Malgrado la sconfitta, un capolavoro di Pogacar

24.03.2025
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La Milano-Sanremo di Van der Poel, Ganna e Pogacar ha battuto diversi record. E’ caduto quello della Cipressa, stabilito nel 2001 da Casagrande in 9’36”. Pogacar l’ha abbassato a 8’57” (media di 37,100) lanciato da gregari che con altre maglie sarebbero capitani. E’ arrivato il record di ascolti, con un 20 per cento di share e 2,2 milioni di spettatori come picco massimo, che hanno permesso a Rai 2 di essere il primo canale. E soprattutto è cambiato il destino di una corsa che sembrava votata alla noia e piccoli sbalzi di umore ed è invece esplosa come una polveriera. Merito di Pogacar: senza di lui tutto questo non sarebbe stato possibile.

Se ne è ragionato con Michele Bartoli, un altro che tentò di disintegrare la corsa sulla Cipressa assieme a Pantani, ma fu poi risucchiato sul Poggio. Si è parlato di campioni e grandi assenti. Del loro livello e delle scelte di rivali che evitano il confronto con precisione scientifica.

«La Sanremo – dice il toscano – la possono vincere in tanti. Difficilmente Alaphilippe vincerà la Roubaix come per Van der Poel e Ganna è difficile vincere il Lombardia. La Sanremo invece è aperta a tutti e finché ci sarà Pogacar a fare il lavoro principale, questo sarà il suo svolgimento. Non ha il terreno per staccare tutti. E se trova due come Ganna e Van der Poel al 100 per cento, è difficile che possa toglierseli dalle scatole…».

Bartoli e Pantani all’attacco sulla Cipressa nel 1999: azione spettacolare, ma non organizzata
Bartoli e Pantani all’attacco sulla Cipressa nel 1999: azione spettacolare, ma non organizzata
Diciamo che la lotta è ristrettissima. Impensabile che Roglic, Vinegegaard oppure Evenepoel vadano a sfidarlo alla Sanremo. Si nasconde anche Van Aert…

Per determinati corridori è più complicato. Magari se ci fossero stati, sarebbero rimasti agganciati anche loro. Però alla fine chi fa corsa dura è Pogacar e gli altri non vanno più di lui. Ai miei tempi c’era il Panta, c’ero io, c’erano Boogerd e Vandenbroucke, c’era Casagrande: ognuno leader della sua squadra. Quindi se volevi fare forte la Cipressa, l’unico modo era metterne d’accordo più d’una, altrimenti non combinavi nulla. Sabato la menata per Pogacar l’hanno fatta dei capitani che sono anche suoi gregari, quindi ci sta che il record della Cipressa sia stato battuto. Per questo dico che se Pogacar vuole la corsa dura, visto il budget della UAE Emirates, il copione sarà sempre questo.

Gli assenti hanno sempre torto?

Van Aert non lo capisco. Salta la Sanremo per andare in altura prima di Fiandre e Roubaix, ma i periodi per fare l’altura sono talmente ampi che non è una settimana prima o una settimana dopo che ti impedirà di vincere al Nord. Probabilmente non si sente al livello degli altri e preferisce puntare alle corse in cui si sente più vicino a loro. Ho letto un’intervista di Roglic che, non potendo battere Pogacar, va a correre dove lui non c’è.

Senza Pogacar e i suoi attacchi, Van der Poel avrebbe vinto la Sanremo?

Forse no. Perché tutta quella selezione non sarebbe venuta e Mathieu si sarebbe ritrovato con Philipsen a ruota e gli sarebbe toccato tirargli la volata come l’anno scorso. Pogacar favorisce i forti e taglia fuori gli altri.

Per contro il ciclismo senza Pogacar si è visto alla Tirreno-Adriatico, in cui nell’unico arrivo in salita Ayuso ha vinto con 10 secondi di vantaggio.

E magari se c’erano due arrivi in salita, non vinceva Ayuso e toccava a Pidcock. Il ciclismo senza Pogacar sarebbe aperto come prima. Però è chiaro che se lo evitano, le cose per lui sono ancora più facili. Se lo sfidano, probabilmente vince lo stesso, ma deve faticare di più. Quantomeno nelle corse meno dure, dove non può far valere il suo strapotere in salita.

La selezione sulla Cipressa per mano di Wellens, potenzialmente un capitano
La selezione sulla Cipressa per mano di Wellens, potenzialmente un capitano
La Roubaix è una di queste corse?

No, al contrario. La Roubaix è complicata, ma il pavé in finale è quasi come una salita dura. Se hai più energie, fai la differenza. Quando arrivi al Carrefour de l’Arbre, se hai il serbatoio ancora al 90 per cento e gli altri ce l’hanno al 60, la differenza la fai e anche senza troppa difficoltà.

Il tuo rammarico è averla corsa una sola volta?

Il ciclismo di quegli anni era diverso anche per le informazioni che ti davano le squadre. Ti indirizzavano nelle scelte, era l’inizio della specializzazione. Ora l’abbiamo abbandonata e a me questo ciclismo piace di più, perché ora la differenza la fa l’essere forte. Quando sei forte, ti adatti a qualsiasi tipo di percorso, perché si lavora per portare in alto la prestazione. Quando la prestazione è alta, se sei un corridore forte, puoi dominare ovunque: a Sanremo, a Roubaix, al Lombardia e al Giro d’Italia.

Una volta si parlava tanto del recupero…

Sono d’accordo che qualcuno recupera meglio, ma sono convinto che recupera peggio quello che ha un livello di prestazione inferiore e si spreme di più per andare ai ritmi dei più forti. Se lavori bene, c’è così tanta conoscenza, che è difficile assistere a veri crolli in un Grande Giro, purché il corridore abbia il livello di prestazione adeguato per supportare il ritmo dei migliori. Allo stesso modo non ci sono più le crisi di fame. Oggi se ti prendono in crisi di fame, ti devono arrestare. I nutrizionisti lavorano benissimo, ogni 20 minuti ti dicono cosa devi mangiare, in base a quanto spendi.

Fare il Poggio a ruota concede anche qualche vantaggio aerodinamico: Van der Poel è stato anche astuto
Fare il Poggio a ruota concede anche qualche vantaggio aerodinamico: Van der Poel è stato anche astuto
Quindi chi evita il confronto sa di non avere il livello che serve e sta alla larga?

Esatto. Non è bello, ma ognuno seleziona in base alle proprie caratteristiche. E’ chiaro che Van der Poel non possa permettersi di non fare la Sanremo e Ganna sta facendo le belle cose che abbiamo sempre immaginato. Non si può accontentare di vincere le crono in un Grande Giro, per il motore che ha anche non mandarlo al Fiandre è una cosa che non capisco.

Dicevi di Van der Poel?

Nella sua testa sa che se è al 100 per cento, può tenere Pogacar sul Poggio. I calcoli sono facili: quando vai a 40 all’ora su quel tipo di slaita, stando a ruota risparmi il 20 per cento. Se invece vuoi stare a ruota sul Qwaremont, spendi quanto quello davanti, perché la resistenza dell’aria è praticamente nulla. E allora al Fiandre sai che soffri di più, ma alla Sanremo puoi puntare sull’acume tattico.

Tanto che alla fine, Van der Poel è stato onesto, dicendo che il grosso lavoro l’ha fatto Pogacar e lui si è limitato a seguire.

Esatto. Come se poi seguirlo fosse una cosa facile…

Il giorno dopo di Dillier, 220 chilometri in testa alla Sanremo

23.03.2025
4 min
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Quando all’indomani della Sanremo, Silvan Dillier risponde al telefono, la sua voce sembra provenire da un luogo molto profondo. Lui è quello che ieri si è preso il gruppo sulle spalle e lo ha trascinato sulle orme della fuga per tutto il giorno. La statistica della gara dice che lo svizzero di Aarau, 34 anni, non l’ha terminata. Ma va detto che senza di lui probabilmente non avremmo assistito allo spettacolo che ieri ci ha incollato in quell’ultima ed esplosiva ora di corsa.

La sua stagione lo ha visto partire al UAE Tour, dove ha lavorato per Philipsen. Poi ha preso parte alla Omloop Het Nieuwsblad e l’indomani alla corsa di Kuurne, vinta dal capitano Philipsen, ma non le ha portate a termine. Nessuna corsa a tappa prima della Sanremo e poi il capolavoro di dedizione e gambe cui tutti abbiamo assistito.

Il grande lavoro di squadra ha permesso a Van der Poel di rimanere al coperto fino alla Cipressa
Il grande lavoro di squadra ha permesso a Van der Poel di rimanere al coperto fino alla Cipressa
Ti sei ripreso dalla Sanremo?

Sì, direi di sì (sorride, ndr). Un po’, ma non completamente.

Per quanto tempo hai lavorato in testa al gruppo? E’ sembrato che tu sia stato davanti per tutto il giorno…

Credo che siano stati circa 220 chilometri, una bella fetta della gara.

Era questo il piano?

Sì, era previsto che avremmo preso il controllo della gara, ma ci aspettavamo un aiuto da parte di altre squadre, che alla fine non è mai arrivato. Siamo andati avanti col programma perché avevamo fiducia nei nostri leader e volevamo anche dimostrarlo a loro.

Van der Poel e Philipsen sono partiti alla pari o era già stata fatta una scelta?

Forse Mathieu aveva più carte da giocare nel finale, quindi direi che era lui il numero uno della squadra. Ma Jasper è velocissimo quando si tratta di fare una volata con un gruppo un po’ più numeroso. Poi c’era anche anche Kaden Groves, che ha partecipato allo sprint di gruppo e ha mostrato un’ottima forma, tanto da piazzarsi al quinto posto. In realtà avevamo un bel numero di candidati per fare la corsa.

Alle spalle di Van der Poel, Kaden Groves ha centrato il quinto posto della Sanremo, battuto da Matthews
Alle spalle di Van der Poel, Kaden Groves ha centrato il quinto posto della Sanremo, battuto da Matthews
Il fatto che Dillier dovesse tirare così tanto serviva a non far prendere troppo margine alla fuga?

Ho iniziato a fare il ritmo quando la fuga aveva intorno ai cinque minuti ed ero completamente solo. Tirare contro otto corridori non è un compito facile, per questo se avessimo avuto l’aiuto di una o due squadre, avremmo potuto far andare la fuga anche a sette, otto minuti. Ma se sei completamente solo, non puoi concedergli troppo tempo.

Ieri si è molto ragionato del vento, forse meno forte di quel che si temeva…

Vero, l’inseguimento di una fuga dipende molto dal vento sulla costa, che ieri è stato leggermente inferiore alle previsioni. Quindi forse inseguirli è stato più facile. Ma se sulla Riviera il vento fosse stato molto forte e a favore, allora i fuggitivi avrebbero avuto un vantaggio e sarebbero potuti andare molto più lontano. E non volevamo ritrovarci con una fuga improvvisamente pericolosa nel finale. Per questo ho fatto la mia parte e mi sono rialzato all’inizio dei Capi.

Guardando il tuo calendario, si vedono l’inizio al UAE Tour e poi due ritiri all’Omloop Het Nieuwsblad e a Kuurne. Come mai?

Inizialmente il piano era di fare la Parigi-Nizza, ma mi sono ammalato durante il primo ritiro con la squadra, quindi ho perso un po’ di forma. Nel weekend di apertura al Nord si è visto che la mia forma non era al punto giusto, così abbiamo cambiato il piano e per rimettermi in sesto sono andato a fare un altro ritiro in Spagna, con un piccolo gruppo di corridori. E ieri abbiamo visto che è stata sicuramente una buona scelta.

Giro di Svizzera 2024, per Dillier la corsa di casa (foto Instagram)
Giro di Svizzera 2024, per Dillier la corsa di casa (foto Instagram)
Qual è ora il tuo programma?

Farò la Gand-Wevelgem, Fiandre e Roubaix. Nella prima, il programma prevede che ci sia Philipsen come leader e non Van der Poel. Poi per le altre tornerà Mathieu. 

Ieri sera si è fatta festa grande?

Dipende da cosa intendente per festa. In realtà abbiamo solo fatto una cena di squadra. Purtroppo alcuni corridori sono dovuti andare via subito e anche molti membri dello staff per la prossima gara. Con quelli che sono rimasti, siamo usciti per una buona cena e per mangiare del buon cibo. Non a Sanremo, però, ma vicino all’aeroporto di Nizza. E fra poco riparto anche io.

Allora buon viaggio, complimenti e ci vediamo al Nord.

Grazie a voi, ci vediamo lassù.

A Konya la prima senza Villa. L’Italia della pista riparte

23.03.2025
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Schiacciata nel calendario, ridotta a essere l’unica prova di Nations Cup per questa strana stagione, la tappa di Konya è stata, per il ciclismo su pista, un momento davvero particolare. Sui media non ha avuto particolare risalto, anche perché, salvo il 4° posto della Vece nello sprint, non ci sono stati squilli azzurri, ma era una prova importante, la prima del “dopo Villa. Il mentore della pista italiana ora è stato chiamato al capezzale del ciclismo su strada e il suo settore deve ripartire e lo ha fatto dal consesso internazionale più importante, mondiali a parte.

Il quartetto azzurro, con Lamon, Boscaro, Galli e la novità Jacopo Sasso ha chiuso al 7° posto
Il quartetto azzurro, con Lamon, Boscaro, Galli e la novità Jacopo Sasso ha chiuso al 7° posto

Tante novità in maglia azzurra

In Turchia la nazionale italiana si è presentata con un gruppo fortemente rinnovato, con tanti giovani e senza i suoi big. Si può davvero dire che il cammino verso Los Angeles 2028 sia partito da lontanissimo, iniziando a far fare esperienza ai più giovani. In questo contesto Davide Boscaro si è visto improvvisamente vestire di panni nuovi. Prima era il giovane del gruppo, ora è uno dei più esperti, chiamato a introdurre i ragazzi in un nuovo ambiente.

«L’assenza di Villa si è sentita – racconta Boscaro al suo ritorno – Salvoldi ci aveva già avvertito che non avrebbe potuto seguirci nella trasferta e che tutto era demandato a Bragato. Con lui siamo abituati a lavorare, sia noi uomini che le ragazze, diciamo che ha permesso in questo modo una transizione più soft, oltretutto so che si sentiva spesso anche con Villa. Diego è un po’ il collante, ma so che Dino, il nuovo cittì, ha lavorato con i ragazzi che ora passano di categoria. Li conosce, la scelta di succedere a Villa ha una sua logica».

In Turchia vittorie per ben 12 nazioni in un contesto con moltissimi volti nuovi
In Turchia vittorie per ben 12 nazioni in un contesto con moltissimi volti nuovi

Un nuovo ruolo per Boscaro

Con Salvoldi avete già avuto modo di confrontarvi? «Io lo conoscevo di vista, a Montichiari ci s’incrociava spesso. Con lui ho parlato fugacemente come anche gli altri componenti la nazionale, ci ha già detto che il lavoro vero e proprio inizierà ad aprile, per impostare l’appuntamento dei mondiali di fine stagione e tutto il lavoro che servirà per le qualificazioni olimpiche del 2027. Ci sarà tutto il tempo per commisurarci».

E’ indubbio però che il tuo ruolo è cambiato improvvisamente: «Non nascondo che inizialmente mi sono trovato un po’ spaesato nel trovarmi ad essere la guida, quello che ha più responsabilità insieme a Lamon. Ho cercato di essere vicino ai più giovano, di dare consigli soprattutto per come affrontare la gara considerando che avevamo avuto pochissimo tempo per girare insieme e certi meccanismi non li inventi dall’oggi al domani».

Ally Wollaston continua a stupire. In Turchia ha vinto l’omnium e portato il quartetto in finale
Ally Wollaston continua a stupire. In Turchia ha vinto l’omnium e portato il quartetto in finale

C’è del buono anche in un 7° posto…

Il quartetto azzurro, che è sempre il riferimento principale del movimento endurance a maggior ragione ora nel periodo di un profondo ricambio, ha chiuso al 7° posto. Potrebbe sembrare un risultato deludente, ma ha dei lati positivi: «Io non guardo tanto al piazzamento quanto al tempo e fatte tutte le considerazioni di prima, bisogna dire che siamo andati forte. Io, Lamon e Galli avevamo fatto l’europeo, ma gli altri erano completamente nuovi. Sapevamo che era una fase di passaggio. Purtroppo l’appuntamento era molto concentrato nei tempi e questo ha portato a una sovrapposizione di gare. Io ad esempio ho disputato l’eliminazione nel mezzo delle due prove di inseguimento a squadre, avevo le gambe scariche durante la gara…».

Un momento di passaggio solamente per noi? «Mah, io ho guardato con attenzione anche gli altri e molti erano nella nostra situazione. La Danimarca ad esempio ha portato una squadra di giovani, neanche la loro prima scelta fra loro. La Francia ha cambiato tutti i componenti rispetto all’europeo. L’Australia che ha vinto aveva invece un mix fra corridori esperti e plurititolati e più giovani. Nelle altre prove invece c’erano atleti navigati, la Spagna ad esempio ha vinto la madison con due campioni del settore come Mora Vedri e Torres Barcelò. La cosa però che mi ha colpito è che, al di là della pista effettivamente molto veloce, tanti quartetti hanno fatto grandi tempi, anche nazioni che solitamente non erano nelle prime posizioni».

Due vecchie conoscenze prime nella madison, gli spagnoli Mora Vedri e Torres Barcelò
Due vecchie conoscenze prime nella madison, gli spagnoli Mora Vedri e Torres Barcelò

Adesso tanta strada, per prepararsi bene

E ora? La stagione della pista è praticamente già finita… «Dino ci ha detto che vuole sfruttare questi mesi per lavorare tanto su pista, almeno una volta a settimana, poi ci prepareremo per le gare di classe 1 e per gli appuntamenti italiani come Fiorenzuola e Pordenone che saranno molto importanti, veri e propri test. Io intanto sono passato all’Arvedi e come i miei compagni gareggerò alla domenica per mantenere la condizione e fare lavori importanti in funzione pista».

Come detto, i risultati migliori in chiave italiana sono arrivati da Miriam Vece, che ha replicato il quarto posto degli europei. Nel suo caso va tenuto conto del fatto che il panorama della velocità presentava a Konya quasi tutte le big del settore: «E’ un segno positivo, la conferma di un trend di crescita, significa che la mia presenza fra le migliori non è più un caso e ci sono ancora ampi margini di crescita. In Turchia il settore velocità era davvero all’altezza di una Coppa del mondo».

La pista di Konya si è dimostrata molto veloce. La Vece ha stabilito il primato italiano sui 200 metri in 10″486
La pista di Konya si è dimostrata molto veloce. La Vece ha stabilito il primato italiano sui 200 metri in 10″486

I naturali timori delle novizie

Che ambiente hai trovato? «Una pista bella e molto veloce, un bell’evento purtroppo non adeguatamente supportato né dal punto di vista mediatico, né come presenze di pubblico. Per quanto riguarda l’Italia, io ero con due giovani come Grassi e Baima, alla loro prima esperienza a questi livelli. E’ un approccio sempre complicato ma hanno saputo metabolizzare la naturale agitazione della vigilia e Anita avrebbe anche fatto meglio senza la caduta. Sapevano che comunque era un’eccezionale opportunità, poter gareggiare al loro primo anno in Coppa del mondo contro gente che corre abitualmente mondiali e Olimpiadi».

Nel suo settore d’altronde cambia poco, se non il fatto che Quaranta è ora pienamente responsabile: «Infatti per noi rimane tutto come prima, continuiamo sulla strada intrapresa che sta dando frutti, soprattutto in campo maschile, dove Ivan ha portato i giovanissimi a gareggiare come l’iridato junior Del Medico».

L’abbraccio della Vece alla Van de Wouw, vendicatasi dopo aver perso nei quarti agli europei
L’abbraccio della Vece alla Van de Wouw, vendicatasi dopo aver perso nei quarti agli europei

E’ adesso un po’ di riposo

Anche nel suo caso la prova di Konya chiude una parentesi molto breve: «A me non dispiace. Ho tirato la carretta per tanto tempo, per inseguire la qualificazione olimpica e poi tutto il resto fino ad oggi. Un po’ di riposo me lo merito, poi inizierò la preparazione per i mondiali per riallacciare il discorso e continuare a progredire, ma credo che un periodo di stacco servirà anche per quello».

Tiberi e Ayuso, parte la sfida rosa: ce la presenta Valoti

23.03.2025
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Alla Tirreno-Adriatico la lotta per conquistare il Tridente che sancisce il dominio sui Due Mari che uniscono questa corsa a tappe è stata una questione a tre. Alla fine l’ambito trofeo lo ha portato a casa lo spagnolo Juan Ayuso davanti a Filippo Ganna e Antonio Tiberi. Da sempre la Tirreno-Adriatico è la corsa che lancia un primo sguardo al Giro d’Italia, chi vince a marzo sulle strade del nostro Paese allora entra di diritto tra i candidati al Trofeo Senza Fine. Dall’Albania partiranno due dei tre protagonisti: Tiberi e Ayuso. Due ragazzi rispettivamente di 24 e 23 anni pronti a darsi battaglia per tre settimane, e a giudicare dalla piega che ha preso il copione alla Tirreno-Adriatico la sfida sembra prendere una direzione abbastanza netta. 

Antonio Tiberi e Juan Ayuso condividono anche una piccola fetta del loro passato, perché entrambi (come pure Ganna) sono stati atleti della Colpack-Ballan quando erano under 23. Tiberi è passato sotto lo sguardo dello staff del team bergamasco nel 2020. L’anno successivo Ayuso fu indirizzato in Italia per fare un netto passo in avanti di crescita. Pochi mesi dopo lo spagnolo entrò a pieno regime al UAE Team Emirates. 

Il podio finale della Tirreno, tutte e tre sono corridori passati tra le fila della Colpack-Ballan
Il podio finale della Tirreno, tutte e tre sono corridori passati tra le fila della Colpack-Ballan

Leggerezza e determinazione

I talenti di questi due giovani talenti hanno avuto Gianluca Valoti in ammiraglia al loro fianco, seppur per una stagione o anche meno. Il diesse della Colpack (ora MBH Bank-Ballan-Csb-Colpack) li ha visti crescere e imparare. Due cammini diversi raccontati da chi li ha scortati nelle loro esperienze. Abbiamo deciso così di farci aiutare proprio da Gianluca Valoti a lanciare la sfida alla maglia rosa, partendo dal passato e guardando al futuro. 

«Iniziamo con Tiberi – dice Valoti – visto che ha corso con noi un anno prima di Ayuso. Era il 2020, l’anno del Covid. Da questo punto di vista abbiamo avuto modo di vederlo correre solamente una volta prima che tutto si fermasse. Alla ripresa partì forte con il terzo posto al campionato italiano a cronometro, non una novità visto che qualche mese prima aveva vinto il mondiale juniores proprio in quella disciplina. Una delle caratteristiche positive di Tiberi è la sua spensieratezza, aveva una capacità incredibile di staccare dal ciclismo e passare alla vita di tutti i giorni. Penso sia una bella qualità, tanti corridori sono fin troppo focalizzati». 

Tiberi ha corso nel team bergamasco nel 2020, mostrando già ottime doti di cronoman e passista (photors.it)
Tiberi ha corso nel team bergamasco nel 2020, mostrando già ottime doti di cronoman e passista (photors.it)

Imparare

In una stagione interrotta dal Covid Tiberi è comunque riuscito a mettere insieme tante esperienze diverse, anche se tutte al primo anno da under 23. Un fattore determinante se si vanno a considerare i pochi successi ottenuti quell’anno dal frusinate. Ma le qualità erano sotto gli occhi di tutti.

«Il Giro Under 23 – continua Valoti – fu l’unica vera corsa a tappe di spessore, ma si intravedevano le qualità atletiche di Tiberi. Lui è un corridore che ha avuto bisogno di fare ogni anno dei passi di crescita, calibrati e importanti. Lo abbiamo visto sia noi della Colpack e lo avete visto tutti negli anni da professionista. Come caratteristiche Tiberi è il classico passista forte a cronometro, ha nella costanza la sua qualità migliore. Tuttavia questa è una caratteristica che emerge con il tempo, se mi chiedete quale possa essere il suo limite non saprei rispondere. Ha sempre avuto ampi margini di crescita.

«Tiberi – riprende Valoti – è un ragazzo che ha imparato tanto facendo errori e capendo le lezioni da solo. Al Giro ricordo che in una tappa di pianura attaccò e rimase al vento per molti chilometri, uno sforzo che pagò il giorno successivo uscendo di classifica. Però sono cose normali per un ragazzo di diciannove anni».

Il frusinate tra le corse internazionali ha conquistato una vittoria a San Vendemiano (photors.it)
Il frusinate tra le corse internazionali ha conquistato una vittoria a San Vendemiano (photors.it)

Tornado Ayuso

L’anno successivo Matxin, team manager del UAE Team Emirates, portò alla Colpack il giovane Ayuso, una tempesta pronta a travolgere il panorama under 23 italiano. 

«Atterrò a Bergamo a gennaio – ricorda Valoti – in un giorno di freddo e pioggia. Sceso dall’aereo ha voluto allenarsi comunque. Ayuso aveva ed ha ancora una determinazione e un focus fuori dal comune. Sapevamo avesse una marcia in più rispetto agli altri under 23 e alle corse lo dimostrò con una costanza disarmante. Vinse praticamente tutte le gare del calendario nazionale e internazionale e conquistò il Giro U23 senza avere rivali.

«Tatticamente era già maturo e con la voglia di conquistare tutto. Ma la gara che mi fece capire il suo valore fu il Trofeo Laigueglia. Arrivò a 15 minuti dal vincitore ed era al primo anno da U23, ma gli si vedeva in faccia che non fosse contento. Lui non vuole essere secondo a nessuno, ha un carattere vincente che lo porta a volere tutto e subito. Un pregio dal mio punto di vista».

Di nuovo verso il rosa

Non si sono mai sfidati a viso aperto da under 23 Tiberi e Ayuso. Il loro primo incontro su un palcoscenico importante arriverà tra qualche mese e chiediamo a Gianluca Valoti quali siano i valori in campo. 

«Ayuso – conclude il diesse bergamasco – è un corridore più completo, tanto forte in salita quanto a cronometro ed ha anche uno spunto veloce importante. Tiberi è un passista vero che non cala mai, fa della solidità il suo punto forte. Sulle tre settimane non ho timore a dire che Tiberi riesce a gestirle bene anche mentalmente. Lo stesso si può dire di Ayuso. A cronometro li vedo allo stesso livello, forse leggermente avvantaggiato Tiberi. Ma in salita è lo spagnolo ad avere margine. L’ago della bilancia va in direzione di Ayuso, anche per la forza dei compagni che avrà al suo fianco. La cosa che mi auguro, in fondo, è di vederli entrambi sul podio, come alla Tirreno».

L’era del mono inizia alla Classicissima, ma vince la tradizione

23.03.2025
7 min
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PAVIA – La Classicissima è diventata una fucina di chicche tecniche e l’edizione 2025 della Sanremo verrà ricordata anche per la grande presenza di corridori che hanno scelto la corona singola anteriore (anche se la bici del vincitore montava una combinazione standard).

Non c’è solo la questione rapporti, anche se ci sarà un’esplosione dell’argomento. Ruote nuove, gomme velocissime con pressioni sempre più basse (complice anche la pioggia in partenza), manubri strettissimi e molto altro.

Aeroad CFR (standard), come nel 2023

Apriamo la ressegna delle chicche tecniche con le bici della squadra del vincitore, sempre con verniciatura personalizzata, ma non la medesima della Tirreno-Adriatico. Canyon Aeroad CFR per l’intera Alpecin-Deceuninck.

Ruote Shimano Dura Ace tra C50 e C60, tubeless Pirelli da 28 millimetri e soprattutto il doppio (ormai classico) plateau anteriore 54/40 (tutto Shimano). Ci ha colpito la scelta di tutti i corridori, con i pignoni posteriori 11-30 (non 11-34). Insomma, una bici perfettamente standard (colorazione a parte) come quella vittoriosa del 2023.

Una squadra intera con il monocorona

Tutti i corridori con la Trek Madone, ruote Bontrager da 51 millimetri e tubeless Pirelli P Zero RS. Tutti gli atleti con la scala dei pignoni 10/33 e tutti con la corona singola da 54 denti. Il solo Pedersen ha chiesto di montare la corona da 56.

Tubeless Continental in versione TT

I team che utilizzano gli pneumatici Continental hanno montato (indistintamente dalle ruote) la versione TT, quella normalmente dedicata alla bici da crono.

Qualche atleta del Team Uno-X e Decathlon-Ag2R ha chiesto di montare sulla ruota anteriore il tubeless Aero111. Le pressioni di gonfiaggio comprese tra le 4 e 4,5 atmosfere, come ci ha confermato Matteo Cornacchione del Team Ineos-Grenadiers. Una “mosca bianca” è Geraint Thomas, che ha utilizzato la sezione da 25 millimetri.

Una corona Digirit da 56 per Wright
Una corona Digirit da 56 per Wright

56 denti anche per Wright

Non è passata inosservata la corona da 56 denti montata sulla Merida Reacto del britannico del Team Bahrain-Victorious (poi decimo al traguardo). Corona Digirit alluminio/carbonio, guida-catena e cassetta posteriore 11/34.

Le sensazioni contano ancora

Aranburu del Team Cofidis, con tutta probabilità l’unico corridore senza misuratore di potenza, non sulla guarnitura, non integrato ai pedali. Tutti i corridori del team francese, usano i pedali Keo Blade Power. Nell’epoca dei watt è una dettaglio che merita di essere sottolineato.

Scott Addict RC con monocorona per Pidcock

Unico atleta del Team Q36.5 ad usare la Addict, mentre i suoi compagni hanno scelto la Foil RC. Pidcock ha usato una corona singola da 54 denti, pignoni posteriori 10/33 e tubeless Vittoria da 28. La lunghezza delle pedivelle? 165.

Tubeless Vittoria da 29
Tubeless Vittoria da 29

Vittoria da 29 alla Classicissima

Non tutte le squadre lo usano, perché? Perché è specifico per ruote con canali interni da 24/25 millimetri di larghezza, come ad esempio le Reserve montate sulle Cervélo del Team Visma-Lease a Bike.

Pressioni di gonfiaggio? Esattamente nel mezzo tra i 28 ed i 30, ci hanno detto dallo staff dei meccanici, senza entrare nel dettaglio. Le Vittoria da 29 non cambiano le caratteristiche di design del battistrada, se paragonate alle 28 e 30.

Ruote Vision con raggi in carbonio

Viste sulla Cannondale del Team EF-Easy-Post. Spunta l’acronimo RS e tutti i corridori hanno montato un profilo da 45 millimetri. Cerchio panciuto (si dice wide), raggi in carbonio con nipples esterno e innestati dritti sulle flange dei mozzi.

Anche i mozzi hanno un design rinnovato (confrontati con quelli montati sulle Metron SL), svasati e quasi asimmetrici.

Ursus Enigma, c’è un’identità

Iniziano ad avere un’identità precisa le ruote Ursus montare sulle Lapierre Xelius in dotazione al Team Pic-Nic-PosteNL. Proxima 50 e Proxima 60 (le scritte applicate sui mozzi), rispettivamente per il profilo da 50 e 60 millimetri. Vedremo se verrano ufficializzate in futuro.

Ecco i tubeless Cadex

Li avevamo notati alle prime corse in Australia ed eccoli qui. Tubeless Cadex da 30, fianco color para e tutti montati sulle Cadex 50 Ultra. Particolarmente basse le pressioni di utilizzo ci hanno detto i meccanici del team, tra le 3,9, non oltre le 4,4 atmosfere.

Diversa la scelta del modello di bici, tra Propel (ad esempio anche per il nostro Filippo Zana) e TCR.

BMC Teammachine R Mpc per Alaphilippe
BMC Teammachine R Mpc per Alaphilippe

Una Mpc per Alaphilippe (e solo per lui)

BMC Teammachine R tutta nera per il francese del Team Tudor. E’ la versione Mpc, quella particolare e unica nel suo genere, quasi artigianale, più leggera e più rigida della versione standard. Al team di Cancellara ne sono state consegnate 3 in totale. Nei prossimi giorni dedicheremo un articolo apposito a questa bici fuori dagli schemi, già presentata con dovizia di particolari ai mondiali di Zurigo.

Manubrio da 34 e leve in giù per Van Der Hoorn

Sulla Cube Aero dell’olandese del Team Intermarché non passa inosservato il manubrio strettissimo, largo 34 centimetri. Altro dettaglio (più unico che raro, considerando i canoni attuali) è relativo agli shifter Dura-Ace che puntano verso il basso.

Van der Poel piega Tadej con le gambe e l’astuzia

22.03.2025
5 min
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SANREMO – La classica monumento che secondo molti sarebbe la più banale del lotto si è infiammata sulla Cipressa quando Tadej Pogacar ha deciso che fosse arrivato il momento di farla esplodere. Mai visto negli ultimi anni, tanti anni, che sulla Cipressa scollinassero i tre corridori che si sarebbero giocati la corsa. Invece è andato proprio così. Pogacar. Van der Poel. Ganna. E il copione si è ripetuto sul Poggio. E quando tutti pensavano che il campione del mondo avrebbe fatto un sol boccone dell’olandese, Mathieu gli è scattato in faccia, facendo accendere una spia rossa sul cruscotto dello sloveno.

La volata di via Roma ha ricordato il Giro delle Fiandre del 2022, quando Pogacar fece il diavolo a quattro e poi si perse nella volata, spalancando le porte a Van der Poel. Oggi il rientro di Ganna ha confuso Tadej e lanciato l’olandese verso il bis di Sanremo. E quando alla fine è venuto a raccontarsi davanti alla stampa, Van der Poel ha ammesso che questa Sanremo è stata la vittoria più bella fra le tante nel suo palmares.

Dillier ha tirato la Sanremo per tutto il giorno: il successo della Alpecin-Deceuninck si deve anche ai gregari
Dillier ha tirato la Sanremo per tutto il giorno: il successo della Alpecin-Deceuninck si deve anche ai gregari
E’ stato il tuo miglior giorno su una bicicletta, quello con la forma migliore?

Uno dei migliori. Mi sono sentito davvero bene alla Tirreno e sapevo che con una settimana di riposo avrei avuto il mio giorno migliore. Ero abbastanza sicuro che avrei potuto seguire Tadej sul Poggio, mentre che sarebbe stato più difficile sulla Cipressa. Quando ha provato da così lontano, ho dovuto stringere i denti. Non ero sicuro che ci sarei riuscito, ma alla fine ce l’ho fatta.

Alla fine sembravi particolarmente emozionato. E’ stata una vittoria molto difficile, puoi raccontarci qualcosa?

Le prime 3-4 ore sono state orribili. Abbiamo avuto cattivo tempo ogni santo giorno alla Tirreno. E quando abbiamo passato il Turchino e ho visto il sole, quando la temperatura ha cominciato a salire, mi è cambiato l’umore. Ho cominciato a sentirmi sempre meglio mentre pedalavamo lungo la costa. E penso che questo sia stato uno dei motivi per cui siamo riusciti a fare quello sforzo sulla Cipressa, rimanendo in tre. Qualcuno ha pagato quelle prime ore al freddo. Ovviamente non sono le più difficili come percorso, ma con questo meteo il corpo ne risente parecchio.

Hai battuto Tadej per sette volte, lui ha battuto te altre sette. Si parla tanto della tua rivalità con Van Aert, ma finirà che il tuo rivale numero uno sarà Pogacar?

Penso che Tadej sia il rivale di tutti. Se puoi battere lui, sei vicino alla vittoria in questi momenti, ma lui resta impressionante. Non è solo uno dei migliori corridori da classiche, ma anche uno dei migliori nei Grandi Giri. Ha un talento eccezionale, sono felice di lottare contro lui, soprattutto quando riesco a batterlo.

La Cipressa è stato il momento più duro per Van der Poel, per rispondere alle bordate di Pogacar
La Cipressa è stato il momento più duro per Van der Poel, per rispondere alle bordate di Pogacar
Prima della corsa hai detto che una vittoria qui sarebbe stato un piccolo extra alla tua carriera. La pensi ancora così?

Sono molto orgoglioso e felice di aver vinto la Sanremo per la seconda volta. Ogni Monumento è speciale, ma questa è un po’ più speciale per il modo in cui si è sviluppata. Come squadra l’abbiamo vinta per il terzo anno consecutivo, non era mai successo e chissà se mai accadrà ancora.

Sul Poggio hai cercato di staccare Pogacar: volevi colpirlo nel morale o hai cercato di andare da solo?

Ho cercato di andare via da solo, perché non sai mai come può finire uno sprint con lui dopo una gara così. Tadej è veloce e dopo una gara così dura lo è anche Filippo. Non vince il più veloce, ma chi ha più forze. Sapevo che Tadej avrebbe attaccato un paio di volte per staccarmi, così ho provato anche io a contrattaccare, ma è stato forte abbastanza da rispondermi. E’ stato molto emozionante proprio perché la gara è stata così difficile.

Puoi raccontarci gli ultimi 500 metri della corsa?

Penso che tutti sappiano che lo sprint corto per me sia la soluzione migliore. Però durante l’inverno ho lavorato tanto per allungarlo. E siccome tutti pensavano che avrei fatto di tutto per partire molto vicino al traguardo, ho deciso di lanciare la volata ai 300 metri. Non se lo aspettavano e non sono riusciti a rimontare. Penso che questo sia stato un elemento fondamentale per vincere.

La seconda Sanremo di Van der Poel (7ª monumento) ha avuto davvero il sapore della conquista insperata
La seconda Sanremo di Van der Poel (7ª monumento) ha avuto davvero il sapore della conquista insperata
Hai parlato di settimana di riposo, come l’hai passata?

Non è stato davvero una settimana di riposo. Lunedì ero molto stanco e ho fatto a dir tanto un’ora di bici. Martedì ho fatto tre ore. Mercoledì quattro ore sul percorso del Fiandre ed è venuto un allenamento molto duro. Poi due giorni dietro moto per avvicinarmi bene alla Sanremo. Negli ultimi anni abbiamo raccolto abbastanza dati per sapere come fare. Questa è stata una delle ragioni per le quali ho fatto la Tirreno, perché ho bisogno di una gara come quella per essere in buona forma in una gara come questa.

Pensi che questa Sanremo sia stata un grande spettacolo per chi l’ha vista in televisione?

Ho guardato questa gara molte volte in televisione e non avevo mai visto una Cipressa così, ma è stato più merito di Tadej che mio. Io l’ho seguito. Sapevo avrebbe provato qualcosa per vincere questa gara e credo che abbiano fatto un lavoro perfetto. Non è riuscito solo per dei dettagli. Sarebbe bastato che le mie gambe fossero solo un po’ meno brillanti e adesso sareste qui a parlare con lui. Sicuramente ci proverà ogni anno e probabilmente prima o poi riuscirà a vincere anche lui la Sanremo.

Pogacar stanco (e deluso) ma non molla. «Tornerò ancora»

22.03.2025
5 min
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SANREMO – Saranno contenti i suoi detrattori, quelli che “tanto vince sempre lui”. Oggi Tadej Pogacar non ha vinto, ma che corsa ci ha regalato? Se questa è stata una delle Milano-Sanremo più belle di sempre, il merito è anche e soprattutto suo. Forcing incredibile sulla Cipressa, i tre favoriti che scappano e ancora scatti nei denti. Fa-vo-lo-sa.

Ma se la Classicissima numero 116 è stata bellissima, lo stesso non si può dire delle reazioni in casa UAE Emirates. Attenzione, lo ribadiamo prima di ogni benché minima polemica: nessun funerale, nessuna tragedia. Anzi, sempre massima disponibilità nel parlare, cosa non scontata in certi momenti, ma è chiaro che il terzo posto non basta. E questo dimostra quanto Pogacar e i suoi ci tenessero… e ci tengano ancora. La battuta strappata già a microfoni spenti prima di uscire dalla mix zone vale oro: «Ci riproverò ancora».

L’azione di Pogacar, VdP e Ganna è iniziata sulla Cipressa
L’azione di Pogacar, VdP e Ganna è iniziata sulla Cipressa

Terzo posto

Dunque anche i supereroi possono non vincere. La Sanremo sfugge ancora una volta a Pogacar, che da tempo non vedevamo così stanco. Quando parte lo sprint è ormai troppo schiacciato e quei cinque metri regalati a Van der Poel, forse per lanciarsi, gli risultano fatali.
«Secondo me – dice il team principal di UAE Mauro Gianetti – Mathieu se ne è accorto ed è partito. Ma non è facile». A quel punto, forse Van der Poel e soprattutto Pogacar si aspettavano che Ganna tirasse dritto. Invece, tutto si è mischiato.

Forse il terzo posto è figlio di uno scatto di troppo sul Poggio o di aver tirato troppo dopo essere scappati sulla Cipressa. Forse, forse… quanti sono. Troppi. E la storia non si fa con i “se” e con i “ma”. A mettere le cose in chiaro è stato proprio Pogacar.

«Io credo – ha detto lo sloveno stanco come poche volte lo abbiamo visto – di aver disputato una delle migliori gare della mia carriera. Nelle prime tre ore e mezza di corsa mi sono sentito davvero bene. L’ultima parte è stata bellissima. Sono felice di come abbiamo corso con la squadra. Ci abbiamo provato in ogni modo. E’ stato un ottimo lavoro. Ho dato il 100 per cento e sono arrivato terzo».

Sul Poggio scollinano in due: i tre tentativi di Pogacar non sono bastati a fare la differenza
Sul Poggio scollinano in due: i tre tentativi di Pogacar non sono bastati a fare la differenza

Nessun rimpianto

«Negli ultimi 300 metri tutti e tre abbiamo avuto le stesse possibilità di vincere. Rivedendo la volata, abbiamo iniziato a sprintare allo stesso tempo. Ripeto, non si poteva fare nient’altro, né io, né la squadra. Sono molto orgoglioso di come abbiamo corso oggi. Ogni anno facciamo meglio. Mostriamo più aggressività e volontà. Analizzeremo il tutto e vedremo se abbiamo sbagliato. Ma oggi semplicemente c’è stato qualcuno più forte».

La folla resta accalcata attorno al bus della UAE Emirates. E’ incredibile quanta gente ci sia. Tutti con gli smartphone in mano, pronti per una foto o magari un selfie con Pogacar. La gente lo ama e forse questa sconfitta lo rende ancora più grande.
«Non ho rimpianti – conclude Pogacar, che man mano ritrova un timido sorriso – Sono felice di essere riuscito a dare tutto. Per un tratto sulla Cipressa avevo cinque metri? Sì, ma non è facile fare la differenza. Dovrò aggiungere un po’ di muscolatura».

Sprint tirato, alla fine VdP che aveva quei 5 metri di vantaggio li ha mantenuti. I tre sono arrivati nell’ordine in cui erano posizionati ad inizio volata
Sprint tirato, alla fine VdP che aveva quei 5 metri di vantaggio li ha mantenuti. I tre sono arrivati nell’ordine in cui erano posizionati ad inizio volata

Che finale

«Siamo comunque soddisfatti – dice Gianetti – è stata una gara bellissima in cui tre grandissimi campioni si sono scattati nei denti senza risparmiarsi e alla fine siamo contenti. Non corriamo da soli. Certo, nei primi cinque minuti dopo l’arrivo, mentre si cambiava, non era soddisfattissimo, ma ora già va meglio».

Gianetti spiega come, in fin dei conti, si aspettassero una corsa così. Sapevano che avrebbero trovato un grande Van der Poel.
«Alla fine questa rivalità fa bene allo sport. Tadej è consapevole che non è da solo e che non è facile staccare certi corridori su certe salite. Salite che si fanno a più di 40 all’ora e a ruota si sta bene. Anche risparmiare solo 10 watt in questo ciclismo può fare la differenza. Anzi, oltre a Ganna e VdP, ci aspettavamo anche Pedersen, che alla Parigi-Nizza ha lavorato benissimo. Sapevamo che VdP ci sarebbe stato. Anche se non ha fatto una Tirreno brillante, lui è un cecchino nel centrare gli appuntamenti cerchiati in rosso e si sa preparare molto bene».

Forcing mostruoso di Wellens, prima (in foto), e Narvaez, poi, sulla Cipressa
Forcing mostruoso di Wellens, prima (in foto), e Narvaez, poi, sulla Cipressa

Cipressa diversa?

La Sanremo è andata, insomma, come si aspettava la UAE. Magari non si aspettavano il contrattacco di VdP sul Poggio, ma quello scatto poteva anche costare caro all’olandese stesso in volata. Torniamo al discorso dei “se” e dei “ma”.

Tuttavia qualcosa di più concreto c’è invece riguardo alla Cipressa. A Gianetti, infatti, abbiamo chiesto se gli è mancato un uomo, Del Toro nello specifico.

«In parte è mancato, ma non corriamo da soli. Prenderla davanti non è stato facile per nessuno: né per Tadej né per Del Toro. A quel punto, se anche lui fosse stato lì, ne avremmo avuti ben quattro che potevano giocarsi la Sanremo. Chiaro che Narvaez non avrebbe quella trenata così forte e dietro, di rimessa, ci sarebbe stato uno fra Del Toro, Wellens o Narvaez stesso. Noi volevamo fare la corsa dura sulla Cipressa e l’abbiamo fatta».

Un Ganna gigantesco a un passo dal paradiso

22.03.2025
4 min
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SANREMO – Ganna ha quasi vinto la Milano-Sanremo e quella parolina di cinque lettere che non si può togliere produce un fastidio quasi doloroso. Pippo arriva nella zona mista e restare in piedi fra i colleghi che spingono diventa una mezza impresa. Dopo aver tagliato il traguardo, il piemontese della Ineos Grenadiers è andato a fermarsi in fondo al rettilineo, quando la bicicletta non ha voluto più saperne di andare avanti, poi è tornato indietro. Non si è fermato a parlare né fare altro con i suoi massaggiatori. E’ andato dritto nella zona del podio per restare un po’ da solo e riflettere su un secondo posto che poteva davvero essere vittoria e che è venuto grazie alla grande condizione e alla testa dura con cui ha corso dal primo chilometro.

Difficile immaginarsi un Pogacar all’attacco dalla Cipressa, anche se ridendo dice che sarebbe stato peggio se si fosse mosso dal Turchino. In breve quei 5 minuti fuori soglia di cui si era tanto ragionato a proposito del Poggio, Ganna ha dovuto inventarseli almeno per tre volte. Con i suoi 86 chili, sa solo lui la fatica che ha fatto per rispondere al campione del mondo e allo straordinario Van der Poel. Eppure li ha sempre tenuti nel mirino.

Inseguimento senza respiro

E’ rientrato e quelli lo hanno staccato. E’ rientrato ancora e loro sono ripartiti. Finché li ha agganciati nell’ultimo chilometro e a quel punto ha avuto chiara la possibilità di giocarsi la Sanremo. E’ stato un inseguimento al contrario rispetto all’attacco della Longo Borghini due ore prima. Ganna li vedeva ed è piombato su di loro poco prima della volata. E di colpo la Sanremo che sembrava bella e chiusa si è riaperta in modo imprevedibile.

L’inseguimento di Ganna dopo il Poggio ha riaperto la Sanremo e condannato Pogacar al terzo posto
L’inseguimento di Ganna dopo il Poggio ha riaperto la Sanremo e condannato Pogacar al terzo posto

Il suo solo rammarico, dice, è aver aspettato troppo la volata: il cambio di ritmo del crossista Van der Poel è stato decisivo. Ricordate lo scherzetto che giocò a Van Aert nel finale dei mondiali di cross a Hoogerheide?

Ganna si siede e sembra aver messo ordine nei pensieri. Nel retropalco ha avuto modo di parlare con Pogacar e Van der Poel e guardandosi intorno si è reso conto che il livello della compagnia non sia mai stata così elevato. Fare secondi brucia, ma farlo a capo della Sanremo più bella degli ultimi (tanti) anni ha un sapore diverso.

Alla fine sei comunque soddisfatto?

Sì, credo di aver fatto una delle mie migliori performance. Anche come squadra abbiamo fatto un ottimo lavoro, più di così io non so cosa fare, ragazzi. Ero davanti con un campione del mondo, uno che è stato campione del mondo, uno che ha vinto tanti monumenti che neanche io so contarli e l’altro che ha perso il conto fra Giro e Tour. Sono felice, ho fatto il mio massimo e più di così non potevo chiedere.

Comunque ci hai creduto fino alla fine?

Eh, la speranza è l’ultima a morire. Credo che abbiamo fatto divertire il pubblico, era un po’ che non si vedeva una Sanremo così. Quei due ragazzi mi hanno fatto perdere anni di vita, però credo di essere arrivato con il meglio che potevo. Più che scatti, ho cercato di andare a regolare, perché di più non potevo fare, ma se non avessi seguito Pogacar al primo attacco, sarei arrivato esimo. Per cui, è stato meglio rischiare.

Dopo l’arrivo, Ganna è andato a sbollire l’amarezza in fondo al rettilineo, poi è tornato indietro
Dopo l’arrivo, Ganna è andato a sbollire l’amarezza in fondo al rettilineo, poi è tornato indietro
Un rimpianto in volata?

L’unico, forse sì. Magari avrei potuto anticipare l’allungo di Van der Poel, ma per come si era messa, il secondo posto va più che bene. Comunque, ripeto, credo di aver fatto una delle performance migliori della vita. Ci sono stati campioni che ci hanno messo 14 anni per vincere questa corsa, speriamo di metterci meno perché altrimenti mi toccherà allungare di troppo la carriera.

Quanto è stato difficile rientrare quando eri 10 secondi dietro Mathieu e Tadej?

Uno dei momenti più difficili della gara. Sul Poggio ho sofferto molto, ma poi in discesa ho provato a rientrare e mi sono detto che non mi importava se fossi caduto. Dovevo fare una grande prova per rientrare e devo dire di esserci riuscito. Ovviamente non posso essere felice di avere fatto un secondo posto, però essere il primo degli sconfitti e aver dato il massimo mi fa dire che va bene così. E poi, ragazzi, se volete la prossima volta do a voi la bici e ci pensate voi.

Adesso si fa rotta su Roubaix?

Manca quasi un mese, quindi aspettiamo, ci sono ancora tante corse da fare. La prossima settimana correrò il GP E3 ad Harelbeke, quindi la Gand e poi tornerò a casa per la laurea di mia sorella. E’ giusto oltre al lavoro far parte della famiglia, fare una vita normale. Quindi tornerò a casa per la laurea di Carlotta e poi vedremo come sarà l’avvicinamento a Roubaix. Ma lasciatemi dire che la Sanremo corsa in Italia è stata una grande cosa. Da italiano, aver sentito per 300 chilometri urlare il mio nome mi ha dato uno sprint in più. Quindi grazie a tutti per il sostegno e ci vediamo alla prossima.

Tutto “facile”, vince Wiebes in volata con una super Kopecky

22.03.2025
5 min
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SANREMO – Questa mattina la sua bicicletta bianca è stata tra le ultime a essere scaricata dal truck della SD Worx. Appena messa sui cavalletti, i controllori dell’UCI hanno iniziato a misurare le quote e a scannerizzare telaio e ruote per verificare che tutto fosse in regola. Nel frattempo, Lorena Wiebes se ne stava tranquilla sul truck.

I riflettori erano puntati su di lei, ma anche su Lotte Kopecky, Elisa Longo Borghini e Demi Vollering. Lorena, invece, ha vissuto un approccio davvero sereno, così come tranquillo è stato l’avvio della corsa. Nonostante il ritmo subito sostenuto, non c’è stata troppa bagarre. La Cipressa, affrontata con quel passo regolare, ha contribuito a creare le condizioni ideali per la “tempesta perfetta” di Wiebes.

Freccia Wiebes

Wiebes è sembrata il ritratto della serenità per tutta la giornata. La stessa tranquillità l’ha mantenuta anche dopo l’arrivo: nessun urlo esagerato, nessun gesto plateale, come se la sua vittoria fosse normale, per non dire scontata. Ma non è stato così.

«E’ difficile crederci – dice Wiebes – ma ho vinto la Sanremo Women. Sono molto grata alla squadra per l’ottimo lavoro svolto. C’erano diverse opzioni per il finale, ma mi sentivo molto bene sulla Cipressa. Anche sul Poggio sono rimasta tra le prime in cima. A quel punto sapevo che avrei corso per la vittoria. Questi erano i piani del mattino e il direttore sportivo dalla macchina mi spronava. Elisa Longo Borghini ha attaccato con grande forza a 2 chilometri dall’arrivo, ma sono rimasta fiduciosa perché conosco la forza di Lotte Kopecky. Quando corriamo insieme siamo le più forti. Ma oltre a lei avevamo atlete super, come chi domenica scorsa ha vinto o è arrivata seconda».

Quella di oggi è la vittoria numero 98 per Lorena, che però sottolinea come il traguardo delle 100 vittorie non sia un’ossessione. Gli stimoli non mancano e anzi, il livello altissimo della sua squadra la spinge a migliorarsi continuamente.

Kopecky ha corso per Wiebes, specie nei 2 km finali. In corsa sono state vicino e spesso hanno parlato
Kopecky ha corso per Wiebes, specie nei 2 km finali. In corsa sono state vicino e spesso hanno parlato

Sprint ponderato

«Lotte – riprende Wiebes – mi ha portata in una posizione perfetta. Non volevo lanciare lo sprint troppo presto, ma è stato sufficiente per vincere. Dopo tanti chilometri, fare una volata troppo lunga poteva essere rischioso».

Lorena ha più volte ringraziato Kopecky per il lavoro svolto nel finale, in particolare per la chiusura sull’attacco di Elisa Longo Borghini negli ultimi 2 chilometri. Un lavoro gestito in modo impeccabile.
«Non volevo chiudere in modo troppo veloce – ha detto Kopecky – temevo che qualcun’altra potesse contrattaccare. Ci aspettavamo una corsa più dura, che qualche altra squadra prendesse in mano la situazione, ma non è successo. Una volta in cima al Poggio era chiaro che avevamo la più veloce e sarebbe stato sciocco non sfruttare questa occasione. Lorena ha fatto una gara perfetta».

«Questa vittoria – riprende Wiebes – ha un grande valore nella mia carriera. È davvero bello vincere qui. Ho fatto molte ricognizioni restando in Italia dopo la Strade Bianche, e ogni volta il vento cambiava. Oggi nel finale era laterale e a favore», come aveva anticipato il diesse Mondini prima del via.
Il vento a favore ha alzato la velocità sul Poggio, probabilmente togliendo qualche velleità d’attacco in salita a Vollering o Longo Borghini. In ogni caso, Wiebes ha superato Cipressa e Poggio alla grande.
«In effetti sulle due salite stavo molto bene», ha confermato.

Vittoria di squadra

La SD Worx si conferma una vera corazzata, e le altre classiche – quelle di casa loro – devono ancora iniziare. Nel team, però, c’è rispetto e le atlete, vere campionesse, sanno aiutarsi a vicenda.
«Non capita sempre che la campionessa del mondo tiri per te – spiega Wiebes – ed è una cosa bellissima. Era anche la tattica che avevamo deciso al mattino. Nonostante la corsa non sia stata durissima, è stata molto caotica. C’è stata una caduta persino alla prima curva e una nostra compagna è finita a terra. Io sono rimasta attardata, ma Blanka Vas ci ha riportato sotto. Abbiamo corso bene, sempre compatte e nelle prime posizioni. Le salite le abbiamo prese come volevamo, e non è facile in questo ciclismo. Il livello cresce perché più campionesse sono “spalmate” in più team, rendendo la lotta più ampia».

Anche in conferenza stampa Lorena Wiebes ha mantenuto la sua compostezza ed eleganza. Ha risposto con piacere a tutte le tantissime domande, sorridendo e trasmettendo felicità.
«Sono davvero contenta che la Milano-Sanremo sia tornata nel calendario femminile. E’ una corsa bellissima. Adesso non so se sarà una corsa per sprinter, lo scopriremo con il passare degli anni, ma di certo è diversa da tutte le altre. Sembra che in futuro potrà arrivare sui 200 chilometri, cosa che secondo me va bene anche per il nostro movimento».