Un urlo di liberazione a capo della più bella vittoria da quando è professionista. Intorno le nubi dei Lagos de Covadonga, che raramente mostrano il cielo all’arrivo della Vuelta. Roglic sembrava la vittima predestinata, invece si è rivelato lupo. E come lupo ha affondato i denti nel collo morbido di Bernal che si è arreso alla fatica e forse a un principio di crisi di fame. Perché a quel livello e con quella classe non ti spegni così in fretta se la benzina è nel serbatoio.
A 7,6 chilometri dall’arrivo, l’affondo con cui Roglic ha staccato BernalA 7,6 chilometri dall’arrivo, l’affondo con cui Roglic ha staccato Bernal
«Mi è davvero piaciuta questa tappa – dice Roglic con un sorriso che la dice lunga – è stata una giornata perfetta per me e per la squadra. Forse questa è la mia tappa più bella della Vuelta finora. Ovviamente è un rischio andare all’attacco da tanto lontano, ma volevo solo seguire Egan. Abbiamo lavorato bene insieme. Nell’ultima salita sono andato a tutto gas, anche grazie al grande supporto di tutti i sostenitori sulla strada».
Voglia di divertirsi
Bernal aveva detto che ci avrebbe provato. Non aveva nulla da perdere e finalmente da qualche giorno avvertiva le stesse belle sensazioni del Giro, che il Covid e un’estate un po’ strampalato avevano allontanato inesorabilmente. Perciò, quando mancavano ancora 61 chilometri al traguardo, il colombiano ha rotto gli indugi ed è partito all’attacco.
Grande lavoro del Bahrain, prima con Caruso e poi con Mader per Jakck HaigGrande lavoro del Bahrain, prima con Caruso e poi con Mader per Jakck Haig
Passo potente in salita, al punto da respingere il primo inseguimento di Superman Lopez, ma non abbastanza forte da dissuadere Roglic, aggrappato alla sua scia senza mezzo dubbio.
«Stavo solo cercando di godermi la mia giornata – dice Egan – e divertirmi in sella alla mia bici. Tutto qui. In mattinata sul pullman avevamo fatto un piano, ma nella mia mente pensavo solo a divertirmi. Ho sofferto molto durante questa Vuelta e oggi finalmente avevo le gambe. Puntavo a rendere dura la gara, cosa che ho fatto e mi sono goduto ogni chilometro, anche quelli più duri».
Si pedala fra i monti e i boschi un po’ misteriosi delle AsturieSi pedala fra i monti e i boschi un po’ misteriosi delle Asturie
Il ritmo di Caruso
E mentre i corridori della Movistar stavano alla finestra aspettando col necessario cinismo l’ultima salita, a guastare i piani di Bernal si sono messi Damiano Caruso e il Team Bahrain Victorious. Con la posizione di Jack Haig da difendere, il ragusano è stato fedele a quanto ci aveva detto nel giorno di riposo e si è messo a scandire un ritmo che nel tratto di pianura prima dell’ascesa finale ha tolto un minuto e mezzo al vantaggio dei primi due. Roglic ha sempre collaborato, cogliendo il vantaggio personale nell’azione di Bernal. E quando a 7,6 chilometri dal traguardo si è reso conto che il passo di Egan era diminuito, se lo è scrollato di dosso.
Lopez e Mas hanno fatto corsa di attesa, limitando appena i danniLopez e Mas hanno fatto corsa di attesa, limitando appena i danni
«Sono stato felice di far parte di questa mossa vincente per Roglic – ha ugualmente detto Bernal – perché è stato coraggioso. Io non avevo nulla da perdere, lui sì. E pur essendo sostanzialmente il leader della gara, è venuto con me. Oggi è stato il più forte e sono felice per lui».
Il nuovo mostro
Grande scambio di cortesie… olimpiche nell’anno a cinque cerchi, anche se alla fine della Vuelta mancano ancora tappe terribili, a partire da quella di domani che prevede l’arrivo sull’inedito e terribile Altu d’El Gamoniteiru.
Un urlo potente sul traguardo per scaricare la tensione e la gioiaUn urlo potente sul traguardo per scaricare la tensione e la gioia
«Domani dovremo esserci di nuovo – dice Roglic – ora sono in buona forma e con una buona classifica, ma il vantaggio non è mai abbastanza. Dobbiamo stare attenti e continuare a correre da squadra compatta. Ho piena fiducia in questo».
Il covid dopo lo Svizzera, poi Pozzovivo è salito sullo Stelvio e ora è sull'Etna preparando la Vuelta. Interessante lettura della tattica di Pogacar al Tour
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Forse per fare un regalo a Jakobsen che compiva 25 anni, ieri quasi tutte le squadre si sono rassegnate all’arrivo in volata. Non che le alternative fossero infinite, ma quando il UAE Team Emirates ha aperto il gas, si poteva provare a dargli una mano. Una bella imboscata e via. La Deceuninck-Quick Step era rimasta indietro e con un po’ di collaborazione si poteva se non altro appesantire le gambe del velocista più forte del gruppo.
Trentin ci ha provato ed è per questo che in serata non aveva poi troppi rimpianti, se non quello per la vittoria che ancora non arriva e che alla vigilia degli appuntamenti più caldi come europei e mondiali, gli darebbe le sicurezze necessarie.
Terzo nella volata di ieri e tanti auguri a Jakobsen che compiva 25 anni. L’imboscata nel finale è andata maleTerzo nella volata di ieri e tanti auguri a Jakobsen che compiva 25 anni. L’imboscata nel finale è andata male
Stai facendo delle prove generali o volevi davvero battere Jakobsen in un testa a testa?
Bè dai, se riuscivo a batterlo non era male. E’ ovvio che se lo porti di in volata, poi diventa difficile. Stiamo parlando di uno di quelli che hanno più watt in assoluto. Ho preso la ruota di Meeus, ma più di un terzo posto non si poteva fare. Ci ha lasciati lì…
Forse si poteva provare ad anticiparlo…
Infatti siamo l’unica squadra che ci ha provato (quasi ringhia nel dirlo, ndr), gli altri se ne sono un po’ fregati. Abbiamo dovuto muoverci da lontano perché era l’unico punto dove si poteva fare. Poi però quando il vento è girato e ce lo siamo trovato in faccia, nessuno ci ha dato una mano. Magari si poteva fare qualcosa, lo si poteva stancare un po’. E infatti lui su quell’imboscata era rimasto indietro.
Come stai?
Sono stanco, ovvio, ma sto bene. Manca sempre la vittoria, però vedo che comunque sia di gambe che anche mentalmente sto sempre meglio. Vediamo il bicchiere quasi pieno, insomma…
Cassani ha dato i nomi per gli europei ed è chiaro che da te si aspetti qualcosa…
Vediamo, perché sicuramente a Trento la corsa viene molto dura, quindi bisognerà correre bene e riuscire a fare le cose come Dio comanda. E’ impegnativa per il circuito e perché prima c’è il Bondone, non ho mica capito qual era l’intenzione, però fa lo stesso. E c’è un sacco di salita prima, quindi comunque in generale verrà dura…
Con Cimolai prima che si ritirasse: il friulano poteva essere un’ottima spalla per gli europeiCon Cimolai prima che si ritirasse: il friulano poteva essere un’ottima spalla per gli europei
Troppo dura per te, oppure per un buon Trentin è possibile fare bene?
Posso fare bene. Il circuito si farà sentire, perché la salita dura intorno agli 8 minuti, qualcosina meno. E poi ne hai altri 23-24 per fare il giro, quindi comunque ogni 20 minuti sei sotto e ricominci a salire. Sicuramente si farà sentire. La discesa è da spingere, quindi in realtà se stai a ruota recuperi…
Hai in testa più gli europei o il mondiale?
Il mondiale è molto più adatto a me e non a uno scalatore. Mentre all’europeo uno scalatore un po’ scaltro può far bene. Uno come Pogacar non aspetterà la volata, poco ma sicuro. Va sempre forte, ma a Plouay ha un po’ picchettato anche lui.
Siete compagni di squadra, vi allenate mai insieme a Monaco?
No, perché lui esce troppo tardi. Può permetterselo, non ha figli.
Il fatto di correre in casa cambia qualcosa, accende qualche lampadina in più?
Non lo so, ci tengo di sicuro. La salita la conosco parecchio bene, visto che era la strada che facevo due volte al giorno in pullman per andare a scuola. Quindi essendo vicino a casa, fa sempre piacere.
A Glasgow nel 2018, Matteo vince l’europeo con volata tirata da Cimolai, che finisce quintoA Glasgow nel 2018, Matteo vince l’europeo con volata tirata da Cimolai, che finisce quinto
Ci sono altre tappe possibili alla Vuelta?
Adesso arrivano solo tapponi, domani e dopodomani (oggi e domani per chi legge, ndr) la vedo proprio dura. Poi c’è venerdì, una tappa in cui però dovrebbero allinearsi i pianeti in maniera importante. Diciamo che non la tiro fuori del tutto, ci provo. Poi se va, bene. Sennò pazienza. E’ stata la Vuelta con più volate in assoluto degli ultimi tempi e con più tappe piatte. Se togliamo quella che ha vinto Cort Nielsen, che siamo arrivati in pochi davanti, non ci sono state tante tappe da pensare che arriva il gruppetto.
Nei prossimi giorni si lavora per la squadra o si salva la gamba?
Vediamo un pochino com’è la situazione. E’ ovvio che adesso parte un’altra Vuelta, perché nei prossimi 4-5 giorni c’è più salita che nelle due settimane precedenti. Tolti quelli di classifica, bisogna vedere che tipo di corridore sei e come stai. A me per esempio fa anche bene tenere duro sulle salite. E’ ovvio che non devo esagerare, bisogna sapere quel che si sta facendo, bisogna conoscersi. Non è detto neanche che faccia davvero bene stare sempre nel gruppetto per tutta la settimana, perché qua il tempo massimo è infinito e quindi il rischio è che fai anche poca fatica. Dipende da quello che stai cercando. Se sei messo come un aratro, è bene mollare prima. Altrimenti si può sempre pensare di migliorare.
A fine settembre, sul percorso dei mondiali, ritroverà invece strade che gli si addicono di piùA fine settembre, sul percorso dei mondiali, ritroverà invece strade che gli si addicono di più
Tu cosa cerchi?
Adesso come adesso sto bene, quindi mi serve tenere il fisico un po’ impegnato.
Dopo la Vuelta, vai diretto in Trentino o ti fermi a Monaco?
No, vado a casa, fatemi vedere i bambini qualche volta (ride, ndr). Si poteva pensare di portarli dai nonni, ma lunedì cominciano le scuole e il grande va alle elementari. Sono curioso, gli piace quando gli spiegano le cose. Fa la scuola in francese e lo parla già meglio di me.
Com’è il tuo francese?
Lo parlo abbastanza. Diciamo che mi capiscono tutti a parte francesi, che come sempre ti rispondono storcendo il naso finché non gli dai la pronuncia perfetta. Adesso vado a riposarmi un po’, avete visto il profilo della prossima tappa?
Castrillo vince la seconda tappa in 3 giorni: questa volta al Cuitu Negru. Alle sue spalle, nella lotta per la maglia, Roglic stacca O'Connor che non molla
La sesta tappa dell’Österreich-Rundfahrt (Giro d’Austria) del 2018 fu un vero e proprio calvario. Dopo i primi chilometri totalmente piatti, percorsi a furia di scatti e tentativi di fuga, cominciò la prima salita che scollinava a Schanzsattel di circa 7,5 chilometri con pendenza media al 6 per cento. Dopo vari tentativi a inizio salita, la prima fuga prese spazio a seguito di un’azione, forzata in particolare dal kazako Alexey Lutsenko, che insieme allo sloveno Mohoric (unico a tenere il suo ritmo) fecero il vuoto, iniziando una lunga cavalcata a due. Dietro però il gruppo si scompose in moltissime parti. Tra i primi inseguitori rimanemmo in cinque.
Il norvegese è esploso durante la Vuelta Espana, vestendo la maglia rossa di leader della classifica generaleIl norvegese è esploso durante la Vuelta Espana, vestendo la maglia rossa di leader della classifica generale
I corridori in fuga
Oltre al sottoscritto, in maglia Bardiani-Csf, nel gruppo degli inseguitori c’erano Angel Madrazo che correva per il team Delko Marseille. Lachlan Morton del team Dimension Data. Il campionissimo belga Wout Van Aert che allora correva ancora per il team Vérandas Willems-Crelan e udite, udite… l’attuale maglia rossa della Vuelta a Espana: Christian Eiking Odd, in forza alla Wanty-Groupe Gobert.
Eiking Odd nella corsa di casa (Artic Race of Norway del 2019), dove ha sempre ben figuratoEiking Odd nella corsa di casa (Artic Race of Norway del 2019), dove ha sempre ben figurato
Giornata dura
Il percorso ci metteva a dura prova. La resistenza vacillava un po’ per tutti, specialmente dopo le prime durissime tappe. A tenere unito il “gruppetto” pensò proprio Eiking Odd, il quale pedalava con estrema facilità, specialmente nei tratti più difficoltosi. Al punto che sull’ultima salita di Kreuzwirt di 11 chilometri, per cercare di ridurre il distacco dai due fuggitivi, si mise in testa a fare il ritmo, riuscendo quasi a riportarci su Mohoric e Lutsenko.
Purtroppo non riuscimmo a riprendere i due fuggitivi, anche perché il ritmo imposto da Eiking Odd ci mise tutti in difficoltà e lui non trovò collaborazione da parte nostra. Tra crampi e caldo asfissiante, aspettavamo tutti con ansia la discesa per poter recuperare qualche energia. Fu talmente forte il forcing del norvegese che riuscì a staccare Van Aert, che successivamente non riuscì più a riprenderci.
E’ anche un ottimo discesista, oltre che un bravissimo scalatore. Foto del Giro di Toscana 2019E’ anche un ottimo discesista, oltre che un bravissimo scalatore. Foto del Giro di Toscana 2019
Strappate micidiali
Tutti abbiamo avuto l’impressione che il norvegese aveva una marcia in più. Persino Roberto Reverberi in ammiraglia disse di prestare particolare attenzione «al corridore della Wanty». Ricordo particolarmente alcuni frangenti di corsa in cuiper tenerlo a badaeravamo costretti a lanciare qualche grido, tendando di fargli capire che se avesse continuato a “strappare” (come si dice in gergo ciclistico), avrebbe dovuto proseguire da solo. Non gli conveniva per due semplici motivi: mancavano tanti chilometri e tra una salita e l’altra c’erano dei tratti in pianura in cui la presenza di Van Aert giovava a noi tutti.
Adesso l’intero team Intermarché Wanty Gobert lavora per lui alla VueltaAdesso l’intero team Intermarché Wanty Gobert lavora per lui alla Vuelta
Vittoria andata, ma che classe
Per la vittoria di tappa non ci fu nulla da fare, però ci rendemmo conto che tra noi c’era un corridore che avrebbe potuto dire la sua nel mondo dei grandi. Nessun dubbio. Aveva la stoffa e lo si percepiva dal modo in cui pedalava, dalla compostezza in bici e dalla lucidità mentale con cui affrontò l’ultima discesa che portava allo strappo conclusivo di Wenigzell. Proprio su quell’ultima asperità Eiking Odd, alzatosi sui pedali, ci lasciò tutti seduti in preda ai crampi. Mentre lui andò a prendersi la terza posizione e la consapevolezza di poter competere un giorno tra i grandi.
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I Lagos de Covadonga premiano Marc Soler, che precede un ottimo Zana di soli 18". Nella lotta per la classifica, O'Connor tiene la maglia per soli 5 secondi
Questa idea di Damiano Caruso di prendersi un mese di stop a ottobre è stata meravigliosamente destabilizzante. Guidone Bontempi ad esempio ha storto il naso. Il ciclismo vive di pratiche consolidate, che vanno dalle gambe in alto dopo la corsa al fatto che con il passare degli anni serva aumentare la quantità di allenamento per tenere testa ai più giovani. Così se un corridore di vertice di colpo cambia direzione, il sistema vacilla. Anche se il sistema, ad esempio non tiene conto che il corridore in questione viva a Ragusa. E anche questa è un’eccezione cruciale e inedita.
Ne parliamo con Paolo Slongo, oggi tecnico della Trek-Segafredo, che ha lavorato con Caruso negli anni alla Liquigas e seppure non ne conosca gli ultimi sviluppi, può inquadrare il discorso e riferirlo anche a un altro illustre… anziano del nostro ciclismo. Quel Vincenzo Nibali che ha preparato per le vittorie più belle.
Slongo ha lavorato con Caruso a partire dal 2011 alla LiquigasSlongo ha lavorato con Caruso a partire dal 2011 alla Liquigas
Uno stop di quattro settimane…
Bisogna conoscere la storia del corridore. Sapere se si tratti di un cambiamento dell’ultima ora o di un’abitudine consolidata. E’ normale che per la testa un lungo stacco dopo una stagione intensa come quella di Damiano sia una necessità, ma io non andrei oltre le tre settimane.
Perché?
Perché poi serve più tempo per ricostruire. Ma c’è da capire che cosa si intenda con stacco. Se nelle quattro settimane capita il giro in mountain bike oppure la camminata o la palestra, ecco che non si tratta di un vero stacco e in qualche modo il corpo resta attivo. Tante volte un corridore abituato a fare una media di 4 ore al giorno, dice che non fa niente, perché il giretto di un’ora per lui è obiettivamente poca cosa. E poi comunque dipende dai programmi della squadra.
Andare a funghi è uno dei passatempo di Damiano quando è a casa. E si tratta pur sempre di camminare per ore nei boschi, altro che stopAndare a funghi è uno dei passatempo di Damiano quando è a casa. E si tratta pur sempre di camminare per ore nei boschi
Quando lo vogliono competitivo, insomma.
Esatto. Se devi andare in Australia e poi vuoi lottare per le classiche, quattro settimane a ottobre le recuperi difficilmente. Ma se l’obiettivo è il Giro d’Italia, allora hai tutto il tempo.
Damiano ha parlato del fatto che il vero segreto per la ripresa a novembre sia il clima di Ragusa.
E ha ragione, mentre ci sono corridori che per trovare un meteo favorevole devono partire per la Spagna. Il clima della Sicilia lo aiuta in maniera considerevole, senza fargli perdere troppi giorni di allenamento. E se puoi lavorare bene a novembre, dicembre e gennaio, ecco che la preparazione segue un binario ottimale.
Caruso arrivò alla Liquigas nel 2011 dopo due anni alla LprCaruso arrivò alla Liquigas nel 2011 dopo due anni alla Lpr
Quindi si può sfatare il luogo comune sui lunghi stop?
Più che altro sono dell’idea che non abbia senso e sia anche improponibile che con il passare degli anni si debbano aumentare le ore di lavoro. Ho un archivio storico di tutti i miei atleti e si vede bene come in un monte di 80 ore mensili, con il passare degli anni vada cambiando la suddivisione dei lavori. Non puoi aumentare la quantità, rischi di passare 24 ore al giorno in sella. La qualità ti permette di fare la differenza. La progressione non fa male, però bisogna misurarla avendo tutti i dati alla mano. Prendiamo Nibali…
Prendiamolo.
Vincenzo ha lavorato tanto, ma ha margini. Può aumentare i volumi all’interno dello stesso monte di ore, perché non è arrivato a fare il massimo. Questa gestione gli ha reso la vita più lunga e lavorando nel modo giusto può essere ancora competitivo. Magari non per vincere un Giro, ma per essere più brillante.
Quindi Caruso non ha commesso eresia?
Se lui è convinto e se la squadra gli fa il programma giusto, che si goda pure il suo ottobre di stacco. La testa in certi casi è più importante delle gambe.
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Quasi tre ore oggi pomeriggio, per quello non ho risposto subito.
La pennichella pomeridiana è fatta, ora ti manca di andare a guardare i cantieri e sei pronto per la pensione.
Vedo che non hai perso la simpatia, in questi giorni…
Tarda serata del secondo riposo della Vuelta, la risata arriva all’unisono. Fabio Aru sta vivendo l’ultima settimana da corridore. E anche se la sua scelta di ritirarsi al termine della corsa spagnola l’abbiamo masticata per giorni, il boccone è ancora impegnativo da deglutire. Conoscendolo, la provocazione è sferzante, ma utile per capire. Questo non sarà un altro caso Dumoulin, anche se in fondo quasi ce lo auguriamo. Il mal di stomaco pare alle spalle, almeno a giudicare dalla fuga con Majka (foto di apertura). Sarebbe stato brutto doversi ritirare dall’ultima corsa della carriera.
Tre settimane di corsa per salutare gli amici dopo una carriera di 9 anni tra i pro’. Qui con CarusoTre settimane di corsa per salutare gli amici dopo una carriera di 9 anni tra i pro’. Qui con Caruso
Come stai?
Un po’ meglio di quattro giorni fa. L’ho vista veramente brutta, l’altro giorno dopo ho rischiato di non partire. Ho avuto dissenteria, ho rimesso, ma sono riuscito a salvarmi. Andando a El Barraco ho avuto buone sensazioni, solo che Majka le ha avute migliori. Per due ore e mezza sono stato bene, poi mi sono proprio spento. Speriamo di aver recuperato e di continuare a farlo nella tappa di domani (oggi per chi legge, ndr). Perché poi ricominciano le salite.
Come stavi prima?
Il secondo posto alla Vuelta Burgos mi ha dato fiducia, mi sentivo veramente bene. Sono stato male fra la settima e la nona tappa. L’obiettivo, adesso si può dire, era entrare nei dieci ed era fattibile. Senza puntare troppo in alto, bisogna essere realisti. Ora ci sono ancora quattro tappe in cui potrò dire la mia. Non è la Vuelta che mi aspettavo, purtroppo, ma è quella che mi è toccata.
E’ arrivato alla Vuelta dopo il secondo posto di Burgos, in ottime condizioniE’ arrivato alla Vuelta dopo il secondo posto di Burgos, in ottime condizioni
L’annuncio che a fine Vuelta smetterai di correre…
Quando l’ho annunciato, mi ero già abituato all’idea. A meno che uno non sia un folle, certe cose non le dici se non sei sicuro. Ci pensi e ci ripensi varie volte. Il fatto di averlo detto prima della Vuelta e non alla vigilia di una corsa secca mi sta dando la possibilità di godermi la mia storia di corridore, con tutti i pro e tutti i contro. Avrei fatto a meno del mal di stomaco, ma fa parte del pacchetto.
In gruppo cosa dicono?
Ogni giorno, anche se per caso, arrivano corridori che mi parlano. Mi chiedono perché. Ascoltano la mia risposta, poi la corsa continua. L’altro giorno è venuto Jakobsen, con cui prima non avevo mai parlato.
L’orgoglio sardo da sempre suo compagno di viaggio, qui sugli scarpini GaerneL’orgoglio sardo da sempre suo compagno di viaggio, qui sugli scarpini Gaerne
Qualcuno ha detto che l’abbraccio dei tifosi, ora che vai nuovamente forte, ti avrebbe convinto a tornare sui tuoi passi.
Non torno indietro per questo. L’abbraccio dei tifosi mi ha fatto molto piacere. In Spagna mi vogliono bene. Chi ti vuole manifestare del calore lo fa, chi ti disprezza scrive sui social.
Quando hai preso la decisione definitiva?
Dopo Burgos.
Cioè torni competitivo dopo tre anni a masticare sudore e fango e proprio in quel momento decidi di averne abbastanza?
Ma se vi dico tutto adesso, poi che cosa racconto? Voglio avere il tempo per mettere insieme le idee e i pensieri di tutto quello che è successo in questi anni. L’ho detto quando ne sono stato sicuro.
Quando a inizio anno correvi nel cross pensavi già di smettere?
Non ve lo dico per lo stesso motivo di prima (ride di gusto, stavolta la provocazione è sua, ndr).
In salita lo si è rivisto finalmente al suo posto nel gruppo dei miglioriIn salita lo si è rivisto finalmente al suo posto nel gruppo dei migliori
Valentina (la sua compagna, ndr) che cosa ti ha detto?
Fra le tante cose che apprezzo della mia famiglia, da Valentina ai miei genitori, c’è che mi hanno lasciato prendere da solo questa decisione perché si tratta della mia vita. Se ne parla. Mi vengono dati consigli. Ma se vedono che chiedo più di quello che possono dirmi, fanno un passo indietro. Sono persone molto intelligenti.
Correre la Vuelta sapendo che sarà l’ultima può far calare l’ambizione?
Mai. Mi scoccia mollare, mi sarebbe scocciato doverlo fare nei giorni scorsi. Ho provato e proverò ancora. Il sogno di lasciare il segno c’è sempre, ma non so se ci riuscirò. Non avrei mai potuto affrontare la Vuelta con le ambizioni al minimo. Vediamo cosa potrò fare nei prossimi giorni. E del resto parleremo dopo, ne avremo certo l’occasione.
Nella lunga confessione di Caruso sul pullman per Santander, alcune parole sono rimaste lì nella testa, a ronzare. Il siciliano ha… rivalutato il lockdown del 2020: «Pensavo che alla mia età i lunghi stop fossero deleteri, invece nel periodo dopo la sosta il mio livello si è alzato. Quel lockdown, pur forzato, mi ha fatto bene. Perciò ora voglio impormene uno da me». Se è legittimo presupporre che i suoi grandi risultati siano scaturiti anche da quel forzato stop, siamo sicuri che fa bene a riproporlo?
Nel 2021 Caruso ha compiuto ben 66 giorni di gara, che aumenteranno progressivamente con l’avvicinarsi della Vuelta al suo termine. Una cifra notevole, considerando che il limite stabilito dall’Uci è 85. Ha esordito il 21 febbraio negli Emirati Arabi, disputando le altre gare tra Italia, Svizzera e Spagna, senza dimenticare la gara olimpica in Giappone.
Damiano Caruso con la maglia di leader della classifica dei GPM alla Vuelta. Finora ha collezionato 66 giorni di gara con 2 grandi vittorieDamiano Caruso con la maglia di leader della classifica dei GPM alla Vuelta. Finora ha collezionato 66 giorni di gara con 2 grandi vittorie
Andando a cercare negli archivi, abbiamo ritrovato dichiarazioni di un vecchio volpone del ciclismo come Guido Bontempi, che sosteneva la necessità per un corridore anziano di aumentare il lavoro per essere brillante, quindi evitando lunghe soste. Il bresciano, vincitore in carriera di ben 70 corse tra cui 25 tappe di grandi Giri e due Gand-Wevelgem, è ancora convinto delle sue idee.
«Il metabolismo del recupero di un corridore cambia con il tempo – spiega Bontempi, oggi regolatore in motocicletta per le corse della Rcs – dopo i 30 anni il recupero non è più veloce come prima, quindi serve un allenamento costante. Diciamo che più gli anni passano, più la sosta invernale deve essere abbreviata e parlo anche per esperienza personale».
Una delle 16 tappe vinte in carriera da Guido Bontempi: qui siamo ad Ascoli, nel 1988Una delle 16 tappe vinte in carriera da Guido Bontempi: qui siamo ad Ascoli, nel 1988
Tu come ti regolavi?
Io solitamente finivo la stagione con le ultime gare di ottobre, facevo una Sei Giorni a novembre, poi riprendevo gradatamente tra dicembre e gennaio per gareggiare già a febbraio in un’altra Sei Giorni ed arrivare al ritiro prestagionale già con un minimo di condizione per sostenere certe andature.
E’ una questione anche di tenuta della condizione fisica?
Certo, ma non è detto che il corridore più anziano sia sempre penalizzato. Mi spiego meglio: a 25 anni il picco di forma lo raggiungi più velocemente che oltre i 30 anni, ma lo perdi anche più rapidamente, mentre con l’esperienza impiegherai sicuramente più tempo per costruire la miglior condizione, ma questa durerà di più.
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Caruso parlava di ripetere un lockdown personale, staccando completamente la spina per un periodo lungo: fa bene?
Dipende dai programmi della squadra per il prossimo anno. Se punta al Giro d’Italia, come è presumibile, e la Bahrain Victorious gli dà tempo per raggiungere la miglior condizione non mettendogli fretta di esordire, allora può prendersi anche un lungo stop, un “lockdown” per ricaricare le batterie, ma significa che dovrebbe evitare le competizioni almeno fino alla Milano-Sanremo. Da marzo avrebbe tutto il tempo per trovare la necessaria brillantezza per la corsa rosa.
Il siciliano ha detto che dovranno decidere il programma in base al percorso del Giro…
Parliamoci chiaro: possono cambiare le località, ma le caratteristiche generali del Giro d’Italia restano sempre quelle. Sai che avrai a che fare con una settimana almeno di grandi salite nel Nord Italia e che ti troverai qualche tappa aspra anche sugli Appennini e nel Centro-Sud. A ben guardare, alla fine i numeri relativi a chilometraggi, salite, pendenze cambiano poco, quindi si può già programmare il 2022 in funzione della corsa rosa.
Sonny Colbrelli diventa campione italiano e realizza uno dei suoi sogni di corridore. Attacca e batte Masnada in volata. E ora porterà il tricolore al Tour
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Discorsi di strada, mentre il paesaggio fuori sprofonda nel buio. Caruso racconta, le parole hanno il ritmo fluente del lungo viaggio. Dopo la tappa del Barraco, ci sono altri 418 chilometri fino a Santander. La Vuelta è anche questa, con i pullman delle squadre che navigano verso il prossimo approdo. Oggi i corridori trascorreranno il giorno di riposo all’ombra del mitico Alto del Naranco e da domani inizieranno l’ultima settimana, la più dura.
La corsa di Damiano sta per finire con il bel ricordo del successo all’Alto de Velefique e con la Vuelta finirà una stagione che sul piano dei risultati è stata forse la migliore da quando corre. Ha portato vittorie e consapevolezza, ma è costata tanto per la lontananza da casa. Perciò, marinaio che vede ormai il porto, Caruso inizia a sentire addosso una piacevole leggerezza.
«Tre blocchi di altura di tre settimane – dice scandendo bene le parole – il viaggio per le Olimpiadi e due grandi Giri. Oggi comincia la quarta settimana che sono via da casa. Nella stagione di un professionista non c’è solo la performance, ma c’è anche da considerare l’aspetto psicologico».
Il Team Bahrain Victorious è venuto alla Vuelta per Landa e ora lavorerà per Haig, il terzo nella fotoIl Team Bahrain Victorious è venuto alla Vuelta per Landa e ora lavorerà per Haig, il terzo nella foto
Intanto oggi (ieri per chi legge, ndr) è andata in porto la fuga di Majka. Non è curioso, come è successo anche a te, che arrivino fughe solitarie da così lontano?
Sono tutte tappe molto complicate. Dure. Nervose. Corse a medie davvero importanti. Quindi controllare è molto dispendioso e il fatto che la Jumbo-Visma abbia lasciato la maglia ne è la conferma più evidente. E comunque non sono fughe che nascono per caso. Vanno via tutte di forza da un gruppo che giorno dopo giorno è sempre più stanco.
Eravate venuti per Landa, invece…
Eravamo venuti per sostenere Mikel, con una bella guardia composta da Gino Mader, Jack Haig e il sottoscritto. Invece non sempre i programmi vanno a buon fine e abbiamo messo in atto il piano B, cioè fare classifica con Haig, che pedala bene.
Il piano B non potevi essere tu come al Giro?
No, non sono venuto con la testa per fare classifica. Volevo aiutare e vincere una tappa e sono contento di esserci riuscito.
Perché il piano Landa non ha funzionato?
L’idea che mi sono fatto è che Mikel volesse recuperare il Giro sfortunato. Ma in questo ciclismo così livellato, non basta arrivare al 90 per cento e sperare di vincere. Perché di sicuro il giorno storto arriva e con lui è stato puntualissimo.
La vittoria all’Alto de Velefique segue quella del Giro all’Alpe di Mera. Quel sorriso vale più di mille paroleLa vittoria all’Alto de Velefique segue quella del Giro all’Alpe di Mera. Quel sorriso vale più di mille parole
Non sarà che forse ha un limite che gli impedisce di essere capitano?
Mikel è uno dei più forti scalatori in circolazione. Quando sta bene, in salita fa cose che per gli altri sono impossibili, può fare la differenza. Ma è stato anche sfortunato e anche per questo non ha ottenuto grandi risultati. L’anno scorso, stando bene, è arrivato quarto in un Tour in cui c’erano davvero tutti i migliori e tutti caricati a molla. Non è un risultato da poco.
Roglic ha già la Vuelta in tasca?
Sembra avere la situazione sotto controllo. Però la terza settimana non è così scontata e sono curioso di vedere all’opera l’accoppiata della Movistar, con Mas e Lopez quarto e quinto. Poi c’è il nostro Haig. Ma certo per ora Primoz sta correndo da padrone di casa.
E’ giusto dire che il 2021 sia la tua stagione migliore?
Per i risultati di sicuro. Non sono mai stato un gran vincente e sono venute due tappe in due grandi Giri. Poi il podio di Milano che ha un peso davvero importante. Però non è tutto una sorpresa, era un po’ che ci giravo attorno.
Hai detto che il vento è cambiato quando hai smesso di andare alle corse con la pressione addosso.
E lo confermo. Sono arrivato in questa squadra come gregario di Vincenzo (Nibali, ndr), poi lui se ne è andato e io mi sono ricavato il mio spazio. Non sono capitano nel senso che si aspettano da me le vittorie, ma sono leader e riferimento per i compagni e questo mi piace. Do il massimo con la testa libera, questo fa la differenza.
Ha tenuto la maglia a pois dei Gpm fino all 13ª tappa. Qui due parole con Bernal, in maglia biancaHa tenuto la maglia a pois dei Gpm fino all 13ª tappa. Qui due parole con Bernal, in maglia bianca
Però hai anche detto che nel 2022 potresti essere capitano al Giro. Questo non porterà di nuovo le pressioni?
Ho detto anche che prima bisognerà vedere i percorsi. Averli in mano e capire bene. Ma se anche fosse, non avrei nulla da perdere, per cui non avrei addosso l’attesa che a volte ti schiaccia. Serve avere la pressione giusta, quella che mi metto da solo nel lavorare sempre con tranquillità e bene e che permetterà di avere un Damiano competitivo.
A proposito della squadra, state girando davvero tutti bene.
Non dovrei essere io a dirlo, ma stiamo andando tutti forte. Abbiamo un centrocampo fortissimo, con alcuni corridori che possono lottare per vincere. Rispetto ai primi tempi è cambiato tanto. Il management ha lavorato perché ciascun atleta venisse valorizzato e gratificato. Hanno investito tanto sui ritiri di preparazione e sulla nutrizione e dopo un anno di lavoro continuo e ben fatto, i risultati si vedono.
Fra i grandi risultati di questo 2021 c’è l’oro olimpico di Milan nel quartetto. Te lo aspettavi?
Giusto ieri (ride, ndr) mi sono sentito al telefono con Colbrelli, per sapere come gli andassero le cose, e ho scoperto che era al Benelux Tour proprio in camera con Jonathan. E allora ridendo gli ho chiesto chi dei due adessoprepari la valigia all’altro. Perché lui è campione italiano, ma l’altro è un gigante di due metri che a soli vent’anni è entrato a gamba tesa nella storia del ciclismo. Che Milan fosse un talento lo si vedeva e lo sapevamo, ma in squadra sono stati bravi a dargli i suoi spazi e disegnare per lui un calendario adatto per programmare i suoi obiettivi.
Prima vittoria di tappa al Giro per Damiano Caruso e 2° posto in classifica
Bernal non lo ha mai perso di vista, avando intuito la sua forza
Per Caruso sul traguardo di Milano l’abbraccio della moglie Ornella
Sul podio con Bernal in rosa e Simon Yates
E alla festa di Ragusa c’è anche Oscar, il primogenito. E’ il successo di tutti
Ai Giochi di Tokyo Caruso ha fatto la sua parte, provando a lavorare per il team
Prima vittoria di tappa al Giro per Damiano Caruso e 2° posto in classifica
Bernal non lo ha mai perso di vista, avando intuito la sua forza
Per Caruso sul traguardo di Milano l’abbraccio della moglie Ornella
Sul podio con Bernal in rosa e Simon Yates
E alla festa di Ragusa c’è anche Oscar, il primogenito. E’ il successo di tutti
Ai Giochi di Tokyo Caruso ha fatto la sua parte, provando a lavorare per il team
Dopo la Vuelta c’è ancora spazio per altro o ci mettiamo un punto?
Un punto, un punto esclamativo, qualche virgola… ci mettiamo tutta la punteggiatura possibile. Sono sfinito e pienamente soddisfatto della mia stagione. Adesso voglio fare un lungo periodo di riposo, come nel lockdown, anche se quello ci venne imposto. Sono parole strane da dire, ma nel brutto di quel periodo io ho imparato cose nuove su di me.
Che cosa vuoi dire?
Avevo la convinzione errata che alla mia età lo stop lungo fosse deleterio, invece dopo il lockdown del marzo 2020 il mio livello si è alzato. Quel blocco di riposo, pur forzato, mi ha fatto bene. Perciò ora voglio impormene uno da me. Quindi a settembre continuerò a pedalare come in un lungo defaticamento. A ottobre starò fermo. Mentre a novembre ricomincerò ad allenarmi gradualmente, approfittando del clima ancora primaverile della Sicilia, per avvicinarmi nel modo giusto al primo ritiro.
Hai detto però che se capita, in questa Vuelta ci provi ancora…
Ma prima voglio aiutare Jack Haig, perché se lo merita. La condizione è buona, se vedo il varco giusto, ci provo ancora.
Quanti chilometri mancano?
Adesso sono 277. Un paio d’ore e ci siamo. Domattina (oggi per chi legge, ndr) farò un giretto in bici, fossero soltanto 40 chilometri per sgranchire le gambe e passare la mattinata. Sennò più che un riposo si trasforma in un giorno interminabile…
Gallery fotografica dal ritiro di Altea del Team Bahrain Victorious. Alcuni uomini sono cambiati. In arrivo Mader e Milan. Cambiamenti nei quadri tecnici
L’ammiraglia si avvicina. Majka è alle ultime pedalate del Puerto de San Juan de Nava, poi per l’arrivo di El Barraco ci sarà soltanto da spingere in discesa. Mori si sporge, lo si sente urlare.
«Aveva i crampi – racconta il direttore sportivo toscano – bisognava sostenerlo. E allora gli ho detto che era per suo padre, che da lassù gli avrebbe dato una mano…».
La dedica di Majka per suo padre, portato via dal Covid (foto Instagram)La dedica di Majka per suo padre, portato via dal Covid (foto Instagram)
La storia è tremenda, pari alle migliaia che hanno stremato il mondo. Parla di Covid e di una famiglia, quella Majka di Cracovia, che a causa del virus perde il capo famiglia. Il male fiacca anche Rafal, ma lui si riprende e torna a correre. Non è un anno facile. Per questo stringe i denti e si avventa sul traguardo indicando il cielo.
Per suo padre
«Volevo a tutti i costi la fuga – dice dopo l’arrivo – a capo di un anno che per me non è stato buono come speravo, soprattutto dopo la morte di mio padre. Questa vittoria è per lui, per i miei due bambini e per la squadra che mi è stata accanto. Ci sono giorni in cui provi a prendere la fuga e non ce la fai, ma oggi non ho voluto aspettare nessuno. Oggi volevo vincere a tutti i costi».
Aru in fuga con Majka per le prime due salite, poi ha dovuto arrendersiAru in fuga con Majka per le prime due salite, poi ha dovuto arrendersi
Non vinceva proprio dalla Vuelta del 2017, quando in maglia Bora-Hansgrohe conquistò la tappa di Sierra de la Pandera.
«Essere soddisfatto o meno – dice Mori – dipende da lui e dalle sue aspettative. Ma anche al Tour, nonostante sia caduto subito e avesse una costola messa male, nella terza settimana è sempre stato davanti a fare il suo lavoro».
Gruppetto esploso
Si è mosso sull’Alto de la Centera, quando il traguardo era così lontano da rendere inimmaginabile un’azione solitaria. Con lui Aru e Van Gils e poi soltanto Aru. Il sardo ci prova, non si può dire di no, ma quando Majka con un rapporto ben più lungo e redditizio ha attaccato sulla salita successiva, il Puerto de Pedro Bernardo, per Fabio si è spenta la luce.
Un altro giorno in rosso così per Odd Christian Eiking che sarà leader nel 2° riposo
Ciccone ha vinto lo sprint del gruppetto inseguitore, ma la sua Vuelta per ora è in salita
Anche oggi Roglic è parso in controllo, rispondendo bene all’allungo di Yates
Un altro giorno in rosso così per Odd Christian Eiking che sarà leader nel 2° riposo
Ciccone ha vinto lo sprint del gruppetto inseguitore, ma la sua Vuelta per ora è in salita
Anche oggi Roglic è parso in controllo, rispondendo bene all’allungo di Yates
«Quando ha deciso di andare da solo – ricorda Mori – gli ho solo che dopo la salita c’erano 15 chilometri di discesa e poi si ricominciava subito a salire. Quando ho passato il gruppetto dietro di lui per andare sulla testa, li avevo visti tutti finiti. Per la velocità non tutti erano riusciti a prendere il rifornimento. Per cui quando il gruppetto è esploso, l’unico in grado di attaccare era Kruijswijk. Ho detto a Rafal che se anche lo avesse ripreso, sarebbe stato morto. Ma non lo ha ripreso, perché Majka è un campione. Me lo ricordo quando queste fughe le faceva al Tour».
Gregario di Pogacar
Lo strano Giro d’Italia del 2020 si affacciava sulla terza settimana di ottobre. La Bora-Hansgrohe si era fermata per uno spuntino presso la cantina della famiglia Spinazzè a Pravisdomini e oltre a Sagan, in quel gruppo di corridori che nel giorno di riposo avevano poca voglia di fare fatica, c’era anche Rafal Majka che aveva da poco annunciato il passaggio al UAE Team Emirates. Le sue parole erano improntate alla più grande coerenza.
Si arriva a El Barraco, paese natale di “Chaba” Jimenez, grande scalatore socmparso (qui sull’Angliru nel 1999)Si arriva a El Barraco, paese natale di “Chaba” Jimenez, grande scalatore socmparso (qui sull’Angliru nel 1999)
Gli anni da uomo di classifica erano ormai finiti, dalla stagione successiva il polacco si sarebbe messo al servizio di Tadej Pogacar. Nelle occasioni libere da doveri, avrebbe avuto le sue carte da giocare. Oggi Rafal si è preso la sua giornata di libertà nella 15ª tappa della Vuelta e ha tirato fuori un capolavoro di vecchia scuola. Di quelli che ti riescono quando non sei in classifica e hai ancora motore da capitano. Sulla sua strada per qualche chilometro ha pedalato anche Fabio Aru, che però nulla ha potuto.
Meritato riposo
Mori sta viaggiando sul pullman verso l’hotel in cui la squadra trascorrerà il giorno di riposo e intanto racconta.
«Volevamo andare in fuga – dice – avevamo già provato con Trentin, Oliveira e De La Cruz, ma è andata male. Rafal ci puntava e quando giorni fa ha vinto Caruso, rimase male per aver perso l’attimo, anche se non era nella sua giornata migliore.
Sul podio un sorriso bellissimo, come non si vedeva da tempoSul podio un sorriso bellissimo, come non si vedeva da tempo
«Prima di partire per la Vuelta, gli ho detto che quest’anno, dove vado io si vince. Per cui che non si sognasse di tornare dalla Spagna senza una vittoria. E che avrebbe dovuto dedicarla al suo babbo. Lui mi ha guardato un po’ perplesso, poi mi ha detto che lo avrebbe fatto. Dalla macchina non sapete quante volte gliel’ho ricordato. E adesso possiamo goderci un riposo con il buon sapore in bocca. Sono andati fortissimo e dopo due secondi posti, la vittoria ci voleva proprio. E lui è stato un vero campione».
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«Ho un solo rimpianto – disse quella volta Damiano Caruso, oggi vincitore sull’Alto de Velefique – di quando sono passato professionista e tutti mi dicevano di volare basso. Ho sbagliato. E’ finito il ciclismo delle gerarchie. Una volta dovevi stare attento ad andare troppo forte in allenamento, sennò gli anziani si arrabbiavano. Oggi se vai più forte in allenamento, la domenica anche loro lavorano per te, chiunque tu sia. Bisogna entrare subito al massimo...».
Unica carta
Queste parole, pronunciate tanti anni fa al passaggio da Cannondale a Bmc, ci risuonavano per la testa mentre Damiano addentava le ultime rampe del Velefique, l’ultima fatica prima del traguardo. Una fuga di 71 chilometri. La più lunga di sempre nella sua carriera. Quest’anno gli è davvero scattato un clic nella testa, difficile dire se al Giro quando si rese conto di essere l’unica carta possibile per il Team Bahrain Victorious.
Bernal ha chiesto alla Ineos di tirare, ma la gamba non c’era. Qui con SivakovBernal ha chiesto alla Ineos di tirare, ma la gamba non c’era. Qui con Sivakov
«Sono così felice – ha detto oggi dopo la vittoria – so che era molto lontano, ma sapevo che la Ineos stava facendo un ritmo davvero duro. Quindi mi sono detto: “Va bene, prima che mi prendano, proverò ad andare in fuga, magari da solo”. Non mi aspettavo che il vantaggio crescesse tanto, ma dall’ammiraglia continuavano a dirmi che guadagnavo e allora ho deciso di darci dentro. Chilometro dopo chilometro è successo. Non riesco ancora a credere a quello che ho fatto, ma se una cosa ho sempre saputo fare in vita mia, è stato portare la sofferenza all’estremo».
Scelta Bahrain
Quell’incontro conteneva tanto del presente. Il siciliano lasciava la Cannondale, la squadra in cui era cresciuto e in cui aveva anche imparato che nel professionismo ci sono regole che vanno oltre le belle parole.
«E’ un ambiente lavorativo – disse – e dove ci sono in ballo dei soldi, l’amicizia è difficile. Nessuno fa niente per niente, tutto ruota su quanto vai forte. Quando vai piano, di colpo non c’è più nessuno e trovi sempre uno pronto a prenderti il posto. Alla Cannondale non mi è mancato nulla, ma di fatto non hanno mai investito su di me».
Caruso ha sempre avuto una bella pedalata potente
E’ partito a 71 chilmetri dal traguardo, qui in discesa dal Collado Venta Lucia
Caruso ha sempre avuto una bella pedalata potente
E’ partito a 71 chilmetri dal traguardo, qui in discesa dal Collado Venta Lucia
Vi siete mai chiesti perché Caruso sia rimasto alla Bahrain Victorious e non abbia seguito ad esempio Nibali, per il quale aveva lavorato e anche bene prima del passaggio alla Trek?
Perché il team del Bahrain ha scelto di investire su di lui, proponendogli un ritocco dell’ingaggio e prolungandogli il contratto proprio quando avrebbe potuto pensare di andarsene. Caruso di fatto nel Bahrain ha iniziato a sentirsi importante.
«Da due anni – dice – corro per il gusto di farlo, per fare grandi corse stando nel gruppo con il minor stress possibile. Detto questo, la Vuelta è appena cominciata, siamo già tutti belli al limite e chissà che non possa riprovarci».
Come al Giro
Si è voltato un paio di volte e poi non si è voltato più, con quel senso di pedalata potente e ancora forte seppure affaticata con cui ha respinto la rincorsa degli inseguitori. La maglia aperta sul petto, la faccia annerita da un sole tanto simile a quello della Sicilia, lo scintillare degli occhi ogni volta che toglieva gli occhiali.
«E’ una sensazione incredibile – dice – il ripetersi delle sensazioni del Giro. Per me è incredibile. L’ultima salita è stata molto lunga e volevo solo rimanere concentrato sul mio ritmo e negli ultimi 2 chilometri ho capito che potevo vincere. Riprovare a scalare la classifica? Sono ancora lontano, non mi pongo limiti e neanche troppi pesi sulle spalle. Staremo a vedere».
Mas ha tenuto testa a Roglic sino in cima al Velefique. Lo sloveno guadagna vantaggioMas ha tenuto testa a Roglic sino in cima al Velefique. Lo sloveno guadagna vantaggio
Landa fatica
Caruso alla Vuelta, come peraltro era successo al Giro, c’è venuto per aiutare capitan Landa. Sfortunato a Cattolica, si è fatto tutto il possibile per portarlo al top alla Vuelta, ma oggi sul Velefique le cose non sono andate come Mikel si aspettava (il basco è arrivato a 5’04” da Caruso).
«E’ stato bello vedere Damiano vincere – commenta il diesse Stangelj – ma è stato anche difficile vedere Mikel soffrire oggi. Diciamo che effettivamente da stamattina non si sentiva al meglio. Quindi abbiamo deciso che alcuni dei ragazzi lo tenessero d’occhio. E’ ancora un campione e uno dei nostri migliori corridori, per questo lo abbiamo aiutato con Wout Poels e Mark Padun. Che dire di Damiano? Avevamo programmato di avere un corridore nella fuga e lui è bravissimo a prenderla e poi reagire per andare da solo e guadagnare terreno prima che iniziasse la battaglia dei corridori di classifica. Ha fatto tutto alla perfezione!».
Attualmente Caruso indossa la maglia a pois e in classifica ha 7 secondi di vantaggio su Landa, posizionati rispettivamente al 15° e 16° posto. Sarà difficile che si ripeta la magia del Giro, ma la squadra sa di poter contare su di lui. E lui non ha più paura di sognare.