Widar-Finn: grande duello sul Maniva, la spunta il belga

17.06.2025
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PASSO DEL MANIVA – Lorenzo Finn e Jarno Widar in un duello testa a testa sulle montagne bresciane, guardandosi negli occhi, studiandosi a vicenda e in una sfida a colpi di pedali (in apertura foto La Presse). Vince il belga della Lotto Development Team, che ritrova la maglia rosa del Giro Next Gen dopo un anno. Sette secondi dividono i due contendenti sulla linea del traguardo, quando Widar esulta alzando un dito al cielo Lorenzo Finn sbuca dall’ultima curva ai cento metri dall’arrivo. Si stringono la mano e corrono a coprirsi dall’aria fredda. Una giacca e l’asciugamano intorno al collo per l’italiano della Red Bull-BORA-hansgrohe Rookies, solo una maglia primaverile a maniche lunghe per il belga. 

Gli altri contendenti alla vittoria sono saltati quando Widar e Finn hanno alzato il ritmo nell’ultima parte di salita. E’ bastato poco per mettere un distacco non tanto ampio ma significativo. Quando a Lorenzo Finn domandano se si aspettasse di essere il più forte insieme a Widar risponde con un secco: «Sì»

Visma frettolosa

Finita la prima salita di giornata, il Passo dei Tre Termini, la testa del gruppo si è tinta di giallo. I corridori della Visma Lease a Bike Development si sono messi a fare il ritmo nella vallata che ha portato il gruppo all’inizio del Passo del Maniva. Probabilmente guidati da Nordhagen che pensava di poter fare la differenza, ma quando il norvegese è rimasto da solo mancava ancora tanto alla fine. 

«Oggi mi sentivo benissimo – afferma Widar mentre con un filo di voce racconta la giornata – e ho detto ai miei compagni di fare un buon passo fin dalla prima salita. Aldo (Taillieu, ndr) ha controllato bene il gap con la fuga. Nel momento in cui la Visma si è messa a fare il ritmo noi ne abbiamo approfittato. Il piano era di andare tutti insieme ma non ha funzionato. Non volevo attaccare troppo presto e ho aspettato gli ultimi trecento metri. Quando sono rimasto da solo con Finn lui ha rallentato un po’ il passo, ho pensato stesse giocando con me e non ci sono cascato rispettando il piano di attaccare nel finale». 

La rosa (di nuovo)

Jarno Widar torna sul podio del Giro Next Gen con lo stesso timido sorriso che aveva un anno fa. E’ un corridore più forte e solido, ci dice, ha la consapevolezza nei suoi mezzi che solo i campioni possono avere. Riuscire a mantenere il simbolo del primato fino a Pinerolo sarebbe una conferma della crescita fatta e del suo talento

«Quest’anno la maglia è un po’ diversa – dice rigirandola tra le mani – ha il logo differente rispetto allo scorso anno (nel 2025 anche la maglia rosa del Giro Next Gen è realizzata da Castelli, ndr). Ero abbastanza sicuro di poter vincere ma riuscire a farlo è un bel segnale. Sono più veloce di Lorenzo Finn. Lo avevo già incontrato al Giro della Lunigiana nel 2023 ma non lo conoscevo, posso dire che rispetto a due anni fa è migliorato tanto».

Le consapevolezze di Finn

Lorenzo Finn ha la calma dei corridori forti e lo sguardo sicuro di chi sa che può scrivere il proprio futuro in questa corsa con la forza delle gambe e della mente. Ce n’è voluta di freddezza per ripartire dopo la caduta, i segni all’arrivo sono evidenti

«La caduta sulla prima salita – spiega dopo le medicazioni – mi ha un po’ destabilizzato. I miei compagni sono stati bravi a tranquilizzarmi, abbiamo cambiato bici prima dell’ultima salita e siamo rientrati. Durante lo sforzo non l’ho sentita troppo, ora un po’ mi fa male ma vediamo. A Widar devo fare i complimenti per la vittoria, ha fatto un suo solito scatto negli ultimi metri e non sono riuscito a seguirlo. Conoscevo il suo spunto e ho provato ad attaccare prima ma ha resistito bene

La Red Bull-BORA-hansgrohe Rookies ha piazzato tre dei suoi uomini tra i primi dieci in questo arrivo in salita. Una conferma della forza dei suoi componenti, cosa che Finn ha già accennato nei giorni scorsi

«Credo siamo la squadra organizzata meglio sia tatticamente che a livello di forze (prosegue il ligure, ndr). Quando è partito Nordhagen non ci siamo scomposti, accanto a me avevo ancora il mio compagno Luke (Tuckwell, ndr). Lo ha tenuto lì e ci ha riportato sotto con un lavoro perfetto. Quando lui ha finito il suo lavoro ho attaccato e siamo andati fino alla fine. Battere Widar sarà difficile, ma ci proveremo e abbiamo le nostre armi».

Nuovo Sram Force AXS, discendente diretto del Red

17.06.2025
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Il nuovo Sram Force non ha nulla (o ben poco) da invidiare al più costoso Red AXS. Si basa sulla ormai assodata piattaforma wireless, mutua il design dei suoi componenti proprio dal fratello maggiore. Maggiore ergonomia e più efficienza. Pesi che si riducono ulteriormente e prende sempre più spazio la monocorona, usata (piattaforma Red) molto e con successo durante le classiche di primavera. .

Non in ultimo il concetto di versatilità d’impiego, un must per le trasmissioni Sram. Si passa dalle 2×12 alle 1×13 XPLR. Entriamo nel dettaglio.

Parola d’ordine: ergonomia

Il concetto si riferisce principalmente ai due manettini, perfettamente accostabili a quelli dello Sram Red AXS (anche in termini di costruzione e design, funzionano con le batterie a moneta). La leva del freno permette di azionare il pompante idraulico dell’impianto frenante con il minimo sforzo, con un solo dito e una pressione irrisoria: fattore vantaggioso anche nel medio e lungo periodo, anche nell’ottica di un utilizzo femminile e perché no, pensando all’off-road.

Le leve sono in carbonio e rispetto al fratello maggiore la grande differenza risiede in alcuni materiali (per il Red si punta ad una leggerezza estremizzata) e agli appoggi in gomma. La corsa delle stesse leve è completamente personalizzabile. Da notare che il nuovo Force AXS è compatibile con i pulsanti satellitari Blips.

Deragliatore e cambio posteriore Force

Entrambi hanno un design rivisitato, rispetto alla versione più anziana, dalla quale sono state mutuate le batterie (a nostro parere una gran scelta da parte di Sram, spesso protagonista di rivisitazione e miglioramenti, senza stravolgimenti veri e propri).

Il deragliatore è molto differente nella gabbia, diversa e con una corsa ridotta, più efficiente. Il bilanciere posteriore adotta le pulegge maggiorate X-Sync (senza sfere ceramiche) ed è compatibile con i pignoni fino a 36 denti. Ma c’è anche la versione Force XPLR, tanto differente da quella dedicata alla trasmissione con doppio plateau anteriore. Visivamente è accostabile ad un bilanciere da mtb, può essere usato con la monocorona e su strada, non nasconde la sua propensione gravel.

Sul nuovo Force AXS sono stati mantenuti i registri manuali (due brugole per componente) di regolazione della corsa, mentre il micro-trim (le microregolazioni) avvengono in modo elettronico attraverso i manettini. Come è facile immaginare, anche il nuovo Sram Force AXS è gestibile, configurabile e personalizzabile tramite la app Sram.

Le guarniture disponibili

Le pedivelle sono in carbonio e l’asse passante oversize DUB. Sono disponibili in sei lunghezze: 160 e 165, 167,5 e 170, 172,5 e 175 millimetri. Le corone (sempre in coppia) hanno una livrea completamente nera, senza cromatura silver, disponibili con accoppiamenti 50-37, 48-35 e 46-33.

Le corone ci sono anche con il misuratore Quarq incorporato che, per questa ultima versione del Force è stato previsto anche nella versione upgrade da inserire nell’asola del perno passante (calcolo della parte sinistra). Pensando alla monocorona anteriore è disponibile “piena”, o per meglio dire la Force 1 Aero ring, con o senza power meter Quarq, con dentature “ufficiali” comprese tra i 44 e 50 denti.

I pignoni

Sono un blocco unico full pin (proprio come quelli del Red) in acciaio con finitura nichel e adottano l’ingaggio XDR del corpetto. 10-28 e 10-30, 10-33 e 10-36 le scale disponibili con i 12 pignoni. Per quanto riguarda la versione XPLR a 13 rapporti, prevede la scala pignoni 10-46 e richiede il bilanciere Force XPLR specifico. E’ necessario sottolineare il fatto che la trasmissione con le 13 velocità funziona sempre con la catena Flattop usata per le 12 velocità ed i medesimi shifter.

Un breve inciso sulle pinze e sui dischi. Le pinze sono state alleggerite in modo importante e anche per quanto conncerne l’impatto estetico si notano importanti lavori di fresatura del materiale. I dischi non hanno subito stravolgimenti.

Per gli amanti dei pesi

Il valore alla bilancia dichiarato (pacchetto completo) del nuovo Force AXS è di 2.776 grammi nella configurazione con doppia corona 48-35 e pignoni 10-33, includendo il power meter Quarq alle corone (un valore eccellente degno di un vero top di gamma). I prezzi di listino (dipende dalla configurazione) vanno da un minimo di 2.040 euro, ad un massimo di 2.670 per il pacchetto 2×12 con il Quarq.

Sram

Consonni e un Delfinato in crescita, per sé e per le volate di Milan

17.06.2025
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Il Critérium du Dauphiné è finito da appena due giorni e Simone Consonni ha già rifatto le valigie, direzione altura. Le fatiche in terra francese hanno lasciato qualche scoria e hanno allegato le prime risposte dopo il periodo di preparazione a Sierra Nevada. La Lidl-Trek è tornata a casa con una vittoria di tappa siglata da Jonathan Milan. Il velocista friulano è riuscito a mettere le ruote davanti a tutti nella seconda tappa, mentre nella quinta non è riuscito a bissare il successo. Simone Consonni e Jonathan Milan sono tornati a correre insieme dopo più di due mesi, l’ultima volta che si erano ritrovati insieme era stato alla Classic Brugge De Panne. 

«Andare in altura – racconta Simone Consonni – serve un po’ per rigenerarsi sia fisicamente che mentalmente. Sapete, quando si è a casa è difficile staccare, si è sempre indaffarati a fare tante cose. In questo modo riesco a prendere i miei ritmi e posso fare ancora quale passo in più per migliorare alcuni parametri, come il recupero. Se il Tour de France sarà impegnativo e tirato come queste otto tappe al Delfinato, meglio avere qualche globulo rosso in più».

Simone Consonni e Jonathan Milan non correvano insieme dalla Brugge-De Panne del 26 marzo scorso
Simone Consonni e Jonathan Milan non correvano insieme dalla Brugge-De Panne del 26 marzo scorso

Sui passi giusti

Aver trovato il successo nella prima gara dopo il ritiro in altura è stato importante, soprattutto se questa è anche l’antipasto di quello che si troverà al Tour de France. Ora che il percorso in preparazione alla Grande Boucle è stato completato è il momento di capire se la condizione trovata è quella giusta oppure no. 

«Personalmente – riprende Simone Consonni – la gara è andata bene, mi sono sentito sempre meglio giorno dopo giorno. Ho avuto un paio di giorni complicati, ma arrivando dall’altura sapevamo che sarebbe potuto succedere. In particolare nella seconda tappa, quella vinta da Johnny (Milan, ndr) non sono riuscito a fare il lavoro di ultimo uomo. Sapevamo che il Delfinato sarebbe stata una gara difficile, bastava guardare la lista dei partenti per capire che avremmo sofferto. Oltre a noi, solamente la Israel Premier Tech ha portato un velocista».

La Lidl-Trek di Milan e la Israel di Stewart si sono occupate di tenere chiusa la corsa nelle tappe con arrivo in volata
La Lidl-Trek di Milan e la Israel di Stewart si sono occupate di tenere chiusa la corsa nelle tappe con arrivo in volata
Che passaggio è stato per voi?

Abbiamo avuto la conferma di avere un gruppo veramente solido. C’erano tre occasioni in volata, nella prima siamo riusciti a resistere agli attacchi degli uomini di classifica riportando Milan nel gruppo dei migliori. Già il fatto di essere riusciti a rientrare è stata una risposta positiva. 

La vittoria del giorno dopo è stata una conferma ulteriore?

Assolutamente. La seconda tappa era comunque molto impegnativa con quasi 3.000 metri di dislivello e tanti chilometri. Rientrare, riuscire a sprintare e vincere non è banale. Peccato perché è coincisa con la mia giornata “no” però sono comunque riuscito a dare il mio contributo. Con il passare delle ore ho parlato con Theuns e Stuyven, ho detto loro di invertire i ruoli nel treno e sono stati loro a lanciare Milan. 

Per Milan e la Lidl-Trek è arrivata una vittoria di tappa durante il Delfinato sul traguardo di Issoire
Per Milan e la Lidl-Trek è arrivata una vittoria di tappa durante il Delfinato sul traguardo di Issoire
Come mai hai avuto queste difficoltà?

Un po’ per il lavoro in altura, poi ne ho parlato con la squadra perché avevo i crampi e facevo davvero tanta fatica. Ci siamo messi a guardare un po’ di file e ci siamo resi conto del fatto che era da un po’ che non facevo una gara così impegnativa. Ho iniziato la stagione alla Valenciana, dove il ritmo e il percorso erano davvero esigenti. Al UAE Tour le due tappe di montagna sono state fatte in maniera davvero blanda. Alla Tirreno-Adriatico sono stato male e ho saltato le Classiche.

Insomma, ti mancava il ritmo gara?

Sì. Anche perché in primavera ho corso, ma tutte gare piatte e senza particolari difficoltà. Da lì mi sono fermato un mese e ho corso a Francoforte, più per esigenze di squadra. Mi hanno chiamato all’ultimo a causa di alcune assenze in squadra. E’ stato un ritorno estemporaneo, infatti mi sono fermato ancora per un mese per preparare il Tour

Il successo di Milan è stata una conferma nel processo di avvicinamento al Tour de France
Il successo di Milan è stata una conferma nel processo di avvicinamento al Tour de France
Anche per Milan il Delfinato è stato un passaggio importante?

Lui arrivava con più gare rispetto a me. Ha finito la Tirreno e ha fatto il blocco delle Classiche, che sicuramente ti lascia qualcosa in più nelle gambe. Però dopo l’altura correre è un bene, alla fine non abbiamo preparato il Delfinato, ma questo è stato un passaggio lungo il cammino per il Tour. 

Come avete lavorato in altura?

Abbiamo messo insieme tanti chilometri. Quando si va in ritiro ci si concentra su questo aspetto, con tanti allenamenti lunghi e molti metri di dislivello. Le volate si allenano in gara. Con il senno di poi direi che il lavoro fatto è stato giusto. Al Tour troveremo tanta salita, come al Delfinato, quindi allenarsi in quota e poi venire a fare una corsa così dura è stato utile. E’ importante avere i cinque o sei minuti di sforzo ma bisogna anche arrivare con i primi nel finale, serviva costruire una base solida. 

Le occasioni per gli sprinter sono state poche al Delfinato, nella seconda volata Milan è arrivato quinto
Le occasioni per gli sprinter sono state poche al Delfinato, nella seconda volata Milan è arrivato quinto
Dopo due maglie ciclamino al Giro con quali ambizioni arriverete al Tour, la maglia verde è possibile?

Andremo al via di Lilla con l’obiettivo di vincere quante più tappe possibile. La maglia verde sarà una diretta conseguenza, se andrà bene potrebbe arrivare. 

Tornerai al Tour dopo cinque anni, la tua esperienza potrà essere utile?

Non saprei. Quando ho corso alla Grande Boucle era il 2020 ed è stata un’edizione strana visto che c’era il Covid. La corsa era blindata, non c’era tanto pubblico. Da questo punto di vista direi di no. Per quanto riguarda l’esperienza in gara penso che la corsa la facciano i corridori. Sarà difficile perché avremo i migliori atleti al mondo al via. Però ripeto, questo Delfinato ci ha dato fiducia. 

Integrazione in gara: troppa precisione può essere un limite?

17.06.2025
6 min
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Come vediamo, il ciclismo è sempre più preciso, dettagliato in ogni aspetto. Le tempistiche di integrazione e idratazione sono cadenzate a ritmi prefissati e, se qualcosa va storto, il rischio è che si possa “saltare”. Magari anche di testa, specie per i più giovani…

Durante il Giro d’Italia, le ammiraglie per i rifornimenti, all’inizio di tappe con fughe numerose, non riuscivano a passare. I corridori quindi faticavano ad alimentarsi e a gestirsi. C’era, in effetti, un po’ di panico. Sempre in questo ciclismo ipertecnologico, la mattina girando tra i bus, sui manubri spesso non c’è più neanche l’altimetria (o comunque non solo quella) ma la tabella della strategia alimentare. Per dire: al chilometro 70 bere, al chilometro 90 una barretta, al 110 barretta più gel…

Quando l’alimentazione diventa troppo precisa, cosa succede? Ne abbiamo parlato con un ex (dovremmo dire) corridore, che tuttavia pedala ancora forte e tanto. Pensate che pochi giorni fa, in allenamento con Ulissi e altri pro’, ha battuto un KOM! Parliamo di Domenico Pozzovivo.

Domenico Pozzovivo (classe 1983) 20 stagioni da pro’ con massima dedizione e attenzione alle novità
Pozzovivo (classe 1983) 20 stagioni da pro’ con massima dedizione e attenzione alle novità
Domenico, se questi fisici ormai da Formula 1 non seguono le tabelle alimentari al dettaglio, vanno in tilt? E la mente dei corridori non è più capace di gestirsi autonomamente?

E’ vero, il nuovo regolamento sui rifornimenti crea una variabile in più. Prima, soprattutto le squadre con molto personale, erano molto ridondanti nei punti fissi a bordo strada. Situazioni come quella che si è verificata al Giro erano praticamente impossibili perché i corridori erano sempre coperti. Il bisogno tra borraccia e gel, in una tasca o nell’altra, era sicuramente soddisfatto.

Chiaro…

In questo caso, con il nuovo regolamento e la diminuzione delle zone di feed, il problema si pone. A quel punto, un corridore cresciuto nelle giovanili e arrivato al professionismo con questo tipo di approccio brancola un po’ nel buio. Non ha mai sperimentato una vera crisi, che da un lato è una fortuna, ma dall’altro può mettere in difficoltà. Una crisi di fame in gara ti costringe ad adattarti per arrivare all’arrivo, affrontando sensazioni quasi da capogiro. Devi portare l’organismo a un certo livello di performance anche in condizioni di emergenza.

Quindi questa mancanza di esperienza in situazioni del genere può mandare in tilt?

Sì, può succedere. Oltre al fisico, ne risente anche la testa. Quando entrambe vanno nella stessa direzione negativa, tirarsi fuori non è facile. Secondo me, a volte, in allenamento bisognerebbe simulare volontariamente situazioni non equilibrate.

E come?

Non bisogna estremizzare, ovviamente, e non farlo spesso, perché a livello psicofisico sono situazioni stressanti. Ma ogni tanto vale la pena fare uscite a digiuno o con l’ultima ora a ritmo alto sapendo di essere in carenza di carboidrati. C’è chi riesce a compensare utilizzando più acidi grassi e catabolismo muscolare e chi invece è un ossidatore veloce e fa fatica a cambiare meccanismo energetico. Bisogna fare esperienza per capire come si tollerano queste situazioni. Sono metodi che ora si allenano, con le uscite fat max molto lunghe, in cui si introducono pochi carboidrati: 40-50 grammi l’ora, che sono meno della metà rispetto a quanto si usa oggi.

Anche a livello di idratazione: essere molto precisi abitua il corpo o è un discorso che riguarda solo i carboidrati?

No, l’idratazione è una questione fisiologica oltre che di abitudine. Come si dice: di fame è difficile morire, ma di sete si può. Nel ciclismo è lo stesso: da una crisi di fame in qualche modo esci, ma se vai in disidratazione puoi rischiare un colpo di calore. Quindi sull’idratazione c’è poco da “allenarsi” a stare male: bisogna monitorarla sempre.

Tu cosa mettevi sul manubrio? Altimetria, piano d’integrazione, i numeri da controllare come si faceva una volta tra i dilettanti?

Io ho sempre puntato molto sulla memoria, era un esercizio utile anche a livello mentale. Cercavo di memorizzare l’intero contenuto della tappa, non usavo le cartine caricate sui GPX del Garmin, avevo tutto in testa. Ma per avere un double check, mi piaceva avere sulla pipa l’inizio e fine delle salite, gli sprint, ultimamente anche la green zone per sapere quando buttare le cartacce. Queste informazioni le avevo sull’attacco manubrio.

Quindi niente info sull’integrazione…

No, mai. Ero molto sistematico e ascoltavo il mio corpo.

Secondo te i giovani ce l’hanno questa capacità di ascoltare il corpo? Perché ormai sono cresciuti con Garmin, GPX, watt, quantità di carbo/ora…

E’ vero, aggiungo anche il peso della pasta prima e dopo la corsa… Hanno proprio l’imprinting di affidarsi ai numeri. Non scavano nel profondo, non si chiedono cosa cerchi il corpo. E’ un aspetto negativo. Noi venivamo da un approccio opposto, forse anche troppo, perché si finivano gli allenamenti a secco, e non era il massimo. Ma una via di mezzo sarebbe l’ideale: abituare le nuove generazioni a regolarsi anche con l’appetito, con le sensazioni, senza affidarsi solo ai numeri. Conoscersi.

Per esempio, nell’ultimo anno che hai fatto con la VF Group-Bardiani, c’era qualche giovane che mostrava attenzione a questi aspetti? O che ti chiedeva qualcosa sull’alimentazione?

Sì, erano argomenti di dibattito serali, quotidiani. C’era molta curiosità sull’approccio diverso che avevamo noi. Mi vedevano come un “giovane vecchio”, uno che non demonizzava quello che facevano loro, ma cercavo di dare suggerimenti. Come dicevamo: imparare ad ascoltare il proprio corpo e a interpretare i segnali senza affidarsi solo ai numeri.

L’integrazione in corsa non sempre avviene secondo programma
L’integrazione in corsa non sempre avviene secondo programma
Proviamo a fare “un incidente probatorio”: secondo te, Domenico, nei momenti in cui non arrivavano i rifornimenti perché la giuria non faceva passare le ammiraglie, cosa si dicevano i corridori?

Secondo me pensavano a come allungare i vari step di rifornimento. Se era previsto di prendere qualcosa ogni 20 minuti, si passava a 30-40, regolando il ritmo di assunzione con quello che avevano in tasca.

E con l’acqua?

Per fortuna le macchine neutre riuscivano a tamponare un minimo. Ma ormai l’acqua pura si usa pochissimo. Le borracce contengono quasi sempre una miscela di carboidrati, e quando fa caldo anche elettroliti.

Magari hanno sostituito qualcosa con i gel che avevano in tasca?

Sì, sicuramente. Magari meno malto rispetto alla borraccia, che era finita. Ma i gel un po’ li hai sempre in tasca, almeno uno o due in più, proprio per questi casi.

Quando poi hanno ripreso il rifornimento, secondo te c’è stata una correzione per compensare il buco oppure hanno continuato come prima?

Dipende dal corridore. Se sei abituato al limite massimo dei grammi/ora, non hai margine per aumentare: se sei già a 140, non puoi salire oltre. Ma se sei come ero io, più “fortunato” da quel punto di vista, hai margine. Se di solito stai a 100, puoi arrivare a 120-130 senza grossi problemi. Dipende tutto dalle abitudini e dalle capacità individuali.

Schwarzsee, in Svizzera si brinda al giorno di Albanese

17.06.2025
3 min
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La seconda tappa del Tour de Suisse porta il nome di Vincenzo Albanese, 28 anni, che sul traguardo di Schwarzsee centra la prima vittoria WorldTour. Il giorno dopo la vittoria di Gregoire, la gara a tappe elvetica proponeva ugualmente un percorso vallonato con circa 2.700 metri di dislivello, con salite brevi e impegnative come il Guggisberg, l’Heitenried e il Rechthalten. Strappi da classiche, prima di affrontare gli ultimi chilometri di salita verso il traguardo.

«Mi sentivo bene fin dall’inizio – ha detto il toscano – il mio ruolo oggi era quello di aprire la strada a Madis Mihkels, ma negli ultimi due chilometri Quinn Simmons e altri ragazzi hanno attaccato e io li ho seguiti. Poi ho visto che mancavano 200 metri al traguardo e mi sono lanciato a tutta velocità verso l’arrivo. Questa è la mia prima vittoria WorldTour e vedremo cosa succederà nei prossimi giorni».

La fuga dei tre che ha condizionato la seconda tappa dello Svizzera
La fuga dei tre che ha condizionato la seconda tappa dello Svizzera

L’attacco di Simmons

Tre corridori in fuga dall’inizio. Silvan Dillier, Jonas Rutsch e Mauro Schmid, che non hanno mai superato i due minuti di vantaggio. Sulla salita del Guggisberg, Dillier si è arreso. Il gruppo ha fatto il forcing sull’Heitenried, con la Tudor Pro Cycling in testa per fiaccare i velocisti. Schmid ha lasciato indietro il compagno di fuga Rutsch, ma pochi chilometri dopo, anche lui si è arreso. E’ stato a quel punto che la EF Education-EasyPost ha preso l’iniziativa, per lanciare Madis Mihkels. Mentre erano quasi certi che il gruppo fosse lanciato verso lo sprint, Jan Christen è partito a due chilometri dal traguardo e con lui si è avvantaggiato Quinn Simmons. L’americano ha giocato davvero bene la sua carta, ma è calato, consegnandosi alla rimonta di Albanese, che ha vinto dando la sensazione di non aver neppure speso tutto.

«Devo ringraziare i miei compagni di squadra – ha detto Albanese – che hanno fatto un lavoro fantastico dall’inizio alla fine. Sono davvero felice. Christen ha attaccato quando mancavano circa due chilometri all’arrivo e Neilson Powless ha chiuso il gap. Poi nell’ultimo chilometro Quinn Simmons e un altro corridore hanno attaccato, io ho seguito l’americano e poi ho sprintato negli ultimi 200 metri».

Vincenzo Albanese è nato a Salerno, ma sin da piccolo si è trasferito il Toscana. Correrà con la Ef fino al 2027
Vincenzo Albanese è nato a Salerno, ma sin da piccolo si è trasferito il Toscana. Correrà con la Ef fino al 2027

Il momento d’oro del team

La squadra si è presa cura di lui per tutta la giornata. Negli ultimi 20 chilometri, Vincenzo e i suoi compagni di squadra hanno preso il controllo del gruppo, posizionando l’italiano e il velocista Madis Mihkels sulla testa della corsa e assicurandosi che tutti i fuggitivi venissero ripresi. Il piano iniziale prevedeva che Albanese aprisse la strada al compagno, ma quando sono iniziati gli attacchi sulla salita verso il traguardo, Vincenzo è rimasto calmo. E’ saltato sulle ruote degli attaccanti, si è fatto largo, ha accelerato e ha vinto la corsa.

«Con la squadra mi trovo molto bene – ha detto Albanese – abbiamo anche vinto a Gippingen tre giorni fa con Powless. Questo è un momento importante per noi perché tra due-tre settimane inizia il Tour de France, quindi tutto bene. Ora vediamo cosa succederà nei prossimi giorni».

Per il toscano si tratta della prima stagione con la Ef Education-EasyPost, dopo il primo assaggio di WorldTour lo scorso anno con la maglia della Arkea-Samsic. L’italiano non vinceva una corsa dal Tour du Limousin del 2022, quando ancora correva con il Team Eolo-Kometa. L’anno scorso, Albanese non ha preso parte ad alcun Grande Giro, così che la sua ultima partecipazione a una grande corsa risale al Giro d’Italia del 2023. La squadra americana non ha ancora diffuso la lista dei candidati alla partenza del Tour, ma certo una tappa al Giro di Svizzera, su un arrivo comunque impegnativo, è la conferma che Albanese è al punto giusto.

I 60 chilometri di Vervenne: testa, gambe, coraggio e vittoria

16.06.2025
5 min
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CANTU’ – Dopo il muro finale che conduce alla linea di arrivo di questa seconda tappa del Giro Next Gen gli uomini della scorta tecnica devono prendere Jonathan Vervenne per le braccia e spingerlo. Nonostante lo strappo sia finito la strada sale ancora un po’ e il belga della Soudal Quick-Step Devo Team non ha la forza di andare avanti. Non ha nemmeno avuto la lucidità per esultare, si è limitato ad alzare le braccia sfinito e ha smesso di pedalare aspettando di recuperare le energie. Una volta all’ombra ha respirato profondamente e ha finalmente potuto festeggiare. E’ la terza vittoria nel 2025 per questo ragazzone di 187 centimetri per 72 chilogrammi nato a Genk e che ha già un contratto con la formazione WorldTour per il 2026. 

Jonathan Vervenne, classe 2003 della Soudal Quick-Step Devo Team ha vinto la seconda tappa del Giro Next Gen
Jonathan Vervenne, classe 2003 della Soudal Quick-Step Devo Team ha vinto la seconda tappa del Giro Next Gen

Cogliere l’attimo

140 chilometri in fuga con gli ultimi sessanta da solo. Dietro il gruppo ha provato a organizzare una rincorsa cominciata tardi. Lo hanno tenuto nel mirino, ma quando è stato il momento di sparare le ultime cartucce e catturare il solo fuggitivo rimasto il colpo è andato a vuoto. Alle spalle di Vervenne qualcuno si morde le mani, ma gestire una corsa così dura con cinque atleti per squadra non è cosa semplice anche per i devo team

«Il piano di stamattina – racconta seduto su una sedia in plastica all’ombra del podio – era di puntare alla tappa. Sulla carta il percorso dava l’impressione di essere molto aperto, anche se in gruppo tutti pensavano a una volata. Ora che ho la maglia rosa sono molto felice, domani la perderò ma voglio godermi quella che sarà comunque una giornata speciale. Il mio obiettivo era di prenderla ieri nella cronometro ma non sono riuscito, forse il fatto che sia arrivata oggi mi rende ancora più felice. Non me l’aspettavo proprio».

Da solo all’improvviso

La pioggia di ieri sera sembrava poter regalare una temperatura migliore in questa seconda frazione ma così non è stato. La giornata è stata ugualmente dura e quando i due fuggitivi, Vervenne e Barhoumi, si sono trovati in testa il pensiero è andato a gestire lo sforzo. SI sono parlati a lungo, poi sono andati di comune accordo.

«Gli ho chiesto se voleva puntare ai punti dei GPM o agli sprint intermedi e ci siamo divisi le classifiche – dice Vervenne – e che se il nostro vantaggio fosse sceso sotto i due minuti ci saremmo messi a spingere al massimo. Abbiamo fatto così ma all’improvviso lui è crollato e mi sono trovato da solo. Non avevo altra scelta che continuare ed è stata una giornata davvero dura. Solo negli ultimi cinque chilometri ho realizzato che avrei potuto vincere».

Rinfrescare i pensieri

Una volta rimasto solo per Vervenne si è trattato “solamente” di gestire lo sforzo contando sulla forza della mente e delle gambe che giravano ancora bene nonostante i tanti chilometri in avanscoperta. 

«La parte fondamentale è stata gestire lo sforzo – riprende a raccontare felice – essere un buon cronoman mi ha aiutato. Gli sforzi lunghi sono adatti alle mie caratteristiche e ho sfruttato questo fattore a mio favore. Dietro di me avevo l’ammiraglia e il loro supporto è stato molto utile, mi hanno detto di bere e mi hanno passato tanto ghiaccio da mettere sul collo per raffreddarmi. In Italia fa molto più caldo rispetto al Belgio!».

«Ho gestito quei sessanta chilometri – spiega – come una lunga cronometro. Di solito cerco di mantenere una frequenza cardiaca costante. Non c’era spazio per tanti pensieri durante una gara del genere, cercavo solo di tenere tutti i valori costanti, come i watt e la velocità. Mi sono concentrato tanto sulla strada e i cartelli che segnalavano i chilometri all’arrivo, sperando che passassero il più velocemente possibile».

Jonathan Vervenne veste anche la maglia rosa, la voleva conquistare ieri a Rho. E’ arrivata con un giorno di ritardo (foto La Presse)
Jonathan Vervenne veste anche la maglia rosa, la voleva conquistare ieri a Rho. E’ arrivata con un giorno di ritardo (foto La Presse)

La voce dalla macchina

Avere alle spalle l’ammiraglia è un punto di riferimento importante durante uno sforzo solitario come quello che ha fatto oggi il belga della Soudal Quick-Step Devo Team. Una voce amica che scandisce il ritmo e dà un supporto morale, mentre l’unico rumore che si sente è quello della strada che passa sotto le ruote.

«La tattica è stata esattamente come abbiamo corso oggi – racconta Kevin Hulmans, il diesse che era in ammiraglia alle spalle di Vervenne – ovvero andare in fuga e poi vedere cosa sarebbe successo. Sapevamo che controllare la corsa con cinque corridori per squadra non è facile». 

«Durante quei chilometri da solo – conclude – ho detto a Vervenne di non guardare mai indietro, oggi era da tutto o niente. Bisognava correre scavando fino all’ultima goccia di energia per scrollarsi di dosso la delusione della cronometro. E’ sempre bello quando un piano riesce in questo modo e sono contento per lui e per il team».

Lopez: ritorno nel WT rimandato, ma spunta la Vuelta

16.06.2025
5 min
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Doveva essere al Tour de Suisse partito giusto ieri e invece nel roster della XDS-Astana Harold Martin Lopez non c’era. Attendevamo non senza curiosità il ritorno dell’ecuadoriano nel WorldTour dopo molti mesi nei quali è migliorato tanto. Come mai? Lo abbiamo chiesto a Mario Manzoni, uno dei direttori sportivi del team kazako. Ovviamente il tecnico lombardo ci ha detto anche altro.

Prima però vale la pena ricordare qualcosa su Harold Martin Lopez. In questa stagione il 25enne si è confermato uno scalatore solido e potente e se due atleti dell’esperienza di Diego Ulissi e Fausto Masnada hanno espresso parole di apprezzamento per lui, qualcosa vorrà pur dire. Ha vinto due corse a tappe, Grecia e Ungheria, e ha fatto secondo al Giro di Turchia. Tuttavia non ha gareggiato quasi per nulla nel WorldTour: quattro giorni di gare in Australia al debutto (dove si è anche ritirato per una brutta caduta) e il Catalunya, chiuso al 13° posto.

Manzoni, bergamasco classe 1969, è stato pro’ dal 1991 al 2004 e dal 2022 è con il gruppo Astana
Manzoni, bergamasco classe 1969, è stato pro’ dal 1991 al 2004 e dal 2022 è con il gruppo Astana
Mario, quest’anno ha fatto un bel exploit? Harold Martin Lopez non è “iper giovane” visti i tempi che corrono…

Ma c’è arrivato un po’ più piano. I suoi sono numeri importanti, è un ragazzo di qualità. Ha fatto due anni con noi, nel devo team. Abbiamo creduto in lui e adesso si sta dimostrando vincente. Ha delle caratteristiche: va forte in salita ed è anche, tra virgolette, veloce. Ha vinto due gare a tappe e in altre è andato molto bene. Sì, un bello step…

E ve lo aspettavate questo exploit così marcato?

Diciamo che eravamo fiduciosi, poi vincere è sempre difficile. Però conoscevamo i suoi valori, i suoi numeri e… doveva venir fuori.

Quando vi siete resi conto che avrebbe potuto fare questo salto di qualità?

E’ stato un cammino programmato dal team. Se avete notato, abbiamo cercato di metterlo in corse non WorldTour, quindi di un livello meno elevato, sapendo che poteva primeggiare. Anche perché noi, e lo abbiamo sempre detto, avevamo bisogno di punti per salvare la squadra. Così abbiamo analizzato tutto il calendario e i nostri corridori: di conseguenza abbiamo fatto le formazioni migliori per essere protagonisti e portare a casa più punti possibile. Quindi questo suo salto è figlio anche di questa programmazione.

Però lui sarebbe pronto per fare (bene) gare WorldTour, secondo te?

Secondo me sì, perché anche l’anno scorso aveva fatto vedere qualcosa d’importante. Certo, non sarebbe andato allo Svizzera per vincere, ma in salita si sarebbe fatto vedere. Il problema, e mi riallaccio al discorso di prima, è decidere se rischiarlo per un piazzamento o provare a vincere il Qinghai Lake, visto che noi adesso abbiamo anche interesse sul calendario cinese.

Harold Martin Lopez sul podio del Giro di Ungheria: per lui (classe 2000) quarta vittoria stagionale
Harold Martin Lopez sul podio del Giro di Ungheria: per lui (classe 2000) quarta vittoria stagionale
Con XDS, chiaro…

Dopo l’Ungheria Martin è tornato a casa sua, in Ecuador. Ha fatto tanti giorni in altura a Quito e averlo protagonista in Cina non sarebbe affatto male.

Prima hai detto che magari in Svizzera non avrebbe vinto, ma visto come va in salita lui si potrebbe permettere di attendere il testa a testa con i big o potrebbe vincere anticipando con fughe da lontano?

Beh, qui si parla di “corridoroni”, quindi secondo me lui deve fare ancora un ulteriore step. Diciamo che può permettersi di misurarsi con i big, di fare la corsa in parallelo ai grandi e vedere come va. Però al momento abbiamo preferito fare un calendario alternativo, anche per averlo al top più avanti.

Quando pensate che magari da qui a fine anno riuscirete a farlo esordire in una corsa WorldTour? Immaginiamo che anche il ragazzo ne abbia voglia…

Certo che ha voglia e vi dico che farà la Vuelta: per dire che ci crediamo. Non solo, ma come avvicinamento alla Vuelta farà San Sebastian e Burgos. Pertanto a fine settembre sapremo davvero se era pronto per questo salto.

In cosa secondo te, Mario, deve ancora migliorare?

Viste le volate a due che ha fatto, e che non ha vinto, magari deve essere un po’ più scaltro in quel senso. Però in generale, anche considerando la giovane età, mi sembra già un uomo ponderato, sicuro, che sa quello che vuole. Magari può curare meglio la gestione del finale di corsa, però noi siamo molto contenti di lui. Poi da un punto di vista tecnico e professionale c’è sempre da migliorare, anche a 30 anni passati.

L’ecuadoriano è scalatore puro: 160 centimetri di statura per 54-55 chili
L’ecuadoriano è scalatore puro: 160 centimetri di statura per 54-55 chili
Finale di gara: per questioni di freddezza?

No, no, semmai quasi il contrario: è molto tranquillo. Si tratta proprio, come ho detto prima, di essere un po’ più scaltro.

Hai detto che farà la Vuelta: potrebbe essere la sorpresa? Chiaramente non per la vittoria, ma per una top 10?

In questi casi c’è sempre da decidere a monte cosa fare: classifica o tappe? Questa valutazione va fatta anche in funzione del ragazzo. E’ il caso di tenerlo fuori dallo stress per fare classifica e puntare alle tappe o tenerlo lì? E’ ancora tutto da vedere.

Conoscendolo, secondo te lui che vorrebbe?

Secondo me a lui piacerebbe fare classifica, però dipende anche da come ci avviciniamo. Tanto ormai sappiamo i numeri, sappiamo cosa serve, quindi in base a quello si deciderà la tattica da portare a casa.

Capitolo crono: come stiamo messi?

Domanda di riserva! Diciamo che ha margine di miglioramento e quindi anche in questa specialità dovrà fare uno step, specie se vorrà puntare alla classifica. Credo che passo passo capiremo poi che strada sarà migliore per lui. Tutto sommato non abbiamo tutta questa fretta.

EDITORIALE / Più punti al De Gasperi che al Giro d’Italia

16.06.2025
5 min
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Tsarenko ha vinto il Trofeo Alcide De Gasperi che quest’anno da Cismon del Grappa è arrivato a Pergine Valsugana (in apertura sul podio con Jasch e Cretti, immagine Instagram/EliteWheels). Corsa internazionale di classe 1.2 che ha dato al vincitore 40 punti UCI. Il De Gasperi è stata per anni una classica dei dilettanti, ma da quando è stata inserita nel calendario internazionale è diventata appannaggio anche delle squadre pro’. Da quando è stata inserita nel calendario internazionale, ma soprattutto da quando la centralità del ranking ha aperto la caccia sfrenata ai punti. Prima le professional si vergognavano di andare alle corse dei dilettanti, ora sono fra le loro preferite. Nell’elenco dei partenti, oltre alle continental e i devo team, c’erano due sole professional: Vf Group-Bardiani e Solution Tech-Fantini.

Quaranta punti sono quelli che si è messo in tasca Carlos Verona, arrivando settimo a Sestriere: ben più dei 25 che nello stesso giorno ha conquistato Pellizzari. Quaranta punti li ha fatti Fiorelli ad Asiago e anche Vingegaard arrivando secondo alle spalle di Pogacar nelle tappe del Delfinato. Tsarenko (che ha poi vinto anche al Giro di Slovenia e che citiamo solo ad esempio, augurandogli una carriera luminosa) ci sarebbe riuscito?

Sestriere, penultima tappa del Giro: 45 punti per Marcellusi (6°), 40 per Verona (7°). Per la VF Group alla fine 400 punti
Sestriere, penultima tappa del Giro: 45 punti per Marcellusi (6°), 40 per Verona (7°). Per la VF Group alla fine 400 punti

Le prime trenta

Dal prossimo anno per partecipare a Giro, Tour e Vuelta e poter ambire alle wild card bisognerà rientrare fra le prime 30 squadre del ranking. Al momento la VF Group-Bardiani naviga in acque abbastanza tranquille, con il 27° posto. La squadra dei Reverberi infatti prende parte al Giro Next Gen, poi sarà al Val d’Aosta, avendo individuato nel calendario degli U23 un utile bacino di approvvigionamento.

Più in basso è invece il Team Polti-VisitMalta che ha disputato il Giro, ma si trova in 30ª posizione con 24,7 punti più della Solution Tech-Fantini. Se la battaglia si giocherà sul filo di pochi piazzamenti, la differenza verrà colmata con ogni genere di competizione, anche quelle dei dilettanti di un tempo, nei cui confronti il team di Basso e Contador finora non ha mai mostrato grande interesse. Giustamente, diremmo. Tuttavia se il criterio dei punti è predominante, prepariamoci ad assistere a battaglie senza esclusione di colpi e anche a scelte anacronistiche.

Il Team Polti-Kometa ha partecipato al Giro, con 412 punti portati a casa
Il Team Polti-Kometa ha partecipato al Giro d’Italia, con 412 punti portati a casa

Si chiude un’epoca

Fino a ieri, la partecipazione delle nostre professional al Giro era legata alla loro voglia di andare in fuga e a qualche talento da lanciare. Facevano spettacolo, tenevano desta l’attenzione, spesso a discapito degli ordini di arrivo. Quando il gruppo li prendeva, raramente i loro corridori riuscivano ad avere gambe per rilanciare e le tappe finivano in tasca agli squadroni. Ma se questo modo di essere non è più previsto dall’ordinamento mondiale del ciclismo, dobbiamo prepararci a non avere più le piccole squadre italiane al Giro d’Italia, ritrovandole invece in tutte le gare minori in cui hanno maggiori possibilità di fare punti.

Il risultato finale a ben vedere sarebbe la netta delimitazione fra serie A e serie B del ciclismo: l’esclusione dei piccoli sarà assicurata dai punti e dai soldi. Come nel calcio. Se così sarà, godiamoci il ricordo di Pellizzari che si scambia la maglia con Pogacar: corridori e scene così saranno presto impedite dal ranking. Con grave danno per il ciclismo italiano, che non ha altri difensori al di fuori dei suoi appassionati.

Pogacar regala a Pellizzari la sua maglia rosa a Monte Pana: Giro 2024. Per quanti anni sarà ancora possibile una scena come questa?
Pogacar regala a Pellizzari la sua maglia rosa a Monte Pana: Giro 2024. Per quanti anni sarà ancora possibile una scena come questa?

Un messaggio dalle Marche

«Prendiamo ad esempio un ragazzo dal sicuro valore come Tarozzi – ci scrive il marchigiano Francesco Andreani – che nel 2025 ha vinto la classifica dei GPM alla Tirreno e al Giro è stato il corridore che ha percorso più chilometri in fuga. Tirando le somme, ha solamente 8 punti nella classifica UCI. Un ragazzo che si piazza sesto al De Gasperi ne conquista 10. Il rischio è che corridori come Tarozzi saranno sempre meno appetibili ed è un peccato».

Ha ragione. Sembra un percorso irreversibile ed è un peccato che non crei allarme in chi guida la Federazione e potrebbe agire a livello internazionale per regolamentare, ad esempio, la possibilità di passaggio all’estero di corridori minori e non professionisti.

Un premio per i tanti chilometri di fuga di Tarozzi, ma quanti punti? Eppure la sua presenza ha impreziosito il Giro d’Italia
Un premio per i tanti chilometri di fuga di Tarozzi, ma quanti punti? Eppure la sua presenza ha impreziosito il Giro d’Italia

L’inerzia federale

Non lo fanno perché probabilmente non ne sono capaci. Oppure perché non hanno interesse a farlo. Allo stesso modo in cui hanno rinunciato a schierare ragazze azzurre U23 nella prima edizione del mondiale di categoria: perché non ci sono i soldi per portarle.

E così si va avanti. Gli agenti pescano nel mare, con lo sbarramento dei watt che rendono i giovani corridori attendibili e redditizi. Li portano nei devo team o direttamente nelle WorldTour, perché è giusto che rincorrano i migliori guadagni possibili. E per le squadre italiane resta davvero poco, portano a correre le terze scelte, con risultati ovviamente incapaci di grosse sorprese, vista la prevedibilità del ciclismo. Fatti salvi 2-3 nomi, la loro presenza al Giro d’Italia è stata leggera. Il richiamo del De Gasperi diventerà presto molto più forte di quanto non sia già adesso. In attesa di sapere cosa ne pensano i loro sponsor.

Nizzolo e la ricerca di quell’1 per cento per tornare a vincere

16.06.2025
4 min
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Per Giacomo Nizzolo questa stagione vuole essere quella della rinascita perché un corridore abituato a vincere i grandi sprint vuole tornare a gettarsi nella mischia con la testa curva sul manubrio e le gambe che spingono rapporti lunghissimi. Da fine gennaio a oggi il velocista della Q36.5 Cycling Team ha messo insieme lo stesso numero di gare della passata stagione. Il 2024 non è stato un anno semplice, tanti problemi e poca continuità hanno allontanato Nizzolo dalla sua forma migliore. Per tornare il cammino è lungo, ma anche a trentasei anni non manca la voglia di rimboccarsi le maniche e alzare la testa verso questa montagna da scalare.

Nizzolo aveva iniziato bene al Tour of Oman con un secondo posto nella quarta tappa alle spalle di Kooij
Nizzolo aveva iniziato bene al Tour of Oman con un secondo posto nella quarta tappa alle spalle di Kooij

Rispolverare lo sprint

In montagna ci andrà davvero a luglio, a Livigno. Un ritiro con il team nel quale capirà quali saranno i suoi piani nella seconda metà di stagione. Intanto Nizzolo punta ai campionati italiani di Gorizia. 

«Prima ancora – racconta mentre è a casa – sarò al Copenhagen Sprint il 22 giugno, poi andrò all’italiano. Il ritiro con la squadra darà qualche certezza sui prossimi impegni, ma non credo di fare la Vuelta. Visto il percorso non penso sia una buona idea, non credo vedremo grandi velocisti in Spagna. 

«Dopo la pausa di metà aprile – prosegue – sono rientrato nella mischia al Giro di Ungheria e alla Boucles de la Mayenne. Sono tornato di nuovo nella mischia, manca il guizzo e la velocità di gambe per provare a vincere. Però mi ritengo contento, arrivo bene alle volate e le approccio nel modo corretto. Mi serve lavorare per avere quella brillantezza negli ultimi metri, alla fine è quella che fa la differenza tra la vittoria e un buon piazzamento».

Durante l’inverno il velocista della Q36.5 ha lavorato tanto sul fondo in vista delle Classiche
Durante l’inverno il velocista della Q36.5 ha lavorato tanto sul fondo in vista delle Classiche
Come si colma questo gap?

Lavorando bene in altura e andando alle gare. Non è semplice perché non esistono più appuntamenti di secondo piano, soprattutto quest’anno. Siamo alla fine del triennio e le squadra cercano punti. In Ungheria, che è una corsa di categoria 2.Pro, c’erano Molano, Bauhaus, Welsford e Groenewegen.

Che effetto ti ha fatto tornare a lottare contro questi velocisti?

Sento di essere tornato in gioco, se dovessi usare una metafora calcistica direi che anche io tocco palla e non rimango a guardare. Manca un 1 per cento. Non è facile trovarlo, ma voglio provarci. E’ un discorso di fibre veloci che vanno richiamate anche in allenamento. All’inizio dell’anno il team e io ci siamo concentrati sul recuperare il fondo in vista delle Classiche. 

Dopo lo stacco di aprile Nizzolo è tornato a concentrarsi sugli sprint e lo ha fatto prima al Giro di Ungheria (qui in foto) e poi alla Boucles de la Mayenne
Nizzolo è tornato a concentrarsi sugli sprint e lo ha fatto prima al Giro di Ungheria (qui in foto) e poi alla Boucles de la Mayenne
Gabriele Missaglia, diesse della Q36.5, aveva fatto il tuo nome tra quelli possibili per il Giro, quanto era concreta la possibilità di vederti lì?

In realtà non era in programma. Il mio desiderio era quello di tornare competitivo su qualsiasi palcoscenico. E’ stato giusto portare Moschetti al Giro, da inizio anno ha dimostrato una grande crescita ed era davanti a me nelle gerarchie. Siamo due velocisti in squadra ed è giusto dividerci e avere ognuno il suo spazio. 

Riuscite a condividere gli spazi…

Abbiamo due percorsi diversi in termini di carriera. Moschetti è nei suoi anni migliori ed è giusto che voglia ambire a correre certe gare, come il Giro. Io sto cercando di tornare competitivo e non mi interessa la gara, ma voglio andare dove si può fare bene.

Moschetti e Nizzolo si dividono il ruolo di velocisti in squadra, ogni tanto capita di vederli correre insieme come al Criquielion
Moschetti e Nizzolo si dividono il ruolo di velocisti in squadra, ogni tanto capita di vederli correre insieme come al Criquielion
Avete anche corso insieme, che idea ti sei fatto di lui?

Ci eravamo sfiorati anche alla Trek nel 2018, lui era uno stagista e non abbiamo mai corso insieme. In questi ultimi due anni alla Q36.5 ci siamo incrociati di più anche alle corse. C’è un bel dialogo, lui è uno che ascolta, ma ha le sue idee. Nell’impostare lo sprint ci muoviamo in maniera diversa, ma sono dettagli. In una delle poche occasioni in cui abbiamo corso insieme lui ha vinto e io sono arrivato terzo, vedere Moschetti vincere ed essere lì con lui è stato bello, se lo merita. 

Ora prepari il finale di stagione con quali ambizioni?

Di scalare la classifica e dare un colpo decisivo. L’obiettivo è rimanere competitivo, chiaro che una vittoria mi renderebbe molto felice e potrebbe dare ulteriori conferme e un significato diverso al mio percorso di recupero.