Le uniche due corse fatte da Alberto Bettiol quest’anno prima della Milano-Torino erano state La Marseillaise e L’Etoile de Besseges, chiusa con diversi buoni piazzamenti e il secondo posto nella classifica generale. Poi il Covid ha causato un lungo stop e, di conseguenza, rallentato la preparazione. Alberto è ritornato in corsa dopo 40 giorni mercoledì scorso, nella gara vinta magistralmente allo sprint da Mark Cavendish.
Un post su Instagram ha colto la nostra attenzione, una foto che lo ritraeva in compagnia di un alpaca con la didascalia “Un weekend in montagna con gli amici prima di ricominciare a correre”. E chi se non Vincenzo Nibali poteva essere con lui? I due ultimamente stanno condividendo molti momenti insieme (sono fianco a fianco anche nelle fasi iniziali della Milano-Torino, foto di apertura).
Si sente che la voce di Alberto è condita da un velo di tristezza, colpito nel morale e non solo nel fisico, da questo inizio di stagione sfortunato.
Bettiol ha aperto la sua stagione con un decimo posto al Grand Prix La Marseillaise Bettiol ha aperto la sua stagione con un decimo posto al Grand Prix La Marseillaise
Sei spesso in compagnia di Vincenzo…
Ci siamo trovati a condividere le stesse sfortune perché anche lui dopo il Covid ha avuto delle complicanze. Alla fine siamo risaliti in sella nello stesso periodo e lo abbiamo sfruttato per aiutarci a vicenda, ci sentivamo spesso confrontandoci sulle sensazioni e dandoci coraggio.
Eri partito molto bene a inizio stagione, poi questo stop ha ridimensionato un po’ tutto.
Sì, non ci voleva… Dopo Besseges sono andato sul Teide per allenarmi in altura, lì ho iniziato ad accusare dei sintomi, ho fatto subito un tampone rapido e sono risultato positivo. Mi sono negativizzato dopo 10 giorni, poi sono rientrato a Lugano, ci ho messo un’altra settimana prima di riprendere ad allenarmi.
L’inizio di stagione era proseguito bene con un secondo posto nella classifica generale di BessegesL’inizio di stagione era proseguito bene con un secondo posto nella classifica generale di Besseges
Un vero peccato anche perché fra tutti i nomi che si stanno facendo per la Sanremo il tuo ci sarebbe stato proprio bene.
Dopo la Milano-Torino, insieme alla squadra, si è deciso di farla ugualmente. L’idea è di fare la gara al posto di allenarmi sulla distanza. La Milano-Sanremo è una corsa semplice fino ai Capi, io non avrò la condizione che avrei voluto quindi non starò con i migliori, ma sarà utile farla anche così.
Ti abbiamo visto alla Milano-Torino lanciare il tuo compagno Healy ad una quindicina di chilometri dal traguardo.
E’ stata una situazione un po’ casuale, eravamo davanti e si è creato un buco così abbiamo provato ad anticipare tutti, anche perché non avevamo un velocista quindi dovevamo inventarci qualcosa. Ben (Healy, ndr) stava bene, era andato forte nelle gare del Nord entrando nelle fughe, me ne aveva parlato e così ci abbiamo provato.
Nibali e Bettiol hanno condiviso le prime faticose pedalate post Covid (foto Instagram) Nibali e Bettiol hanno condiviso le prime faticose pedalate post Covid (foto Instagram)
Che sensazioni hai avuto?
Tutto sommato buone. Sapete, quando si corre ci si dimentica di tutti gli acciacchi e si spinge…
Anche per questo cercherai di recuperare la condizione con il ritmo gara?
Sì. Dopo la Milano-Sanremo sarò al via anche della Coppi e Bartali, sperando mi possa essere utile per prendere una buona condizione in vista delle classiche del Nord.
Anche nella scorsa stagione Alberto ha dovuto ritardare la preparazione non riuscendo ad essere al meglio nelle classiche del NordAnche nella scorsa stagione Alberto ha dovuto ritardare la preparazione non riuscendo ad essere al meglio nelle classiche del Nord
Com’è cambiato il tuo programma in ottica di quegli impegni?
Abbiamo slittato tutto in avanti di tre settimane, ovvero il periodo perso a causa del Covid. Per questo chiuderò il mio impegno al nord con le Ardenne. Non erano in programma vista la profondità della squadra, ma tra assenze ed infortuni bisogna risistemare un po’ di cose.
Anche l’anno scorso ti eri presentato alle prime gare con tante ore di allenamento in meno.
L’anno scorso per un motivo molto più serio. Però è effettivamente un annetto che le cose non girano molto per il verso giusto. Speriamo che il vento cambi presto direzione e di riprendermi un po’ di fortuna, con gli interessi.
Se la UAE Emirates va alla Sanremo con una squadra di scalatori, dice Bartoli, è segno che vuole attaccare sulla Cipressa. E allora Pogacar può vincere
IL PORTALE DEDICATO AL CICLISMO PROFESSIONISTICO SI ESTENDE A TUTTI GLI APPASSIONATI DELLE DUE RUOTE:
VENITE SU BICI.STYLE
bici.STYLE è la risorsa per essere sempre aggiornati su percorsi, notizie, tecnica, hotellerie, industria e salute
Alberto Bettiol,Vincenzo Nibali e la Mastromarco Sensi Nibali. Storia, amicizia, passione, sport…. Recentemente i due campioni si sono ritrovati in Toscana (in apertura, foto Instagram), proprio sulle colline dove sono cresciuti, hanno sudato, hanno gioito e forse anche pianto. E quando i due si riuniscono e si ritrovano da quelle parti, c’è una persona, Carlo Franceschi, che non resta insensibile. Anzi… «Com’è vederli qui insieme? E’ bello», nell’accezione più semplice e sconfinata di questo aggettivo.
“Il Franceschi”, per dirla alla toscana, è stato il riferimento di entrambi quando erano dei dilettanti, in particolare per Nibali. Per lo Squalo è stato quasi un secondo padre, visto che lo ha accolto a casa sua quando poco più che bambino lasciò la Sicilia.
Carlo Franceschi è il presidente della Mastromarco Carlo Franceschi è il presidente della Mastromarco
E adesso?
«E adesso – racconta Franceschi – fino a qualche giorno fa sono stati qui. Ora sono tornati in Svizzera perché si devono allenare. Entrambi devono correre. Però non conosco di preciso quando rientreranno e che programmi hanno.
«Soprattutto Nibali ha bisogno di correre se vuole fare il Giro d’Italia. Perché, sapete, ormai gli anni passano e ha sempre più bisogno di correre se vuole trovare la condizione».
I due si erano ritrovati in Toscana entrambi usciti dal Covid da qualche giorno, in più Nibali aveva avuto la tonsillite. Avevano deciso di riprendere dalle origini. «Bettiol quando è in Toscana si allena sempre con noi e lo stesso vale per “Enzo”. Lui era tanto che non veniva».
Alberto Bettiol in allenamento con i ragazzi della Mastromarco Sensi Nibali (foto Simona Bernardini)Alberto Bettiol in allenamento con i ragazzi della Mastromarco Sensi Nibali (foto Simona Bernardini)
Campioni diversi
Bettiol e Nibali, pupilli, campioni e due caratteri diversi.
«Nibali – continua Franceschi – con me ci viveva e ho avuto modo di studiarlo ancora più a fondo. Era più fiscale, programmava molto tutta la sua giornata. Stava attento a tutto. Bettiol invece sapeva concentrarsi bene su alcune specifiche gare e già all’epoca ci arrivava preciso. La mentalità era quella buona per entrambi. Due vincenti.
«Oggi i ragazzi ascoltano. Ascoltano, ma non praticano. Vederli fare i sacrifici che poteva fare un Nibali da juniores è ben più difficile. Magari sono io che invecchio, cerco di adeguarmi anche ai nuovi metodi, ma alcune cose di questo ciclismo mi sono lontane. Oggi vincono una gara e sono già campioni. E ogni anno si è “punto e daccapo”. Almeno però quando sono qui, i ragazzi li vedo molto interessati a Nibali e Bettiol».
Dalla Mastromarco alla nazionale, per Vincenzo e Alberto il talento è la prima qualitàDalla Mastromarco alla nazionale, per Vincenzo e Alberto il talento è la prima qualità
Ritorno alle origini
Quando due così sentono in qualche modo il bisogno di tornare alle origini significa che qualcosa di buon si è fatto. Che quegli anni passati alla Mastromarco, in questo caso, sono stati anni importanti. Anni in cui si è formato il corridore, ma anche il carattere. Anni dai pensieri positivi.
«Mi piace che siano qui – racconta con un filo di commozione, Franceschi – la Mastromarco la sentono dentro. E ci danno una grossa mano, anche economica con i materiali, le bici… Da poco anche grazie al loro aiuto abbiamo preso un nuovo appartamentino per i ragazzi qui in zona a Mastromarco.
«L’altro giorno ero a Camaiore al via della Tirreno-Adriatico. Ho incrociato Richie Porte e l’ho chiamato. Lui quando mi ha visto si è fermato. E tornato indietro, mi ha abbracciato e mi ha fatto di quelle feste… Tutto ciò mi ha riempito di gioia. E ha fatto così, tanto lui quanto Damiano Caruso. Significa che si è lavorato bene , che ci sono sintonia e affetto».
Franceschi con Nibali qualche anno fa. Spesso Carlo ha seguito Vincenzo alle corse
Carlo Franceschi, Alberto Bettiol, Gabriele Balducci
Franceschi con Nibali qualche anno fa. Spesso Carlo ha seguito Vincenzo alle corse
Alberto Bettiol e Gabriele Balducci: grande fiducia tra i due
Tirate d’orecchie
Nibali e Bettiol oggi sono due adulti. Il siciliano è addirittura un padre di famiglia, ma con Franceschi tornano ad essere due ragazzi, quasi due “figli”.
«E ancora oggi se c’è bisogno “gli tiro le orecchie” quando si parla di questo o quello, dei “farei così”, di “ quello ha fatto questo”… E anche all’epoca se a tavola mangiavano un boccone di troppo glielo dicevo. Guardate che domenica poi non andate in salita. E loro si facevano una risata.
«Ascoltavano, ma forse di fronte a questi rimbrotti, “Enzo” era più, come dire, orgoglioso. Bettiol invece era, ed è, più legato a Gabriele Balducci. Lui ancora lo aiuta negli allenamenti. Ma ho un ottimo rapporto con entrambi. Oggi magari i consigli che posso dargli sono più sulla vita privata, qualche parere. Ormai ne sanno più di me di ciclismo».
Fabrizio Guidi passa alla Uae Team Emirates e porta con sé anni di splendida esperienza. La sua storia di corridore e la sua cultura sono un valore aggiunto
Charles Wegelius è stato per tante stagioni un ottimo professionista. L’inglese ha militato a lungo in squadre italiane, come Mapei e Liquigas, e ha chiuso la carriera nel 2011 alla UnitedHealthcare. Oggi Charly, tutti lo chiamano così, è uno dei direttori sportivi della EF Education – EasyPost.
Un direttore esperto al quale chiediamo i piani del suo team. Un team che forse è un po’ meno sotto ai riflettori rispetto ad altri, ma che invece ha lavorato bene nel ciclomercato d’inverno. Ed ecco che sono arrivati giovani come Ben Healy, corridori esperti come Esteban Chaves e altri con voglia di rilanciarsi come Mark Padun. E già c’erano Rigoberto Uran, Stefan Bissegger, Hugh Carthy,Alberto Bettiol,Magnus Cort… Quest’ultimo vera rivelazione della scorsa Vuelta con tre vittorie di tappa e numeri da capogiro.
Uran quest’anno punterà sulle Ardenne, il Romandia e il Tour
Esteban Chaves sempre sorridente. E’ approdato alla EF quest’anno (foto Instagram)
Uran quest’anno punterà sulle Ardenne, il Romandia e il Tour
Esteban Chaves sempre sorridente. E’ approdato alla EF quest’anno (foto Instagram)
Charly, una squadra più forte di quel che possa sembrare. Cerchiamo di capire i vostri programmi. Partiamo da Rigoberto Uran…
Rigo partirà dalla Tirreno-Adriatico, la sua prima corsa della stagione. E da lì sarà un crescendo graduale per arrivare al massimo nelle classiche delle Ardenne e al Giro di Romandia. Da qui, tornerà in Colombia e inizierà a lavorare per il Tour.
Ma perché un corridore come Uran non viene al Giro? Tanto più che quest’anno c’è pochissima cronometro. Al Tour un podio è decisamente più complicato per lui…
Sì, potrebbe essere ideale questa corsa rosa per lui, ma abbiamo altri corridori dal profilo simile che possono fare ugualmente bene al Giro. Penso a Chaves e a Carthy.
Ecco, Chaves: ti avremmo chiesto proprio di lui…
C’era davvero grande entusiasmo in lui di venire a correre da noi. Ha visto l’ambiente che c’è, ha visto i modi di fare amichevoli che abbiamo e ha trovato energia in tutto ciò. Prima di venire ha parlato sicuramente anche con Uran, colombiano come lui, e questo ambiente lo mette a suo agio.
Carthy è chiamato a migliorare l’ottavo posto raggiunto al Giro d’Italia 2021Carthy è chiamato a migliorare l’ottavo posto raggiunto al Giro d’Italia 2021
L’ambiente EF Education – Easy Post deve essere davvero particolare rispetto ad altre squadre, anche Padun ce ne ha parlato. E allora ti chiediamo: quali sono questi modi di fare?
Preferisco non parlarne in termini di paragone con le altre squadre, ma per come siamo noi. Bastano parole normali per descrivere il nostro ambiente: tranquillità, libertà, lasciare ai corridori la sicurezza di essere se stessi ed esprimersi in modo naturale. Noi partiamo dal presupposto che i corridori sono dei pro’ perché hanno del talento e hanno una grande motivazione. Non serve spingerli. Noi dobbiamo aiutarli a rimuovere gli ostacoli che non gli fanno raggiungere il top delle loro prestazioni. Non gli puntiamo il dito addosso, pensiamo che il loro lavoro lo abbiano svolto. Li trattiamo da adulti, da professionisti quali sono…
Per fare un esempio, se al mattino successivo pesano 150 grammi in più non li demonizzate. E’ così?
Usando il vostro esempio, se al mattino pesano 150 grammi in più non è perché crediamo che abbiano fatto i “monelli”, ma perché ci può essere un problema da risolvere insieme.
Continuiamo a sfogliare i nomi. Passiamo a Hugh Carthy. Lui lo scorso anno ha disputato un buon Giro e quest’anno ci tornerà…
Hugh ha margini notevoli. E credo anche che questi margini saranno una costante e lenta progressione nella sua carriera. Lui ha sempre fatto dei piccoli passi ogni anno. Non credo che il risultato della Vuelta 2020 (fu terzo, ndr) cambia questa sua progressione. L’anno scorso per la prima volta ha saggiato sulla sua pelle cosa vuol dire avere la responsabilità di un team sulle spalle, di svegliarsi ogni mattina da metà novembre sapendo di essere capitano al Giro. Sta imparando cosa vuol dire essere un punto di riferimento per un gruppo di persone. Vediamo come andrà passo, passo…
Cort ha scalato il Kilimangiaro durante l’inverno. Il team non solo approva tali iniziative ma le ha anche rilanciate sui social (foto Instagram)Cort ha scalato il Kilimangiaro durante l’inverno. Il team non solo approva tali iniziative ma le ha anche rilanciate sui social (foto Instagram)
Chaves e Carthy al Giro: chi sarà il capitano?
Non scendiamo in questo dettaglio. Certamente saranno due corridori protetti, ma dire adesso, a febbraio, chi sarà il primo leader e chi il secondo oltre che è inutile, non fa parte del nostro approccio. Torniamo al discorso di prima.
Andiamo avanti, Charly: Bissegger, Cort, Valgren sono i vostri “bestioni” per le classiche?
Sì, loro fanno parte del gruppo che si dedicherà principalmente alle classiche ed è un gruppo solido. Ma non dimenticherei tra loro dei giovani elementi come Jonas Rutsch, che è cresciuto molto, e Marijn Van den Berg, o corridori esperti come Sebastian Langeveld. E’ un bel mix, come detto, è un gruppo solido.
E poi c’è Bettiol… Alberto è uno dei corridori italiani più forti. Come sta? Che inverno ha passato?
Lo vedo molto bene. Lui è un talento indiscusso. Ha avuto questo passaggio molto difficile della sua carriera e in pochi sapevano davvero cosa stesse passando. Insieme ne siamo usciti e adesso lo vedo bene. Mi sembra fiero del lavoro fatto. E’ molto unito al nostro gruppo. Abbiamo fatto di tutto per farlo tornare al top. Alberto lavora duro e soprattutto sa lavorare. E’ contento di questa squadra e noi siamo contenti di lui. Per me la EF è perfetta per lui, perché sente la fiducia.
Bettiol ha aperto la sua stagione alla Marsigliese. E a Besseges è stato secondo nella generaleBettiol ha aperto la sua stagione alla Marsigliese. E a Besseges è stato secondo nella generale
Quale sarà il suo calendario?
Il normale approccio alle classiche. Le nuove date però lo avvantaggiano per l’Amstel Gold Race, che casca davvero bene.
Charly, cosa ti colpisce di questo ragazzo?
Sapete, lui è un vero talento. E’ un corridore un po’ alla “vecchia maniera”. Lui è favorito con le gare più lunghe che c’erano qualche anno fa.Il ciclismo moderno in tal senso un po’ lo penalizza. Si sa che oltre i 200 chilometri tanti corridori sono “eliminati”. E che dopo 220-230 chilometri c’è uno step ulteriore. Ebbene, Alberto è uno di quelli adatti alle gare più lunghe. Più ci sono i chilometri e più per lui è facile, ci sono “meno” avversari. Alberto ha questo gran motore… può pedalare tutto il giorno senza perdere tanto in termini di prestazione. E si è visto in quel famoso Fiandre cosa ha fatto, che valori aveva in quei 18 chilometri finali, per di più alla sua età (doveva compiere 26 anni, ndr). Alberto sa muoversi in corsa come pochi. In più c’è una cosa che ci dice del suo talento.
Cosa?
Nonostante sia ancora abbastanza giovane, come ho detto si sa muovere bene in certe corse, pur non essendo cresciuto in Belgio. Altri corridori ci impiegano anni. E’ vero, lassù aveva vicino il direttore sportivo Andreas Klier: ascoltarlo per radio è come avere un audiolibro! Come fare un corso accelerato di Belgio! Ma Alberto ha imparato in fretta. Ci sono tanti atleti bravi e ci sono i corridori: Bettiol è un corridore.
Bettiol fermo ai box per il ritorno della colite ulcerosa. Il toscano doveva fare la Vuelta ed essere una punta per il mondiale. Invece dopo Tokyo le cose non sono andate bene...
Tris di Evenepoel a San Sebastian. Attacco in salita a 73 chilometri dall'arrivo e poi sprint a due con Pello Bilbao. Poteva staccarlo? Forse non ha voluto
IL PORTALE DEDICATO AL CICLISMO PROFESSIONISTICO SI ESTENDE A TUTTI GLI APPASSIONATI DELLE DUE RUOTE:
VENITE SU BICI.STYLE
bici.STYLE è la risorsa per essere sempre aggiornati su percorsi, notizie, tecnica, hotellerie, industria e salute
«Non ero solo – ha spiegato Pedersen, molto commosso dopo l’arrivo della prima tappa all’Etoile de Besseges – sono sicuro che da qualche parte, lassù, Pepinho mi stesse guardando. Questa vittoria è per lui».
Pepinho, soprannome di José Eduardo Santos, era diventato meccanico della Trek nel 2011, quando la squadra si chiamava ancora Leopard. Se ne è andato la settimana scorsa per un infarto. Era un personaggio centrale della squadra, noto perché cantava arie di fado mentre puliva le bici, la sera, nei parcheggi degli hotel.
Pepinho, meccanico nel team dal 2011, è scomparso per un infarto la scorsa settimana (foto Trek-Segafredo)Pepinho, meccanico nel team dal 2011, è scomparso per un infarto la scorsa settimana (foto Trek-Segafredo)
Non solo quei due
E così la corsa francese si è aperta con la vittoria del campione del mondo di Harrogate 2019. Ragazzo di poche parole, che nel finale si è affidato a Tom Skujins perché lo portasse ai piedi dell’ultimo strappo e poi ha fatto da sé. E anche se la classifica finale dell’Etoile de Besseges potrebbe essere alla sua portata (malgrado la salita di Mont Bouquet di sabato e la cono finale di 10 chilometri), il suo sguardo è puntato sul Nord. Il perfetto terreno di caccia.
«Si sta commettendo l’errore – ci aveva detto a dicembre nel ritiro di Altea – di concentrarsi solo su Van Aert e Van der Poel. Ci sono un sacco di buoni corridori nel gruppo, ma se guardi sempre gli avversari, sei destinato a rimanere un passo indietro. Quei due sono come gli altri. Van der Poel era forte nella fase finale della Roubaix, ma Colbrelli lo ha battuto in modo leale. Non lo sono gli unici due di cui dobbiamo tenere conto. Certo, sono d’accordo che sono le due più grandi stelle del ciclismo in questo momento, ma non è solo perché sono forti nelle classiche. Quei due sono dannatamente forti dovunque li metti».
Sfinito dopo l’arrivo e dopo l’allungo sull’ultimo strappo, Pedersen ha parlato subito di PepinhoSfinito dopo l’arrivo e dopo l’allungo sull’ultimo strappo, Pedersen ha parlato subito di Pepinho
Nord rinviato
Lo scorso anno Mads Pedersen ha vinto tre corse, fra cui la Kuurne-Bruxelles-Kuurne nel weekend di apertura, ma nessuna a livello di WorldTour.
«Del 2021 ricorderò soprattutto gli incidenti – dice – perché dal Delfinato alla Roubaix sono stati per lo più problemi. Però quest’anno niente apertura in Belgio, Het Nieuwsblad e Kuurne. La Roubaix è una settimana più avanti del solito e il mio allenatore e la squadra hanno pensato che sia una buona idea spostare tutto più avanti. Hanno un grande piano per me, io lo seguo e spero che mi porti bene verso i principali obiettivi che sono Fiandre e Roubaix».
Quarto, nel gruppetto a 1″ da Pedersen, è arrivato Alberto Bettiol in netta crescita
E alle spalle di Bettiol, anche Ganna, staccato di 7″ ma a suo agio su un finale così violento
Quarto, nel gruppetto a 1″ da Pedersen, è arrivato Alberto Bettiol in netta crescita
E alle spalle di Bettiol, anche Ganna, staccato di 7″ ma a suo agio su un finale così violento
Tutto da capire
Campione del mondo a 24 anni, ora che ne ha 26 si volta indietro e inizia a vedere le cose sotto una prospettiva più matura.
«La cosa più importante che un corridore possa imparare – racconta – è risparmiare le energie ed io, facendolo, arrivo sempre meglio nei finali. Sto acquisendo esperienza, ogni cosa è esperienza, anche rientrare dopo una caduta senza sfinirsi quando se ne ha lo spazio. E quest’anno davvero assieme al mio amico Stuyven (che lo scorso anno ha vinto la Sanremo, ndr) potremmo realizzare qualcosa di importante. Siamo buoni amici e lo siamo sempre stati. Siamo onesti l’uno con l’altro, anche questa è esperienza. La guerra in squadra è come sprecare energie. E’ davvero utile invece quando una squadra ha due corridori motivati e forti che vogliono la stessa cosa».
Il parco delle Trek Emonda pronte al via. Le prime corse sono come un’esibizione di gioielli
Per i ragazzi della Trek-Segafredo, Ruote Aeolus di Bontrager e pneumetici Pirelli
Il parco delle Trek Emonda pronte al via
Per i ragazzi della Trek-Segafredo, Ruote Aeolus di Bontrager e pneumetici Pirelli
Due volte a Roubaix
Roubaix sarà due volte, diceva in Spagna con un sorriso furbetto. Perché come ad ogni danese che sappia di ciclismo, neanche a lui è sfuggita la risonanza del Tour che parte da Copenhagen. La cronometro di 13 chilometri in partenza magari sarà troppo lunga per sperare di opporsi agli specialisti, ma l’appuntamento con il pavé della quinta tappa gli ha suggerito un’idea per nulla balzana.
«Non sono affatto un favorito per il prologo – ci ha detto – ma so di poter fare bene. Mi piacerebbe essere vicino al vincitore e poi forse il giorno di Roubaix potrei puntare alla maglia gialla e magari anche vincere la tappa. Sarebbe uno scenario da sogno per il resto della stagione. E comunque sarà bello correre davanti al pubblico di casa e speriamo di vedere molte persone sulla strada. Il ciclismo è davvero grande in questo momento, non solo con i corridori, ma anche con i pendolari e i turisti. Sta diventando sempre più grande. Saranno giorni indimenticabili».
In corsa nella Trek-Segafredo c’è anche Antonio TiberiIn corsa nella Trek-Segafredo c’è anche Antonio Tiberi
E così dopo la vittoria con un secondo di vantaggio su un gruppetto di quattro fra cui anche Alberto Bettiol (Ganna era poco dietro, a 7 secondi) e il pensiero triste di Pepinho nel cuore, Pedersen ha riguadagnato la via dell’hotel. Oggi si arriva a Rousson dopo 156 chilometri e con due salitelle di poco conto, ma la classifica è davvero cortissima per pensare di tenere il gruppo. Anche se Skujins ridendo diceva che la vera corsa sarà nella caccia agli abbuoni.
Longo Borghini prima a Roubaix. Azione solitaria di 30 chilometri e buona notte alle altre. La rabbia sfogata. L'attacco istintivo. E una sorpresa prima del via
La preparazione invernale per il ciclista è una delle fasi più importanti della stagione. Si mettono le basi per gran parte della stagione, sia per chi ha obbiettivi nelle classiche del Nord, sia per chi vede i propri appuntamenti più avanti. I carichi di lavoro vanno supportati con il giusto piano alimentare per dare al fisico il corretto recupero e stress positivo. Dopo le lunghe stagioni che gli atleti hanno dovuto affrontare in questi ultimi anni pieni di appuntamenti, lo stacco invernale può portare a qualche sgarro di troppo.
Abbiamo chiesto a Iader Fabbri biologo nutrizionista e divulgatore scientifico, che lavora nel mondo del ciclismo da diversi anni, come prepara i suoi atleti a questa fase specifica. Tra i suoi assistiti spicca il nome di Filippo Baroncini (foto di apertura). Con altri invece il lavoro rimane dietro le quinte in funzione del fatto che molte squadre hanno una figura interna che ricopre questo ruolo e quindi sono gli atleti stessi ad appoggiarsi esternamente. Negli altri sport ha seguito atleti come Jorge Lorenzo, Michele Pirro, Fabrizio Ravanelli e squadre come la S.S. Lazio.
La fonte proteica deve essere sempre presente in ogni pasto La fonte proteica deve essere sempre presente in ogni pasto
L’alimentazione cambia durante l’inverno?
Diciamo che a mio modo di vedere, no. La nutrizione di base in relazione al mio metodo, va mantenuta tutto l’anno. Quindi i miei concetti di base valgono sempre. Perché non adottando un sistema calorico, non ho problemi nel fare gestire particolari fasi piuttosto che altre. Proprio ieri ero al telefono con uno dei miei atleti, che mi ha detto: «Sto mangiando malissimo e sono disperato». In questa fase qua è un momento nel quale ci si può concedere anche qualcosa di più e non ci si deve disperare.
Non si fanno “danni”?
Si ha ancora tempo per recuperare, siamo alla fine dell’anno. La stagione è stata particolarmente lunga, come anche l’anno scorso si è spostata tutta in avanti e i moltissimi appuntamenti hanno fatto sì che le interruzioni siano state praticamente assenti, quindi molti atleti hanno staccato davvero poco.
Come si organizza questo periodo?
Nella fase invernale, a seconda dei carichi di lavoro. A seconda delle preparazioni che si decide di impostare in relazione ai propri obiettivi e alla fase della stagione si imposta il programma di gare. Una volta deciso si divide la stagione in fase di recupero e fase di carico. Questa se uno vuole partire abbastanza forte è una fase importante. Perché si fanno dei lavori di forza, e si inizia a fare dei lavori ovviamente di fondo, quindi la nutrizione vuole la sua parte.
Una porzione di verdure deve sempre essere presente prima di ogni pastoUna porzione di verdure deve sempre essere presente prima di ogni pasto
Per i lavori specifici invece, c’è un adattamento del piano alimentare?
Sì, come può essere per la forza. Diciamo che di base la quota proteica diventa ancora più importante rispetto al resto dell’anno. I lavori di forza devono essere supportati da una buona sintesi proteica. Quindi in questa fase sarà importante durante la giornata dare uno stimolo legato alla sintesi proteica. Al nostro corpo serviranno mattoncini per creare questa processo ovvero la costruzione della massa muscolare. Le proteine sono importanti per formare dagli enzimi a tanti altri organelli cellulari, infatti non vanno viste solo in funzione dei muscoli.
Le proteine quindi sono centrali in questa fase?
Esatto, una buona rotazione proteica è fondamentale. Quindi a colazione bisogna inserire una buona fonte proteica. Così come a pranzo e a cena. Ma sopratutto serve sfruttare anche gli spuntini, anche lì per creare una buona quantità proteica. Ci sono già molti miei atleti che in questa fase fanno la doppia seduta. Mattina bici e pomeriggio/sera palestra. Quando posso dare il mio consiglio, faccio collegare palestra e bici. Quindi partire con la forza e poi salire in sella per la fase di trasformazione.
Che ruolo ha la testa in questi mesi off-season?
La testa in questa fase della stagione è importantissima. E passa anche attraverso l’alimentazione. Cioè riuscire a concedersi qualcosa per chi non deve partire subito forte. E’ importante perché gli dà la possibilità di portare avanti tutta la stagione in una maniera un po’ più tranquilla e di arrivare pronti con le giuste energie mentali ai momenti dove si deve tirare la corda.
Durante l’allenamento ci si può concedere qualche alimento jollyDurante l’allenamento ci si può concedere qualche alimento jolly
Si mangia di più durante le uscite invernali?
Secondo me, si mangia uguale. Durante l’allenamento conviene sempre mangiare alla stessa maniera. Un accorgimento intelligente è assumere del cibo solido e lasciare i gel ai periodi estivi o durante le corse. In questa fase qui ci si può togliere anche qualche voglia durante l’allenamento. Se uno si mangia una brioche al bar per una breve sosta, non è nemmeno considerato un jolly perché durante l’attività l’insulina è bassa e quindi ci si può concedere qualcosina in più.
Quali sono gli accorgimenti per poter affrontare i pasti “sgarro”?
Possiamo sfruttare l’attività fisica per sfruttare le riserve di glicogeno. Quindi questa è una cosa che tutti i miei atleti hanno fatto. Prima di andare al pranzo di Natale, Capodanno o banalmente un’occasione particolare. E’ molto importante riuscire a sfruttare l’allenamento. Se io faccio allenamento e svuoto le riserve di glicogeno muscolare ed epatico, quindi facendo un allenamento di qualità, il dopo per me sarà più favorevole in funzione di un pasto jolly. Perché quel qualcosina in più che mi concedo non andrà ad inficiare su quelle che sono le riserve di grasso. Non aumenterò quelle riserve ma riuscirò a gestire meglio il pasto delle feste. Perché anche se dovessi aumentare il livello di glicemia, il mio corpo andrà a stoccare quell’eccesso di zuccheri in più, sotto forma di glicogeno nei muscoli e nel fegato e non in grasso.
Bettiol è in Australia per il Down Under. L'inverno gli ha permesso di conoscere la proprietà cinese del team. Il 2025 debutta e si apre la caccia ai punti
Dagli anni ’70 Sidi è presente nel mondo del ciclismo con le calzature sportive. L’elenco dei professionisti che negli anni si sono serviti e ancora si servono delle calzature dell’azienda veneta (e con essa celebrano vittorie con livree speciali o chiedono prodotti ad hoc per esigenze particolari) è molto lungo. Una mole di richieste e responsabilità che non sempre si riesce a intuire. Ci siamo chiesti come si gestisca un anno al fianco delle squadre e lo abbiamo domandato all’anello di giunzione, nonché responsabile di Sidi per Teams & Athletes, Denis Favretto.
E’ lui che in prima persona accumula chilometri in tutto il mondo per fornire il materiale e coccolare gli atleti senza però essere invadente. Dal tricolore di Sonny Colbrelli che si tingerà presto con i colori dell’europeo, alle scarpe rosa di Egan Bernal in onore del Giro conquistato. Oppure per le richieste sgargianti come quelle di Alberto Bettiol: ogni colore fuori dal comune che viene prodotto è il primo a volerlo provare.
Scarpe tricolori a Roubaix, ma in corsa Colbrelli aveva i copriscarpeScarpe tricolori a Roubaix, ma in corsa Colbrelli aveva i copriscarpe
Si possono tirare ormai le somme di questa stagione ciclistica, com’è andata?
E’ stato sicuramente un anno positivo in termini di risultati e collaborazioni. Un po’ complicato, come immagino per tutti i colleghi del settore, per quanto riguarda le forniture. Tutto sommato è stata un’annata intensa. Siamo riusciti a fare tutto quello che ci eravamo prefissati.
Giri mezza Italia per seguire e coccolare tutti gli atleti?
Piu che mezza Italia, la giro tutta in lungo e in largo e non solo. L’attività che faccio è prevalentemente europea, dove si concentrano gare e la maggior parte degli impegni. Di solito sono io che li seguo in prima persona, leggermente più complicato negli ultimi 2 anni causa Covid. Per le corse cerchiamo di essere presenti senza essere invadenti. Loro sanno che ci siamo, al bisogno mi chiamano e cerco di risolvere velocemente.
Per i professionisti non europei?
C’è un periodo dell’anno, che è questo in particolare, dove gli atleti passano in azienda a salutare il fondatore Dino Signori e la figlia Rossella Signori, responsabile commerciale. Si fa il punto della situazione. Che siano australiani, statunitensi, sudamericani… Cerchiamo di intercettarli quando sono in Europa per seguirli meglio e magari farli passare in azienda.
Scarpa bianca per Bernal al Giro. La rosa celebrativa è venuta dopoScarpa bianca per Bernal al Giro. La rosa celebrativa è venuta dopo
Come si organizza un anno al fianco delle squadre?
Abbiamo una parte di magazzino, una sezione dedicata ai team. Che è pressoché fornita di materiali in pronta consegna. Poi abbiamo un reparto in produzione dedicato alla customizzazione dei prodotti per gli atleti che ne hanno bisogno all’occorrenza. Dopodiché si produce in base alla necessità dei corridori.
Sapete già quante scarpe specifiche per gli atleti dovete produrre?
Abbiamo uno storico, sappiamo quali atleti potrebbero avere una necessità della scarpa su “misura” con degli accorgimenti diversi rispetto al mercato e in base a quello sappiamo quante ne serviranno durante la stagione.
Per quanto riguarda le livree celebrative, le prevedete già?
Quelle si sperano sempre, ma non si prevedono. Scaramanticamente non la prepariamo mai, abbiamo i materiali in casa. Come la scarpa rosa di Egan Bernal per il Giro d’Italia. Oppure la tricolore di Sonny Colbrelli, mentre non è stata fatta quella europea nella speranza che potesse cambiare ancora colore…
Sonny vi ha dato da fare quest’anno.
Fortunatamente si, ed è un bel da fare. Con Colbrelli abbiamo un rapporto speciale lo incontriamo spesso. Per il campionato europeo gli abbiamo fatto i complimenti e sapendo che mancavano due settimane al mondiale, come da prassi a un evento europeo si fa una scarpa celebrativa. La domanda è stata: «Sonny facciamo le scarpe per l’europeo o vediamo se ci sono altri colori da aggiungere?». E scaramanticamente parlando abbiamo aspettato, l’obbiettivo mondiale era forte e chiaro. Purtroppo però sappiamo tutti come è andata a finire.
Per i mondiali di Imola dello scorso anno, per Bettiol scarpini Sidi azzurri
Invece per il Giro d’Italia 2021, le sue Sidi erano in tinta con i colori del team
Per i mondiali di Imola dello scorso anno, per Bettiol scarpini Sidi azzurri
Invece per il Giro d’Italia 2021, le sue Sidi erano in tinta con i colori del team
Quindi quella per il titolo europeo è in arrivo?
Stiamo iniziando a sviluppare qualcosa, lui ha finito la stagione adesso con quello che aveva perché non è uno di quegli atleti che non ama cambiare le scarpe durante l’anno. Ora abbiamo tutto il tempo per progettarla insieme e confrontarci.
Vi hanno mai messo in difficoltà con design particolari?
Abbiamo il reparto interno di ricerca e sviluppo che si occupa del design sempre attivo. Diciamo che richieste che hanno messo in difficoltà gli atleti non ce ne sono, anzi forse siamo più noi che mettiamo in difficoltà loro. A volte proponiamo qualche materiale particolare con qualche colore fuori dal comune. Ma anche qui abbiamo qualche atleta come per esempio Alberto Bettiol. Ogni colore particolare, sgargiante, fuori dal comune è il primo a volerlo.
Quindi non siete sempre voi a decidere i colori e i modelli?
Normalmente saremmo noi a decidere i colori e i modelli da fare utilizzare ai professionisti, uso il condizionale perché la nostra è un’azienda familiare in tutti i sensi, ovvero il rapporto che c’è con gli atleti è un rapporto di dialogo aperto, quindi se c’è un ciclista che ha esigenze particolari siamo a disposizione per assecondarlo, non siamo a senso unico ma pronti ad ascoltare.
Per i grandi Giri come funziona?
Parliamo di una componente molto particolare e delicata. Quando si cambia scarpa, per quanto tutte siano uguali tra di loro, la posizione della tacchetta sia copiata e incollata, comunque si va cambiare una parte sensibile. La scarpa celebrativa solitamente si fornisce nelle ultime tappe compatibilmente con esse. Come abbiamo fatto con Egan Bernal quest’anno. Se l’ultima tappa è una tappa passerella, tutti gli atleti vanno a cambiare le scarpe, la bici e tutto quello che si può… Se invece è una tappa decisiva come per esempio una crono o una tappa impegnativa, allora la scarpa celebrativa viene consegnata, ma non utilizzata in gara.
Sidi dai colori sgargianti nel giorno di Chateauroux all’ultimo TourSidi dai colori sgargianti nel giorno di Chateauroux all’ultimo Tour
Vi capita di intervenire all’ultimo momento?
Fondamentalmente cerchiamo di prevedere e lavorare in anticipo su tutti gli aspetti necessari, poi è chiaro che siamo pronti a tutto. Può capitare, ma tutti i ragazzi quando vanno a una corsa a tappe hanno almeno tre paia di scarpe e quindi due di scorta che tengono nella borsa del freddo in ammiraglia.
In un anno solare qualche capriccio o intoppo da parte di qualche atleta vi è capitato?
Fortunatamente no. Mi spiego meglio. E’ passato il messaggio agli addetti ai lavori e agli atleti, che fosse un anno dove i capricci non erano necessari e non erano nemmeno ben visti perché è stato un anno complicato per il settore. Se devo essere sincero, con gli atleti abbiamo un rapporto speciale e di fiducia reciproca e non ci sono state situazioni tali da metterci in difficoltà.
Avete testato sul campo qualche prodotto nuovo, magari nascondendolo tra il gruppo?
Non quest’anno, perché appunto quello che era in previsione era già stato testato. Non avevamo novità strutturali. Nel caso però in cui ce ne siano, ci rivolgiamo a qualche atleta fidato per recepirne le sensazioni e i feedback, che poi possono andare a ottimizzare il prodotto. Ma la bozza del catalogo 2022 era già pronta nel cassetto.
Vi state già preparando alla prossima stagione?
Sì, anche perché nel nostro caso, abbiamo atleti che provengono da tutto il mondo. Stiamo già lavorando con tutti gli atleti extra continente ancora in Europa dalle ultime gare, per anticipare la consegna del materiale per la prossima stagione, in modo che possano tornare a casa con già il necessario per potersi allenare per la nuova stagione.
La fase invernale è determinante per preparare la stagione. Cambia qualcosa nel piano alimentare di un atleta durante i mesi più freddi? Lo abbiamo chiesto al biologo nutrizionista e divulgatore scientifico Iader Fabbri
IL PORTALE DEDICATO AL CICLISMO PROFESSIONISTICO SI ESTENDE A TUTTI GLI APPASSIONATI DELLE DUE RUOTE:
VENITE SU BICI.STYLE
bici.STYLE è la risorsa per essere sempre aggiornati su percorsi, notizie, tecnica, hotellerie, industria e salute
«Mi dispiace tanto per il mondiale, ma proprio tanto… Perché con me, e guarda un po’, anche con Trentin e Ballerini, nel finale saremmo stati davanti in sei e avremmo potuto giocare di superiorità numerica. lo scatto di Alaphilippe lo avrei tenuto di sicuro». Parole forti, parole decise e anche un po’ nostalgiche, quelle di Alberto Bettiol. Il corridore della EF Procycling poteva essere il gioiello degli azzurri a Leuven.
Il momento dei crampi per Bettiol a Tokyo (immagini Eurosport)Il momento dei crampi per Bettiol a Tokyo (immagini Eurosport)
Quei crampi di Tokyo
Il corridore toscano è sparito dai radar dopo le Olimpiadi. Perché? Cosa lo ha tenuto lontano dalle corse? Alberto è tornato a soffrire della colite ulcerosa che lo aveva fortemente penalizzato già lo scorso inverno. È una patologia che lo aveva debilitato moltissimo. Solo in primavera si era ripreso e infatti al Giro d’Italia aveva conquistato la tappa più lunga, dominando nettamente il finale.
«Anche a Tokyo ho dimostrato che quando sto bene ci sono – racconta Bettiol – Però dopo quella gara ho cominciato a non stare più bene. Questi crampi che mi si presentavano così improvvisi non mi “tornavano”, non mi erano chiari. Pertanto ho fatto degli esami ulteriori per capire cosa stesse succedendo. E la risposta è stata che la cura che stavo facendo non andava più bene. Serviva qualcosa di più forte e di diverso.
«Ho dovuto fare una terapia ospedaliera, con delle flebo e del cortisone che chiaramente non mi permettevano di correre. Avrei dovuto fare un programma particolare e una procedura specifica con la squadra. Una procedura che tenesse conto di esenzioni e tempistiche per poter gareggiare. Come si sa in competizione il cortisone è considerato un dopante. Ma proprio in accordo con il team, tanto più che non potevo chiaramente allenarmi bene abbiamo deciso di fermarci prima».
Dopo le Olimpiadi Alberto è tornato a Livigno, ma dopo una settimana ha dovuto alzare bandiera bianca (foto Instagram)Dopo le Olimpiadi Alberto è tornato a Livigno, ma dopo una settimana ha dovuto alzare bandiera bianca (foto Instagram)
Nuova terapia
Alberto parla di un iter piuttosto complesso fatto di entrate ed uscite in ospedale, giorni di riposo forzato per far attecchire meglio la terapia e tutta una serie di tempistiche da rispettare. Alla luce di tutto questo, partecipare al mondiale era davvero impossibile? «Assolutamente sì – risponde deciso Bettiol – Come potevo allenarmi bene in quel modo?Dopo le Olimpiadi avrei dovuto fare la Vuelta, ma sentivo che non riuscivo ad allenarmi come dovevo. Così ho avvertito la squadra. Abbiamo rifatto il programma. A quel punto avrei fatto Eneco Tour e le gare italiane prima del mondiale.
«Così sono andato a Livigno, Ma anche lì non riuscivo ad allenarmi bene. Dopo una settimana l’ho comunicato alla squadra. E abbiamo deciso di fermarci, come vi ho detto, e in qualche modo di pensare già all’anno che verrà».
«Alla fine io sono sempre un po’ uscito in bici, adesso anche 3-4 volte a settimana. Sono andato anche in mountain bike. Uscite tranquille, giusto per mantenere, ma nulla più. Riprenderò la preparazione vera e propria a novembre».
Giro d’Italia 2021, a Stradella Bettiol stravince: «Quando sto bene – dice – tengo i migliori anche in salita»Giro d’Italia 2021, a Stradella Bettiol stravince: «Quando sto bene – dice – tengo i migliori anche in salita»
Obiettivo: inverno sereno
Alberto è molto disponibile. Il suo timbro di voce nonostante sia ferito è comunque propositivo, cosa non proprio scontata. Tanto più perché con questa colite ulcerosa dovrà imparare a conviverci.
È facile andare giù di testa in queste situazioni. L’obiettivo principale adesso è quello di passare un buon inverno.
«Sì, senza dubbio l’obiettivo principale è quello di passare un inverno senza intoppi, anche perché sarebbero due di seguito. Iniziare a novembre è un po’ prestino, ma la mia idea è quella di poter correre il prossimo anno abbastanza presto».
«Di testa non è facile, credetemi – conclude Alberto – È vero dovrò imparare a conviverci con questo problema, però le ultime terapie sembrano funzionare bene. Addirittura vanno bene anche per il Covid per chi non può fare il vaccino».
«Mi dispiace tanto, soprattutto dopo aver visto com’è andato il mondiale. Poteva essere per me e per la nostra nazionale. Però è così… Chi mi è stato vicino? Le solite persone, la mia famiglia, la mia ragazza Greta, il mio ex diesse Gabriele Balducci, i miei amici. Devo dire che sono stato parecchio tempo in Toscana. Almeno in questo periodo di fermo ho approfittato per fare alcune cose che nel pieno della stagione non si fanno mai!».
Bettiol è in Australia per il Down Under. L'inverno gli ha permesso di conoscere la proprietà cinese del team. Il 2025 debutta e si apre la caccia ai punti
Sabato, nella gara olimpica di ciclismo su strada, abbiamo visto Alberto Bettiol abbandonare qualsiasi possibilità di medaglia a causa dei crampi. Pochi giorni dopo nella crono stesso destino per Ion Izagirre (immagine Eurosport di apertura), costretto addirittura al ritiro nella crono.
Per approfondire e capire appieno il problema che ha afflitto gli atleti a Tokyo, abbiamo chiamato Michele Bartoli, vincitore fra le tante di Fiandre, Lombardia e Liegi e oggi preparatore di alcuni atleti che abbiamo visto sfidarsi anche alle Olimpiadi.
Quando le fibre smettono di allontanarsi fra loro, arriva il crampo (immagine Fisiocalcio)Quando le fibre smettono di allontanarsi fra loro, arriva il crampo (immagine Fisiocalcio)
Iniziamo con il capire cosa sono i crampi
Facendola semplice, il muscolo si contrae in continuazione. A un certo punto può capitare che non riesca più ad espellere il calcio presente all’interno delle fibre e queste non riescono più ad allontanarsi fra loro, rimanendo contratte. E a quel punto ti blocchi.
Perché succede?
Ci sono tre cause: stress, disidratazione e sforzo eccessivo. I crampi da stress sono legati ad un fattore psicologico, di gestione delle emozioni, mentre pedali ti arrivano delle micro-contratture nervose che affaticano il muscolo e possono causare i crampi.
Quelli da disidratazione?
Sono i più frequenti e sono dovuti a una scarsa assunzione di liquidi legata ad una sudorazione molto elevata, cosa che avviene nei climi caldi e umidi in particolare (come a Tokyo, ndr). Quelli invece scaturiti da uno sforzo eccessivo, derivano dal mancato allenamento, ovvero il muscolo non è abituato a fare fatica. E superato il limite di sopportazione, cede.
A circa 14 chilometri dall’arrivo, Bettiol costretto a smettere di pedalare (immagini Eurosport)A circa 14 chilometri dall’arrivo, Bettiol costretto a smettere di pedalare (immagini Eurosport)
I crampi che hanno colpito Bettiol come li interpreti?
Allora, escluderei a priori quelli da stress, ha già corso gare importanti e non mi sembra uno che subisce psicologicamente la corsa. Direi che sono un misto delle altre due cause, disidratazione e sforzo eccessivo. Il clima era parecchio caldo ed umido e questo ha influenzato, poi non correva da un po’, non era abituato a fare certi sforzi.
Quindi dici una preparazione inadeguata?
Sì, come si è visto chi ha fatto bene all’Olimpiade arrivava direttamente dal Tour de France, un dato non casuale. Ai miei tempi, come ora, chi esce dai grandi Giri ha sempre una settimana di forma ottimale, basta guardare l’ordine di arrivo e si capisce subito.
L’avvicinamento alla gara attraverso la Settimana Italiana in Sardegna è stato troppo blando?
A mio modo di vedere sì. Poi consideriamo che non hanno neanche fatto tutte le cinque tappe ma solo tre: troppo poco per riabituare il fisico alle gare. Anche Nibali, che ha fatto due settimane di Tour, avrebbe dovuto quantomeno finirlo.
Il gruppo se ne va, Bettiol si ferma. Carapaz e McNulty sono già lontani (immagini Eurosport)Il gruppo se ne va, Bettiol si ferma. Carapaz e McNulty sono già lontani (immagini Eurosport)
Che differenza c’è tra la preparazione attraverso un grande Giro o con degli allenamenti a casa?
Quando finisci un Tour o un Giro d’Italia hai un’alta capacità di soglia, quindi di correre per lunghe distanze a ritmi elevati. Perdi in esplosività, ma hai una condizione troppo superiore. Preparandoti attraverso degli allenamenti classici, invece, hai molta più esplosività, ma non hai sviluppato la capacità di soglia. E’ una dote che alleni solo in corsa, come un grande Giro o una serie di corse ravvicinate.
Come la campagna del Nord in primavera?
Esattamente, chi punta al Fiandre o alla Roubaix corre 4-5 gare prima, abbastanza ravvicinate con lo scopo di aumentare questa capacità di soglia, in quel caso però non si sforza troppo per mantenere un’esplosività elevata.
L’Olimpiade era una corsa di un giorno ma ha vinto un corridore da corse a tappe.
Questo dato lo allaccio a quel che dicevo prima e aggiungo: il percorso di Tokyo era duro, con molto dislivello ma non richiedeva esplosività. Infatti tutti quelli che si sono giocati la vittoria finale, sono corridori da corse a tappe. Lo stesso vincitore, Carapaz è adatto a quel genere di corse. Quei corridori, con una grande capacità di soglia, hanno alzato ancor di più il livello e hanno scavato un solco tra sé e gli altri. Van Aert per me è un corridore da corse a tappe, va forte anche in quel genere di gare ormai.
La telecamera è alle spalle di Bettiol e coglie il momento (immagini Eurosport)La telecamera è alle spalle di Bettiol e coglie il momento (immagini Eurosport)
Tu hai detto anche che uno dei problemi potrebbe essere stata la disidratazione. Come avrebbe potuto sconfiggerla, magari arrivando prima in Giappone per adattarsi meglio al clima?
Sinceramente no, penso che Alberto si sia dimenticato di bere a sufficienza (alla fine dell’ultima salita non ha preso la borraccia ndr). Il corridore non è una macchina che quando manca la benzina si accende la spia, lui deve imparare a sentire certe cose, ma più che altro deve ricordarsi di bere costantemente e tanto.
Quindi un’Italia che è rimasta a metà del guado?
Ripeto, pochi giorni di gara alle spalle, considerando poi il tipo corsa fatta (Settimana Ciclistica Italiana, ndr) e l’acclimatamento, che non reputo comunque un problema, è stato troppo breve. O si arrivava prima a Tokyo oppure si faceva il Tour e si andava diretti alle Olimpiadi.
Nervoso, a dir poco. Chi lo ha visto al Tour de Pologne ha raccontato di un Alberto Bettiol sopra le righe, teso e dalle reazioni brusche. Le critiche sul corridore […]
I giorni passano, ma alcuni temi scaturiti dalle prove olimpiche su strada continuano a rimanere lì nella testa. Riguardando la gara maschile, ad esempio, è rimasta la sensazione che le cose potevano andare diversamente con un diverso approccio psicologico da parte di alcuni big, quando davanti è rimasta la “sporca dozzina” a giocarsi le medaglie. Abbiamo allora convocato Alessandro Ballan, che oltre ad essere l’ultimo campione del mondo in maglia azzurra è uno che le classiche le ha vissute con il cuore, vincendo e/o lottando, identificando due momenti cardine. Il primo è quando Tadej Pogacar ha lanciato la sua offensiva, trovandosi alla ruota McNulty (USA) e Woods (CAN). Lo statunitense è suo compagno all’Uae Team Emirates, eppure non si sono dati un cambio. Collaborare non sarebbe servito a entrambi?
La stessa situazione si è ripresentata poco più avanti, questa volta con protagonisti Alberto Bettiol (nella foto di apertura all’arrivo) e Rigoberto Uran, in gara per nazionali diverse, ma uniti dalla militanza per l’EF Education First. Anche qui la comunione d’intenti poteva aiutare a gestire la situazione? Parola a Ballan: «E’ un discorso interessante, ma non semplice da fare: quando indossi la maglia della nazionale, dimentichi tutto il resto della stagione e corri per essa».
Pogacar a sinistra, McNulty a destra, in mezzo Van Aert: lo sloveno e l’americano avrebbero potuto aiutarsi?Pogacar a sinistra con van Aert all’arrivo: sul Mikuni Pass con McNulty poteva fare il vuoto?
In passato però ci sono stati esempi eclatanti in tal senso: a Sydney 2000 il podio fu tutto Telekom con due tedeschi e un kazako, quindi questi discorsi si facevano…
Il principio di per sé è giusto, tanto più in una gara come l’Olimpiade dove a vincere sono in tre. Dovrebbe venire naturale collaborare con chi è del tuo club perché salire sul podio serve a tutti. Non ci sarebbe neanche bisogno di parlare, però…
Però?
Giudicare da fuori è sempre troppo semplice. Se hai collaborato con colui che è un avversario, puoi avere problemi – sottolinea Ballan – magari non sei più convocato e alla maglia della nazionale tengono tutti tantissimo. Vanno sempre valutate quali erano le strategie singole, certamente però la corsa spesso porta a unire gli sforzi per un intento comune.
Alessandro Ballan e la sua vittoria mondiale a Varese, scaturita all’ultimo giro grazie a un accordo fra azzurriAlessandro Ballan e la sua vittoria mondiale a Varese, scaturita all’ultimo giro grazie a un accordo fra azzurri
Non è però che a volte i corridori faticano a prendere l’iniziativa, quando c’è da improvvisare?
E’ parzialmente vero, si va talmente forte che si fa fatica a ragionare. Quando passai io professionista, non avevo né procuratore né preparatore atletico, oggi i ragazzi che accedono al mondo dorato dei professionisti hanno chi pensa a qualsiasi cosa per loro, quindi questa desuetudine a ragionare per proprio conto c’è ed emerge soprattutto in gare come l’Olimpiade dove le radioline erano vietate. In certe gare però prendere l’iniziativa può essere la scelta decisiva, a me accadde…
Quando?
Proprio al mondiale di Varese: tutta la squadra era votata alla causa di Paolo Bettini, quando ci disse che non aveva la gamba per vincere ci mettemmo d’accordo noi a provare qualcosa a turno nell’ultimo giro, così nacque il mio attacco vittorioso.
Van Vleuten e Van der Breggen (a destra) sul podio della crono olimpica. Il loro strapotere gli si è ritorto contro su stradaVan Vleuten e Van der Breggen (a destra) sul podio della crono. Il loro strapotere gli si è ritorto contro su strada
Un altro tema è scaturito dalla gara femminile, con le olandesi sconfitte. La cittì aveva detto alla vigilia di aver costruito un Dream Team, ma la gara ha dimostrato che non basta mettere insieme i corridori, soprattutto se hanno tutte le stesse caratteristiche e nessuna si vuole sacrificare per le altre…
La gara femminile ha dimostrato innanzitutto che il bello del ciclismo resta il fatto che non è mai scontato e che può vincere anche una che nessuno aveva considerato. Io mi sono trovato a commentare gli europei dello scorso anno e mi accorsi della tattica sconsiderata della nazionale olandese. Vinsero l’oro con la Van Vleuten, ma corsero malissimo, ognuna per sé, con attacchi sconsiderati che mandavano in crisi le proprie compagne di squadra. Quando hai molti galli nel pollaio, non sai mai chi prima scatta, ognuna cerca la vittoria. Se scegli di avere più leader è difficile creare un gioco di squadra.
D’accordo, ma allora non sarebbe stato meglio puntare su due leader, mettendo però a loro disposizione altre due atlete pronte a sostenerle mettendo da parte le proprie ambizioni?
Sicuramente, ma sarebbe stata una scelta coraggiosa e molto difficile da fare. In questo caso la mancanza di un rapporto diretto tramite la radiolina ha penalizzato non poco le olandesi. Ognuna faceva quel che voleva, sarebbe servita una voce autorevole che richiamava la squadra all’ordine quando si è capito che la fuga non si riprendeva senza un vero impegno. Certe volte le direttive esterne servono…
La storia di Fabio Triboli raccontata da Zanardi. Parla di sogni, vita e caparbietà. Ed è il modo per stare vicini ad Alex nella sua dura lotta per la vita
Con le Olimpiadi strada in archivio, Bettiol guarda alla Vuelta e al mondiale. Quel giorno l'Italia sarà più forte. Ma intanto si parla ancora di crampi