Zeeman e Ten Hag, un’amicizia nata pensando al Tour

16.11.2022
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Quando hai la guida del team numero uno del ranking Uci, quello che ha vinto il Tour de France e un’infinità di altre gare, e vedi che le avversarie si sono rafforzate intorno ai loro leader, che cosa fai? E’ la domanda che Merijn Zeeman (nella foto di apertura Anp con Vingegaard) si è posto a fine stagione, ragionando sui programmi della Jumbo Visma ed è partito da un presupposto, una massima che è stampata a chiare lettere nella sua mente ed è alla base del lavoro del team olandese: “Se fai quello che hai fatto, ottieni quello che hai”.

Era sulla base di questo detto che un anno fa, dovendo rimettere mano al team, chiese aiuto a Erik Ten Hag, uno dei più acclamati allenatori di calcio, prima all’Ajax tornato con i giovani agli antichi fasti e poi al Manchester United, che sta cercando di riportare in auge. Un giorno Zeeman chiese appuntamento al suo collega per confrontare le loro esperienze: la Jumbo veniva dalla seconda sconfitta al Tour, con Roglic caduto e Vingegaard ancora acerbo per contrapporsi a Pogacar, il “minatore sloveno” come lo chiamava con un pizzico di malizia Tom Dumoulin vedendo la sua posizione nelle cronometro.

Zeeman con Richard Plugge e Frans Maassen, due dei diesse della squadra
Zeeman con Richard Plugge e Frans Maassen, due dei diesse della squadra

Il grande lavoro sul percorso

Fu allora che Ten Hag gli disse quella frase, per fargli capire che serviva un cambiamento, ripensare tutta la struttura del team. Zeeman chiamò a raccolta tutti i diesse e i responsabili di settore. Una riunione animata ma fruttuosa, nella quale chiese a ognuno di contribuire con idee sulla base di domande semplici ma basilari: che cosa cambiare per fare meglio, che cosa non ha funzionato, come si muovono gli altri in confronto a noi. E dopo quella ci furono altre riunioni, mentre Zeeman teneva con Ten Hag un filo diretto costante.

Il principio di base fu che se hai a disposizione più campioni, devi anche pensare a più tattiche, sfruttare il loro talento per non essere prevedibile. Per farlo, si lavorò sul percorso del Tour, studiandolo fin nei minimi particolari, cercando sempre di prevedere le mosse di Pogacar, considerandolo diverso da quello del 2020. Allora lo sloveno aveva vinto da solo, ma due anni dopo aveva una squadra salda al fianco, luogotenenti fortissimi e votati alla causa come Majka. Bisognava capire i punti deboli.

Pogacar nella morsa di Vingegaard e Roglic in vista del Granon: sarà il suo calvario…
Pogacar nella morsa di Vingegaard e Roglic in vista del Granon: sarà il suo calvario…

La tattica giusta

Sono state analizzate anche le interviste dello sloveno, finché nella mente di Zeeman prese forma la strategia: se Pogacar spreca tante energie prima di una salita lunga, diventa vulnerabile. Ma serve che qualcuno si sacrifichi. Il Tour proponeva tappe adatte? Sì, la 11 con il Col di Granon e la 12 con l’Alpe d’Huez. La scelta cadde su Roglic, un po’ più lontano in classifica di Vingegaard ma ancora pericoloso per la classifica, chiamato a spremere il connazionale. Attacchi alternati, lontano dal traguardo. Pogacar alla lunga si è sfibrato e Vingegaard, a 5 chilometri dal traguardo, è andato via.

A tutto ciò, Zeeman ha pensato spesso nelle ultime settimane. La gioia per i successi ha presto lasciato spazio alle riflessioni sul 2023, perché ripetersi è sempre più difficile che scalare il colle per la prima volta. Il manager della Jumbo Visma ha pensato allora di tornare dal suo amico, ma questa volta in una situazione diversa. Per entrambi.

Ten Hag con Ronaldo, stella del Manchester United messo di lato senza alcuna remora (foto Sky Sport)
Ten Hag con Ronaldo, stella del Manchester United messo di lato senza alcuna remora (foto Sky Sport)

L’esperienza di Ten Hag

Zeeman ha preso spunto proprio da quel che Ten Hag sta passando. Nelle file del suo team è tornato Cristiano Ronaldo, che a 37 anni reclama ancora (e in base alle sue giocate anche giustamente) spazio e attenzione. Ten Hag non ci ha pensato due volte, quando il portoghese non girava, a metterlo in panchina, ma il multimilionario portoghese non ha gradito e i rapporti fra i due sono irrimediabilmente compromessi.

Il tecnico della Jumbo Visma teme che possa avvenire la stessa cosa, non tanto fra Roglic e Vingegaard che vanno d’accordo al punto che sembra possibile programmare per i due anche impegni diversi (Roglic al Giro?), quanto per integrare i nuovi innesti. Il pensiero di Zeeman è riassumibile nella seguente maniera: «La Uae ha preso Yates e Vine in supporto a Pogacar, la Ineos si è rafforzata con Arensman, noi abbiamo preso due pezzi pregiati come Kelderman e Van Baarle, ma come integrarli? Saranno disposti a ruoli di supporto, a “stare in panchina” alla bisogna?».

Il timore è soprattutto per il primo, alla sua chiamata estrema per dimostrare di che pasta è fatto, dopo che sia alla Sunweb che alla Bora Hansgrohe non solo ha perso diversi treni, ma non è sembrato l’elemento ideale per far gruppo, per votarsi alla causa.

Wilco Kelderman, ultimo arrivo alla Jumbo-Visma: che ruolo avrà e come sarà gestito?
Wilco Kelderman, ultimo arrivo alla Jumbo-Visma: che ruolo avrà e come sarà gestito?

Beninteso, spazio ai giovani…

Per questo, prima ancora dei ritiri prestagionali, Zeeman ha preso l’aereo ed è volato a Manchester, dal suo amico e davanti a una birra hanno iniziato a discutere: «Come si gestisce gente che ha già vinto tanto – ha raccontato a Helden Magazine – e che vuole spazio, come gli chiedi di sacrificarsi per un altro, per la causa o addirittura di lasciar spazio e restare ai margini? In passato era più facile accettarlo, c’erano gerarchie più definite, un capitano e tanti gregari. Ora non è più così, bisogna pensare all’approccio umano che è fondamentale».

Che cosa gli abbia suggerito Ten Hag non è dato sapere, ma Zeeman, sempre nell’intervista concessa al magazine olandese, ha lasciato intendere qual è l’orientamento generale: «Noi vogliamo assolutamente vincere ancora il Tour e portare a casa quel che ancora non abbiamo vinto, come una classica monumento tra Fiandre e Roubaix e il Giro d’Italia. Quando avverrà? Spero presto, ma so che per farlo dovremo affidarci a corridori che sono cresciuti con noi, guidandoli nel loro intero processo di affermazione». Chi viene da fuori, se lo ricordi…

La metamorfosi di Kelderman, pronto a cambiare ruolo

25.08.2022
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Neanche il tempo di prendere il via alla Vuelta che già su tutti i media compariva la notizia del nuovo cambio di casacca per Wilco Kelderman (in apertura accanto a Hindley), che dopo neanche due stagioni passate alla Bora Hansgrohe approda alla Jumbo Visma di Roglic e Vingegaard. Per il 31enne olandese si tratta del settimo cambio di squadra e considerando il roster della formazione olandese, potrebbe anche significare un cambio nel suo ruolo, non più come punta ma come luogotenente di lusso.

Suonano quasi beffarde a questo punto le dichiarazioni rilasciate da Kelderman alla vigilia della Vuelta: «Siamo una squadra con 3 capitani (oltre a lui il vincitore del Giro Hindley e Higuita, ndr), si deciderà alla fine chi comanda, chi starà meglio nella terza settimana. Io di regola sono sempre andato in crescendo, so di essere bravo e mi sento pienamente a posto in bici, poi dipenderà dalla gara».

Kelderman Hindley
Kelderman e Hindley, sodalizio ricostruito alla Bora, senza rancori e con buoni risultati (foto Getty Images)
Kelderman Hindley
Kelderman e Hindley, sodalizio ricostruito alla Bora, senza rancori e con buoni risultati (foto Getty Images)

Top 5 in tutti i grandi Giri

La storia di Kelderman è per certi versi singolare. Ha corso ben 13 grandi Giri e il suo bilancio non è neanche malvagio: 6 presenze nella top 10 con il 3° posto al Giro d’Italia 2020 come miglior risultato, ma è entrato nei primi 5 anche nelle altre due prove, in quanti possono dire la stessa cosa? Eppure la sua figura è associata a quella di un’eterna promessa mai sbocciata. Un buon piazzato, sì, ma mai realmente candidato alla vittoria. Eppure le caratteristiche ci sono tutte, considerando le sue capacità a cronometro e la sua tenuta su qualsiasi tipo di salita.

Curiosamente, proprio quel podio conquistato al Giro è stato una sorta di crocevia per l’olandese. In quell’edizione della corsa rosa, Kelderman era il capitano della Sunweb, ma assistette alla crescita esponenziale di Hindley, arrivato a giocarsi la corsa all’ultima tappa con Tao Geoghegan Hart. Quanto avvenne però al Sestriere ha lasciato sempre molte perplessità: Kelderman era partito in rosa, con Hart (Ineos) e Hindley a 15”. Dietro i continui attacchi della formazione rivale, la Sunweb decise di appoggiare più Hindley, lasciando che Kelderman venisse staccato.

Giro 2020: podio per Hindley e Kelderman, ma con qualche lato oscuro nella condotta della Sunweb
Kelderman Giro 2020
Giro 2020: podio per Hindley e Kelderman, ma con qualche lato oscuro nella condotta della Sunweb

Un nemico in casa?

Hindley si ritrovò alla sera a pari merito con Geoghegan Hart, ma la cronometro finale gli era contraria a differenza di Kelderman, che infatti il giorno dopo avrebbe fatto meglio del britannico. Molti sussurrarono che la Sunweb avrebbe deciso di appoggiare Hindley sapendo già dell’addio imminente di Kelderman, visto quasi come un ospite indesiderato. Certamente però quell’episodio segnò l’evoluzione della carriera dell’olandese, che un anno dopo si sarebbe ritrovato in compagnia proprio di Hindley.

Al Giro d’Italia di quest’anno troppa è stata la differenza di rendimento fra i due, Kelderman molto presto si è dovuto piegare alle esigenze della squadra e supportare il compagno, ma almeno questa volta non ci sono state polemiche. Ora però Wilco corre nuovamente a parità di grado con l’australiano, ma con in tasca il passaporto per un altro team: la Bora-Hansgrohe gestirà la cosa in maniera diversa?

Ennesima caduta per l'olandese al Giro del Benelux 2021. Problemi alla clavicola
Ennesima caduta per l’olandese al Giro del Benelux 2021. Problemi alla clavicola
Kelderman Benelux 2021
Ennesima caduta per l’olandese al Giro del Benelux 2021. Problemi alla clavicola

Luogotenente di lusso

E’ anche vero che l’olandese vuole monetizzare il più possibile l’ultima parte di carriera, sapendo forse che contro i super talenti di oggi difficilmente troverà posto sul gradino più alto del podio. La Jumbo Visma aveva bisogno di una figura di riferimento in appoggio ai suoi big, Kelderman può ricoprire il ruolo anche se non gli è propriamente calzante. D’altronde tanti sono stati nella storia i corridori che, dopo lunghi tentativi di emergere in un grande Giro hanno trovato la loro più adatta collocazione al fianco di un altro capitano, ultimo esempio Rafal Majka con Pogacar.

Kelderman però a questo epilogo non vuole ancora piegarsi, conta di dare un ultimo colpo alla botte. Si è preparato con scrupolo dopo la corsa rosa e il Delfinato, una breve pausa e poi tre settimane per ricaricare le batterie a Park City nello Utah, con la sua famiglia. Una famiglia di ciclisti considerando che la moglie, Rebecca Talen era stata professionista fino al 2014 alla Rabobank prima di dedicarsi alla crescita del figlio. Si è allenato cercando di riannusare le sensazioni di gioventù, tornando addirittura con i suoi team delle categorie minori, WV Eenland e UWTC De Volharding. I ragazzi erano al settimo cielo ritrovandolo fra loro, per Wilco è stato un utile recupero di vecchie sensazioni, avvicinandosi a una Vuelta dai significati più profondi che mai.

Kelderman Tour 2021
Al Tour Kelderman ha colto il 5° posto lo scorso anno, confermandosi predisposto per i grandi Giri
Kelderman Tour 2021
Al Tour Kelderman ha colto il 5° posto lo scorso anno, confermandosi predisposto per i grandi Giri

E se chiudesse col botto?

«Ho imparato che in 3 settimane può succedere di tutto – ha dichiarato a Cyclingtips – devi affrontare ogni giorno, ogni ora, ogni chilometro senza essere nervoso. Puoi anche perdere alla fine 15 secondi, ma quel che conta è risparmiare energie e colpire quando conta davvero. Ogni grande Giro ti accresce e ti migliora, ti insegna qualcosa del tuo corpo, come mangiare, come bere, come coprirti. Bisogna però saperlo ascoltare.

«Io non mi sono mai arreso, neanche di fronte agli infortuni peggiori (si è rotto clavicole, vertebre, dita, ndr), ma se non avessi avuto passione, se avessi pensato che era solo un lavoro non sarei qui ora. So solo che quel che verrà sarà meglio». Lo sperano soprattutto quelli della Jumbo Visma, oggi avversari, domani datori di lavoro.

Michele Coppolillo, Sestriere, Giro d'Italia 1994

Coppolillo e la bici: ieri, oggi e domani

24.10.2020
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Una foto su Facebook, un ricordo che riaffiora, i casini di ieri: sentire Coppolillo sarà certo un bel viaggio nella memoria e dalla memoria al futuro. Perché il futuro si costruisce sulla corretta elaborazione del passato. E chi invece pensa o vuole cancellarlo dovrebbe prima quantomeno conoscerlo.

11 giugno 1994

La foto del ragazzo biondo in maglia verde viene dal traguardo di Sestriere al Giro d’Italia del 1994. Era l’11 giugno. Il giorno prima la corsa aveva applaudito l’ultimo attacco di Pantani sul Colle dell’Agnello, vanificato dalla poca collaborazione di Buenahora sul Lautaret che annunciava Les Deux Alpes. Il Giro d’Italia si sarebbe chiuso con la tappa di Sestriere che annunciava la volata di Milano. Berzin resisteva in maglia rosa, conquistata il quarto giorno e mai più mollata.

Neve a Sestriere

«Fu il classico giorno da pronti, via – ricorda Coppolillo – con il Lautaret, il Monginevro e due volte Sestriere. Nevicava. Andai in fuga e speravo che al primo passaggio sul traguardo ci avrebbero fermato, invece no. Ci tengo a dire che per me era la quarantunesima tappa, perché avevo fatto anche la Vuelta che finiva sette giorni prima del Giro. E l’avevo fatta sempre all’attacco, perché ero e resto un operaio del ciclismo. Insomma, come fu non ricordo. Ma sul Lautaret vidi che partiva la fuga e mi buttai dentro».

Mauro Vegni, Morbegno, Giro d'Italia 2020
Mauro Vegni a Morbegno, messo davanti al fatto compiuto
Mauro Vegni, Morbegno, Giro d'Italia 2020
Vegni, nel giorno dello sciopero

Gestione sbagliata

Le lotte sindacali, qualunque sia l’ambito di cui si vuole parlare, sono state e vengono ancora fatte per migliorare le condizioni di lavoro. Anche il ciclismo ha intrapreso questa strada. Ha ridotto i chilometraggi rispetto agli anni in bianco e nero. Ha umanizzato gli orari di gara. Ha imposto l’uso del casco. Ha sposato la tutela della salute, combattendo il doping e le condizioni climatiche estreme. Ha avallato l’utilizzo dei pullman per non lasciare i corridori al freddo delle partenze e degli arrivi. Poco sta ancora facendo per la sicurezza stradale a vantaggio di chi usa la bici ogni giorno. Ma non ha voltato le spalle alla sua storia, che lo vede sport di fatica e sacrificio. Il solo capace di guardare negli occhi il calcio e far dire ai suoi attori e ai suoi appassionati che «noi non ci fermiamo perché piove, noi non siamo signorine!». Quello che è successo ieri poteva avere un fondamento condivisibile, ma è stato fatto in modo poco corretto, con l’atteggiamento degli studenti che si parlano in una chat segreta per non farsi sentire dai professori. E i professori sono i loro direttori sportivi e i team manager.

Anche Michele è direttore sportivo di una squadra U23, che si chiama #InEmiliaRomagna.

La storia insegna

«Ci sono le tappe in cui le condizioni sono avverse – dice Coppolillo – la storia insegna. E’ stato sbagliato il metodo, piuttosto davanti a un problema serio bisognava organizzarsi prima, non a mezz’ora dalla partenza. E poi se parti, arrivi. Non ti fermi dopo dieci chilometri. Tutti sanno e nessuno sa. Quando succedono queste cose, vengono fuori tutte le debolezze di questo mondo. Io ai miei ragazzi insegno che ciclismo significa anche sacrificio, freddo e pioggia. E anche io penso che la sicurezza venga prima di tutto. Non mi piace dire come fossimo ai miei tempi. Il Giro a ottobre forse è una forzatura, ma questo abbiamo. Due mesi fa non si sapeva nemmeno se si sarebbe ripartiti. La tappa di 250 chilometri fra i tapponi c’è sempre stata. Quella che va insegnata nelle categorie giovanili è la vera essenza del ciclismo. Se un padre è troppo indulgente, il figlio non cresce bene».

Michele Coppolillo, Michele Bartoli, NoiConVoi 2016
La bici ora è un piacere: Copolillo con l’ex capitano Michele Bartoli
Michele Coppolillo, Michele Bartoli, NoiConVoi 2016
Con l’ex capitano Michele Bartoli

Rosa Berzin

A Sestriere vinse Pascal Richard, che con quei posti doveva avere una qualche affinità, dato che l’anno successivo a Chianale avrebbe vinto la tappa fermata in anticipo per le slavine sul Colle dell’Agnello. Secondo arrivò Ruè, mentre Coppolillo si piazzò al terzo posto, staccato su quell’ultima salita di 1’31” dallo svizzero. Pantani e gli altri di classifica arrivarono a 4’36”, consacrando la rosa del russo Berzin.

Il vento in faccia

«Agli atleti – riprende Coppolillo – bisognerebbe far toccare con mano che cosa significa gestire una squadra, magari d’inverno. Mettersi lì e far vedere cosa c’è in ballo. Io da corridore non me ne rendevo conto e anche Cunego ieri in diretta ha ammesso di aver scoperto un lato del ciclismo che non conosceva. So anche di aver fatto tappe peggiori di quel giorno a Sestriere. Quella di Corvara al Giro del 1992. Certi giorni alla Vuelta, che si correva ad aprile, sulla Sierra di Madrid, sempre nella neve. Le corse del Belgio, che in un solo giorno vedevi le quattro stagioni. Ho letto qualche commento sul fatto che è sempre facile commentare dal divano, ma la bicicletta è questa. E non parlo così perché ho dimenticato, ma proprio perché lo so bene. Anche io ho partecipato ai miei scioperi, ma ieri si poteva correre. I ragazzi dobbiamo formarli a tutto tondo, non solo perché siano delle macchine da corsa. Lo vedo bene che adesso vanno fortissimo, però hanno queste lacune e in certi momenti sono un po’ molli. Il vento in faccia è diverso da quello di su un rullo, ma mi rendo conto che non tutti la pensano così».

Mauro Vegni, sciopero corridori, Morbegno, Giro d'Italia 2020

Asti, storia di un pasticcio all’italiana

23.10.2020
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Josef Cerny ci ha provato a dire che la storia non terrà conto delle proteste di stamattina e che ad Asti ha vinto lui. Lui ha vinto la sua tappa e poco gli importa di dare risposte sul perché non si sia partiti da Morbegno.

«Non era così freddo da non partire – dice – ma andiamo a tutta da Palermo e pioveva ed è stata una buona occasione da cogliere».

Succede solo al Giro, quando mai si sarebbero sognati di imporlo ai francesi del Tour?

Vegni furioso

Vegni è inviperito. Il suo punto di vista è ineccepibile: ha disegnato un percorso che è stato approvato e nessuno, nel momento in cui lo stesso è stato rimodulato per ottobre, si è preso la briga di verificare la fattibilità delle tappe. Le associazioni di categoria servono a questo.

Cristian Salvato, sciopero corridori, Morbegno, Giro d'Italia 2020
Cristian Salvato, presidente italiano dei corridori e delegato del Cpa
Cristian Salvato, sciopero corridori, Morbegno, Giro d'Italia 2020
Cristian Salvato, presidente Accpi

«Finirà che sono stato io a decidere – dice il patron del Giro d’Italia – e che non me ne sono neanche accorto, mentre si è trattato di un tranello. C’è rammarico per la brutta figura. Una giornata così oscura tutto quanto di buono abbiamo fatto fino adesso per portare alla fine il Giro d’Italia. Non c’erano presupposti per una decisione simile. A me non è arrivata nessuna proposta. E’ evidente che tra i corridori e le loro squadre non c’è dialogo. Perché stamattina, molti corridori si domandavano cosa stava succedendo? Perché c’erano corridori schierati alla partenza? Perché i manager delle squadre chiedevano a me cosa stesse succedendo e io non sapevo nulla?».

Salvato indeciso

I direttori sportivi italiani si sono tutti schierati contro la decisione, ma è parso che nessuno li abbia interpellati, quasi che la decisione sia stata presa dalle squadre straniere.

«Una volta al Giro – si è lasciato scappare in mattinata Cristian Salvato, presidente dell’Accpi e delegato del Cpa – c’erano dodici squadre italiane e avevano gioco facile a trovare un accordo. Una volta in una situazione simile sarebbero partiti di sicuro, mentre gli stranieri non si fanno convincere facilmente. E’ stata una decisione giusta. Undici gradi con la pioggia sono freddi, sto con i corridori».

Peccato però che la decisione non sia venuta applicando il Protocollo per le Condizioni Estreme: unico presupposto per cancellare una corsa. E peccato anche che lo stesso Salvato, portavoce dei corridori, non abbia fatto poi molto per farli ragionare. Mentre una decisione del genere, come ha giustamente detto Vincenzo Nibali, non può transitare in una chat su Telegram e avrebbe avuto bisogno di più collegialità.

Wilco Kelderman, sciopero corridori, Morbegno, Giro d'Italia 2020
Wilco Kelderman, il più contento del taglio della tappa
Wilco Kelderman, sciopero corridori, Morbegno, Giro d'Italia 2020
Kelderman, il più contento del taglio

Martinelli deluso

Ai microfoni Rai, dopo l’arrivo di Asti, prima Volpi e poi Martinelli hanno preso duramente posizione.

«Abbiamo sbagliato di brutto – dice Martinelli – ma sono arrivato tardi alla partenza e ho trovato tutto già organizzato. I corridori mi hanno detto che c’era una riunione e mi sono subito incavolato e gli ho detto di partire. C’erano tutti i presupposti per correre. Sono con loro, lavoro per loro, ma sarebbero serviti altri modi».

Damiani duro

Roberto Damiani è dello stesso avviso e dal suo hotel di Asti tuona senza mezzi termini.

«Noi siano andati sulla linea di partenza – spiega il diesse della Cofidis – sapete bene come la penso. Ieri sera i corridori hanno detto che stavano arrivando dei messaggi e io gli ho risposto che noi siamo qui per correre e quindi avremmo corso. Potevamo essere i primi ad averne vantaggio, avremmo dovuto controllare per meno chilometri, ma i miei erano là. Pare ci sia stato un accordo tra il Cpa e tutti gli altri. Adam Hansen si è esposto in quanto delegato del Cpa, non so cosa ne pensino i suoi capi alla Lotto. Sarebbe stata una tappa massacrante, ma perché non si fanno queste discussioni quando si presentano i percorsi? Come Roberto Damiani e come Cofidis io mi discosto da quello che è successo».

Joseph Cerny, Asti, Giro d'Italia 2020
Joseph Cerny ha vinto ad Asti, ma domani sui giornali si parlerà d’altro
Joseph Cerny, primo ad Asti

Kelderman fa festa

Il più contento di tutti ad Asti è parso Wilco Kelderman, c’è da capirlo. Avete visto come ha ribadito la bontà della scelta? Avrebbe dovuto pedalare per 258 chilometri sotto la pioggia e con 11 gradi, che poi sono saliti fino a 14. E domani nella tripla ascesa di Sestriere le sue chance di tenere la maglia rosa si sarebbero assottigliate.

«Capisco la frustrazione di Mauro Vegni – ha detto – ma oggi è stata presa la giusta decisione. Siamo stati contenti di correre il Giro e le grandi montagne. Siamo stati contenti di fare lo Stelvio, ma oggi la decisione di tagliare la tappa era la più giusta. E’ stato trovato l’accordo e la decisione è stata presa».

E quando gli è stato chiesto se sapesse fra quali attori fosse stato trovato l’accordo, ha liquidato la domanda parlando del Cpa, che in questo caso era rappresentato da Cristian Salvato, dato che Bugno, presidente dell’associazione, era ad Asti nella postazione Rai.

La morale

Sicuramente un grosso pasticcio in cui ciascun attore aveva qualcosa da difendere. Rcs e la Rai hanno denunciato il danno a un prodotto che per loro riveste una grande importanza strategica. I corridori, facendo sfoggio di scarsi spessore e senso di responsabilità, hanno trovato il modo di risparmiarsi una giornata di freddo e pioggia. I sindacati dei corridori hanno dimostrato la loro inadeguatezza per non essersi mossi con la necessaria tempestività. E la gente per strada, ignara e incolpevole, ha continuato ad aspettarli sperando che prima o poi sarebbero passati.

P.S. E’ arrivata nella serata di Asti la notizia che i premi di giornata saranno devoluti a favore di una struttura sanitaria impegnata nella lotta contro il Covid.

Fausto Masnada, Madonna di Campiglio, Giro d'Italia 2020

Masnada, un gigante accanto a Joao

21.10.2020
3 min
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Fausto Masnada ha 26 anni e alla Deceuninck-Quick Step c’è arrivato il 18 agosto e subito gli hanno detto che avrebbe fatto parte della squadra del Giro d’Italia, con Remco Evenepoel e Fabio Jakobsen. Per questo il bergamasco ha partecipato ai vari raduni con Bramati, ma forse neppure lui avrebbe immaginato che il suo ruolo sarebbe stato così cruciale accanto a Joao Almeida. Anzi, a un certo punto, perso il fenomeno belga, non avrebbe neppure immaginato che in squadra sarebbe arrivata la maglia rosa.

Jay Hindley, Wilco Kelderman, MAdonna di Campiglio, Giro d'Italia 2020
La Deceuninck-Quick Step correrà controllando il duo della Sunweb
Jay Hindley, Wilco Kelderman, MAdonna di Campiglio, Giro d'Italia 2020
Domani controlleranno il duo della Sunweb

Lo raggiungiamo al telefono ed è appena arrivato in hotel. Oggi per fortuna le distanze sono esigue e i corridori hanno presto trovato rifugio.

«Sono stanco – dice – ma l’importante è avere la maglia rosa. E’ gratificante, tutti hanno voglia e grinta. In squadra c’è una bella atmosfera. Abbiamo fatto i due riposi con la maglia e questo ha creato uno splendido rapporto con lo staff».

Sembra facile, ma non lo è. L’arma segreta dello squadrone di Patrick Lefevere è Davide Bramati, pure lui bergamasco.

«La mattina – sorride Masnada – si parte con la riunione tecnica e tattica, si vede che c’è dietro un grandissimo studio proprio da parte del Brama. Poi però la corsa comincia e allora viene fuori la sua vera indole. Non smette mai di parlare, ci motiva, ci rincuora, dà informazioni. E a me piace averlo accanto così».

Per il Giro Fausto si è preparato bene, con la motivazione che ti deriva dal cambio di squadra e dall’essere incluso in un progetto così ambizioso.

«Ho fatto i ritiri – ammette – e l’unico che ho perso è stato proprio quello in cui sono andati a provare lo Stelvio. Ma l’ho già fatto. Una volta la scorsa estate e poi un’altra volta in passato. Non lo conosco a memoria, ma so di cosa si tratta. Obiettivamente però vedo peggio la discesa della salita. In cima la notte ghiaccia, la vedo pericolosa e personalmente non avrei fatto lo Stelvio. Ma se sono certi che si possa fare, noi siamo pronti».

Fausto Masnada, Imola 2020
Masnada è stato azzurro ai mondiali di Imola
Fausto Masnada, Imola 2020
Masnada è stato azzurro ai mondiali di Imola

Essere pronti significa correre in difesa, tenendo anche in considerazione che la tappa dell’Agnello è stata rivista e ammorbidita per i problemi di Covid in Francia e che la cronometro di Milano per Almeida resta comunque un’arma in più.

«Correremo sulla difensiva – conferma – rispondendo a Kelderman, che è il più vicino. Gli altri sono a tre minuti, si possono gestire diversamente. E il mio ruolo sarà anche domani quello di stare vicino ad Almeida il più possibile, dovrò provare a tutti i costi e sono d’accordo nel farlo. Questo ragazzo sta stupendo tutti. E’ arrivato al Giro da sconosciuto ed è da 14 giorni in maglia rosa. Sembra professionista da 4 anni, per come è determinato e si muove. Per come sa gestire la squadra. Sa davvero il fatto suo. E a questo punto aiutarlo è diventata la nostra missione».

Joao Almeida, Yankee Germano, Piancavallo, Giro d'Italia 2020

Bramati sospeso fra Remco e Nibali

19.10.2020
4 min
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Senti Bramati, cosa avrebbe fatto Remco? Già, che cosa avrebbe fatto Evenepoel in questo Giro? Almeida non doveva neanche esserci, ma ha la maglia rosa. Si è lasciato indietro i favoriti nella crono e poi ha pagato (neanche troppo) in salita. Almeida che è stato persino rallentato dall’elicottero, al punto che il pilota s’è preso mille euro di multa. Ma a questo punto la domanda scatta spontanea. Quanto sarebbe andato forte allora Evenepoel?

Bramati sorride. Un po’ amaro e un po’ di gusto per l’assoluzione nell’inchiesta legata alla caduta di Evenepoel al Giro di Lombardia e per il Giro.

«La tappa di ieri – dice – eravamo venuti a provarla, la salita l’abbiamo fatta a tutta. Anche la crono. Quando eravamo in ritiro a San Pellegrino abbiamo fatto le nostre ricognizioni. La squadra sta bene e Remco sarebbe andato fortissimo. Vanno tutti forte perché dovevano sorreggere un grande leader. Se non fosse venuta la rosa di Joao, saremmo andati a caccia di tappe. E sarebbe stato come la Ineos senza Thomas…».

Pello Bilbao, Vincenzo Nibali, Patrick Konrad, Piancavallo, Giro d'Italia 2020
Per Bramati, Nibali non è crollato ed è ancora pericoloso
Pello Bilbao, Vincenzo Nibali, Patrick Konrad, Piancavallo, Giro d'Italia 2020
Per Bramati, Nibali è ancora pericoloso

Giorno di riposo, tempo da perdere, voglia di chiacchierare. Le notizie dal resto d’Italia parlano dell’aumento dei contagi, mentre il Giro aspetta i risultati dei tamponi fatti tra ieri e oggi. E intanto si parla della corsa.

Ieri hanno fatto Piancavallo davvero forte.

Ieri sono stati fatti dei bei tempi, ma il vento, forte o meno, era tutto a favore. L’anno che c’era Dumoulin, chi si ricorda se era contro? Il vento ti dà quel poco in più che ti permette di fare la differenza. Un chilometro di più all’ora su una salita di 14 chilometri. Bisogna considerare anche questo.

Kelderman va forte.

Kelderman va, si sa. Tao Geoghegan Hart è forte, ma bisogna stare attenti a Nibali.

Nibali?

Vincenzo ha l’esperienza e adesso comincia la terza settimana. Ho appena detto a Joao di stare attento, quello che faremo faremo. Domani è già una tappa a trabocchetto. Quella di Madonna di Campiglio l’abbiamo vista. Sul Bondone andiamo su dalla stradina stretta, poi scendiamo e dopo c’è tanto, tutta la valle. Non puoi fare niente, aspetti l’ultima salita e quella non è dura. E’ tutta da spingere di rapporto, ma se prendi la balla, volano i minuti.

Dicci ancora di Vincenzo.

Nibali ieri ha solo avuto una giornata no, perché se fosse crollato non avrebbe preso solo quel distacco, ma sarebbe sprofondato oltre i tre minuti. Credo che Nibali vada forte, ha l’esperienza e tutto quel che serve. Ad oggi il più pericoloso è Kelderman, però Nibali non è morto.

Kelderman va forte, ma a Piancavallo non ha avuto le gambe per la volata, andava più forte il compagno.

Vero, si sono parlati. Ha sprintato dopo tutto quel lavoro, doveva farlo. Ieri sono andati forte. La Sunweb ha fatto un lavorone. Chiedetelo a Ballerini, che è stato per tutto il giorno dietro a Denz. Non ha mollato mai. Sono andato dal direttore sportivo a dirgli che sono stati bravi. Lui ha detto che abbiamo lavorato anche noi, ma certo la maglia rosa ti dà quello spunto in più e il morale. Loro però hanno fatto una grande corsa.

Martinelli dice di guardare il Team Ineos.

Ma hanno perso Narvaez, anche noi abbiamo parlato di Tao Geoghegan. Ganna e Dennis hanno speso tanto. Oggi c’è il riposo e il giorno prima vanno tutti a tutta. Sono d’accordo anche io che Tao sia forte, ma bisogna vedere come va questo Giro. Bisogna vedere a chi domani prende la bambola.

Almeida?

Magari la prende lui, ma Joao ha già fatto tanto. Siamo già contenti così, manca una tappa, ma magari una tappa ancora viene. Quella di pianura, chi la controlla? Meglio domani, forse. Se la Sunweb fa un’accelerata sull’ultima salita, è un attimo venire giù all’arrivo. Con la squadra che ho sarebbe perfetta. Domani è una tappa trabocchetto.

Anche Masnada sta bene.

Tutti dicono e mi hanno criticato che Fausto doveva andare un po’ meno a cronometro. Ma quello che ha tirato ieri, Hindley, a Valdobbiadene ha preso 33” in più di Masnada e la crono l’ha fatta a tutta pure lui. E poi…

E poi?

Quando Masnada si è staccato ieri, erano sette corridori. A me pare che chi parla in televisione non riesca a seguire bene tutto. Quando anche il mio si è staccato, erano in sette. Tre Sunweb, Almeida, Nibali, Masnada e Majka. Poi Masnada si è staccato e sono restati i migliori. Quando si è staccato Almeida non erano in 15, non puoi dire che era rimasta tanta gente. Hanno fatto la selezione e sono arrivati a quattro. Delle volte dico che forse vedo le cose in un’altra maniera.

Domani?

Prima di pensare a domani, pensiamo a stasera. Aspettiamo tutti i tamponi e vediamo. Il nostro dottore dice di stare attenti

Wilco Kelderman, Valdobbiadene, Giro d'Italia 2020

E se Kelderman gli fa lo scherzetto?

17.10.2020
3 min
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Adesso come si fa per misurare la temperatura di Wilco Kelderman? L’olandese del Team Sunweb è passato sul traguardo della crono trafelato come accade a chi ha dato tutto, ma dopo cinque minuti era già di ritorno, sorridente e disposto a fare due chiacchiere con i giornalisti protesi fuori dalla gabbia in cui siamo contenuti all’arrivo. Altri sono passati sfiniti e sono andati a rifugiarsi verso le ammiraglie. Nel computo delle forze residue, quello che di troppo hanno speso oggi difficilmente lo troveranno domani.

«Quando ho visto il percorso del Giro d’Italia – dice – ho capito che le cronometro avrebbero avuto un impatto importante e così sin dall’inizio mi sono messo a lavorarci su».

Wilco Kelderman, Jakob Fuglsang, Roccaraso, Giro d'Italia 2020
Kelderman a Roccaraso il solo a rispondere a Fuglsang
Wilco Kelderman, Jakob Fuglsang, Roccaraso, Giro d'Italia 2020
Kelderman a Roccaraso il solo a rispondere a Fuglsang

Forte in salita

L’olandese non è più un ragazzino, ma non avendo ancora trent’anni è da considerarsi nella generazione di mezzo fra il (davvero) giovane Almeida e senatori come Nibali, Fuglsang e Pozzovivo che a Valdobbiadene hanno pagato pegno più di quanto forse si aspettavano.

«E adesso arrivano le salite lunghe – prosegue Wilco con gli occhi azzurri che spuntano dalla mascherina nera – e magari temperature meno miti, cui sono abituato e che mi piacciono».

A ben vedere, infatti, il leader della Sunweb è il solo corridore a meno di un minuto da Almeida. E il bello è che in salita ha già fatto vedere di avere dei numeri interessanti. Ma siccome è uno di quelli che parla poco, stampa e tifosi finora non gli hanno dato la giusta considerazione. Di fatto però, sull’Etna si è piazzato al quarto posto, attaccando nel finale e lasciando sul posto Nibali e Fuglsang. Mentre a Roccaraso è stato l’unico di classifica capace di rispondere all’attacco del danese.

Wilko Kelderman, Etna, Giro d'Italia 2020
Sull’Etna, scatto negli ultimi due chilometri e addio favoriti del Giro…
Wilko Kelderman, Etna, Giro d'Italia 2020
Sull’Etna, scatto negli ultimi due chilometri

Piancavallo per capire

In testa al Giro si va componendo una coppia inedita e di certo inattesa rispetto ai pronostici.

«Sono davvero felice delle mie sensazioni – dice Kelderman – e questa è la cosa più importante. Guardiamo giorno per giorno e decidiamo cosa fare. Vedremo come andrà domani. Di sicuro, la squadra ha fatto un ottimo lavoro e a Piancavallo sono curioso di mettermi nuovamente alla prova. Poi ci sarà il riposo e a quel punto sarò in grado di capire che cosa potrò chiedere alle mie gambe.

«Mi sto sorprendendo di me stesso. Fino ad ora, l’intero Giro sta andando meglio di quanto mi aspettassi. Ci sono ancora grandi montagne e una settimana dura. Alla fine, il divario sarà in minuti e non più in secondi».

Domani l’arrivo friulano chiuderà la seconda settimana. La prima volta che la corsa arrivò lassù, impossibile da dimenticare, vinse Pantani. Nel 2017 toccò invece a Landa. La salita misura 14,5 chilometri, ma subito prima la tappa di 185 chilometri propone le salite di Sella Chianzutan, Forcella di Monte Riest e quella di Pala Barzana. Chi avesse speso troppo nella crono, pagherà il conto salato. Chi invece avesse scelto di dosare le forze potrebbe ritrovarsi con un tesoretto da gestire. Ma la sensazione è che non sarà un Giro da decidere col bilancino.