Ancora su Del Toro: stavolta parla Rodriguez, il suo mentore

28.03.2024
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Isaac Del Toro è la rivelazione di questo inizio di stagione. Anche Marino Amadori ce ne ha parlato l’altro ieri e prima di lui i tecnici che gli sono attorno, ma il discorso si può allargare ancora. E tra questi tecnici c’è anche Alejandro Rodriguez.

Rodriguez è il tecnico e lo scopritore di Del Toro. Segue il progetto giovani del Messico. Al contrario dei tecnici che in UAE Emirates ora gli sono vicini, lui Del Toro lo ha lasciato andare, un po’ come fa un padre quando vede che il figlio inizia a camminare da solo. «Giusto così – dice Rodriguez – è ora che Isaac faccia le sue esperienze. Tanto lui è un bravo ragazzo e non si scorda dei vecchi amici».

Dal Messico a San Marino

Rodriguez è in Italia. O meglio, a San Marino. E’ lì che porta avanti i suoi ragazzi. Nel pieno della stagione ciclistica, lasciano il Messico e vengono in Europa. I suoi atleti, come fu per Del Toro, corrono vestendo i colori del MoneX Pro Cycling Team.

«Siamo a San Marino già da 3-4 settimane – dice Rodriguez – il progetto va avanti e anzi siamo cresciuti. Abbiamo 12 under 23, 8 juniores e anche 9 donne, tutte under 23. Tanto che abbiamo preso due grandi case. In una ci vivono le ragazze e nell’altra i ragazzi». Anche Isaac faceva parte di questa schiera fino a pochi mesi fa. 

Tour Down Under: terzo giorno di gara tra i pro’ e prima vittoria nel WorldTour per Del Toro (classe 2003)
Tour Down Under: terzo giorno di gara tra i pro’ e prima vittoria nel WorldTour per Del Toro (classe 2003)

Stupore a metà

Ora la rivelazione della UAE Emirates vive sempre a San Marino, ma in una casa tutta sua. Ogni tanto esce ancora con i suoi vecchi compagni. E il rapporto con Rodriguez è rimasto forte.

«Qualche tempo fa – racconta Rodriguez – siamo andati a mangiare una pizza insieme. Ormai ha poco tempo per stare qui, tra Australia, Algarve, Tirreno… c’è stato davvero poco».

Rodriguez e Del Toro si sentono, ma Alejandro non è pressante. Non sta lì per ogni cosa. E’ consapevole che adesso Isaac è nelle mani di uno dei team più all’avanguardia e ha fatto un passo di lato. Ciò non toglie che continua a seguirlo.

«L’ho trovato e lo vedo molto motivato – racconta Rodriguez – se sono sorpreso dei suoi risultati? Non troppo visto come andava l’anno scorso. Sarà che lo conosco da più anni, ma queste sue prestazioni non mi hanno colpito del tutto. Semmai mi ha colpito più la rapidità con cui si è adattato. Ma come ho detto essendo motivato e forte, ci può stare».

«Quando facemmo i test da ragazzino si vedeva che aveva qualcosa in più. Gli altri finivano e lui ancora doveva iniziare a faticare. Uno come Isaac non lo trovi tutti i giorni».

Isaac con i giganti, il messicano è in terza ruota tra Vingegaard e Ayuso
Isaac con i giganti, il messicano è in terza ruota tra Vingegaard e Ayuso

Programma giusto

Rodriguez parla di un Del Toro in buone mani. La UAE Emirates non manca certo di bravi tecnici. Il tecnico messicano ha apprezzato l’approccio che hanno avuto e che continuano ad aver col suo pupillo.

«Okay la Sanremo, che Isaac non doveva fare, glielo hanno detto all’ultimo in sostituzione di McNulty, ma per il resto hanno un approccio di crescita graduale. In UAE lo fanno crescere bene, sia con i carichi di lavoro che con il programma. Lo scorso anno, Avenir a parte, Del Toro ha fatto  7-8 corse a tappe di 3-4 giorni, ora gli fanno fare quelle di una settimana. Condivido questo programma».

C’è però un aspetto che abbiamo notato in Del Toro. Alla Tirreno-Adriatico nelle due occasioni di salite lunghe, entrambe le volte le ha prese un po’ dietro. Si è persino staccato un po’, salvo poi rimontare ferocemente. Sembrava quasi si fosse fatto sorprendere, visto che poi nel corso della scalata era il più veloce, cedendo solo all’inarrivabile Vingegaard.

Qualcosa di simile era accaduto anche l’estate passata al Giro della Valle d’Aosta. Fu sorpreso dall’attacco di Rafferty salvo poi mangiargli 5′. E’ questo un punto da migliorare?

«Difficile – dice Rodriguez – dare una risposta precisa, ci sono molti aspetti in ballo. Bisogna anche vedere quali erano le indicazioni dei direttori sportivi. Sappiamo che Isaac ama andare di passo (è anche un ottimo cronoman, ndr) ma in gare di quel livello è tutto più difficile, specie per un giovane, anche solo mantenere un certo ritmo».

Juniores nelle Marche: la replica di Secchi e della SCAP

28.03.2024
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Dopo la nostra intervista con il Pedale Chiaravallese, dove si analizzava l’andamento del movimento ciclistico juniores della Regione Marche ci ha contattato Lino Secchi, presidente del comitato regionale FCI Marche. «La mia non è una replica alle parole del Pedale Chiaravallese, che considero un bell’esempio all’interno della nostra realtà e che è stato seguito anche da altre squadre».

Alla richiesta di specificare quali altre squadre abbiano seguito il modello del Pedale Chiaravallese, Lino Secchi non ha voluto replicare, spiegando: «Non mi sento di fare nomi per non creare una classifica».

A sinistra Lino Secchi presidente comitato regionale FCI Marche (foto Facebook Associazione ruote e cultura)
A sinistra Lino Secchi presidente comitato regionale FCI Marche (foto Facebook Associazione ruote e cultura)
La sua replica allora a cosa è dovuta?

Alle affermazioni fatte sullo stato di salute del ciclismo juniores marchigiano. Non siamo indietro o in crisi rispetto ad altre Regioni. I nostri numeri ritengo siano pari, in proporzione, a quelli di altre realtà più grandi.

Ci ha fornito questi numeri, a livello di attività juniores risultano 7 gare regionali e nessuna a livello nazionale.

Avere poche gare regionali juniores è un fatto che abbiamo concordato insieme a Umbria, Abruzzo, Lazio e anche Puglia. Riuscire ad organizzare 7 gare all’interno della nostra Regione mi sembra che sia un numero discreto. Correre fuori dai nostri confini è una cosa che richiedono anche le società, per far sì che i ragazzi possano confrontarsi con atleti di maggior livello. 

Non è, invece, una risposta al numero esiguo di ragazzi iscritti? Ne risultano solamente 64 a livello juniores.

I numeri su strada sono in calo, da questo punto di vista il regolamento federale non ci dà una mano. Ora anche gli juniores di primo anno possono andare in squadre di fuori Regione e questo ha un effetto negativo. Nel 2024 c’era una società che avrebbe voluto fare una squadra juniores, ma non è stato possibile. Questo perché l’atleta più forte, sul quale avrebbero costruito la squadra, è stato attirato dalla proposta di una società toscana.

A sinistra Proietti Gagliardoni Mattia, umbro passato al team juniores Franco Ballerini in Toscana (foto Fruzzetti)
A sinistra Proietti Gagliardoni Mattia, umbro passato al team juniores Franco Ballerini in Toscana (foto Fruzzetti)
Dover cancellare la creazione di una squadra perché l’atleta più forte se ne va non sembra sintomo di un movimento sano però…

Fino all’attività di base è possibile costruire squadre con ragazzi di ogni genere. Bisogna ammettere che la competizione a livello juniores è alta. Se non hai un atleta di un certo livello, si fa fatica a essere competitivi. La diminuzione dei giovani nelle attività sportive è una problematica a livello nazionale. Il ciclismo ne soffre di più perché si svolge in strada, dove il pericolo è maggiore. Manca la sicurezza sulle strade, le gare sono sicure, ma i ragazzi devono anche allenarsi. Noi abbiamo anche diverse infrastrutture che possono essere utilizzate.

Quali?

E’ in fase di progettazione un impianto ciclo-rotellistico a Pesaro, dedicato a pattini e biciclette. L’appalto è stato approvato e risulta completamente finanziato. Ci sono anche altri impianti, come a Fano e a Recanati. E in fase di progettazione ce ne sono altri.

Nel 2021 risulta essere stato abbattuto il Velodromo di Ascoli Piceno.

Verrà realizzato un nuovo impianto, la cui conclusione è stata ipotizzata nel 2025. Sinceramente ci metterei la firma per vederlo realizzato entro quell’anno.

Il Team SCAP è una delle due società che fanno ancora attività juniores nella regione Marche
Il Team SCAP è una delle due società che fanno ancora attività juniores nella regione Marche

La replica della SCAP

Alle parole del presidente del comitato regionale FCI Marche hanno risposto i diretti interessati. Qui, le dichiarazioni di Paolo Ciciani, diesse del team SCAP.

«A livello di squadre juniores – ci racconta – a fare attività siamo rimaste noi e il Pedale Chiaravallese in tutta la Regione. E’ vero che ci sono delle strutture come quelle di Fano, Recanati e altre, ma sono tutte ciclabili. Non sono strutture utilizzabili per fare gare o competizioni.

«L’impianto di Pesaro, che non si sa ancora quando nascerà, arriva dopo l’abbattimento della precedente struttura. Al momento non risultano velodromi all’interno delle Marche, ma per come la vedo io questa è una soluzione adoperata quando i buoi sono ormai scappati dal recinto. Ci si sarebbe dovuti mettere in moto 10 o 15 anni fa».

«E’ vero che c’è un accordo interregionale per organizzare corse tra Umbria, Marche e Abruzzo, ma le corse rimangono comunque poche. Si è corso con il contagocce a marzo e lo si farà anche ad aprile».

L’Umbria di Capecchi: i talenti ci sono, mancano i mezzi

28.03.2024
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Che cosa c’è al di là dell’Uc Foligno? Qual è la realtà umbra nel ciclismo giovanile? Domande che sono balzate alla mente mentre affrontavamo il tema di corridori come Proietti Gagliardoni e Serangeli, punte di un iceberg regionale che ha una doppia sfaccettatura, come spiega Eros Capecchi che da tre anni segue il movimento regionale come tecnico regionale.

Uno dei talenti umbri, Tommaso Francescangeli, anche lui diviso fra strada e ciclocross
Uno dei talenti umbri, Tommaso Francescangeli, anche lui diviso fra strada e ciclocross

Una gestione difficile

Capecchi ha una lunga storia nel ciclismo professionistico, oltretutto conclusa da poco tempo. Appena appesa la bici al classico chiodo (per modo di dire perché l’amore per il ciclismo non è venuto mai meno), il ciclista di Castiglione del Lago si è messo subito a disposizione del Comitato Regionale Umbro, trovandosi però in una situazione quantomeno difficile.

«Ho accettato il ruolo senza alcun compenso – afferma – tanto che spesso ci ho rimesso di tasca mia, ma per fortuna ho un’azienda ben avviata e non lo faccio per i soldi. Diverso però è il discorso quando si parla di budget e di servizi da mettere a disposizione per i ragazzi. Io avevo accettato il ruolo con tante idee e soprattutto con l’obiettivo di un progresso costante, invece mi sono ritrovato a fare passi indietro ogni anno. Anche oggi abbiamo meno mezzi del 2023, così è davvero difficile andare avanti. Io ho preso un impegno con il presidente regionale e lo porto avanti, ma alla scadenza del mandato farò bene i miei conti».

I ragazzi a tavola con Capecchi, per loro una miniera di esperienze e aneddoti
I ragazzi a tavola con Capecchi, per loro una miniera di esperienze e aneddoti
Che cosa ti è mancato?

Quando il budget viene tagliato, i programmi che avevi messo su carta vanno a farsi benedire. Io posso prestare la mia opera gratis, ma non tutti possono fare altrettanto. Così ad esempio eravamo partiti con l’idea di avere un paio di meccanici a disposizione, non potendoli pagare avevamo trovato 3 pensionati che svolgevano questo compito, ma si sono tirati indietro anche loro. Lo stesso dicasi per un massaggiatore. Sono figure importanti se vuoi prevedere una trasferta, questo inficia il lavoro dei ragazzi.

Qual è la situazione del movimento giovanile umbro?

Di grande sofferenza, soprattutto numerica. I ragazzi che fanno attività sono sempre meno e questo chiaramente è un problema che si acuisce con le categorie maggiori, perché tanti si perdono per strada. La cosa che mi dispiace di più è che a fronte di numeri bassi, il ciclismo umbro propone sempre bei corridori. Si è parlato dei talenti dell’Uc Foligno, ma ce ne sono anche altri. Laudi nel loro stesso sodalizio oppure Tommaso Brunori, Vittorio Friggi, Tommaso Alunni o anche Tommaso Francescangeli dal quale mi aspetto molto come dallo stesso Laudi. Di Serangeli si sa dell’infortunio, ma so che sta bruciando le tappe e credo che già per il campionato italiano potrà essere presente e competitivo.

Vittorio Friggi, oggi alla Mastromarco Sensi Nibali (foto terzobinario.it)
Vittorio Friggi, oggi alla Mastromarco Sensi Nibali (foto terzobinario.it)
Quanto è importante per i ragazzi avere una guida che è arrivato ai vertici del mondo ciclistico?

Io credo che sia importante instaurare con loro un rapporto franco – sentenzia Capecchi – spesso il tecnico diventa anche più dell’amico, quasi un confessore. Io cerco di essere uno di loro, anche se quando serve tirare le redini lo faccio senza farmi pregare. Chiedo serietà ed allegria nelle giuste proporzioni e mi ci metto anch’io, non sono certamente un musone… Il problema reale è poter preparare un vero calendario d’impegni, dagli esordienti agli juniores. Faccio un esempio…

Prego…

Il primo anno della mia permanenza avevamo organizzato un ritiro prima dei campionati italiani, lo scorso anno abbiamo dovuto cancellarlo, quest’anno non si sa. Ma se alla prima trasferta senti il dirigente che dice: «Soldi non ce ne sono…», allora mi chiedo anch’io che cosa ci sto a fare. Eppure si potrebbero fare tante cose utili. Avevamo persino allestito un paio di ritiri in altura a Livigno, con i ragazzi e le società che avevano contribuito, noi come comitato pagavamo solo il viaggio, poi ognuno provvedeva per sé ed erano state belle esperienze, che avevano fatto gruppo.

Il Team Fortebraccio ha sempre sfornato ottimi corridori. Qui Tommaso Alunni alla Coppa d’Oro 2021 (foto Daniele Mosna)
Il Team Fortebraccio ha sempre sfornato ottimi corridori. Qui Tommaso Alunni alla Coppa d’Oro 2021 (foto Daniele Mosna)
Ora che cosa è rimasto, quali occasioni avrete?

Noi saremo comunque presenti a tutte le prove previste per rappresentative regionali e io porterò con me 1-2 elementi per team. Vogliamo far fare loro attività, portarli a correre e far vedere quel che valgono. Anche per dare lustro all’attività delle società. I ragazzi di Foligno sono sicuramente in evidenza, ma ci sono anche altri gruppi che stanno lavorando bene, vedi il Team Fortebraccio da cui proviene Samuele Scappini ora alla Beltrami, oppure l’Uc Città di Castello o ancora il Gc Mocaiana. Noi vorremmo dare loro un sostegno, so che lo stesso presidente federale Massimo Alunni cerca sponsor, ma non è facile.

Si parla tanto di Proietti Gagliardoni e Serangeli perché hanno “assaggiato” la vetrina della nazionale, secondo te ci sono altri ragazzi che possono arrivare a quei livelli?

Sicuramente, ad esempio Edoardo Rulli – risponde Capecchi – che per il secondo anno corre nell’Onec Team, è stato sfortunato nel 2023 dopo che era partito fortissimo, poi quelli che ho già citato. Io con i ragazzi sono sincero: il ciclismo non ha pietà, chi va forte va avanti, chi va piano alla fine sparisce e non c’è tempo per aspettare. Ai miei tempi si facevano tutte le tappe per crescere, oggi devi emergere già da junior sennò non trovi squadra e ti fermi. Io comunque, affrontando il mio mondo ora con un altro punto di vista, credo che serva una ventata di ringiovanimento dell’ambiente, soprattutto sul piano tecnico.

Samuele Scappini, tricolore junior nel ciclocross, oggi alla Beltrami TSA – Tre Colli (foto Instagram)
Samuele Scappini, tricolore junior nel ciclocross, oggi alla Beltrami TSA – Tre Colli (foto Instagram)
E’ un tema questo che ricorre spesso, altri sport stanno crescendo proprio perché i tecnici di base stanno progredendo e aggiornando i propri credo in base a quello che viene dall’estero. Nel ciclismo avviene?

Con fatica, perché molti tecnici rimangono ancorati a vecchi schemi, alla tradizione che ormai è sorpassata. I giovani sono sicuramente più aperti mentalmente, ma bisogna dar loro modo di crescere. Io i corsi di formazione li ho fatti e sinceramente non apprendevo nulla di nuovo: sapere com’è fatta la bicicletta mi dice poco… Questo non credo sia un problema solo della mia regione, bisogna che tutto il ciclismo italiano si dia una svegliata. Non è un caso se dopo che i miei ragazzi correvano l’Eroica e si confrontavano con gli stranieri, nelle successive settimane volavano. Serve un progresso generale, altrimenti confrontarsi con le altre nazioni sarà come andare in guerra con le pistole ad acqua.

Sangalli, Parigi e le donne: Montmartre può far male

28.03.2024
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A Parigi con Bennati e Velo c’era anche Paolo Sangalli, tecnico delle donne. La storia azzurra delle ultime sette edizioni, a partire da Atlanta, dice che le italiane hanno portato a casa una medaglia per ben quattro volte. L’argento di Imelda Chiappa nel 1996, il bronzo di Tatiana Guderzo a Pechino e gli altri due di Elisa Longo Borghini a Rio e Tokyo. Nelle ultime quattro edizioni, vale a dire da Pechino in avanti, Sangalli è stato della partita: prima accanto a Salvoldi, questa volta da solo. Olimpiadi ne ha viste diverse, insomma, la sua valutazione del percorso e della gara può dire parecchio.

Cosa dire del percorso di Parigi: ci piace?

A me personalmente piace molto. Si parte dal Trocadero. Si fa un pezzo di città. Si esce. Ci sono circa 90 chilometri nella campagna francese, che sappiamo benissimo essere ondulata. Le strade sono belle, ci sono segnate sei cotes: niente di che, però sono comunque sei asperità. Poi si rientra e dopo 117 chilometri si inizia la prima scalata di Montmartre. In cima si va a destra e si entra nel circuito di 18,4 chilometri che si fa due volte.

Come è fatto?

Oltre a Montmartre, che è lungo 900 metri, c’è un altro strappettino di un chilometro, su una strada dritta e larga. E poi un altro di 400 metri. Quindi si fa un’altra volta Montmartre e un altro giro del circuito. Mentre dopo la terza salita, si va a sinistra verso la Senna, con l’arrivo davanti alla Tour Eiffel.

E’ lo stesso degli uomini?

Sì e si fa lo stesso numero di volte. Quindi anche noi facciamo la gran parte della corsa in campagna e penso proprio che verrà fuori impegnativa. Non è un percorso impossibile perché non ci sono pendenze esagerate, ma è una gara particolare. Ad ogni momento può succedere qualcosa, perché alla fine sarà un testa a testa e non ci sarà la squadra che può recuperare la situazione. Abbiamo visto come è andata a Tokyo e difficilmente si lasceranno andare via delle fughe col rischio che arrivino.

Secondo Bennati, la gara degli uomini si potrebbe decidere anche fuori da Parigi: le donne aspetteranno il circuito finale?

Vista la gara di Tokyo e il fatto che ci siamo tutti scottati (l’austriaca Kiesenhofer prese il largo e non fu più ripresa, ndr), come si diceva, penso che ci sarà più controllo. Se la fuga va, ci saranno dentro anche le ragazze delle nazionali di riferimento. Per cui alla fine credo che si risolva nel circuito.

Anna Kiesenhofer sul percorso di Tokyo: un attacco forse sottovalutato che le ha reso l’oro olimpico
Anna Kiesenhofer sul percorso di Tokyo: un attacco forse sottovalutato che le ha reso l’oro olimpico
Quindi la filosofia è portare ragazze capaci di entrare nelle fughe?

Di sicuro non si può pensare di avere qualcuna che tiri e basta, perché si corre in quattro. Serve gente in condizione che sia anche in grado di fare risultato. E’ una gara che non c’entra nulla con quello cui siamo abituati. Per me è la quarta Olimpiade e ogni volta succede la stessa cosa. Se non sei nell’azione, ti finisci oppure finisci la squadra per inseguire e poi, nel momento in cui la corsa si accende, non hai possibilità.

Di riflesso anche le atlete che saranno convocate dovranno essere pronte a un altro tipo di corsa?

Le Olimpiadi sono impostate in modo diverso. E’ anche vero che se hai 10 secondi allo scollinamento di Montmartre e ti guardi troppo in faccia, può darsi che da dietro rientrino. Però è davvero una gara difficile da interpretare. C’è grossa possibilità che scollinando bene là in cima, si possa arrivare. Da fine discesa, ci sono 300 metri in cui la strada un po’ sale e non riesci a prenderla di slancio, perché in fondo c’è una “esse”. Quindi devi rallentare, fare la doppia curva e rilanciare. Poi la strada comincia ad andare giù, ma c’è da spingere perché la bici non va da sola. Quindi servono davvero tanta condizione e tanta visione di corsa. Puoi mettere tutta la gente che vuoi sul circuito, visto che non hai le radio, ma comunque serve avere in corsa ragazze che vedano la corsa e siano sveglie.

Cosa dire della salita di Montmartre?

Si svolta a destra proprio prima del Moulin Rouge. Nel primo tratto la strada va su dritta con pendenze 5-6 per cento. Poi volti a sinistra e il fondo diventa più brutto. Lì inizia il pezzo più duro dove c’è la pendenza al 9 per cento. Quindi si arriva in cima, si passa sotto la Basilica del Sacro Cuore, si gira intorno e si scende. La discesa non farà grande selezione, ma è chiaro che chi è più bravo, avrà un vantaggio.

Longo Borghini Tokyo 2021
Da Elisa Longo Borghini l’unico squillo azzurro nel ciclismo su strada, un bronzo preziosissimo
Da Elisa Longo Borghini l'unico squillo azzurro nel ciclismo su strada, un bronzo preziosissimo
Da Elisa Longo Borghini l’unico squillo azzurro nel ciclismo su strada, un bronzo preziosissimo
Invece il finale?

Sei in un percorso cittadino, con tutto il pezzo lungo la Senna. Se vogliamo, assomiglia abbastanza a quello che è successo alla Gand, anche se la distanza fra Montmartre e il traguardo è inferiore a quella fra il Kemmelberg e Wevelgem. Domenica ero in Belgio e si è visto che Georgi, Kopecky e Vibes sono andate via, ma è bastato che si guardassero un attimo e da dietro sono rientrate.

Avevi fatto il paragone con il finale di Cittiglio: visto il percorso, regge ancora?

Sì, considerando però che la salita del Trofeo Binda è più impegnativa, mentre a Parigi diventa dura per la distanza e per il pavè. Però ci andiamo vicino, è un arrivo che se fai la differenza là in alto, puoi anche arrivare. Se si trovano tre ragazze di tre Nazioni diverse e tirano dritto, la medaglia è assicurata e di certo non si volteranno.

Quindi comunque serviranno corridori da classiche, tipo Longo Borghini?

Sicuramente. Elisa è adattissima, senza ombra di dubbio. Sarà importante l’avvicinamento, che secondo me vede il Giro d’Italia in posizione privilegiata. Non so se qualche olandese farà un percorso diverso, ma io credo che uscire in crescendo dalla corsa a tappe dia la condizione perfetta. Prima del Giro faremo un raduno preolimpico e subito dopo ne faremo un altro, ma più breve, insieme ai ragazzi di Bennati prima di partire. Lassù alloggeremo in un hotel zona Versailles, che è comodo per allenarsi, e dovremo capire se ci sarà una prova del circuito finale con strade chiuse alla vigilia della corsa.

Nel 2021, Elisa Balsamo ha vinto il mondiale di Leuven con un finale che ricorda quello della gara di Parigi
Nel 2021, Balsamo ha vinto il mondiale di Leuven con un finale simile a quello della gara di Parigi
Ultimo tema: hai letto la reazione di Villa all’ipotesi che Balsamo corra anche su strada?

Faccio fatica a immaginare una situazione di tensione, perché su questo sono molto sereno. E’ vero che la medaglia è importante farla, che sia strada o che sia pista. Bisognerà valutare davvero bene cosa succede alla fine delle classiche, ma molto tranquillamente. Con Marco ci siamo parlati anche la settimana scorsa e la nostra è proprio una situazione di estrema tranquillità. Ci conosciamo da una vita, io ho fatto tanta pista e conosco il lavoro che c’è dietro.

Si sta parlando di rinunciare a Balsamo nella prova su strada.

Rispetto quello che ha detto Villa. Il quartetto sono 4-5 ragazze, quindi se manca un pilastro bisognerà capire bene. Il problema sono questi calendari, non certo il rapporto fra strada e pista. Avendo anche le junior, consiglio loro di andare in pista. Anche prima di Cittiglio ho voluto che andassero a girare. Il venerdì di quella settimana anche Balsamo era in pista in pista e domenica ha vinto il Binda. Quindi questo aspetto bisogna sdoganarlo. Mentre per i nomi c’è da aspettare ancora qualche gara e poi potremo parlarne con la massima serenità.

Caduta, Van Aert fuori dal Fiandre. Primavera buttata via

28.03.2024
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Mentre nello schermo scorrevano le immagini della Dwars door Vlaanderen, parlando con Pozzato del Fiandre di domenica, era quasi naturale passare in rassegna i nomi dei pretendenti alla corsa che il vicentino ha spesso sfiorato e mai raggiunto. Finché di colpo si è verificata la caduta di Van Aert a 67 chilometri dall’arrivo e a quel punto la conversazione ha preso un’altra direzione. Si è capito quasi subito che il belga fosse malconcio, pertanto quando in serata è arrivata la conferma della clavicola e delle due costole fratturate, il senso del discorso è parso ancor più ficcante.

«Domenica sarebbe stata un’altra gara a schiaffoni con Van Der Poel – diceva Pozzato – è un peccato. Però questo voglio dirlo. Quando ho visto che Van Aert saltava la Sanremo, un po’ sono rimasto. Perché non farla? Poi ho visto che voleva fare anche la Liegi e il Giro, quindi ha puntato su una programmazione diversa. Però adesso che è caduto, ha buttato via la primavera. Quest’anno ha cambiato preparatore: c’era anche da capire come sarebbe andato domenica. A me Van Aert piace da morire, ma nelle prime uscite non mi ha dato grosse sensazioni. Van der Poel era già parso più forte. Forse il nuovo programma è un azzardo. Io non so se avrei avuto cuore di saltare la Sanremo».

Nel frattempo Van Aert era seduto sull’asfalto (in apertura, immagine Eurosport), la maglia lacera sulla schiena e quel senso di sconfitta cucita addosso per l’ennesima volta. Sonny Colbrelli, impegnato in altra intervista, faceva sapere che il punto della caduta sulla strada del Kanarieberg è così veloce e pericoloso che è stato tolto dal percorso del Fiandre. Al momento della caduta, Van Aert andava a 90 all’ora. E mentre Wout gemeva sull’asfalto, in testa alla corsa il compagno Jorgenson stava per vincere la sua prima classica del Nord.

La Dwars door Vlaanderen sarebbe stata per Van Aert il passo di avvicinamento al Fiandre
La Dwars door Vlaanderen sarebbe stata per Van Aert il passo di avvicinamento al Fiandre

La beffa del 2012

Fu clavicola anche allora, nel 2012, quando Pozzato tornò in sella dieci giorni dopo la caduta al Tour of Qatar. Aveva passato l’inverno sognando e progettando il Fiandre, con Scinto al fianco a dargli il ritmo e l’assillo. Sembrò una forzatura, eppure Pippo al Fiandre ci andò e arrivò secondo. Sbagliò il finale. E pur potendo provare a staccare Boonen, preferì rischiare la volata a tre con il belga e Ballan. E se tornò a casa con un secondo posto fastidioso e beffardo.

«Per me il Fiandre – riprende, mettendo per un po’ da parte le considerazioni su Van Aert – è sempre stata la corsa dei sogni, la più bella al mondo. Lo dico sempre a tutti e sicuramente è il mio rimpianto più grande. Da allora è cambiato tutto il mondo del ciclismo. E’ cambiato il modo di affrontare le corse, di allenarsi. Il modo in cui gli atleti affrontano la giornata e la corsa. E’ cambiato tutto il sistema ciclismo. Anche Boonen certe volte attaccava da lontano, però mai a 100 chilometri dall’arrivo. A volte ad Harelbeke gli piaceva partire su Taaienberg ai meno 80, come succede adesso, ma era diverso. Alla Tirreno-Adriatico e alla Sanremo, hanno fatto una media record. Ci sono i materiali, sicuramente, però io penso che ci sia un livello altissimo che rende molto più difficile vincere oggi che una volta. Infatti vincono sempre gli stessi, mentre prima anche nelle corse importanti poteva capitare un outsider. Adesso è difficile che arrivi un mezzo sconosciuto, se ci sono in giro quei 4-5 più forti. Vince sempre uno di loro».

Al Fiandre del 2012, Pozzato era il più forte in salita, ma scelse la volata e finì secondo
Al Fiandre del 2012, Pozzato era il più forte in salita, ma scelse la volata e finì secondo
Questo succede anche perché è cresciuto il livello delle squadre.

Tutti, tutti, tutti. C’è un livello altissimo. Ci sono quei tre-quattro che sono fuori categoria, fanno un altro sport. Quando ci sono loro, parti per fare dal quarto in poi. Dietro di loro hai un gruppo di 40-50 che vanno tutti alla stessa maniera, quindi il livello è molto più alto. Vedete come affrontano una volata adesso? Vanno talmente forte che più o meno restano tutti nella stessa posizione. E’ raro vedere uno che viene fuori da dietro e risale 4-5 posizioni come magari succedeva nei primi anni 2000. Adesso si prende la volata a 70 all’ora e si prosegue a 72-73. Guardate i rapporti che hanno, la cosa che mi sconvolge sono i rapporti che usano.

Di certo atleticamente c’è stato un grosso passo in avanti…

Verissimo. Le preparazioni sono cambiate. Poi ci sono sempre quelli un po’ ignoranti che insinuano e chiedono che cosa facciano adesso. Il bello è che non fanno niente. Hanno mezzi migliori, atleticamente sono preparati tutti quanti alla stessa maniera. Mangiano tutti in modo perfetto e non c’è più Armstrong che arriva come anni fa e mangia l’hamburger prima di partire. Adesso tutti sanno come fare e poi, secondo me, la specie umana si è evoluta. Le generazioni di adesso sono più forti rispetto a quelle di prima.

Il livello così alto significa che allenarsi in corsa è impossibile: si è smesso di andare piano.

Ricordo che nel 2010 chiesi di correre sempre per non allenarmi a casa. Finii l’anno con 102 giorni di corsa, che adesso è impossibile. Io avevo bisogno di arrivare a Sanremo vedendo che avevo fatto tot giornate di corsa, meglio 3 in più che una in meno. Adesso questi arrivano dall’inverno e il primo giorno che attaccano il numero, o sei preparato e vai come loro, altrimenti ti prendi una strinata di collo. Mi dicono i ragazzi con cui parlo che fanno paura. Arrivano da due o tre mesi che non corrono e fanno 80 chilometri di fuga, come Pogacar alla Strade Bianche. C’è un però…

Lo show di Pogacar alla Strade Bianche propiziato per Pozzato dall’assenza di rivali
Lo show di Pogacar alla Strade Bianche propiziato per Pozzato dall’assenza di rivali
Sarebbe?

Ha potuto farlo a quel modo perché non c’era nessuno del suo livello, quindi è parso ancora più impressionante. Se ci fossero stati 2-3 dei suoi colleghi fenomenali, sicuramente andavano via in quattro, poi facevano a schiaffoni in finale e magari si staccavano sull’ultimo pezzo o sulle Tolfe. Pogacar che parte a 81 chilometri dall’arrivo, fa sembrare che corre in un’altra categoria. Come adesso al Catalunya, che non c’era nessuno dei rivali ed è parso che giocasse. Come Vingegaard alla Tirreno. Se porti Van Der Poel a una corsa di un giorno, anche al Fiandre, e non c’è nessuno degli altri, quello gira attorno al gruppo.

Dici che in assenza di Van Aert, Alaphilippe al Fiandre potrebbe essere al livello dei migliori?

A me è dispiaciuto un sacco che negli ultimi due anni Sagan fosse in fase calante e come lui Julian. Credo che anche loro sarebbero stati belli… ignoranti da fare a schiaffi dalla mattina alla sera. Sarebbe stato divertentissimo vederli nelle classiche. Se Alaphilippe domenica può essere un faro? Sicuramente non è più quello di prima e la situazione in squadra con Lefevere non è idilliaca. Di fatto è pagato per i risultati che faceva prima e da manager posso capire che in certi momenti i sentimenti e il romanticismo finiscano, perché guardi al conto economico. E magari pensi che con gli stessi soldi potresti prendere altri due o tre corridori buoni che fanno risultato. Julian invece non vince più e l’incantesimo si è rotto.

Chissà se al suo meglio sarebbe competitivo con Van der Poel o Pogacar e anche Van Aert in certe classiche…

La mia sensazione è che lui sia forte, ma gli altri hanno motori più potenti del suo. Anche Pedersen secondo me è un bel corridore. Ieri parlavo con un preparatore della Soudal-Quick Step e si ragionava sul fatto che loro sono andati in altura per preparare le classiche e al ritorno non vanno come speravano. Invece i corridori della Lidl-Trek sono rimasti al livello del mare, hanno 28-30-32 anni e stanno volando. Forse c’è da pensare che ora l’altura va bene per le corse a tappe e non più per le classiche. Sono cose delicate, che cambiano sempre. Dicevamo di Van Aert che ha cambiato preparatore. E’ voluto partire più piano per andare forte nelle sue corse, invece è caduto e adesso è un bel problema. E lo sarebbe stato anche se, a cose normali, fosse arrivato al Fiandre e alla Roubaix e non avesse vinto.

Anche Pedersen è caduto ieri, ma se l’è cavata con qualche graffio: il Fiandre non è a rischio
Anche Pedersen è caduto ieri, ma se l’è cavata con qualche graffio: il Fiandre non è a rischio
Come seguirai il Fiandre?

Dal 2019 vado sempre in Belgio e sarà così anche quest’anno. Vado su con un po’ di clienti. Il sabato facciamo la Gran Fondo. Venerdì sera siamo a cena con Thomas (Van der Spiegel, ndr), l’amministratore delegato di Flanders Classics. La domenica andiamo alla partenza, poi li vediamo in altri 2-3 posti, quindi all’hospitality sul Quaremont per due passaggi e poi all’arrivo. Per me è la corsa più bella. Quest’anno viene un caro amico di Milano che abita a Monaco ed è gasatissimo, perché gli ho detto che per trovare qualcosa di più figo, deve andare a vedersi la finale del Superbowl. Mi dispiace che non ci sarà Van Aert perché sarebbe stato un altro spettacolo…

Il Team Vangi Pirata padrone di Francia, il racconto della trasferta

27.03.2024
4 min
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La stagione del Team Vangi Sama Ricambi Il Pirata è iniziata con il botto grazie al doppio successo ottenuto in Francia. Prima corsa internazionale e subito una doppietta portata a casa. I ragazzi di Matteo Berti arrivano in territorio straniero e dettano legge. Il loro diesse ce lo aveva raccontato durante l’inverno che il team avrebbe fatto un passo in avanti per crescita e formazione.

«E’ stata un’esperienza formativa – racconta Berti – con un risultato che ci permette di crescere. La gara era da corridori del Nord, con tanta potenza e resistenza. Il parterre era dei più quotati, con tante squadre satellite di team WorldTour o U23. Siamo riusciti a piazzare tre ragazzi nei dieci: primo posto di Leonardo Meccia, secondo Enea Sambinello e decimo Giacomo Sgherri (i primi due sono insieme nella foto di apertura di @labernaudeaujunior, ndr)».

Pianificazione ottima

Le case però si costruiscono dalle fondamenta. Il successo in terra francese arriva dopo un inverno di pianificazione e programmazione. Berti e lo staff del team Vangi hanno lavorato bene e continuano a farlo.

«A inizio stagione – continua il diesse – abbiamo fatto un buonissimo lavoro, senza avere grossi problemi di salute o altro. Trovare la giusta sinergia per creare un gruppo coeso non è facile, ma stiamo facendo un bel lavoro e ne sono orgoglioso. Saremo anche l’unico team a correre la Nations Cup Eroica, corsa a tappe per nazionali. E’ un grande orgoglio e una bella sfida correre contro i ragazzi più forti al mondo.

«Il lavoro non è facile, proprio in questi giorni sto cercando di ottimizzare i costi di questa trasferta. Non è impossibile, ma in una squadra juniores il budget è contato. Anzi, noi dobbiamo ringraziare ogni giorno il nostro presidente, perché non ci fa mancare mai nulla. In futuro abbiamo in programma anche la Classic des Alpes e la Crono delle Nazioni».

La premiazione dei ragazzi del team Vangi insieme al diesse Berti (@labernaudeaujunior)
La premiazione dei ragazzi del team Vangi insieme al diesse Berti (@labernaudeaujunior)

La voce dei ragazzi

Una corsa in Francia a inizio stagione contro i più forti del movimento juniores e subito una vittoria in saccoccia. Leonardo Mecchi, vincitore della Bernaudeau Juniores ci racconta com’è stata questa esperienza e che cosa ha visto nel ciclismo d’oltralpe. 

«Ero curioso di scoprire com’erano i corridori fuori dall’Italia – ci racconta – capire cosa sarebbe cambiato. Vedere se fossero più o meno forti, più svegli o con capacità diverse di guidare la bici. Il livello alla fine è simile a quello che si trova in Italia, quel che cambia è il modo di correre, si va molto all’attacco. La partenza è stata parecchio turbolenta, tutti volevano stare davanti e si soffriva parecchio. Si correva principalmente su stradoni larghi, intervallati da strade strette che attraversavano paesini. In quei frangenti la corsa diventava frenetica, c’era gente che passava ovunque, anche dall’erba sul ciglio della strada».

Per il team Vangi Pirata questa è stata la prima di tante esperienze internazionali in programma nel 2024
Per il team Vangi Pirata è stata la prima di tante esperienze internazionali in programma nel 2024

Questione di abitudine

Certe esperienze servono per crescere e maturare, anche per adattarsi ad un modo diverso di correre. La sensazione parlando con Berti e con Mecchi è che questa gara in Francia sarebbe tornata utile comunque, con o senza un risultato di prestigio. 

«Vincere fa piacere – replica Berti – ed è giusto che sia così. Ma andare a correre in questi posti serve per far vedere ai ragazzi qualcosa di nuovo. Non era un percorso complicato altimetricamente, ma molto duro a causa dello stress e della poca pianura. All’inizio della corsa ero in ammiraglia dietro al gruppo, nei primi 20 chilometri non si è mai scesi sotto i 60 all’ora. Era una gara in stile Nord, forse più Liegi, dove non c’è pavé ma tanti strappi e bisognava saper limare per non fare troppa fatica».

«Gli strappi erano brevi – conferma il vincitore Mecchi – tutti sotto al chilometro e mezzo. Non durissimi, ma a ripetizioni poi rimanevano nelle gambe. Ad inizio corsa ero anche teso, poco sereno, quasi impaurito, poi sono caduto e mi sono tranquillizzato. Queste esperienze aumentano il nostro bagaglio tecnico, così, una volta tornati in Italia, abbiamo un’arma in più da giocare in corsa».

Parigi, le medaglie, i tecnici, le scelte: Amadio, come si fa?

27.03.2024
5 min
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E’ comprensibile che, guardando alle Olimpiadi di Parigi, ciascun tecnico voglia per sé gli atleti migliori. Pertanto è comprensibile che lunedì Marco Villa si sia irrigidito davanti all’ipotesi, appena sussurrata, che Elisa Balsamo possa essere dirottata sulla strada o portata a fare sia strada sia pista. In realtà Diego Bragato, responsabile del settore performance della FCI, ha spiegato in modo semplice ed efficace che il doppio impegno sia un grosso rischio: due giorni per recuperare sono pochi. Così se l’eventualità è stata esclusa da un pezzo per Ganna e Milan, si dovrà ragionare anche per le donne. Il quartetto è una costruzione particolare e spietata. Immaginare di avere uno degli atleti in condizioni poco meno che perfette dà i brividi. Per contro, privare la strada di una campionessa del mondo (lasciamo fuori dal discorso Chiara Consonni per non aggiungere altra carne al fuoco) sarebbe un duro colpo per Sangalli.

Dato che ciascun tecnico vuole per sé gli atleti migliori, la distribuzione degli azzurri non sarà lasciata alle valutazioni individuali, ma vedrà il team manager Roberto Amadio nei panni del mediatore. E dato che si parla di Olimpiadi, anche il CONI dirà la sua ed è chiaro che i criteri siano diversi da quelli di mondiali ed europei. Si ragiona giustamente per medaglie, per cui a un certo punto la ragion di stato prevarrà sulle ambizioni personali di tecnici e atleti. Perciò, per arricchire il punto di vista e dargli un’altra profondità, abbiamo affrontato la questione con Amadio.

Roberto Amadio è dal 2021 team manager delle nazionali: debuttò alle Olimpiadi di Tokyo
Roberto Amadio è dal 2021 team manager delle nazionali: debuttò alle Olimpiadi di Tokyo
Allora Roberto, come la mettiamo?

La valutazione tecnica fra uomini e donne è diversa, avete ragione. Anche il modo di interpretare le corse femminili è diverso da quello maschile. Ci sono molte più possibilità che arrivi un gruppetto senza la selezione ben definita che potrebbe verificarsi fra gli uomini. Un po’ per la distanza, un po’ per il percorso, un po’ per i fenomeni che vediamo in questo momento e che possono accendere la corsa in qualsiasi momento. Con le donne è diverso, ma credo sia ancora presto per immaginare degli scenari. Perché ci sono ancora delle classiche che possono offrire spunti. E poi soprattutto sono convinto che deve essere l’atleta a esprimere la propria convinzione di poter far bene, qual è la sua ambizione. Per cui vedremo, sono situazioni diverse che valuteremo.

Immaginiamo sia una valutazione complessa.

Abbastanza. La Federazione e di conseguenza il CONI valuteranno anche in base a quante possibilità abbiamo di andare a medaglia in una specialità piuttosto che in un’altra. Questo è chiarissimo e taglia tutti i discorsi. Per ora tuttavia direi di aspettare, lasciare ancora del tempo e far passare le classiche che sto osservando molto bene, immaginando quali situazioni potrebbero ripetersi eventualmente a Parigi. Visto il percorso, immagino che ancora una volta alle Olimpiadi verranno fuori atleti di fondo.

E’ complicato tenere in equilibrio i vari settori?

In realtà qua il vero problema è il modo di lavorare dell’UCI. Prima si riempiono la bocca con la multidisciplina e poi fanno di tutto perché alle Olimpiadi non si possa metterla in atto. Se la prova su strada fosse stata cinque giorni prima o una settimana prima, tutti questi problemi non ci sarebbero stati. L’interazione fra settori funziona e la dimostrazione sono Milan, Ganna, Consonni e tutte le ragazze che fanno pista e vincono su strada. Ma non si può mettere in difficoltà una specialità o l’altra perché viene fatto un calendario che rende impossibile farle entrambe. Soprattutto gli uomini come possono fare un inseguimento a squadre due giorni dopo una corsa di 290 chilometri, sapendo di dover fare 3’43” – 3’44” in qualificazione per essere fra primi quattro? Il tema è questo.

La Gand-Wevelgem donne di domenica è stata un primo momento di osservazione
La Gand-Wevelgem donne di domenica è stata un primo momento di osservazione
Il calendario di Tokyo infatti era migliore, invece a partire dagli ultimi mondiali di Glasgow è cambiato qualcosa in peggio…

Infatti il problema non è del CIO, ma dell’UCI.

La Federazione avrebbe potuto opporsi a questo calendario nel momento in cui è uscito?

Lo sapete come fanno, no? Tirano fuori il calendario quando è stato approvato ed è impossibile modificarlo.

Immagini di fare una riunione con tutti i tecnici per affrontare l’argomento?

Ho già fatto due riunioni tutti assieme dove abbiamo preso delle decisioni. Ne farò un’altra a breve, dove faremo il punto su Parigi, sui mondiali e gli europei. Faccio sempre le riunioni assieme a tutti, perché comunque sono tutti coinvolti, visto il tipo di atleti che abbiamo soprattutto per quanto riguarda pista, strada e crono. Poi ci sono complicazioni ulteriori a livello di iscrizione e partecipazione all’Olimpiade. Hanno ridotto di un’unità tutte le specialità per rimanere dentro il numero degli atleti, quindi se a Tokyo avevamo cinque atleti in competizione e uno fuori che poteva subentrare, a Parigi ne abbiamo quattro in gara più uno a disposizione. Per cui alla fine siamo penalizzati noi che abbiamo un numero di atleti superiore. Non è facile, sono giorni che lotto per capire come incastrare tutte le cose.

Nella recente ricognizione a Parigi, Velo, Bennati e Sangalli: tecnici di crono, strada pro’ e strada donne
Nella recente ricognizione a Parigi, Velo, Bennati e Sangalli: tecnici di crono, strada pro’ e strada donne
Certo non è facile mettersi nei panni dei singoli tecnici, che devono rinunciare ad atleti potenzialmente competitivi…

Li capisco, però voglio ribadire che per le Olimpiadi, a differenza del mondiale e degli europei, in cui i tecnici fanno le loro valutazioni specifiche, si fanno scelte per il bene della nazionale, della Federazione e del CONI. Questo deve essere percepito anche dalla gente. Saranno fatte valutazioni con delle logiche precise e ce ne prenderemo la responsabilità. Che vada bene o vada male, ci siamo abituati. Se andrà bene, il merito sarà di qualcun altro. Se andrà male, si sa di chi è la colpa. Ma questo onestamente è l’ultimo dei miei problemi.

Nuova Pinarello Bolide, quella per le Olimpiadi di Parigi

27.03.2024
6 min
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La nuova Pinarello Bolide per la pista era nell’aria ed occola qui. Non una, ma due versioni dedicate alle compagini maschile e femminile in vista dei Giochi Olimpici di Parigi 2024.

Gli uomini avranno in dotazione la versione evoluta con telaio in lega Scalmalloy con tecnologia 3D (Bolide F HR 3D), mentre le donne gareggeranno con una Bolide HR C in carbonio. Fausto Pinarello ci racconta alcuni aneddoti interessanti, insieme ad Elia Viviani che ci fa un’analisi approfondita della bici.

Bolide 3D in dotazione al quartetto uomini (foto Federciclismo)
Bolide 3D in dotazione al quartetto uomini (foto Federciclismo)

La visione di Pinarello

Il nuovo progetto prende forma nel 2022, prima con Dan Bigham che nell’agosto 2022 stabilisce il record dell’Ora, primato che diventa una sorta di anticipazione rispetto a quello storico in arrivo. Infatti, l’8 ottobre 2022, Filippo Ganna copre la storica distanza di 56,792 chilometri, nel velodromo di Grenchen e con la nuova Bolide. La stessa bici diventa campione del mondo nell’inseguimento individuale (sempre con Ganna) la settimana successiva, coprendo la distanza di 4 chilometri in 3’59”636.

«Siamo un marchio italiano iconico – dice Fausto Pinarello – e il fatto di poter collaborare con la squadra italiana di ciclismo su pista mi riempie di orgoglio, oltre ad essere un banco di prova che contribuisce in maniera fondamentale a ricercare performances sempre più elevate. Abbiamo investito molto per produrre sei biciclette in lega Scalmalloy stampate in 3D per la squadra maschile e sei versioni in fibra di carbonio per la squadra femminile, compresi gli stampi di 3 diverse taglie.

«Siamo convinti – prosegue Pinarello – di aver fornito bici che permetteranno alla squadra maschile di difendere il titolo olimpico su pista e alla nostra fortissima squadra femminile di conquistare l’oro. Se da un lato i numeri della squadra maschile sono esaltanti, ma da un certo punto di vista ce li aspettiamo, dall’altro abbiamo le ragazze che vanno davvero forte. Sono il simbolo di una scuola che ha poco da invidiare ad altri».

Il perché dei due materiali

«Voglio sottolineare che questo ennesimo passo avanti – riprende Pinarello – è il frutto di una ricerca che è partita anni addietro e che mette insieme anche i tanti volti giovani che lavorano con noi e per noi. La base della bici in lega che sarà in dotazione agli uomini è quella usata da Bigham prima e da Ganna poi, con alcuni piccoli aggiornamenti, come ad esempio una scatola del movimento centrale più larga. E’ stato mantenuto il medesimo fattore Q in modo da non cambiare gli angoli di spinta.

«E’ rigidissima. Tutta questa rigidità – spiega Fausto – può essere controproducente quando le potenze scendono. Per questo abbiamo sviluppato la nuova piattaforma in carbonio per le donne, più facile e più leggera, meno violenta rispetto alla 3D. Questa in carbonio è la discendente diretta di quella utilizzata da Milan nella sfida con Ganna».

La passione prima di tutto

«Non considero la pista un business vero e proprio – ci racconta Pinarello – perché è prima di tutto una passione. Mi piace vedere, osservare e capire gli atleti in pista, vederli con le bici che portano il mio nome, prodotti frutto di una ricerca estrema e dell’avanzamento tecnologico. E’ vero, sono comunque un veicolo di promozione per l’azienda, ma queste stesse bici non hanno un ritorno economico vero e proprio, anzi.

«Alle spalle di queste biciclette c’è un immenso sviluppo. Solo una volta che sei coinvolto, riesci a capire quanto studio e quali insegnamenti possono discendere sugli altri utilizzatori. La pista è un settore affascinante, lo era in passato, lo è ancor di più adesso».

Viviani, secondo dietro Lamon, durante le prove con il quartetto e la nuova Bolide (foto Federciclismo)
Viviani, secondo dietro Lamon, durante le prove con il quartetto e la nuova Bolide (foto Federciclismo)

Viviani entra nel dettaglio

«La nuova Pinarello Bolide – spiega – è il risultato di tutti gli studi fatti anche in epoca successiva al record dell’ora di Ganna. E’ stato cambiato il passo della forcella che ora è da 65 millimetri, come il perno del carro posteriore diventato da 100. Nuovo anche il design per adattare meglio le nuove ruote Campagnolo che useremo con copertoncini e camere d’aria. Le gomme saranno Vittoria e proprio in questo periodo stiamo ultimando una serie di test mirati alla valutazione dello pneumatico più adeguato. Quella del quartetto maschile è più pesante se messa a confronto con quella in carbonio delle ragazze, ma è molto più rigida. Perde qualcosa nel primo mezzo giro – prosegue Viviani – ma una volta lanciata, il guadagno è notevole. In fatto di performance, la bici è molto più lineare, un fattore non secondario se consideriamo quello di cui ha bisogno un quartetto. Bisognerà prenderci la mano».

Appendici adattabili

«Dal punto di vista del design – prosegue Viviani che una volta di più si dimostra un interlocutore tecnico d’eccellenza – le due bici, quella in lega stampata 3D e quelle monoscocca in carbonio, sono pressoché identiche. Le appendici sono adattabili anche per essere conformi ai regolamenti UCI in base all’altezza dei corridori delle tre fasce: fino ai 180 centimetri, dai 180 ai 190, oltre i 190 centimetri.

«Le pedivelle e le corone sono Miche -conclude Viviani – con power meter SRM e cuscinetti ceramici. Con tutta probabilità le prove di Parigi verrano fatte senza misuratore, per avere un comparto ancor più aerodinamico».

Pinarello

Frigo “inviato” speciale al Catalunya. E intanto lavora per il Giro

27.03.2024
5 min
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«Esco dalla settimana più veloce della mia vita». Marco Frigo è rimasto se non proprio scioccato quantomeno colpito dalla Volta Ciclista a Catalunya. Non bisogna farsi ingannare dai suoi numeri nella corsa spagnola. Il veneto della Israel-Premier Tech ha chiuso oltre il centesimo posto nella generale, ma è stato sempre nel vivo della gara. E a disposizione del suo team.

Per questo, oltre che della sua corsa, Frigo è diventato per noi una sorta d’inviato in gruppo. Osservatore speciale di corridori e tattiche.

Marco Frigo (classe 2000) è il primo da sinistra. Al Catalunya si è messo a disposizione della sua squadra
Marco Frigo (classe 2000) è il primo da sinistra. Al Catalunya si è messo a disposizione della sua squadra
Marco, partiamo da quella tua frase: la settimana più veloce di sempre. Cosa significa?

Che siamo andati forte davvero. Ero partito per il Catalunya ben consapevole di quello che avrei trovato, anche se era la mia prima partecipazione in questa corsa. I miei compagni mi hanno sempre detto che questa corsa, specie in salita, è una delle più dure. Quindi è stata una settimana bella intensa… come mi aspettavo.

Vedevamo medie stellari, in effetti.

Siamo andati forte sin dal primo giorno. Anche la prima tappa, era un continuo destra-sinistra sulla costa. Sembrava un po’ la tappa di Napoli dell’anno scorso al Giro d’Italia. E poi in generale le fughe non hanno mai preso troppo spazio, 1’50”-2′ al massimo. E il bello è che le chiudevano a 50-60 chilometri dall’arrivo. Dinamiche davvero particolari.

Ecco, parlaci proprio di queste dinamiche. Cosa hai notato? Che succedeva in gruppo?

Sin dal primo giorno ho visto una UAE Emirates sicura delle proprie potenzialità, forte anche di un Pogacar in forma. Hanno dominato ogni tappa, a parte quelle con arrivo di volata di gruppo. Facevano ritmi impressionanti in salita, ma anche in discesa. E poi direi che ho notato un livello alto in generale. Erano tutti molto preparati proprio in salita.

E questo incideva sulla tattica?

In questa corsa e ai Paesi Baschi le squadre portano formazioni votate alle salite. Dopo scalate impegnative affrontate a ritmi vertiginosi, in altre occasioni saremmo rimasti in 30 corridori: qui ti giravi e c’erano dietro almeno 100 corridori. Dalla tv magari sembrava andassimo a spasso vedendo tanti atleti in gruppo e invece no. Anche perché se porti gente adatta alla salita, difficilmente è disposta a fare il gruppetto. Prima di farlo sputa sangue.

Frigo (a centro foto) e la Israel non hanno rinunciato a fare una corsa attiva
Frigo e la Israel non hanno rinunciato a fare una corsa attiva
Torniamo al discorso UAE Emirates, come si sono mossi?

Controllavano la prima parte della corsa, i primi 100 chilometri, con due corridori, poi sotto alle salite entravano in scena gli altri uomini, gli scalatori. Sono rimasti davanti tutta la settimana senza problemi. Qualche volta si è visto un timido avanzamento della Visma-Lease a Bike, ma nulla di che. E poi noi della Israel-Premier Tech ci abbiamo provato più volte, avevamo una formazione molto forte per questa gara.

Perché?

Perché abbiamo molte attività in zona, perché tanti corridori vivono tra Andorra e Girona. Io ho cercato di dare il mio apporto, agendo secondo le richieste del team. Nella prima frazione ci siamo mossi bene. Si faceva la tappa per Stephen Williams, che è veloce. C’era una salita di 6 chilometri a 30 dall’arrivo. Abbiamo fatto un’azione mirata a tagliare fuori i velocisti puri e ci eravamo riusciti. Poi sono rientrati a 4 chilometri dalla fine, ma era giusto così. Qualcosa di simile abbiamo fatto anche nell’ultima tappa. Insomma non siamo stati passivi.

Di Pogacar cosa ci dici?

Non saprei neanche cosa rispondere! E’ forte, in questo momento non c’è nessuno al suo livello. Almeno al Catalunya è stato così. Forse nell’ultima tappa era un po’ stanco… anche se poi ha vinto anche quella.

E tu Marco? Più d qualche volta di abbiamo visto davanti. Ci sembravi in controllo, pimpante… Sei “in bolla” con la tua tabella di marcia in vista del Giro?

Sono soddisfatto. Arrivavo al Catalunya dal ritiro in quota a Sierra Nevada e la mia condizione poteva essere un punto di domanda. Però ho avuto belle sensazioni, perciò direi di essere in tabella per fare un buon Giro d’Italia. E soprattutto sono contento che ci siano ancora dei margini. Mi sono presentato a questa corsa non per il Catalunya in modo specifico, ma con una buona condizione sempre in ottica Giro. Lo scorso anno nello stesso periodo avevo fatto la Coppi e Bartali e non avevo proprio le stesse sensazioni.

La UAE Emirates ha dominato in lungo e in largo secondo Frigo, a prescindere da Pogacar
La UAE Emirates ha dominato in lungo e in largo secondo Frigo, a prescindere da Pogacar
Ora come procederà il tuo programma?

Adesso sto passando ancora qualche giorno di recupero a casa, in Veneto. Poi tornerò per altre due settimane a Sierra Nevada. A metà aprile più o meno farò due corse di un giorno in Francia, la Grand Besancon Doubs e il Tour du Jura, e poi andrò al Giro.

Farai altra altura tra le corse in Francia e il Giro?

E’ da valutare. Pensavo di andare sul Pordoi, ma dipenderà molto dal meteo. Vedremo…

Al Catalunya si è visto un bel Tiberi…

Con Antonio, visto che abbiamo solo un anno di differenza (Tiberi è un 2001, ndr), siamo stati spesso rivali anche nelle categorie giovanili. Penso, e ho sempre detto, che lui sia uno dei nostri talenti migliori, uno dei ragazzi con il motore più grande. Spero che prestazioni come quella al Catalunya possano aiutarlo. E’ un piacere vederlo lassù.

Ma è anche un tuo rivale per la maglia bianca?

L’età dice questo, ma io parto per il Giro d’Italia con l’intento di vincere una tappa. Quello è il mio obiettivo principale. Però questo non significa che mollerò presto o a 50 dall’arrivo. Magari già nella prima settimana, dopo le prime due tappe, ci potranno essere delle buone occasioni.