UAE Team Emirates in ritiro

Campagnolo con Colnago e UAE Team Emirates

09.02.2021
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Per Campagnolo e Colnago, due eccellenze italiane, il 2020 resterà un anno impossibile da dimenticare. Grazie a Tadej Pogacar è infatti arrivato il trionfo al Tour de France. Un binomio così perfetto e vincente non poteva certo interrompersi alla fine della scorsa stagione e così anche per il 2021 è stata confermata la partnership tra le due aziende.

Gruppo e ruote

Le Colnago V3RS in dotazione al UAE Team Emirates (in ritiro nella foto di apertura, credit @PhotoFizza) nella nuova stagione saranno equipaggiate ancora con gruppo e ruote Campagnolo. Il gruppo sarà il Super Record EPS Disc Brake, una certezza in termini di precisione e affidabilità. Per quel che riguarda le ruote, Pogacar e compagni potranno invece scegliere tra i modelli Bora WTO e Bora Ultra. Utilizzeranno quindi lo stesso set di telaio, trasmissione e ruote che ha portato il fuoriclasse sloveno alla sua splendida vittoria al Tour de France 2020.
La partnership con l’UAE Team Emirates si va ad affiancare alle confermate collaborazioni con Ridley per la Lotto Soudal e con BMC che sarà il partner tecnico della rinnovata AG2R Citroen.

La Colnago V3Rs con il Campagnolo Super Record Eps dell'UAE Team Emirates
Colnago V3Rs con Super Record EPS e ruote Bora (Credit @PhotoFizza)
La Colnago V3Rs con il Campagnolo Super Record Eps dell'UAE Team Emirates
La Colnago V3Rs con il Campagnolo Super Record EPS e le ruote Bora (Credit @PhotoFizza)

Orgoglio Campagnolo

Nicolò Ildos, Marketing Manager Campagnolo ha sottolineato con queste parole l’importanza dell’accordo raggiunto: «Siamo lieti di annunciare il rinnovo della collaborazione con UAE Team Emirates. Un team con il quale abbiamo sviluppato un ottimo rapporto nel corso degli anni. Il 2020 è stato un anno speciale per la squadra e per Campagnolo. E’ un vero orgoglio dire che Campagnolo ha avuto un ruolo nell’emozionante vittoria di Tadej Pogacar al Tour de France. La Colnago gialla di Tadej, con il gruppo Super Record EPS e le ruote Bora, fa ora parte della storia della nostra azienda e della storia del ciclismo. Le corse sono così importanti per tutti noi, come sappiamo lo sono per Colnago, quindi guarderemo la stagione 2021 molto da vicino e con grande entusiasmo!»

Il miglior partner

Dal canto suo Melissa Moncada, Vicepresidente esecutivo di Colnago ha aggiunto: «Siamo entusiasti di estendere la nostra partnership con Campagnolo per il 2021. In Colnago, ci sforziamo di creare le migliori bici per i migliori ciclisti. Per questo motivo il partner giusto per equipaggiare la V3RS è Campagnolo. La vittoria di Tadej Pogacar al Tour de France la scorsa stagione è stata motivo di grande gioia per l’azienda e non vediamo l’ora che inizi la nuova stagione con l’UAE Team Emirates».

campagnolo.com

In viaggio con Gianetti, fra le neve e il deserto

30.01.2021
8 min
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Gianetti negli Emirati ci arrivò nel 2014 e non certo per costruire la squadra che avrebbe vinto il Tour. Gli chiesero di lavorare a un progetto per mettere in bici la gente di laggiù, che per clima e benessere, non godeva esattamente di ottima salute. Lui veniva dal naufragio drammatico di un bel progetto cinese, che attraverso l’accordo con TJ Sport Consultation avrebbe portato risorse importanti nella Lampre di allora. Sembrava tutto fatto, ma la morte improvvisa del referente orientale fermò ogni possibile sviluppo.

Ai Campi Elisi c’era anche Gianetti. La vittoria di Pogacar è stata una manna, ma inattesa
La vittoria di Pogacar è stata una manna, ma inattesa

Oggi Mauro Gianetti è il grande capo della Uae Team Emirates e forse, come vedremo, dirlo così suonerà riduttivo. Corridore professionista dal 1986 al 2002, 17 vittorie fra cui un’Amstel e la Liegi, dopo alterne vicende da team manager, nel 2014 approdò appunto negli Emirati. Il nostro viaggio ideale inizia da lì e si conclude sul podio dei Campi Elisi, mentre Mauro è in viaggio davvero e guida a 30 all’ora dietro uno spazzaneve, con lo sguardo laggiù, nel deserto degli Emirati.

La situazione era davvero così precaria?

Non avevano uno stile di vita sano, diciamo. Il diabete si stava diffondendo a macchia d’olio e c’era bisogno di un intervento dalle scuole, per raccogliere frutti a lungo termine. Così cominciammo a progettare piste ciclabili e infrastrutture e, in questi ultimi anni, il ciclismo è diventato uno sport molto importante. La squadra poteva essere una motivazione per i giovani e questo in effetti si è avverato, con la voglia di emulare i campioni. Ma davvero il professionismo è la punta dell’iceberg. Si è messo in moto un volano. Sono arrivati sponsor con la voglia di investire sul territorio, facendo progetti per la mobilità lenta e per cambiare lo stile di vita del Paese. Con la Youth Academy siamo entrati nelle scuole e la risposta delle persone è stata incredibile.

Abbiamo visto foto di piste ciclabili…

Quella su cui si correrà la cronometro dello Uae Tour ha due anni. Inizialmente era scollegata dalla città, ora hanno fatto anche il raccordo. E il bello è che oltre alla ciclabile per i grandi, c’è tutto un sistema di infrastrutture, che vanno dai percorsi per i bimbi alle officine. Se ne era parlato, poi sono tornato a casa e alla visita successiva ho trovato tutto già fatto.

I bambini delle scuole non hanno mai visto passare il Giro d’Italia…

Il bello infatti è che non sanno chi siano Pogacar e Gaviria. Eppure vedere due ragazzi come loro mettersi lì a insegnare come si va in bici è stato bellissimo. Sono tornati bambini e hanno capito che il loro scopo non è solo correre. Peccato che nell’ultimo ritiro a causa del Covid non abbiamo potuto rifarlo.

Nel 2014 nascono i progetti, nel 2018 parte la squadra.

E anche il mio ruolo ha iniziato a cambiare. Inizialmente ero più impegnato sul territorio, perché c’erano sponsorizzazioni e progetti che andavano a scadere e si dovevano completare. Poi gradualmente ho preso in mano tutto e negli ultimi due anni le cose sono ben chiare. Abbiamo creato un gruppo con ruoli ben precisi e anche i corridori ora hanno i loro riferimenti.

Come si può leggere in questo contesto l’acquisto della Colnago?

Colnago è un’eccellenza. Ernesto era arrivato a un punto in cui voleva comunque garantire futuro e sviluppo all’azienda e il fatto che la squadra corresse con le sue bici ha inciso. Ma credo che la spinta iniziale sia stata proprio il fatto che si parlasse di una prestigiosa azienda di nicchia, come Met che ci fornisce i caschi. Non un’azienda con il fatturato miliardario, ma capace di creare ottime biciclette.

Intanto la squadra cresceva.

Le basi per un’evoluzione tecnica le avevamo poste dall’inizio, collaborando per la preparazione con le Università olandesi. Ora abbiamo introdotto altre collaborazioni per avere analizzatori di dati più sofisticati. E tanto lavoro si ripercuote anche sull’immagine che la squadra sta iniziando ad avere. Se prima eravamo noi a cercare delle figure, oggi piovono richieste di collaborazione.

E con l’immagine sono arrivati i risultati.

Frutto del lavoro, ma arrivati in anticipo. Al Tour ci aspettavamo di essere protagonisti, non di vincerlo così presto. Ma quando hai un corridore con così tanto talento, le sorprese forse non sono nemmeno troppo inattese. Quello che dispiace è che, per i vari incidenti e i ritiri, è uscito sminuito il lavoro della squadra, che invece è stato eccellente. Noi lo abbiamo notato. Stiamo crescendo, siamo sulla buona strada.

Gruppo misto in allenamento (Photo Fizza)
Gruppo misto in allenamento (Photo Fizza)
Diciamo che avere le spalle coperte economicamente è un bell’incentivo a lavorare bene.

E’ il vantaggio di avere un progetto più ampio del vincere corse in bicicletta, che poi è il punto di partenza di tutto il viaggio. Tutti gli sponsor hanno accordi a lungo termine, di almeno 4 anni, perché l’obiettivo è creare il movimento della bici negli Emirati, per stimolare la gente di lì. Molte ciclabili ci sono già, a breve ne sarà inaugurata una di 68 chilometri. Si può fare il giro di Abu Dhabi con un anello che ne misura 90, in un quadro di 1.234 chilometri di piste già fatte.

Il tuo ruolo resta trasversale, quindi?

Avendo iniziato con quel progetto come consulente, direi proprio di sì.

Matteo Trentin è uno dei tre ultimi arrivati (Photo Fizza)
Matteo Trentin è uno dei tre ultimi arrivati (Photo Fizza)
La vostra squadra ha subito la prima… sportellata del Covid, finendo tutta in quarantena giusto un anno fa.

E’ vero, siamo stati fra i primi e questo ci ha permesso di capirne la portata, vedendo la sofferenza negli atleti più giovani. E’ il motivo per cui abbiamo messo in atto un sistema interno per la sanificazione di ogni cosa, per combattere il rischio di contagio. Ed è il motivo per cui abbiamo approfittato della possibilità offerta dal Governo di vaccinare tutta la squadra. Non cambierà nulla per le precauzioni da adottare nelle corse, ma ci fa stare più tranquilli.

Si parlava di Pogacar.

Tadej è un talento, ha vinto bene. Chiaro che alcuni avversari non ci sono stati, ma ugualmente torneremo al Tour con grandi motivazioni e la consapevolezza di poterlo rifare.

Nel frattempo vi siete rinforzati.

Siamo partiti dal presupposto di non dover prendere per forza chissà quanti corridori. La regola è valutare prima il tipo di persona e poi l’atleta. Abbiamo preso Trentin, Majka e Hirschi. Ma sono arrivati anche due direttori sportivi eccezionali come Baldato e Guidi, due uomini con esperienza e professionalità. Bisogna dare la priorità all’ambiente che creiamo, perché ormai parliamo quasi di 100 persone.

Un piccolo paese! Avresti mai immaginato uno sviluppo così quando eri alla Polti con Stanga e Zenoni?

Se guardo a quando passai nel 1986 alla Cilo-Aufina, avevamo 6 bici di scorta per tutta la squadra, due macchine e un furgone. Da Stanga e Zenoni ho imparato che ogni persona in squadra deve avere il suo peso specifico ed è quello che poi ho visto e riproposto nella mia carriera.

Majka scorterà Pogacar al Tour de France (Photo Fizza)
Majka scorterà Pogacar al Tour de France (Photo Fizza)
Carriera che potevi aspettarti così?

Ero un buon corridore, ma non un grandissimo talento. Ho sempre lavorato tanto, ma era più questa la mia idea di futuro. Avevo la visione che un giorno avrei avuto la mia squadra, guardavo per capire e mi relazionavo con gli sponsor. Era il mio scopo. Ho cominciato con la Caldirola e poi sono sempre cresciuto. La Cina poteva essere un bel salto, ma morì colui che davvero credeva nel progetto. Sì, questo è il mestiere che ho sempre voluto fare.

C’è ancora posto per la bici?

Sempre, poco ma spesso. Almeno 4-5 volte alla settimana. Un’ora e mezza, non di più. Lavoro così tanto, di giorno e anche la notte, che se rubo un’ora per andare in bici, non faccio torto a nessuno. In più credo che lo sport faccia bene, al fisico e alla mente. E se ci pensate, è il motivo per cui sette anni fa si è messo in moto tutto questo…

ASKYClean MicroDefender

ASKYClean, la sanificazione non si improvvisa

24.01.2021
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Il centro di ricerche Mapei Sport, punto di riferimento assoluto per chi pratica attività sportiva a livello agonistico, lo scorso anno ha deciso di affidare ad ASKYClean s.r.l. SB, Società Benefit varesina, la definizione dei propri protocolli di sanificazione finalizzati a consentire di effettuare le proprie attività nella massima sicurezza. I protocolli sono stati scritti dal Prof. Maurizio Podico Direttore scientifico di ASKYClean, Biologo e-docente presso l’Università degli Studi di Parma. Da tale iniziativa nasce una forte collaborazione anche con il mondo medico e diagnostico, in prima linea per la lotta contro il Covid 19.

Il legame con il ciclismo

Il mondo del ciclismo ha conosciuto ASKYClean in occasione del Giro d’Italia dello scorso anno quando la carovana rosa ha viaggiato per tre settimane chiusa in una bolla creata appositamente per salvaguardare la salute di atleti, personale dei team e membri dell’organizzazione. In quell’occasione gli organi di stampa sono rimasti particolarmente incuriositi dalla grande attenzione e cura che il Team UAE Emirates dedicava quotidianamente alla sanificazione di tutti gli ambienti frequentati da atleti e personale della squadra.
Gli autori dell’attività di sanificazione erano appunto gli operatori di ASKYClean la cui mission consiste nell’accrescere la sicurezza degli ambienti di lavoro e di vita quotidiana cercando di ridurre l’impatto delle attività dell’uomo sull’ambiente.

Un protocollo specifico

Per raggiungere questi importanti obiettivi è stato creato il “Protocollo di sanificazione integrato ASKYClean”. Quest’ultimo prevede l’utilizzo del perossido di idrogeno che non solo è il gold standard per l’efficacia come sanificante, ma anche l’unico principio attivo che non crea sostanze tossiche in quanto genera solo acqua a ossigeno.

Tecnologia avanzata

ASKYClean aveva già avuto contatti con il mondo del ciclismo collaborando con il Team Astana durante il Giro d’Italia 2019 per la sanificazione di tutti gli ambienti. I risultati erano stati così soddisfacenti da attirare l’attenzione di diverse Università e per quel che riguarda il ciclismo del Team UAE Emirates. Proprio quest’ultimo ha voluto accanto a sé i tecnici di ASKYClean in tutte le gare a calendario nella stagione 2020. La professionalità messa in campo e i risultati raggiunti nascono anche dalle scelte tecnologiche che l’azienda ha messo in atto fin da subito, attraverso l’impiego del “MicroDefender”. Questo macchinario che è solitamente usato in sala operatoria, ha garantito la perfetta esecuzione e diffusione del Protocollo ASKYClean.

ASKYClean
A destra il MicroDefender utilizzato durante l’ultimo Tour de France (Credits PhotoFizza)
ASKYClean
A destra il MicroDefender durante l’ultimo Tour (Credits PhotoFizza)

Insieme alla maglia gialla

Da inizio Agosto a fine Ottobre lo staff di ASKYClean ha seguito il Team UAE Emirates per ben 96 giorni di gara (Tour de France, Giro d’Italia, Vuelta ecc.) effettuando complessivamente 5.394 sanificazioni. Microdefender è stata così compagna di viaggio di Tadej Pogacar nella conquista del Tour de France. Un pezzo della maglia gialla dello sloveno è molto probabilmente il risultato del lavoro svolto con massima cura e attenzione da parte dei tecnici di ASKYClean. Durante le tre settimane di gara hanno garantito un clima di sicurezza in grado di condizionare positivamente la serenità mentale dell’atleta.

Anche nelle moto

La vicinanza al mondo dello sport da parte di ASKYClean è, inoltre, confermata dalla collaborazione per tutta la passata stagione con il Team MV Agusta impegnato nel Mondiale in Moto2.

Ambienti sanitari

Vanno inoltre segnalate le numerose attività svolte in RSA, a supporto delle attività volontarie mediante la sanificazione di mezzi di soccorso. Da segnalare la collaborazioni con due eccellenze del mondo sanitario varesino quali il Centro Medico Polispecialistico Sirio e il Nuovo Centro Fisioterapico di Medicina Isber. Entrambe le strutture hanno deciso di adottare i Protocolli ASKYClean e sono trattate regolarmente e costantemente in maniera tale da assicurare ai pazienti la certezza di essere assistiti e curati in un ambiente completamente sicuro.

Sanificazione autonoma

ASKYClean si occupa anche di formazione del personale per mantenere sicuri gli ambienti dopo che sono stati sanificati. Non manca poi la vicinanza alla Polstrada di Varese con una serie di interventi a tutela della sicurezza del personale operativo. Altra collaborazione con l’Ippodromo di Varese dove, dopo ogni corsa, vengono sanificati gli alloggi e le stanze dove svolgono il loro lavoro gli stallieri. Il prossimo obiettivo al quale stanno lavorando i tecnici di ASKYClean è quello di permettere a ciascun individuo di sanificare autonomamente la propria abitazione.

askyclean.com

Tadej Pogacar vaccinato e pronto per un altro Tour

24.01.2021
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Ci sarà da vedere sul campo se la serenità che al momento è il mood permanente di Tadej Pogacar sia vera o sia piuttosto il modo di tenere lontane le tensioni in una fase dell’esistenza in cui il Covid, le barriere artificiali e le distanze geografiche rendono ogni confronto più ovattato.

Lo sloveno vincitore del Tour tutto sommato ha avuto svariate occasioni per raccontare il suo pazzo 2020, ma ha dovuto/potuto farlo davanti allo schermo di un computer che ha permesso alle sue emozioni di passare inosservate e impedito a chi poneva le domande di percepire il fremito dell’esitazione e il brillare dell’orgoglio. Un po’ come definire “corsa” la sfida virtuale sui rulli. L’avversario devi averlo accanto e subirne o imporgli lo sguardo per poter dire di essere stato più forte o battuto con merito.

Aver avuto il vaccino prima di tutti lo mette al riparo da grandi preoccupazioni (foto Fizza)
Il vaccino lo mette al riparo dalle preoccupazioni (foto Fizza)

Vaccino: fatto!

Fra i primi passi nel lanciare il nuovo anno, lo sloveno della Uae Team Emirates ha potuto godere come i compagni del vaccino cinese che in qualche modo renderà più semplice la vita al suo team, nel consueto “liberi tutti” del ciclismo in cui chi prima arriva alla cura, per primo ne trae vantaggio. Che cosa succederà se di colpo le compagnie aeree e i Paesi chiederanno il passaporto vaccinale e soltanto una squadra lo avrà in mano? Il ciclismo si fermerà ancora? Sgombrato comunque il campo dalla preoccupazione del Covid, la sua attenzione si è così concentrata nuovamente sul Tour.

Alla Planche des Belles Filles, Pogacar sfinito dopo l’arrivo: «Potevo anche saltare io»
Alla Planche des Belles Filles: «Potevo anche saltare io»
Qual è ora la tua preoccupazione?

Ora devo solo essere preparato fisicamente, come lo sono stato l’anno scorso e avere un buon supporto dalla squadra. Essere il vincitore uscente del Tour sarà molto, molto più difficile. E’ la prima volta che difendo una vittoria e sarà una cosa completamente nuova per me. Ma penso che se ci vado preparato e motivato, potrò fare ancora bene.

Qualcuno si è stupito delle tue prestazioni.

Ma dalla mia esperienza alla Vuelta del 2019, io sapevo di poter fare bene nella terza settimana di un grande Giro e questo mi ha dato fiducia quando siamo arrivati alla fine del Tour. Ho passato un paio di tappe in cui non mi ero sentito troppo bene, ma alla fine ero sempre con Roglic. Non si può dire che sia stato meno forte di lui. Per questo penso che lui e i suoi compagni abbiano parlato nella foga del momento. In quella crono non c’è stato niente di incredibile.

L’autista del pullman ci ha raccontato che scendendo per il riscaldamento hai visto i meccanici che preparavano la bici bianca per Parigi e hai chiesto perché non fosse gialla…

Stavo bene, ma quella è stata una battuta. Le cronometro sono abbastanza semplici, specialmente l’ultimo giorno, quando sai che quello sarà anche l’ultimo grande sforzo che dovrai fare. Sarei anche potuto scoppiare sulla salita finale e perdere il podio, ma per fortuna non è successo. Ho vissuto una giornata fantastica. Mi sono riscaldato bene, ho fatto un ottimo cambio di bici e ho dato tutto. Ho capito di aver vinto solo dopo aver passato la riga.

Alla Vuelta 2019, Tadej Pogacar aveva già tenuto testa a Roglic e Valverde, vincendo la penultima tappa
Alla Vuelta 2019, Pogacar si era misurato con Roglic e Valverde
Quali sono state le tappe difficili di cui hai parlato?

Quelle in cui ho perso Aru e Formolo, che non sono stati bei momenti per la squadra. E poi è stato duro anche il giorno dei ventagli, dove abbiamo perso troppo terreno.

Con quale spirito si ricomincia?

Quello di ogni anno, in realtà. Con l’attesa delle prime corse per scacciare la paura di non essere migliorato e tutti gli scongiuri per non avere sfortuna. In realtà per ora non ci sono grossi ostacoli. Se rimarrò concentrato e andrò avanti con gli stessi obiettivi e la stessa motivazione, penso che continuerò a migliorare.

Quanto ti infastidisci o trovi insolito dover già parlare del Tour?

Sono il vincitore uscente e di sicuro sono anche un favorito, ma non so se sono il favorito principale. Ci sono molti corridori e c’è ancora molta strada da fare. Vedremo prima del Tour chi sarà l’uomo su cui scommettere, chi avrà vinto il maggior numero di gare prima e arriverà più forte in Francia.

E’ stato davvero così stressante quest’ultimo inverno?

Non è stato un grosso ostacolo. E’ parte del mio lavoro. Cerco sempre di ricavarmi del tempo tutto mio al di fuori delle corse e degli impegni con la stampa e questo mi permette di rimanere rilassato. Credo che la mia vita non sia cambiata poi molto.

Aver vinto ti ha dato più fiducia in Tadej Pogacar?

Forse un po’, ma io sono sempre stato fiducioso e realistico circa le mie capacità. Sarò ancora super motivato per questa stagione, ma di sicuro sono più rilassato ora di quanto non fossi prima. Non dimentico il passato, ma non penso sempre a quello che ho fatto e non ne parlo, perché è già successo. Voglio concentrarmi sulle prossime gare.

Concentrazione al via dei mondiali di Imola: la testa è l’arma in più di Tadej Pogacar
Concentrazione al via dei mondiali: la testa è la sua arma in più
Le attese logorano?

Non credo. Anzi, è più difficile far passare i giorni vuoti di tensione. Mi aspetto che le corse saranno dure e veloci come sempre e il livello sempre più alto.

Vincere il Tour è stato uno step importante, paragonabile in proporzione alla vittoria nel Tour de l’Avenir?

Sono stati tutti e due molto impegnativi, ma restano difficili da comparare, perché li ho vissuti in due fasi molto diverse della mia carriera. Di certo in entrambi i casi ho dovuto dare il mio meglio.

Pensi che sarà dura ora contenere il ritorno di corridori come Nibali e la voglia di riscatto di Evenepoel?

Sono entrambi corridori di punta ed entrambi hanno qualità uniche. Ma ancora una volta cercherò di restare concentrato su me stesso più che sui miei avversari.

Pensi di aver vinto il Tour più con le gambe o più con la testa?

E’ stato un mix perfetto, ma non dimenticherei la squadra. Ho avuto un grande supporto. E anche nei momenti in cui sembrava che fossi da solo, non mi sono mai sentito davvero isolato.

Valerio Conti, Tadej Pogacar, Davide Formolo, Monaco 2020

Assieme a Conti nel condominio incantato

05.01.2021
5 min
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Il condominio in cui vivono insieme Valerio Conti, Davide Formolo e Tadej Pogacar sta in un quartiere di Monaco che si chiama Fontvieille e si allunga verso la Francia. Il romano, che combatte ancora con la lussazione della spalla ma è ugualmente in partenza per il primo ritiro, giura che è stato quasi per caso, ma che su quelle scale si è creata una piccola enclave della Uae Team Emirates che darà certamente i suoi frutti anche in corsa. Nel condominio a rendere il quadro più variopinto, vivono anche Diego Rosa e sua moglie Alessandra.

Il Natale ad esempio l’hanno passato in sei. La famiglia Formolo, con mamma Mirna e la piccola Chloe. E con loro Valerio, la sua compagna Michela e il cane Zoe. Pogacar non c’era, è tornato nel condominio da un paio di giorni e ha trascorso le Feste in Slovenia.

«Sarei rientrato volentieri a Roma – ammette Conti – ma avrei dovuto fare due settimane di quarantena. E a quel punto, tornare per restare chiuso in casa non aveva troppo senso. Nel frattempo ho tolto il tutore e mi sforzo di tenere la spalla vicina al corpo. Da un paio di giorni pedalo sui rulli e fra una settimana vorrei tornare in bici».

Valerio Conti, Giro d'Italia 2020
Valerio Conti ha corso il Giro d’Italia 2020 in appoggio a Diego Ulissi
Valerio Conti, Giro d'Italia 2020
Conti ha corso il Giro 2020 per Ulissi

Valerio è stato stretto da un’auto contro la scarpata e gli è andata anche bene, perché invece di rompersi la spalla ha avuto la blanda lesione di un legamento, che continuerà a fargli male e a condizionarlo psicologicamente, ma alla lunga andrà perfettamente a posto.

Come va nel condominio?

I primi siamo stati Formolo e io, dato che Michela è amica di Mirna. Poi sono arrivati Tadej e la sua compagna Urska. Stiamo bene. Pur avendo allenatori diversi riusciamo a fare i nostri giri insieme e questo è importante anche per farsela passare meglio. In più spesso usciamo a cena insieme. A Natale e a Capodanno invece siamo stati insieme a Formolo, perché non si poteva uscire. Proprio come in Italia.

Com’è la zona?

Si chiama Fontvieille e sta proprio alla fine del Principato di Monaco. Due pedalate e siamo in Francia. Si esce subito da casa e non c’è traffico. Si fa una galleria che sale quasi a chiocciola e si prende la strada per allenarsi, che corre lungo il mare e porta verso il Col d’Eze verso Nizza, oppure verso l’Italia.

Mai freddo e sempre sole?

Il clima è spettacolare, meglio che a Roma. Da noi d’inverno può fare caldo, ma in certe zone dei Castelli c’è ombra e fa comunque molto freddo. Qua in un’ora di bici hai tutto quello che serve per fare i lavori specifici ed è sempre in pieno sole. Forse c’è poca pianura, ma giusto questo.

Panorama Fontvieille, Monaco
Fontvieille, ultima propaggine di Monaco verso la Francia: il condominio in cui vivono i tre si trova qui
Panorama Fontvieille, Monaco
Il condominio si trova a Fontvieille, propaggine di Monaco
Quindi si può uscire di buon’ora non dovendo aspettare che l’aria si scaldi?

A dire il vero, non mi piace partire troppo presto. Diciamo che le 9,30-10 sono un orario congruo.

Di fatto da quelle parti vive mezzo gruppo del WorldTour…

E’ bello per quando ti alleni e per le cose burocratiche. Si mettono insieme tutte le esperienze e questo per la quotidianità fa una grande differenza. Ci sono parecchi compagni di squadra. Trentin sta proprio a Monaco, mentre a Bordighera ci sono Oliviero Troìa e Stake Laengen che però ha la residenza da qualche altra parte, non a Monaco e nemmeno in Norvegia.

Come va la quasi convivenza con Pogacar?

E’ semplicissima e non lo dico perché siamo compagni di squadra. Gli piace divertirsi, non fa vita di clausura. Del resto, ha 22 anni! Gli viene tutto facile. Dire che potesse vincere il Tour era un azzardo, ma visto quante tappe dure aveva vinto nel 2019 alla Vuelta? E al Tour non ha mai perso il filo della corsa e ha vinto praticamente senza squadra.

Sai già quale sarà il tuo programma di gare?

Non è ancora ben definito. Dovrei fare il Giro e Tadej il Tour, mentre saremo insieme ai Paesi Baschi. In realtà non mi dispiacerebbe fare il Tour, ma non entrambi perché sono troppo ravvicinati e a giugno avrei in programma il Giro di Slovenia. Il mio calendario fino al Giro sarà bello pieno.

Davide Formolo, Tadej Pogacar, Uae Tour 2020
Davide Formolo e Tadej Pogacar: a detta di Conti due pianeti completamente diversi
Davide Formolo, Tadej Pogacar, Uae Tour 2020
Formolo e Pogacar, due pianeti diversi
Dici che in corsa aiuterà questo buon vicinato?

Al 100 per cento. Già ti impegni sempre, ma per un amico ti impegni di più. Lo vedo quando corro con Ulissi. Credo che anche stare a ruota di uno che conosci sia un vantaggio.

Nel condominio c’è anche Formolo.

Altro buon amico, ma con un’altra testa. Davide cambia idea in continuazione su tutto. E anche in corsa, il rendimento va di pari passo con il carattere. Formolo parte sempre a bomba nelle prime tappe e poi cala. Pogacar ha un gran motore, come ce ne sono altri. Ma ha un recupero straordinario, come in giro non ce ne sono. La sua forza è quella, nell’ultima settimana va sempre più forte e sapete anche perché? Perché si stressa talmente poco, che non butta via energie in pensieri e ansie.

Chi ha cucinato a Natale?

Le signore. E devo dire che si sono date da fare. A Capodanno invece hanno un po’ tirato i remi in barca. Abbiamo ordinato un hamburger enorme al ristorante romano che si chiama “Ai tre Scalini” e loro hanno fatto i dolci e le lenticchie.

Il 2021 è ricominciato sui rulli?

Ma non tantissimo. Faccio 40 minuti la mattina e 40 il pomeriggio. Ora posso poggiare la mano sul manubrio, ma sto già facendo le valigie. Vado in ritiro. E tra una settimana voglio tornare su strada.

Ezio Bozzolo, Danilo Napolitano

Un caffè da Ezio e la tappa poteva cominciare

05.01.2021
6 min
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Ezio non ti lasciava mai senza un caffè, tanto che a volte dicevi di no per non dare l’impressione di approfittarne. Il pullman della Uae Team Emirates, come quelli di altri autisti amici, è sempre stato il porto sicuro per i giornalisti italiani nelle corse di tutta Europa. E quando capita di fermarsi ad ascoltare i racconti dei loro autisti, capisci quanta cura ci sia dietro quel caffè e il gesto di porgerlo. Ezio quest’anno ha deciso di saltare un turno, anche se gli piacerebbe tornare per il Giro. Aveva da farsi due controlli e ora che sta bene, riprenderebbe subito il volante. Perciò, sperando da un lato che si possa restituirglielo, vogliamo raccontarlo per il fantastico 2020 che ha vissuto con Pogacar al Tour e di lì a ritroso dove la fantasia s’è voluta spingere.

«Il nostro è un ruolo importante – dice Ezio parlando degli autisti – perché ci sono tante situazioni da gestire. Dopo la corsa, se non è andata bene. La mattina prima delle partenze più complicate. Dobbiamo lasciare gli atleti tranquilli, che possano fare le loro cose. Se ci sono stati problemi, ci sono sfoghi da gestire. E poi per il resto, devi sapere tutto su partenze, arrivi, hotel, orari…».

Ezio Bozzolo, Daniel Martin, Vuelta Valenciana 2019
Vuelta Valenciana 2019, Ezio con Daniel Martin nel giorno della crono di Orihuela
Ezio Bozzolo, Daniel Martin, Vuelta Valenciana 2019
Valenciana 2019, Ezio con Martin a Orihuela

Ezio Bozzolo, nato a Ceva in Piemonte nel 1982, è stato fino all’ultima tappa del Giro l’autista più esperto della squadra di Gianetti e Matxin. E per aggiungere un po’ di suspense, una settimana dopo la fine del Tour (vinto da Pogacar sul connazionale Roglic), era stato… prestato alla nazionale slovena per i mondiali di Imola. Con Pogacar che sembrava un bimbo beato, avendo nella nazionale femminile la sua compagna, mentre Roglic passava ogni goccia del tempo libero con la sua famiglia. Ma la storia di Ezio inizia ben prima.

Quando hai cominciato?

Ho smesso di correre da junior a causa dei risultati abbastanza scarsi. Ma il ciclismo era e restava la mia vita, per cui quando Osvaldo Bettoni (storico autista del pullman Shimano, ndr) mi propose di dargli una mano alle gare di mountain bike, presi la patente e iniziai a seguirlo. Di lì, grazie a Fabrizio Bontempi e Della Torre, direttore sportivo e massaggiatore dell’allora Lampre, iniziai a fare un po’ di giornate e si mise tutto in moto.

Ti sei mai reso conto, Ezio, di essere stato testimone diretto di momenti storici di questo sport, come Fausto Pezzi visse nel suo camper le grandi giornate di Pantani?

Me ne rendo conto adesso che ne sono fuori. Quando hai la maglia della squadra e le chiavi del pullman, sei parte della storia e non hai la percezione della straordinarietà. Ho vissuto il mondiale di Varese e anche l’ultimo Tour, per fare un esempio, ma quando sei nel vortice non riesci a gustartela.

Ezio Bozzolo, festa Uae Team Emirates, Tour de France 2020
Il personale della Uae Emirates al Tour, con la bici di Kristoff: Bozzolo è il terzo da destra (Photo Fizza)
Ezio Bozzolo, festa Uae Team Emirates, Tour de France 2020
Bozzolo è il 3° da destra, scatto ai piedi del bus (Photo Fizza)
Andiamo al Tour, penultima tappa alla Planche des Belles Filles. Cosa ricordi?

Eravamo parcheggiati in basso, sopra non si poteva andare se non con dei furgoni. Da tutto il Tour continuavo a meravigliarmi di quanto poco stress ci fosse. Era davvero bello perché c’era la consapevolezza di poter fare bene. Al via da Nizza non si pensava di vincere, ma eravamo tutti carichi. C’erano i migliori in ogni ruolo. Anche fra noi del personale, eravamo tutti affiatati. E Pogacar nel mezzo ci stava benissimo.

In che senso?

Nel senso che la sua dote è la serenità. Quel giorno è sceso dal pullman per riscaldarsi con la sua musica a manetta. Sotto, nello spazio dei meccanici davanti al pullman, c’erano Vasile e Bosio, che gli stavano montando una bicicletta bianca bellissima, che gli aveva fatto Colnago. Ma era bella davvero. Lui scende, li guarda e dice: «Perché bianca? Non ce l’avete quella gialla?». Non l’ha detto per scherzare, tanto che i due si sono fermati.

E’ il bello di quando non si ha niente da perdere…

Il giorno dei ventagli è arrivato al pullman ed è salito sui rulli. Aveva perso terreno. Ha tirato giù due maledizioni e si è messo a pedalare. Forse il momento della svolta fu proprio quello.

Ezio Bozzolo, Federico Borselli, Umberto Inselvini
Seguendo la tappa nel “suo” pullman, con Borselli e Inselvini
Ezio Bozzolo, Federico Borselli, Umberto Inselvini
Seguendo la tappa sul pullman con Borselli e Inselvini
Ricordiamo momenti di silenzio su quel bus anche per le crisi di Aru…

Eravamo tutti coinvolti. Fabio è un ragazzo buonissimo, gentile. Solo che certe volte gli scatta qualcosa e si blocca. Nemmeno si può dire che sia un lavativo o che se ne freghi, perché si allena sempre tanto. E’ stato impossibile per noi italiani vivere con distacco i suoi passaggi a vuoto, era quasi una cosa personale. Mi ricordo Marcato che gli stava vicino e cercava di tirarlo su. E non è stato tanto per questo Tour, quanto per il primo Giro. Avevamo delle aspettative altissime, cavoli: era Fabio Aru. Tutto quello che succede agli atleti dispiace, non sono di quelli che parla dietro.

Che rapporto c’è fra autista e pullman?

Un’attenzione quasi spasmodica. In questo Borselli e Villa (rispettivamente autisti dell’Astana e del Team Qhubeka-Assos) sono dei maestri. Il pullman non è del team, è tuo. Ti scoccia se qualcuno rompe qualcosa. Ti scoccia se manca qualcosa. Fra noi autisti ci sono sempre dei grandi sfottò, come fra bambini che si sfidano per certe dimensioni…

Quali sono i pullman più belli?

Quelli fatti in Italia da Carminati e Tresca battono 10-0 gli stranieri. Il gusto e la qualità del made in Italy su quei bestioni sono così elevati, che ormai anche da fuori vengono a comprarli in Italia. E comunque, quando c’è da fare il nuovo bus, il 99 per cento delle indicazioni le dà l’autista. Perché magari lo fai senza darlo a vedere, ma oltre ad avere l’esperienza del tuo, hai sbirciato e studiato quelli degli altri. Si prendono spunti e poi si adotta la soluzione migliore.

Bus decisivi la mattina di Morbegno…

Se quel giorno non c’eravamo noi della Uae, i pullman non si trovavano tanto presto. E a quel punto i corridori ne avrebbero avuto parecchio di tempo da aspettare…

Michele Del Gallo, Ezio Bozzolo, Mauro Gianetti, Andrea Agostini, Tour de France 2020
Da sinistra: Del Gallo, Bozzolo, Gianetti e Agostini con il Tour 2020 già in tasca (Photo Fizza)
Michele Del Gallo, Ezio Bozzolo, Mauro Gianetti, Andrea Agostini, Tour de France 2020
Da sinistra: Del Gallo, Bozzolo, Gianetti e Agostini (Photo Fizza)
Perché? 

Avevamo appena preso la superstrada per andare verso l’arrivo e per fortuna la telefonata di Marzano che ci richiamava è arrivata prima delle gallerie. Ci siamo fermati praticamente in mezzo alla strada, subito prima dello svincolo, e fortunatamente gli altri si sono incolonnati dietro di noi. A quel punto siamo tornati indietro alla svelta.

Però, nonostante i dovuti ringraziamenti per i tanti caffè, un po’ il pullman è diventato una fortezza inespugnabile se vuoi parlare con un corridore…

Questa è una cosa che sembra strana anche a me, anche se i nostri addetti stampa hanno sempre organizzato degli appuntamenti per i giornalisti. Ma se posso, mi dà fastidio vedere la gente che sta per un’ora là sotto, senza che i corridori scendano per un saluto, una foto. C’è anche di peggio nella vita e avere un ruolo pubblico fa parte del loro lavoro, anche se si sta lavorando per tenerli sempre più chiusi, col rischio di perdere il rapporto col pubblico. Quando avevo Ballan, Petacchi oppure Bruseghin era diverso. Magari perché non c’erano i fantastici cellulari di oggi, ma a quei campioni piaceva stare in mezzo alla gente

Gobik maglia UAE 2021

UAE Emirates e Eolo Kometa: c’è Gobik

03.01.2021
3 min
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Proprio così. Il brand spagnolo specializzato nella produzione cycling wear fornirà l’abbigliamento gara sia al team del vincitore del Tour 2020 Tadej Pogacar che alla squadra coordinata da Alberto Contador e Ivan Basso, la Eolo Kometa appunto, che quest’anno debutta ufficialmente nel gruppo dei Pro Team UCI.

Visibilità al massimo

Tra le due partnership, il vero “colpo” è rappresentato dall’accordo biennale (2021-2022) con il UAE Team Emirates: uno “step” di visibilità e di comunicazione che sarà sinonimo di un grosso salto in avanti per l’azienda di Murcia nella categoria più alta riconosciuta dall’Unione Ciclistica Internazionale.
Oltre a Pogacar, nell’UAE Team Emirates corrono altri 27 atleti tra i quali non possiamo ovviamente dimenticare di citare Alexander Kristoff, Diego Ulissi, Rui Costa, Fernando Gaviria, Matteo Trentin e Davide Formolo.

Maglia Gobike UAE Emirates
La nuova maglia realizzata da Gobik dell’UAE Emirates
Gobik maglia UAE Emirates
La nuova maglia realizzata da Gobik dell’UAE Emirates

12.000 capi per la UAE

«Gobik è un partner molto importante per noi – ha dichiarato Joxean Fernández “Matxín”, il responsabile dell’area tecnica della UAE Emirates – al quale ci accomuna l’ambizione e la voglia di crescere: loro nel settore nell’abbigliamento per il ciclismo, noi a livello di squadra. Entrambi perseguiamo la perfezione e la qualità».
Le esigenze in termini di fornitura di capi d’abbigliamento e accessori per una squadra WorldTour del livello della UAE Emirates sono enormi: pensate, oltre 12.000 articoli per tutta la stagione, concepiti con una vestibilità speciale per le specifiche esigenze dei corridori professionisti.

Gobik maglia Eolo Kometa
La maglia per la stagione 2021 del Team Eolo Kometa
Gobik maglia Eolo Kometa
La maglia per la stagione 2021 del Team Eolo Kometa

Parla Cantero, CEO Gobik

«Il 2021 rappresenta per noi una vera e propria svolta nel nostro percorso di crescita – ha dichiarato Alberto García Cantero, il responsabile dello sviluppo del prodotto Gobik – in quanto non si tratterà più soltanto di una questione di visibilità globale del marchio, ma anche di innovazione e di come il nostro prodotto potrà ancora progredire grazie al lavoro e allo sviluppo fianco a fianco di un team WorldTour come la UAE Emirates».
Gobik rappresenta un’azienda relativamente giovane nel settore, essendo stata fondata appena nel 2010. La sede è a Yecla (Spagna), e sin dalla nascita ha sempre dato la priorità alla personalizzazione delle proprie collezioni. Oggi Gobik “conta” oltre 120 dipendenti, impegnandosi poi quotidianamente per perseguire una crescita sostenibile. Come ambasciatori globali del marchio, ai nomi di Alberto Contador, Julien Absalon, Ivan Basso e Carlos Coloma, si è unito quello di Juan Antonio Flecha.

gobik.com

Fabrizio Guidi 2014

Guidi scarta il dono e inizia un nuovo viaggio

31.12.2020
5 min
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Fabrizio Guidi, così dice lui per spiegare, è come il bimbo sotto l’albero di Natale che ha adocchiato il pacco più bello. La notizia che dal 2021 il toscano sarà uno dei direttori sportive della Uae Team Emirates è arrivata il 15 dicembre tramite un magro comunicato stampa, in cui se ne elogiava la professionalità. Il ciclismo non è come il calcio: quando si sposta un tecnico, celebrazioni se ne fanno il giusto, come se le sole cose che contino siano gli sponsor e i campioni. Però parlando con Alberto Bettiol pochi giorni dopo, era emerso quanto sia importante il rapporto che lega il campione al direttore sportivo e come per colmare il vuoto non basti scrivere un altro nome nella casella. Forse se il ciclismo imparasse a valorizzare tutti gli attori che ne compongono la scena, darebbe di sé l’immagine che merita. Ma questa è un’altra storia…

Fabrizio Guidi, Vuelta 1998
Alla Vuelta del 1998, Guidi in maglia Polti vince tre tappe e la classifica a punti
Fabrizio Guidi, Vuelta 1998
Alla Vuelta 1998, 3 tappe e classifica a punti

Bettiol se la caverà

Da quando si è sposato con Caroline, Fabrizio vive in Svizzera, a Muensingen vicino Berna. Ha due figli: Elia di 20 anni, Estelle di 17. Per Natale è stato quattro giorni in Toscana, in piena zona rossa. Dal prossimo anno, si diceva, lascia la Ef Pro Cycling e dopo un po’ che parla, ti rendi conto di quanto sia diventato grande il ragazzino che vedemmo passare professionista nel 1995, poi solcare il mondo attraverso nove squadre diverse, con 46 vittorie e una laurea in Scienze Giuridiche, facoltà di Giurisprudenza, con una tesi in diritto penale sulla “giustizia riparativa”.

«Con la Ef Pro Cycling – dice – sono stati sei anni belli, passati bene. Poi il Covid, le incertezze, l’attesa di risposte… Se nel frattempo hai delle opportunità importanti, che fai? Per un anno ci siamo portati dietro delle difficoltà, credo come tutti. Quello che è successo al Giro, il fatto che la squadra pensasse di chiuderlo prima e io abbia detto di voler continuare, non ha inciso nella scelta. Certo la comunicazione non è andata come doveva. Io ho detto quello che pensavo e non è stato l’ideale, ma dopo tanti anni non può essere questo che mette in crisi un rapporto di fiducia. Il problema è stato da un lato l’incertezza e dall’altro l’occasione che si è presentata. Non me ne sono andato sbattendo la porta. Quanto a Bettiol… Alberto è maturato tanto, non è più spaesato come all’inizio. E’ responsabile, non l’ho abbandonato in un cesto come qualcuno fa coi bimbi – ride alla battuta – sa camminare da solo».

Il gruppo vince

La Uae Team Emirates sta spingendo forte sul gas e dopo un 2020 di vittorie, ha intrapreso una campagna di rinforzi che ha visto anche l’arrivo di Fabio Baldato sul fronte dei tecnici e un mercato potente quanto agli atleti, con Trentin e Majka come punte di diamante e insieme lo scouting di talenti giovani come lo spagnolo Juan Ayuso, piazzato per ora al Team Colpack.

Fabrizio Guidi, Alberto Contador, Tirreno-Adriatico 2013
Dopo il debutto alla Nippo, dal 2011 al 2014 è con Riis e Contador alla Saxo Bank
Fabrizio Guidi, Alberto Contador, Tirreno-Adriatico 2013
Dal 2011 al 2014 con Riis e Contador alla Saxo Bank

«Se guardo al futuro e ai corridori che ci sono – riprende Guidi – vedo margine e un progetto, che anche a me offre delle prospettive. Sono orgoglioso che mi abbiano chiamato. Con Gianetti ho diviso anche la camera ai tempi del Team Coast. Ha idee innovative, ci scambiavamo messaggi da tempo e l’ultimo è stato decisivo. Arrivo adesso, sono l’ultimo. E’ presto per dire cosa farò, ne parleremo in ritiro. Nelle squadre si ottiene il massimo se si lavora in gruppo, se la comunicazione funziona e i corridori capiscono di avere dietro una società forte. Se nascono i gruppetti, è la fine. Conosco tanti direttori di quel gruppo, sono 11 anni che siamo sulle stesse strade. Baldato, Marzano, Pedrazzini, Mori… c’è tanta Italia, anche se l’idea è renderla sempre più internazionale. E per diventare una squadra forte, si deve andare in questa direzione».

Lingue e culture

L’ideale per uno che parla quattro lingue e ha corso in team italiani, francesi, tedeschi, americani, svizzeri, danesi e sudafricani e che da direttore si è fatto le ossa nella Saxo Bank di Bjarne Riis e poi alla Ef Pro Cycling di Jonathan Vaughters. E a pensarci bene, non è solo per la lingua: il dialogo fra direttore e corridore deve arrivare a un livello molto più profondo.

«Ho esperienza in questo senso – spiega – perché l’ho imparato durante la mia carriera di corridore. Se riesci a comunicare nella sua lingua, il corridore si apre, nasce l’empatia e lui di colpo è disposto a ricevere i consigli. Sei stato corridore, sai quali tasti toccare. Come quando tiri di sciabola e fai centro: quello che hai infilzato se ne accorge, lo sente e il messaggio arriva. E non è solo la lingua, giusto. Se conosci le varie culture, sai anche come è cresciuto il ragazzo che hai di fronte. Sai a cosa è abituato uno cresciuto in Francia, di quali informazioni dettagliate sul percorso ha bisogno il belga, sai come prendere l’italiano, sai di quale clima psicologico ha bisogno il colombiano. Sai a cosa sono abituati, sai che ci sono mentalità diverse e di quali input hanno bisogno per ambientarsi. Mi sono fatto anche questa formazione e ci riesci solo quando esci dall’Italia. Alla Francaise des Jeux ero l’unico italiano e ho sempre corso in team che erano crogiuoli di nazionalità diverse».

Davide Formolo, Cristian Salvato, Fabrizio Guidi, Giro d'Italia 2015
Nel 2015 inizia l’avventura con Vaughters alla Cannondale, con Formolo che vince a La Spezia. Fra i due c’è Cristian Salvato
Davide Formolo, Cristian Salvato, Fabrizio Guidi, Giro d'Italia 2015
Nel 2015 alla Cannondale e Formolo vince a La Spezia

La sfida del tempo

E al contrario di quello che abbiamo raccolto in precedenti interviste, parlando del tempo che passa e porta via le abitudini più radicate, il suo atteggiamento è quello curioso che si dovrebbe avere davanti alla grammatica di una nuova lingua.

«Sono diventato direttore sportivo WorldTour con Riis – dice – e campioni come Contador. Ma non c’è solo il campione. Quando finisci di correre e cambi lavoro, smetti di pensare a te stesso e ti concentri sugli altri. Cerchi soluzioni, attingendo a quello che serve, a quello che hai. Come se avessimo ciascuno un barile pieno delle esperienze fatte e dovessimo cercarci dentro gli strumenti con cui affrontare il mondo che cambia, facendo sintesi. I corridori che arrivano adesso crescono nel mondo dei social, noi più grandi non possiamo buttare tutto pretendendo di rimanere legati a com’era prima. Sarà che ho un figlio di 20 anni che va all’università di Zurigo. Questi cambiamenti sono un’opportunità, il modo di restare giovani. E’ un nuovo registro di comunicazione, se vuoi anche una sfida. Se ti fermi smetti di imparare. E’ Natale, ho davanti il primo ritiro, faccio il lavoro che mi piace. Sapete una cosa? Sono proprio contento».

Andrea Agostini, 2020

Agostini, la Nove Colli, Pogacar e Marco…

26.12.2020
4 min
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Agostini ha appena finito di sfogliare il libro del 2020 e come capita a un certo punto intorno ai 50, compiuti proprio quest’anno, ha tracciato un primo bilancio, uscendone col sorriso. Sembra ieri che spuntò fuori come addetto stampa accanto al suo amico Marco, invece sono passati più di 20 anni e oggi Andrea è uno dei tre manager della Uae Team Emirates. Come regalo di Natale, piuttosto inatteso, si è ritrovato presidente della Fausto Coppi di Cesenatico, in cui tanti anni fa iniziò a correre.

«Mi ci hanno tirato dentro – sorride Agostini – non ci pensavo nemmeno. Non nascondo che mi fa piacere, perché è un cerchio che si chiude e mi dà il modo di restituire un po’ di quello che mi ha dato il ciclismo. E’ la mia prima società e ancora oggi ho Arrigo Vanzolini come punto di riferimento. E’ del 1934 come mio padre, ma è ancora dinamico e molto lucido. Parliamo anche della società che organizza la Nove Colli, per cui non è un ruolo assolutamente banale…».

Partenza Nove Colli 2018
Agostini è diventato il presidente della Fausto Coppi che organizza la Nove Colli
Partenza Nove Colli 2018
Nove Colli, fiore all’occhiello della Fausto Coppi
Dove troverai il tempo?

E’ quello cui sto pensando proprio adesso. La mia routine vede 10 ore di impegno quotidiano, a casa o in giro per il mondo. E un ruolo come quello alla Fausto Coppi merita che sia fatto bene, non si tratta solo di presenziare. Vorrei lasciare il segno e fare qualcosa di buono. Perciò ne ho parlato prima con Gianetti, come per ogni cosa. E quando ho capito che si può fare, ho accettato.

Dovrai avere dei validi collaboratori.

C’è già un bel gruppo e il vicepresidente sa già che avrà parecchio da fare. Il 4 gennaio in assemblea assegneremo le varie cariche sociali. Non voglio essere accentratore e voglio dividere la vetrina con i volontari, che fanno il grosso del lavoro e di cui nessuno sa niente. Forse l’unica ricompensa per il loro lavoro è che se ne parli.

E poi c’è il ruolo alla Uae Team Emirates…

Nonostante i miei sogni di bambino per cui volevo diventare un campione, sono contento dell’uomo che sono oggi. A un certo punto fu chiaro che fosse Marco quello destinato a diventare grande in bici, per me sarebbe stato troppo faticoso e forse non ne avevo le doti. Nel mio lavoro invece riesco bene. Per semplificare e tradurre in italiano il mio ruolo nella squadra (Chief Operating Officer, ndr), sono il manager che riferisce all’amministratore delegato, che nel nostro caso è Mauro Gianetti. Mi occupo di marketing, comunicazione, logistica, finanza. Il quartier generale è casa mia.

A proposito di comunicazione, amico Agostini, passi per essere il mastino blocca giornalisti…

Mi piace avere le cose sotto controllo, credo sia giusto. I corridori lo sanno e dirottano le richieste su di me o sugli addetti stampa. Non è semplice. Capita anche che ti ritrovi pubblicato su un sito un messaggio privato, che magari il corridore ha scritto per ricambiare l’attenzione di un giornalista, senza immaginare che sarebbe stato reso pubblico.

Tadej Pogacar, Tour 2020
Tadej Pogacar: dal Tour vinto, è arrivata una marea di richieste per interviste e sponsor
Tadej Pogacar, Tour 2020
Dopo il Tour, complesso gestire Pogacar
Come vi siete trovati a gestire il post Tour di Pogacar?

Bene, perché in realtà è un ragazzino molto a modo. Non ha capricci. E’ molto ligio alle regole, mai avuto un problema. Dimostra molta maturità. Anche se un paio di volte c’è stato da discutere.

Per cosa?

In certi momenti è un po’ come Roglic, tende a tagliar corto e non essere espansivo. Così dopo un paio di casi, gli ho fatto un discorso chiaro su cosa sia importante per la squadra e cosa no. Il rapporto con i media rientra fra le cose importanti, anche quello con gli sponsor. Per fortuna c’è un’ottima collaborazione con il suo manager Alex Carera.

Come vi integrate?

Lui chiede a me se abbiamo qualche obiezione a eventuali impegni e così andiamo avanti. Stavo per dire che gestisce l’extra, ma la verità è che non esiste extra, perché anche l’immagine di Tadej è al 100 per cento della squadra.

C’è chi aspetta di intervistarlo da novembre…

Lo abbiamo gestito col buon senso, per non farlo andare fuori giri. E’ un ragazzino che sa la sua, ma ad esempio avevamo previsto una conferenza stampa su Zoom per il 21 dicembre e la abbiamo rinviata a gennaio, perché in quegli stessi giorni era saltata fuori un’altra cosa in Slovenia.

Quante richieste di interviste avete avuto?

Un mare, praticamente da dopo il Tour sono state quasi soltanto per lui. Abbiamo cercato di selezionarle e farle nei tempi giusti, per non rompere il suo equilibrio personale. Per non far accavallare troppe cose.