Quintana, la caduta all’inferno e la lenta risalita

15.02.2024
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ZIPAQUIRA (Colombia) – A prima vista, nulla è cambiato. Indossa nuovamente gli stessi colori, quelli azzurri della Movistar, la bicicletta è la stessa che lo ha portato ai suoi più grandi trionfi: la Vuelta del 2016, il Giro d’Italia di due anni prima, i tre podi del Tour de France. Ma quando guardi Nairo Quintana direttamente negli occhi, è tutto diverso. C’è qualcos’altro nello sguardo: la felicità.

Un anno fermo a causa del tramadol che lo ha fatto uscire dall’Arkea e dal ciclismo per la porta di servizio, tanto lavoro al buio e nel silenzio. Allenamenti faticosi, come quelli di un ciclista professionista in attività, ma senza alcuna gara segnata sul calendario. Con mille dubbi su cosa avrebbe portato il futuro. Con tanto per cui combattere, una battaglia di cui non ha visto a lungo la fine, finché è arrivato di nuovo qui, a casa sua, nella Movistar che lo ha riaccolto e gli ha fatto tornare il sorriso.

Fu nella conferenza stampa del 25 gennaio 2023, successiva alla squalifica, che Nairo annunciò la voglia di non ritirarsi
Fu nella conferenza stampa del 25 gennaio 2023, successiva alla squalifica, che Nairo annunciò la voglia di non ritirarsi

Scalatore nato

Se c’è qualcosa nell’indole di Nairo, è la lotta costante. Non arrendersi mai. C’è una ragione se è uno scalatore nato. Andare in salita fa parte di lui, come vincere le gare. Ma dopo aver raggiunto la cima della montagna, Nairo Quintana si è ritrovato a precipitare negli inferi nel 2022, risultato positivo al tramadol che lo ha condannato all’ostracismo. All’oscurità. Ora, fedele ai suoi geni di escarabajo colombiano, torna a salire verso la luce.

«E’ vero che sono felice, ho fatto un lavoro instancabile. Nessuno sa quanto sacrificio c’è voluto per starmi accanto. Avevo bisogno di questa pausa dopo tanti anni di gare, che mi hanno aiutato a rafforzarmi e acquisire maturità, oltre a trascorrere del tempo con la mia famiglia».

Alla presentazione del Movistar Team a Madrid a dicembre: per Quintana, le domande di Delgado
Alla presentazione del Movistar Team a Madrid a dicembre: per Quintana, le domande di Delgado

Idolo per la sua gente

Compie 34 anni nel bel mezzo della presentazione delle squadre del Tour Colombia, la corsa con cui inizia per lui una nuova era.

«Non mi sento vecchio, ma è vero che ho già qualche capello grigio», scherza e sorride. Non smette di farlo. Nella sua Tunja viene accolto come un eroe, il Tour Colombia gli ha riservato una mezza dozzina di guardie del corpo. I tifosi gli avvicinano i figli solo perché Nairo li tocchi. Affinché li benedica. Quintana è l’idolo ciclistico del suo Paese, in una corsa che vede al via anche Bernal, Uran, Chaves e Carapaz, ecuadoriano, ma amato qui come se fosse del posto, visto che è cresciuto come ciclista in Colombia.

«La sua storia umile, il fatto che provenga da una famiglia di agricoltori e tutto ciò che fa per la gente della campagna ha avuto un grande impatto sulle persone», concordano molti fan e giornalisti colombiani quando gli viene chiesto.

La voglia di tornare è tanta, per ora Quintana deve solo ritrovare il ritmo gara
La voglia di tornare è tanta, per ora Quintana deve solo ritrovare il ritmo gara

L’affetto della gente è straripante. Rappresento questa terra da più di un decennio e le persone provano gratitudine e simpatia. E’ stato il suo punto di partenza per ricostruirsi come corridore. Ma Nairo è molto più di un ciclista: «Ho due figli, ho aziende in cui sono sempre molto presente per prendere decisioni e non voglio invecchiare in bicicletta». Lo ha ben chiaro. Anche per questo ha firmato per un solo anno con il Movistar Team.

L’incontro di Andorra

Tutto è stato definito ad Andorra, alla partenza della quarta tappa della Vuelta a España, lo scorso anno. Quel giorno Quintana incontrò Eusebio Unzue e gli lanciò una richiesta di aiuto. Nessuna squadra voleva che tornasse ad essere un ciclista.

«Avevamo parlato a lungo già in precedenza, ma quel giorno c’è stato un vero e proprio riavvicinamento», ha spiegato. La forma e la base del ciclista, che gli hanno permesso di raggiungere i livelli più alti, non sono mai andate perdute neppure in questo anno di stop e punizioni, «che ritengo siano state eccessive». Ecco perché ora dà molto più valore alle cose, sorride più che mai. «Sono di nuovo come un bambino, come quando sono arrivato per la prima volta alla Movistar più di dieci anni fa».

Il ritorno in gara dopo un anno di punizione e lo sguardo incuriosito di Cavendish che ascolta
Il ritorno in gara dopo un anno di punizione e lo sguardo incuriosito di Cavendish che ascolta

Grandi troppo in fretta

Il ciclismo in cui ritorna Nairo Quintana è uno sport pieno di giovani stelle cresciute molto in fretta, ritmi diabolici e pretese estreme. «E’ un problema piuttosto serio. Non lasciamo che i bambini siano bambini, li professionalizziamo ancora molto giovani», afferma. «Non stanno godendo del ciclismo come dovrebbero, motivo per cui così tanti giovani lo abbandonano. Io passai professionista a 21 anni – ragiona – mentre oggi a quell’età la sfida è vincere il Tour de France».

Intanto però assicura di avere «buoni numeri». Anche se nella tappa regina del Tour Colombia, la prima prova del fuoco, ha concesso più di 6 minuti ai migliori all’arrivo dell’Alto del Vino, quando si è staccato a più di 20 chilometri dal traguardo, proprio all’inizio dell’ultima salita. «So che per raggiungere il miglior punto di forma mi ci vorranno un paio di gare», dice per tranquillizzarsi.

Il suo volto è indurito come una maschera precolombiana, che racconta mille avventure
Il suo volto è indurito come una maschera precolombiana, che racconta mille avventure

Ritorno in Europa

Il suo percorso, iniziato nella sua terra natale, proseguirà la prossima settimana nel Gran Camiño, dove si misurerà con Jonas Vingegaard, la Volta a Catalunya e il Paesi Baschi prima del Giro d’Italia, suo grande obiettivo dell’anno insieme alla Vuelta a España, nella quale condividerà i gradi con Enric Mas.

«Sono tornato alla Movistar per divertirmi e completare la squadra. Per aiutare Enric Mas e perché insieme possiamo fare un ottimo lavoro». Ma tutto, per ora, rappresenta una grande incognita nel percorso di ricostruzione di Nairo. Lungo la salita verso la luce dopo la discesa agli inferi. «Spero di essere paziente e che la gente capisca che è difficile ritrovare il ritmo della gara, anche se in allenamento ho dei buoni numeri. Ho lavorato al massimo nei mesi scorsi – afferma – e spero di tornare presto con i migliori».

Chiede solo una cosa a questo 2024: «La felicità». Semplice. «Voglio divertirmi sulla bicicletta. Sarò contento di vincere qualche gara. Sarò contento nello stare con i migliori. E questo mi rende felice. Ecco perché sono tornato ed è quello che voglio fare. A prescindere dal fatto che ci siano o meno le vittorie, la felicità è essere nuovamente lì, in buona posizione».

Nasce la MBH Bank-Colpack-Ballan, professional dal 2025

14.02.2024
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BERGAMO – La struttura del Life Source e i suoi salotti interni accolgono la nuova MBH Bank-Colpack-Ballan-Csb. La novità del 2024 è l’ingresso nel team continental bergamasco, come sponsor principale, dell’istituto bancario ungherese. Le voci riguardo questa novità circolavano da mesi, ma sono diventate ufficiali solamente qualche settimana fa. Ora che tutto è stato portato a buon termine, gli animi sono sereni, distesi. Non solo quelli dei dirigenti del team, ma anche di chi ci lavora: «Tutto era previsto e programmato – ci ha detto prima della presentazione uno dei meccanici – il progetto c’era, ma tutto diventa concreto al primo bonifico».

In un mondo, quello dello sport, dove i soldi e gli sponsor sono sempre più importanti, questo scetticismo era quasi obbligatorio. Poi tutto è andato per il verso giusto e oggi, poco fuori Bergamo, è andata in scena quella che si potrebbe definire una festa. Tanti volti, tutti coinvolti e sorridenti, il caldo fa pensare alla primavera, ma alle prime gare manca ancora più di una settimana. 

Al centro Gabor Deak, presidente di MBH Bank, alla destra Gilberto Simoni, uno dei fautori del progetto
Al centro Gabor Deak, presidente di MBH Bank, alla destra Gilberto Simoni, uno dei fautori del progetto

Il vecchio e il nuovo

In quella che è stata, fino al 31 dicembre 2023, la Colpack-Ballan-Csb, si è sempre distinta una forte impronta bergamasca. Lo storico team continental ha fatto da tramite tra il territorio e lo sport. Ma il mondo del ciclismo cresce, si evolve, ed ora è diventato un fenomeno mondiale. I pedali raccolgono interessi e consensi, anche in Paesi con una tradizione meno forte: come l’Ungheria.

La presentazione del nuovo progetto passa dalle parole e dalle emozioni di chi ha vissuto e fatto diventare grande questa squadra. Il primo a parlare è stato Beppe Colleoni, compagno di Antonio Bevilacqua in ammiraglia per 25 anni. E’ proprio l’azienda di Colleoni, la Colpack, che è stata il principale sponsor del team per anni. Ora questo ruolo viene meno, ma toccherà a loro far innamorare del ciclismo i nuovi arrivati. Trasmettendo passione e tradizione, senza aver paura di aprirsi alle novità.

I ragazzi del team MBH Bank-Colpack-Ballan-Csb sono appena stati in ritiro a Calpe (foto NB Srl)
I ragazzi del team MBH Bank-Colpack-Ballan-Csb sono appena stati in ritiro a Calpe (foto NB Srl)

La visione di Bevilacqua

Il ruolo di team manager spetterà, come successo fino ad adesso, ad Antonio Bevilacqua. Con lui presentiamo l’idea e lo spunto che ha fatto nascere la nuova MBH Bank-Colpack-Ballan-Csb.

«E’ una strada lanciata – spiega – con un progetto di cinque anni. Il passo più importante sarà la creazione del team professional a partire dal 2025. Il mondo del ciclismo è cambiato, le squadre WorldTour con i loro devo team fanno sempre più gola ai ragazzi. Era diventato difficile per noi risultare appetibili e competitivi. Vogliamo tenere il focus sempre sui giovani, perché è l’impronta del team e lo è sempre stata, ma serve un cambio di marcia. Lavoreremo in sinergia con l’Ungheria, tramite il nostro staff seguiremo dei team di ragazzi allievi e juniores. Proprio con quest’ultimi abbiamo già pianificato delle trasferte in Italia: saremo al Giro del Veneto, Giro del Friuli e Giro della Lunigiana».

La voce degli sponsor

Colleoni e Bevilacqua scherzano su questi 25 anni di matrimonio, festeggiati, caso vuole, proprio il giorno di San Valentino. La Colpack ha dato tanto al ciclismo e per continuare a farlo ha avuto bisogno di allargare i propri confini. All’interno della sala, circondata da vetrate lucide, hanno preso parola tutti gli sponsor. Ha iniziato Beppe Colleoni con la sua Colpack, tra lacrime e un video che ha fatto commuovere tutti i presenti. Forse, in quei quattro minuti, sono raccolte tutte le motivazioni che spingono un’azienda ad entrare nel ciclismo. Sarebbe bello fosse a disposizione di tutti. 

Si sono poi aggiunte le voci di Alessandro Ballan, CEO dell’omonima azienda, e di Renato D’Aprile, direttore commerciale di Csb. Dalle loro parole si è capito come il ciclismo possa essere un veicolo di emozioni e di economia. Un modo per far conoscere la propria azienda. «L’obiettivo – ha dichiarato Alessandro Ballan, imprenditore padovano – è sempre stato quello di fare il salto nel professionismo. Siamo contenti di far parte di questa nuova avventura e speriamo che la nuova partnership ci possa aiutare a far circolare ancor di più il nostro nome nel mondo del ciclismo».

Matteo Bianchi, fresco campione europeo del chilometro da fermo ha donato la maglia a Beppe Colleoni
Matteo Bianchi, fresco campione europeo del chilometro da fermo ha donato la maglia a Beppe Colleoni

I progetti di MBH Bank

E’ poi è toccato ai nuovi arrivati presentarsi, e lo hanno fatto attraverso le parole di Gabor Deak presidente di MBH Bank.

«Siamo orgogliosi e onorati di essere qui – ha detto – MBH Bank è una realtà nata da poco, dalla fusione di tre istituti bancari ungheresi. Siamo la seconda banca del nostro Paese e ci consideriamo giovani, dinamici e ambiziosi. Tutti valori che fanno parte del mondo dello sport, con il quale già collaboriamo. Abbiamo una partnership con la squadra olimpica e con diverse realtà del mondo del calcio. Ora alla nostra avventura aggiungiamo anche il ciclismo, con la speranza di far crescere il nostro movimento e di portarlo ad un livello superiore. La Colpack-Ballan-Csb ci è sembrata la realtà giusta sulla quale investire. Il progetto è a lungo termine e prevede tanti passi, oggi è stato fatto il primo».

Dall’Algarve al Nord, si accende la primavera di Trentin

14.02.2024
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Con l’Algarve appena iniziata, entra nel vivo anche la primavera di Trentin. Probabilmente se l’aspettava diversa, perché in questi giorni avrebbe affinato l’intesa con Alberto Dainese, lottando nelle due volate in programma. Invece il padovano è fuori gioco per la caduta in allenamento e di conseguenza Matteo si ritrova a fare a sua volta gli sprint in cui si sente maggiormente a suo agio e intanto a lavorare con lo sguardo al Nord. Domenica infatti la corsa portoghese si concluderà e sarà tempo di spostarsi in Belgio per l’opening weekend, con Omloop Het Nieuwsblad e la Kuurne-Bruxelles-Kuurne.

Lo avevamo incontrato a Calpe nei giorni del primo ritiro e per lui la dimensione Tudor Pro Cycling era solo un’idea. Ora che la stagione ha preso il largo, tornare per un doppio punto della situazione, è un buon modo per avvicinarci alle prossime sfide.

GP La Marseillaise: Trentin, classe 1989, è pro’ dal 2012. In Francia è molto noto anche per le 3 tappe vinte al Tour
GP La Marseillaise: Trentin, classe 1989, è pro’ dal 2012. In Francia è molto noto anche per le 3 tappe vinte al Tour
Come va l’adattamento in questa nuova squadra?

Bene, tutto a posto, tutto bene. Sono contento. Certo sarebbe stato meglio se “Daino” non fosse finito per terra, perché credo che avremmo fatto delle belle cose. Saremmo venuti qua per iniziare il lavoro del treno anche in corsa, che rispetto all’allenamento è una roba un po’ diversa. Gli imprevisti però sono dietro l’angolo, l’importante è che non si sia fatto male in maniera troppo seria. Intendiamoci, è abbastanza seria, però non è niente che lo terrà via dalle corse per lungo tempo. Devo dire che quando l’ho visto per terra pensavo fosse molto peggio, invece alla fine è andata anche bene.

Cambia qualcosa a questo punto nel tuo programma personale?

No, il programma resta sempre lo stesso, andrò avanti con quello che devo fare. A questo punto con Alberto ci si rivedrà al Giro.

Come sarà fatta la trasferta al Nord?

Ora subito l’opening weekend, poi ci hanno invitato al Fiandre e anche alla Gand e altre che non si possono ancora annunciare. Credo che li abbiano già annunciati, non vorrei averli anticipati. Sono tutte cose che ho scoperto quest’anno, non avendo mai avuto il discorso degli inviti. Ti chiamano, però vogliono essere loro a dirlo per primi.

Dainese ha avuto il tempo per correre le prime due gare, poi è caduto alla vigilia della Clasica de Almeria
Dainese ha avuto il tempo per correre le prime due gare, poi è caduto alla vigilia della Clasica de Almeria
Com’è psicologicamente vivere questa dipendenza dall’invito?

Onestamente non me ne sono fatto un problema. Sapevamo che era così e dall’altra parte sanno che c’è un progetto solido alle spalle. Comunque, visto il bene che hanno fatto già l’anno scorso, devo dire che tanti inviti sono più che meritati.

Invece con quale spirito Trentin andrà al Nord con la nuova squadra?

Sempre lo stesso, sempre il solito modo di fare. E’ ovvio che bisognerà andare con il coltello tra i denti, come sempre. Ci arriviamo con una squadra molto meno esperta rispetto a tutti gli altri anni. Tantissimi di questi ragazzi non hanno mai fatto corse al Nord, quindi ci sarà tanto da imparare, tanto da insegnare e tanto da fare. Siamo qui per questo.

Pensi che andrete a fare qualche sopralluogo di percorso?

Penso che faremo la classica ricognizione un paio di giorni prima, perché non c’è tanto tempo per organizzare chissà cosa. Abbiamo già fatto un giretto lassù all’inizio di dicembre, andando a provare i materiali. La settimana prima della Het Nieuwsblad faremo una prova percorso, come pure prima del Fiandre e di Harelbeke. Adesso come adesso, non c’è tanto tempo: se devi fare qualcosa, devi farlo prima.

Che cosa era venuto fuori dal sopralluogo di dicembre?

La bici è quella. DT Swiss però ha fatto delle ruote pensate per le classiche. Avremo dei copertoni da 28 un pochino più resistenti alle forature. Ci sarà da lavorare più che altro sulle pressioni delle gomme. Magari per la Gand si può usare anche la ruota normale, visto che presenta pochissimo pavé. Questa è la base, poi dipenderà anche dal meteo.

Sul podio di Almeria, Trentin e Kooij, il vincitore che ha 12 anni meno di Matteo
Sul podio di Almeria, Trentin e Kooij, il vincitore che ha 12 anni meno di Matteo
Gomme da 28 perché sul telaio della Teammachine non entrano misure più grandi?

In parte anche per questo. Però per quelle gare mi sento di dire che gli pneumatici da 30 li ho usati l’anno scorso perché le ruote che avevamo in UAE avevano il canale interno molto più grande e quindi con il 30 mi trovavo comodo a livello di utilizzo. Invece col canale interno di una grandezza normale, alla fine lo pneumatico da 28 è più che sufficiente e non è necessario fare tanto di più.

A cosa serve l’Algarve: preparazione o per non far rimpiangere Dainese?

Certo, non è che se siamo davanti, tiriamo i freni. Ad Almeria mi ci sono trovato e ho fatto la volata, arrivando terzo. Non me lo aspettavo, ma è vero che quest’inverno mi sono allenato molto di più per fare le volate, avendo il discorso del treno. Quindi l’allenamento è stato fatto bene e funziona. Ma qui le tappe sono sempre uguali: due volate, due salite a una cronometro. Diciamo che in queste corse uno come me viene più che altro a rifinire la condizione e non a puntare una vittoria. Però chi può dirlo? Vediamo cosa può venire fuori, ma senza pressione.

E con Dainese ti senti ogni tanto?

Sì, via messaggio. Gli girano molto le scatole, perché eravamo al momento di dare un’accelerata alla stagione, invece si ritrova fermo ai box. Insomma, speriamo sia una cosa che riesce a risolvere in tempi brevi o relativamente brevi, per poi ricominciare. Lui sa che io lo aspetto.

Nel mondo di Nordhagen, il bimbo che vola in bici e sugli sci

14.02.2024
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Non ha vinto, ha stravinto. Jorgen Nordhagen (in apertura foto G. Williams) non ha tagliato per primo la linea di un traguardo sull’asfalto in sella alla sua bici, ma quella sulla neve inforcando gli sci stretti. Il giovane talento norvegese ha conquistato la 20 chilometri in tecnica libera ai mondiali juniores di sci di fondo a Planica, in Slovenia. Tra l’altro davanti a due italiani: Aksel Artusi (a 2’11”) e Davide Ghio (a 2’15”).

Noi appassionati di ciclismo conosciamo Nordhagen in quanto secondo agli europei, quarto al Lunigiana e spesso in lotta con i nostri ragazzi nelle più importanti gare juniores internazionali. Adesso si appresta a passare nelle fila della Visma-Lease a Bike Development e dall’anno prossimo sarà in prima squadra, quella WorldTour.

Robbert De Groot tecnico della Visma-Lease a Bike Development (foto team Visma)
Robbert De Groot tecnico della Visma-Lease a Bike Development (foto team Visma)

Quel feeling con Oslo

Nordhagen non è il primo “norge” a finire nella corazzata olandese. E viene da chiedersi quali radici abbia questo filone. Perché alcuni dei migliori ragazzi di Oslo non vadano a finire in quella che è la “squadra nazionale”, la Uno-X.

E a tal proposito va segnalata una risposta, quantomeno sarcastica, dell’allora capo proprio della Uno-X, Jens Haugland, ai media norvegesi. Gli fu chiesto perché certi talenti passassero in altre squadre straniere e non nella sua. «Non andiamo alla ricerca spasmodica dei ragazzi da far esplodere e non è detto che certe scelte di andare fuori siano sempre positive. Così come la fretta di emergere», questo in buona sostanza il contenuto della sua replica.

«Abbiamo una vasta rete di scouting, anche in Norvegia – aveva riportato TV2, emittente norvegese riprendendo Robbert De Groot – e abbiamo una linea diretta con Even Andreas Roed (direttore sportivo del Lillehammer CK Team, squadra continental, ndr). In questo modo abbiamo un certo rapporto con i giovani di talento. Crediamo che ci siano ragazzi che abbiano un grande potenziale. Molti di loro sono versatili in quanto a sport e questo è un vantaggio». 

Dagli sci alla bici

Ma torniamo a Nordhagen. Classe 2005, Jens è di Tronby, cittadina del Lier, a 35 chilometri ad ovest della capitale Oslo. Come pressoché tutti i ragazzi norvegesi gli sport non mancano nella formazione di Nordhagen e tra questi c’è anche lo sci di fondo, tanto più che vive a ridosso di Drammen appunto, uno dei templi degli sci stretti. Ogni anno, tanto per rendere l’idea, nelle vie del centro si organizza una gara di Coppa del mondo seguita persino dal re.

Jorgen scia d’inverno e pedala d’estate. Si mette definitivamente in mostra nell’estate del 2022 al Birkebeinerrittet, una sorta di festival nazionale della Mtb. In quell’occasione mette alle spalle corridori elite di primo piano, lui che aveva appena 17 anni. A quel punto l’attento talent scouting della Visma-Lease a Bike (allora Jumbo-Visma), che comunque si era già fatto avanti, accelera per la firma del contratto. 

Quel background sportivo di grande versatilità di Nordhagen emerge subito. In appena due anni di attività su strada, tra gli juniores ottiene risultati formidabili e soprattutto in crescendo.

Nel 2022 esordisce con un terzo posto alla Corsa della Pace. Va forte al Valromey, vince il titolo nazionale a crono ed entra nella top ten iridata.

Nel 2023, al secondo anno di categoria, vince il trittico dell’Eorica Juniores, la Corsa della Pace e bissa il titolo a crono fino ad ottenere l’argento agli europei a crono alle spalle di Albert Withen Philipsen, altro super talento, ma danese, che dal 2025 sarà alla Lidl-Trek. Il ragazzo norvegese nel frattempo d’inverno continua a sciare… e a vincere. Persino due idoli come Petter Northug e Therese Johaug sono rimasti colpiti dalla sciata e dalla cattiveria agonistica di Jorgen.

La Jumbo Devo organizza un camp di sci di fondo. Due settimane in cui i ragazzi sciano e imparano anche a cucinare sano (foto team Visma)
La Jumbo Devo organizza un camp di sci di fondo. Due settimane in cui i ragazzi sciano e imparano anche a cucinare sano (foto team Visma)

Parola a De Groot

Robbert De Groot, il capo del team di sviluppo della Visma-Lease a Bike ci ha raccontato qualcosa di più su Nordhagen. E su come lo abbiano scovato.

«Abbiamo buoni contatti con l’NTG Lillehammer (una scuola superiore dello sport, ndr) – dice De Groot confermando quanto scritto in precedenza – e con il sistema sportivo norvegese in generale, da cui provengono anche altri corridori che sono (o sono stati, ndr) alla Visma, come Foss, Staune-Mittet e Hagenes. Avevamo adocchiato Jorgen già nel 2022.

«Questi due sport, lo sci di fondo e il ciclismo, hanno grandi somiglianze in termini di capacità di resistenza e questi giovani combinano le due discipline. Per metà anno sono sugli di sci e per metà sulla bici. Quest’inverno abbiamo partecipato anche noi al suo allenamento sugli sci». Hanno fatto un training camp sugli sci stretti in Norvegia e a fare da maestro c’era proprio Nordhagen.

Segno che in casa Jumbo non “prendono” e basta, come accusa qualcuno, ma osservano, seguono, accompagnano e incamerano continuamente nuovi dati ed esperienze.

Quest’anno Nordhagen aveva espresso il piacere di disputare i mondiali di fondo juniores, la sua ultima apparizione sugli sci stretti. La Visma-Lease e De Groote lo hanno accontentato. E tutto sommato la mossa, visti i buoni rapporti con lo sport norvegese, ha fatto comodo ad entrambi.

«Per preparare i mondiali di fondo a Planica – prosegue De Groot – abbiamo usato pochissimo la bici. Solo qualche volta per ritagliarci qualche ora in più dopo lo sci e quando ne avevamo bisogno a causa delle condizioni meteorologiche». Nordhagen stesso ha detto che ha sfruttato qualche volta i rulli, ma poco più.

Nordhagen in una gara di sci di fondo in Norvegia. Gli esperti dicono sia molto bravo nella tecnica libera e abbia una grinta enorme (foto Terje Pedersen)
Nordhagen in una gara di sci di fondo in Norvegia. Gli esperti dicono sia molto bravo nella tecnica libera e abbia una grinta enorme (foto Terje Pedersen)

Partenza dall’Italia

Secondo il tecnico olandese Nordhagen ha delle ottime capacità di guida. In gruppo si muove molto bene. E certe capacità probabilmente vengono dall’equilibrio richiesto dagli sci da fondo.

«E’ anche molto forte a crono e ha grandi doti di scalatore – va avanti De Groot – In generale è un ragazzo molto calmo e nonostante sia giovane è già maturo. Mi sembra altamente concentrato sui suoi compiti e ha un grande desiderio di svilupparsi e ottenere il meglio da se stesso».

E ora cosa prevede il programma di Nordhagen? «Dopo questa stagione sciistica – conclude De Groote – che si è conclusa con la sua medaglia d’oro, prima ci riposeremo e poi ci prenderemo otto settimane per la trasformazione e la preparazione per la stagione ciclistica. E poi, se tutto va secondo programma, Jorgen inizierà a correre all’inizio di aprile al Giro Belvedere in Italia!».

Otto settimane, è il tempo per “ridisegnare” il fisico: da sciatore a ciclista. C’è l’esigenza soprattutto di snellire la parte superiore, che poi è l’opposto di quanto lo stesso Nordhagen ha dichiarato in autunno. «Ci metto sempre un po’ a ingranare – spiegava Jorgen in un blog di sci di fondo norvegese – perché mi manca la forza necessaria nella parte superiore. E infatti vado forte da febbraio-marzo».

Olivo davanti a un bivio: nel 2024 si gioca parecchio

14.02.2024
4 min
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Le parole di Bryan Olivo tradiscono tutta la sua determinazione: questo è un anno importante, forse decisivo nella carriera del friulano (nella foto di apertura Lucia & Stefano Photo) Una carriera quasi turbinosa, iniziata come grande prospetto nel ciclocross, poi approdata alla strada, ma con occhi privilegiati sulla pista dove ha collezionato trofei e nella cronometro dov’è campione italiano in carica under 23. Ora però Olivo vuole di più soprattutto nelle corse in linea.

Le prospettive per la nuova stagione acquisiscono nuovi colori partendo dall’anno appena trascorso. Anno che, seppur fortunato per la conquista della maglia tricolore, non è ricordato da Olivo con così grande rimpianto.

«Anzi – dice – per me non è stato un anno propriamente positivo. Troppi problemi fisici. Prima quelli intestinali con il dimagrimento di 3 chili in primavera, poi quelli alla gamba sinistra ai mondiali, infine l’infiammazione al miocardio che mi ha pregiudicato il finale di stagione, anche se per fortuna non sono comparse aritmie. Una stagione troppo turbolenta, ma io non ho perso il mio ottimismo e riparto anzi con ancora più carica».

Olivo, nato il 4 gennaio 2003, con la nuova divisa del Cycling Team Friuli
Olivo, nato il 4 gennaio 2003, con la nuova divisa del Cycling Team Friuli
Hai cambiato qualcosa proprio in considerazione di questi problemi fisici?

No, anche perché alla resa dei conti erano tutti disgiunti l’uno dall’altro. Cose che possono capitare, solo che a me sono capitate in rapida sequenza. La preparazione comunque non ne ha risentito e questo è importante.

Nel tuo calendario hai invece intenzione di rivedere qualcosa?

Rispetto allo scorso anno farò meno pista, questo è sicuro. Non l’abbandonerò, anche perché sono sempre convinto che sia utilissima per migliorare alcuni aspetti della strada, ma mi concentrerò maggiormente su quest’ultima. Oltretutto il calendario abbina alcuni appuntamenti importanti su pista a gare su strada che quest’anno non posso perdere.

Il friulano quest’anno punta fortemente alle gare in linea, per arrivare al professionismo
Il friulano quest’anno punta fortemente alle gare in linea, per arrivare al professionismo
Si nota una concentrazione particolare sulla strada, come mai?

Questo è un anno fondamentale. Una sorta di giro di boa. Devo ottenere più risultati possibili, anche in virtù di quanto accaduto nel 2023. Mi gioco tutto, perché voglio che a fine stagione ci sia ad aspettarmi un contratto da professionista. Il fatto di far parte del devo team di una squadra prestigiosa come la Bahrain Victorious è sì un vantaggio, ma nessuno regala niente nel ciclismo di oggi. Il contratto bisogna guadagnarselo e solo i risultati sono il valore utile per ottenerlo.

Il fatto di essere comunque in una squadra satellite ti mette più tranquillo per la ricerca del contratto?

Di tranquillo in questo ambiente non c’è nulla… Certo è importante, ma il mondo va veloce e convincere i dirigenti a darmi una chance non è semplice. Io posso fare una sola cosa, cercare di ottenere il meglio.

A Glasgow problemi alla gamba sinistra hanno pregiudicato la sua prestazione nella crono
A Glasgow problemi alla gamba sinistra hanno pregiudicato la sua prestazione nella crono
Quando comincia la tua stagione e che cosa prevede nella prima parte?

Inizierò con la San Geo, poi andrò avanti fino al 21 aprile con la Gand-Wevelgem U23, a quel punto tireremo una linea e si vedrà come andare avanti. In questa prima parte di stagione ci saranno anche occasioni per corse a tappe, che sono una palestra importantissima, guardata sempre con grande attenzione non solo dal punto di vista dell’ordine d’arrivo, ma anche come prestazione complessiva.

Nell’ottica di cui parlavi, quella di un contratto da professionista, quanto sarebbero importanti occasioni di confronto proprio con i pro’?

Moltissimo, spero di averne e spero anche di raccogliere risultati in quelle occasioni. Rispetto alle gare di categoria, si vede che si viaggia a un ritmo diverso. Ma soprattutto sono gare che danno più visibilità. Per me sarebbero molto importanti.

Lo scorso anno Olivo ha conquistato il titolo tricolore a cronometro, che vuole riconfermare
Lo scorso anno Olivo ha conquistato il titolo tricolore a cronometro, che vuole riconfermare
A parte quello di fine stagione, sapendo che poi i contatti iniziano prima, hai un obiettivo in particolare per questo 2024?

Vorrei avere una costanza di rendimento per tutto l’anno, proprio pensando a quel che è successo nella passata stagione. Poi vorrei confermare il titolo tricolore a cronometro. Io sono convinto che tutto il resto verrà di conseguenza, intanto mi concentro su questo.

Cavalli, cosa c’è oltre la paura? «Accettazione e voglia di ripartire»

14.02.2024
6 min
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«Il primo giorno che mi dicono che posso riprendere la bicicletta – dice Marta Cavalli – prendo, vado e non mi fermo. Giusto per rabboccare acqua un paio di volte, tanto poi arrivo a Lourdes e posso berne tutta quella che voglio».

Una risata sommessa, quasi un ruggito. La sfortuna si è messa di mezzo ancora una volta e la campionessa di San Bassano ha dovuto fermarsi nuovamente. Una caduta di quelle che non ti aspetti, persino banale.

«Di certo non così rilevante – racconta la lombarda (in apertura immagine capucinepourre) – eravamo a fine allenamento. In una curva un po’ sporca e scivolosa, a poche centinaia di metri dall’appartamento che avevamo in affitto, sono andata giù sul fianco e ho sbattuto. Sono rimasta un po’ lì seduta, per capire veramente come stessi e valutare la situazione. Non stavo bene, avevo un po’ male, però sono risalita in bici. Ci siamo accorti che qualcosa non andava bene, perché non riuscivo a poggiare il piede a terra.

«Per il dolore, non riuscivo a rimanere col peso sulla gamba e allora mi hanno portato in ospedale. Dalle prime lastre non è apparso niente, infatti ho continuato ad andare in bici. Solo dopo cinque giorni che ancora non poggiavo il piede a terra, il dottore mi ha fermato e mi ha detto che era meglio fare degli accertamenti ulteriori. E alla fine hanno trovato questa microfrattura».

Con questa foto e un post su Instagram Marta Cavalli ha annunciato l’incidente
Con questa foto e un post su Instagram Marta Cavalli ha annunciato l’incidente

Il mondo che crolla

Non serve uno psicologo per riconoscere il rumore del mondo che ti crolla addosso. In questo giorno di ricorrenze tristissime, viene spontaneo ricordare l’incidente che poteva costare la carriera a Pantani e invece lo rilanciò più forte di prima. Ma lo ricordiamo bene il suo sconforto: passi dall’essere in tabella verso gli obiettivi che sogni da mesi a doverti fermare senza alcuna certezza. Se poi, come Marta due anni fa, su questo sentiero sei già passato, basta un cenno per riaccendere le paure mai del tutto sopite.

«Il peggior momento – ammette – è stato quando mi hanno detto che c’era una microfrattura. Lì ho iniziato veramente a pensare che tutto il lavoro fatto durante l’inverno fosse andato in fumo. Non avevo nemmeno idea delle tempistiche e quindi mi si è attaccata addosso una visione negativa. Ho cominciato a pensare che sarei dovuta rimanere lontana dalla bici per tanto tempo. Pensavo addirittura che mi avrebbero messo a letto per mesi e ho pregato tutti i dottori che non mi dessero questa notizia. E quando infatti mi hanno detto che avrei potuto camminare, mi sono tolta un macigno di dosso. Col passare delle settimane l’ho accettato e adesso sto solo ricaricando la voglia di ripartire per ricostruire, in base a quando potrò riprendere. A quel punto vedrò quanto avrò perso e valuteremo il miglior piano.

«Ho riposto tante speranze in questa stagione. Quando l’anno scorso ho chiuso con la Crono delle Nazioni – riprende Cavalli – tirando la riga, non sono stata per niente soddisfatta. Ci sono stati degli acuti, dei momenti buoni in cui ho ottenuto risultati e mi sono tolta delle soddisfazioni, ma non erano le soddisfazioni che mi ero prefissata. Ci sono stati tanti alti e bassi, forse più bassi che alti, quindi vedo il 2024 come un vero banco di prova per capire se riuscirò a tornare al livello del 2022».

Arrabbiata e sconsolata

Ancora non c’è nulla di certo. Fra una decina di giorni ci sarà un altro esame e a quel punto, se la frattura sarà saldata, si potrà ricominciare a lavorarci sopra. In realtà, spiega Marta, avrebbe potuto già fare qualcosa, ma ha preferito non rischiare. 

«Finché ho avuto le stampelle – racconta – non ho voluto fare assolutamente niente, per evitare di rallentare il processo di guarigione, meglio restare a riposo. Non mi avevano imposto particolari divieti, in base al dolore avrei potuto camminare. Però ovviamente andare in giro con due stampelle era abbastanza impegnativo, quindi sono rimasta ferma. E adesso, grazie a un po’ di fisioterapia, la situazione è migliorata e il riposo ha fatto il resto. Quindi vediamo, stiamo andando giorno per giorno in base alle mie sensazioni.

«Ovviamente sarei dovuta andare a correre giovedì alla Volta Valenciana, diciamo che fino a tre settimane fa i programmi erano diversi. Invece abbiamo dovuto mettere tutto in pausa. E in quel momento il primo pensiero è stato: ecco, ci siamo di nuovo. Nei primi giorni ero veramente arrabbiata e sconsolata. Non riuscivo a capacitarmi. Avevamo appena fatto dei test ed erano abbastanza buoni, in linea col periodo e con il tempo che mancava alle prime gare importanti. E di colpo non c’era più niente».

L’11 gennaio Marta ha posato con la nuova divisa, il 5 febbraio la caduta in allenamento (foto FDj Suez)
L’11 gennaio Marta ha posato con la nuova divisa, il 5 febbraio la caduta in allenamento (foto FDj Suez)

L’esperienza del 2022

L’errore più grande in questi casi è farsi prendere dalla smania di bruciare le tappe, anche se serve un grande autocontrollo per tenere a bada l’indole del guerriero che in certi frangenti permette di vincere le corse e ora potrebbe ritorcersi contro.

«Se fosse per me – ride – io prenderei la bici e starei fuori dall’alba al tramonto, però so che non sarebbe la cosa giusta da fare. Non è rassegnazione, però prendere atto che la situazione è questa. Ed è quello che serve per tornare a pedalare al massimo tra qualche settimana. Quello che mi conforta è che se anche la primavera potrebbe essere compromessa, per obiettivi come il Giro d’Italia e il Tour de France ci sono ancora dei mesi. Perciò non resta che aspettare il momento di ripartire e farlo gradualmente. La squadra sa come vanno queste cose. Già con l’esperienza del 2022 hanno capito anche loro quanto sia importante rispettare le tempistiche e non aver fretta.

«Certo ho più fretta io di rimettermi in bici e di salvare il salvabile, loro sono assolutamente tranquilli. Diciamo ci sono grande sinergia e collaborazione tra i medici e il resto dello staff. Ormai è come una tela tessuta in modo molto fitto, quindi c’è un confronto quotidiano sulle mie sensazioni, sui consigli medici, sulle teorie migliori per riprendere l’allenamento, sulla fisioterapia. Sono in una botte di ferro e questo mi lascia tranquilla».

Anche l’ultimo inverno è stato per Marta Cavalli un momento di costruzione
Anche l’ultimo inverno è stato per Marta Cavalli un momento di costruzione

MasterChef Marta

E così, in attesa dell’esame che le dia il via libera, si fa fatica a vederla sul divano a giocare con un telecomando o a perdersi dietro le schermate dei social. Infatti anche Marta oppone le mani, come a tenere lontano un certo modo di passare il tempo.

«Non sto assolutamente ferma su un divano – racconta e ride – passo il mio tempo in cucina. Pur stando attenta, non mi sto privando di tante cose. Già mentalmente non è così semplice gestire questa situazione. Se poi devo anche mettermi a dieta stretta, chiusa in casa, cucinando un sacco di cose buone senza poterle mangiare, allora non ho avuto un infortunio, ma ho firmato una condanna».

La voglia di scherzarci su fa capire che in qualche modo, al netto del giramento di scatole, l’incidente è stato metabolizzato quasi del tutto. Li vediamo imbattibili, pensiamo che lo siano davvero. Ma basta una crepetta nel bacino e nella sicurezza, per farli vacillare come giunchi al vento. Fra dieci giorni ne sapremo di più, per ora ci sta un abbraccio ideale e la promessa di risentirci presto. A volte farsi sotto senza dover commentare una vittoria è il modo di far capire che ci tieni davvero.

Viezzi negli occhi del preparatore: diversificare per crescere

13.02.2024
5 min
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Nella sua intervista post-vittoria mondiale, Stefano Viezzi era stato chiaro nel dare tanti meriti della sua esplosione fragorosa nel ciclocross al suo preparatore Mattia Pezzarini, parlando anche della sua propensione a diversificare l’attività allargandola addirittura alla mtb. Troppa carne al fuoco per lasciarla lì a bruciare: non si poteva prescindere dal parlare con lo stesso Pezzarini, proprio per capire quale possa essere il futuro del friulano ormai sulla bocca di tutti gli appassionati, non solo italiani.

Mattia Pezzarini, 25 anni, laureato in Scienze dello Sport. Spinge Viezzi verso la multidisciplina
Mattia Pezzarini, 25 anni, laureato in Scienze dello Sport. Spinge Viezzi verso la multidisciplina

«Con Stefano lavoro da un anno e mezzo – esordisce Pezzarini, nato a Corno di Rosazzo nel 1998 – Finora abbiamo privilegiato ciclocross e strada, lo scorso anno ha fatto solamente 3 gare in mtb ma ho intravisto grande potenziale anche in questa specialità. E’ un mondo da scoprire, dagli orizzonti sconosciuti per lui, ma io credo che possa arrivare molto lontano e che possa dargli enormi soddisfazioni. Ne abbiamo parlato, gli ho fatto l’esempio di Philipsen iridato in due discipline, io penso che abbia le doti tecniche giuste per emergere anche lì, unite a un fisico ideale, con la sua altezza non indifferente».

Che cosa ti spinge a seguire questa via?

C’è un fattore che va considerato: è uno che si difende molto bene in soglia anaerobica, ha limiti sconosciuti in questo senso e dobbiamo lavorarci. Il ciclocross è solo un primo passo secondo me, può fare altrettanto bene su strada, nelle cronometro e nella mountain bike, tanto è vero che confido di vederlo in nazionale sia agli europei che ai mondiali offroad.

Su strada nel 2023 è stato secondo al Giro del Friuli, dietro Bessega (foto Rodella)
Su strada nel 2023 è stato secondo al Giro del Friuli, dietro Bessega (foto Rodella)
Un progetto molto ambizioso, seguire tre discipline sull’onda di mostri sacri come Van der Poel e Pidcock e loro stessi dopo anni di tripla attività non sono più molto convinti…

Stefano è convinto anche perché fisiologicamente sa che può emergere. Inoltre io vedo la mountain bike propedeutica anche per l’attività su strada, proprio perché ha un’elevata soglia anaerobica. Ad esempio la mtb è un passaggio importante anche per approcciarlo nella giusta maniera alla cronometro che secondo me può essere la “sua” disciplina.

E Stefano cosa dice?

La pensa come me, d’altronde l’ha fatta solo una volta e ha chiuso 6° agli italiani. Io credo invece che possa davvero dire la sua anche in campo internazionale. Poi, tornando alla mountain bike, potrebbe anche essere un canale privilegiato per portarlo alle Olimpiadi fra quattro anni.

Tra gli obiettivi di Viezzi per il 2024 c’è correre il tricolore di mtb a Pergine Valsugana
Tra gli obiettivi di Viezzi per il 2024 c’è correre il tricolore di mtb a Pergine Valsugana
Viezzi comunque ha già detto che, se il ciclocross è la specialità che più gli piace, la strada è quella dove vede il suo futuro…

Ha ragione, la penso anch’io così, quello dovrà essere il suo pane. Proprio sull’esempio di VDP e Pidcock, un domani potrà anche scegliere, dirigere la propria attività verso una maggiore specializzazione, ma questo riguarda il futuro. Stefano è un atleta in costruzione. Guardando il mondiale di ciclocross, ad esempio, è facile cogliere come sui rilanci sia ancora carente e abbiamo visto come Van der Poel abbia fatto proprio di questo la sua forza. Su strada Viezzi secondo me può già fare cose notevoli in gare come l’Eroica.

Abbinare ciclocross e strada comporta stagioni diverse. Strada e mtb percorrono invece lo stesso periodo temporale, ma richiedono anche abitudine. Come conciliarle?

E’ un aspetto da considerare. Io prevedo dei cicli di lavoro esclusivamente per la mtb, considerando però il fatto che in questa stagione non andremo oltre le 6 gare in tutto. Certamente ci sarà da prevedere qualche giorno di passaggio da una disciplina all’altra, per riprendere la mano con una bici o con l’altra. Nella mountain bike poi non ha il potenziometro, quindi effettuerà lavori a tutta proprio per abituarsi allo sforzo. Ma tutto ciò servirà anche in funzione delle cronometro, che sono un mio pallino.

Viezzi al Giro del Veneto 2023, dove ha contribuito al 3° posto nella cronosquadre (foto Instagram)
Viezzi al Giro del Veneto 2023, dove ha contribuito al 3° posto nella cronosquadre (foto Instagram)
Con la Work Service c’è accordo su questa diversificazione dei lavori?

Sì, anche perché questo è un “must” per Stefano, che non vuole prescindere dalla sua attività nel ciclocross. Ancor di più ora che ha la maglia iridata e vuole onorarla passando di categoria. L’approccio con gli U23 non sarà facile essendo un primo anno, ma vuole comunque confermare il suo valore.

Voi siete amici anche al di fuori del ciclismo. Che tipo è?

La cosa che più mi piace di lui è la sua estrema semplicità. Che si traduce in un’applicazione nel lavoro quasi maniacale. Di atleti ne ho già visti molti, ma nessuno è mentalmente così. Vi racconto un episodio: a luglio parlando lontano dagli allenament,i mi disse che il suo sogno era vincere il mondiale e avrebbe fatto di tutto per riuscirci. Per questo dico che, quando si mette in testa una cosa, ha una concentrazione pazzesca. Poi, come lui stesso ha raccontato, è molto legato alla natura, le uscite in mezzo al verde sono la sua valvola di sfogo. Ed è anche bravo nella raccolta di funghi…

Per il neoiridato ora una stagione tra strada e mtb, ma poi si tornerà al ciclocross
Per il neoiridato ora una stagione tra strada e mtb, ma poi si tornerà al ciclocross
Sappiamo che sta imparando l’inglese, il che potrebbe significare anche un futuro fuori dall’Italia, magari in un devo team. Una soluzione che ti vedrebbe favorevole?

Sì e per molte ragioni. Innanzitutto è la strada ideale per crescere sapendo che c’è una via maestra che può portarlo in un team professionistico. Inoltre all’estero hanno una vera predilezione per la multidisciplina, quindi può trovare un sistema di lavoro che potrebbe favorirlo in tal senso. Sa che da parte mia c’è tutto il mio appoggio.

Un piccolo assaggio di Remco e il 2024 può cominciare

13.02.2024
4 min
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Sono passati cinque giorni (di gara) fra l’ultima vittoria 2023 e la prima del 2024. Dalla tappa a La Cruz de Linares della Vuelta alla Figueira Champions Classic in Portogallo. E’ iniziato così il nuovo anno di Remco Evenepoel, in perfetta solitudine e a capo di 55 chilometri di fuga solitaria. Il perfetto testimonial per la corsa portoghese, giunta alla seconda edizione (nel 2023 vinse Casper Pedersen, ugualmente della Soudal-Quick Step), nella città che ambisce a imporsi fra le destinazioni turistiche del Portogallo.

Il sindaco è stato premier del Portogallo e non stava nella pelle. Remco è stato chiamato sul podio per quattro volte, in una celebrazione che, da attore consumato, ha reso ancora più plateale con una delle sue mimiche. Ha finto infatti di prendere il telefono dalla tasca posteriore della maglia e di parlare, riattaccando poco prima di tagliare il traguardo. Che vi piaccia o no, lui è fatto così.

Quando è stato chiaro che il solo Knoxx non poteva reggere il forcing della Movistar, Evenepoel ha iniziato a pensare all’attacco
Quando è stato chiaro che il solo Knoxx non poteva reggere il forcing della Movistar, Evenepoel ha iniziato a pensare all’attacco

Sul filo dei 60

Gambe fenomenali, questo ha pensato Tom Steels a bordo dell’ammiraglia. E siccome il finale di gara si svolgeva appunto in circuito, l’allenatore della Soudal-Quick Step si è tolto il gusto di prendere i tempi nei quattro chilometri finali del penultimo giro, il settore dell’attacco.

«Li ha completati in 4’20” – ha raccontato in seguito – il suo ritmo era sempre vicino ai 55-60 all’ora. Continuo a trovare affascinante che qualcuno possa andare in bicicletta così velocemente, anche se ormai siamo abituati a Remco».

Del Toro e con lui Hirschi hanno provato a opporsi, ma invano
Del Toro e con lui Hirschi hanno provato a opporsi, ma invano

Uno sguardo e via

Chissà se Remco si è abituato a Remco, forse non ancora. Non aveva nei piani di attaccare, ma si è accorto che dopo il gran lavoro di Pieter Serry, né CattaneoLanda avevano una grande condizione e il solo James Knoxx non sarebbe bastato a contenere le altre squadre. Così si è guardato intorno, ha soppesato il gruppo e ha deciso di andarsene.

«Non era previsto che partissi a due giri dalla fine – volevo piuttosto aspettare l’ultima salita, ma quando ho attaccato erano rimasti solo 20-25 corridori in gruppo ed erano tutti appesi a un filo. I miei compagni cominciavano ad avere difficoltà a mantenere il ritmo molto alto che avevamo impostato. Quindi sono partito, cercando di capire se ci fosse qualcuno intenzionato a venire via con me. Se mi sono divertito? Divertirsi è una parola grossa, ma è stato un bel modo di vincere restando da solo per un giro. Ho tenuto un buon ritmo in pianura, sono andato forte in salita e ho recuperato in discesa. In questo modo sono riuscito anche a difendermi dal vento».

Che li abbia sopravvalutati o abbia voluto minimizzare il suo attacco nel tratto più duro della salita, sta di fatto che Del Toro né Hirschi sono riusciti a prendergli la ruota. Ha attaccato sulla principale asperità della giornata, la Rua Parque Florestal (un muro di 2,3 chilometri al 7,9 per cento con tratti al 16,5), e non l’hanno più visto.

Alle spalle di Evenepoel, Vito Braet, suo compagno di squadra nel 2017 al Forte Cycling Team, e Velasco
Alle spalle di Evenepoel, Vito Braet, suo compagno di squadra nel 2017 al Forte Cycling Team, e Velasco

La nuova posizione

Fra i motivi di interesse, salta all’occhio che la sua presa del manubrio sia notevolmente influenzata dalle nuove regole e dalle leve dei freni non più rivolte verso l’interno, che gli davano una penetrazione migliore.

«Le impugnature ora sono di nuovo diritte – ha fatto notare il freschissimo direttore sportivo Iljo Keisse – e questo è aerodinamicamente svantaggioso, ma non ho mai sentito Remco lamentarsene. E’ meno aerodinamico sulla bici, ma in proporzione conta più per gli avversari che per lui».

La sua stagione sarà impegnativa e Remco ha fatto capire di essere già pronto. Ha dichiarato di voler fare bene al Tour, ma che il vero obiettivo sia la doppia Olimpiade. Eppure con questa facilità di azione (il video su Instagram che mostra l’attacco è da vedere e rivedere per rendersi conto della sua forza) non ci sarà certo da escluderlo dalle corse a tappe e le classiche di qui a luglio. Forse davvero quest’anno assisteremo al duello con Pogacar sulle strade della Liegi e sarà qualcosa di maestoso.

Pinarello torna dalla Turchia con nuove consapevolezze

13.02.2024
4 min
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Il viaggio di ritorno dalla Turchia per Alessandro Pinarello è durato praticamente tutta la giornata di lunedì. Dal Tour of Antalya il corridore della Vf Group-Bardiani CSF-Faizanè ha messo in valigia un secondo posto nella classifica generale. Lo ha conquistato sulle strade della terza tappa, quando ha tagliato il traguardo posto in cima alla salita di Tahtali. Quello che è uscito da quella frazione è un podio tutto italiano con Piganzoli, Pinarello e poi Zambanini. Ordine che si è rispecchiato anche nella classifica finale il giorno successivo. 

«Il viaggio è stato lungo – dice Pinarello appena messo piede alla Tenuta il Cicalino, in Toscana – rimarremo qui per il ritiro di squadra, fino al 22 febbraio. Un bel blocco di allenamento e domani sarò già in bici, il giorno di riposo era oggi».

Secondo nella tappa regina, alle spalle dell’amico e rivale Piganzoli
Secondo nella tappa regina, alle spalle dell’amico e rivale Piganzoli
Che cosa provi se ripensi al Tour of Antalya appena concluso?

Penso al secondo posto nella tappa più impegnativa e sono felice. Era la prima gara della stagione, ho avuto delle belle risposte, ma sono tranquillo. La strada per la stagione è ancora lunga, ma questo è un buon inizio.

Ti sei giocato la tappa, e la classifica, con altri due italiani giovani…

E’ sicuramente una cosa davvero bella, che da un lato ci dà, e mi darà, tante motivazioni. Con Piganzoli ho condiviso tante esperienze, tra cui il Tour de l’Avenir del 2023. Anche “Zamba” (Edoardo Zambanini, ndr) lo conosco molto bene. Trovarci a lottare sulla salita finale della tappa più dura è stato bello. 

Il confronto tra i due alla fine della tappa, uno scambio di battute e la consapevolezza di essere stati forti
Il confronto tra i due alla fine della tappa, uno scambio di battute e la consapevolezza di essere stati forti
Raccontaci la tappa, come l’hai vissuta?

Partivamo per la Turchia senza un vero capitano. Sapevamo che la terza frazione avrebbe fatto la differenza e sulla salita finale avevamo carta bianca. La Tudor ha tenuto la corsa in mano per tutto il giorno, anche sulle prime rampe dell’ultima salita. Il ritmo è stato alto ma regolare per tutto il giorno, quindi di fatica ne abbiamo fatta. 

E nel finale com’è andata?

La selezione è arrivata man mano, chilometro dopo chilometro. Piganzoli è stato il primo a provarci, l’ho seguito e siamo rimasti fuori noi due per un chilometro. Zambanini è rientrato assieme a Badilatti. Ai meno tre chilometri “Piga” ha fatto un secondo scatto, che sinceramente non mi aspettavo, ed è stato bravo a tenere il vantaggio. Secondo me non ci credeva troppo nemmeno lui, ma gli va dato atto di aver portato a termine l’azione. 

A completare il podio giovane e italiano ecco Zambanini, i tre si conoscono da tempo
A completare il podio giovane e italiano ecco Zambanini, i tre si conoscono da tempo
Cosa vi siete detti alla fine?

Eravamo consapevoli di essere andati forte, ci siamo parlati e confrontati. Alla fine siamo avversari in gara, ma fuori dalla bici siamo amici. Per quanto mi riguarda ero anche sorpreso di aver fatto determinati valori a inizio stagione. 

Hai cambiato qualcosa durante questo inverno?

Un po’ nella preparazione e nel peso. A inizio inverno ho lavorato tanto sulla forza e sull’esplosività sia in bici che in palestra. Nella seconda parte ho fatto tanti allenamenti alla soglia, cosa utile per andare forte in salita, come si è visto (dice con una mezza risata, ndr). 

Il peso come lo hai curato?

Con il mio nutrizionista abbiamo capito che c’era la possibilità di dimagrire. Ora ho una dieta calibrata giorno per giorno in base agli allenamenti e all’intensità. Era un obiettivo perdere qualche chilo, volevo arrivare ad un peso forma che voglio tenere costante per tutta la stagione. Forse qualcosina posso perdere ancora, ma vedremo passo per passo. 

Dopo il ritiro al Cicalino hai già un programma?

Il 28 febbraio corro al Laigueglia, poi Istrian Trophy, Coppi e Bartali e poi vedremo il calendario italiano. Qualche gara da under 23 la farò ancora, ma sempre meno rispetto alle passate stagioni.

Il Giro, con la banda dei giovani italiani, è una possibilità?

No no, penso che farò ancora un passo intermedio con il Giro Next Gen. C’è tempo per fare tutto, ma con calma.