Longo fuori, Fiandre a Kopecky: finale giocato alla grande

07.04.2025
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OUDENAARDE (Belgio) – Cominciamo col dire che Longo Borghini sta bene. Sarebbe potuta stare meglio, magari a quest’ora sarebbe da qualche parte a festeggiare il terzo Fiandre, invece ai brindisi si è dedicata Lotte Kopecky. Elisa ha passato la notte in osservazione all’ospedale di Gand. La caduta l’ha sorpresa al chilometro 35, assieme a Lorena Wiebes, Marthe Truyen, Letizia Borghesi e Christina Schweinberger. Lei si è rialzata, come fanno sempre i corridori. Silvia Persico ha provato a riportarla in gruppo, ma a un certo punto si sono fermate di nuovo e la campionessa italiana, grande favorita per il Fiandre, ha abbandonato la corsa. Ed è così nato il terzo successo di Lotte Kopecky.

«Questa è una vittoria che ricorderò a lungo – dice la campionessa del mondo – più ci avvicinavamo e più sognavo di vincerlo con questa maglia indosso. Ero nervosa per lo sprint? Avevo fiducia nel mio spunto. Sapevo che Liane Lippert è veloce, ma non sapevo quasi nulla di Pauline Ferrand-Prévot. Mi aspettavo un attacco da parte di Kasia Niewiadoma, ma non è mai arrivato. Quindi ho creduto nel mio sprint e ci ho dato dentro».

Prima del via. per Longo Borghini il solito rituale di autografi e selfie
Prima del via. per Longo Borghini il solito rituale di autografi e selfie

Vento contro, zero attacchi

La campionessa del mondo del Team SD Worx-Protime ha regolato allo sprint il gruppetto di quattro con cui è sopravvissuta alla serie dei muri, in una corsa dura che ha visto l’arrivo di sole 87 ragazze. Distanza di 168,9 chilometri con 1.324 metri di dislivello, corsi a 38,304 di media.

«In realtà non sono rimasta troppo sorpresa – ha detto dopo l’arrivo – che nessuna abbia provato ad andare da sola sul Paterberg. Il vento non era favorevole, per cui potevi pure attaccare, ma con tre corridori forti che inseguono insieme, non sarebbe stata la mossa più intelligente. Io mi sono sentita bene per tutta la salita, ma affrontare uno sprint del genere è sempre rischioso. Quando Anna Van der Breggen mi ha detto che ero quella con le gambe migliori, ho trovato grande sicurezza. Per cui, si è trattato solo di sopravvivere al Qwaremont e poi al Paterberg».

Con la Longo fuori dai giochi, Borghesi è stata la miglor azzurra: sesta
Con la Longo fuori dai giochi, Borghesi è stata la miglor azzurra: sesta

I dubbi dopo Waregem

Kopecky non era la favorita del Fiandre, perché il ruolo spettava a Elisa Longo Borghini. Scendendo dal pullman per andare alla firma, la piemontese ci aveva detto di essere molto concentrata e di aver ben recuperato lo sforzo di Waregem. Peccato che poi tanta condizione sia finita su quel lembo di asfalto in cui Elisa è rimasta per istanti lunghissimi in posizione fetale.

«Solo sul Berendries – ha detto Kopecky – ho notato che Longo Borghini non c’era. Dall’ammiraglia mi hanno confermato che prima è caduta e poi si è dovuta fermare, spero davvero che stia bene. Mi sembra logico, avendola vista vincere a quel modo, che avessi dei dubbi dopo la Dwars door Vlaanderen. Però ho imparato a non farmi condizionare da certe sensazioni. L’anno scorso il Fiandre non fu la mia gara migliore, ma una settimana dopo vinsi la Roubaix. Avrei potuto farmi prendere dal panico, invece ho semplicemente accettato che non fosse andata bene, magari perché non avevo recuperato bene dagli allenamenti dei giorni precedenti. Quindi era importante riposarmi per essere più fresca possibile alla partenza del Fiandre. E ha funzionato».

Sopravvivere al Qwaremont e al Paterberg per giocarsi il Fiandre: Kopecky c’è riuscita
Sopravvivere al Qwaremont e al Paterberg per giocarsi il Fiandre: Kopecky c’è riuscita

Il podio con Pogacar

Quel gesto col bicipite (foto di apertura) non è passato inosservato e Lotte ha spiegato che risale al team building fatto lo scorso inverno in Lapponia. Era il gesto per quando si spostavano con le motoslitte e dovevano segnalare la necessità di accelerare. Un’espressione scherzosa. Poi ha ammesso di aver molto gradito il podio tutto iridato assieme a Pogacar.

«E’ speciale condividere il podio con Tadej – ha ammesso – soprattutto perché siamo entrambi campioni del mondo. Mi rendo conto di quanto sia stato unico. Di solito non appendo le foto in casa, ma questa volta guarderò le immagini migliori, per vedere se tra loro c’è un bello scatto di questo podio. Tadej è una persona molto rispettosa e mi ha fatto i complimenti. Io invece volevo sapere come ha vinto il suo Fiandre, se allo sprint o da solo. Anche se avevo pochi dubbi che avesse vinto arrivando da solo».

Sarà perché siamo in Belgio, dove il ciclismo è più prossimo a una fede che a uno sport. Sta di fatto che quando Lotte Kopecky ha tagliato il traguardo, il boato del pubblico è stato probabilmente superiore a quello per la vittoria di Pogacar. Entrambi primi al Fiandre, entrambi campioni del mondo. Lei belga, lui no.

Van der Poel e Van Aert, storie diverse, identica resa

06.04.2025
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OUDENAARDE (Belgio) – I due galli hanno trovato uno più gallo di loro. Quando Van der Poel e Van Aert si ritrovano a inseguire Pogacar, il pensiero è stato proprio questo. Due storie differenti, ne siamo consapevoli. L’olandese è il vincitore di Sanremo e Harelbeke, il belga fa fatica a mettere insieme la testa e le gambe. Però, in questo Fiandre che lo ha mostrato finalmente al livello dei migliori, vederli entrambi inchinati ai piedi di Pogacar fa pensare a equilibri da riscrivere. Soprattutto su queste che erano le loro strade.

«Quella caduta ovviamente non è stata l’ideale – dice Van der Poel – ma tutto sommato siamo riusciti a rientrare bene. Peccato, ma sarebbe potuta andare peggio. Poco prima del secondo passaggio sull’Oude Kwaremont sono stato spinto di lato, quindi sono dovuto rientrare da molto lontano. Alla fine però non ce l’ho più fatta e sono stato costretto a sedermi. Ho sentito subito che ero al limite, non ho mai avuto un super feeling. Il più forte era davanti, di solito è così e anche oggi è stato abbastanza chiaro. Ho lottato per salire sul podio basandomi sull’esperienza e sulla forza di volontà, e ne sono contento. Il Fiandre era programmato, ma non sono stato abbastanza bravo».

In tre alle spalle di Pogacar: Pedersen, Van Aert e Van der Poel
In tre alle spalle di Pogacar: Pedersen, Van Aert e Van der Poel

Un maledetto raffreddore

In realtà Van der Poel tira fuori un malanno che aveva scaltramente nascosto a tutti. Un brutto raffreddore rimediato dopo la vittoria di Harelbeke, che potrebbe spiegare la resa o renderla meno pesante.

«Dopo Il GP E3 sono stato malato per tre giorni – spiega – e ho perso un po’ di forza, soprattutto all’inizio della settimana. Per domenica spero di ritrovare le mie gambe migliori. Questa settimana ho riposato molto per recuperare, ma la prossima voglio allenarmi di nuovo forte per essere completamente pronto per Roubaix. Sarà una gara diversa. E’ meno dura e serve un po’ più di fortuna. Vedremo cosa succede. Penso che ci siano più candidati vincitori a Roubaix che qui al Fiandre. Il quarto successo arriverà? Lo sento spesso. Anche gli altri l’hanno inseguita e aspettata, ma non è arrivata, per cui sono molto orgoglioso di quelle tre tacche accanto al mio nome».

Nella volata, Pedersen ha fatto valere le sue attitudini di velocista ed è arrivato secondo
Nella volata, Pedersen ha fatto valere le sue attitudini di velocista ed è arrivato secondo

La reazione di Van Aert

Va segnalata in questa giornata di festa che è stata selvaggia ed oceanica, l’ottima prestazione di Wout Van Aert e della sua squadra, che aveva qualcosa da farsi perdonare. Il grande belga ha venduto cara la pelle e, anche se è stato presto chiaro che non fosse tra i più forti, non ha mollato per un solo metro. Alla fine dei tanti inseguimenti, è riuscito a giocarsi la volata per il podio, chiudendo non troppo malinconicamente e anzi con fierezza al quarto posto.

«E’ stata una gara molto difficile – dice Van Aert dopo l’arrivo – come tutte le altre da queste parti, naturalmente. Con un uomo nella fuga, la nostra squadra ha fatto lo stretto indispensabile e abbiamo provato a seguire i due favoriti. Sono molto contento che abbia funzionato e sia andata come ho sperato. Ho lavorato duro per costruirmi una buona condizione per oggi e per la settimana che viene e mi piace essere stato qui e combattere per il podio. Questa è l’unica cosa che mi è mancata oggi, arrivare un gradino più in alto, ma per me questo era il mio posto di oggi.

«Era impossibile fare uno sprint migliore di così. I tre che sono arrivati davanti sono stati più forti di me. Vedremo se questa fatica basterà per fare meglio a Roubaix. Contro questo Pogacar c’era poco da fare. Quando alla fine ho attaccato e mi sono voltato, c’era lui a inseguire. E ho pensato che se va forte così sull’asfalto e poi stacca gli altri sul pavè, deve essere davvero speciale. Lo avevo capito già sul primo Qwaremont, il finale lo ha confermato».

Quinto attacco sull’ultimo Qwaremont e Pogacar se ne va

06.04.2025
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OUDENAARDE (Belgio) – Può sembrare strano come cosa da dire al termine di un Giro delle Fiandre così veloce, il più veloce della storia, eppure Tadej Pogacar ha dovuto sudarsi la vittoria come raramente gli è successo in precedenza. Il campione del mondo non si è potuto accontentare di un solo scatto, ma ha dovuto piazzarne un quantitativo indefinito (cinque quelli davvero incisivi) prima di poter infine staccare tutti i contendenti, che raramente negli ultimi anni sono stati così forti. Basti pensare che a un certo punto al comando del Fiandre si sono ritrovati tre campioni del mondo: Pogacar, Pedersen e Van der Poel, finiti così peraltro sul podio. Van Aert al quarto posto non ha reso certo meno nobile l’ordine di arrivo e anzi si è scrollato dalle spalle come forfora un bel mucchio di negatività. Un Fiandre così bello lo ricorderemo a lungo.

Bisogna dire che la sensazione a un certo punto è stata che Mathieu Van der Poel fosse più brillante dello sloveno, con la solita incognita di quanto gli fosse costato rientrare dalla caduta a 125 chilometri dall’arrivo. L’olandese è sempre parso in controllo e soltanto in occasione di uno degli ultimi scatti di Pogacar è parso rispondere con una insolito attendismo. Era forse la spia della riserva che iniziava a lampeggiare? Sta di fatto che quando lo sloveno ha imboccato per la terza ed ultima volta il Vecchio Qwaremont, la sua accelerazione non ha concesso scampo.

Il via quest’anno da Bruges dal Markt, davanti a un oceano di tifosi
Il via quest’anno da Bruges dal Markt, davanti a un oceano di tifosi

Meglio del meglio

Quando arriva da noi, dopo le telecamere, le premiazioni, le maglie da firmare e chissà a cos’altro lo hanno sottoposto dopo la vittoria, Pogacar ha lo sguardo sfinito e prega di fare presto perché ha un aereo da prendere.

«E’ difficile descrivere quanto sia grande questa vittoria – ammette – e quanto significhi per me. Non potevo immaginare che sarebbero serviti così tanti attacchi, ma ho visto che gli altri ragazzi erano ancora molto forti la prima volta che sono scattato. Ho dovuto davvero tirare fuori il mio meglio per fare rendere gara difficile e ho provato a dare tutto quello che avevo sull’ultimo Qwaremont. Non ero sicuro che sarei arrivato, fino a quando sono arrivato sulla strada principale e ho visto che dietro di me non c’era nessuno. Però ho continuato a spingere. Mathieu (Van der Poel, ndr) era molto forte, quindi non potevo giurare che non sarebbe tornato. Sapevo cosa dovevo fare e ho provato a farlo».

Van der Poel ha inseguito dopo la caduta e forse lo ha pagato. Nel finale è andato spegnendosi
Van der Poel ha inseguito dopo la caduta e forse lo ha pagato. Nel finale è andato spegnendosi

Una generazione di fenomeni

Gli chiediamo se si sia divertito a scattare, farsi riprendere, riscattare chiedendo cambi e tenendo in precedenza la squadra sempre in tiro. Lui osserva per un istante il vuoto, poi torna a guardare fisso e spalanca un sorriso grande così.

«Credo che abbiamo una generazione molto bella di corridori – riflette – un sacco di campioni di livello altissimo. Mi piace correre contro loro, sono grandi campioni e bravi ragazzi. Oggi è stato un giorno fantastico per loro, per i loro fan e per il mio team. E’ stato un giorno perfetto, anche se da un certo punto in poi è stato chiaro che avremmo potuto contare solo su noi stessi. In questo tipo di gara niente va mai alla perfezione. Purtroppo abbiamo perso Johnny e Tim (Narvaez e Wellens, ndr) nella caduta di Van der Poel. Non è andata perfettamente, ma alla fine ciascuno di quelli rimasti ha dato il massimo e il piano ha funzionato. Bjerg ha fatto un lavoro fenomenale oggi, penso che la maggior parte delle persone non riuscirà a capire quanto sia stato ottimo. Anche il giovane Morgado: Antonio è impressionante, sarà un grande campione e oggi ha fatto un lavoro perfetto».

Il piano di Pogacar

Il piano che ha funzionato. La frase incuriosisce. C’era un piano anche alla Sanremo, ma il percorso troppo facile lo aveva vanificato. Attaccare, attaccare, attaccare. Ma come scrivemmo nell’ultimo editoriale, quando il percorso gli offre il dislivello giusto, il piano di Pogacar difficilmente fallisce.

«Il piano era di renderla una gara difficile – spiega – di attaccare al secondo passaggio sul Qwaremont. Le cose come detto non sono andate alla perfezione, ma alla fine sono riuscito a fare la differenza. E l’abbiamo fatta nel modo giusto, senza approfittare dei problemi degli altri. Quando Van der Poel è caduto, stavano tutti lottando per la posizione, ma nessuno ha ritenuto di affondare il colpo, perché non era necessario. Ci sono stati alcuni allunghi, ma niente di incisivo. Mi sarebbe piaciuto che lo avessimo aspettato ancora, perché avrebbe significato far rientrare Wellens e Florian Vermeersch, ma poi la gara ha ripreso il suo passo».

Ganna ottavo e migliore degli italiani: prima la fuga e poi lo sprint per il piazzamento
Ganna ottavo e migliore degli italiani: prima la fuga e poi lo sprint per il piazzamento

L’effetto del Qwaremont

Si capisce che la conferenza sia agli sgoccioli, quando si comincia a parlare del tempo. Dicono che domenica alla Roubaix potrebbe piovere e questo nel clan della UAE Emirates non suona come un presagio felice. Ma in questa giornata scintillante dei colori dell’iride, non c’è nulla che possa turbare Tadej.

«Spero di avere lo stesso clima domenica prossima – dice – e che questa vittoria mi dia la sicurezza che serve. Tutta la settimana passata con i miei compagni è stata davvero fantastica e riuscire a passare da solo sul Qwaremont con così tante persone sulla strada, è stato qualcosa di incredibile. Non avevo vendette da prendermi dopo la Sanremo e anche aver staccato Mathieu in un tratto di pavé in pianura potrebbe significare poco. Oggi però ho capito che ho buone gambe in vista della Roubaix. Abbiamo anche una squadra super forte, con Vermeersch e Politt che sono già stati secondi in quel velodromo e io che sarò al battesimo. Possiamo fare un’ottima gara e non vedo l’ora che arrivi».

Gli chiedono se davvero abbia finito stanco il Fiandre. Lui strabuzza gli occhi e fa un sorriso di circostanza. Ricorda che la corsa è durata più di sei ore e che alla fine di qualsiasi gara è sempre stanco. Poi ringrazia quando gli dicono che di solito sembra più fresco. Prende e se ne va, preceduto dallo steward sul monopattino. Lo rivedremo da queste parti alla fine della prossima settimana. Poi per lui ci saranno ancora l’Amstel Gold Race, la Freccia Vallone e la Liegi. Di certo non bisogna guardare Tadej Pogacar parlando di corridori che hanno occhi soltanto per il Tour.

Turconi al Piva: tra i pro’ impara e tra gli under vince

06.04.2025
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COL SAN MARTINO – La differenza tra i corridori, in questa 76ª edizione del Trofeo Piva, non la fa solamente il dislivello di un percorso sempre impegnativo ed esigente, ma anche la risposta delle gambe dopo la neutralizzazione avvenuta una cinquantina di chilometri dall’inizio della corsa. Filippo Turconi nonostante la mezzora abbondante fermo sotto la linea di arrivo ritrova il ritmo giusto della pedalata e la lucidità per correre in testa avvantaggiandosi sulla penultima salita di giornata. Pochi giorni dopo la sua prima Classica Monumento il ventenne di Varese si sblocca tra gli under 23 (in apertura foto Alessio Pederiva). 

«La prima vittoria tra gli under – racconta sotto il palco delle premiazioni – porta emozioni diverse rispetto alle esperienze fatte fino a ora, per di più arriva in una gara bellissima. Sicuramente le gare tra i professionisti ti danno una grande gamba, soprattutto nel finale dove mi sono sentito davvero bene. Ti abitui a sforzi differenti e di un livello superiore, poi comunque venire a un appuntamento internazionale e impegnativo come questo non è mai semplice. Era da un anno e mezzo che non vincevo, quando ero junior secondo anno, tenere il feeling con la vittoria è bellissimo». 

Filippo Turconi in mezzo al Marivoet e al messicano Cesar Macias (foto Alessio Pederiva)
Filippo Turconi in mezzo al Marivoet e al messicano Cesar Macias (foto Alessio Pederiva)

Gambe fredde

In una serie di curve sulla lunga discesa che dal paesino di Combai, sede del GPM di giornata, si ricongiunge con la strada principale il gruppo si ritrova con un terzo dei corridori a terra. La confusione nei primi istanti è tanta, la macchina di inizio corsa procede verso l’arrivo a velocità ridotta con alle sue spalle quel che rimane dei 175 partenti. Da dietro piano piano rientrano tutti, uno di quelli che porta maggiormente i segni addosso è Alessandro Borgo. L’atleta di Conegliano, che oggi correva in casa, ha sangue ovunque e un’escoriazione evidente sul fianco sinistro. Dei corridori che riportano anche piccoli segni della caduta si perde il conto. Diesse e massaggiatori camminano avanti e indietro con garze e bende, mentre i meccanici sono alla ricerca di pezzi di ricambio e non negano una mano al vicino di ammiraglia. 

«Non nascondo – continua Turconi – che la neutralizzazione nei primi chilometri può aver fatto male a qualcuno dei favoriti. All’inizio le gambe era un po’ dure ma dopo un attimo si erano già riscaldate. Per me oggi è stata una giornata perfetta, in mattinata mi sentivo bene e partivo puntando al podio. Penso che meglio di così non potesse andare». 

Sempre a tutta

Fare continuamente spola tra le corse dei professionisti e quelle degli under 23 non è facile per i ragazzi della Vf Group-Bardiani CSF-Faizanè. Se tra i grandi sono chiamati a tirare fuori il meglio solamente per portare a termine le gare, scontrandosi con i migliori atleti al mondo, è quando si passa alle gare under 23 che l’attenzione si rivolge a loro. Tutti si aspettano sempre qualcosa da chi indossa la maglia di un team di riferimento del movimento italiano

«E’ vero – spiega Turconi – che siamo sempre chiamati a competere al massimo dei livelli in tutte e due le categorie, ma questo è il bello. Mi piace correre tra i professionisti ma anche fare gare come queste mi emoziona perché non hanno nulla da invidiare. Questa è stata la prima corsa under 23 della stagione, diciamo che insieme alla categoria bisogna cambiare anche mentalità. Fino ad ora ho attaccato spesso muovendomi subito dall’inizio. D’altronde sono uno a cui piace tentare la fuga e provare sempre qualcosa di nuovo. E’ normale, poi che in situazioni del genere in cui sai di poter fare risultato l’atteggiamento debba essere diverso». 

Cambiare mentalità

Fare esperienze tra i professionisti aiuta a crescere e prendere le misure con quelle che sono le gare che un giorno dovranno essere il pane quotidiano di questi ragazzi. Ma per dei giovani è importante non perdere il morso della vittoria, o almeno cercare di ricordarne il sapore. 

«La differenza – analizza il giovane della Vf Group-Bardiani – non è tanto nelle gambe ma nella testa. La cosa più difficile è la differenza con cui si muove il gruppo, in questi scenari è più un tutto contro tutti. Il vero problema (dice con un sorriso, ndr) è quando passi da una gara di 150 chilometri a fare la Sanremo. Gli obiettivi di stagione sono le gare under, come questa, o il San Vendemiano di domenica prossima. Diciamo che ora è iniziata la parte di stagione più importante per me».

Fiandre e Roubaix, chi vince? Pozzato pesca dal mazzo

06.04.2025
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Il capolavoro di Mathieu Van der Poel alla E3 Saxo, al quale è seguito un altro assolo, quello di Mads Pedersen alla Gand-Wevelgem. Nel mezzo il terzo posto di Filippo Ganna proprio alle spalle dell’olandese e del danese della Lidl-Trek e la decisione del piemontese di mettersi in lista anche per il Fiandre. Tadej Pogacar che annuncia la partecipazione alla Parigi-Roubaix, una notizia che già era circolata dopo quel breve ma intenso assaggio al pavé della Foresta di Arenberg. Sempre lo sloveno che cambia i propri piani rinunciando a E3 Saxo e Gand. Infine la disfatta della Visma nella corsa che anticipa, per nome e per tempistiche, il Giro delle Fiandre. 

Un menù ricco di sorprese, decisioni dell’ultimo momento che insaporiscono il calendario riservato alle Classiche del pavé. Questa mattina tocca ai muri delle Fiandre, mentre tra una settimana esatta saranno le pietre del nord della Francia a prendersi il centro della scena. 

Al GP E3-Saxo Bank Van der Poel ha dato una prova di forza non indifferente sui muri
Al GP E3-Saxo Bank Van der Poel ha dato una prova di forza non indifferente sui muri

Rimescolamento

Se il gruppo fosse un mazzo di carte potremmo definire quello che è avvenuto nei giorni scorsi come un rimescolamento. Alla fine però, proprio come in un mazzo di carte, gli assi sono sempre quattro: Van der Poel, Pogacar, Ganna e Pedersen. Ma attenzione al jolly, figura che si addice perfettamente a Van Aert. Darlo per spacciato, a nostro avviso, è un azzardo. Della stessa idea è anche Filippo Pozzato, chiamato in causa per leggere le carte in vista di questi impegni. 

«Diciamo che per il Fiandre ci sono due corridori su tutti – dice subito Pozzato – che sono Pogacar e Van der Poel. Penso che l’olandese quest’anno vada veramente forte, è arrivato in una condizione perfetta alle Classiche. Lo ha dimostrato alla Sanremo e alla E3-Saxo. Pogacar, in vista di oggi, può sicuramente far bene e lo ha già dimostrato. Rispetto al 2023, a mio modo di vedere, farà più fatica a staccare Van der Poel sui muri. Loro due possono partire a 100 chilometri dall’arrivo, senza alcun problema. Teniamo il podio della Sanremo e parliamo di Ganna. Non so cosa potrà fare al Fiandre, è una gara in cui c’è da limare e lui non è fortissimo sotto questo aspetto. Però ha una condizione esagerata e potrebbe essere l’anno giusto per essere davanti sui muri».

Ganna correrà anche il Fiandre, una decisione presa con la consapevolezza di una condizione eccezionale
Ganna correrà anche il Fiandre, una decisione presa con la consapevolezza di una condizione eccezionale
Cosa ne pensi della scelta di correre il Fiandre?

Fa bene. Ha una grande gamba e il suo obiettivo rimane la Roubaix. Però quando stai bene, correre aiuta a mantenere la condizione. I settori di pavé non sono paragonabili, ma stare a casa mentre i tuoi rivali corrono non è sempre un bene, per questo condivido pienamente la scelta di Ganna. 

Anche alla luce della gara di mercoledì come vedi Van Aert?

Dispiace per quello che è successo, rimango convinto abbia un motore esagerato e possa essere davanti sia al Fiandre che alla Roubaix. Ha fatto una preparazione mirata saltando la Sanremo e quindi lo metto sempre tra i favoriti. 

Pedersen ha mostrato di essere in forma, il pavé della Gand è stato un trampolino di lancio per una grande vittoria
Pedersen ha mostrato di essere in forma, il pavé della Gand è stato un trampolino di lancio per una grande vittoria
L’impressione è che abbia voluto attaccare da lontano per rispondere a quanto fatto da Van der Poel e Pedersen ma senza riuscirci, anzi…

Quando deve arrivarti la condizione non è che sei sempre al 100 per cento. Ha subito una bella batosta, però a livello di condizione ha avuto tutto il tempo per recuperare e arrivare pronto al Fiandre. C’è da capire la reazione mentale alla sconfitta della Dwars door Vlaanderen. Questo è l’aspetto fondamentale per capovolgere la situazione.

Anche Pedersen ha mostrato una grande condizione.

Ha vinto con una bellissima azione alla Gand-Wevelgem, ma è una gara con poco dislivello, il Fiandre è molto più impegnativo. Lui è super motivato perché non ha mai vinto una Classica Monumento, però oggi lo vedo un pelo sotto a Pogacar e Van der Poel. Poi, al contrario dello sloveno, Pedersen è avvantaggiato per la Roubaix

Secondo Pozzato Pogacar sarà uno dei due favoriti al Fiandre insieme a VDP, ma non per la Roubaix
Secondo Pozzato Pogacar sarà uno dei due favoriti al Fiandre insieme a VDP, ma non per la Roubaix
Lo hai chiamato in causa, parliamo di Pogacar e della Roubaix, cosa ne pensi?

Per lo spettacolo, il fatto che il campione del mondo prenda parte a questa gara è tanta roba. Sinceramente vedo difficile che Pogacar possa fare qualcosa di buono alla Roubaix. La Sanremo e il Fiandre hanno delle salite sulle quali può fare la differenza, lo abbiamo visto sia quest’anno che in passato. Però per le pietre della Roubaix lo vedo tanto leggero rispetto agli altri, va bene il discorso del rapporto peso/potenza ma gli altri pretendenti hanno altri fisici. Ne parlavo in questi giorni con alcuni membri della UAE.

Cosa dicevate?

Loro sono gasati dal fatto che Pogacar sarà alla Roubaix. Lo sono anche io, mi piace. Dimostra di avere una grinta incredibile, poi lui è uno che si automotiva con questi appuntamenti. Però penso possa fare fatica contro i vari Van der Poel, Ganna, Pedersen e Van Aert. 

Van Aert esce con le ossa rotte dall’ultima gara di avvicinamento alle Classiche del pavé ma le sue qualità non si discutono
Van Aert esce con le ossa rotte dall’ultima gara di avvicinamento alle Classiche del pavé ma le sue qualità non si discutono
Per il Fiandre hai detto sfida tra Pogacar e Van der Poel, gli altri guardano al terzo posto?

Direi di sì, difficile che qualcuno possa inserirsi. E tra i due pretendenti l’olandese ha più carte da giocarsi. Tatticamente è più forte, sa cosa fare per vincere. Basta guardare alla volata della Sanremo, quando ha abbassato il ritmo per poi fare la sparata negli ultimi trecento metri.

Qualche outsider?

Mi piace Jorgenson, spero possa essere davanti in entrambi gli appuntamenti. La Visma ha una squadra forte e possono sfruttare questa cosa, basta che non facciano come mercoledì

A tu per tu con Ballerini: il Nord, la gamba, gli italiani

06.04.2025
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Tre ore al via del Giro delle Fiandre e l’attesa, la voglia, l’adrenalina ci fanno “mangiare le unghie”. Al via ci sarà anche Davide Ballerini, che con la maglia della XDS-Astana ha mostrato una condizione crescente, culminata nel sesto posto alla Gand-Wevelgem.

Esperto delle Classiche del Nord, il comasco si presenta in forma al via di Bruges e ci racconta non solo come sta vivendo questo periodo, ma anche come vede il momento degli italiani sulle pietre. Una sorta di inviato speciale per bici.PRO, direttamente dal cuore del gruppo.

Il lombardo è stato in ritiro in Grecia, alla corte di coach Anastopoulos (foto Instagram)
Il lombardo è stato in ritiro in Grecia, alla corte di coach Anastopoulos (foto Instagram)
Davide, partiamo da te. Partiamo dal sesto posto di domenica scorsa, che immaginiamo ti abbia dato un po’ di fiducia, no?

Sì. Finalmente, devo dire la verità, mi sono allenato tanto per questa parte del Belgio e piano piano stanno arrivando i risultati. La condizione c’è, si comincia a raccogliere qualcosa.

L’anno scorso fu una bella botta morale con quel problema al ginocchio…

Sì, l’anno scorso è stata dura. Non è stato un bel periodo, ma col tempo tutto passa. L’importante è fare le cose per bene e alla lunga si sistemano. Adesso mi sento bene, il peggio è alle spalle.

Che significa stare bene lassù? Stare bene per queste gare? Definiamolo meglio.

La prima cosa è riuscire a divertirsi, perché se non sei al 100 per cento e cominci a subire la gara, diventa un inferno. Quando cominci a sprecare energie solo per stare davanti, poi è sempre un rincorrere. Alla Gand riuscivo a gestirmi bene, prendere le salite davanti, muovermi come volevo. Questo è indice che la gamba c’è. Alla Dwars door Vlaanderen invece ho pagato, ero stanco dalla Gand e non avevo recuperato. L’ho fatta per completare la distanza, ma ho capito subito che non era la mia giornata.

Ballerini ha una grande attitudine per le corse di un giorno, specie in Belgio: potenza, capacità di limare, velocità nel finale
Ballerini ha una grande attitudine per le corse di un giorno, specie in Belgio: potenza, capacità di limare, velocità nel finale
Quando hai capito che non era giornata, hai pensato direttamente al Fiandre?

Sì, quando ho cominciato a subire la gara, già da uno dei primi muri. Ero riuscito a rientrare nel primo gruppo, ma lo sforzo per rientrare mi è costato troppo e non ho più recuperato. A quel punto ho cercato solo di portare a casa la distanza. Anche questa è esperienza.

Una gestione matura: dosare le energie in base agli obiettivi.

Esatto. A volte hai bisogno di sbloccarti, ma altre volte capisci subito che non è giornata e continuare a forzare ti porta solo via energie preziose. Qua ogni watt conta.

Ti senti più pronto per Fiandre o Roubaix?

Domanda difficile. Il Fiandre è molto più duro a livello altimetrico, questo è sicuro. La Roubaix ha tante incognite, ma anche meno salite. In ogni caso mi sento pronto. Come dicevo, ho lavorato bene e la gamba gira, poi vedremo in corsa cosa viene fuori.

Sei uno dei pochi italiani davvero esperti per il Nord. Come vedi i tuoi connazionali?

Quest’anno sono rimasto molto colpito da Filippo Ganna. Ha fatto un salto di qualità, si muove bene, ha una gamba eccezionale. Lo vedo bene sia oggi al Fiandre che domenica prossima alla Roubaix.

Ballerini Omloop 2021
Ballerini ha vinto l’Omloop Het Nieuwsblad 2021, il suo successo di maggior prestigio al Nord
Ballerini Omloop 2021
Ballerini ha vinto l’Omloop Het Nieuwsblad 2021, il suo successo di maggior prestigio al Nord
Lo vedi a suo agio anche sugli imbocchi dei muri?

Sì, e non solo lui. Tutta la Ineos si muove bene. Sono una squadra di riferimento per posizionamento e gestione della corsa. Ganna si è integrato alla perfezione in questo meccanismo. Se resta davanti quando scattano i big, può anche rientrare o sfruttare situazioni particolari. Ha davvero tante carte da giocarsi.

E gli altri? Trentin, Moscon, Mozzato?

Beh, Trentin si muove sempre bene, è sempre lì. Matteo è una garanzia. Alla Gand, quando c’è stato il primo ventaglio, ci siamo parlati, eravamo soli io e lui delle nostre squadre. Ci siamo detti di darci una mano. E’ importante, soprattutto fra italiani. Non si lavora uno per l’altro, ma se non ci si corre contro è un aiuto per restare davanti. Insomma è un vantaggio per entrambi.

Bello questo spirito. Passiamo a Moscon?

Gianni l’ho visto a De Panne, ha lavorato per la squadra. Moscon ha sempre avuto un gran motore, quello non sparisce. Dipende da che mood ha, ma il potenziale c’è. E la sua squadra, la  Red Bull-Bora è cresciuta tanto rispetto agli anni scorsi nelle gare del Belgio.

Per Ballerini Ganna ormai appartiene alla schiera dei top rider e potrà fare bene non solo alla Roubaix
Per Ballerini Ganna ormai appartiene alla schiera dei top rider e potrà fare bene non solo alla Roubaix
E di Mozzato invece cosa ci dici?

L’ho visto poco. Con Mozzato ci siamo incrociati alla Dwars. Ma la gara è stata tirata sin da subito, non c’è stato modo di parlarci. Se Luca ha la gamba giusta, ha già dimostrato di saper stare là. In generale penso che noi italiani non abbiamo tanti corridori di primissima fascia, a parte Ganna che secondo me oggi lo è, ma siamo una buona schiera. Tolti quei quattro fenomeni, tutti gli altri dipendono molto dal giorno, dalle circostanze, da come si evolve la corsa. Però noi italiani possiamo esserci.

C’è qualcuno tra i giovani di “casa nostra” che ti ha colpito?

Non ne ho visti molti a dire il vero, però posso dirvi qualcuno della mia squadra. E il mio pensiero va subito ad Alessandro Romele che sta crescendo bene. Ha già fatto buone gare in Belgio, magari di seconda fascia, ma è già qualcosa. Impara in fretta. Abbiamo diviso la camera in ritiro, lo vedo concentrato.

Ultima domanda: se Davide Ballerini dovesse scommettere 10 euro sul vincitore del Fiandre su chi punterebbe?

Van der Poel. Sta andando davvero forte. Ho visto il GP E3 da casa ed è stato impressionante. E’ migliorato in salita, è solido. Poi attenzione anche a Pedersen, alla Gand ha fatto un gran numero. Pogacar è sempre Pogacar, ma per domenica io vedo avanti Van der Poel.

Viaggio nei momenti di Van Aert con Affini per interprete

05.04.2025
5 min
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BRUGES (Belgio) – «Secondo me mercoledì sera l’aveva metabolizzata – dice Affini parlando di Van Aert – ma non del tutto digerita, invece giovedì era tutto a posto. Mercoledì sera abbiamo fatto una riunione dopo corsa, non necessariamente più lunga del solito. Abbiamo parlato per risollevare il morale, perché è inutile nasconderlo: è stata una bella botta dopo una corsa quasi perfetta. Ci siamo concentrati su cosa fosse stato fatto bene e devo dire che fino agli ultimi 10 chilometri la squadra era stata eccezionale».

Dal punto di vista umano

Affini parla nel primo pomeriggio, mentre il sole abbraccia le Fiandre con una temperatura da primavera mediterranea. Zero voglia di schiacciare un sonnellino e manca troppo per il massaggio. Il centro di Bruges è invaso da turisti, tifosi e gente qualunque richiamata dal mercato. Le strutture del Giro delle Fiandre sono già montate e un grande cronografo scandisce il tempo che manca al via. Domani sarà più fresco, ma gli ultimi tre giorni sono stati davvero caldi. La temperatura cresce anche in relazione al calendario: il Fiandre è per Van Aert e lo stesso Affini uno dei momenti chiave della stagione. Però intanto si continua a ragionare della Dwars door Vlaanderen soprattutto per capire come stia Van Aert. Edoardo si presta al discorso.

«Dopo aver fatto la mia tirata – ricostruisce il mantovano, nella foto Visma-Lease a Bike in apertura – sono andato dritto all’arrivo e sono salito sul pullman per vedere il finale e non capivo per quale motivo non ci fossero attacchi. Si poteva pensare che ci fosse questa grande voglia di far vincere Wout e adesso si può dire che sia stata sbagliata la tattica, anche se sappiamo tutti che nel 99 per cento dei casi avrebbe vinto lui. Invece si è verificato quell’uno per cento di quanto porti un avversario in volata e quello ti batte. Dal punto di vista umano, la scelta si può capire. Dal punto di vista tattico è stata incomprensibile».

Lo spirito non manca, ecco i tre di Waregem: Van Aert, Jorgenson, Benoot (foto Visma-Lease a Bike)
Lo spirito non manca, ecco i tre di Waregem: Van Aert, Jorgenson, Benoot (foto Visma-Lease a Bike)

La squadra è unita

Van Aert ha incontrato i giornalisti e non si è nascosto. Se qualcuno se lo aspettava dimesso e pronto alle scuse, sarà rimasto male. Il grande belga ha ripetuto l’autocritica, ma ha difeso il bello di una corsa mandata in frantumi quando la Visma-Lease a Bike ha deciso di forzare i tempi.

«Ho fatto la scelta sbagliata – ha detto – ma tutti sono stati d’accordo. Quindi è una responsabilità che dobbiamo assumerci insieme. Nel dopo corsa è stato molto utile discutere di tutto ed è stato bello sentire che tutti nella squadra sono ancora con me. Ovviamente la sconfitta è stata un duro colpo, ma il bello del ciclismo è che arrivano subito nuove opportunità. Con il Fiandre dietro l’angolo, sarebbe stato un peccato soffermarsi troppo a lungo a parlare del passato. Ecco perché non vedo l’ora che arrivi domenica: mi sento fiducioso. La gara di Waregem è andata molto meglio delle precedenti che ho corso. Questo vale per l’intera squadra, credo. Ci siamo divertiti e per fortuna quel finale non ha cancellato tutto questo».

Affini ha inaugurato la stagione nel weekend di apertura belga, poi ha corso la Parigi-Nizza ed è rientrato ad Harelbeke
Affini ha inaugurato la stagione nel weekend di apertura belga, poi ha corso la Parigi-Nizza ed è rientrato ad Harelbeke

Metterci la faccia

Affini ascolta e ne conviene: Van Aert è un gigante al pari di quello che in Italia potrebbe essere un calciatore di vertice, per questo qualsiasi cosa lo riguardi viene amplificato a dismisura.

«Forse correndo con lui – dice – non sempre me ne rendo conto completamente, ma ha una popolarità incredibile. Lui ci sa fare, parla con tutti, ma dopo un po’ che gli rinfacciano le cose, credo che anche lui si scocci. Specialmente nella prima ora dopo l’arrivo, dovendo parlare con i giornalisti, si è preso tutta la responsabilità. Avrebbe potuto salire sul pullman e non dire una parola, ma Wout ci ha sempre messo la faccia. Se però avete letto le dichiarazioni dei giorni successivi, anche Grischa Niermann, il nostro direttore, ha ammesso di non averla saputa gestire dall’ammiraglia».

Il diesse Niermann ha ammesso che la conduzione del team nel finale di Waregem è stata sbagliata
Il diesse Niermann ha ammesso che la conduzione del team nel finale di Waregem è stata sbagliata

Il gioco di rimessa

La sfida del Fiandre in qualche misura potrebbe tenere Van Aert al riparo dalle attese più grandi, che per forza di cose sono già concentrate da un pezzo su Pogacar, Van der Poel e anche Pedersen. Il ruolo che negli anni passati era stato di Wout ora è in mani altrui e forse per una volta questo non sarà uno svantaggio né un disonore.

«Van der Poel e Pogacar – ha precisato Van Aert – sono chiaramente i due favoriti in assoluto. Se avete guardato la Milano-San Remo e le altre gare nelle ultime settimane, non c’è altra scelta che ammetterlo. Ovviamente voglio vincere, ma sarà un compito molto difficile batterli. Devo essere onesto».

«Loro due sono un gradino sopra tutti – aggiunge Affini – però ci sono altri contendenti con delle squadre di tutto rispetto. Penso a noi, che abbiamo un grande leader e un’ottima squadra. La Lidl-Trek, che ha Pedersen e Stuyven. Ma anche Pippo (Ganna, ndr), che sta andando fortissimo e ha una bella squadra per aiutarlo. E se per una volta dovremo correre da outsider, non ci dispiacerà troppo. Chissà che non funzioni meglio…».

La lavagna sulla strada e l’invito a fermarsi: dolci gratis per Van Aert e la sua squadra (foto Visma-Lease a Bike)
La lavagna sulla strada e l’invito a fermarsi: dolci gratis per Van Aert e la sua squadra (foto Visma-Lease a Bike)

E poi prima di salutare, Affini conferma una storiella accaduta ieri mattina durante la recon sul percorso del Fiandre. A un certo punto, attraversando un paese, si sono accorti di una lavagna sulla strada.

«Erano dei tifosi di Wout – dice – e c’era scritto che se si fosse fermato gli avrebbero servito la torta gratis. Il risultato è che abbiamo portato via un vassoio con 36 eclaires (dolce tipico francese, ripieno di crema e con una decorazione sulla superficie, ndr) che però alla fine si sono mangiati tutti il personale. Ha ragione Wout, certe cose possono succedere soltanto in Belgio…».

Tutti fanno un passo indietro e l’Eroica Juniores salta

05.04.2025
6 min
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Dopo due edizioni l’Eroica Juniores Nations Cup si ferma. A poche settimane dal via la corsa a tappe dedicata ai ragazzi nati tra il 2007 e il 2008 non partirà. I problemi sono stati di natura economica. I due fondatori di questa corsa, Giancarlo Brocci e Franco Rossi non hanno trovato le certezze adeguate per portare avanti un impegno del genere (in apertura foto Eroica Juniores/Guido Rubino). 

«Sono assolutamente dispiaciuto – dice in prima battuta Giancarlo Brocci – questa è la conferma che non ci sono le condizioni di tranquillità per proporre eventi di calibro internazionale in quella che è la categoria di riferimento del ciclismo giovanile. Nessuna delle istituzioni chiamate in causa ci ha potuto dare conferma dell’impegno preso, per motivi diversi. Né Rossi e nemmeno il sottoscritto poteva esporsi ulteriormente per portare avanti una manifestazione che ha dei costi notevoli».

Giancarlo Brocci al via della seconda tappa nell’edizione del 2024 (foto Eroica Juniores/Guido Rubino)
Giancarlo Brocci al via della seconda tappa nell’edizione del 2024 (foto Eroica Juniores/Guido Rubino)

Un passo indietro

Alla luce di quanto appena detto da Giancarlo Brocci è evidente che l’idea e la volontà di portare avanti un evento come quello dell’Eroica Juniores Nations Cup era in mano alla passione dei due fondatori. Nel cercare una soluzione e una stabilità economica si sono imbattuti nel “passo del gambero” da parte delle istituzioni che avevano dapprima dato il via libera per poi fermarsi e ritrattare. 

«Gli enti chiamati in causa – continua Brocci – con i quali avevamo un accordo iniziale non erano in grado di coprire le spese perché anche loro aspettavano finanziamenti che tardavano ad arrivare. Siamo partiti con il cercare supporto da Regione Toscana e dai Comuni che hanno manifestato interesse per le iniziative legate al marchio Eroica. La Nations Cup ha il suo appeal, ma è difficile trovare continuità di spesa. E i bilanci di questi enti alla fine non prevedono risorse da destinare». 

L’Eroica Juniores porta i giovani a conoscere un ciclismo dal sapore antico (foto Eroica Juniores/Guido Rubino)
L’Eroica Juniores porta i giovani a conoscere un ciclismo dal sapore antico (foto Eroica Juniores/Guido Rubino)
Insomma, signor Brocci, tutto è legato all’incertezza…

Quando fai una corsa a tappe internazionale ovviamente devi mettere in conto una cifra importante, sopra i 40.000 euro a tappa. Il tirarsi indietro da parte degli enti deriva dal fatto che non possono darti a bilancio le cifre necessarie. Servirebbe una potenza di fuoco maggiore, che ad esempio è propria del Giro d’Italia. Loro possono agire con anticipo e avere già dei fondi. Noi ci muoviamo su bilanci che sono più difficili da gestire, perché siamo sempre nell’arco dell’imprevedibilità.

Cosa che porta a non avere un budget sufficiente…

Arrivi a raccogliere sempre meno di quanto preventivato, per diversi motivi. Rossi e io siamo spinti da un grande spirito, ma quando alla fine ti manca un 20 o 30 per cento del budget previsto non è facile. Negli anni scorsi il marchio Eroica ha coperto le spese rimanenti e lo ha fatto in maniera importante, soprattutto nella prima edizione (il 2023, ndr). Il problema fondamentale è uno…

Quale?

Se non hai una delibera formale (da parte di Regione Toscana e gli altri enti, ndr) dove viene assegnato un fondo sul quale contare cosa si può fare? Io vengo da una storia in cui ho messo cifre astronomiche che mi hanno cambiato la vita proprio per il romanticismo con cui ho proposto il Giro Bio e altri eventi. Sapete bene che non si può continuare a vivere di romanticismo e di imprevisti.

Stefano Viezzi, campione del mondo ciclocross, in azione sugli sterrati della provincia di Siena (foto Eroica Juniores/Guido Rubino)
Stefano Viezzi, campione del mondo ciclocross, in azione sugli sterrati della provincia di Siena (foto Eroica Juniores/Guido Rubino)
E’ mancato interesse nella promozione della manifestazione?

Dietro eventi come questi c’è una promozione del territorio che ha una risonanza mondiale. Con Eroica e Strade Bianche abbiamo portato la Provincia di Siena al centro del movimento del ciclismo e del cicloturismo. Lo abbiamo fatto in quella che era la provincia meno ciclistica della Toscana. Abbiamo fatto delle cose che hanno inciso sulla cultura mondiale di questo sport, basti pensare al Tour de France del 2024 con l’inserimento di 32 chilometri di strada sterrata dentro la nona tappa. 

L’arrivo del Giro a Siena, oltre alla Strade Bianche, può aver contribuito nella mancanza di fondi?

Può anche essere, ma questo lo state supponendo voi. L’Eroica Juniores Nations Cup è una manifestazione che ha un costo elevato, vicino ai 250.000 euro ed è sempre stata in mano all’aleatorietà. Cosa che il primo anno è ricaduta in gran parte su Eroica Srl. Ma a un certo punto devono anche essere le istituzioni a fare un passo verso di te e dirti: «Abbiamo individuato questo tipo di risorse». Ma se fino all’ultimo non sappiamo quanto è il contributo come fai a fidarti? Se poi al posto che 80 ti danno 30 chi mette quel che manca?

Gli anni scorsi lo ha fatto il marchio Eroica, come ci dicevi?

Esattamente, come detto prima loro arrivavano a coprire quel che mancava, ma non è un modo sostenibile di andare avanti. 

L’arrivo in Piazza del Campo a Siena vinto dal norvegese Felix Orn-Kristoff (foto Eroica Juniores/Guido Rubino)
L’arrivo in Piazza del Campo a Siena vinto dal norvegese Felix Orn-Kristoff (foto Eroica Juniores/Guido Rubino)
Come mai Eroica ha fatto un passo indietro?

Chi gestisce l’utilizzo del marchio deve farlo per le manifestazioni che hanno una resa per i soci. Il marchio Eroica dice che se non ci sono garanzie quest’anno non potremo coprirvi perché il primo anno abbiamo messo 100, il secondo anno 30 ma dal nostro punto di vista possiamo sostenervi soltanto per la corsa di un giorno. 

Eroica prestava il nome, senza quindi un contributo economico fisso?

Sì. Il discorso è stato semplice. Eroica ci ha fornito un contributo economico fisso a fronte della manifestazione di un giorno (che si terrà a maggio, ndr). Che porta anche il nome di Andrea Meneghetti, un socio del marchio purtroppo scomparso. Eravamo noi (Brocci e Rossi, ndr) che vedevamo anche nella corsa a tappe un’opportunità importante. 

Come mai poi non c’è stato un accordo economico fisso sulla corsa a tappe? 

Perché rispetto a un impegno economico di un certo tipo, Eroica ha detto che a quelle condizioni non lo avrebbero sostenuto. Credo sia legittimo, è un marchio che deve rendere conto ai soci della propria produttività. La corsa su quattro o cinque giorni non siamo in grado di garantirla perché non sappiamo quanto ci potrà costare se non ci sono le garanzie istituzionali. 

Permettere ai ragazzi di vivere l’atmosfera del ciclismo dei grandi è un’occasione unica (foto Eroica Juniores/Guido Rubino)
Permettere ai ragazzi di vivere l’atmosfera del ciclismo dei grandi è un’occasione unica (foto Eroica Juniores/Guido Rubino)
Perché poi alla fine non c’è stata questa garanzia a livello di istituzioni?

Noi a Regione Toscana abbiamo fatto richiesta di un contributo per una cifra e ci hanno risposto che tutta non ci sarebbe stata. Poi quanto ci avrebbero dato non si sa, non siamo stati in grado di avere una risposta. Se poi ti manca anche il contributo del marchio Eroica tutto finisce. Sono scelte legittime. 

Il discorso può essere racchiuso con la frase “Ubi maior, minor cessat” già usata in un nostro editoriale quando si era parlato dell’evoluzione del ciclismo. Le cose non cambiano quando si parla di eventi. L’avvento, gradito, della Sanremo Woman ha portato alla cancellazione del Trofeo Ponente in Rosa. E l’impressione è che il coinvolgimento di Siena per l’arrivo della nona tappa del Giro abbia contribuito a tagliare i fondi per l’Eroica Juniores.

Nel 2024 la città ha ospitato l’arrivo in Piazza del Campo vinta dal giovane Felix Orn-Kristoff, e sempre da Siena erano partite due frazioni della corsa riservata agli juniores. Il rischio è che se si arriva al punto in cui gli eventi di primo livello mangiano quelli più piccoli ci ritroveremo con una casa dal bel tetto ma senza fondamenta.

Un chilo farà davvero la differenza fra Tadej e Mathieu sui Muri?

05.04.2025
5 min
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Quest’unione di chili, anzi grammi… Quando si ha a che fare con campionissimi assoluti quali Mathieu Van der Poel e Tadej Pogacar su tutti, per segnare delle differenze in certe corse si va sui dettagli. E uno di questi indirettamente è il peso. Indirettamente perché lo hanno chiamato in causa entrambi. Pogacar dopo la Sanremo ha detto che deve mettere su un po’ di massa muscolare per la Classicissima. A Van der Poel, al contrario, è stato detto che per il Fiandre contro questo Pogacar dovrebbe limare un chilo. Lui ha replicato di non volerlo più fare. «Ho perso dei chili per il mondiale di Zurigo e non voglio più rischiare di perdere potenza».

Quanto dovranno dunque “modificarsi” per poter vincere le classiche desiderate? Ammesso che debbano farlo. Di tutto questo ne abbiamo parlato con il dottor Andrea Giorgi, medico e preparatore della VF Group-Bardiani.

Il dottor Andrea Giorgi, da tre stagioni in forza alla VF Group – Bardiani
Il dottor Andrea Giorgi, da tre stagioni in forza alla VF Group – Bardiani
Dottor Giorgi, siamo proprio al limite, qual è il punto d’incontro?

Il discorso è ampio, perché la prestazione dipende dal costo energetico e da diversi fattori e non solo dal peso: un chilo in più o in meno. Il peso, come è noto, influisce soprattutto in salita, mentre in pianura o su strappi brevi l’incidenza è minore, ma va considerata la struttura antropometrica.

Cioè?

Pogacar è più longilineo, mentre Van der Poel è più massiccio. Sono due “macchine” differenti con motori differenti. Di conseguenza, la loro efficienza varia in base alla corsa e al tipo di sforzo richiesto.

In vista del Fiandre, se dovessimo trovare un punto d’incontro in base al peso, Pogacar dovrebbe aumentare un chilo e mezzo e Van der Poel calarne uno: è davvero così?

Difficilissimo dirlo. L’importante è mantenere la massa grassa al minimo e la massa muscolare nella misura ottimale. Non esiste un numero preciso, non è come un motore con cilindrata fissa. Per assurdo in corse come il Fiandre, una maggiore resistenza muscolare e quindi più massa, può essere utile. Mentre su salite lunghe, magari come alla Liegi o al Lombardia, il peso incide maggiormente. Tuttavia, una variazione di un solo chilo non trasforma la struttura fisica di un atleta, quindi gli effetti sulla prestazione possono essere relativi.

In effetti al mondiale 2024 VdP era molto magro. Confrontate le sue braccia tra questa foto e quella di apertura, relativa all’ultima Sanremo
In effetti al mondiale 2024 VdP era molto magro. Confrontate le sue braccia tra questa foto e quella di apertura, relativa all’ultima Sanremo
Pogacar ha detto che dovrà mettere su massa per affrontare al meglio la Sanremo e poi magari tenere quel peso fino alla Roubaix (ragioniamo per ipotesi). Ma poi per il Tour avrà tempo di togliere quella massa in più?

Sì, il suo staff pianifica tutto. Se prendiamo questa stagione, il suo picco di forma è stato studiato per le classiche primaverili, con una strategia nutrizionale adeguata in questi mesi. Dopo la Liegi avrà un periodo di recupero di due mesi abbondanti per prepararsi al Tour. In questo lasso di tempo può lavorare per riequilibrare la sua composizione corporea. Certo, non esiste un dimagrimento localizzato: si perde sia grasso, sia muscolo, ma con un lavoro mirato si può minimizzare la perdita muscolare. E questo è quello che dicevo prima sull’ottimizzare la massa magra.

“Strategia nutrizionale adeguata per questi mesi”: cosa intendevi?

Che una classica monumento ha una certa intensità, richiede un certo dispendio energetico… Rispetto ad una tappa del Tour di certo è più costosa. E’ un altro modo di correre e si sarà preparato anche dal punto di vista energetico-metabolico per quel tipo di sforzo e di durata. Le classiche, specie le Monumento, sono molto più lunghe di tutte le altre gare.

Per le classiche Pogacar ha peso un po’ più alto? Probabilmente sì, vista che anche all’UAE Tour era più “robusto”
Per le classiche Pogacar ha peso un po’ più alto? Probabilmente sì, vista che anche all’UAE Tour era più “robusto”
Van der Poel potrebbe essere competitivo alla Liegi se perdesse, che so, due chili?

La Liegi è una corsa molto diversa da Fiandre e Roubaix. Van der Poel, per caratteristiche morfologiche e metaboliche, tende a mantenere più muscolo e più grasso rispetto a Pogacar. Non è facile per lui perdere quel peso senza intaccare le sue prestazioni e in pieno periodo di gare. Tra i due ballano 9 chili di differenza e vanno a scontarsi su terreni differenti, pensando alla Sanremo o al Fiandre. Se si parla di salite, per assurdo, quelle della Sanremo sono più adatte a Pogacar di quelle del Fiandre, visto che durano di più…

Chiaro…

Per questo, pensando ad una Liegi, ma anche ad un Fiandre dimagrire di due chili potrebbe aiutare un Van der Poel, ma non è l’unico fattore. La resistenza e la capacità di ripetere lo sforzo sono più importanti della pura leggerezza in una corsa come quella. Bisogna vedere il vantaggio prestativo in relazione alla gara da affrontare.

Ti riferisci al dislivello in totale o alla lunghezza delle salite?

Alla lunghezza delle salite. La maggior parte di quelle alla Liegi e del Fiandre ancora di più hanno durate da Vo2 Max, quindi entro i 4′-6′ al massimo. In quei frangenti la componente del peso in senso assoluto conta “un po’ meno”, rispetto ad una salita molto lunga. Su salite brevi e intense come quelle del Fiandre, il peso incide meno rispetto a una salita lunga e regolare. Un chilo in più o in meno ha un’influenza ridotta su sforzi di due-tre minuti. Ciò che conta di più è la capacità di ripetere quegli sforzi nel tempo. Su una salita lunga, invece, il peso diventa un fattore più determinante perché il costo energetico della gara aumenta con la durata dello sforzo. E inoltre…

Sul pavè i chili in più dovrebbero dare maggior vantaggio a VdP, ma Giorgi non sottovaluta anche l’efficienza e la durability di Pogacar
Sul pavè i chili in più dovrebbero dare maggior vantaggio a VdP, ma Giorgi non sottovaluta anche l’efficienza e la durability di Pogacar
Inoltre…

Inoltre, bisogna considerare l’impatto della programmazione e della gestione della stagione. Perdere o mettere chili non è così facile senza le giuste pause. I giusti tempi.

Dottor Giorgi, il peso è davvero un fattore decisivo nelle performance dei campioni, oggi come un tempo, magari 20-30 anni fa?

Conta sempre moltissimo, ma non è l’unico aspetto. Il miglior rapporto tra massa grassa e massa muscolare è essenziale, ma la performance dipende anche dall’efficienza metabolica e dalla capacità di gestire lo sforzo. Un atleta non si valuta solo in base al peso, ma come una macchina complessa in cui ogni componente deve essere ottimizzato. La capacità di mantenere la performance dopo molte ore di corsa è ancora un aspetto non completamente prevedibile, ma è uno dei fattori chiave del successo.