Svizzera blindato: ora Yates e Almeida verso il Tour con Pogacar

16.06.2024
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Primo e secondo per quattro giorni di seguito al Tour de Suisse: il dominio del UAE Team Emirates anche in questo caso è stato schiacciante. Pensare che Adam Yates e Joao Almeida ora andranno al Tour da gregari di Pogacar fa capire con quanta determinazione la squadra emiratina abbia voglia di ribaltare i verdetti degli ultimi due anni. L’incidente di Vingegaard rischia di sballare le previsioni e gli equilibri, in ogni caso la consistenza del team è piuttosto impressionante.

L’ultima sfida ha visto i due compagni di squadra scaldarsi uno accanto all’altro sui rulli nella zona di partenza. Neppure uno sguardo in cagnesco, piuttosto l’intima convinzione di tirare fuori il meglio dalla giornata. E il meglio ha significato per Almeida vincere la crono, con una gestione aggressiva della prova. Per Yates una tattica conservativa, sapendo che a meno di un tracollo il margine sarebbe stato sufficiente per portare a casa la maglia gialla. Quando Almeida è sceso dai rulli per andare alla partenza, i due si sono stretti la mano e poi la sfida è cominciata. Erano le 16,19: dopo 33 minuti 23 secondi e 870 millesimi, il portoghese ha conquistato l’ultima prova. Staccato di 8 secondi, il britannico ha sollevato l’ultimo trofeo.

Ottime, a margine, le prove di Skjelmose, Riccitello, Pidcock e Lenny Martinez, ma contro quei due la partita era ingiocabile.

Almeida ha vinto la crono con un finale pazzesco, fra agilità e grande velocità
Almeida ha vinto la crono con un finale pazzesco, fra agilità e grande velocità

Il finale di Almeida

Come tutti gli altri, anche Almeida è partito con la bici da crono e poi è passato alla Colnago da salita. Un cambio necessario, visto che il finale verso Villard sur Ollons era da tappa di montagna. E mentre tanti si sono intestarditi su un rapporto troppo lungo, gli ultimi due chilometri di Almeida lo hanno visto spingere con la corona più piccola, facendo velocità con la cadenza. Curiosità nel trionfo, pur essendo un grande cronoman e avendo fatto ottime prove in precedenza, Almeida non aveva mai vinto una crono WorldTour.

«Sono davvero contento della vittoria – dice – penso che sia stata la mia prima vittoria a cronometro, escludendo i campionati nazionali, quindi è molto buono. Sapevo sin dalla partenza che sarebbe stato praticamente impossibile vincere la classifica generale contro Adam. E’ abbastanza forte ed è un combattente. Per cui sono super felice anche del secondo posto dietro di lui.

«Non sapremo mai come sarebbe andata se non avessi dovuto lavorare per lui. E’ stata una settimana fantastica, di un perfetto lavoro di squadra. Poteva essere un’occasione anche per me, ma ci siamo detti che saremmo stati corretti e alla fine è bello vincere avendo questa consapevolezza».

Yates ammette di non aver avuto le gambe per accelerare nel finale: il margine era buono
Yates ammette di non aver avuto le gambe per accelerare nel finale: il margine era buono

I fantasmi di Yates

Yates e la sua barba sono crollati sull’asfalto, ansimando forte. E proprio mentre era lì che cercava di riconnettersi con la vita, dalle spalle sua moglie ha portato il peloso cane bianco che si è messo ad annusarlo e fargli festa. A volte gli organizzatori ci lasciano interdetti: sono così severi nel tenere lontani i fotografi e poi fanno arrivare un cane (sia pure il suo) addosso al vincitore della classifica.

«E’ sicuramente una delle vittorie più importanti della mia carriera – dice Adam – non ero sicuro di riuscirci. Ovviamente, avevo i distacchi rispetto a Joao, partito davanti a me e sapevo che alla fine avrebbe accelerato. Io invece non riuscivo proprio a farlo. Ero già al limite, quindi ho provato a tenere il ritmo e per fortuna è bastato. Sono ancora senza fiato perché è stato molto impegnativo. Avevo in mente da molto tempo il 2019, quando persi la Tirreno-Adriatico per un solo secondo nell’ultima crono (vinse Roglic, ndr) dopo essere stato in testa per cinque tappe. E questo fantasma era nella mia testa da anni. Per cui finalmente è bello vincere una corsa con un’ultima crono come questa.

«In più a inizio anno ho avuto un brutto incidente e la cosa peggiore è che non capivo quanto tempo mi sarebbe servito per tornare. Per fortuna le cose sono state abbastanza rapide e ne sono grato. Vincere la corsa è già una grande cosa, dividere il podio con Joao è una sensazione davvero speciale».

Sul podio, oltre ai due del UAE Team Emirates, anche Mattias Skjelmose
Sul podio, oltre ai due del UAE Team Emirates, anche Mattias Skjelmose

Chissà se Pogacar ha seguito quest’ultima crono e si è fregato le mani immaginando quale tranquillità potranno dargli questi due angeli custodi al Tour de France. Ormai tutti i tasselli stanno andando al loro posto. Firenze sta per diventare la capitale mondiale del ciclismo. Prima con il weekend dei campionati italiani e poi con la Grand Depart. Noi siamo pronti, la sensazione è che lo siano anche loro!

Gianetti e la UAE: un mosaico costruito minuziosamente

13.06.2024
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La Svizzera è una cartolina, la bellezza ti viene in faccia quando meno te lo aspetti allo stesso modo in cui, non appena la pendenza delle salite si fa cattiva, i corridori si trovano senza gambe. Carì si trova sulle montagne del Ticino a 1.655 metri di quota, luogo incantato per escursioni e sport invernali. Ed è proprio in un punto più verde di altri che Adam Yates, dopo l’assaggio di ieri, decide di attaccare. E’ la quinta tappa del Tour de Suisse e ancora una volta il UAE Team Emirates ha preso in mano la corsa, risucchiando i fuggitivi.

«Oggi all’arrivo le primissime parole che mi ha detto Adam Yates – fa Gianetti al settimo cielo – sono state: “Mamma mia, che lavoro di squadra”. Lo ha detto un metro dopo l’arrivo e neanche ringraziando loro, ma dicendolo a me. La squadra ha fatto il lavoro e lui l’ha solo finalizzato. Questo è uno spirito bellissimo, che mi piace. Adam e Joao Almeida sono dei ragazzi straordinari. Non sono solo dei corridori veramente fenomenali, ma delle persone molto intelligenti con le quali è veramente bello lavorare».

Il Giro di Svizzera si corre in uno scenario da cartolina, ma a volte la fatica è meno poetica
Il Giro di Svizzera si corre in uno scenario da cartolina, ma a volte la fatica è meno poetica

Yates e dietro Almeida

Yates attacca come gli scalatori di una volta: lui l’alta frequenza di pedalata non sa cosa sia. Quando dà la prima bordata, il primo a tenerlo è Bernal. Poi il colombiano cede e si fa sotto Mas, finché entrambi vengono ripresi da Almeida. Procedono così, staccati di una manciata di secondi fino al traguardo. Primo Yates, secondo Almeida a 5″, terzo Bernal a 16″, quarto Riccitello a 18″, quinto Mas a 22″. Lo scenario dei due compagni di squadra quasi appaiati ricorda l’identico scenario alla Vuelta dello scorso anno.

«Sapevamo di voler fare un ritmo serrato – racconta il leader – l’intera squadra ha lavorato davvero duramente per tutto il giorno. All’inizio la Ineos ha provato a spronarci un po’ nelle prime due salite, quindi abbiamo dovuto riorganizzarci. Poi però i ragazzi sono stati super forti. Hanno controllato la fuga e poi abbiamo fatto un gran ritmo nel finale. Soprattutto con Joao (Almeida, ndr) salivamo davvero forte. E quando dalla macchina mi hanno detto che stava risalendo, mi sono voltato e quasi pensavo di vederlo passare. So che anche lui è in ottima forma, siamo venuti qui come leader alla pari. Quindi per la squadra è stata una giornata fantastica».

Un mosaico chiamato UAE Emirates

Domani intanto si vivrà uno scenario che ricorda quello del Giro nel giorno di Livigno, ma con il dovuto anticipo. La tappa regina non si potrà fare a causa della neve e in alternativa verrà proposta una… tappetta di 42,5 chilometri. Nonostante gli sforzi, si è deciso che anche il percorso alternativo previsto per la tappa regina attraverso i passi del San Gottardo e del Furka non è fattibile. Si partirà da Ulrichen con la salita finale di Blatten-Belalp che potrebbe riservare comunque degli attacchi. Gianetti da queste parti gioca in casa e ancora una volta, dopo le meraviglie del Giro, si trova ad abbracciare i corridori dopo una gigantesca prova di squadra.

«E’ una soddisfazione – dice – dopo anni di costruzione minuziosa. Pezzo dopo pezzo, come un mosaico, ogni piccola pietrina fa parte del disegno globale. Il personale, i direttori sportivi, i massaggiatori, i meccanici, i manager, il nutrizionista, i cuochi, i fisioterapisti, gli ingegneri, i nostri partner… tutti! Ciascuno mette veramente qualcosa per far sì che questo mosaico sia un bel disegno. E’ bello perché è frutto di tanta passione».

Dopo la vittoria al Giro, al Tour si andrà tutti per Pogacar: Gianetti, grande capo della UAE, non ha dubbi sulla lealtà del team
Dopo la vittoria al Giro, al Tour si andrà tutti per Pogacar: Gianetti, grande capo della UAE, non ha dubbi sulla lealtà del team

Il segreto dell’amicizia

Yates disposto a mettersi a disposizione di Almeida, poi tutti a disposizione di Pogacar al Tour. Come si costruisce una simile intesa? Bastano gli ingaggi alti per spegnere le velleità di corridori nati per essere campioni? Gianetti ascolta. E’ stato corridore. Sa com’è quando dentro hai il fuoco della vittoria.

«Questa è la cosa della quale sono più orgoglioso – dice il Team Principal e CEO del UAE Team Emirates – perché abbiamo creato la squadra partendo dai giovani. Forse uno dei pochi innesti per cui siamo andati sul mercato è proprio Adam Yates. Però Almeida, Ayuso, Hirschi, McNulty, Bjerg, Del Toro e lo stesso Pogacar sono corridori che abbiamo forgiato noi, anche nel senso dell’amicizia. Vogliamo da subito che ogni corridore abbia lo spazio per vincere, tutti i nostri giovani quest’anno ci sono già riusciti. Sei giovane, ma non devi solo lavorare e questo dà loro una carica incredibile. Avete visto con quale personalità hanno lavorato oggi Christen, Del Toro e lo stesso Mark Hirschi? Insistiamo quotidianamente su questo aspetto, per far sì che i ragazzi abbiano rispetto uno dell’altro. Affinché ciascuno in questa squadra abbia rispetto per gli altri. Dobbiamo stare assieme tutti i giorni dalla mattina alla sera, anche in camere doppie: bisogna andare d’accordo.

«Vogliamo che abbiano una mentalità molto aperta, propositiva. Non critica, ma propositiva perché vogliamo migliorare. Voglio che ognuno possa portare qualcosa di suo. Siamo la squadra migliore al mondo perché ci sono 140 persone, tra corridori e personale, che fanno il meglio per far crescere la squadra: se stessi e il gruppo. I corridori questa cosa la sentono, la percepiscono. E’ un circolo che abbiamo costruito in maniera veramente ricercata e dettagliata e io ne vado veramente molto orgoglioso».

Bernal è stato il primo a rispondere all’attacco di Yates, poi ha pagato con 16″ di ritardo
Bernal è stato il primo a rispondere all’attacco di Yates, poi ha pagato con 16″ di ritardo

Al Tour per Pogacar

Per questo stesso motivo andranno al Tour a lavorare per Pogacar: sette capitani al servizio del più capitano di tutti. Come si fa a essere certi che uno non parta con il pugnale nascosto sotto la maglia? Mauro sorride, la situazione è sotto controllo.

«Siamo chiari dall’inizio della stagione – sorride – anzi da prima che il corridore firmi il contratto. “Vuoi venire da noi? Bene, perché vuoi venire da noi? Cosa vuoi da noi come squadra? Noi da te vogliamo questo, ma tu perché vuoi venire da noi? Vogliamo capire se siamo la squadra giusta per quello che tu vuoi”. Quindi è importante chiarire questo aspetto prima di tutto. Poi inizia la stagione e a novembre Matxin fa un lavoro straordinario, corridore per corridore, su quali siano le loro ambizioni e cosa vogliano fare.

«Okay, è chiaro, al Tour c’è Tadej e si lavora per lui: questo è scontato, quindi tutti lo sanno. E sanno che se vogliono trovare un’occasione per vincere, dovranno concentrarsi e identificare il momento in cui loro stessi avranno la squadra a disposizione. E’ frutto di una programmazione molto oculata e discussa in maniera esaustiva. Da domani Yates e Almeida faranno corsa parallela perché ovviamente non corriamo da soli. Ci sono molti avversari che proveranno ad attaccare, che proveranno a fare la corsa dura, difficile, complicata. Quindi ovviamente bisognerà correre bene, sfruttare questa situazione che ci vede al comando della classifica. E se alla fine uno dei due starà meglio dell’altro, la situazione sarà accettata in modo molto sereno».

Il Gottardo accende lo Svizzera, Yates affonda il colpo

12.06.2024
5 min
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La strada verso il Tour è una sorta di grande mosaico, le cui tessere si vanno evidenziando in tutte le corse di giugno. E se il Delfinato ha segnalato i nomi di Roglic e Jorgenson, Carlos Rodriguez, Evenepoel e Buitrago, il Giro di Svizzera va ancora in cerca dei suoi tasselli. Oggi il primo arrivo in salita sul San Gottardo ha dato un bello scossone alla classifica. La tappa se l’è portata a casa Torstein Træen, norvegese di 28 anni, che dopo sette stagioni alla Uno X (quattro nel devo team e tre nella professional), ha fatto il grande salto nel WorldTour. Una bella intuizione dei manager del Team Bahrain Victorious, visto che il ragazzo non aveva ancora vinto una sola corsa, né si era distinto per clamorose azioni da gregario. Chapeau! Alle sue spalle intanto oggi si è accesa la lotta fra Yates e Skjelmose.

«Non credevo fosse possibile – ha raccontato il norvegese – perché stamattina non pensavo di avere le gambe. Poi, durante la fuga, ho iniziato a pensare a tutto quello che mi è successo negli ultimi anni e, ovviamente, a Gino (Mader, scomparso lo scorso anno prorio al Tour de Suisse, ndr). Ho sperato solo di poter resistere, e fortunatamente l’ho fatto. L’ultimo chilometro sembrava non finire mai. Yates arrivava velocemente. Non era asfalto, ma ciottolato e c’era vento contrario.

«Vincere la tappa dedicata a Gino è stato incredibile. Manca a tutti. Personalmente non lo conoscevo perché l’anno scorso non ero in questa squadra, ma sento quanto manca. Sono onorato di aver vinto questa tappa per lui, soprattutto con la sua famiglia presente. Significa così tanto…».

Prima vittoria da pro’ per Torstein Træen, norvegese classe 1995
Prima vittoria da pro’ per Torstein Træen, norvegese classe 1995

Gli scatti di Yates

Alle sue spalle, è mancato poco che Adam Yates riuscisse nella grande rimonta. L’inglese ha attaccato quando forse mancava troppo poco all’arrivo e alla fine non è riuscito a recuperare gli ultimi 23 secondi: quando è partito il fuggitivo viaggiava oltre quota 3 minuti. In più con i suoi 58 chili, quando ha messo le ruote alte in carbonio sul selciato che sale al Gottardo, che ha il simpatico nomignolo “Tremola”, la sua azione si è un po’ disunita. Ugualmente il britannico ha conquistato la maglia gialla.

«E’ stata una bella tappa – ha detto – anche se il piano oggi non era di attaccare. Dopo aver dato un’occhiata agli arrivi, volevamo cercare di risparmiare un po’ di energia. Ma durante la salita mi sentivo bene e così ho deciso di mettere i ragazzi davanti e fare un bel ritmo. Ho attaccato solo per vedere se qualcuno mi avrebbe seguito, non ero molto sicuro di me nel tratto con i ciottoli. Non mi piacciono le strade così, perché quando pesi meno di 60 chili, vieni sballottato qua e là ed è piuttosto difficile trovare la giusta trazione. Quindi prima ho attaccato solo per vedere. E visto che nessuno mi ha seguito, ho deciso di continuare.

«Penso che la salita di domani mi si addica un po’ meglio. E’ un po’ più ripida, ma d’ora in avanti ogni giorno si arriva in cima ad una montagna, anche la crono ha l’arrivo in alto. Quindi il difficile sta per arrivare. Sarà una settimana molto dura, ma la squadra sembra forte e motivata. Quindi spero che alla fine diremo che sarà stata una bella settimana».

Skjelmose nella scomoda posizione di avere Almeida (compagno di Yates) così vicino
Skjelmose nella scomoda posizione di avere Almeida (compagno di Yates) così vicino

Le risposte di Skjelmose

La tappa di domani di cui parla Yates prevede l’arrivo a Carì, a quota 1.636, a capo di una salita di 10,2 chilometri all’8 per cento di pendenza media. La classifica è ancora corta, ma oggi alle spalle di Yates si è mosso bene il vincitore uscente Mattias Skjelmose.

«Credo che oggi abbiamo corso bene – ha detto  Skjelmose – come squadra abbiamo fatto quello che dovevamo. I ragazzi hanno creduto in me e hanno fatto un ottimo lavoro per tenere sotto controllo la situazione per molto tempo, Jacopo (Mosca, ndr) in particolare. L’attacco di Yates è stato violento. Se fossi stato alla sua ruota, forse avrei potuto provare a seguirlo. Comunque è andato forte, ma io ho avuto sempre la sensazione di buone gambe, quindi ho deciso di aspettare il momento giusto per forzare il ritmo e minimizzare le perdite. Sono contento della mia prestazione.

«Per me era il primo test in montagna dopo aver staccato e aver fatto il training camp in altura. Si arriva a giorni come questo sempre con un po’ di dubbio, invece alla fine mi sono sentito davvero bene e questa è la cosa più importante. Anche se Yates oggi ha mostrato un’ottima forma, sento che la gara per la classifica generale è ancora aperta. Sono in una buona posizione. Avremo tre tappe di montagna e una cronometro per giocarci le nostre possibilità. Ci proveremo».

Bettiol ha difeso la maglia, ma le pendenze e una caduta hanno reso il compito impossibile
Bettiol ha difeso la maglia, ma le pendenze e una caduta hanno reso il compito impossibile

I dubbi di Bernal

Skjelmose ha lo stesso distacco di Almeida e questo potrebbe rendergli la vita molto difficile. Il portoghese e il britannico, entrambi di maglia UAE Emirates potrebbero metterlo facilmente in mezzo e questo aggiunge un tocco di pepe al Giro di Svizzera. Per dare l’idea della forza della UAE Emirates, consideriamo che i due andranno al Tour per fare da gregari a Pogacar!

Oggi nella scia di Skjelmose e Almeida si è visto anche Bernal, che ha ceduto 12 secondi soltanto nell’ultimo chilometro. Il colombiano viaggia a 49 secondi nella generale e c’è da capire a che punto sia il suo recupero della miglior condizione. Nei giorni scorsi ha detto che qualora non si sentisse all’altezza dei migliori, potrebbe rinunciare al Tour. Difficile da credere, ma merita di essere seguito. La sensazione è che i giochi siano appena agli inizi.

Polmonite alle spalle, Uijtdebroeks rilancia sull’estate

11.06.2024
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Quasi certamente non avrebbe impensierito Pogacar, però di certo l’uscita di Uijtdebroeks dal Giro ha privato la quotidianità di un elemento di disturbo. Che fosse per la maglia bianca o per un piazzamento sul podio, il belga della Visma-Lease a Bike avrebbe attaccato di certo. E a quel punto qualche equilibrio alle spalle della maglia rosa sarebbe potuto cambiare.

In questi giorni lo abbiamo ritrovato in gara al Tour de Suisse, corsa che nel 2023 chiuse al nono posto con qualche bella azione in montagna. Il suo percorso nella squadra olandese è stato colpito da identica sfortuna. Intendiamoci, anche il 2023 non fu baciato dalla sorte migliore: ricordiamo bene i guai alla partenza del Giro e le sostituzioni in extremis. Quella Jumbo Visma però era talmente piena di campioni al top della forma, che non ebbe problemi a concludere l’anno in modo trionfale. Quest’anno, partito Roglic, la sfortuna ha colpito anche i pezzi grossi e le cose si stanno mettendo maluccio.

«Incredibile tanta sfortuna – ha detto Uijtdebroeks al belga Het Nieuwsblad al via dello Svizzera – e continua ad andare avanti. Kruijswijk e Van Baarle, entrambi concentrati specificatamente sul Tour, hanno avuto problemi seri. Fortunatamente abbiamo una squadra forte, con altri atleti che rientrano anche da malattie o infortuni. Troveremo una soluzione. Per me il Tour non è certamente un’opzione. Primo perché non era mai nei miei programmi e quindi non l’ho preparato. Secondo perché sono ancora molto giovane. A meno che tutti i corridori dell’intera squadra non si fermino di colpo. Ma per fortuna questa possibilità mi sembra inesistente».

Il Giro d’Italia di Uijtdebroeks era cominciato con il 14° posto nella tappa di Torino
Il Giro d’Italia di Uijtdebroeks era cominciato con il 14° posto nella tappa di Torino

La polmonite del Giro

Un senso dell’humor ad alto rischio quello del 21 enne belga della provincia vallone di Liegi, che al Tour de Suisse ha debuttato con una crono senza squilli (in apertura foto Instagram/Visma-Lease a Bike) e una prima tappa in gruppo, dato l’arrivo in volata. La sua ultima apparizione in corsa era stata appunto la decima tappa del Giro, vinta da Paret Peintre nello scenario stupendo di Bocca della Selva, sulle montagne beneventane.

«Avevo davvero la speranza di poter ripartire il giorno successivo – racconta – ma mi sono sentito male. Già la mattina, durante le interviste prima della corsa, mi veniva da tossire, avevo il fiato corto… Però continuavo a pensare a un raffreddore da fieno. Alla fine ho finito anche abbastanza bene, a 13 secondi da Pogacar. Per cui ho pensato che mi sarebbe bastata una notte di sonno per mettere tutto a posto. Invece sui rulli dopo la corsa ho iniziato a capire che qualcosa non andasse, quasi non riuscivo a respirare. Ci siamo accorti che avevo la febbre a 39: il medico ha capito subito che avevo la polmonite e il mio Giro è finito lì. E’ stato un duro colpo. Non avevo mai raggiunto un livello così alto. Soprattutto perché la prima parte del Giro non mi stava piacendo, ma avevo fiducia che andando verso le montagna il bello dovesse ancora venire».

La ripresa ad Andorra

Al momento del ritiro, Uijtdebroeks indossava la maglia bianca dei giovani, seguito a 12 secondi da Tiberi. Proprio quel giorno Antonio gli aveva guadagnato 9 secondi, magari anche per le sue condizioni.

«Era un Giro ancora tutto da correre – prosegue – difficile dire cosa sarebbe successo. Quello che ho visto fare a Pogacar non lo avevo mai visto in vita mia. Era bello corrergli accanto, nel giorno di Rapolano sugli sterrati mi sono divertito e per questo mi dispiace non aver potuto lottare per difendere o migliorare il mio piazzamento. La cosa peggiore è che i problemi ai polmoni sono andati avanti a lungo, più di quanto mi aspettassi. Una sensazione di bruciore e sempre mancanza di respiro, che a quanto pare sono sintomi tipici della polmonite. Alla fine sono rimasto fermo per una settimana, poi ho ripreso e a quel punto è entrato in ballo il Giro della Svizzera. Abbiamo iniziato a ricostruire passo dopo passo, con uno stage in quota ad Andorra. All’inizio con molta attenzione, per non fare più danni della stessa malattia. Ho trascorso lassù più di due settimane e adesso le condizioni sono di nuovo abbastanza buone. Certo non ho la forma del Giro, ho perso parecchio…».

Sono servite due settimane ad Andorra per ritrovare una buona condizione (foto @elcastelletproduccions)
Sono servite due settimane ad Andorra per ritrovare una buona condizione (foto @elcastelletproduccions)

Mirino sulla Vuelta?

Resta ora da capire quale sia il suo vero livello in uno Svizzera che vede al via meno facce da Tour rispetto al Delfinato. Quale sarà il suo posto in gruppo, soprattutto dopo lo stop per la polmonite? Neppure Cian lo sa e quando ha aperto il libro di corsa, non ha avuto grosse sensazioni, salvo poi riprendersi con lo sfogliare le tappe.

«Quando ho visto che nel finale ci sono tante montagne, sono stato felice. Poi mi è preso un colpo vedendo che l’ultimo giorno c’è una cronometro, finché però ho visto che si tratta di una cronometro in salita. Sono motivato, dovrei riuscire di nuovo a raggiungere un buon picco di forma e spero di ottenere qualcosa di buono. Resta da vedere se ciò significhi un posto tra i primi dieci, tra i primi cinque o altro. Non voglio fare pronostici. E a quel punto valuteremo come proseguire la stagione. Non avendo finito il Giro, la Vuelta potrebbe diventare un’opzione, ma non ne abbiamo ancora parlato. Il finale di stagione ha tante possibilità, incluso il mondiale. Intanto il passo successivo saranno i campionati nazionali e poi sarò a disposizione della nazionale».

Lo Svizzera di Velasco, fra mal di gambe e un piano tricolore

11.06.2024
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Sta diventando un tema. Andare a fare una corsa a tappe pochi giorni dopo il Giro d’Italia non è più semplice come una volta. Lo aveva raccontato Fortunato al Delfinato, lo ha confermato ieri Bartoli. La voce che si aggiunge oggi è quella di Simone Velasco. Il campione italiano però al Giro di Svizzera c’è andato con due motivazioni speciali. La prima è vincere una corsa con la maglia tricolore, prima di rimetterla in palio il 23 giugno a Firenze. La seconda è riconquistarla, in modo da continuare il suo viaggio da ambasciatore italiano nel mondo.

«Io gliel’avevo detto a Fortunato che il Delfinato era troppo vicino – dice scherzando il bolognese – poi alla fine è andato anche abbastanza bene, perché è riuscito a prendere la maglia degli scalatori. Gli ho detto che al suo posto ci avrei pensato e che facendo invece lo Svizzera avrebbe avuto più tempo per recuperare, però ormai è andata così».

Nella tappa di avvio dello Svizzera, Velasco e l’Astana hanno lavorato per Cavendish, che però ha chiuso staccato di 8 minuti
Nella tappa di avvio dello Svizzera, Velasco e l’Astana hanno lavorato per Cavendish, che però ha chiuso staccato di 8 minuti
A te invece come sta andando?

Sicuramente non ho potuto mollare più di tanto, altrimenti qui non ci sarei nemmeno arrivato. Quindi ho fatto 4-5 giorni abbastanza tranquilli e poi ho ripreso ad allenarmi, non proprio come se non avessi fatto il Giro, però comunque due o tre allenamenti belli tosti li ho messi dentro. Adesso siamo qua e la condizione è un giorno buona e un giorno male, come succede sempre dopo il Giro. Ho cominciato a notarlo nella tappa di ieri. Ci sono dei momenti che ti senti da Dio e dei momenti che sei morto, però questo si sa. L’anno scorso ero messo forse peggio, perché il Giro l’avevo chiuso al lumicino. Perciò spero di fare un bel risultato in qualche tappa. Con la maglia tricolore ho fatto tanti bei piazzamenti, ma non ho mai vinto e forse è l’unico rammarico che ho di questa stagione.

Quindi il Giro non ti ha dato condizione?

La condizione non te la dà più un Grande Giro, ma solo l’allenamento fatto bene in quota e qualche corsa. Una breve corsa a tappe o una serie di gare di un giorno. Il Giro, come il Tour e la Vuelta, possono darti la gamba buona, ma devi avere il modo di recuperare e per farlo ci vuole del tempo. Qualche anno fa i Grandi Giri erano meno tirati, difficilmente arrivavi alla fine così al lumicino.

Il Giro è stato duro, Velasco ammette di essere arrivato in fondo meglio del 2023, ma piuttosto provato
Il Giro è stato duro, Velasco ammette di essere arrivato in fondo meglio del 2023, ma piuttosto provato
In compenso Van der Poel arriva al Tour avendo fatto in stagione soltanto sette classiche.

Anche da questo si vede che è diventato un cecchino. Prepara gli appuntamenti, vuole arrivarci ben preparato e consapevole della condizione che ha. Effettivamente non si può che dargli ragione, perché quest’anno ne ha sbagliati veramente pochi, anzi direi quasi nessuno. Tutti i grandi corridori vanno mirati agli appuntamenti principali. Addirittura tanti di quelli che andranno al Tour salteranno i campionati nazionali per restare in altura. Siamo arrivati a questi livelli…

Anche tu avresti preferito essere in altura e non allo Svizzera?

Se avessi dovuto scegliere, forse quest’anno non avrei neanche fatto il Giro. Le tappe alla mia portata erano veramente poche e forse mi sarei orientato sul Tour. Avrei fatto una preparazione più centrata sulle classiche e poi l’altura a giugno, per cui sarei arrivato ai campionati italiani molto più fresco. Però d’altro canto con la maglia tricolore è anche bello partire nella corsa di casa. In ogni caso dopo il Giro, avrei preferito staccare un po’, andare in altura e preparare l’italiano. Solo che non andando al Tour, avrei fatto l’altura per una sola gara. Se va bene, sei stato un grande. Se va male, ti prendono per stupido.

Tricolori 2023 a Comano, l’abbraccio fra Velasco e Martinelli che lo guidò dall’ammiraglia
Tricolori 2023 a Comano, l’abbraccio fra Velasco e Martinelli che lo guidò dall’ammiraglia
Come è stato questo anno in maglia tricolore?

Sicuramente un anno speciale, un motivo di orgoglio. Mi ha dato tanto e penso di essere cresciuto anche a livello fisico e mentale. Sarà difficile riconfermarsi, ma sono convinto che domenica 23 sarò in buona condizione. L’importante sarà vincerlo di squadra, se poi riesco a riconfermarmi io, ancora meglio. Comunque uno l’ho portato a casa e lo terrò sempre con me. Il tricolore è qualcosa di importante in tutto il mondo, tutti conoscono l’Italia. In Canada è capitato in due o tre occasioni che mi avvicinasse qualcuno per fare una foto insieme e mi dicesse di essere italiano. Sono cose che ti toccano, insomma…

L’anno scorso la vittoria fu tua e di Martinelli che ti guidò dall’ammiraglia.

Anche quest’anno si parte per fare bene. Poi sono le gambe a dare le sentenze finali. Non tutti gli anni sono uguali e penso che quest’anno quelli che poi andranno al Tour verranno a Firenze con la voglia di fare bene. Non sono tanti, ma sono tutti papabili vincitori.

Bennati gli ha illustrato il percorso dei tricolori: il 23 giugno la sfida si rinnoverà
Bennati gli ha illustrato il percorso dei tricolori: il 23 giugno la sfida si rinnoverà
Cosa sai del percorso?

Non ho mai corso la Per Sempre Alfredo, che è alla base degli italiani. Però ho parlato con Bennati che mi ha mandato il file del percorso gara e l’ho guardato. Sicuramente andrò giù un giorno prima per visionarlo. Potrebbe svolgersi sulla falsa riga dell’anno scorso, forse è leggermente più duro. Dall’ultimo scollinamento mancherà un po’ meno all’arrivo e la discesa è tecnica, quindi sarà anche difficile ricucire in caso di un attacco forte. Bisogna solo farsi trovare pronti e non mollare. Mordere il manubrio e poi sperare di avere buone gambe. Perciò adesso si prova a fare qualcosa anche qua e poi… ci vediamo in Toscana!

Q36.5 veste i leader del Tour de Suisse

11.06.2024
4 min
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Dovremo aspettare fino a domenica prossima per conoscere il vincitore dell’edizione numero 87 del Tour de Suisse. Se ci sono ancora delle incertezze sul nome di chi succederà nell’albo d’oro della corsa tappe elvetica a Mattias Skjelmose, vincitore dell’edizione 2023, non ci sono dubbi su chi ogni giorno “veste” i leader delle singole classifiche (in apertura, Yves Lampaert, leader dopo la tappa di ieri). Per il terzo anno consecutivo Q36.5 è infatti partner tecnico del Tour de Suisse, da sempre considerato il “quarto giro” in ordine di importanza dopo Tour, Giro e Vuelta.

Q36.5 mette tutta la sua conoscenza tecnica al servizio della squadra professional che porta il suo nome
Q36.5 mette tutta la sua conoscenza tecnica al servizio della squadra professional che porta il suo nome

Protagonista anche in corsa

Il marchio Q36.5 non è presente al Tour de Suisse solamente nel ruolo di fornitore tecnico delle maglie dei leader di classifica. Lo ritroviamo quotidianamente in gara grazie al Q36.5 Pro Cycling Team che ha ottenuto una wild card per la corsa “di casa”.

Sebbene Q36.5 sia a tutti gli effetti un brand italiano, i suoi fondatori, Luigi Bergamo e Sabrina Bergamo Emmasi, hanno infatti un forte legame con la Svizzera. Qui hanno costruito una buona parte della loro esperienza professionale che li ha portati a sviluppare un personalissima visione sull’abbigliamento da ciclismo, innovativo e orientato alle alte prestazioni.

Le maglie dei leader

Come da tradizione, le maglie dei leader delle singole classifiche sono quattro: gialla, destinata al capo classifica; nera, per il leader della classifica a punti; rossa, per il re della montagna; bianca per il miglior giovane.

A unire tutte queste maglie la qualità tecnica tipica di ogni prodotto Q36.5. Rigorosamente Made in Italy, le maglie dei leader del Tour de Suisse sono state sviluppate sul modello Gregarius Pro della collezione del brand bolzanino. Gregarius Pro utilizza gli esclusivi tessuti Q36.5 e presenta un taglio aerodinamico che segue la mappatura del corpo per offrire una vestibilità confortevole. Il posizionamento più efficiente dei pannelli e delle cuciture, la scelta di utilizzare i materiali di alta qualità completano la maglia, che risulta leggera e ultra-traspirante, perfetta per le giornate estive. La maglia è dotata di tre tasche posteriori per offrire spazio per riporre gli oggetti senza aggiungere ingombro o causare resistenza all’aria. La rete delle tasche, infatti, si espande quando necessario e aderisce alla schiena quando non utilizzata.

Per chi fosse interessato, segnaliamo che le maglie replica, e i relativi accessori, sono già disponibili in store selezionati ed online sul sito www.q36-5.com.

Chiudiamo con le parole di Luigi Bergamo, CEO e Responsabile Ricerca e Sviluppo di Q36.5: «Il nostro obiettivo è sempre stato quello di sviluppare prodotti che consentano agli atleti, sia professionisti che amatori, di ottenere il massimo in termini di prestazioni e permetter loro di spingersi al limite senza dover pensare ad altro se non a concentrarsi sui propri traguardi. Questa è una promessa su cui possono contare anche i leader di classifica del Tour de Suisse».

Ricordiamo che il Tour de Suisse è scattato domenica scorsa da Vaduz e si concluderà domenica prossima 16 giugno a Villars-sur-Ollon con una cronoscalata che decreterà il successore di Mattias Skjelmose.

Q36.5

Wilier Supersonica, debutto oggi con Kung al Tour de Suisse

09.06.2024
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Quando Wilier Triestina è subentrata a Lapierre in casa Groupama-FDJ era chiaro a tutti che l’eredità fosse pesante. Se non altro perché la collaborazione fra le due realtà francesi andava avanti da anni e aveva visto lo sviluppo di modelli sulla base delle esigenze del team. Chi ha assistito allo sviluppo di quelle bici ricorda le interazioni fra gli ingegneri del team e quelli di Lapierre. Ora anche Wilier ha iniziato un cammino analogo, sapendo di avere di fronte una squadra di grandi talenti, di esigenze importanti e traguardi elevati.

La sfida della crono

Le vittorie di Lenny Martinez e Gregoire in salita hanno confermato che le biciclette da strada, su tutte la Filante SLR, hanno raggiunto uno standard vincente. Restava da accontentare uno dei cronoman più forti al mondo: Stefan Kung. Lo svizzero, che oggi ha preso il via nel Tour de Suisse con l’ottavo posto nella crono di apertura, ha esigenze e richieste importanti. Ed è proprio per lui che Wilier ha messo allo studio e portato a termine il progetto Supersonica.

«Si tratta del primo vero progetto sviluppato da zero insieme a Wilier», dice Jeremy Roi, responsabile per lo sviluppo dei materiali nella squadra di Madiot. «Il reparto Innovation Lab di Wilier – spiega – ha speso un’enorme quantità di ore e i risultati sono arrivati in tempi record. Dopo i tanti test virtuali effettuati e poi in galleria del vento, siamo orgogliosi di vedere questa bici veloce e moderna che ha preso forma in meno di un anno.

«Devo dire che sono state gettate solide basi per il futuro della nostra collaborazione. Le prestazioni si sono fatte notare dalla cura dei dettagli. Geometria rivista, spiccata efficienza aerodinamica, rigidità ottimizzata e un nuovo manubrio migliorato. Dopo aver seguito con attenzione ogni singola fase del progetto, sono davvero entusiasta».

Due prototipi

Per arrivare al risultato finale sono stati realizzati due prototipi. Fatti infiniti test di stampa 3D, con oltre 50 ore di simulazione al computer. 30 ore fra la galleria del vento di Silverstone, il velodromo in Svizzera e test su strada in Belgio.

I passaggi non sono stati pochi né semplici. Il punto di partenza è stato un’analisi dell’atleta da cui ottimizzare la posizione in bicicletta. Grazie alla scansione ottica dell’avambraccio, è stato possibile realizzare su misura le appendici aerodinamiche, scegliendo tra titanio stampato in 3D o laminato in carbonio di altissima qualità. La posta in gioco del resto è elevata. Va bene il Giro di Svizzera, ma l’agenda di Kung ruota soprattutto sulle Olimpiadi a cronometro e poi sui mondiali che si correranno in Svizzera.

«Sono molto felice e anche molto impressionato – ha detto Kung al termine dei test – dal lavoro svolto da Wilier. La sfida era molto difficile. Quando è stato firmato il contratto tra Wilier e la squadra ad agosto 2023, fin da subito si sono concentrati al 100% sul progetto di Supersonica. Sviluppare una bici da zero in 9 mesi è già difficile, ma sviluppare la migliore bici da cronometro in 9 mesi lo è ancora di più. Vedere tutte le persone che sono state coinvolte e ci hanno lavorato a lungo, che mi hanno seguito ed ascoltato, è una motivazione forte per cercare di dare tutto il possibile nel giorno della gara.

«La bici è stata concepita per andare veloce, lo senti subito quando ci sali sopra. Dopo aver pedalato sul primo prototipo ad inizio 2024, abbiamo apportato alcune modifiche. In poco tempo è arrivato il secondo prototipo che ha risposto perfettamente alle richieste che ho fatto. Non vedo l’ora di pedalare e, soprattutto, di vincere!».

Solo per Kung

Proprio per far capire che si è lavorato su misura per Kung, al momento la Supersonica è disponibile solo la taglia di progetto L/XL (quello usato dallo svizzero). Le misure XS/S e M saranno disponibili ad inizio 2025, per cui nel resto della stagione Gaudu e i corridori che faranno classifica continueranno a usare la già collaudata Turbine.

Il telaio della nuova bici tiene conto delle misure imposte dall’UCI e ottimizza i vari segmenti inseguendo aerodinamica e prestazione. Il reggisella aerodinamico è integrato e prevede la possibilità di regolazione della sella. La forcella e il carro posteriore permettono un passaggio ruota fino a 28 millimetri. Il piantone non ha andamento rettilineo. Nella parte subito sopra al movimento centrale è curvo e segue la sagoma della ruota posteriore. Nella parte immediatamente superiore che porta al reggisella è affilato come una lama. L’attacco per il deragliatore si può rimuovere e il sensore per il powermeter è integrato nel carbonio del fodero orizzontale di destra subito dietro la scatola del movimento centrale.

Già sul mercato

La bici è già in vendita e da Wilier hanno diffuso anche i prezzi. Il kit telaio (telaio + forcella + manubrio + reggisella) a 9.000 euro.

Montata con Shimano Dura Ace Di2 / ruota lenticolare posteriore Miche KleosRD + anteriore SPX3 / Appendici Profile Design ACS PRO a 20.500 euro.

Con Shimano Dura Ace Di2 / ruota lenticolare posteriore Miche KleosRD + anteriore SPX3 / appendici fatte su misura del cliente, in carbonio o titanio a 27.400 euro.

Wilier Triestina

Skjelmose è pronto a prendersi tutto. Parola di Andersen

23.06.2023
5 min
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Di Mattias Skjelmose si parla da tempo come uno degli elementi di spicco del nuovo ciclismo, uno di quei corridori capaci di entusiasmare. Al Giro della Svizzera è stato capace di dare scacco matto a gente come Evenepoel e Ayuso, ossia corridori della sua generazione, ma già capaci di prendere parte a classiche e grandi Giri vestendo il ruolo del favorito. Sarà questo il futuro del danese della Trek Segafredo?

Chi lo conosce bene è Kim Andersen, diesse di lungo corso con un lungo passato da pro’ negli anni Ottanta e Novanta. Kim lo seguiva già dalle categorie inferiori, ha fortemente insistito per portarlo alla Trek e i risultati gli stanno dando ragione.

«Ho sentito parlare di lui da chi segue il mondo delle corse juniores – racconta il dirigente danese – e mi sono fidato, ho iniziato a seguirlo e ho visto che ha grandi qualità, tali da convincermi a portarlo nel team e per certi versi a bruciare le tappe».

A destra Kim Andersen, ex pro’ di 65 anni nello staff della Trek sin dal 2012
A destra Kim Andersen, ex pro’ di 65 anni nello staff della Trek sin dal 2012
Quali sono i suoi punti di forza e i suoi punti deboli?

Innanzitutto è molto dedito al suo lavoro e fa di tutto per questo. E ovviamente fisicamente ha anche de buoni valori. Può fare bene sia a cronometro che in salita, ma soprattutto moltiplica tutto ciò perché ha la testa del corridore e questo pesa molto.

Che cosa è stato determinante per la sua vittoria in Svizzera?

Penso che il primo passo sia stato in salita perché vista la gente che c’era, le differenze erano minime tra i più forti. Nelle tre tappe di montagna, è arrivato primo, terzo e secondo, con una continuità e una costanza che a questi livelli fanno la differenza, poi nella cronometro finale ha avuto una grande prestazione meritandosi la vittoria finale.

Skjelmose è migliorato molto a cronometro. Ieri è giunto secondo ai campionati nazionali
Skjelmose è migliorato molto a cronometro. Ieri è giunto secondo ai campionati nazionali
Lo vedi più come corridore per corse a tappe o per le classiche?

Quest’anno abbiamo scoperto che in realtà è fortissimo anche nelle corse d’un giorno perché è bravissimo sia nel gestirsi, sia nella guida della bici, ma io non sono rimasto sorpreso, si era visto anche negli anni scorsi che aveva tutte le qualità per essere un corridore completo, me ne sono subito accorto e per questo l’ho voluto con noi, ora poi è cresciuto ulteriormente anche nelle cronometro e questo lo fa crescere ancora in autostima.

La sua più grande delusione è stata probabilmente il Giro d’Italia dello scorso anno: che cosa gli mancò allora?

Penso che puntando alla maglia di miglior giovane abbia fissato un obiettivo troppo alto per quel momento. Qualcosa nell’allenamento non aveva funzionato e i risultati sono stati di conseguenza. Ora ha trovato un suo equilibrio, anche con l’alimentazione, l’allenamento, la gestione dell’altura. Ha fatto tesoro di quella grande delusione. Non dimentichiamo che veniva da due anni difficili con attività ridotta a causa del Covid. Molti dicono che ha pur sempre la stessa età di Evenepoel, ma ognuno matura con i suoi tempi, quelli di Mattias sono solo un po’ più lenti, ma si vede che sta arrivando…

Il danese con Evenepoel. Alla fine Mattias ha vinto lo Svizzera con 9″ su Ayuso e 45″ sull’iridato
Il danese con Evenepoel. Alla fine Mattias ha vinto lo Svizzera con 9″ su Ayuso e 45″ sull’iridato
Come persona che tipo è?

E’ un ragazzo molto simpatico, il tipico ragazzo di città, con tutti gli interessi della sua età, ma ripeto ha una grande concentrazione per quello che fa e per certi versi ciò mi stupisce. E’ una persona con cui è molto piacevole lavorare perché è con i piedi per terra, sa cosa vuole ed è davvero dedito a fare di tutto per raggiungerlo.

In Svizzera ha battuto campioni come Evenepoel e Ayuso: secondo te è ormai ai livelli dei più forti?

Lo dice il ranking, se sei il numero dieci nella classifica mondiale significa che non ci sei arrivato in una sola gara, è quello il tuo status attuale, in questo caso i numeri non mentono. Non penso che Remco fosse comunque al top, ma anche quando non sta bene vuole sempre vincere e non c’è riuscito. Ha vinto Mattias, quindi ovviamente significa che la crescita lo sta portando a quei livelli, dove non deve temere nessuno. Ora lo cercano tutti, ma verranno anche giorni in cui avrà brutte giornate e dovrà essere bravo a superarle.

Il danese della Trek ha vinto la terza tappa finendo sul podio nelle due successive
Il danese della Trek ha vinto la terza tappa finendo sul podio nelle due successive
Al Tour de France che cosa ti aspetti da lui?

Bella domanda. Penso che in realtà possa fare abbastanza bene, ma non rimarrò deluso se un giorno dovesse perdere l’aggancio in classifica. Penso che sappiamo tutti che il Tour è qualcosa di speciale, di molto difficile. E’ tutto. E’ la gara con più stress, ma penso che possa gestirla e la stiamo affrontando con gli occhi aperti e l’obiettivo che deve essere innanzitutto quello di imparare. Lo prendiamo giorno per giorno. Non si era allenato per essere vincitore del Giro di Svizzera, probabilmente è al top della forma. Abbiamo studiato bene il percorso, lo conosciamo, ma c’è ancora molta strada per arrivarci. Quindi vedremo, ma in realtà penso che possa fare abbastanza bene.

Mattias ha ancora 22 anni: secondo te al mondiale sarebbe più utile correre fra gli Elite o fra gli Under 23?

Non correrà mai fra gli under 23, è un capitolo che abbiamo chiuso da molto tempo. Ormai deve guardare al vertice assoluto, senza discussioni.

Addio Mader: «Grazie per la luce, la gioia, le risate»

16.06.2023
4 min
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«E’ con profonda tristezza e con il cuore pesante che dobbiamo annunciare la scomparsa di Gino Mader. Venerdì 16 giugno, a seguito di un gravissimo incidente durante la quinta tappa del Tour de Suisse, Gino ha perso la sua battaglia per riprendersi dalle gravi ferite riportate. Tutta la nostra squadra è devastata da questo tragico incidente e i nostri pensieri e le nostre preghiere sono con la famiglia e i cari di Gino in questo momento incredibilmente difficile».

Settima tappa del Giro 2021, Gino Mader conquista San Giacomo
Settima tappa del Giro 2021, Gino Mader conquista San Giacomo

L’eroe di San Giacomo

Inizia così il comunicato del Team Bahrain Victorious che ci ha raggelato il sangue, come accadde con Fabio Casartelli al Tour del 1995. Mader era nato il 4 gennaio del 1997 ed era passato professionista nel 2019 alla Dimension Data, spostandosi poi al suo team attuale.

Era salito agli onori della cronaca nell’ultima tappa della Parigi-Nizza del 2021, quando sul traguardo di Valdeblore La Colmiane, Roglic lo aveva superato negli ultimi metri di una lunga fuga. Ma il giovane svizzero, atleta di talento e persona brillante si era rifatto con gli interessi nello stesso anno, vincendo la tappa di San Giacomo al Giro d’Italia e poi quella di Andermatt al Giro di Svizzera. E proprio la corsa di casa gli è stata fatale.

«A seguito dell’incidente ad alta velocità avvenuto durante la discesa finale della tappa di giovedì – prosegue il comunicato – Mader è stato rianimato sul posto dal personale medico che ha anche eseguito la rianimazione cardiopolmonare, prima di essere trasportato in aereo in ospedale.

«Nonostante i migliori sforzi del fenomenale staff dell’ospedale di Coira, Gino non ce l’ha fatta a superare la sua ultima e più grande sfida, e alle 11,30 abbiamo salutato una delle luci splendenti della nostra squadra.

«Gino è stato un atleta straordinario, un esempio di determinazione, un membro prezioso della nostra squadra e di tutta la comunità ciclistica. Il suo talento, la dedizione e la passione per lo sport ci hanno ispirato tutti».

Mader era impegnato nel Giro di Svizzera. Questa foto è del giorno prima dell’incidente
Mader era impegnato nel Giro di Svizzera. Questa foto è del giorno prima dell’incidente

Grazie per la luce, la gioia, le risate

L’amministratore delegato Milan Erzen ha commentato questa mattina: “Siamo devastati dalla perdita del nostro eccezionale corridore. Il suo talento, dedizione ed entusiasmo sono stati fonte d’ispirazione per tutti noi. Non era solo un ciclista di grande talento, ma anche un grande persona fuori dalla bici. Porgiamo le nostre più sentite condoglianze alla sua famiglia e ai suoi cari, e i nostri pensieri sono con loro in questo momento difficile. Il Team Bahrain Victorious correrà in suo onore, mantenendone la memoria su ogni strada che percorreremo. Siamo determinati a mostrare lo spirito e la passione che Gino ha mostrato, e rimarrà sempre parte integrante del nostro team”.

«La famiglia di Gino ha chiesto privacy mentre piange la sua perdita e chiediamo gentilmente che i loro desideri siano rispettati. Il team e la famiglia esprimono la nostra gratitudine per il travolgente supporto che abbiamo ricevuto da tutto il mondo del ciclismo.

«Gino, grazie per la luce, la gioia e le risate che hai portato a tutti noi, ci mancherai come pilota e come persona».

Lo Svizzera si ferma

Dopo un breve conciliabolo con tutte le parti coinvolte, Olivier Senn ha annunciato che la tappa di oggi del Giro di Svizzera non avrà luogo. Il gruppo pedalerà soltanto negli ultimi 20 chilometri, restando compatto per ricordare l’atleta svizzero.

«Siamo tutti devastati – si legge nel comunicato del direttore generale della corsa – noi come organizzazione, le squadre, i corridori, tutti quanti. Quanto successo è davvero terribile, è difficile ora per me parlare, perché Gino era una splendida persona e non meritava di lasciare questo mondo in questo modo. Lo conoscevano tutti e tutti gli volevamo bene. Oggi non correremo ma vogliamo ricordarlo e omaggiarlo con una passerella del finale di gara. Correremo tutti assieme, in gruppo, fino al traguardo in ricordo di Gino».