Konychev alla guida della Padovani, con un piccolo rimpianto…

14.11.2024
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E’ un progetto importante, quello della Sc Padovani che va completandosi di ora in ora. Non poteva essere altrimenti per un nome storico del ciclismo italiano, nato addirittura nel 1909 e che dopo quarant’anni di stop aveva ripreso la sua attività nel 2014 dedicandosi agli juniores. Ora un passo in avanti, con l’allestimento della squadra U23 Continental. Nello staff tanti nomi affermati del ciclismo e fra loro anche una vecchia conoscenza del ciclismo nostrano come Dimitri Konychev.

Per l’ex campione sovietico, due volte sul podio mondiale, è un ritorno in ammiraglia dopo la dolorosa esperienza della Gazprom che ha lasciato tante domande senza risposta: «Tutto è nato da un incontro con Petacchi durante l’Italian Bike Festival di Misano. Mi ha paventato questa possibilità e gli ho subito detto che mi sarebbe piaciuto molto perché amo lavorare con i più giovani. Poi ho parlato anche con Ongarato e alla fine abbiamo avviato la macchina».

Alessandro Petacchi, il team manager, seguirà alcune trasferte, in base ai suoi impegni tv
Alessandro Petacchi, il team manager, seguirà alcune trasferte, in base ai suoi impegni tv
Un team che parte da zero?

Una base c’è, sia come nomi che come staff, ma certamente dobbiamo inserirci in un mondo non facile. Non possiamo porci particolari obiettivi se non quello di far bene il più possibile. Stiamo costruendo il roster, che alla fine sarà composto da 14 corridori.

Un numero esiguo secondo te?

Diciamo che un 2-3 elementi in più, i classici panchinari che entrano al bisogno avrebbero fatto comodo… Con 14 nomi non è semplice fare la doppia attività, serve davvero che la sorte ci dia una mano mantenendo in salute tutti i nostri corridori. Ma dobbiamo sempre tener presente che i soldi a disposizione sono limitati, per far funzionare tutto e quindi dobbiamo fare piccoli passi. Non siamo una squadra professional, le trasferte dobbiamo pagarle tutte noi, dobbiamo stare attenti.

Ares Costa (al centro), iridato e campione europeo nel quartetto
Ares Costa (secondo da sinistra), iridato e campione europeo nel quartetto
Tu che hai vissuto gli anni gloriosi della Fassa Bortolo con un maestro come Ferretti, hai il suo stesso metodo?

Non scherziamo, di Ferretti ce n’è stato uno e uno solo… I tempi sono cambiati, sono soprattutto cambiati i rapporti tra corridori e staff. Oggi è impossibile gestire una squadra come allora, ci sono relazioni diverse, ma sempre basate sul reciproco rispetto. A me piace lavorare con i giovani proprio per questo, perché c’è sempre la possibilità di plasmarli, di trasmettere le proprie esperienze.

Lo staff come sarà composto?

Saremo due direttori sportivi principali, io e Franco Lampugnani che viene dalla guida del team juniores, poi avremo altri 3 o 4 direttori sportivi giovani, che hanno da poco preso il patentino e che ci aiuteranno imparando il mestiere. Avremo così la possibilità di farli crescere vicino a noi, un team allarga i suoi orizzonti anche così.

Thomas Turri nell’annuncio sui social del suo ingaggio per il 2025
Thomas Turri nell’annuncio sui social del suo ingaggio per il 2025
Veniamo al roster: non ci sono corridori stranieri, è un caso abbastanza strano per un team italiano…

Uno straniero fai fatica a gestirlo, considerando le trasferte, sono costi che in questo momento non possiamo sostenere. Per questo abbiamo scelto una squadra completamente italiana, facciamo crescere buoni corridori di qui e allo stesso modo possiamo impiegare il budget nella maniera più costruttiva. Cercare un corridore estero non avrebbe avuto senso.

In base ai corridori che avete, quali saranno le vostre caratteristiche?

Abbiamo cercato corridori in grado di emergere nelle corse veloci ma anche impegnative. Un po’ come quelle del calendario belga o olandese, ma anche in Francia. Io dico che abbiamo in squadra gente capace, che se messa nelle condizioni può portare a casa grandi risultati.

Mirko Bozzola viene dalla Q36.5 per fare da regista in corsa, ma anche per cogliere traguardi di spicco
Mirko Bozzola viene dalla Q36.5 per fare da regista in corsa, ma anche per cogliere traguardi di spicco
Cercherete quindi di fare attività all’estero?

Possibilmente ne faremo molta, perché è lì che impari. Non posso dire dove andremo, in questi giorni stiamo inviando moltissime lettere per richiedere inviti, vedremo quel che salterà fuori. Quel che è certo è che cercheremo di dare tante opportunità di correre in gare di livello, confrontandosi con buoni team esteri per imparare il più possibile e togliersi anche importanti soddisfazioni.

L’ultimo acquisto in ordine di tempo è quello di Mirko Bozzola, che viene dal devo team della Q36.5. Come lo avete convinto?

Mirko con noi ha la possibilità di essere un cardine della squadra. Correndo in un devo team ha acquisito un’esperienza importante, ora pur avendo solamente 20 anni può essere davvero una sorta di regista in corsa, spiegare a chi entra nella categoria per la prima volta come si può muovere. Io vedo in lui le caratteristiche di un Paolini, per intenderci, oppure di un Tosatto o De Marchi. Fatte salve le sue aspirazioni personali perché parliamo di uno che può essere un vincente e lo ha dimostrato. Di corridori così posso assicurare che non ce ne sono tanti, per questo è davvero un ottimo acquisto.

Dimitri Konychev insieme a suo figlio Alexander. Averlo in squadra sarebbe stata la ciliegina sulla torta
Dimitri Konychev insieme a suo figlio Alexander. Averlo in squadra sarebbe stata la ciliegina sulla torta
Per il resto?

Stiamo completando il team, avremo con noi Ares Costa che è un giovane molto promettente, iridato junior nel quartetto dell’inseguimento, poi un altro che come Costa viene dal florido vivaio del Borgo Molino, Thomas Turri che è salito sul podio alla prima tappa del Giro del Friuli e che si è dimostrato prezioso nelle cronosquadre. Poi stiamo per chiudere con un elemento d’esperienza come Matteo Zurlo, insomma alla fine avremo un bel mix.

Torniamo un attimo alla figura di Bozzola regista in corsa. Non sarebbe stato un ruolo ideale anche per tuo figlio Alexander?

Eh, sarebbe stato bello averlo con noi, ma per ora sta bene dove sta, fa bene a continuare la sua attività al Team Vorarlberg. Sicuramente quel ruolo gli si sarebbe cucito a pennello, mi sarebbe piaciuto averlo con me in quest’avventura…

L’occasione mancata: Cozzi, la Tudor e il Giro d’Abruzzo

14.11.2024
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Hai presente quel giorno che ti sei mangiato le mani per una situazione che poteva essere gestita meglio? Claudio Cozzi ascolta e non ci pensa un secondo. Ha già chiaro quello che vuole raccontarci e con lui inauguriamo questa serie di articoli in cui i diesse del gruppo ci porteranno a rivivere le situazioni che non sono stati capaci di gestire. Che non hanno colto, da cui sono stati sorpresi o che potevano finire in modo diverso.

Il direttore sportivo del Tudor Pro Cycling Team si sta rimettendo da un intervento ed essendo bloccato a casa, ha tutto il tempo per ricostruire, ricordare e ragionare. La sua memoria vola dritta a Magliano dei Marsi, seconda tappa del Giro d’Abruzzo.

«La tappa che ha vinto Jan Christen – dice Cozzi – che potevamo vincere noi con Voisard. C’era una salita, poi la discesa e l’arrivo, con un po’ di falsopiano. Io avevo puntato tanto su Voisard, ma pensavo che sarebbe rimasto davanti anche Marco Brenner. Lui aveva già fatto un bel lavoro per tenerlo coperto, ma davanti c’era anche Reichenbach, che però non è stato brillante nel chiudere i buchi. Perciò tira e molla, tira e molla e Christen se n’è andato. E noi abbiamo fatto quarto e quinto…».

Claudio Cozzi è dallo scorso anno alla Tudor: con lui nel 20213 il team ha centrato la prima vittoria
Claudio Cozzi è dallo scorso anno alla Tudor: con lui nel 20213 il team ha centrato la prima vittoria
Cos’è che si poteva fare di diverso?

Si poteva vincere la tappa. Nella riunione avevo detto di seguire solo la UAE. A Voisard ho detto: «Tu segui Yates, mentre a Reichenbach ho detto di seguire gli altri e di non tirare. E lui è rimasto a ruota, Voisard ha dovuto chiudere 3-4 buchi e poi Christen è partito in contropiede ed è andato. Sono arrivato senza voce, immaginate com’ero contento… Io speravo di avere anche Brenner, ma non potevo pretendere di più dopo tutto quello che aveva fatto in salita. Era la classica salita contro vento e lui si è messo davanti per tenere coperto il compagno. Alla fine ha fatto anche bene in classifica e ha vinto la maglia dei giovani, mentre Voisard ha fatto quinto nella generale, anche se io speravo arrivasse sul podio.

Dopo la tappa avete parlato di come è andata?

Abbiamo parlato, certo che abbiamo parlato. Voisard ha detto la sua e secondo me aveva ragione. Anche Reichenbach ha detto quello che pensava, però poi ho parlato anche io. Gli ho detto che avevamo fatto una cavolata, perché potevamo giocarci la tappa e bisognava stare più attenti. Bisognava seguire le disposizioni che ci eravamo dati nel meeting. Invece abbiamo buttato via tutto il buono. Avevamo preso bene la salita davanti. Avevamo fatto tutto bene. Eravamo in tre su nove corridori. avevamo deciso quale fosse la squadra da seguire e la perdiamo così? Alla fine il più forte è stato Lutsenko che ha vinto la corsa, però quel giorno lì per me con Yates, Ulissi e Christian, la UAE era la squadra più forte. Loro erano quattro, noi eravamo in tre e se Reichenbach avesse fatto la sua parte, noi vincevamo la tappa.

La seconda tappa del Giro d’Abruzzo a Magliano de’ Marsi l’ha vinta Jan Christen
La seconda tappa del Giro d’Abruzzo a Magliano de’ Marsi l’ha vinta Jan Christen
Si è preso una lavata di capo?

Non gliene faccio una colpa, però poteva anche svegliarsi. Forse avendo sempre lavorato per i capitani, tirando, non ha la brillantezza di chiudere i buchi e scattare in continuazione. Glielo dicevo alla radio. Gli dicevo di andare avanti e dare qualche cambio a Voisard, di non far tirare solo lui

E’ il tuo rimpianto principale del 2024?

Quella tappa sentivo che potevamo vincerla. L’avevamo studiata bene, preparata bene, avevamo corso bene fino a in cima alla salita. Avevamo fatto tutto quello che avevamo progettato. Stava venendo tutto come volevamo. Anche l’approccio alla salita non era stato facile. Si arrivava da una strada larga, con il vento di lato, poi si entrava in paese e c’era un po’ di toboga. Abbiamo fatto un bel lavoro per prendere la salita davanti, c’era davanti un corridore della UAE Emirates e poi c’eravamo noi. Quello è un rimpianto, soprattutto perché alla fine Voisard ha fatto quinto in classifica generale. Fino a Prati di Tivo era terzo, il podio era lì. Invece quando Lutsenko ha attaccato all’Aquila, si è staccato, è rientrato nel gruppetto e ha vinto la volata, però ormai il podio era scappato.

Lutsenko ha vinto la volata per il secondo posto alle spalle di Christen. Quarto Voisard: per Cozzi, un’occasione mancata
Lutsenko ha vinto la volata per il secondo posto alle spalle di Christen. Quarto Voisard: per Cozzi, un’occasione mancata
Perché hai tirato fuori proprio questa corsa?

Quando ci sono tappe che puoi vincere, le devi vincere. Non devi sbagliare, perché dopo le rimpiangi. Non mi sento di colpevolizzare i corridori, perché probabilmente ho sbagliato qualcosa anch’io. Quando succedono queste cose, uno deve prendere le sue responsabilità. Forse non ho fatto capire a Reichenbach quale fosse il suo lavoro. Gliel’ho detto mille volte, ho parlato in riunione e ho finito la voce nella radio. Però se sono con loro, devo ritenermi responsabile come loro. Non è che scappo dal bus, mi arrabbio, scendo e me ne vado. Sto nel bus con loro e vado in albergo con loro. Ascolto tutti i loro pareri, poi dico la mia, discutiamo e chiariamo la situazione.

E’ bello che ci si infervori anche per una gara piccola come l’Abruzzo e non solo per le grandi corse.

Noi siamo andati lì per far bene. Voisard stava preparando il Romandia, va bene. Però quando si può, dobbiamo fare risultato. Era venuto tutto bene e mi dà davvero fastidio averla buttata così.

Il mercato e i piani della FDJ-Suez per vincere il Tour

13.11.2024
3 min
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Guardando in casa propria, come faremmo anche noi se avessimo una squadra alla stessa altezza, i colleghi de L’Equipe sono andati a curiosare dietro le quinte della FDJ-Suez in cui Demi Vollering, Juliette Labous e le biciclette Specialized hanno raggiunto Evita Muzic e Vittoria Guazzini. Sono partite Marta Cavalli e Grace Brown, ma lo squadrone che sta nascendo ha un obiettivo dichiarato e nemmeno a bassa voce: vincere il Tour de France.

Il quotidiano francese ha così intervistato Stephane Pallez, amministratore delegato di FDJ, e Sabrina Soussan, a capo di Suez che hanno appena annunciato il prolungamento del loro impegno fino al 2028. Ne pubblichiamo due estratti, perché si capisca che il ciclismo non è un investimento a perdere, tutt’altro.

Sabrina Soussan e Stephane Pallez posano con la maglia della FDJ-Suez (A. Mounic/L’Équipe)
Sabrina Soussan e Stephane Pallez posano con la maglia della FDJ-Suez (A. Mounic/L’Équipe)

Fino al 2028

Stephane Pallez è presidente e amministratore delegato di Francaise des Jeux, l’impresa per il 72 per cento di proprietà dello Stato, che detiene il monopolio delle lotterie e delle scommesse sul territorio francese e nelle ex colonie. Dopo essere stato per vent’anni il primo nome della squadra di Madiot (1997-2017), il marchio è diventato primo nome del team femminile.

«Siamo la squadra preferita delle donne francesi – spiega Pallez – ma siamo convinti che il ciclismo femminile in Francia abbia bisogno di nuovo slancio. Vogliamo creare un rapporto con il grande pubblico. Mi sono battuta per la rinascita del Tour de France Femmes. Per investire nel ciclismo servono grandi squadre, supportate da grandi sponsor, con una visione e grandi eventi. Solo così il pubblico aumenta e il sistema diventa sempre più attraente.

«Il nostro budget supera abbondantemente i 4 milioni di euro, ma firmando fino al 2028, siamo pronti ad aumentarlo. Dobbiamo far crescere una generazione di campioni francesi, nutrire l’ecosistema, ispirare ed esibirci con una squadra internazionale e campioni francesi come Evita Muzic o Juliette Labous. Vogliamo che vinca la squadra migliore. Dietro questo team ci sono i nostri 40.000 dipendenti in tutto il mondo. Ma non siamo qui solo per assistere allo spettacolo. La situazione si è evoluta, non abbastanza, ma l’immagine è completamente cambiata. Siamo riusciti a dimostrare che quando ti dedichi a questo sport, trovi molto presto il sostegno del pubblico».

Burgos, foto di due anni fa: sullo stesso podio (da sinistra) Muzic, Labous e Vollering: dal 2025 tutte insieme
Burgos, foto di due anni fa: sullo stesso podio (da sinistra) Muzic, Labous e Vollering: dal 2025 tutte insieme

Vincere il Tour

Sabrina Soussan è presidente e amministratore delegato di Suez, una multinazionale francese – seconda al mondo nel suo ramo – nel settore della gestione idrica e della gestione dei rifiuti. 

«Essere stati la seconda squadra al Tour (dietro alla Lidl-Trek) è un ottimo risultato, anche se ci piacerebbe vincere. Abbiamo ottenuto ottimi risultati all’estero, siamo l’unica squadra francese nel WorldTour. Stiamo progredendo e si vede anche l’entusiasmo dei dipendenti. L’idea è nata quando questo sport aveva molta meno visibilità di adesso. Ha risposto alle nostre sfide di inclusione, prossimità e sviluppo sostenibile. Sono appassionata di sport, ci sono molti paralleli con il mondo del lavoro.

«L’aspetto dell’inclusione è stato importante e come azienda puntiamo al 40% di donne dirigenti e manager entro il 2027. Non appena la squadra attraversa una città, organizziamo degli eventi e i nostri collaboratori vengono tutti. Siamo anche sponsor del Tour Femmes sui temi acqua e rifiuti e questo ci dà anche un’ottima visibilità. Ma ora vogliamo vincere il Tour de France, a squadre e individuale. Spero che questo esempio incoraggi le aziende a sponsorizzare lo sport femminile in generale. Sentire i leader aziendali dirmi che abbiamo dato loro delle idee è più che incoraggiante. Ciò che facciamo ha uno scopo».

Rossato ci presenta i sei nuovi gioiellini della VF Group-Bardiani

13.11.2024
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La VF Group-Bardiani ha ufficialmente concluso il proprio mercato puntando tutto sui giovani. Sei atleti juniores si uniranno alla squadra emiliana per la prossima stagione: Filippo Cettolin, Edward Cruz, Santiago Ferraro, Martin Herrero, Andrea Montagner e Mattia Stenico. Mirko Rossato (in apertura foto di Gabriele Reverberi), direttore sportivo della squadra emiliana, è da sempre il responsabile del gruppo giovani dei Reverberi.

La sua esperienza con i ragazzi ormai è quasi ventennale, ma in questi ultimi tre anni di “progetto giovani” è cresciuto anche lui in qualche modo. Allenare veri under 23 è diverso. Qui significa essere parte di una squadra vera, fare ritiri e allenarsi insieme ai professionisti.

«Ho sempre lavorato con gli under 23 – racconta Rossato – quindi è cambiato relativamente poco. Conosco i ragazzi e so come si approcciano. Una buona parte della mia carriera è stata con loro; penso ai tempi della Trevigiani. Mi dispiace per la chiusura della Zalf, che era un simbolo. Squadre come quella lavoravano bene. Bisogna superare l’idea che solo i team WorldTour siano capaci o che solo all’estero si facciano certe cose. Anche in Italia si lavora bene».

Filippo Cettolin (classe 2006) è uno dei sei innesti del team italiano (foto VF Group Bardiani – CSF Faizanè)
Filippo Cettolin (classe 2006) è uno dei sei innesti del team italiano (foto VF Group Bardiani – CSF Faizanè)

I sei ragazzi

Ma veniamo ai sei atleti. Per Rossato si tratta di innesti che si completano bene tra loro: ci sono “quasi sprinter”, passisti veloci, passisti scalatori e scalatori. «Filippo Cettolin – dice Rossato – è un velocista versatile, noto per il suo palmares sin da giovane per i piazzamenti nelle competizioni giovanili. È adatto ai percorsi misti: non direi un velocista puro, ma un velocista moderno.

«Andrea Montagner lo conosciamo già. Ha un bel curriculum tra le giovanili, proviene dalla Borgo Molino ed è un attaccante nato. Solo nell’ultima stagione ha collezionato sette vittorie. Montagner è un atleta di qualità, con ottime caratteristiche in salita e una propensione all’attacco. È un passista-scalatore.

Poi ci sono i due colombiani: Edward Cruz e Santiago Herrero, scalatori come da tradizione. Mirko punta molto su di loro, anche in funzione delle gare a tappe e, perché no, pensando al Giro Next Gen. «Con il loro contributo potremo competere ai massimi livelli, con il sogno ambizioso di un podio al Giro d’Italia U23 entro i prossimi tre anni. Entrambi sono in Italia già da due anni, e si stanno adattando e allenando con continuità.

«C’è poi Mattia Stenico: campione europeo di mountain bike, anche lui come Montagner è un passista-scalatore e promette di adattarsi bene su strada. Ha un grande potenziale per le salite, capace di fare la differenza nei percorsi più impegnativi. Santiago Ferraro, invece, ha una buona resistenza in salita e per me avrà ottime attitudini per le gare di un giorno. Ferraro rappresenta una risorsa strategica per le classiche e le competizioni dure».

Montagner è anche un ottimo cronoman: quest’anno è stato azzurro agli europei
Montagner è anche un ottimo cronoman: quest’anno è stato azzurro agli europei

Idee chiare

Rossato e la VF Group-Bardiani hanno già un programma di lavoro chiaro, favorito anche dal fatto che il calendario è più definito rispetto al passato. «Gli organizzatori stranieri hanno capito il nostro progetto, e oggi abbiamo molti inviti, anche se non possiamo onorarli tutti. Inizieremo il 4 marzo in Croazia, poi ci saranno tutte le classiche del calendario italiano, e altre corse all’estero».

Il progetto giovani della VF Group-Bardiani sta davvero ingranando. Anche il fatto stesso di essere riusciti a ingaggiare Montagner e Cettolin la dice lunga. Ormai i ragazzi – vuoi perché sono forti, vuoi perché incoraggiati dai social o dai procuratori – aspirano tutti a un development team. Loro invece sapevano già a luglio che sarebbero arrivati alla VF Group-Bardiani, proprio perché il progetto è chiaro, e l’emergere di corridori come Pellizzari ne è la prova.

«Abbiamo osservato questi atleti già nella scorsa stagione – spiega Rossato. Ogni atleta è stato attentamente selezionato, sottoposto a test fisici e valutato nelle performance su strada e in laboratorio, rispettivamente dal dottor Giorgi a Siena e dal dottor Borja Martinez Gonzalez. Abbiamo visto, in base ai carichi di lavoro, che avevano margini di miglioramento, quindi li abbiamo ingaggiati. L’obiettivo è farli crescere, come abbiamo fatto negli ultimi tre anni».

Farà parte del gruppo giovani anche Filippo Turconi, approdato quest’anno alla corte di Rossato. Lui ha già “assaggiato” le gare con i pro’
Farà parte del gruppo giovani anche Filippo Turconi, approdato quest’anno alla corte di Rossato. Lui ha già “assaggiato” le gare con i pro’

Obiettivi e filosofia

La VF Group Bardiani offre a questi giovani un programma che combina crescita sportiva e la possibilità di continuare gli studi, come sottolinea Rossato: «Prima la scuola, poi la bicicletta. La priorità è formare atleti completi e responsabili. Le competizioni all’estero e i ritiri invernali daranno modo ai ragazzi di confrontarsi con atleti di livello e di acquisire le competenze necessarie per affrontare un calendario intenso. Per garantire la crescita graduale, faranno il ritiro con i professionisti in Spagna a dicembre solo per cinque giorni. Non parteciperanno a quello di gennaio, ma faranno un breve ritiro a febbraio, con qualche “veterano” che inizierà la stagione più tardi».

Rossato è convinto che questo gruppo, che include anche il “più maturo” Filippo Turconi (classe 2005, mentre gli altri sono del 2006), porterà risultati già dalla prima stagione. «Questo drappello di ragazzi – conclude – potrà contribuire concretamente al successo della VF Group-Bardiani, confermando la solidità del progetto giovani».

La Bella, il bicchiere mezzo pieno di un 2024 difficile

13.11.2024
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In una stagione più difficile del previsto, ci vuole ben altro per scoraggiare una filosofa. Eleonora La Bella dal suo 2024 è riuscita ad estrarre le luci in mezzo a tante ombre dando fondo alla sua materia preferita. Adesso è già proiettata al salto nelle elite con l’Aromitalia 3T Vaiano.

In questi giorni sta sfruttando il sole che splende attorno alla sua Anagni per i primi lavori di preparazione dopo le vacanze e sentiamo Eleonora particolarmente motivata, grazie ad alcune novità. Sicuramente questa annata le è servita per capire qualcosa in più di sé e dello stesso ciclismo. La Bella mette in archivio il periodo juniores, dove è stata una delle migliori interpreti del panorama nazionale (in apertura foto Franz Piva). Ha preso il bello e il brutto, ma soprattutto traendo il massimo insegnamento. Le idee sono chiare, come sempre.

Eleonora passa elite nell’Aromitalia 3T Vaiano, ma resta sotto osservazione dai team WorldTour (foto Ossola)
Eleonora passa elite nell’Aromitalia 3T Vaiano, ma resta sotto osservazione dai team WorldTour (foto Ossola)

Il mancato WorldTour

Qualcuno si aspettava un passaggio della 18enne laziale nel WorldTour come si era vociferato e a tale riguardo va fatto un briciolo di chiarezza. Avevamo già trattato l‘accordo tra la BFT Burzoni e la DSM Firmenich PostNL, nel quale la formazione juniores piacentina era diventata un devo team di quella olandese, tuttavia senza vincoli od obblighi di passaggi di atlete.

Lo scorso febbraio La Bella è stata una delle tre ragazze italiane a salire nel quartier generale della DSM per una serie di test. Sembrava destinata alla squadra olandese, ma è presumibile che non sia stato trovato il giusto accordo. Anche in questo caso si può parlare di operazione rimandata, anche se Eleonora non è affatto scontenta della sistemazione trovata. Anzi, lo reputa decisamente più formativo.

«La proposta del Vaiano – racconta La Bella – è arrivata dopo il mondiale di Zurigo. Si sono fatti avanti dicendomi che gli interessavo da tempo e che avevano apprezzato la mia prova in Svizzera. Dopo aver accettato e fatto qualche video-chiamata, mi sono vista con Paolo Baldi (il team manager, ndr) e il resto della squadra al Giro dell’Emilia.

«Anche dal vivo – prosegue Eleonora – ho avuto la stessa buona impressione delle settimane prima. A dire il vero mi ha proprio colpita il suo discorso: “Eleonora, visto che il 2024 è andato così così, l’anno prossimo partiamo subito forte per recuperare il terreno perso e far vedere le tue potenzialità”. Mi sono sentita subito ben stimolata e considerata. Ho già visto una bozza del programma gare e mi piace tanto, con diverse trasferte all’estero. Poi troverò Virginia Iaccarino, amica e compagna di nazionale, oltre a Valentina Zanzi, mia ex compagna alla BFT. Sono molto contenta».

Hai un po’ di rammarico per non essere andata alla DSM o in un altro team WorldTour?

Inizialmente, devo essere sincera, ci sono un po’ rimasta male. Poi però riflettendo sulla mia stagione ho capito che devo fare step by step. Faccio un esempio pratico. Se quest’anno avessi vinto o fatto ancora meglio dell’anno scorso, probabilmente non avrei compreso appieno come comportarmi davanti ai problemi. Nel ciclismo e in generale nella vita di tutti i giorni, moltissime persone sottovalutano la crescita graduale che dobbiamo avere noi giovani. Quindi, se devo contestualizzare il tutto, meglio aver preso delle mazzate morali quest’anno ed aver imparato come affrontarle, anziché andare avanti vincendo e non saper come fare.

Ti conosciamo come una ragazza sensibile, cos’hai sofferto di questa stagione?

Venivo da un 2023 molto buono, forse oltre alle mie aspettative e che per forza aveva creato ulteriori aspettative in tanta gente attorno a me. So che quando non vedevano il mio nome in un ordine d’arrivo e tra le prime cinque, si chiedevano che fine avessi fatto, cosa avessi o cosa mi stava succedendo. Ho ricevuto molte critiche soprattutto per la prima parte dell’annata, anche su gare non adatte a me. Questa situazione l’ho subita particolarmente. Poi ho realizzato, forse un po’ tardi, che non ero io che dovevo rincorrere, ma io che dovevo dettarmi i tempi per ritrovarmi.

Cos’era che ti turbava?

Mi rendevo conto che non ero al top, infatti non sono mai veramente entrata in forma. Avevo troppe preoccupazioni per una serie di impegni a cui tenevo tanto e che volevo fare bene. A scuola avevo la maturità e non volevo restare indietro con lo studio. Naturalmente avevo il calendario delle gare con la squadra. Ed infine avevo anche scuola guida per la patente. Nessuno mi ha mai messo pressioni, però volevo far conciliare tutto al meglio. Devo ringraziare la mia famiglia che ha fatto molti sacrifici per aiutarmi, specie in questi frangenti.

Il sorriso però non l’hai mai perso e i bei momenti sono arrivati.

Sì, è vero, ho sempre cercato di trovare i lati positivi nelle situazioni più complicate. Quest’anno ho fatto un buon finale di stagione. A parte il secondo posto al campionato italiano cronosquadre, avevo vissuto una esperienza pazzesca al Tour de l’Avenir Femmes. In quella corsa ho capito il ciclismo del piano superiore, dove nessuna molla mai. Ha vinto un’atleta come Bunel che ha fatto dei numeri incredibili. Anche tante altre giovani sono andate fortissime ed io ero lì a vederle da vicino, cercando di aiutare le mie compagne. Ero l’unica junior e mi ha fatto enormemente piacere essere stata chiamata dal cittì Sangalli. Lo ringrazio perché mi ha dato fiducia non nel mio momento migliore. E questo mi è servito per ritrovare morale.

La BFT Burzoni per La Bella ha rappresentato una seconda famiglia nel biennio juniores (foto Franz Piva)
La BFT Burzoni per La Bella ha rappresentato una seconda famiglia nel biennio juniores (foto Franz Piva)
Come sono stati i due anni con la BFT Burzoni?

Sono davvero triste di lasciare questa squadra. Per me la BFT Burzoni ha rappresentato moltissimo. L’ho scritto anche in un post social per ringraziarli, compagne e staff. Mi hanno fatto crescere tantissimo sia come persona che come atleta. Loro mi hanno aperto ad un mondo nuovo. Se io fossi rimasta a correre nelle formazioni della mia zona, avrei corso quasi sempre qua attorno e non avrei scoperto tante cose di me oppure non avrei viaggiato così tanto. L’anno scorso è andata bene perché ho sempre corso prendendo tutto ciò che veniva come di guadagnato. Quest’anno ve l’ho già descritto e ripeto che ne esco molto maturata. I due anni con la BFT me li sono goduti totalmente.

Nel mentre come hai impiegato il tempo nella off-season?

Ho fatto circa un mese di stacco, come mi hanno consigliato i tecnici del Vaiano. Siccome quest’anno sono stata molto in giro tra Italia ed estero per le gare, non avevo una grande voglia di andare lontano. Mi sono concessa una piccola vacanza tra Roma e Napoli con la mia compagna di squadra Linda Ferrari. Però non so stare ferma del tutto, quindi occupavo le giornate con qualche corsa a piedi, seguendo delle lezioni di inglese visto che sono un po’ carente e seguendo anche le faccende di casa. Poi, con l’iscrizione alla facoltà di Filosofia all’Università di Roma Tor Vergata, ho iniziato a studiare e leggere alcuni testi.

Cosa si aspetta Eleonora La Bella dalla nuova avventura da elite?

Voglio andare per gradi. Ho ricominciato la preparazione da qualche giorno col mio nuovo allenatore Matteo Azzolini. Ho iniziato a lavorare con lui da poco e il 22 novembre avrò un primo test. Sto facendo queste settimane di adattamento. Gli serve avere informazioni su di me, deve avere dei punti di riferimento per impostare il piano di lavoro. Obiettivi ce ne sono, ma non saprei dire quali privilegiare. Sicuramente cercherò di migliorare l’esplosività, lo spunto veloce nelle volate ristrette e l’atteggiamento mentale con cui mi sono presentata quest’anno alle corse. Questi possono essere già degli ottimi punti di partenza, poi vedremo strada facendo. Sono motivata.

Trentin: Beking Monaco, il punto sul 2024 e il futuro della Tudor

13.11.2024
6 min
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Le fatiche di Matteo Trentin sono ricominciate da pochi giorni, la bici è tornata fuori dal garage ed è ora di riprenderci dimestichezza. «Mi sono fermato un mese intero – racconta – da ieri (lunedì per chi legge, ndr) ho ripreso a fare qualcosa. Quest’anno mi sono concesso un po’ di riposo in più, è stata una stagione lunga e dura».

Nel frattempo si lavora anche in vista della prossima edizione dell’evento Beking Monaco, la quarta. Il progetto, partito da Trentin e sua moglie Claudia Morandini, è cresciuto parecchio arrivando ad avere una caratura internazionale.

«In questo caso – spiega Trentin – siamo allo sprint finale. Nei prossimi dieci giorni vediamo cosa riusciremo a tirare insieme e poi tra dodici sapremo cosa abbiamo creato».

Nel 2023 il Criterium della Beking Monaco dedicato ai pro’ lo ha vinto Peter Sagan
Nel 2023 il Criterium della Beking Monaco dedicato ai pro’ lo ha vinto Peter Sagan

Qualche difficoltà

Raccogliere fondi per organizzare un evento non è mai semplice, soprattutto se c’è il ciclismo di mezzo. Anche in caso di eventi come Beking le difficoltà non mancano, nonostante i valori e i soggetti coinvolti. 

«Mi sarei aspettato, magari – prosegue – una maggiore facilità nel raccogliere i fondi necessari, ma ormai è sempre più difficile per il ciclismo essere appetibile. Nonostante il nostro sia un evento di beneficenza, non è mai facile e ogni anno si è alla ricerca di partner nuovi o aziende interessate. I soldi a quest’ultime non mancano, basti vedere quanto si investe sul fenomeno Sinner. Il problema è che il ciclismo fa fatica e lo stesso andazzo lo si trova nel WorldTour. Siamo vittime del nostro passato e da un lato non capisco il perché. Anche altri sport hanno avuto i loro momenti difficili eppure sono ritornati in alto. Dopo la parentesi delle scommesse nel calcio tutto è tornato alla normalità. Il ciclismo fa fatica a liberarsi di certi stereotipi».

In attesa di capire meglio diciamo che Beking si farà…

Ci siamo e il format è ormai collaudato. Gli eventi principali saranno la pedalata con i bambini e il criterium dei professionisti alle 14. Il supporto dei personaggi esterni e di chi crede nel progetto è elevato. Nella cena di gala a conclusione del tutto avremo molti pezzi pregiati all’asta. Ci sarà un casco firmato da Charles Leclerc, la bici di Pogacar e le sue tre maglie conquistate quest’anno: rosa, gialla e iridata. Per quanto riguarda la gara avremo Pogacar, la new entry Pedersen, Mohoric, Viviani, Matthews e tanti altri. 

Torniamo a te, hai definito la stagione 2024 come lunga e dura. Descrivicela.

Lunga perché ho iniziato a correre a fine gennaio e mi sono fermato dopo il Giro d’Italia. Una volta recuperato, mi sono fiondato nella seconda parte di stagione. Rispetto agli anni in cui facevo il Tour de France è stata divisa in due tronconi, ma la cosa non ha portato a grandi cambiamenti. Se dovessi darmi un giudizio direi sufficiente. 

A fine stagione Trentin ha raccolto un 11° posto alla Parigi-Tours, segnale di una buona condizione
A fine stagione Trentin ha raccolto un 11° posto alla Parigi-Tours, segnale di una buona condizione
Come mai?

Sono riuscito a vincere sia una gara che la mia prima corsa a tappe, ma ho lasciato qualcosina per strada a causa di diverse cose. Non sono mai stato al 100 per cento, se mi guardo indietro non trovo un periodo in cui ho messo in fila quattro o cinque appuntamenti in cui avevo una condizione super

Cosa senti di aver lasciato per strada?

Al Fiandre non stavo benissimo, quindi ho raccolto quanto più possibile. Dall’inizio alla fine dell’anno sento di essere stato vicino ai primi ma senza l’acuto o il piazzamento serio. Questo un po’ va a intaccare il giudizio finale. Sono stato costante, vero. Non è stata tuttavia la stagione che stravolge la linea.

In primavera nella campagna del Nord ha ottenuto buoni piazzamenti, ma è mancato l’acuto
In primavera nella campagna del Nord ha ottenuto buoni piazzamenti, ma è mancato l’acuto
A livello di squadra?

La Tudor ha fatto un bel passo in avanti. Non dal punto di vista dei numeri perché abbiamo vinto solamente due gare in più rispetto al 2023. Però sono arrivati due successi in appuntamenti WorldTour: alla Parigi-Nizza e al Romandia. 

Dopo 12 anni non sei più in una squadra WorldTour, senti la differenza?

A dire il vero no. A livello di calendario è un po’ più difficile perché devi aspettare gli inviti. Quest’anno non abbiamo corso la Roubaix o il Tour de France, ma anche in UAE non era scontato correre certe gare vista la rosa tanto ampia. Ho fatto più o meno le stesse corse del 2023, è cambiato un po’ il modo di correre. 

Trentin non aveva mai vinto una classifica generale, c’è riuscito al Tour de Wallonie
Trentin non aveva mai vinto una classifica generale, c’è riuscito al Tour de Wallonie
In che senso?

In UAE quando c’è Pogacar si corre per lui. Mentre qui in Tudor spesso si viene chiamati in causa, questo accade più nelle gare di un giorno che nelle grandi corse a tappe. Alla fine al Giro lavoravamo per Dainese nelle tappe piane e per Storer in quelle di montagna. Le due frazioni in cui ho avuto maggiore libertà ho cercato la fuga per giocarmi le mie chance. 

Nel 2025 arriveranno due corridori nuovi e di alto profilo: Hirschi e Alaphilippe

Penso sia una cosa bella che due corridori di questo calibro arrivino a correre in un team professional, vuol dire che credono molto nel progetto

Hirschi già lo conosci bene e in questo finale di 2024 ha fatto vedere grandi cose.

Da noi potrà trovare maggior spazio, in più la squadra sarà più a sua disposizione rispetto a quanto visto in UAE. Anche senza Pogacar è un team pieno di campioni dove c’è una grande battaglia per capire chi è il secondo in comando. 

E infine arriva un due volte campione del mondo…

Alaphilippe ha fatto vedere di essere in ripresa dopo due stagioni complicate. Quest’anno è tornato a vincere in appuntamenti di spessore come al Giro d’Italia. Arriva in un team dove ci sarà grande fiducia in lui e questo lo aiuterà molto a mio modo di vedere.

Casasola, il cross e le scelte necessarie: smettere o continuare?

13.11.2024
7 min
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In Belgio ci sono dieci gradi, come in Friuli. Ogni tanto piove e questo ha portato fango sui sentieri. Domenica a Niel ne hanno preso tanto, sorride Sara Casasola, arrivata quarta nel Superprestige vinto da Ceylin Alvarado (foto Instagram in apertura). Siamo di nuovo alla sua porta, avendo già parlato con lei pochi giorni fa della nuova squadra, per cercare di capire l’approccio degli atleti italiani al cross. Quando bici.PRO andò per la prima volta online era d’autunno nell’anno del Covid e il cross fu una delle prime specialità che seguimmo assiduamente. E proprio il gruppo delle ragazze era popolato da nomi che imparammo a conoscere. Francesca Baroni, Gaia Realini, Sara Casasola e Silvia Persico.

A distanza di quattro anni, Gaia Realini è passata in pianta stabile su strada. Francesca Baroni fece l’esperimento, andando anche bene, poi si è trasferita a sua volta in Belgio correndo quasi esclusivamente nel cross. Silvia Persico è stata dirottata su strada già dallo scorso inverno. Mentre Sara Casasola resiste nel cross, passando però nel frattempo nel gruppone Alpecin, che le consentirà di correre anche su strada. Il suo compagno Davide Toneatti, fresco di firma con l’Astana e fino agli U23 ottimo azzurro nel cross, ha appeso quella bici al chiodo.

Francesca Baroni, Sara Casasola, Lecce 2021
Campionati italiani di Lecce, gennaio 2021: vince Baroni, seconda Realini, terza Casasola che qui si congratula
Francesca Baroni, Sara Casasola, Lecce 2021
Campionati italiani di Lecce, gennaio 2021: vince Baroni, seconda Realini, terza Casasola che qui si congratula
Perché in Italia arrivi al punto che il cross devi lasciarlo? A un certo punto va fatta una scelta tecnica?

Diciamo che adesso dipende tanto dalle squadre. Io ho la fortuna di averne trovata una che mi fa fare entrambe le discipline, quindi ovviamente ho più libertà. Nella Lidl-Trek di Gaia (Realini, ndr) c’è chi continua a fare cross, però lì forse sta all’atleta decidere dove va meglio. Lei ha fatto delle stagioni su strada veramente impressionanti e penso che a quei livelli fare anche il cross sarebbe una limitazione. E’ andata forte nelle classiche, è andata forte nei Grandi Giri, è andata forte a fine stagione quindi non si può pretendere altro. Mentre nel caso di Silvia (Persico, ndr), probabilmente la decisione è stata dettata dalla squadra e anche dai risultati che ha fatto su strada. Parliamo di atlete che hanno fatto risultati a livello WorldTour. Nel mio caso, la squadra punta molto sul cross, essendo nel gruppo delle squadre migliori. Però mi lasceranno anche fare una bella attività su strada e questo è fra i motivi che mi hanno spinto a venire qui.

Puntando tanto sul cross sanno gestire meglio gli atleti?

La strada fa bene ed è anche bello farla ad alto livello, magari non per tutta la stagione. Non è facile conciliare entrambe le stagioni e può capitare che l’atleta sia costretto a fare delle scelte, come Gaia e Silvia. Non puoi arrivare dappertutto, altrimenti fai due anni forte su strada e nel cross e poi il terzo ti spegni e ti raccolgono con un cucchiaino. Purtroppo con il livello che c’è adesso, vai a tutta l’inverno, a tutta l’estate e non hai più una fase di riposo: non sono da biasimare gli atleti che preferiscono una disciplina all’altra. Ognuno ha le sue dinamiche, ognuno conosce le sue caratteristiche e dove può rendere meglio. Detto questo, è brutto veder smettere atleti che andavano forte nel cross. Ne parlavo dopo l’europeo, avere avuto anche Silvia davanti sarebbe stato bello. Sarebbero entrate in gioco dinamiche di squadra e sarebbe stato meglio essere in due a battagliare, piuttosto che da sola.

Hai mai avuto la tentazione di fare un anno solo su strada, mollando il cross?

Diciamo che finora non ho mai ottenuto su strada dei risultati che mi consentano di fare questo ragionamento. Però il prossimo anno farò gare differenti e vediamo come andrà con una squadra migliore a livello tecnico e di gestione. Per come sto andando ora nel cross, non è mia intenzione abbandonarlo.

Gennaio 2023, Casasola conquista il tricolore donne elite a Cremona. Ad applaudirla c’è Davide Toneatti
Gennaio 2023, Casasola conquista il tricolore donne elite a Cremona. Ad applaudirla c’è Davide Toneatti
Perché Davide Toneatti ha scelto di mollarlo?

Si è dispiaciuto per la scelta, perché nell’ultimo anno U23 è andato molto bene. Però è entrato in una squadra come l’Astana e, in quel caso, se non prendi la palla al balzo, non passi professionista. Nei maschi conciliare le due attività è ancora più difficile. Lui poi come caratteristiche fisiche è un po’ un diesel, quindi magari esce fuori meglio nelle gare lunghe, dure, logoranti. Nel cross andava forte, perché l’ultima volta ha quasi fatto il podio all’europeo, però sono valutazioni personali. E’ stata una scelta giusta, poi vedremo come andrà in questi anni, ma deve provare. Ha dovuto prendere una decisione immediata e in certi casi devi essere sveglio e buttarti. Se poi non andasse, ha sempre il tempo di tornare indietro e fare nuovamente il cross. E’ brutto da dire, sembra quasi che il cross sia lì e puoi farlo quando vuoi, però il livello su strada è alto e c’è tanta concorrenza.

Per gli uomini è più difficile?

Per noi è più semplice. Dopo il mondiale l’anno scorso c’è stato l’interesse di più di qualche squadra, che comunque mi avrebbero aiutato a conciliare entrambe le discipline. Nei maschi invece c’è Alpecin e poi quali altre squadre WorldTour fanno la doppia attività? Forse la Trek con un paio di atleti e la Visma con Van Aert e Van Empel. Adesso hanno preso qualche altra ragazza giovane, ma sempre di ragazze si tratta. Più che altro il problema negli uomini è che quelli che fanno attività WorldTour adesso stanno già preparando la strada e devono pedalare. Nelle donne c’è ancora lo spazio per fare il cross, staccare un attimo, rientrare e andare comunque forte. Penso alla Pieterse e la stessa Persico quando facevano ancora cross. Negli uomini ci sono più numeri, quindi se salti un mese perché hai fatto il cross, magari perdi il posto perché c’è un altro che va più forte di te. Mentre nelle donne, se una va forte nel cross, vuol dire che il motore ce l’ha e viene tenuta da conto anche su strada.

Il risultato è che appena i migliori U23 italiani passano professionisti, lasciano il cross e presto non avremo più atleti elite per europei e mondiali?

E’ una dinamica un po’ particolare. Agli europei abbiamo visto che i giovani italiani vanno forte, poi sta tutto alle società e nell’avere attorno le persone giuste. Trovare le squadre che ti fanno fare la multidisciplina. La mentalità si sta aprendo, però ci sono tante dinamiche ed è molto personale. Entrano in gioco anche i soldi. Uno potrebbe chiedersi: perché devo fare la fame a correre nel cross, quando a vent’anni posso prendere anche centomila euro nel WorldTour? E’ quello che ingolosisce i ragazzi e lo capisco pienamente.

La strada e la pista si svolgono nella stessa stagione, il cross d’inverno. Qui Venturelli, che li fa tutti e tre
La strada e la pista si svolgono nella stessa stagione, il cross d’inverno. Qui Venturelli, che li fa tutti e tre
Forse c’è un po’ più di elasticità nei confronti della pista.

Non so niente di pista a livello tecnico, ma forse è più facile da conciliare con la strada. Le gare sono sparpagliate durante la stagione e magari il corridore in condizione fa qualche richiamo specifico e può ugualmente vincere. Invece il cross ti porta via quattro mesi in cui sei focalizzato su quello e devi guardare a quello. Perdi volume, non stacchi perché noi corriamo nel periodo in cui gli altri staccano. E’ proprio il periodo della stagione che non ti aiuta a conciliare bene le due cose. Devi valutarla bene e per questo sono contenta di essere entrata in questo gruppo. Adesso si fa il cross. Poi si valuta come recuperare e quando entrare al meglio su strada. Non cercano di finirti, perché sanno che è impossibile fare due stagioni ad alto livello nello stesso anno. 

Essendo venuta in Belgio, hai cambiato qualcosa nella preparazione?

Più che gli allenamenti, ho cambiato coach. Me ne è stato assegnato uno della squadra, ma non ci sono grosse differenze da quello che facevo prima. Forse un po’ più di intensità, ma soprattutto nell’allenamento specifico di cross. Quando sono in Belgio, il mercoledì abbiamo sempre un allenamento di cross da un’ora e mezza, due ore. Fai solo quello, ti alleni in gruppo quindi anche l’intensità è più alta. E hai dei coach appositi che ti dicono cosa fare e come, che ti correggono. Anche quello secondo me aiuta tanto. Magari su strada fai più o meno gli stessi lavori, però l’allenamento di gruppo fa la differenza. Anche volendo, quando ero a casa facevo il mio allenamento di cross con ritmo gara, ma un conto è farlo da sola e un altro con le stesse ragazze con cui correrò la domenica.

Il terzo posto di Overijse, dietro Brand e Van Empel, è uno dei quattro podi già ottenuti da Casasola
Il terzo posto di Overijse, dietro Brand e Van Empel, è uno dei quattro podi già ottenuti da Casasola
Cambia tanto?

Già solo guardandole si impara qualcosa, ma è comunque un metodo che ti sprona ad andare di più, quindi migliori. E poi ci sono i coach che ti correggono e ti danno delle dritte. Ci si allena proprio tutti assieme, allenamenti con dieci maschi e dieci femmine. Per forza poi alzi l’asticella. Se trovi una che va più forte, magari provo a tenerle la ruota e a copiare le traiettorie. Se sei da solo, la tecnica di guida resta la stessa e non vedi i passaggi in cui puoi migliorare.

Prossime gare?

Sarà un inverno abbastanza impegnativo. Sto qua fino alla Coppa di Anversa, poi andiamo in training camp fino al 7 dicembre e da lì voliamo in Sardegna e facciamo la Coppa a Oristano. A quel punto finalmente torno a casa qualche giorno. Ma non mi lamento, sto facendo quello per cui sono venuta in Belgio e mi sta andando davvero bene.

De Lie, che iella: condannato a sfidare i giganti

12.11.2024
4 min
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A basarsi su quanto si è visto sui social fino alla scorsa settimana, mezzo gruppo era ancora in vacanza e l’altro è andato a Singapore per il Criterium del Tour de France. A breve tutti saranno nuovamente a casa, godendosi gli ultimi scampoli di riposo e cominciando a riallacciare i fili. Ma almeno nei discorsi, il filo nessuno l’ha mai staccato. Ed è così che Arnaud De Lie in Estremo Oriente si è ritrovato a ragionare della sua stagione e su quella che verrà.

Giusto lo scorso anno di questi tempi, era il 15 novembre, suonammo al campanello della sua fattoria per conoscerlo un po’ meglio e raccogliemmo le prime sensazioni dopo il 2023 delle 10 vittorie, fra cui quella in Quebec. Tra infortuni e problemi di salute, il 2024 invece non è stato altrettanto positivo. Le soddisfazioni non sono mancate, ma ad eccezione di una tappa al Renewi, non ci sono state vittorie WorldTour. In compenso è venuta la maglia di campione belga, che da quelle parti è una bandiera assai ambita. Basti pensare che i primi cinque alle sue spalle sono stati Philipsen, Meeus, Nys, Van Aert e Merlier.

«In questa stagione – si racconta De Lie alla stampa prima del criterium di Singapore – sono successe cose belle e cose brutte, ma penso che sia stata positiva. Senza dubbio mi tengo stretta la vittoria nel campionato nazionale, perché mi permetterà di indossare una maglia molto bella per tutto l’anno. Sono soddisfatto anche per il mio debutto al Tour de France, che ritengo sia stato positivo».

Al Tour, sui Pirenei, De Lie si è ritrovato in fuga con Van der Poel: alla Roubaix sarà peggio
Al Tour, sui Pirenei, De Lie si è ritrovato in fuga con Van der Poel: alla Roubaix sarà peggio

Seguire Val der Poel

Evidentemente non basta e anche se hai solo 22 anni, è chiaro che il metro di paragone siano ormai diventati i mostri sacri del pavé. Sono quelle le corse cui i tifosi attendono il Toro di Lescheret e per le quali anche lui sente un richiamo quasi primordiale. E’ singolare rendersi conto che questo ragazzo sia condannato a fare la corsa sui giganti – in volata o nelle classiche – in un ciclismo che è dominato dal ristretto gruppo dei fenomeni.

«L’obiettivo – dice allo spagnolo Marca – è arrivare nella migliore forma possibile alle classiche delle Fiandre. Spero di stare bene per le prime corse, arrivando al debutto già in condizione, in modo da raggiungere il picco nelle settimane cui tengo di più. Quest’anno in quel periodo stavo male per quel parassita e non ho preso parte a Fiandre e Roubaix. Però una cosa l’ho capita: per fare bene alla Roubaix bisogna avere le gambe per seguire la Alpecin. Sono due anni che vincono e sono la squadra migliore. La verità però è che stare dietro a Van Der Poel non sia così facile. Ma visto che ho solo 22 anni e non credo di essere ancora a quel livello, fatemi dire che le due Monumento sono importanti, ma ci sono anche classiche come Omloop Het Nieuwsblad e Gand-Wevelgem che per me sono grandi obiettivi».

A Quebec, da vincitore uscente, accanto a Pogacar quasi in forma mondiale
A Quebec, da vincitore uscente, accanto a Pogacar quasi in forma mondiale

Ignorare Pogacar

Il Tour de France è stato una colossale centrifuga anche per lui e sarebbe stato davvero curioso avere una volata negli ultimi 3-4 giorni per capire in che modo sia effettivamente arrivato in fondo. Non ha vinto tappe, ma è entrato fra i primi cinque nella quinta e sesta tappa. Poi terzo nell’ottava, battuto da Girmay e Philipsen, e quinto nella dodicesima. Di lì in avanti, il suo Tour è stato un costante arrampicarsi su montagne messe lì come un dispetto e che hanno invece scatenato la lotta per la classifica.

«Il Tour de France è infinitamente difficile – ride – sono 21 giorni in cui vai a tutta e con tutto quello che hai. Devi essere sempre ben posizionato in ogni momento della tappa, altrimenti rischi di non arrivare al traguardo. E’ un’esperienza molto dura, ma sono felice di come sono andate le cose. Il livello dei velocisti è davvero altissimo, difficile dire chi sia stato il più forte e chi lo sarà nel 2025. Potrei dire Philipsen e Girmay, ma avete visto di cosa è capace Jonathan Milan? In certi giorni saranno loro i miei riferimenti, mentre per fortuna posso disinteressarmi di quello che fa Pogacar, cosa che Vingegaard ed Evenepoel per loro sfortuna non possono fare. Di certo quando attacca, seguirlo è molto difficile. Ho la fortuna di avere caratteristiche completamente diverse».

Dal Riso al Rosa: piccola squadra, grandi valori

12.11.2024
5 min
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«Diamo una seconda possibilità a chi non l’ha avuta o a chi vuole riscattarsi», Luca Depaulis entra immediatamente nel cuore dell’argomento, nell’aspetto filosofico e morale che lega la sua squadra e la sua visione dello sport. Un valore che, secondo lui, dovrebbe restare centrale almeno fino a una certa età.

Stiamo parlando della Dal Riso al Rosa, squadra juniores nata dall’iniziativa di Luca Depaulis, che ne è presidente e anima. Fondata tre anni fa, la squadra è radicata nelle terre piemontesi, tra le risaie e il Monte Rosa: da qui il nome Dal Riso al Rosa.

«E’ pensata – racconta Depaulis – per offrire una valida alternativa ai giovani ciclisti locali, desiderosi di rimanere nel proprio territorio. L’obiettivo è dare ai ragazzi un’opportunità vicina, evitando loro di dover scegliere tra il trasferirsi verso Torino o addirittura sconfinare in Lombardia».

I ragazzi di Depaulis ci mettono un immenso impegno. Sempre
I ragazzi di Depaulis ci mettono un immenso impegno. Sempre

Filosofia Dal Riso al Rosa

«Dal Riso al Rosa – prosegue Depaulis – è una squadra diversa dalle altre: più che un trampolino verso una carriera sportiva, è un’opportunità di crescita personale». Depaulis stesso la definisce la “squadra della redenzione” perché accoglie con apertura e spirito inclusivo tutti quei giovani che, per vari motivi, non trovano spazio altrove.

«Non si tratta solo di offrire una seconda possibilità – spiega Luca – ma di creare un ambiente accogliente e rispettoso delle diverse esigenze e personalità dei ragazzi. Al di là dei risultati sportivi, è fondamentale che ciascuno sia compreso e accettato per ciò che è. Il nostro team è incentrato sui valori umani. Molti giovani sono attratti dai nomi altisonanti e dall’apparenza delle grandi squadre, dimenticando però che dietro ogni squadra ci sono persone, relazioni e comprensione reciproca. Qui, l’umanità è un valore centrale. Se i ragazzi non sono capiti e accettati per quello che sono, con i loro pregi e i loro limiti, non raggiungeranno mai il loro potenziale.

«Solo una cosa chiediamo ai ragazzi: l’impegno. L’impegno negli allenamenti, nel metterci la giusta passione. Perché facciamo tanto per racimolare qualche soldino e questa è l’unica cosa che vogliamo in cambio. Che tra l’altro alla fine è qualcosa per loro, qualcosa che si ritroveranno nella vita. Da noi mai nessuno sarà allontanato, come succede in altri team, perché non ha ottenuto risultati. No: l’importante è che s’impegni e si assuma le sue responsabilità. Mi viene da ridere: tutti dicono di voler far crescere i ragazzi, poi vedo persone tese e nervose perché non arrivano i risultati. Ma come? Non eravamo qui per farli crescere?».

Per la prossima stagione i ragazzi diventeranno 7
Per la prossima stagione i ragazzi diventeranno 7

Quelle serate su Google Maps

Ma se questo è l’aspetto filosofico e morale, un altro pezzo forte della Dal Riso al Rosa è il suo “autofinanziamento”. Depaulis ha parlato delle difficoltà di racimolare fondi, ebbene sentite qui che storia.
«Il progetto – spiega – è sostenuto da una rete di sponsor locali, reclutati con tenacia e passione. Ho svolto un lavoro certosino per ottenere supporto economico. La sera, dopo il mio lavoro, aprivo Google Maps e chiamavo tutte, ma proprio tutte le aziende del territorio, nelle province di Novara, Biella, Vercelli, Alessandria, Verbania… Ci ho messo due anni e mezzo per contattarle tutte. Su migliaia di mail e chiamate mi hanno risposto in cinque».

Oggi Alessandro Brugo, un amico geometra, lo sta aiutando nella ricerca degli sponsor. Questo impegno permette alla squadra di fornire biciclette, abbigliamento e supporto logistico ai ragazzi. «A quelli più “bravini”, diciamo così, riusciamo a fornire oltre al vestiario, i caschi… e anche la bici. Agli altri solo il vestiario e tutto il supporto logistico che serve».

La Dal Riso al Rosa quest’anno ha inanellato circa 40 gare, tutte nel Nord Ovest
La Dal Riso al Rosa quest’anno ha inanellato circa 40 gare, tutte nel Nord Ovest

Umanità e rendimento

E’ chiaro che fare attività juniores, categoria sempre più “tirata” come ci ricordava anche Alessandro Ballan, è difficile, però, come in ogni cosa, c’è il rovescio della medaglia: l’umanità e la familiarità che fanno fiorire i ragazzi, aiutandoli ad emergere, cose che magari non avevano trovato nei team precedenti.

«Un ragazzo – racconta Depaulis – ha ottenuto quattro top ten quest’anno. Nell’altro team, non era stato capito, mettiamola così, ed è stato allontanato. Gli serviva semplicemente un anno in più. Capito perché siamo la squadra dell’occasione per tutti?».

Gli allenamenti sono strutturati per adattarsi alle esigenze di ciascuno, considerando la distanza geografica che separa i vari membri del team. I ragazzi seguono tabelle di allenamento individuali durante la settimana, mentre la domenica, in inverno, si ritrovano per pedalare insieme. Nelle stagioni calde, invece, partecipano alle gare. Depaulis fa sì che ogni domenica i ragazzi possano correre, ma se qualcuno ha bisogno di risposarsi, o al contrario sta facendo un blocco di lavoro, può tranquillamente restare a casa. Anche se la realtà è piccola e familiare, i metodi di allenamenti sono assolutamente moderni.
Dello staff, oltre a Luca e al suo amico Brugo, fanno parte un direttore sportivo di terzo livello, Danilo Del Cherico , e il vicepresidente Flavio Baruto. Gli atleti, invece, per la stagione che verrà, saranno sette.

«La Dal Riso al Rosa – conclude Depaulis – non si limita a formare ciclisti, ma mira a forgiare persone consapevoli, che sappiano affrontare la vita con responsabilità e dignità. Per me il ciclismo è una metafora della vita, un modo per insegnare ai giovani a perseverare, a rispettare le regole e a imparare dalle sconfitte tanto quanto dalle vittorie. Se solo uno di questi ragazzi, alla fine, seguirà queste orme, avrò vinto la sfida più bella».