Lo sfogo di Buda: la mia carriera è una salita senza fine

22.08.2023
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Simone Buda si era fatto notare questa primavera per due vittorie ravvicinate. Poi la stagione è andata avanti e di buoni risultati ne sono seguiti altri. Tanti altri a dire il vero. Tanto da essere il corridore della categoria Elite-U23 con più top cinque a questo punto della stagione.

Una costanza di rendimento importante, per un ragazzo che ha la “croce” – passate questo termine che forse è anche un po’ forte, ma rende l’idea – di essere nato nel 1999 e quindi è al quinto anno dei dilettanti. E il quinto anno nel ciclismo di oggi diventa un problema: tema che abbiamo ripreso più volte. Simone, lo ricordiamo, è un romagnolo dalle caratteristiche di sprinter o comunque passista veloce che veste i colori della Solme-Olmo.

Simone Buda (classe 1999) vince a Castel d’Ario, prima vittoria stagionale. Per lui la più bella anche in virtù del grande aiuto della squadra
Simone Buda (classe 1999) vince a Castel d’Ario, prima vittoria stagionale. Per lui la più bella anche in virtù del grande aiuto della squadra
Simone, come stai? Hai iniziato con un sacco di buoni propositi…

Io penso che quei propositi si siano realizzati. Anzi, ad un certo punto anche un po’ meglio di quello che pensavo.

Abbiamo visto un bel salto di qualità: vittorie, piazzamenti, una grande costanza di rendimento…

Un salto di qualità che ci voleva. Ho vinto due gare e mi sono confermato anche nei mesi dopo. E confermarsi non è facile. Sono seguite altre affermazioni importanti. E sono cose che mi dicono coloro che mi sono vicino.

In questo periodo come ti stai allenando? Abbiamo visto che non hai corso…

In effetti ho fatto un decina di giorni di stacco dopo una corsa a tappe in Romania, in cui sono caduto ad 80 all’ora. Per un attimo ho anche pensato che fosse tutto finito, in realtà poi sono state solo importanti abrasioni. Adesso però ho ripreso e giusto stamattina ho fatto palestra.

Palestra nel pieno della stagione: perché avevi staccato?

In realtà l’ho portata avanti per tutta la stagione in accordo con il mio preparatore, Giovanni Pedretti. In questo modo posso lavorare bene solo sulla forza, forza pura. Mi dà qualcosa di più a livello di forza e basta, sull’esplosività, sulla forza massimale. Quindi palestra e poi trasformazione in bici. Fare la forza su strada, le classiche Sfr, significa includere mille variabili: la tacchetta non perfettamente dritta, le buche, il vento… Così posso lavorare sulla forza senza intoppi.

La squadra trevigiana spesso si è raccolta attorno a Buda
La squadra trevigiana spesso si è raccolta attorno a Buda
Quindi tu non fai le Sfr?

Le faccio, ma molto meno che in passato. Ieri per esempio dopo la parte in palestra, ho fatto un paio di richiami di SFR in bici, prima le SFR erano molte di più.

Torniamo al discorso del salto di qualità: come mai è arrivato tutto insieme? 

Credo sia stato un salto generale. Se devo essere sincero non vado così tanto più forte che in passato. Sì, in volata e in salita i watt sono un po’ di più, ma siamo sui valori dell’anno scorso. Purtroppo nel ciclismo deve girare tutto bene, non si tratta solo di valori. Quest’anno c’è l’atmosfera giusta… Io alla fine al primo e al secondo anno ho fatto tanta fatica e ho incontrato diverse difficoltà. Al terzo e quarto anno col Covid di mezzo ho corso pochissimo. Ora al quinto anno, sento di essere nella squadra giusta, certi meccanismi funzionano bene anche in corsa. E io sono più maturo.

Sei un classe 1999, oggi è un “problema” per passare professionista. Un discorso delicato, ma reale…

Parlo con i dati alla mano: i miei risultati. Da inizio anno sono tra i corridori più costanti. Ogni mese ho portato a casa 15-20 punti. Ho quattro vittorie, una decina di podi e sono colui che vanta più piazzamenti nei primi cinque. Mi dicevano che vincevo solo i “circuitini”, ho risposto con vittorie e piazzamenti internazionali. Ho vinto una corsa UCI in Ungheria, ho fatto terzo in una tappa in Romania nella quale c’erano anche le professional. Ho la sfortuna che non posso fare il Giro U23, alcune classiche internazionali… che danno più punti e visibilità. Nonostante tutto su 7-8 corse internazionali fatte, mi sono piazzato in cinque.

Al Gemenc GP (corsa di classe 2.2) tappa e maglia per Buda
Al Gemenc GP (corsa di classe 2.2) tappa e maglia per Buda
Quindi c’è qualche squadra che si è fatta sentire?

Solo chiacchiere. E questo mi dispiace.

E’ stata proprio la tua costanza di rendimento a colpirci e allora ti chiediamo: cosa mancava prima?

Qualcuno mi dice: «Potevi svegliarti prima». Prima non ero preparato io. Non ero pronto. Io nelle categorie giovanili davvero vincevo 20 corse l’anno quasi senza allenarmi. Uscivo in bici, ma se un giorno volevo, andavo a giocare a beach volley. Poi da under 23 è cambiato il mondo. Mi sono trovato il muro e ci ho messo un po’ ad adattarmi, specie nei primi due anni. Poi, al terzo anno, è arrivato il Covid e ho fatto 8 corse. L’anno successivo mi avevano promesso mille cose e ne ho fatte solo 25. Lo scorso settembre mi dicono che la squadra chiude. In quel momento ho anche pensato di smettere.

Ma sei ancora qua…

Poi le persone che mi sono state vicine mi hanno convinto a tenere duro. Ragazzi, io ho fatto 24 anni il 14 agosto e mi dicono che sono vecchio. Non guardo al futuro adesso. Se la sera ci penso e ho vicino i miei cari, non voglio pensare in modo negativo, ma non è facile. Quel che mi viene da dire è che a questo punto non dipende più da me. Se penso che Roglic è arrivato su strada a 27 anni. Van der Poel  e Vingegaard hanno esordito a 24 anni. Non dico di essere come loro, ma neanche di essere vecchio o non degno di alcuna attenzione. Specie quando vedo e sento che c’è gente che passa senza meritocrazia. 

Hai un procuratore?

Mi sto muovendo. Come ho detto mi hanno anche rimproverato di non averlo fatto prima, ma cosa andavo a proporre di me? Mi sembrava come voler correre su strada, ma avendo una Mtb. Qualche risultato, qualche piazzamento, ma non ero pronto. Passare eventualmente senza merito, senza la giusta crescita… no, non faceva per me. Quindi ho lavorato su me stesso. Ho trovato un ambiente sano che mi ha aiutato in tutto ciò e mi sono messo sotto.

Grande affiatamento nella squadra del presidente Gian Pietro Forcolin (al centro). A destra Favero e a sinistra Tabarin
Grande affiatamento nella squadra del presidente Gian Pietro Forcolin (al centro in seconda fila)
Non è facile Simone. E’ davvero una situazione complessa…

Sono migliorato tanto, anche a livello mentale. Mi impegno, mi hanno chiesto sempre risultati più importanti e li ho ottenuti. Non saprei davvero cosa fare. Non dico che sono disperato, ma quasi. Sembra una salita senza fine. Se dovessi chiudere con il ciclismo ci resterei male. Lo farei in malo modo. Ho fatto anche il corso da direttore sportivo di terzo livello. Spesso vado ad aiutare i ragazzi delle categorie giovanili, ma cosa gli dico in questa situazione? Sei vai così e nessuno si fa sentire. No, non capisco.

Ora cosa prevede il tuo programma?

Come detto ho ripreso ad allenarmi, ma sto smaltendo anche le botte della caduta in Romania. E tutto sommato è stata quasi un bene perché mi ha permesso di staccare veramente. Tanto più che mi chiedevano continuamente dei risultati. Rientrerò in gara il 24 a Rosa, poi il 26 c’è Carnago, che non conosco ma mi dicono essere veloce e quindi potrebbe già essere adatta a me, ma soprattutto miro a fare bene al Giro del Friuli, dove ci sono tappe veloci, e alla tre giorni in Puglia.

Il primo podio estero della Basilico. E non finisce qui…

22.08.2023
4 min
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Mentre a Glasgow si assegnava il titolo mondiale femminile, Valentina Basilico andava a cogliere il suo primo piazzamento sul podio in una gara internazionale estera, la Picto Charentaise che è una delle classiche del calendario francese. Un piazzamento frutto di una volata imperiosa, chiusa alle spalle della vincitrice francese Verhulst e della olandese Achtereekte. Due cicliste di squadre WorldTour, mentre la ragazza di Desio è una colonna della BePink.

Una prestazione non casuale la sua, frutto della condizione scaturita dal Giro d’Italia, non è un caso infatti che dopo la corsa rosa, la Basilico non sia quasi mai uscita dalle prime 20 nelle gare successivamente effettuate, tutte all’estero e in un contesto di primo piano.

«Eppure non è che al Giro le cose fossero andate così bene – racconta la lombarda – le tappe non erano adatte a me, sulla carta ce ne erano 3 per velociste ma si è sempre andate fortissimo e le volate sono state quasi assenti. Mi aspettavo di più, ma almeno la mia condizione con tanto lavoro e tanta salita è cresciuta».

Il podio francese, con da sinistra Achtereekte (NED), Verhulst (FRA) e la lombarda (foto Alain Biais)
Il podio francese, con da sinistra Achtereekte (NED), Verhulst (FRA) e la lombarda (foto Alain Biais)
Sei uscita meglio di com’eri entrata…

Sì, è vero, prima della corsa rosa non avevo ottenuto grandi risultati, il mio ultimo podio risaliva a inizio maggio. Almeno a qualcosa il Giro mi è servito…

Che corsa hai trovato in Francia?

Era decisamente un percorso più adatto alle mie caratteristiche. Una gara vallonata, con strappi brevi, dove c’era continuamente da rilanciare l’azione. Molte provavano ad allungare, ma nel complesso il gruppo è rimasto sempre compatto. Io mi sono sempre tenuta nelle prime 15-20 posizioni per non farmi sfuggire qualche azione decisiva.

Il team di Zini in gara nelle corse franco-belghe di agosto, a confronto con veri colossi (foto Instagram)
Il team di Zini in gara nelle corse franco-belghe di agosto, a confronto con veri colossi (foto Instagram)
Nel team come ti stai trovando?

Molto bene, le ragazze anche in Francia hanno lavorato molto, io ho dovuto solamente finalizzare. Con le compagne abbiamo formato un bel gruppo, sia in corsa che fuori, c’è sempre una bella atmosfera.

Dopo la corsa francese sei rimasta comunque nelle posizioni che contano degli ordini d’arrivo.

Sono gare che mi piacciono molto. In Belgio si trovano percorsi più piatti, dove conta essere veloci, ma va anche detto che non sempre sono io a finalizzare la corsa, alla Konvert Koerse ad esempio lavoravo per Vettorello e Zanardi, erano loro deputate a fare la volata.

Valentina quest’anno ha vinto il GP Esperia in Rosa. 5 le Top 10 in gare internazionali (foto Instagram)
Valentina quest’anno ha vinto il GP Esperia in Rosa. 5 le Top 10 in gare internazionali (foto Instagram)
Sono queste gare dove ti trovi anche a correre con le formazioni WorldTour. Noti una differenza?

Notevole. Senza nulla togliere agli impegni e alla passione che ci mettiamo noi, ma soprattutto chi dirige la squadra, si vede che quelli sono altri ambienti, con una gestione attentissima a ogni aspetto e grandi mezzi a disposizione. Io quest’anno ho avuto la possibilità di correre spesso contro le più grandi e quando ti trovi a gareggiare contro gente come Wiebes o Kool hai solo da imparare. Mi piace molto sfruttare quelle occasioni e correre a quei livelli, dove anche un piazzamento conta parecchio.

Rispetto allo scorso anno quando hai fatto il tuo esordio nella massima categoria, noti cambiamenti, anche dal punto di vista della gestione fisica delle corse considerando che hai solo 20 anni?

Sì, vedo che riesco a gestirmi molto meglio, che c’è stato un incremento prestativo. Non è solo questione di fisico, io credo che molto conti anche l’approccio mentale alle gare e la condotta delle stesse.

Per la Basilico le esperienze all’estero si stanno dimostrando molto formative (foto Instagram)
Per la Basilico le esperienze all’estero si stanno dimostrando molto formative (foto Instagram)
Sai già dove correrai il prossimo anno?

No, spero di rimanere nel team dove mi trovo molto bene, anche perché il calendario che affrontiamo è di ottimo livello. E’ chiaro che se arrivasse un contatto con un team del WorldTour ci penserei, come farebbe chiunque, ma per ora va bene così.

Il tuo calendario prevede soprattutto gare in linea, ma Giro a parte, nelle corse a tappe come ti trovi?

A me piacciono molto, per certi versi sono anche preferibili alle gare d’un giorno, intanto perché ho un recupero veloce, poi perché in una corsa di più giorni ci sono giornate dove puoi giocarti le tue carte e altre dove lavori per le altre ma non sei costretta ad andare sempre a tutta. Ora poi che ho rotto il ghiaccio con un podio, magari presto arriverà anche qualcosa in più…

Belletta è cresciuto, peccato solo la caduta di Glasgow

22.08.2023
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Il suo mondiale a Glasgow è finito ancor prima di cominciare, vittima della prima caduta seria che ha coinvolto gli azzurri U23. Due punti sul ginocchio e la malinconia di veder andare giù nella stessa caduta anche Buratti, Busatto e Romele. Per questo Dario Igor Belletta è salito sul pullman Vittoria e forse non ne sarebbe sceso mai.

«Ero già caduto all’ingresso del circuito – ha raccontato – c’era tantissimo stress in gruppo. Era il momento in cui da dietro sono riuscito ad andare davanti e psicologicamente forse ho mollato un po’ la presa. Perciò la prima curva che ho fatto davanti, in testa al gruppo, sono caduto e purtroppo ho tirato giù Busatto che stavamo proteggendo. Mi spiace anche per lui».

Al via della prova su strada dei mondiali, accanto a Romele, De Pretto, Milesi, Buratti e Busatto
Al via della prova su strada dei mondiali, accanto a Romele, De Pretto e Milesi. Nel team anche Buratti e Busatto

Stagione conclusa?

Tornato al pullman, ha trovato ad aspettarlo il dottor Corsetti. E’ stato lui a prevedere la necessità di mettere punti di sutura, anche se prima di poterli applicare, hanno dovuto aspettare che la corsa finisse. E con i punti è arrivata l’amara considerazione che la sua prima stagione di under 23 potrebbe essersi conclusa in quella curva, visto che il tempo per recuperare non sarebbe stato poi molto.

In giro per l’Europa

Il 2023 del corridore di Magenta fino a quel momento era stato composto da 30 giorni di corsa, seguendo il filo logico che da sempre caratterizza l’attività della Jumbo Visma Development. Quindi cinque corse a tappe e, ad eccezione del Giro della Città Metropolitana di Reggio Calabria (corso con la nazionale) e i due tricolori (entrambi al terzo posto), l’Italia non l’ha mai vista, raccogliendo in compenso sette top 10 in giro per l’Europa. Il mondiale è sempre stato però uno dei passaggi centrali.

«Pensavo al mondiale da inizio stagione – ha spiegato – l’evento di cui ho parlato con Amadori per tutto l’anno. Ci abbiamo lavorato dai primi training camp a dicembre, però un conto è pensare di andare, un conto è farlo davvero».

A Glasgow, Belletta sarebbe stato protagonista, se la caduta non lo avesse tagliato fuori
A Glasgow, Belletta sarebbe stato protagonista, se la caduta non lo avesse tagliato fuori

Un anno molto intenso

L’approccio è già quello del professionista, aiutato da una precocità atletica che forse fra gli under 23 stupisce meno di quanto accadesse fra gli juniores, in cui riusciva a dominare anche in virtù di un fisico ben più sviluppato rispetto ai rivali.

«In squadra – ha spiegato – mi trovo davvero bene. Non mi fanno mancare nulla. Mi stanno facendo crescere con calma che poi è quello che abbiamo chiesto. Rispetto allo scorso anno, sento di essere cambiato tantissimo. E’ passato solo un anno, ma sembra di aver fatto 3-4 stagioni. Ogni mese sento che cresco di più e infatti non vedo l’ora che passi ancora più tempo per vedere quanto potrò migliorare crescendo».

Tricolore crono: dopo l’arrivo, Belletta era stremato per il caldo (foto Tornanti_cc)
Tricolore crono: dopo l’arrivo, Belletta era stremato per il caldo (foto Tornanti_cc)

Da bimbo a ragazzo

Nel dirlo ha fatto un sorriso. Nel ciclismo che cerca prodigi giovanissimi, sentir dire a un ragazzo di 19 anni che non vede l’ora di diventare più grande per essere anche più forte, ti coglie di sorpresa.

«Mi accorgo – ha spiegato – che si cresce sotto tutti i punti di vista. I numeri derivano solo dal corretto approccio mentale e anche e soprattutto dalla maturità. Cioè fare certi tipi di corse, cominciare a essere più preciso anche nella vita privata e quotidiana. E’ un insieme di cose. C’è molta tranquillità e quindi… mi sento di essere molto cresciuto. Non sono più un bambino, adesso sono un ragazzo. Mettiamola così…».

All’Arkea sognando il Tour. Albanese ha svoltato

21.08.2023
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La notizia del passaggio di Vincenzo Albanese all’Arkea Samsic (dal prossimo anno Arkea-B&B Hotels) arriva mentre è a casa dei suoceri, nella sua Campania. In questo momento il corridore della Eolo-Kometa sta riprendendo la preparazione in maniera blanda, sapendo che i primi impegni saranno a metà settembre per problemi fisici, gli ennesimi di una stagione complicata.

«Dopo i campionati italiani mi sono dovuto operare a un testicolo – racconta Albanese – è una conseguenza dell’incidente d’inizio stagione. Sapevo da tempo di doverlo fare, ma ho aspettato proprio di chiudere la prima parte di annata con la prova tricolore. Qui non faccio allenamenti specifici, ma appena torno a casa, si ricomincia…».

Per Albanese una stagione finora a mezzo servizio, ma sempre con molti piazzamenti
Per Albanese una stagione finora a mezzo servizio, ma sempre con molti piazzamenti
Quando sono nati i contatti con la squadra francese?

Già da inizio stagione se ne parlava, erano rimasti piacevolmente colpiti da quel che avevo fatto lo scorso anno. Per fortuna l’interesse non è scemato, anche se ho ripreso molto tardi a gareggiare e la stagione è andata avanti con qualche buon risultato come in Sicilia, ma molti impedimenti.

Che cosa ti hanno proposto?

Mi hanno presentato il progetto che hanno fatto su di me prima del Giro e mi ha dato una grande carica. Non potevo certo dire di no a una squadra WordTour…

Per Albanese, l’ingaggio alla Arkea sarà l’occasione per testarsi nelle corse del Nord
Per Albanese, l’ingaggio alla Arkea sarà l’occasione per testarsi nelle corse del Nord
Qual è il progetto?

Vogliono puntare su di me per le classiche d’un giorno, sanno che sono un corridore che tende sempre a piazzarsi. Quest’anno pur in soli 35 giorni di gara sono finito nella top 10 per 13 volte, lo scorso anno per ben 32. Significa portare tanti punti alla causa del team e per questo intendono investire su di me. Oltretutto c’è la possibilità di gareggiare in Francia e Belgio, mi piace l’idea di testarmi su quei percorsi con continuità.

Ok le corse d’un giorno, ma l’Arkea è squadra WorldTour, con ingresso nelle principali corse del calendario e nei grandi Giri, quindi il Tour…

E infatti l’idea di essere selezionato per il prossimo Tour, con partenza dalla “mia” Firenze mi solletica alquanto. Correre in casa per la gara più importante del mondo è un’occasione da non perdere. Poi starà a me convincere i capi a mettermi in squadra per essere a disposizione degli altri, ma farò di tutto perché avvenga.

All’Arkea i dirigenti credono in Albanese, come uomo in grado di portare molti punti al ranking
All’Arkea i dirigenti credono in Albanese, come uomo in grado di portare molti punti al ranking
Con la Eolo-Kometa i rapporti come sono?

C’è grande rispetto reciproco, non potrò mai dimenticare che cosa sono stati questi tre anni, la pazienza che hanno dimostrato nei miei confronti, la serietà del loro progetto. Ci tengo a loro, mi sono stati sempre vicini anche nei momenti più duri.

Tu venivi da 4 anni alla Bardiani non sempre semplici…

Anzi, possiamo dire che sono stati anni difficili, nei quali ho anche commesso errori, ma con il tempo ho imparato, ho preso atto di quel che sbagliavo e mi sono messo sulla linea dritta. Anche quelle sono state esperienze utili, se sono arrivato ora all’ingaggio in una squadra WorldTour è frutto di tutto il cammino svolto, nel bene e nel male.

Quattro anni alla Bardiani con 17 top 10 ma nessuna vittoria e un talento inespresso
Quattro anni alla Bardiani con 17 top 10 ma nessuna vittoria e un talento inespresso
In questi rientrano anche i tuoi problemi con il peso?

Sì, non ho paura di ammetterlo. Ho impiegato anni a trovare il mio peso forma, la giusta alimentazione e in questo la Eolo è stata fondamentale, attraverso preparatori e nutrizionisti per capire come fare, per trovare il miglior Vincenzo. Ora sono a un peso ideale di 69-70 chili, nel quale riesco a rendere di più e devo fare attenzione a mantenere questo standard. Sono esperienze che mi porto dietro. So che vado in una squadra con uno staff d’eccezione che mi aiuterà anche in questo.

Ora che cosa ti attende?

Si riparte dal Giro di Toscana e poi affronterò tutta la stagione italiana fino alle prove venete di fine stagione, cercando d’incidere come ho fatto finora.

In Sicilia esordio stagionale con 3° posto finale e vittoria nella classifica a punti
In Sicilia esordio stagionale con 3° posto finale e vittoria nella classifica a punti
Come giudichi questa strana annata?

Per come era nata e per quel che sono riuscito a far,e non posso lamentarmi. Sono comunque riuscito ad essere protagonista e questo mi fa ben sperare. Avendo un inverno tranquillo penso di poter essere subito incisivo nella prossima stagione.

Intanto però c’è da chiudere in bellezza con la tua maglia attuale…

Infatti non nascondo che vorrei ottenere almeno una vittoria nelle classiche italiane che restano. Sarebbe la maniera migliore di salutare un periodo importante della mia vita di ciclista.

Roglic, una finestra sulla Vuelta… con Burgos nel sacco

21.08.2023
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«Sono venuto qui per stare un po’ meglio e penso di esserci riuscito»,Primoz Roglic come sempre è diretto, sincero e pratico. Lo sloveno parla così della Vuelta Burgos, classico appuntamento di avvicinamento al grande evento, la Vuelta in questo caso.

L’ex saltatore con gli sci viaggia dunque verso la “sua” Vuelta. Il grande Giro che ha già vinto tre volte. Lo attende la sfida con Evenepoel, in primis, Ayuso, Thomas, ma forse il rivale più pericoloso ce lo ha in casa, come vedremo.

Primoz Roglic (classe 1989) all’ultima Vuelta Burgos ha vinto tre tappe e la generale precedendo di 39″ Vlasov e di 42″ Adam Yates
Primoz Roglic (classe 1989) all’ultima Vuelta Burgos ha vinto tre tappe e la generale precedendo di 39″ Vlasov e di 42″ Adam Yates

Veni, vidi, vici

Come “d’abitudine” il corridore della Jumbo-Visma è tornato in corsa dopo molti mesi. Non lo si vedeva col numero sulla schiena da Roma, 78 giorni fa, al Giro d’Italia. Ha vinto e ha subito messo in chiaro il suo stato di forma.

Roglic è uno dei migliori in assoluto nel sapersi preparare stando parecchio lontano dalle corse. E’ andato per tre settimane a Tignes, in Francia, con gran parte del “gruppo Vuelta”. La gara di Burgos era una sorta di rodaggio, di prova generale. 

E proprio di prova generale ha parlato il direttore sportivo, Marc Reef: «La Vuelta Burgos è stata una buona prova generale. Le temperature, il percorso e il modo di correre sono paragonabili a quelli che ci saranno alla Vuelta.

«L’obiettivo principale era compiere gli ultimi passi, rifinire la gamba e ci siamo riusciti. Ma non sono contento solo per Roglic. Ho visto che anche gli altri ragazzi hanno dimostrato di essere pronti, uno su tutti Jan Tratnik che veniva dall’incidente pre-Giro e ha fatto una lunga riabilitazione».

A Burgos superati spesso i 40 gradi: prova perfetta per l’imminente (calda) Vuelta. Tratnik rinfrescava così il suo capitano
A Burgos superati spesso i 40 gradi: prova perfetta per l’imminente (calda) Vuelta. Tratnik rinfrescava così il suo capitano

Percorso di crescita

Eppure Primoz non ha dominato. Ha sì vinto. Si è dimostrato pronto ed efficiente, ma in salita non ha staccato tutti i rivali. Anzi, se proprio cerchiamo il pelo nell’uovo, nel giorno della seconda vittoria, ad un certo punto quando si è trovato in testa ad un paio di chilometri dal traguardo e faceva lui il passo, l’andatura è anche calata un po’, testimonianza di ciò è stato il rientro di Vine. Poi nel finale ha risposto agli attacchi e in volata ha battuto tutti. Ma ha vinto per le sue caratteristiche e non da “schiacciasassi”.

Magari c’erano delle motivazioni tattiche. Magari non voleva fare più fuorigiri del necessario, magari faticava anche lui.

«La giornata era di nuovo calda – ha detto Roglic alla tv slovena dopo l’ultima tappa – ma mi sentivo benissimo. I nostri ragazzi hanno controllato la tappa tutto il giorno, ma direi tutta la corsa. Io volevo mettere intensità nelle gambe. Sono davvero soddisfatto della mia condizione e chiaramente anche della vittoria. Era la prima volta che facevo la Vuelta Burgos e mi è piaciuta moltissimo. Ho visto tanta gente lungo le strade».

«In questi giorni ho visto anche una squadra forte. I ragazzi avevano tutto sotto controllo».

La Jumbo-Visma ha vinto la cronosquadre. C’erano 4 elementi degli 8 che vedremo alla Vuelta, che si aprirà proprio con una prova così
La Jumbo-Visma ha vinto la cronosquadre. C’erano 4 elementi degli 8 che vedremo alla Vuelta, che si aprirà proprio con una prova così

Dream team

E il tema della squadra torna forte. Proprio poche ore fa la Jumbo-Visma ha ufficializzato la sua formazione per la grande corsa spagnola.

Oltre a Roglic ci saranno Tratnik, Vingegaard, Kuss (al terzo grande Giro stagionale), Kelderman, Gesink, Van Baarle e Valter. Un roster mostruoso.

«Andare con più punte ci potrà essere utile – ha aggiunto Reef – Primoz dopo il Giro si è riposato e ha trascorso un lungo periodo in altura, quindi è andato a Burgos. Vingegaard dopo il Tour ha staccato, ha ripreso ad allenarsi e ha già lanciato ottimi segnali».

Lo stesso Roglic si è mostrato sereno di questa formazione. Vingegaard non sembra essere un rivale, almeno per ora. Secondo molti – tecnici, ma anche corridori presenti a Burgos – potrebbe essere determinate il caldo. In tal senso Vingegaard sin qui si è sempre mostrato all’altezza, ma potrebbe pagare le fatiche ravvicinate del Tour. Mentre Primoz è più fresco. E’ un dilemma aperto.

Ma ci piace chiudere con le parole dello stesso Reef prima della Vuelta Burgos: «Roglic punta alla vittoria generale e possibilmente ad una di tappa. Quelle finale è molto esplosiva e adatta a lui», obiettivi centrati alla lettera.

E ancora: «Dal 2019, Primoz non ha avuto una preparazione così buona per la Vuelta. È stato in grado di riposarsi e di ricostruire la condizione secondo i piani. Ora è in buona forma».

EDITORIALE / Le donne, la nazionale e l’appello di Villa

21.08.2023
4 min
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Oltre alla sua competenza, quello che faceva funzionare la gestione Salvoldi fra le donne è che Dino aveva in mano la strada e la pista, per cui l’impegno trasversale, oltre che richiesto, faceva parte di un patto (non sempre semplice da onorare) fra il tecnico e le atlete. Quando i due… poteri sono stati sdoppiati, con Sangalli alla strada e Villa alla pista, è successo qualcosa che si poteva prevedere e che il tecnico milanese ha fatto notare nel velodromo di Glasgow dopo aver toccato con mano il calo di rendimento delle azzurre.

Guazzini è uscita sfinita dal Tour, ha corso in pista e poi nella crono
Guazzini è uscita sfinita dal Tour, ha corso in pista e poi nella crono

Un calo di tensione

Facciamo una premessa: il professionismo è arrivato fra le donne con la velocità e la forza di un tornado. Il solo calendario che conti è quello WorldTour, per cui le ragazze più rappresentative corrono senza soluzione di continuità. La programmazione c’è, ma avendo organici all’osso, è frequente che salti. Non è facile gestirsi e gestire il proprio tempo, quando si gira come trottole. Soprattutto se a richiedere la tua presenza in pista c’è un tecnico come Villa, che non impone regole rigide, ma si affida al buon senso e al professionismo dei suoi atleti.

Forse lo scorso anno, conquistate dai suoi metodi e dalla novità di lavorare con i ragazzi, le azzurre hanno mantenuto alta l’asticella vincendo titoli in abbondanza. Quest’anno invece, con il prevalere dell’impegno su strada, alcune hanno subito un calo di tensione, limando laddove nessuno le chiamava a rendere conto: la pista. A ciò si aggiunga che l’anno pre-olimpico per chi fa la doppia attività è sempre un trabocchetto, soprattutto al confronto con chi invece punta sulla specializzazione ed è già in tabella per i Giochi, come Villa ha sottolineato con chiarezza.

Per Balsamo incidente, ripresa, 6 tappe al Tour, mondiale pista e poi strada: un po’ troppo?
Per Balsamo incidente, ripresa, 6 tappe al Tour, mondiale pista e poi strada: un po’ troppo?

Il metodo Villa

Le parole pronunciate a Glasgow dal tecnico della pista subito dopo l’oro di Ganna sono state infatti chiarissime, ma molto pacate come nel suo stile.

«Le donne hanno un calendario che conoscono poco – ha detto Villa – lo stanno testando con mano da un paio d’anni. In più è capitato un Tour a ridosso del mondiale e per chi fa pista non è stato il massimo, però siamo lì. Le ragazze del quartetto francese non hanno fatto il Tour, eppure hanno vinto per 2 decimi su di noi. Loro hanno fatto una preparazione mirata, noi da italiani siamo andati a fare il Tour perché le squadre l’hanno voluto. Lungi da me dire di non andare alle gare su strada, perché sono il primo a cercarle per definire la condizione in vista di un mondiale. Però quello che un po’ manca è il sistema e gliel’ho spiegato.

«Devono cercare di venire in pista quando sono a casa libere. Fare il sacrificio di venire almeno una volta alla settimana per fare i richiami. Quindi dipende più da loro che dalle squadre. Non è che le sto rimproverando, sto chiedendo di mettere in atto il sistema di allenamento che con gli uomini ha dato ottimi frutti senza compromettere nulla dell’attività su strada. Chiedo questo, perché ho notato che la partecipazione è un po’ calata rispetto all’anno scorso, con l’aggiunta degli infortuni di Balsamo e Guazzini».

Consonni (qui con Martina Fidanza) ha corso Giro Donne, Tour, mondiali pista e poi strada
Consonni (qui con Martina Fidanza) ha corso Giro Donne, Tour, mondiali pista e poi strada

Patto Villa-Sangalli

E’ una chiamata alla responsabilità dopo aver riscontrato che a fronte di messaggi diretti e decisi, alcune ragazze non hanno risposto come Villa e Masotti si aspettavano. Ad esempio dopo il Giro d’Italia, Consonni è rientrata dalla Sardegna per andare a Montichiari, trovando Balsamo e Guazzini scesa di proposito da Livigno, mentre altre (pur contattate) sono rimaste sulla spiaggia.

Quando si tratterà di giocarsi le medaglie olimpiche, serviranno una presa di coscienza da parte delle ragazze e un patto di ferro fra Villa e Sangalli – nel parlare con le società e nel programmare con rispetto la stagione delle atlete – perché si possano varare meccanismi più efficaci, traendo reciproci vantaggi. Anche perché il gruppo di riferimento è pressoché identico su entrambi i terreni. E troviamo rischioso continuare a spremere le atlete a sei mani, senza curarsi del rischio di esaurirne troppo presto la vena.

Finn, in salita è una sentenza. E ora fa gola agli squadroni

21.08.2023
7 min
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Parafrasando Archimede, date un arrivo in salita a Lorenzo Mark Finn e lui vi solleverà le braccia al cielo. Un metro e 80 per 59 chili (ora forse meno), ieri ai 2.035 metri del Sestriere lo junior della CPS Professional ha vinto per distacco la sua quinta gara stagionale, la terza consecutiva nelle ultime tre uscite.

I suoi successi hanno sempre uno spunto di interesse, a cominciare dal fatto che li sta ottenendo al primo anno nella categoria e che compirà 17 anni il prossimo 19 dicembre. Finn doma le vette del grande ciclismo, dove hanno messo la propria firma nomi ben più importanti. A Ferragosto il genovese di Avegno ha trionfato nella Pian Camuno-Montecampione correndo da solo e arrivando con due minuti di vantaggio. Il 25 luglio aveva messo nel carniere la cronoscalata Cene-Altino, trenta giorni prima aveva conquistato la Sandrigo-Monte Corno, la montagna che sovrasta l’Altopiano di Asiago. Il primo sigillo – una rarità finora per lui – l’aveva centrato a metà aprile in provincia di Arezzo in una gara in circuito. Di questo suo periodo “on fire” e dei prossimi obiettivi abbiamo parlato con lui, conoscendolo meglio.

Finn è uno scalatore puro che si esalta sugli arrivi in salita. E’ seguito anche da team esteri (foto Zoè Soullard)
Finn è uno scalatore puro che si esalta sugli arrivi in salita. E’ seguito anche da team esteri (foto Zoè Soullard)
Restiamo sulla fresca attualità. Che gara è stata la Collegno-Sestriere di ieri?

E’ stata molto dura perché prima di arrivare sotto al Sestriere abbiamo fatto strade strette con diversi strappi. Nella parte iniziale della corsa sono entrato in una fuga di una decina di uomini per una ventina di chilometri, ma ci hanno ripresi. Successivamente ci sono stati altri tentativi di allungo poi siamo ripartiti in dieci sulla prima salita. Siamo andati di comune accordo fino a quella finale. A circa 6 chilometri dal traguardo, quelli più duri, sono partito arrivando da solo.

In pratica lo stesso copione di quasi tutte le gare…

Speriamo continui così (dice sorridendo, ndr). A Montecampione non è stata semplice inizialmente. La squadra aveva scelto di fare un turno di riposo, ma siccome io mi trovavo in quella zona già da qualche giorno, ho voluto correre ugualmente pur sapendo di essere al via da solo. Ogni giro basso prevedeva un paio di strappi e ad un certo punto, quando è partita la fuga, io ne sono rimasto fuori. C’era tanto caldo e non sapevo cosa fare di preciso. Alla fine ho deciso di chiudere sui fuggitivi e mi sono rasserenato quando eravamo tutti compatti ai piedi della salita. Lì ha fatto il ritmo il Cene e mi sono accorto che eravamo tutti piuttosto provati. Temevo Gualdi (poi terzo all’arrivo, ndr), ma sapevo che aveva speso tanto. Siamo andati via assieme, poi l’ho staccato a circa quattro chilometri dalla fine.

L’ultima vittoria: Finn vince per distacco la Collegno-Sestriere davanti a Mottes e Bonalda
L’ultima vittoria: Finn vince per distacco la Collegno-Sestriere davanti a Mottes e Bonalda
Le tue caratteristiche sono abbastanza chiare. Completiamo il tuo profilo.

Esattamente, sono uno scalatore puro come avrete capito (sorride, ndr). Mi difendo a crono, dove ho fatto quinto al campionato italiano. Non sono veloce e provo sempre ad anticipare. La prima vittoria quest’anno l’ho fatta così, con un attacco all’ultimo chilometro arrivando assieme al mio compagno Schwarzbacher. Sono nato a Genova dove frequento il liceo scientifico (l’anno prossimo andrà in quarta, ndr) ed abito ad Avegno. Mio padre è inglese e viene da Sheffield, che evoca sempre la vittoria di Nibali al Tour 2014. Vado su per Natale e per altre feste durante l’anno. Ho iniziato a correre da esordiente di primo anno.

Non che sia un male ma rispetto a tanti ragazzi hai iniziato tardi. Come mai?

Prima giocavo a calcio e a tennis, ma un problema di sviluppo ad un ginocchio mi ha portato al ciclismo. Facevo dei piccoli giri con mio padre e mi sono appassionato. Da esordiente finivo le gare mentre da allievo ho fatto uno scatto in avanti. Ho avuto una crescita psico-fisica ma le prime vittorie mi hanno aiutato in questo senso.

In gara ti pesa partire con i favori del pronostico?

Mi fa un certo effetto sapere di essere tra i favoriti in alcune corse. Sicuramente vincere dà tanto morale, ma so che bisogna ancora lavorare tanto e sodo. Non sono distratto da questi ultimi successi perché so che non ho ancora fatto nulla di importante. Cerco di fare il meglio possibile sia in allenamento che in gara.

Visti i tuoi risultati, si dice che il tuo nome sia già sul taccuino di osservatori nell’orbita dei pro’. Quanto c’è di vero?

Naturalmente mi fa piacere che si possa parlare di me, ma vale il discorso che facevo prima: devo dimostrare tutto. A luglio attraverso una persona che conosco ho avuto la possibilità di vivere un’esperienza nuova per me. Ho fatto qualche giorno di allenamento in Val d’Aosta assieme agli U23 del team continental della Groupama Fdj giusto per capire come lavorano e cosa mi può aspettare quando passerò in quella categoria. Tuttavia posso dirvi che quasi certamente l’anno prossimo, di comune accordo, non sarò più con la CPS Professional. Passerò in un’altra squadra. Ne ho parlato con i dirigenti e abbiamo preso questa decisione.

Quindi sai già dove andrai? Qualche squadra si è già fatta avanti?

No, di ufficiale non c’è ancora nulla, stiamo cercando di capire tante situazioni. Anche in questo caso posso dirvi che fra qualche settimana dovrei conoscere la valutazione di un test che ho fatto pochi giorni fa. L’ho fatto per l’Auto Eder grazie al mio preparatore, John Wakefield, che è anche il performance coach della Bora-Hansgrohe (l’Auto Eder è la società satellite junior della Bora da cui sono usciti, tra i tanti, Uijtdebroeks ed Herzog, ndr). Non sono andato in Germania, ho svolto tutto a casa dedicando un mio allenamento a questo protocollo. Ho tarato il mio potenziometro sui loro parametri e sono uscito in bici normalmente. Ho fatto quei 10/15 minuti in salita e in pianura con le loro indicazioni e poi loro hanno scaricato i dati. Ma questo non significa nulla perché hanno fatto fare questo test a tanti ragazzi.

Sarebbe un bel colpo passare in un team di quella caratura. A questo punto quali sono gli obiettivi di Lorenzo Mark Finn?

Rimangono quelli che avevo ad inizio anno. Facendo un paio di gare a tappe con la nazionale (Corsa della Pace in Repubblica Ceca e Saarland in Germania, ndr) ho capito il livello che c’è fuori dall’Italia, anche in vista dell’anno prossimo. Sulla base di questa consapevolezza a fine agosto correrò il Giro della Lunigiana con la selezione della Liguria. Non ambisco alla generale, magari potrei curare la maglia bianca dei giovani, ma il mio obiettivo è un altro. Preferisco cercare una vittoria di tappa ad un posto nella top ten in classifica. La seconda frazione, Portofino-Chiavari, passa proprio da casa mia e dalle mie strade di allenamento. Quel giorno proverò a fare bella figura, ma comunque non mi creo aspettative. Dopo il Lunigiana ci saranno il Buffoni e la chiusura in cima al Ghisallo. Insomma ci sono ancora tante gare dove posso fare bene.

Felline: dalla fornace di Burgos, ai pensieri sul futuro

21.08.2023
5 min
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Fabio Felline ha appena concluso la Vuelta Burgos e adesso finalmente si può preparare al primo grande Giro della stagione. Il corridore dell’Astana-Qazaqstan era stato scartato proprio all’ultimo dal Tour de France nonostante avesse fatto tutta la preparazione per la Grande Boucle.

Ora però questo agosto sembra aver portato un vento del tutto nuovo per il piemontese. Si riparte, la condizione è in crescita, la voglia c’è e si guarda anche all’anno venturo, tanto più che proprio pochissimi giorni fa è stato ufficializzato il suo passaggio – anzi ritorno – al gruppo della Lidl-Trek.

A Burgos Felline ha lavorato per il team, mettendo fatica “buona” nelle gambe
A Burgos Felline ha lavorato per il team, mettendo fatica “buona” nelle gambe

Fornace Burgos

Fabio ci racconta di una Vuelta Burgos caldissima. Si sono cotti. Nelle ultime tappe ci sono stati anche 37 gradi di temperatura media. «Un caldo feroce. Ad un certo punto – dice Felline – mi sono ritrovato fianco a fianco con Damiano Caruso, che non è proprio l’ultimo arrivato, e abbiamo scambiato due battute proprio su quanto ci stessimo bollendo.

«Dopo l’esclusione dal Tour mi sono preso un momento, un decina di giorni, di stacco. Così mi sono riattivato in vista della Vuelta, ma direi del calendario spagnolo visto che ho fatto Castilla y Leon, San Sebastian, ora Burgos e poi appunto la Vuelta. Ma non è facile essere pronto con questi continui cambi di programma e infatti all’inizio ho faticato tanto.

«Se devo parlare di sensazioni mi sembra di crescere, ma sono lontano dal Fabio migliore. Spero che questo Burgos mi abbia messo a posto. Comunque ho lavorato per Battistella, ho preso aria per lui, ho provato ad andare in fuga e all’inizio ci sono anche riuscito».

In questi casi l’esperienza conta molto. A 33 anni, Fabio sa gestire queste situazioni complicate anche dal punto di vista nervoso. 

Crono, salita, volata e sprint a ranghi ridotti: il piemontese può essere un vero jolly
Crono, salita, volata e sprint a ranghi ridotti: il piemontese può essere un vero jolly

A tutto campo

Felline per caratteristiche può andare forte dappertutto, anche in volata, se non altro per aiutare o entrare in un gruppetto e giocarsela allo sprint. E persino a crono, tanto da vestire l’azzurro ai mondiali del 2019. Ma sa anche lavorare in salita per un leader. Come fece del resto lo scorso anno per Nibali.

E sono state anche queste sue caratteristiche a farlo firmare con la Lidl-Trek. Queste caratteristiche e i buoni rapporti con Luca Guercilena, il team manager del team americano, in cui è già stato per sei stagioni dal 2014 al 2019.

«Non ci eravamo lasciati male – racconta Felline – fu una situazione ambigua e forse neanche c’era la reale voglia di cambiare all’inizio. Poi mi sono lasciato convincere che forse era meglio provare altre esperienze e così ho fatto.

«Ma con Guercilena ho un ottimo rapporto e lo stesso con Nino Daniele, il loro medico. Lui è tutt’ora il mio medico sportivo e lo stesso vale con tanti compagni, che ancora sono lì. Penso a Stuyven o a Ciccone, anche se con Giulio ho fatto un solo anno. Diciamo che in quel team avevo lasciato un pezzetto di cuore».

La trattativa è nata in primavera. Si era al Catalunya e un corridore di spicco della allora Trek-Segafredo, in procinto di diventare Lidl-Trek, chiacchierando disse a Felline: «Ma perché, visto il bel rapporto che hai con Guercilena, non ci parli? Sarebbe bello che tornassi con noi. Io appoggerò il tuo arrivo». E così è andata.

Con Ciccone, ma non solo lui, ottimi rapporti. Dal prossimo anno Fabio ritroverà molti dei suoi vecchi compagni
Con Ciccone, ma non solo lui, ottimi rapporti. Dal prossimo anno Fabio ritroverà molti dei suoi vecchi compagni

Che ruolo alla Lidl?

Felline ha parlato con la nuova squadra anche per il ruolo che dovrà ricoprire, perché poi il succo della vicenda è anche quello. Okay i buoni rapporti, ma serve concretezza. Cosa andrà a fare dunque alla Lidl-Trek?

«Oggi – spiega Fabio – sono consapevole che non posso competere con i grandi campioni. Però vado bene su tutti i terreni, dal tirare una volata o in salita. E al tempo stesso posso sfruttare una corsa magari dura e mossa per me stesso. E’ su queste basi che sono stato richiesto e io mi sento pronto.

«Che poi era lo stesso motivo per cui venni qui in Astana. Dovevo lavorare per Fuglsang, nel frattempo avevo vinto il Pantani. Ho avuto carta bianca in qualche occasione, come la tappa di Castelfidardo della Tirreno dove fui quarto. Quello è Fabio Felline. E tutto funzionava bene.

«Poi dallo scorso anno mi sono ritrovato ad un Tour che non dovevo fare e da lì si sono innescate una serie di circostanze (fisiche e organizzative) ed è stato tutto in susseguirsi di problemi. Un  rincorrere della condizione».

Felline Pantani 2020
Felline conquista il Memorial Pantani del 2020. Fabio (classe 1990) fu tra i primi a passare giovanissimo nel 2010 alla Footon-Servetto
Felline Pantani 2020
Felline conquista il Memorial Pantani del 2020. Fabio (classe 1990) fu tra i primi a passare giovanissimo nel 2010 alla Footon-Servetto

Scommettiamo che…

Una particolarità di questa storia è che Felline, in accordo anche con il futuro team, ha firmato per un solo anno.

«Volevamo fosse una scommessa – dice Fabio – un mettersi in gioco, un fare il massimo e perseguire gli obiettivi che ho detto prima: aiutare i leader e magari giocarsi qualche corsa. Ho scelto di firmare un solo anno perché se smetto voglio farlo con dignità. Non voglio trascinarmi fino a “restare a piedi” perché vado piano.

«Ora però non voglio rinnegare nulla. Voglio finire al meglio questa capitolo e questa stagione con l’Astana-Qazaqstan. Lo voglio per loro e per me. Perché poi è molto importante finire bene. Ti lascia qualche stimolo e qualche certezza in più in vista dell’inverno. Vuoi mettere affrontarlo con buone sensazioni?

«E poi c’è anche un sogno da realizzare: vincere una tappa in un grande Giro. In 14 anni di professionismo non so quanti podi ho raccolto, ma non sono mai riuscito a portarmi a casa una tappa fra Giro, Tour e Vuelta». Magari è la volta buona

Sobrero e Bora: con Gasparotto all’origine della scelta

20.08.2023
5 min
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Con il mercato che già ci proietta mentalmente alla prossima stagione è facile iniziare a pensare e valutare i vari acquisti. Uno dei più importanti, per il ciclismo italiano, e non solo, è l’arrivo di Matteo Sobrero alla Bora-Hansgrohe. Un cambio importante, che ha aperto a tante considerazioni, ma cosa avranno in mente dal team tedesco per il nostro Sobrero? Lo chiediamo a Enrico Gasparotto, diesse della Bora che in queste ultime stagioni si è fatto apprezzare per idee e audacia in ammiraglia. 

Le qualità da diesse hanno portato Gasparotto a guidare la Bora anche al Tour nel 2023
Le qualità da diesse hanno portato Gasparotto a guidare la Bora anche al Tour nel 2023

Meritato riposo

Gasparotto in questi giorni è a casa, dopo il Tour si gode un po’ di meritato riposo. Intanto pensa alle corse future che lo attendono in ammiraglia: Eneco Tour, Plouay, Canada e poi il finale di stagione in Italia. 

«Dopo Giro e Tour – racconta – ho fatto rispettivamente un mese di pausa per volta. Era la prima volta che lo facevo, sinceramente lo preferisco, perché si ha più tempo per staccare e riposare. Delle ultime gare Il Lombardia sarà la più importante. L’anno scorso Sergio (Higuita, ndr) ha fatto bene, arrivando quarto. Peccato perché il podio era a portata di mano, sarebbe bastato prendere in testa il Civiglio. Anche Plouay e Canada avranno il loro peso, visto che sono delle WorldTour, e come team internazionale teniamo sicuramente a far bene. Come teniamo a far bene ovunque in realtà…»

Sobrero tra il 2021 e il 2022 si è confermato uno dei profili più interessanti nelle prove contro il tempo
Sobrero tra il 2021 e il 2022 si è confermato uno dei profili più interessanti nelle prove contro il tempo
Facciamo un passo di lato, che concetto c’è dietro l’arrivo di Sobrero?

Lo conosco dal 2020, quando correvamo insieme in NTT. E’ maturato tanto in questi anni e ho avuto spesso modo di confrontarmi con lui. A crono tra il 2021 e il 2022 ha fatto vedere grandi cose, in più è migliorato tanto in performance e numeri. 

Ha dimostrato di poter far bene…

Una nota positiva è quella mostrata all’Amstel e ai Paesi Baschi, sulle salite corte è andato forte. E’ cresciuto molto nelle salite e nelle gare di un giorno, e poi ha delle ottime abilità: sa stare in gruppo, limare… Sono qualità che abbiamo preso tanto in considerazione. 

Che ruolo potrà ricoprire quindi da voi?

Analizzando i file di potenza e prestazioni abbiamo notato degli ulteriori margini di miglioramento. Specialmente nelle salite lunghe e questa chiave per la Bora è importante, siamo una squadra incentrata sulle grandi corse a tappe. Per questo cerchiamo corridori che possano supportare al meglio i nostri capitani. Sobrero ha esperienza, avendo già corso a supporto di Simon Yates. 

Sobrero ha vinto la sua prima corsa in linea da professionista al Giro d’Austria, nel mese di luglio, un bel segnale
Sobrero ha vinto la sua prima corsa in linea da professionista al Giro d’Austria, nel mese di luglio
Quindi gli spetterà un ruolo principalmente di supporto?

Nei grandi Giri sì. Ma il suo apporto come persona è di supporto a 360 gradi, nel senso che quando ha libertà, sa prendersi le dovute responsabilità. E’ forte a crono e in salita, e corse gare di una settimana questa è una caratteristica davvero importante. Nelle gare delle Ardenne lo ha dimostrato, facendo bene fin dalla sua prima apparizione, quest’anno. 

Ha fatto vedere buone cose in questo 2023…

Ha dato continuità ai risultati dello scorso anno. Ai Baschi è stato continuo, è uscito di classifica in una giornata non felice per lui. All’Amstel ha fatto bene ugualmente, io c’ero. Ha bucato in un punto davvero brutto, altrimenti sarebbe stato tranquillamente nel primo gruppo. 

Un Ferragosto alternativo per Sobrero, passato al Rifugio Oberto Maroli insieme all’amico Ganna (foto Instagram)
Un Ferragosto alternativo per Sobrero, passato al Rifugio Oberto Maroli insieme all’amico Ganna (foto Instagram)
Che rapporto avete, visto che lo conosci da tanto?

Oltre all’anno in cui abbiamo corso insieme, il 2020, abbiamo fatto anche un ritiro insieme in altura prima dei mondiali di Imola. In più compro il vino dai suoi genitori (dice ridendo, ndr). Già tempo fa ho avuto modo di dirgli che ha un bel potenziale e che se avesse dato conferma delle sue qualità avrebbe attirato su di sé tante attenzioni. Anche al di fuori del discorso Bora, sono contento sia arrivato da noi.

Di recente ha anche vinto la sua prima corsa in linea.

E’ stata una bella dimostrazione, importante per lui e per le sue qualità. Essere ripagato dei propri sacrifici con una vittoria per un corridore è benzina in più. Sono emozioni che ti possono portare a diventare un vincente. Un’altra cosa importante.

La prima volta nelle Ardenne per Sobrero non è andata male, sicuramente tornerà e ci riproverà
La prima volta nelle Ardenne per Sobrero non è andata male, sicuramente tornerà e ci riproverà
Dicci.

Lui è un grande cronoman. E abbiamo visto che ASO ha reinserito la cronometro a squadre nelle sue corse. Non è da escludere che possa tornare anche al Tour de France. E’ una considerazione che in squadra abbiamo fatto nel momento in cui abbiamo scelto il suo profilo. 

Vi siete già sentiti?

Ci siamo scambiati giusto qualche messaggio, ma niente di più. Lui è in ritiro con Ganna, dovrebbe fare la Vuelta. E’ giusto che si concentri sul finale di stagione con la Jayco-AlUla. Ci sarà tempo di incontrarci e parlare, fin dal team building che ogni anno facciamo a fine stagione con i ragazzi vecchi e nuovi.