Nibali Giro 2020

Nibali: l’evoluzione della nuova bici

21.10.2020
5 min
Salva

Sono arrivate le grandi montagne al Giro d’Italia, quelle che piacciono molto a Vincenzo Nibali. Quest’anno lo Squalo dello Stretto è passato dalla Merida Scultura con freni tradizionali e cambio meccanico alla nuova Trek Emonda con freni a disco e cambio Sram Red eTap AXS famoso per il suo funzionamento wireless. Non a caso il messinese dichiarava sui freni a disco: «Ho visto che in pianura la bicicletta risulta più rigida col perno passante, tant’è che spesso i velocisti li usano e ci vincono pure. In salita, anche a parità di peso delle ruote, preferisco ancora i freni tradizionali».

La parola ad Adobati

Ma come hanno fatto in Trek a convincere un campione del calibro di Nibali a cambiare così rapidamente le sue preferenze tecniche? A questa domanda hanno risposto sia il meccanico del team Mauro Adobati che il responsabile marketing di Trek Italia Rudy Pesenti.

Il primo ci ha detto che «non abbiamo dovuto convincere Vincenzo, in realtà è stato facilissimo, lui si è adattato subito e ora è contentissimo della sua bicicletta”.

Rudy Pesenti ci ha svelato qualcosa in più dicendoci che qualche preoccupazione iniziale Nibali l’aveva. Il timore non era nelle prestazioni in salita, ma nel cambio dello stile di guida in discesa, infatti la sua nuova Emonda fa segnare un peso complessivo di 6,9 chilogrammi in linea con il minimo consentito dal regolamento di 6,8 chilogrammi. L’aspetto che ci ha un po’ sorpreso è che il campione siciliano avrebbe detto che con i freni tradizionali era abituato a frenare all’ultimo momento, mentre con i dischi avrebbe rimodulato in maniera più progressiva la frenata.

Un altro aspetto interessante che Mauro Adobati ci ha raccontato è che all’inizio lo Squalo montava una guarnitura anteriore con corone da 39-52, ma con il passare della stagione starebbe usando sempre di più corone da 37-50, usate sia al Lombardia che al Giro dell’Emilia.

Emonda, in salita si vola

Questo cambiamento darebbe notevoli vantaggi soprattutto sulle salite pedalabili in cui il 50 si rivelerebbe un ottimo rapporto, soprattutto se associato a un pacco pignoni posteriore con rapporti 10-33. Adobati ci ha rivelato che in gara i corridori usano addirittura il 50 anteriore con il 33 posteriore. Un incrocio che in teoria sarebbe molto sconsigliato, ma che il gruppo Sram riesce a sopportare senza problemi. Ovviamente stiamo parlando di momenti di gara in cui la ricerca della prestazione va oltre ogni teoria sul buon uso dei componenti.

Andrea Nieri, il meccanico di ieri

Che Nibali ami tenere dei rapporti agili è un fatto che ci ha confermato anche il suo storico meccanico dai tempi della Mastromarco fino alla Bahrain-Merida, Andrea Nieri.

Oltre a confermarci che Nibali è molto meticoloso a livello tecnico e che è anche un ottimo meccanico, ha spiegato che: “a Vincenzo piaceva avere come rapporti anteriore un 38-53 associato a un pacco pignoni 11-30, che voleva anche nelle tappe pianeggianti, in quanto preferiva avere la possibilità di salvare la gamba nel caso ci fosse stato da passare una piccola asperità.

Nibali è un tester di alto livello

Sta di fatto che Nieri ci ha confermato, che anche negli anni con Merida, lo Squalo si è adattato al materiale di cui la squadra era dotata e che non ha mai chiesto modifiche particolari al telaio, ma ha sempre usato le biciclette uguali a quelle che possiamo trovare nei negozi. Nieri ci ha svelato che l’unica eccezione è stata quando Merida stava per lanciare la nuova Reacto nel 2017. Gli appassionati dotati di buona memoria ricorderanno che durante il Giro d’Italia di quell’anno, Nibali usò nella tappa numero 12 una Reacto con una colorazione particolare. Proprio quella bici era figlia dei consigli del campione siciliano, che poi furono adottati di serie sui modelli che ancora oggi troviamo in commercio.

Questo aneddoto ci conferma quanto sia importante per le aziende avere corridori sensibili nella guida delle biciclette, che possono fornire dei riscontri importanti e indicare anche eventuali soluzioni tecniche migliorative.

Discesa record dal Sormano

A conferma della grande sensibilità di guida di Nibali e del fatto che si trova molto bene con la sua nuova Emonda, basta vedere il record che ha fatto segnare all’ultimo Lombardia nella discesa dal Sormano. L’App Strava ha assegnato al campione siciliano il record di velocità con un tempo di 5 minuti e 30 secondi per percorrere i 5,6 chilometri della discesa. La velocità di punta è stata di 85 chilometri orari e quella media di 61,3 chilometri orari. Davvero niente male!

Joao Almeida, Yankee Germano, Piancavallo, Giro d'Italia 2020

Bramati sospeso fra Remco e Nibali

19.10.2020
4 min
Salva

Senti Bramati, cosa avrebbe fatto Remco? Già, che cosa avrebbe fatto Evenepoel in questo Giro? Almeida non doveva neanche esserci, ma ha la maglia rosa. Si è lasciato indietro i favoriti nella crono e poi ha pagato (neanche troppo) in salita. Almeida che è stato persino rallentato dall’elicottero, al punto che il pilota s’è preso mille euro di multa. Ma a questo punto la domanda scatta spontanea. Quanto sarebbe andato forte allora Evenepoel?

Bramati sorride. Un po’ amaro e un po’ di gusto per l’assoluzione nell’inchiesta legata alla caduta di Evenepoel al Giro di Lombardia e per il Giro.

«La tappa di ieri – dice – eravamo venuti a provarla, la salita l’abbiamo fatta a tutta. Anche la crono. Quando eravamo in ritiro a San Pellegrino abbiamo fatto le nostre ricognizioni. La squadra sta bene e Remco sarebbe andato fortissimo. Vanno tutti forte perché dovevano sorreggere un grande leader. Se non fosse venuta la rosa di Joao, saremmo andati a caccia di tappe. E sarebbe stato come la Ineos senza Thomas…».

Pello Bilbao, Vincenzo Nibali, Patrick Konrad, Piancavallo, Giro d'Italia 2020
Per Bramati, Nibali non è crollato ed è ancora pericoloso
Pello Bilbao, Vincenzo Nibali, Patrick Konrad, Piancavallo, Giro d'Italia 2020
Per Bramati, Nibali è ancora pericoloso

Giorno di riposo, tempo da perdere, voglia di chiacchierare. Le notizie dal resto d’Italia parlano dell’aumento dei contagi, mentre il Giro aspetta i risultati dei tamponi fatti tra ieri e oggi. E intanto si parla della corsa.

Ieri hanno fatto Piancavallo davvero forte.

Ieri sono stati fatti dei bei tempi, ma il vento, forte o meno, era tutto a favore. L’anno che c’era Dumoulin, chi si ricorda se era contro? Il vento ti dà quel poco in più che ti permette di fare la differenza. Un chilometro di più all’ora su una salita di 14 chilometri. Bisogna considerare anche questo.

Kelderman va forte.

Kelderman va, si sa. Tao Geoghegan Hart è forte, ma bisogna stare attenti a Nibali.

Nibali?

Vincenzo ha l’esperienza e adesso comincia la terza settimana. Ho appena detto a Joao di stare attento, quello che faremo faremo. Domani è già una tappa a trabocchetto. Quella di Madonna di Campiglio l’abbiamo vista. Sul Bondone andiamo su dalla stradina stretta, poi scendiamo e dopo c’è tanto, tutta la valle. Non puoi fare niente, aspetti l’ultima salita e quella non è dura. E’ tutta da spingere di rapporto, ma se prendi la balla, volano i minuti.

Dicci ancora di Vincenzo.

Nibali ieri ha solo avuto una giornata no, perché se fosse crollato non avrebbe preso solo quel distacco, ma sarebbe sprofondato oltre i tre minuti. Credo che Nibali vada forte, ha l’esperienza e tutto quel che serve. Ad oggi il più pericoloso è Kelderman, però Nibali non è morto.

Kelderman va forte, ma a Piancavallo non ha avuto le gambe per la volata, andava più forte il compagno.

Vero, si sono parlati. Ha sprintato dopo tutto quel lavoro, doveva farlo. Ieri sono andati forte. La Sunweb ha fatto un lavorone. Chiedetelo a Ballerini, che è stato per tutto il giorno dietro a Denz. Non ha mollato mai. Sono andato dal direttore sportivo a dirgli che sono stati bravi. Lui ha detto che abbiamo lavorato anche noi, ma certo la maglia rosa ti dà quello spunto in più e il morale. Loro però hanno fatto una grande corsa.

Martinelli dice di guardare il Team Ineos.

Ma hanno perso Narvaez, anche noi abbiamo parlato di Tao Geoghegan. Ganna e Dennis hanno speso tanto. Oggi c’è il riposo e il giorno prima vanno tutti a tutta. Sono d’accordo anche io che Tao sia forte, ma bisogna vedere come va questo Giro. Bisogna vedere a chi domani prende la bambola.

Almeida?

Magari la prende lui, ma Joao ha già fatto tanto. Siamo già contenti così, manca una tappa, ma magari una tappa ancora viene. Quella di pianura, chi la controlla? Meglio domani, forse. Se la Sunweb fa un’accelerata sull’ultima salita, è un attimo venire giù all’arrivo. Con la squadra che ho sarebbe perfetta. Domani è una tappa trabocchetto.

Anche Masnada sta bene.

Tutti dicono e mi hanno criticato che Fausto doveva andare un po’ meno a cronometro. Ma quello che ha tirato ieri, Hindley, a Valdobbiadene ha preso 33” in più di Masnada e la crono l’ha fatta a tutta pure lui. E poi…

E poi?

Quando Masnada si è staccato ieri, erano sette corridori. A me pare che chi parla in televisione non riesca a seguire bene tutto. Quando anche il mio si è staccato, erano in sette. Tre Sunweb, Almeida, Nibali, Masnada e Majka. Poi Masnada si è staccato e sono restati i migliori. Quando si è staccato Almeida non erano in 15, non puoi dire che era rimasta tanta gente. Hanno fatto la selezione e sono arrivati a quattro. Delle volte dico che forse vedo le cose in un’altra maniera.

Domani?

Prima di pensare a domani, pensiamo a stasera. Aspettiamo tutti i tamponi e vediamo. Il nostro dottore dice di stare attenti

Vincenzo Nibali, Piancavallo, Giro d'Italia 2020

Piancavallo gela il ciclismo dei numeri

18.10.2020
4 min
Salva

Martinelli davanti al pullman dell’Astana sulla cima di Piancavallo si ferma volentieri a parlare, poco più avanti Slongo ha appena detto la sua davanti a quello della Trek-Segafredo. I due, che hanno in comune anni di lavoro con Nibali, questa volta sono su posizioni opposte.

Giovani e vecchi

Di colpo è come se il solco fra corridori giovane e più esperti venga scavato dall’assuefazione alla tecnologia. Tanto sembrano smaliziati e aggressivi i primi, quanto bloccati sui numeri gli altri. Oppure certe volte semplicemente i numeri sono l’alibi più utile?

Jakob Fuglsang, Piancavallo, Giro d'Italia 2020
Fuglsang a Piancavallo nel gruppetto di Nibali a 1’36”
Jakob Fuglsang, Piancavallo, Giro d'Italia 2020
Fuglsang a Piancavallo con Nibali a 1’36”

«Questa generazione di giovani – dice Martinelli – va più forte e non ha paura di menare. Sento invece corridori più anziani che continuano a parlare e snocciolare valori. C’è solo da menare e semmai guardare i numeri la sera. Si va tanto forte. Oggi abbiamo detto a Felline di tirare a 420 watt. Lui ha fatto 7 chilometri a 430 watt e quando è calato a 415, lo hanno subito passato. Ed erano in 25. C’è ancora da scalare lo Stelvio e da quello che ho visto oggi, non so quanti ci arriveranno. Nibali l’ho visto come ho visto il mio. Quando accelerano, non hanno numeri sufficientemente alti e si staccano. Quando a Fuglsang ho detto di stringere i denti, ha detto che non ne aveva».

Il tempo passa

Slongo a quei numeri li legge per spiegare il passo falso di Nibali, che ha pagato 1’36” a Geoghegan Hart e Kelderman. La sensazione che già ieri non fosse brillante nella crono è tornata quando Vincenzo, asfissiato dal ritmo frenetico della Sunweb, si è rialzato a circa 7 chilometri dall’arrivo e si è attaccato alla borraccia.

«Per la corsa è andato male – ha detto il suo allenatoreper i suoi valori è andato discretamente. Il ritmo di Sunweb era così forte che ha dovuto mollare. Kelderman è uno dei pochi che ha la squadra compatta. Sicuramente diventa l’uomo faro ».

Domenico Pozzovivo, Piancavallo, Giro d'Italia 2020
Fra i corridori esperti in difficoltà, anche Pozzovivo, 12° a 1’54”
Domenico Pozzovivo, Piancavallo, Giro d'Italia 2020
Anche Pozzovivo in difficoltà: 12° a 1’54”

Quel che si fatica a capire è se il miglior Nibali di oggi sia tanto lontano dal Nibali degli anni d’oro.

«Se prendo la crono di San Marino dell’anno scorso in cui andò bene – ha spiegato Slongo – o quella di Logroño alla Vuelta del 2017 in cui arrivò terzo e fu vinta da Froome, come wattaggi medi siamo in quei valori. Anche oggi penso che Vincenzo sui 20 minuti abbia fatto uno dei suoi best della stagione. Siamo in linea con un Nibali competitivo nei grandi Giri, ma va dato atto che attualmente c’è chi va più forte. Non so se sia da attribuire a un corridore vecchio, anche se per me ha ancora tanto da dare. I valori sono quelli di un bellissimo Nibali».

La terza settimana

L’ammissione, sia pure solo accennata dopo l’arrivo di Piancavallo, lascia riflettere. In questi momenti si deve aver fede nella possibilità di riscatto. Nibali venne già dato per spacciato nel 2016 dopo la tappa di Andalo, poi però la storia andò diversamente. I quattro anni passati nel frattempo non sono una distanza banale, ma Slongo non molla la presa

«Il morale non è male – ha detto – perché Vincenzo è nei suoi valori e per questo proveremo a inventarci qualcosa. E’ un Giro dove i primi sono ad un altissimo livello, bisognerà aspettare per vedere se qualcuno va in crisi. Sfrutteremo il lavoro degli altri e cercheremo fino alla fine di cogliere l’attimo, come è nel nostro stile. Il Giro per i primi 7-8 è tutto aperto, con le tappe che ci aspettano. Nella terza settimana può succedere che qualcuno vada in crisi. Noi non possiamo migliorare più di tanto, la nostra forza negli anni è stata la costanza. Perché non pensare che Vincenzo rimanga uguale e gli altri invece scendano?».

La speranza non muore per prima e con il riposo che bussa, coltivarla può essere un utile esercizio. Poi però, quando si tornerà a combattere, dimenticarsi dei numeri potrebbe essere un altro esercizio su cui applicarsi.

Domenico Pozzovio, Jakob Fuglsang, Vincenzo Nibali, Etna, Giro d'Italia 2020

Pozzo, come fai? Stringo i denti…

17.10.2020
5 min
Salva

Il 4 settembre del 2013 era di venerdì e quando Pozzo scattò dal blocco della crono di Tarazona, pochi pensavano che la corsa sarebbe finita così. Il campione lucano, al primo anno con la Ag2R La Mondiale, si piazzò infatti al terzo posto. Davanti a lui Cancellara che vinse e Tony Martin. Alle sue spalle finì Vincenzo Nibali, che corse con il volto gonfio per la famosa puntura di vespa.

Nel giorno della crono che darà il primo scossone al Giro d’Italia, ricordare l’episodio con Domenico Pozzovivo è quantomeno beneaugurante.

«Fu una bella giornata – ricorda il leader della Ntt Pro Cycling – in una Vuelta che chiusi al sesto posto. Rispetto a oggi, quel giorno c’era molta più salita. Il Muro di Ca’ del Poggio invece è più adatto a gente esplosiva come Almeida, ma questo non significa che partirò senza qualche idea per la testa».

Domenico Pozzovivo, Ntt, Cesenatico, Giro d'Italia 2020
Nella tappa di Cesenatico con la Ntt davanti al gruppo
Domenico Pozzovivo, Ntt, Cesenatico, Giro d'Italia 2020
Nella tappa di Cesenatico con la Ntt davanti al gruppo

La testa dura

La testa è quella che fa la differenza e che gli ha permesso di ripartire dopo ogni infortunio. Anche se l’ultima volta è stata davvero dura e ne porta ancora i segni addosso.

«Quando sono in bici – ammette – stringo i denti. Il corpo tende ad adattarsi, ma se la sera non lavorassi a lungo con osteopata e massaggiatore, sarei nei guai».

Dopo l’ultimo incidente vicino casa, a Cosenza, sarebbe stato davvero impossibile immaginare un ritorno a questa efficienza fisica.

«Se avessi avuto la capacità di prevedere tutto questo – dice – sarei stato un mago. Rimettermi in sesto e fare il Giro. Ero quasi certo che non lo avremmo fatto per il Covid, anche se nella mia testa l’idea di fare bene c’era comunque».

Fattore calendario

Ma il Giro di maggio, Pozzo non avrebbe certamente potuto farlo. E come nel caso di Froome, cui il ritardo delle grandi corse ha permesso di rimettersi in sesto un po’ meglio, anche Domenico ha sfruttato al meglio i due mesi di ritardo.

«A maggio sono stato operato – spiega – quindi questa è una parte della verità. Perché in ogni caso il lockdown è stato gravoso soprattutto per me. Venivo già da un lungo periodo di stop e non aver potuto riprendere la stagione ha significato allungare l’inattività. Un gap che ho pagato al Delfinato. Poi mettiamoci la caduta del primo giorno del Tour, per colpa di un tifoso che faceva fotografie e si capirà che il mio avvicinamento al Giro non sia stato perfetto».

Quella che gli è mancata è stata la continuità.

«Dopo l’incidente – dice – avevo due o tre giorni che stavo bene e altri di buio. Speriamo che la continuità di questo Giro sia il sintomo della normalità ritrovata».

Vincenzo Nibali, Domenico Pozzovivo, Etna, Giro d'Italia 2020
Con Nibali, Pozzovivo sull’Etna: fra i due sempre grande controllo
Vincenzo Nibali, Domenico Pozzovivo, Etna, Giro d'Italia 2020
Con Nibali, Pozzovivo scalando l’Etna

Al suo tempo

L’adagio che lo ha accompagnato per ogni step della sua carriera è da attribuire ad Olivano Locatelli, il diesse dei primi tempi da dilettante. «Domenico sviluppa più lentamente dei suoi coetanei – diceva il bergamasco – per cui arriverà al top leggermente più tardi, ma probabilmente per questo, durerà più a lungo».

Mettendo nel mazzo gli infortuni e le relative riprese, probabilmente Locatelli aveva ragione.

«La mia carriera – dice il Pozzo – è stata un’onda lunga. Detto questo, non avrei mai creduto dopo quell’incidente di poter tornare ad andare così forte. Ero veramente in condizioni disperate e forse aver avuto tanti incidenti mi ha dato l’esperienza per gestire la ripresa. Ho davvero rischiato la vita. Non cancello le brutte esperienze, sono preziose anche loro. Per cui ho ripreso a lavorare e intanto speravo di trovare una squadra che mi desse fiducia».

La squadra per sé

Camigliatello è la sua salita d’estate. Quella su cui fare i lavori specifici all’ombra del bosco, con il fresco della cima per dimenticare i 40 gradi di Cosenza. Quel giorno lo abbiamo visto in testa a fare il ritmo con la sicurezza del padrone di casa. Poi lo abbiamo visto gestire la corsa il giorno di Cesenatico, prendendo le misure a un modo di correre nuovo anche per lui.

«La prima settimana – dice – è stata equilibrata, con un livello altissimo. I numeri parlano chiaro. Con i watt medi di oggi, qualche anno fa si sarebbero fatte grosse differenze. Vanno tutti forte, non solo i leader. Ho già detto che oggi nella crono Almeida mi darà un minuto, lo vedo favorito per la crono. Vedo bene anche Vincenzo, è brillante, ha voglia di scherzare. Quindi sta bene. Quanto a me, sono contentissimo. Nella gestione della squadra si vede la mano di Bjarne ed è questo il motivo per cui aspetterò sino all’ultimo per capire se farà la squadra. Conosco il significato della parola riconoscenza. E’ un effetto volano. Io vado bene. I compagni sono motivati. La squadra va forte. In tanti anni di carriera, è la prima volta che ne ho una a mia disposizione…».

Domenico Pozzovivo, Matera, Giro d'Italia 2020
All’arrivo di Matera, sulle strade di casa
Domenico Pozzovivo, Matera, Giro d'Italia 2020
All’arrivo di Matera, sulle strade di casa

Finale in crescendo

Nella terza settimana è sempre stato uno dei più solidi. Domenico lo sa e guarda avanti con scaramanzia e una sottile punta di ottimismo.

«L’idea dopo la crono – sorride – sarà sfruttare ogni tappa per recuperare terreno. Non sappiamo se si faranno le grandi salite, per cui dovremo sfruttare ogni occasione. La tappa che mi attira di più è quella di Madonna di Campiglio, con delle belle salite prima dell’arrivo. Nella crono di Milano le differenze saranno sotto al minuto, i veri distacchi si faranno in montagna. Io provo a dare tutto. I conti li faremo alla fine».

Vicenzo Nibali

Carretta, l’angelo di Nibali

13.10.2020
2 min
Salva

Gianluca Carretta, osteopata, è uno degli angeli custodi di Nibali. Come il massaggiatore Pallini, il preparatore Slongo e il dottor Magni. Con le sue mani ha rimesso in sesto generazioni di campioni, ciclisti e non, da Basso a Savoldelli, da Cancellara ad Armstrong. Nonostante il Covid, la sua presenza accanto allo Squalo è stata preziosa. E anche attraverso i suoi trattamenti, dopo il mondiale la Trek-Segafredo ha iniziato a capire che il campione stesse arrivando.

La sua presenza al Giro d’Italia, pur al servizio di tutta la squadra, è strettamente connessa al capitano. Per cui la domanda che a un certo punto è saltata fuori è se la condizione sia qualcosa di tangibile e in che modo si manifesti.

«E’ in crescita – ha detto a bici.PRO dopo la tappa di Matera – sia fisica sia mentale. Era uscito con qualche dubbio dalla Tirreno, ma adesso che le sensazioni migliorano, anche il morale è in crescita».

Gianluca Carretta è da anni l’osteopata di Nibali, dopo aver lavorato con altri campioni
Gianluca Carretta è da anni l’osteopata di fiducia di Vincenzo Nibali
Qual è in questo caso il ruolo dell’osteopata?

Mantenere il suo equilibrio. Con Pallini facciamo lavoro di mantenimento. Lui pensa al trattamento muscolare dopo la corsa, io faccio il mio dopo cena.

Che cosa fate d’abitudine?

Un massaggio leggero per rigenerarlo e farlo riposare meglio. Manipolazione viscerale per migliorare la vascolarizzazione delle gambe. Non la classica manipolazione, perché le cose vanno perfettamente e non c’è bisogno di essere troppo energici.

Come si fa un massaggio perché Vincenzo dorma meglio?

Si lavora con molta dolcezza a livello del cranio, per recuperare meglio nella zona cranio-sacrale.

E il massaggio viscerale?

Facendolo dopo cena, non si lavora a livello dello stomaco, ma si effettua un drenaggio linfatico a livello del bacino, a integrare il lavoro di Pallini sui muscoli delle gambe.

Nibali si adegua facilmente?

Lui preferirebbe un lavoro più tosto, che però non serve. Lo conosco talmente bene, che mi lascia fare.

Com’è la situazione della schiena, dopo la frattura dell’Alpe d’Huez?

La controllo sempre e direi che non ha strascichi. Dopo l’infortunio qualche risentimento c’era, ma ora pare tutto in ordine. Però siccome è una zona che in bici viene stressata, un’occhiata va sempre data. Serve anche per liberare eventuali disfunzioni che possono interferire sulla funzionalità.

Quindi tutto bene?

Ad oggi sì. Il fatto che sia in equilibrio è il polso della situazione. Se non ci saranno variazioni, basterà mantenere il suo equilibrio. E’ il ritornello di ogni giorno con Pallini.

Emilio Magni, Giulio ciccone

I 15 giorni bui di Ciccone

13.10.2020
2 min
Salva

Due parole su Ciccone con Emilio Magni (nella foto di apertura è con Michele Scarponi, negli anni all’Astana), il medico della Trek-Segafredo, che a un certo punto s’è ritrovato con l’abruzzese positivo al Covid. Non è stata una fase rilassante della stagione, anche perché poco si sapeva su come un atleta potesse riprendersi dal virus. Cicco si è rialzato dopo una doppia ablazione cardiaca, ma come avrebbe risposto al Covid?

Magni spiega. L’accento toscano rende la narrazione più interessante, quasi fossimo in una vera favola con eroi feriti e nemici subdoli e pericolosi.

Ciccone è rientrato alle corse proprio al Giro d’Italia
Ciccone è rientrato alle corse proprio al Giro d’Italia
Come è stato che l’avete capito?

E’ stato in linea con quello che si diceva, sin dal momento dei primi sintomi. Si fece il tampone e risultò positivo. Aveva perso gusto e olfatto. Ha avuto mezza giornata di febbre e uno stato generale di malessere.

E a quel punto?

A quel punto ha fatto i canonici 15 giorni di quarantena, durante i quali si è negativizzato. Avevamo fatto un tampone anche prima del tempo, perché quei giorni chiusi in casa sono lunghi. Quando poi è scaduto il tempo, abbiamo fatto i due test ed è stato negativo in entrambi.

Ciccone ha detto di non aver toccato la bici per due settimane, lasciando intendere un malessere non banale.

Per i primi giorni ha avuto febbre, per cui il mio consiglio è stato di affrancarsi da ogni tipo di sforzo. Ora se ne parla con tranquillità, ma allora non sapevamo dove si andava a parare. Prima la salute, poi l’atleta. Finita la pausa, ha ricominciato piano. Rulli, qualche uscita breve, poi gradualmente ha incrementato.

E’ arrivato al Giro in forma?

No, è arrivato ricercando la condizione. Quest’anno è una storia particolare, è anche difficile fare confronti fra come stesse prima e come nel post Covid. Diciamo che la quarantena non è stata una vacanza, bensì due settimane con condizioni cliniche non ottimali.

Quando Ciccone ha ripreso, è filato tutto liscio?

Da quando ha ricominciato, non ci sono stati momenti di sosta né marce indietro. E’ arrivato al Giro come il calciatore che va a sedersi in panchina, ma i ciclisti devono pedalare lo stesso. Abbiamo verificato le sue condizioni, sfruttato il tempo necessario nella settimana prima del Giro. Poi si è presa la decisione in accordo con lui, ampiamente condivisa.

Ha dovuto rifare l’idoneità?

Esatto, con tutte le prove previste dal Comitato tecnico scientifico, poi è tornato atleta abile e arruolabile. E al Giro ha avuto una buona evoluzione. Nei primi giorni migliorava progressivamente. E soprattutto, a parte le gambe, è stato il solito Ciccone, un giullare cui fa bene stare in gruppo.

Named, banco

NamedSport, un Giro per amore

08.10.2020
4 min
Salva

Alessandra Fedrigo è Marketing & Innovation Director presso NamedSport. Gli inconfondibili gonfiabili arancioni sono ancora una volta al seguito del Giro d’Italia, ma questa volta la scelta di farne parte non è stata assolutamente banale.

Abbiamo incontrato Alessandra alla partenza da Castrovillari, nel baccano tutto sommato composto della gente di Calabria.

Named, barrette
Barrette e gel sono quotidianamente a disposizione degli atleti al via delle tappe
Named, barrette
Barrette e gel sono quotidianamente a disposizione degli atleti al via delle tappe
Che cosa è cambiato con il Covid per Named al Giro?

E’ cambiato innanzitutto l’approccio. Non ce la siamo sentita di fare tutte le attivazioni degli altri anni, perché il nostro scopo è garantire alle persone che lavorano con noi e ai nostri ospiti una sicurezza pressoché totale, che in questa situazione non ci siamo sentiti di dare. Quindi abbiamo accettato di essere presenti, sia pure in una maniera diversa rispetto al passato.

Credevate che il Giro si sarebbe fatto?

Già dall’inizio della stagione abbiamo temuto il peggio per tutta la nostra attività. Chiaro che poi siamo stati molto contenti che il Giro si sia potuto tenere, anche se si svolge alla fine di quella che per noi è la stagione commerciale. Per cui è un evento completamente diverso, una struttura diversa. Ma abbiamo voluto essere presenti, per supportare il mondo del ciclismo e degli eventi. Però chiaramente è una situazione molto diversa.

Cosa ha significato il Covid sul piano commerciale?

Il Covid si è presentato nel clou della stagione. Quindi per i canali classici è stato tutto molto più complicato, mentre negli altri abbiamo avuto i nostri riscontri. Chiaro che non è stato un anno come gli altri, ma le cose vanno così per tutti.

Essere al Giro è un valore aggiunto?

Normalmente sì. Questa volta è strano, perché la stagione per noi è terminata e riprenderà nella primavera del 2021. Per cui tutte le attività che facciamo a inizio anno in questo caso non abbiamo potuto farle. Siamo sponsor di Giro, Tour e Vuelta. Seguiamo le nostre attività, ma lo stravolgimento ci ha impedito di gestire le cose come siamo abituati. E’ un anno speciale per tutti, speriamo che sia anche l’ultimo.

Named, banco
Il feedback degli atleti è alla base dello sviluppo del prodotto
Named, banco
Il feedback degli atleti è alla base dello sviluppo del prodotto
I riscontri degli atleti sono importanti per NamedSport?

Sono fondamentali. Noi siamo sponsor di diverse squadre e proprio ogni anno partecipiamo ai loro ritiri e lavoriamo insieme ai medici, che raccolgono i feedback degli atleti. E’ anche abbastanza divertente, durante i vari Giri, dove noi abbiamo il nostro nutrition-desk. I corridori degli altri team assaggiano il prodotto e poi ci danno loro stessi un riscontro, che può essere sul gusto o sulla digeribilità. Sono loro che ci danno le istruzioni per lo sviluppo di prodotti nuovi, quello che a loro servirebbe e cosa vorrebbero. Tante volte abbiamo delle idee studiate a tavolino, ma è importante anche sentire quelli che sono i loro desideri.

E’ cambiato il modo di mangiare in corsa?

Sono cambiate le composizioni dei prodotti. E’ cambiato anche il tipo di utilizzo. Ad esempio quando ho iniziato a lavorare in questo settore, una quindicina di anni fa, durante una gara nessun atleta prendeva una barretta proteica. Adesso invece quelle che vanno per la maggiore, soprattutto nelle fasi di partenza, sono quelle con una certa percentuale di proteine. Questo è un esempio banale, per dire che prima cercavano soltanto i carboidrati, adesso la nutrizione è cambiata. E’ cambiato il modo in cui loro si preparano, sono cambiati i piani alimentari.

Vuol dire che le barrette proteiche di Named soppianteranno i panini?

Chiaramente un atleta, soprattutto quando parliamo dei professionisti, in una gara tipo il Giro, che dura tre settimane, corre ogni giorno per 5-6 ore. Per questo ha più alimenti che mette insieme. I supplementi, le barrette, gli integratori, il cibo tradizionale. Le barrette non soppiantano i panini, ma ci si avvicinano molto. Gli atleti usano molto le torte di riso oppure qualche panino, però vedo che la situazione cambia molto in fretta.

Con quanto personale NamedSport ha seguito il Giro?

Quest’anno siamo una decina di persone, gli anni scorsi eravamo di più. Abbiamo deciso di non fare le attivazioni nei villaggi commerciali perché non ce la siamo sentita nei confronti dei nostri ospiti e del nostro personale. Molti erano spaventatissimi. Fra i dipendenti, ci sono persone che ci hanno detto di non voler venire e chiaramente, se succede qualcosa, la società è responsabile. Ma soprattutto eticamente per noi è importante tutelare le persone che lavorano per noi. Facciamo molta attenzione all’utilizzo dei vari dispositivi, abbiamo cercato al massimo di ridurre quello che è il contatto. Anche perché il pubblico non sempre è molto diligente, abbiamo visto scene che ci hanno messo in difficoltà.

Emonda Nibali

Vincenzo Nibali-Trek Emonda: è vero amore

15.09.2020
4 min
Salva

Dopo aver sentito il meccanico del Team Trek-Segafredo, Mauro Adobati e lo storico meccanico di Vincenzo Nibali, Andrea Nieri, abbiamo chiesto al diretto interessato come si trovi con le numerose novità tecniche che utilizza sulla sua nuova Trek Emonda.

Prima novità: il manubrio

Una tendenza consolidata è quella dei manubri integrati e con il passaggio cavi interno, in questo modo si ha un migliore impatto aerodinamico. Abbiamo chiesto a Vincenzo Nibali come si trova con il suo manubrio Bontrager.

«Bontrager ci mette a disposizione numerose soluzioni – dice il siciliano a bici.PRO – e io utilizzo quello integrato, in quanto è molto comodo e mi sono trovato subito bene con le misure,  l’angolazione e l’appoggio. Mi piace perché non è rigidissimo e quindi le sollecitazioni della strada arrivano di meno sulle braccia».

Poi lo Squalo dello Stretto pone l’accento su un aspetto interessante: «Questo manubrio – dice – mi permette di scendere con il peso della bici, perché inevitabilmente con i dischi qualcosina in termini di leggerezza si paga».

Una frenata diversa

Un punto sul quale si dibatte molto sono i freni a disco, che il campione siciliano sta usando con continuità da inizio stagione.

«I freni a disco mi permettono di frenare molto più forte – ha spiegato Nibali a bici.PRO – però se si frena continuamente l’olio si scalda e la guaina, che è sintetica, si dilata facendo diventare la leva del freno spugnosa».

Come si può evitare questo effetto fastidioso? «Bisogna dosare i freni fra anteriore e posteriore – dice – per non scaldare nessuno dei due, inoltre è molto importante saper guidare la bicicletta e spostare bene i pesi in sella».

Per concludere con il tema dei dischi Nibali conclude: «Il plus maggiore dei dischi è certamente sul bagnato, in quel caso si frena subito con la massima efficienza».

Nibali Emonda
Nibali e la sua nuova Trek Emonda con i freni a disco
Nibali Emonda
Nibali pronto a partire con la sua nuova Trek Emonda equipaggiata con i freni a disco Sram

Quali rapporti sta usando Nibali?

Altro elemento parzialmente nuovo per Nibali è il gruppo a trasmissione wireless di Sram, infatti ci ha tenuto ha precisare che «per me il cambio elettronico non è una novità perché l’anno scorso usavo lo Shimano Di2. Con Sram mi trovo molto bene e siamo in continua evoluzione».

Molto interessante è la scelta dei rapporti che sta provando da inizio anno.

«A inizio stagione montavo un 41-54 – dice – con una cassetta 10-33 o 10-28 al posteriore. Con il 41 per me è meglio avere il 33 in modo che riesco ad essere più agile. Alla Parigi-Nizza ho usato il 37-50 con una cassetta 10-28 e devo dire che mi sono trovato molto bene e non ho sofferto i vari ventagli che ci sono stati, ovviamente alcuni miei compagni più potenti di me preferiscono usare il 54».

La scelta del 50/37 è stata fatta anche al Giro di Lombardia.

«Quel giorno – spiega il siciliano a bici.PRO – ho usato il 37-50 che per quel tipo di percorso va molto bene, ci sono delle salite che richiedono un certo tipo di rapporti molto agili».

Tubeless, l’ultima frontiera?

L’ultimo aspetto affrontato è stato quello delle coperture e noi di bici.PRO gli abbiamo chiesto se ha provato i tubeless.

«Si li ho provati – ha risposto – ma non li ho ancora usati in gara. Devo abituarmi a una sensazione diversa data dalla pressione più bassa di gonfiaggio, perché con la pressione inferiore si sentono di meno le asperità della strada e si ha la sensazione di avere una bici più morbida».

E qui entra in gioco la grande sensibilità di Nibali nel guidare la bici.

«A me – spiega – piace capire quale tipo di asfalto ho sotto le ruote, perché mi permette di capire fino a che punto posso spingere. E’ una questione di sensibilità diversa e di abitudine, poi i fattori in gioco sono tanti, a cominciare anche dal tipo di cerchio che si usa».

Nibali Emonda in discesa
Nibali per ora preferisce usare i tubolari Pirelli
Nibali Emonda in discesa
Nibali è dotato di una grande sensibilità di guida e per ora preferisce usare i tubolari Pirelli

E’ ovvio che ogni novità tecnica vada provata e portata al massimo dello sviluppo prima di essere usata in gara. Nel caso di Nibali siamo di fronte ad un campione che ha una capacità e sensibilità di guida molto al di sopra della media, che richiede una fase di test e di affinamento molto elevati.