ragazzi belgi l’olimpionico è uno stimolo in più per emergere?

Sì, penso che molto abbiano influito le vittorie di Remco. I corridori belgi della mia generazione sono tutti di altissimo livello ora e c’è un grande cambiamento nel ciclismo. I ragazzi più giovani puntano a emergere il prima possibile come ha fatto lui. Ognuno di noi vuole dimostrare che il suo non è stato un caso isolato, ognuno vuole arrivare al vertice.

Van Eetvelt comincia a essere molto popolare, in Cina facevano la fila per un suo autografo
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Alla Lotto sarai il capitano con De Lie. Ci saranno corse dove gareggerete entrambi, come vi gestirete?

Abbiamo un tipo di calendario e di obiettivi completamente diversi, quindi sapremo coesistere, anche quando gareggeremo insieme, sacrificandoci l’uno per l’altro. Ci sosteniamo a vicenda perché prima di tutto viene il team. Abbiamo entrambi le nostre cose da fare.

De Lie, che iella: condannato a sfidare i giganti

12.11.2024
4 min
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A basarsi su quanto si è visto sui social fino alla scorsa settimana, mezzo gruppo era ancora in vacanza e l’altro è andato a Singapore per il Criterium del Tour de France. A breve tutti saranno nuovamente a casa, godendosi gli ultimi scampoli di riposo e cominciando a riallacciare i fili. Ma almeno nei discorsi, il filo nessuno l’ha mai staccato. Ed è così che Arnaud De Lie in Estremo Oriente si è ritrovato a ragionare della sua stagione e su quella che verrà.

Giusto lo scorso anno di questi tempi, era il 15 novembre, suonammo al campanello della sua fattoria per conoscerlo un po’ meglio e raccogliemmo le prime sensazioni dopo il 2023 delle 10 vittorie, fra cui quella in Quebec. Tra infortuni e problemi di salute, il 2024 invece non è stato altrettanto positivo. Le soddisfazioni non sono mancate, ma ad eccezione di una tappa al Renewi, non ci sono state vittorie WorldTour. In compenso è venuta la maglia di campione belga, che da quelle parti è una bandiera assai ambita. Basti pensare che i primi cinque alle sue spalle sono stati Philipsen, Meeus, Nys, Van Aert e Merlier.

«In questa stagione – si racconta De Lie alla stampa prima del criterium di Singapore – sono successe cose belle e cose brutte, ma penso che sia stata positiva. Senza dubbio mi tengo stretta la vittoria nel campionato nazionale, perché mi permetterà di indossare una maglia molto bella per tutto l’anno. Sono soddisfatto anche per il mio debutto al Tour de France, che ritengo sia stato positivo».

Al Tour, sui Pirenei, De Lie si è ritrovato in fuga con Van der Poel: alla Roubaix sarà peggio
Al Tour, sui Pirenei, De Lie si è ritrovato in fuga con Van der Poel: alla Roubaix sarà peggio

Seguire Val der Poel

Evidentemente non basta e anche se hai solo 22 anni, è chiaro che il metro di paragone siano ormai diventati i mostri sacri del pavé. Sono quelle le corse cui i tifosi attendono il Toro di Lescheret e per le quali anche lui sente un richiamo quasi primordiale. E’ singolare rendersi conto che questo ragazzo sia condannato a fare la corsa sui giganti – in volata o nelle classiche – in un ciclismo che è dominato dal ristretto gruppo dei fenomeni.

«L’obiettivo – dice allo spagnolo Marca – è arrivare nella migliore forma possibile alle classiche delle Fiandre. Spero di stare bene per le prime corse, arrivando al debutto già in condizione, in modo da raggiungere il picco nelle settimane cui tengo di più. Quest’anno in quel periodo stavo male per quel parassita e non ho preso parte a Fiandre e Roubaix. Però una cosa l’ho capita: per fare bene alla Roubaix bisogna avere le gambe per seguire la Alpecin. Sono due anni che vincono e sono la squadra migliore. La verità però è che stare dietro a Van Der Poel non sia così facile. Ma visto che ho solo 22 anni e non credo di essere ancora a quel livello, fatemi dire che le due Monumento sono importanti, ma ci sono anche classiche come Omloop Het Nieuwsblad e Gand-Wevelgem che per me sono grandi obiettivi».

A Quebec, da vincitore uscente, accanto a Pogacar quasi in forma mondiale
A Quebec, da vincitore uscente, accanto a Pogacar quasi in forma mondiale

Ignorare Pogacar

Il Tour de France è stato una colossale centrifuga anche per lui e sarebbe stato davvero curioso avere una volata negli ultimi 3-4 giorni per capire in che modo sia effettivamente arrivato in fondo. Non ha vinto tappe, ma è entrato fra i primi cinque nella quinta e sesta tappa. Poi terzo nell’ottava, battuto da Girmay e Philipsen, e quinto nella dodicesima. Di lì in avanti, il suo Tour è stato un costante arrampicarsi su montagne messe lì come un dispetto e che hanno invece scatenato la lotta per la classifica.

«Il Tour de France è infinitamente difficile – ride – sono 21 giorni in cui vai a tutta e con tutto quello che hai. Devi essere sempre ben posizionato in ogni momento della tappa, altrimenti rischi di non arrivare al traguardo. E’ un’esperienza molto dura, ma sono felice di come sono andate le cose. Il livello dei velocisti è davvero altissimo, difficile dire chi sia stato il più forte e chi lo sarà nel 2025. Potrei dire Philipsen e Girmay, ma avete visto di cosa è capace Jonathan Milan? In certi giorni saranno loro i miei riferimenti, mentre per fortuna posso disinteressarmi di quello che fa Pogacar, cosa che Vingegaard ed Evenepoel per loro sfortuna non possono fare. Di certo quando attacca, seguirlo è molto difficile. Ho la fortuna di avere caratteristiche completamente diverse».

De Lie come VdP: «I risultati arrivano col divertimento»

05.09.2024
5 min
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Ugualmente non correrà agli europei. Dopo aver vinto l’ultima tappa del Renewi Tour su e giù per il Muro di Geraardsbergen, Arnaud De Lie ha preso atto di non essere fra i convocati del Belgio per la gara di Hasselt, anche se la caduta della Vuelta ha tolto di mezzo Wout Van Aert. Così il Toro di Lescheret è tornato a casa per recuperare le forze e farsi trovare pronto per la gara di Amburgo di domenica prossima, per poi fare rotta sulle prove canadesi del WorldTour. Fu proprio vincendo il GP Quebec dello scorso anno che il campione belga mise un piede nella dimensione del grande corridore, che fino a quel momento era stata una previsione più che una certezza.

«Vincere con questa maglia tricolore significa sempre qualcosa – dice – e farlo in un luogo così mitico, nella tappa regina del Renewi Tour, è stato ancora più iconico. Il Muro di Geraardsbergen, che abbiamo scalato più volte, fa parte della storia del ciclismo. Non farò gli europei perché Merlier e Philipsen sono più veloci di me. Mentre corridori come Van Lerberghe e Rickaert sono più bravi di me nel tirare le volate. Non sono uno che fa il leadout, perché è qualcosa che devi imparare lavorando in modo specifico. Però mi piace lavorare per un compagno di squadra, come è stato con Segaert al Renewi Tour».

Due diamanti in cassaforte

La Lotto Dstny intanto si frega le mani, avendo messo in mostra nella gara belga due talenti di assoluto rispetto. Il primo, Alec Segaert, che vincendo la crono si era proposto per i piani alti della classifica. Il secondo, lo stesso De Lie, che ha giocato la sua carta nella tappa finale, quando si è capito che il compagno non sarebbe stato in grado di rispondere all’affondo di Tim Wellens.

«L’ho fatto tutto sui pedali – sorride – uomo contro uomo. E’ bella anche una vittoria in volata, ma quell’ultima tappa è stata una gara vera. Sono state più di quattro ore con un caldo fuori dal comune. E’ stato durissimo scalare per tre volte e mezzo il Muro. Nel primo passaggio mi sono sentito benissimo e il nostro primo obiettivo era difendere la maglia di Segaert. Quando però l’ammiraglia ha capito che Alec era troppo indietro, ha dato via libera a me. Wellens non era recuperabile, ma possiamo essere ugualmente molto soddisfatti di ciò che abbiamo ottenuto. Dopo tutto Alec ha solo 21 anni, io 22. Nelle due tappe che non si sono concluse con uno sprint, siamo stati i più forti. Ciò fa ben sperare per i prossimi anni».

La primavera bruciata

Quello che più brucia, ascoltando il racconto di De Lie è la primavera buttata a causa del morbo di Lyme, l’infezione trasmessa dalle zecche. Per un ragazzo nato e cresciuto in fattoria, sembra quasi una beffa. I suoi sintomi comprendono varie irritazioni cutanee, come pure alla lunga alterazioni neurologiche, cardiache o articolari che, se non trattate, possono trasformarsi in vere e proprie complicazioni. Per curarla si ricorre ad antibiotici che hanno ridotto le sue capacità nel periodo delle corse più adatte. Dopo il decimo posto alla Omloop Het Nieuwsblad infatti, il belga non è stato più in grado di ottenere prestazioni di alto livello.

«Vincendo in questa tappa del Renewi Tour – ha confermato De Lie – ho dimostrato che se non ho problemi fisici, ci sono. Solo chi l’ha sperimentato sa cosa sia quella malattia. Sono arrivato a chiedermi cosa ci facessi su una bici, una sensazione che ogni corridore prima o poi si trova a provare, ma questa volta era diverso. Non ho toccato la bici per dieci giorni e quando l’ho ripresa, non avevo più voglia di salirci sopra. Ho fatto molti sacrifici per riprendermi. E adesso sono tornato e ho la conferma che questi sono i miei percorsi preferiti».

Al Tour, De Lie ha avuto modo di conoscere meglio il suo idolo Van der Poel
Al Tour, De Lie ha avuto modo di conoscere meglio il suo idolo Van der Poel

L’amico Van der Poel

David Van der Poel, fratello di Mathieu, collabora con il suo agente. Si conoscevano prima quando anche lui correva, si conoscono meglio ora che collaborano. E questo crea un’insolita commistione di affetti e ambizioni. De Lie infatti correrà il prossimo Giro delle Fiandre con la maglia di campione belga e in quanto tale sarà una sorta di bandiera contro il dominatore Van der Poel che, per citare l’Iliade, tanti dolori inflisse ai belgi. Secondo alcuni nel suo non esporsi c’è proprio la voglia di prendergli le misure.

«Mathieu van der Poel – dice De Lie – è Mathieu van der Poel, giusto? Questa è un’altra differenza fra noi. Penso che sia prima di tutto un bravo ragazzo. Con il suo modo di fare dimostra che il divertimento viene prima di tutto e con il divertimento arrivano i risultati. Questo è anche il mio pensiero. Ricordo che nei miei primi anni da professionista non osavo davvero avvicinarlo, non avevo il carattere per farlo. Invece nell’ultimo Tour abbiamo spesso pedalato uno accanto all’altro. In fuga, nel gruppetto o anche semplicemente in gruppo. Al Tour c’è anche tempo per parlare. E comunque non credo di avere ancora le gambe per contrastarlo, anche se sarebbe bello. Credo che sia ancora un obiettivo lontano. Perciò preferisco concentrarmi su quello che posso raggiungere davvero».

Terzo in Danimarca, Foldager torna a far parlare di sé

23.08.2024
5 min
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La conclusione del Giro di Danimarca vinto da Arnaud De Lie ha riproposto una vecchia conoscenza del ciclismo italiano (anche se parlare di “vecchia” a proposito di un corridore di 23 anni suona un po’ contraddittorio…). Parliamo di Anders Foldager, il corridore danese approdato quest’anno al team Jayco AlUla dopo aver fatto la sua gavetta dalle nostre parti, precisamente dalla Biesse Carrera.

Foldager ha conquistato il terzo gradino del podio nella classifica finale, in una gara di alto livello con molti team del WorldTour. In quest’occasione il corridore di Skive non vestiva però la maglia del team australiano, bensì quella della nazionale il che dà maggior risalto alla sua prova.

Il podio finale con De Lie vincitore con 1″ su Cort e 27″ su Foldager (foto Moller)
Il podio finale con De Lie vincitore con 1″ su Cort e 27″ su Foldager (foto Moller)

Per Foldager è il giusto premio per una prima stagione nel grande ciclismo vissuta con qualche difficoltà ma sempre da protagonista: «Finora l’anno è stato positivo – racconta Anders mentre si sta dirigendo in Francia per la Bretagne Classic di domenica – con qualche problema all’inizio della stagione e un sacco di malattie che mi hanno rallentato. Ma da maggio è stato positivo».

Rispetto allo scorso anno le difficoltà sono aumentate, il calendario è di livello più alto?

Sì, certo. Faccio solo gare professionistiche del WorldTour o immediatamente sotto, quindi forse la gara più grande dell’anno scorso è la più piccola per me quest’anno. Quindi è sempre difficile, ma allo stesso tempo è sempre più intrigante e mi accorgo che vado sempre meglio.

La stagione del danese è stata segnata da un difficile inizio, ma ora i risultati arrivano
La stagione del danese è stata segnata da un difficile inizio, ma ora i risultati arrivano
Raccontaci il tuo Giro di Danimarca, come sei riuscito a conquistare il podio?

Prima di tutto abbiamo avuto la cronometro a squadre dove siamo arrivati al quarto posto. E’ stato un buon inizio se volevamo puntare alla classifica. La tappa successiva era già decisiva per l’esito finale e me la sono cavata più che bene, finendo ancora quarto a non molta distanza da Magnus Cort e Arnaud De Lie che avevano già fatto la differenza. Da lì sono stati solo sprint piuttosto numerosi in cui ho dovuto restare con la squadra, difendendo il podio.

Voi correvate con la nazionale contro squadre WorldTour che vivono insieme tutto l’anno. E’ stato uno svantaggio per te?

Forse un po’. Soprattutto perché abbiamo perso due corridori, Mathias Nordsgaard e l’ex iridato U23 a cronometro Johan Price-Pejtersen già alla seconda tappa. Quindi ero l’unico corridore del WT nella squadra, ma ho avuto un buon aiuto dagli altri ragazzi. È difficile quando non si corre insieme tutti i giorni, avevamo sicuramente minor amalgama rispetto alle altre formazioni perché non ci conoscevamo molto bene, per questo il risultato finale ha maggior valore e lo condivido con tutti i miei compagni.

Foldager ha corso con la nazionale, pagando dazio in termini di amalgama con i compagni (foto Moller)
Foldager ha corso con la nazionale, pagando dazio in termini di amalgama con i compagni (foto Moller)
Eri già stato quarto al Giro di Slovacchia: stai diventando un corridore più portato per le corse a tappe?

Non lo so, forse. Penso che le brevi corse a tappe senza le grandi montagne e senza circuito cittadino, vadano bene per me, ma resto comunque migliore come cacciatore di tappe e nelle corse di un giorno. Le mie caratteristiche non cambiano.

Che cosa ti è rimasto della tua esperienza in Italia?

Ora posso dire con certezza che il grande calendario Under 23 in Italia mi ha dato un sacco di esperienze e opportunità per emergere nei finali e poi ovviamente la squadra mi ha aiutato a crescere. Apprezzo moltissimo il mio tempo trascorso in Italia, che mi ha davvero costruito il corridore che sono oggi. Non solo tecnicamente, ma anche mentalmente, per essere un professionista.

Magnus Cort vincitore della seconda tappa su De Lie. Tappa che si rivelerà decisiva, ma il belga la spunterà (foto Moller)
Magnus Cort vincitore della seconda tappa su De Lie. Tappa che si rivelerà decisiva, ma il belga la spunterà (foto Moller)
Quanto conta nell’evoluzione del ciclismo danese avere un campione di riferimento come Vingegaard?

E’ fondamentale avere delle grandi star per i giovani ciclisti. Da ammirare come un idolo. L’idea è che se ce l’ha fatta lui, allora vuol dire che possiamo farcela anche noi. Grazie alle imprese di Tomas, il ciclismo nel mio Paese è cresciuto enormemente l’anno scorso e si vedeva dalla quantità di gente presente proprio al Tour di casa, per le strade danesi. Ora il ciclismo è davvero molto popolare, fra i più diffusi.

Ora quali sono i tuoi obiettivi da qui alla fine della stagione?

Dopo Plouay continuerò con le gare di un giorno, forse Amburgo, forse alcune gare in Italia, ma il programma non è ancora ben definito. Il mio obiettivo è di rimanere in forma e di aiutare i ragazzi quando devo farlo e se devo, cercando comunque di avere la mia possibilità, a volte. Magari per cercare un’altra vittoria quest’anno.

Per il danese già ottimi segnali al Giro di Slovacchia con vittoria di tappa e 4° posto finale
Per il danese già ottimi segnali al Giro di Slovacchia con vittoria di tappa e 4° posto finale
Tu hai già il contratto per il prossimo anno: speri di essere selezionato per un grande giro?

Per l’anno prossimo, spero proprio di sì. Penso che sarebbe bello fare un Grand Tour, ma non ho ancora pensato alla prossima stagione e lo faremo, sicuramente faremo un piano con la squadra e con il mio allenatore. Per scegliere quello che si adatta meglio alle mie possibilità, fra Italia, Francia o Spagna non ho preferenze. Anche se personalmente potrebbe essere davvero bello correre il Giro…

Le volate del Giro d’Italia alla lente di Guarnieri

26.05.2024
5 min
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L’allenamento è terminato in concomitanza con l’arrivo della 19ª tappa del Giro d’Italia, vinta da uno straordinario Vendrame. Un’uscita di sei ore per Guarnieri che si prepara per i prossimi impegni tra i quali spicca il Giro di Svizzera. 

«Al momento non c’è un programma troppo stabilito – dice Guarnieri – correrò in Belgio tra qualche giorno e poi sarò al Giro di Svizzera. La speranza è che possa tornare utile per trovare il giusto feeling con De Lie, anche se non credo che ci saranno grandi occasioni per i velocisti. Lo Svizzera però è una corsa che mi piace sempre, molto tirata ed è il miglior avvicinamento al Tour de France, sempre ammesso che ci sarò».

Per Guarnieri e De Lie (rispettivamente 2° e 3° in maglia Lotto) solo 4 gare insieme fino ad ora
Per Guarnieri e De Lie (rispettivamente 2° e 3° in maglia Lotto) solo 4 gare insieme fino ad ora

Le prime misure

De Lie dovrebbe essere l’uomo di punta della Lotto Dstny alla Grande Boucle. Il “Toro di Lecheret” sarà chiamato a continuare il grande momento di forma, da quando ha ripreso a correre a fine aprile ha messo insieme 3 vittorie e 2 podi. 

«Alla Ronde Van Limburg – racconta Guarnieri – abbiamo raccolto un bel terzo posto. Il treno ha funzionato bene nonostante sia stata la terza o quarta gara fatta insieme da inizio anno. Sicuramente non c’è quel feeling che si vede nei treni più forti, ma la prestazione di Limburg ci dà fiducia. Sono contento del lavoro fatto, sia fisico che di squadra. Personalmente sto bene, dopo tanti anni in gruppo so riconoscere le sensazioni e arrivare in forma ai momenti chiave. Vero che la mia convocazione per il Tour non dipende tanto da me ma dalle intenzioni della squadra».

Secondo Guarnieri i tre sigilli messi a segno alla corsa rosa hanno decretato la superiorità di Milan
Secondo Guarnieri i tre sigilli messi a segno alla corsa rosa hanno decretato la superiorità di Milan

Uno sguardo al Giro

Tra i treni migliori visti ultimamente in circolazione c’è quello della Lidl-Trek di Jonathan Milan. Il velocista di Buja ha inanellato tre successi di tappa e altrettanti secondi posti al Giro. Guarnieri, che da casa ha visto l’operato della Lidl-Trek però non è rimasto così sorpreso.

«Da come andava alle classiche del Nord – spiega – ce lo aspettavamo tutti che Milan potesse essere così forte. Alla prima vittoria, quella di Andora, ha fatto vedere di cosa è capace. Ha preso tanto vento, ma era talmente superiore agli altri che non si è scomposto e ha comunque messo dietro tutti. Poi se hai una squadra così forte come la Lidl-Trek, con uomini di spessore che lavorano per te, tutto viene più semplice. Loro hanno Stuyven, uno che ha vinto la Sanremo, come terzultimo uomo, dopo di lui va in azione Theuns e infine Consonni. Simone è uno che di treni ne ha fatti in carriera, si sta dimostrando un grande ultimo uomo».

Tutto semplice

Per Milan e la Lidl-Trek tutto sembra semplice. Poi ci sono delle tappe in cui qualcosa si è sbagliato, come a Fossano o a Padova, ma gli errori fanno parte del gioco. 

«Vorrei anche sottolineare – riprende Guarnieri – che gli avversari forti a questo Giro ci sono stati. Merlier, Kooij, Gaviria. Poi alla Lidl-Trek sono molto bravi, hanno le giuste tempistiche e anche quando non le hanno riescono a cavarsela. Mi ricorda un po’ il treno che avevamo con Demare, eravamo sempre noi a prendere in mano la situazione. Quando hai il velocista più forte anche se sei lungo non cambia, ne esci sempre bene. Meglio farsi trovare fuori tempo ma essere i primi a partire che rimontare e rischiare di rimanere incastrati».

I meccanismi del treno della Lidl-Trek sono stati affinati nel corso di tutta la stagione
I meccanismi del treno della Lidl-Trek sono stati affinati nel corso di tutta la stagione

Affinità

Tutto però è stato costruito giorno dopo giorno, a partire dall’inverno e passando per le diverse corse. Consonni e Milan hanno messo alle spalle, prima del Giro d’Italia, 12 giorni di corsa insieme. 

«Queste volate dominate – analizza ancora – arrivano da un lungo periodo di prove. Fanno sprint su sprint dalla Valenciana, sono passati dalla Tirreno e sono arrivati al Giro. La forza di un treno è anche l’affinità che si crea tra i vari “vagoni”. La Lidl-Trek ha investito tanto tempo su questo aspetto, al contrario nostro. Sanno perfettamente cosa fare e dove andare. Nella tappa di Cento sono stati perfetti, gli avversari possono fare poco, se non sfruttare qualche errore, come successo a Padova. Secondo me contro questa Lidl-Trek tutti partono battuti, anche la Alpecin di Philipsen».

De Lie è tornato e punta sul Tour. Tutto per colpa di una zecca?

10.05.2024
6 min
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Tre vittorie in dodici giorni, quando l’ultima risaliva ai primi dello scorso settembre. Non è stata una primavera semplice quella di Arnaud De Lie, che avrebbe voluto e potuto lasciare il segno in tutte le classiche dalla Sanremo all’Amstel e invece si è ritrovato al palo con una condizione nemmeno sufficiente. Lo hanno fermato alla Gand, conclusa a più di 5 minuti da Pedersen e con la testa bassa, quando è stato chiaro che le cose non andassero, ma non il motivo.

La malattia di Lyme

Sono servite alcune analisi più approfondite per scoprire tracce della malattia di Lyme, che di solito viene provocata dalla puntura di una zecca. Per un ragazzo che vive in una fattoria l’ipotesi non era neppure così remota e forse potrebbe spiegare la primavera al di sotto delle aspettative. In ogni caso, De Lie si è fermato. Per un po’ è stato a casa nel cuore delle Ardenne, poi si è spostato in Francia per ispezionare qualche tappa del Tour e ha ultimato la sua preparazione a Nizza. La squadra non gli ha messo pressione. Ha lasciato che tornasse ai suoi livelli e quando finalmente lo ha riportato in corsa, si è affrettata a dire di non avere aspettative.

Quelle ne aveva già abbastanza lui. E’ rientrato alla Lotto Famenne Ardenne Classic e l’ha vinta. La settimana successiva è arrivato terzo al GP du Morbihan. Il giorno dopo ha vinto il Tro Bro Leon e giusto ieri si è portato a casa il Circuit de Wallonie.

«Non ci aspettavamo risultati da Arnaud – ha detto a Het Nieuwsblad il direttore sportivo Kurt Van de Wouver – non sarebbe stato giusto. Aveva appena terminato una pausa piuttosto lunga. Aveva fatto i necessari chilometri di allenamento, ma ha soprattutto bisogno di chilometri di gara per migliorare. Dopo circa quattro corse ne sappiamo già di più. Ora deve ritrovare il suo tocco magico sulla bici».

Il rientro vittorioso al Lotto Famenne Ardenne Classic ha riacceso la stampa belga
Il rientro vittorioso al Lotto Famenne Ardenne Classic ha riacceso la stampa belga

Il piacere di correre

Il primo passo della svolta c’è stato quando De Lie ha ritrovato il buon umore: non a caso lo stesso discorso fatto ieri da Damiani a proposito di Benjamin Thomas. Tutti si erano accorti di quanto fosse incupito rispetto al ragazzino passato professionista a vent’anni. Ed era stato immediato capire che se un vincente del suo livello non riesce a esprimersi ai livelli che gi appartengono, diventa vittima di ogni genere di frustrazioni. La svolta psicologica è stata salutata positivamente da tutti, lui per primo.

«Se Arnaud si diverte nuovamente sulla bici – ancora Van de Wouver –  i risultati arriveranno. Ma ciò vale anche al contrario. Se ci saranno risultati, il divertimento tornerà sicuramente. In quest’ottica, le recenti vittorie hanno aiutato molto. Tutto è connesso. Per cui una volta che torneranno i risultati, De Lie ritroverà la fiducia in se stesso».

Con De Buyst al Tro Bro Leon: altra vittoria, dopo il secondo posto del 2023 dietro Nizzolo
Con De Buyst al Tro Bro Leon: altra vittoria, dopo il secondo posto del 2023 dietro Nizzolo

Con gli amici a Nizza

De Lie ha cambiato tono di voce. Aver ritrovato la vittoria dopo aver sconfitto la malattia di Lyme gli ha in qualche modo dato la conferma di aver individuato la causa dei suoi problemi e averla debellata.

«Aver vinto – dice – è stato una svolta importante. Il primo passo in questa fase è stato individuare la malattia, sapere cosa stava succedendo. Quando ho ripreso, le mie gambe erano ancora pesanti. Ho assunto antibiotici per dieci giorni e il medico della squadra mi ha confermato che ero nelle fasi iniziali di questa malattia infettiva. Dopo il trattamento antibiotico ho iniziato la ricostruzione. Ecco perché sono andato a Nizza da solo. Sono stato per cinque giorni al sole, ero felice di essere da solo: il mio obiettivo principale era ritrovare la gioia nel ciclismo. E’ stato un periodo divertente, ho incontrato altri corridori come Caleb Ewan. Se fossi rimasto a casa mia, avrei incontrato solo cervi o cinghiali. Non ho solo ritrovato il piacere della bici, ma l’atmosfera nel gruppo. E la conferma che posso ancora vincere ha reso le cose molto migliori. Continuerò a ritrovarmi corsa per corsa».

Per De Lie, il Wallonie è stata la terza vittoria negli ultimi 12 giorni
Per De Lie, il Wallonie è stata la terza vittoria negli ultimi 12 giorni

Un maialino in fattoria

La vittoria nel Tro Bro Leon gli ha portato un maialino in premio. Lo scorso anno l’aveva persa per mano di Giacomo Nizzolo, che proprio quel giorno centrò l’unico successo del 2023. E’ una corsa molto particolare, secondo alcuni l’antagonista francese della Strade Bianche, l’ideale per un uomo da classiche come De Lie.

«Devi avere delle gambe molto buone per vincerla – ha spiegato – e io ricordavo molto bene il finale dello scorso anno. Nella nostra fattoria non abbiamo ancora un maialino come quello che mi hanno dato. Prima che partissi, mio zio per sicurezza mi aveva regalato una scatola per trasportarlo correttamente. Ma non è stato proprio facile. Ho forato per la prima volta quando mancavano 70 chilometri e sono ripartito, ma senza sapere a che punto fossi. Avevo due gomme a terra e ho cambiato la bici. Sono tornato davanti e ho attaccato nel settore di pavé de la Ferme, provocando una piccola selezione. Ma ho bucato di nuovo.

«Sono stato costretto a inseguire ancora, ma alla fine siamo riusciti a fare una grande gara. Sono rimasto tranquillo. Ero particolarmente preoccupato da Venturini e Mozzato, che correvano in casa. Sapevo di avere ancora buone gambe e non volevo commettere lo stesso errore dell’anno scorso nello sprint finale. La forma sta tornando e questa è la cosa più importante».

Sul podio di Marcinelle, secondo si è piazzato Zingle (Cofidis) e terzo Brennan (Visma)
Sul podio di Marcinelle, secondo si è piazzato Zingle (Cofidis) e terzo Brennan (Visma)

Ora lo Svizzera

Nonostante lui per primo non voglia sentir parlare di ritorno ormai compiuto, la vittoria al GP Wallonie di ieri ne ha tanto il sapore. In una corsa con 1.983 metri di dislivello, De Lie ha forzato il ritmo per primo a 65 chilometri dall’arrivo, sulla ripida Rue Toffette che ha pendenze fino al 14 per cento. Poi ha sfruttato il lavoro colossale di Campenaerts, che ha tirato per tutto il giorno sulle tracce dei fuggitivi.

«Non ho idea di quanti chilometri abbia percorso in testa – ha detto alla fine il vincitore – ma è stato impressionante. Poi abbiamo fatto un grande sprint. Lionel Taminiaux mi ha lanciato. Ho aspettato e mi sono scatenato al momento giusto. Ora però mi aspetta il banco di prova più severo del Giro di Svizzera, ma non mi fa paura. So che Peter Sagan ha il record di tappe, ne ha vinte 18: chissà se riuscirò mai a fare altrettanto. Mi sento forte. Mentalmente ho fatto un grande passo».