Cassani: il Tour, Prudhomme, il Papa e un pensiero su Moscon

21.06.2024
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Dopo aver parlato con Gianni Moscon qualche giorno fa, una voce nella testa ci aveva consigliato di fare uno squillo a Davide Cassani. Il ricordo di quando anni fa il trentino ci aveva parlato dell’ex cittì come uno dei pochi con cui fosse riuscito a tirare fuori il meglio ci era rimasto attaccato addosso. Il quinto posto ai mondiali di Innsbruck e il quarto l’anno dopo ad Harrogate furono gli squilli di un Moscon ad altissimo livello. Nel 2021 le due vittorie al Tour of the Alps e quella di Lugano sono ancora le ultime di una carriera che sembrava destinata a ben altri palcoscenici. Invece qualcosa si è inceppato e abbiamo pensato di chiedere a Cassani quale fosse il suo approccio con l’atleta che andrà al Tour accanto a Remco Evenepoel.

Il fatto è che se chiami Cassani in questi giorni che conducono al Tour de France, rischi di restare a bocca aperta. Se ne parlava ieri ai tricolori crono con Francesco Pancani, che con Davide ha commentato il Giro, mentre per il Tour il romagnolo affiancherà Rizzato: come fa a mettere così tante cose nelle sue 24 ore? Per cui, prima di parlare di Moscon, sentite che cosa è venuto fuori…

Cassani, Prudhomme e il sindaco Nardella: è stato Davide il motore della partenza del Tour dall’Italia
Cassani, Prudhomme e il sindaco Nardella: è stato Davide il motore della partenza del Tour dall’Italia
Dove sei?

Ero a Bologna e ora sto scendendo a Roma. Domattina, questa è una bella cosa, siamo in udienza privata dal Papa con Prudhomme e Nardella, sindaco di Firenze, e altre 7-8 persone.

Prudhomme in Italia non se ne è persa una, è davvero bravo…

E’ impressionante, il numero uno. Per fare un esempio. L’altra settimana gli ho detto che quelli del museo di Bottecchia avrebbero veramente piacere di averlo. E lui ha detto subito di sì. Quindi lunedì mattina andremo anche a trovare Bottecchia nel Museo di Colle Umberto. Il 2 gennaio è andato da Coppi. E’ venuto all’apertura del calendario italiano alla Firenze Empoli. Domenica sarà al campionato italiano. E’ venuto al Ghisallo. E’ veramente una persona che sa fare il suo lavoro.

Torniamo a Moscon: che cosa ti pare della sua carriera?

Pensavo sinceramente che potesse fare qualcosina in più. Forse è stato anche un po’ sfortunato, per cui a questo punto il Tour per lui diventa un appuntamento importante. Il problema è che comunque in squadra c’è un certo Evenepoel, quindi dovrà lavorare per la squadra. Però sì, mi piacerebbe rivedere un Gianni Moscon motivato, con la voglia di fare. Non ho dubbi che il motore ci sia ancora, a volte però basta un granello di sabbia per andare a rompere questo meccanismo che è prezioso. Spero che abbia tutti gli elementi a posto per poter dare il meglio di se stesso.

Moscon ha partecipato a 5 mondiali con Cassani. Qui 4° ad Harrogate, con Trentin 2° dietro Pedersen
Moscon ha partecipato a 5 mondiali con Cassani. Qui 4° ad Harrogate, con Trentin 2° dietro Pedersen
Qual era la tua chiave d’accesso a questo meccanismo?

Io gli ho sempre dimostrato fiducia. Ero assolutamente convinto che avesse tutto quello che gli serviva per essere bravo. Stavo attento nel dargli l’importanza giusta e soprattutto l’attenzione. che meritava e lui questo l’ha sempre apprezzato.

Perché dice che adesso la sua dimensione è quella di tirare e che per vincere avrebbe bisogno di migliorarsi di un 10 per cento?

La carriera di qualsiasi atleta lo porta sempre a un leggero miglioramento. Se uno fa il corridore al 100 per cento, migliora per forza. Basta vedere i dati di qualche ultra trentenne, che comunque è riuscito a migliorarsi. Deve credere in se stesso, capire che è ancora forte e ricordarsi che ha ottenuto dei risultati. E capire che se fa quello che deve, può migliorarsi ancora. E’ un ciclismo esigente, molto esigente. Per emergere devi davvero non lasciare nulla al caso e quindi, come dico sempre, basta calare o migliorare del 2 per cento per passare dall’essere in crisi alla possibilità di vincere. Devi veramente guardare a tutto, dalle gocce d’olio che metti in un’insalata, ai 10 chilometri di allenamento in più o in meno.

A sentirlo, si ha la sensazione di uno che ha perso il treno e fa una fatica bestiale per rimettersi sul binario… 

L’importante è non abbattersi, perché se prendi come una sconfitta il fatto che questi vanno più forti, sei finito. Lui forse non era consapevole della forza che aveva e quindi alla fine è anche una questione mentale. Mi ricorda l’ultimo Gianni Bugno…

L’ultima vittoria di Moscon risale al Gp di Lugano del 2021: era il 27 giugno
L’ultima vittoria di Moscon risale al Gp di Lugano del 2021: era il 27 giugno
In cosa?

Anche Gianni a un certo punto preferiva tirare che mettersi davanti. Non riusciva a dire a se stesso quello che aveva fatto, dai due mondiali al Giro d’Italia. Invece devi farti forza su quanto di buono sei riuscito a fare e spazzare sia le remore. Gianni deve dire a se stesso: ho ancora qualche anno a disposizione e faccio tutto quello che è necessario per dare il meglio di me stesso.

Sei pronto per commentare il Tour?

Sì, sono pronto.

Eevye e il Tour de France: ecco i prodotti ufficiali

21.06.2024
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Già da diverso tempo il brand bergamasco Eevye si è fatto conoscere in tutto il mondo del ciclismo grazie ai suoi prodotti in pelle personalizzati, tra cui cover per smartphone e altri accessori che sempre più spesso abbiamo visto e vediamo nelle mani di corridori e staff. Dallo scorso anno però Eevye è entrata nel merchandising ufficiale del Tour de France. E ora, nell’imminenza della grande partenza italiana, presenta una nuova linea di prodotti dedicati alla corsa a tappe più importante al mondo.

Andiamo a vedere i due articoli di punta, la cover EevyeCASE e la custodia EevyeBAG, due accessori utilissimi ai praticanti del ciclismo (e non solo).

Ivano Pezzotta ha iniziato a raccontare i contatti col Tour allo scorso Italian Bike Festival
Ivano Pezzotta ha iniziato a raccontare i contatti col Tour allo scorso Italian Bike Festival

EevyeCASE

La famosissima cover di Eevye omaggia il Tour de France con quattro diverse grafiche: una dedicata alla Grand Départ, una al mitico Mont Ventoux, una alla carovana in stile “vintage” e una al logo della corsa.

La cover è composta da un supporto semirigido (su misura per circa 70 modelli di telefoni) e un inserto in vera pelle su cui è stampata la grafica UV a rilievo. Un modo perfetto per unire la sicurezza del proprio smartphone alla passione per il ciclismo, acquistabile online al prezzo di 39,00 euro.

EevyeBAG

Di cosa si tratta? Di una custodia impermeabile che permette di portare comodamente con sé telefono, documenti e denaro durante gli allenamenti e le uscite. 

La struttura principale della EevyeBAG è in Nylon 210 WR (water resistant ), come anche in nylon impermeabile è la cerniera. All’interno è divisa in due scompartimenti da un pannello in pelle, pensati per accogliere il telefono da un lato e dall’altra le tessere, il tutto foderato in morbido tessuto effetto alcantara.

La EevyeCASE dedicata al Mont Ventoux è uno dei quattro pezzi della collezione
La EevyeCASE dedicata al Mont Ventoux è uno dei quattro pezzi della collezione

Nel pannello centrale sono state poi ricavate 3 slot per altre carte e documenti e una piccola tasca con cerniera dove mettere al sicuro le monete o i contanti. Il pezzo forte, come in tutti i prodotti Eevye, è l’esterno in pelle in cui sono stampate le grafiche dedicate al Tour de France, che nel caso della EevyeBAG sono addirittura sei.

La misura interna massima per il telefono che può contenere è 168x82mm (equivalente ad un iPhone15PROMAX o ad un Samsung S24ULTRA comprensivi di cover). E’ disponibile sul sito di Eevye al prezzo di 69,00 euro.

Altri accessori

Nella sezione del sito di Eevye riservata al Tour de France è inoltre possibile trovare altri accessori dedicati alla Grande Boucle, come la pochette o il portacarte in pelle Saffiano, tutto rigorosamente Made In Italy, progettato, prodotto e confezionato in terra bergamasca.

Eevye

Davide Ballerini: il Tour, Cavendish, il record e io

21.06.2024
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Tra poco più di una settimana inizierà la 111^ edizione del Tour de France che, tra i moltissimi motivi di interesse, avrà anche la ricerca del record assoluto di vittorie di tappa da parte di Mark Cavendish, il quale, in questo momento, lo detiene a pari merito con sua maestà Eddy Merckx. Davide Ballerini sarà uno degli uomini più importanti su cui farà affidamento il campione inglese nelle volate. Fra le curiosità, Cavendish è stato da poco nominato Cavaliere Commendatore dell’ordine dell’Impero Britannico da re Carlo III, guadagnando il titolo di Sir.

Abbiamo raggiunto il corridore canturino al telefono durante i suoi ultimi giorni di ritiro a Livigno, per farci raccontare com’è andato l’avvicinamento ad un appuntamento così importante per lui e per tutta l’Astana Qazaqstan Team (in apertura l’ultimo giorno in altura, così raccontato su Instagram).

L’Astana ha corso buona parte del Giro a ranghi ridotti, a causa dei numerosi ritiri (foto Instagram)
L’Astana ha corso buona parte del Giro a ranghi ridotti, a causa dei numerosi ritiri (foto Instagram)
Davide, come prima cosa: com’è andato il tuo Giro d’Italia?

Il Giro è andato discretamente bene, soprattutto considerato l’infortunio che ho avuto ad inizio anno. Poi sono andato quasi subito in altura, scendendo per il Campionato Italiano di domenica.

E subito dopo partirà il Tour, dove sarai un uomo fondamentale nel treno dell’Astana Qazaqstan Team.

Sì, io dovrei essere il penultimo uomo di Cavendish nelle volate, subito prima che entri in azione Morkov. Mark non lo vedo da un po’, dal Giro di Turchia, ma da quello che so mi sembra in forma. Ha da poco terminato il Tour de Suisse e so che ha fatto un buon allenamento. Quando ci vedremo avremo modo di parlare assieme, io farò del mio meglio per aiutarlo a raggiungere il record di vittorie.

Mentre Ballerini era a Livigno, Cavendish ha cercato la condizione al Tour de Suisse
Mentre Ballerini era a Livigno, Cavendish ha cercato la condizione al Tour de Suisse
A questo riguardo, questo record com’è sentito in squadra? E’ davvero un obiettivo fondamentale per tutti?

Direi proprio di sì. Se ne parlava già da inizio anno come uno dei nostri principali obiettivi della stagione. E’ qualcosa di molto sentito tra di noi e cercheremo di portarlo a casa, anche se ovviamente non sarà facile, ci sono tante squadre molto attrezzate. Noi faremo il massimo. Non abbiamo ancora parlato delle tappe, ma quando ci troveremo le studieremo a tavolino. Cercheremo di capire quale possa essere la più adatta a lui, anche se di sicuro ce ne saranno diverse. Sarà importantissimo anche vedere come andranno le prime due giornate che non sono per nulla facili, però sfrutteremo ogni occasione.

Veniamo a te. Oltre a supportare Cavendish credi che avrai la possibilità di provarci in prima persona in qualche tappa?

Spero di potermi ritagliare un po’ di libertà, certamente, perché mi sto allenando molto, sto facendo tutte le cose fatte bene. La gamba c’è, adesso vedremo appena scendo dall’altura, ma ormai so che lavorare qui porta sempre qualcosa di buono. Cercherò il risultato in qualche tappa, anche se per ora non ne ho cerchiata una in particolare. In ogni caso l’importante sarà farsi trovare pronti e cogliere il momento giusto, anche se, come sempre al Tour, non sarà facile.

Dopo un Giro molto duro, Ballerini ha lavorato per ritrovare esplosività
Dopo un Giro molto duro, Ballerini ha lavorato per ritrovare esplosività
Ultima domanda. Ci racconti quali allenamenti specifici hai fatto in questo periodo di altura?

Qui a Livigno mi sono allenato in particolare sull’esplosività, perché al Giro mi sono accorto che spesso mi è mancata un po’ di brillantezza nel finale. Quindi ho lavorato molto sui picchi dopo le 4 ore. Oltre a quello, in vista delle tappe più dure del Tour ho fatto anche tanta distanza, arrivando ad allenamenti di 6 ore con 4-5.000 metri di dislivello. Quindi sì, direi che mi sento pronto.

Isola 2000, con Matxin nei giorni di Pogacar in altura

19.06.2024
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Le foto su Instagram mostrano un Tadej Pogacar giocherellone e di ottimo umore (in apertura, foto di Alen Milavec). Il ritiro in quota di Isola 2000, il primo della stagione, si concluderà domenica e poi ci sarà giusto il tempo per andare a casa e preparare la valigia del Tour. Il UAE Team Emirates si ritroverà a Firenze da mercoledì e poi, esaurita la trafila delle operazioni preliminari, sapremo quali saranno gli avversari e si aprirà la caccia all’accoppiata Giro-Tour.

Matxin ha raggiunto i suoi ragazzi dopo il Giro Next Gen, dove il devo team ha centrato il secondo posto con Torres alle spalle di Widar. Ci siamo rivolti a lui per farci raccontare che aria tiri in quello spicchio di Alpi Marittime, che per anni furono italiane e solo nel 1947 con Trattato di Parigi passarono alla Francia. Partiamo da Roma e dalla maglia rosa: che cosa ha fatto Pogacar dopo la festa di quella domenica sera?

«Il primo giorno dopo la fine del Giro – ricorda lo spagnolo – Tadej è restato a Roma per diversi impegni con alcuni sponsor. Accordi che ai corridori non piacciono, ma che si devono fare. Martedì invece è tornato a Monaco con Urska e ci è rimasto per una settimana, finché il 4 giugno è andato a Isola 2000. Non so dire esattamente quanto abbia pedalato quella settimana, era libero. Però conosciamo le abitudini del corridore, per cui qualche giretto lo ha fatto di sicuro, ma parliamo di passeggiate, al massimo di un paio d’ore con sosta al bar per un cappuccio. Quello che posso dire è che non è uscito stanco dal Giro, di gambe e tantomeno di testa».

La squadra in posa con la scultura del capricorno di Isola 2000 (foto Alen Milavec)
La squadra in posa con la scultura del capricorno di Isola 2000 (foto Alen Milavec)
A Isola 2000 ha trovato i compagni?

Sì, quelli del gruppo Tour. Quelli che stavano correndo lo hanno raggiunto mano a mano che finivano le corse. Oggi per esempio (ieri per chi legge, ndr), è arrivato Adam Yates. Nils Politt non c’è perché va a fare i campionati nazionali, però ci sono anche Ayuso, Soler, Pavel Sivakov, Tim Wellens e Almeida. E quando siamo stati al completo, abbiamo fatto la riunione pre Tour.

Gli allenamenti a Isola 2000 sono stati subito a buon ritmo?

No, noi facciamo sempre attenzione con tutti i corridori a fare i primi tre, quattro giorni in modo tranquillo, perché possano adattarsi all’altura. Poi certo anche Tadej ha il suo programma e ha iniziato a seguirlo.

Siete riusciti a vedere anche qualche tappa del Tour?

Abbiamo visto le ultime quattro, partendo quasi sempre in bici dall’hotel. A volte abbiamo fatto tutta la tappa, altre volte solo i finali, ma abbiamo preferito evitare di andare avanti e indietro con le macchine. Abbiamo visto quella di Barcelonette e anche Isola 2000 dove finisce la 19ª tappa.

Ayuso si è ritirato dal Delfinato e appena è stato bene ha raggiunto Pogacar in altura (foto Alen Milavec)
Ayuso si è ritirato dal Delfinato e appena è stato bene ha raggiunto Pogacar in altura (foto Alen Milavec)
Che sensazioni ti dà Pogacar in questa fase?

Lo vedo motivato, lo vedo tranquillo, lo vedo contento. Non posso dire niente di negativo, perché non c’è niente di negativo. Ride, scherza, con i compagni formano un bel gruppo. Capiscono che lui è il numero uno al mondo. Anche se abbiamo una squadra di rockstar, ovviamente credono in Tadej come leader di questa squadra per il Tour.

Siete riusciti anche a fare prove sui materiali?

Abbiamo testato qualche novità sulle biciclette, soprattutto nel segno della leggerezza. Abbiamo fatto prove per la crono. Piccole cose, che però fanno la differenza. Le bici sono le stesse del Giro, ma abbiamo provato ad alleggerirle un po’. 

Tadej rimarrà in quota fino a domenica?

Sì, poi scenderà a Monaco e ci resterà per un paio di giorni. Da mercoledì saremo tutti a Firenze.

Matxin e Maguire sono due tra le figure di rilievo per Pogacar al UAE Team Emirates (foto Fizza)
Matxin e Maguire sono due tra le figure di rilievo per Pogacar al UAE Team Emirates (foto Fizza)
Avete incontrato qualche squadra in ritiro a Isola 2000?

Sì, abbiamo visto Remco e la sua squadra. Martedì ho seguito l’allenamento di cinque ore, facendo la Bonette, e abbiamo incontrato Egan Bernal, De Plus e gli altri ragazzi della Ineos arrivati dallo Svizzera.

E’ capitato spesso di fare allenamenti così sostanziosi?

Direi di sì, ma questa è più l’area degli allenatori, in cui abbiamo piena fiducia. Non riesco a seguirli, però abbiamo condiviso il programma di allenamento e a volte lavorano in modo differenziato, non sempre tutti insieme. Per cui ci sono stati giorni in cui qualcuno ha fatto i lavori specifici e altri intanto riposavano. Lavorano a doppiette o triplette, però nell’80 per cento delle uscite erano in gruppo.

In questa routine, sai se Tadej ha seguito in televisione le varie corse?

Sì, sì certo, ha seguito tutto. Ogni volta che finivano un allenamento, si ritrovavano a pranzo tutti insieme e dopo aver mangiato guardavano le tappe. Ha fatto il tifo per i compagni, erano tutti felicissimi. Come dico sempre, Tadej non è solo un campione: è un leader che si preoccupa per i compagni. E se qualche giorno un compagno può vincere o fare un risultato, lui è il primo che spinge perché ci riesca. E’ stato contento di vedere i compagni sempre davanti, è una cosa che ha dato morale a tutti.

Wellens sarà il super gregario del Tour assieme a Politt (foto Alen Milavec)
Wellens sarà il super gregario del Tour assieme a Politt (foto Alen Milavec)
E loro che vincevano e adesso devono fare i gregari?

Sanno perfettamente che Tadej Pogacar è il numero uno al mondo, basterebbe leggere le interviste di Almeida e Yates dopo le varie vittorie in Svizzera. Credo che sia una squadra molto unita. E soprattutto, nel momento in cui parlo con i corridori per farli venire qua, parlo subito chiaro. Ragazzi come Adam Yates, come Sivakov, come Wellens e Politt, sanno che avranno il loro spazio, ma quando c’è Tadej, si corre per lui. Sono le condizioni che poniamo prima ancora di firmare il contratto. Non sono io quello che li fa firmare, ma ho una sola parola e quella va sempre rispettata. Quando Almeida e Ayuso mi hanno chiesto di venire al Tour, gli ho detto che andava bene, ma che avremmo corso con l’idea di un leader unico e non sarà fatto niente di diverso rispetto a quello che avevamo deciso.

Proprio a proposito di programmi decisi da dicembre: si è valutato di inserire Majka nel gruppo Tour, dopo il bel Giro che ha fatto?

No, mai. Il programma è fatto, definito e chiaro. Si cambia solo se un corridore sta male, come è successo per Jay Vine che è caduto. Per il resto, credo che la forza della nostra squadra sia proprio questa. Vedremo alla fine se anche questa volta il nostro metodo darà buoni frutti.

Pidcock torna alla mtb. Col Tour sempre nel mirino

17.06.2024
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Una cosa è certa: nessuno sta affrontando il percorso di avvicinamento al Tour de France come Tom Pidcock. Il suo è un continuo saltellare dalla bici da strada alla mtb e solamente il futuro dirà se è quello giusto. Il britannico è per certi versi tirato per la giacchetta tra chi guarda alla Grande Boucle sognando un possibile podio e chi invece punta a un clamoroso bis olimpico nelle ruote grasse, non dimenticando il fatto che, fra la conclusione della corsa a tappe e la prova di mtb a cinque cerchi ci saranno solamente 8 giorni.

Il primo a essere conteso è lo stesso britannico della Ineos Grenadiers (in apertura, foto Ramos) che vuole entrambe le cose e non ne fa mistero. Per questo si allena contemporaneamente per le due discipline, seguendo schemi che ha collaudato nel tempo. Il bello è che lo stesso Tom ne parla tranquillamente, molto meno tranquillo è il suo preparatore Kurt Bogaerts, che già di per sé è molto restio a comparire e che sul tema non proferisce parola, pensando a continuare a far lavorare il suo pupillo.

Pidcock ha chiuso 5° nella cronoscalata finale in Svizzera, a 50″ da Almeida
Pidcock ha chiuso 5° nella cronoscalata finale in Svizzera, a 50″ da Almeida

5 utili giorni di montagna

Pidcock è reduce da un Giro della Svizzera che, al di là del sesto posto finale, gli ha lasciato ottime sensazioni, soprattutto la cronoscalata: «Ho fatto la mia miglior prova contro il tempo da quando sono professionista – ha affermato all’arrivo – Quando ho iniziato la corsa elvetica ero appena sceso dall’altura e all’inizio le gambe non giravano, ma col passare delle giornate sono andato sempre meglio. I dati sono molto incoraggianti, soprattutto ritengo utile aver affrontato cinque giorni consecutivi di montagna, mi hanno fatto sentire sempre meglio ed è stato il miglior viatico per il Tour».

Ora però Pidcock resta in Svizzera. Niente campionati nazionali, c’è un altro evento che l’interessa: «Il fine settimana sarò a Crans Montana per affrontare la tappa di Coppa del Mondo di mountain bike, è un test importante per misurarmi con i miei avversari a Parigi. La forma c’è, ora bisogna riabituarsi in pochi giorni a un tipo di sforzo molto diverso».

Sesto posto finale nella corsa a tappe elvetica, dopo un inizio difficile buone sensazioni in salita
Sesto posto finale nella corsa a tappe elvetica, dopo un inizio difficile buone sensazioni in salita

Due allenamenti complementari

Il principale cruccio del britannico è proprio il lavoro specifico per la mountain bike, che viene giocoforza un po’ penalizzato in questo periodo della stagione: «So che non mi alleno in mtb quanto dovrei – ha detto in un’intervista su Cycling Weekly – ma io penso che i due tipi di allenamento siano abbastanza intercambiabili. Ora sto sicuramente facendo più sforzi in superleggera, il che significa fare più volume, ma questo lavoro si rivelerà utile anche per il fuoristrada. Io sono convinto che le due discipline si completino a vicenda».

Il passaggio repentino da una disciplina all’altra è per Pidcock cosa usuale, è anzi diventato una sorta di tradizione. Molti sono rimasti stupiti dalla sua scelta, all’indomani della sua quarta vittoria a Nove Mesto, nella tappa di Coppa, di atterrare a Barcellona e da lì, al lunedì, effettuare più di 230 chilometri verso la sua casa ad Andorra, il che vuol dire oltre 4.000 metri di dislivello: «Ho impiegato più di 8 ore in bici” affermava tramite social per poi spiegare nel dettaglio.

Pidcock prepara il Tour de France dove punta a far classifica, per poi pensare al bis olimpico
Pidcock prepara il Tour de France dove punta a far classifica, per poi pensare al bis olimpico

I lunghi viaggi in mtb

«I lunghi viaggi mi danno la possibilità di decomprimere la mente, di rilassarmi. Oltretutto, in bici ho scoperto posti e visto località che in auto non avrei mai apprezzato. Già due anni fa feci il trasferimento da Albstadt in Germania a Nove Mesto in Repubblica Ceka in bicicletta, oltre 190 chilometri e i risultati non mi pare che ne risentirono… Per me quella è una tradizione di primavera, è come se avesse un valore al di là dell’aspetto prettamente tecnico, è un buon auspicio. E poi sono sempre chilometri messi in cascina…».

Chi pensava che l’amore di Pidcock per la mtb stesse venendo meno (visto che aveva preannunciato come dal 2025 si dedicherà quasi esclusivamente alla strada) è servito. D’altronde i risultati che il britannico ottiene in mountain bike sono strategici nell’evoluzione della sua carriera. Quindi risponde stizzito a chi lo critica: «Sarò io e nessun altro a decidere come voglio che sia il mio Tour de France. Altrimenti non si otterrà nulla da me. Devo credere nella mia idea di come affrontare la Grande Boucle, come avvicinarmi, che cosa fare.

In mtb il britannico ha già dominato a Nove Mesto, per la quarta volta in carriera
In mtb il britannico ha già dominato a Nove Mesto, per la quarta volta in carriera

«Nessuno sarà come Pidcock…»

«Chi mi è accanto sa come lavoro e quanto sono serio, so che cosa serve per ottenere il mio obiettivo. So che molti guardano la mia carriera, paragonandola a quella di Pogacar o Evenepoel che sono della mia generazione e mi criticano. Ci sta, ma credo che al termine della mia carriera, se avrò vinto una classica Monumento o un mondiale su strada, unendoli a quel che ho portato a casa fra ciclocross e mountain bike, si potrà dire che come Pidcock non c’è stato proprio nessuno…».

Dopo mille peripezie la forma di Oldani è da Tour, ma ci sarà?

15.06.2024
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Se dovessimo descrivere per filo e per segno quel che Stefano Oldani ha passato al Giro d’Italia non basterebbe un libro. Il lombardo della Cofidis ha lasciato anzitempo la corsa rosa e ora si spera possa essere al via del Tour de France, il suo obiettivo sin da inizio stagione. 

Oldani ha appena lasciato il ritiro a Livigno, dove ha lavorato davvero sodo ai 1.800 metri della località valtellinese. Tra l’altro lui è un habitué del luogo, conosce bene i percorsi e ha i suoi riferimenti. Motivo in più per credergli quando dice che si sente finalmente bene.

Stefano Oldani (classe 1998) in ritiro a Livigno
Stefano Oldani (classe 1998) in ritiro a Livigno
Stefano, partiamo dal Giro, un ritiro per tendinite…

Sono arrivato al Giro che non lo avevo preparato come volevo, come sempre. Non era nei programmi, ma comunque c’ero e bene così. E’ successo che nei primi tre giorni ho avuto problemi intestinali. Ho pensato fosse una questione dei gel, non prendendoli da qualche giorno magari mi avevano fatte male. E invece era un virus. Dopo la tappa degli sterrati ho avuto qualche problema al tendine d’Achille, ma ormai ci sono abituato.

In che senso?

Sì, ci convivo e tutto sommato so come tenerlo a bada. Anche l’anno in cui ho vinto la tappa ci stavo combattendo. Ma andando avanti, dopo qualche giorno si è ammalato un direttore sportivo. Ha viaggiato con noi e mi sono preso un altro virus: tracheite. Al giorno di riposo ho iniziato persino gli antibiotici, tanto ero messo male. Alle fine si è fatto risentire il tendine e a quel punto mi sono ritirato. L’ho fatto con 2-3 tappe di anticipo, visto che comunque mi sarei fermato al termine della seconda settimana.

Chiaro, tenere duro per cosa?

Mi sarei solo finito. Meglio pensare al Tour a quel punto, che era invece nei programmi.

Quindi sei tornato a casa e cosa hai fatto?

Tre giorni di riposo assoluto e poi per una settimana ho fatto 3 ore tranquille per mandare via del tutto la tracheite e mantenere la muscolatura e il resto. A quel punto sono salito a Livigno.

Nonostante la frattura dello scafoide, Oldani ha inanellato 37 giorni di corsa. Eccolo al Romandia
Nonostante la frattura dello scafoide, Oldani ha inanellato 37 giorni di corsa. Eccolo al Romandia
Un bel po’…

Sì sono sceso giusto ieri. Ho fatto tre settimane piene. Già ero migliorato in quella settimana a casa ma dopo che sono salito a Livigno davvero meglio. Ho rifatto la base giusta, quella che mi era mancata dopo la frattura dello scafoide in primavera. Mi sono allenato con i miei metodi, le mie abitudini, vedo che i numeri sono buoni e per questo sono molto fiducioso.

Farai il campionato italiano?

Sì, ora intanto farò il campionato italiano e poi c’è da capire se andrò al Tour de France. Ho fatto il Giro per andare incontro alla squadra, mi spiace che sia messa in dubbio la mia partecipazione fino all’ultimo.

Non è facile affrontare l’italiano venendo direttamente dall’altura…

Diciamo che scendo in tempo per poter fare bene e farmi trovare pronto, ma certo non è facile, perché serve anche un po’ di fortuna in una corsa di un giorno. Mi sono preparato molto bene, dico di stare in forma e al tempo stesso so qual è il livello del Tour. Quindi se lo dico è perché può essere un bene per me e per la squadra. Altrimenti sarei il primo a non andare. Altrimenti sarebbe un boomerang.

Restare ottimisti è un imperativo in questa fase della stagione per Stefano
Restare ottimisti è un imperativo in questa fase della stagione per Stefano
Quando saprai se sarai parte della squadra per la Grande Boucle?

Credo dopo l’italiano.

Avete già un “piano B”?

Non ancora, ma in quel periodo c’è il Giro di Slovacchia. Immagino che l’alternativa potrebbe essere quella, ma lo valuteremo. Io spero di andare al Tour perché so come sto. Poi è anche vero che il Tour è una bella esperienza, ma a quel punto l’importante è correre.

Stefano denoti sicurezza, hai parlato di metodi in quota, di riferimenti…

Ho svolto al meglio i miei lavori e anche di più. Di solito venivo in quota per due settimane, stavolta per tre. Avevo con me un massaggiatore che tutti i santi giorni mi ha trattato. Ho fatto una grande volume di lavoro, mangiato bene… Io più di così proprio non posso fare e per questo sono tranquillo.

Moscon sullo Stelvio prepara il tricolore e la sfida del Tour

15.06.2024
6 min
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L’ultimo bollettino della neve sullo Stelvio parla di 90 di minima e 340 di massima: per essere giugno, davvero tanta roba. Moscon è arrivato lassù mercoledì sera e giovedì si è limitato a una girata sui rulli. Poi il lavoro è entrato nel vivo. Mancano due settimane all’inizio del Tour, una ai campionati italiani. Il trentino ha preferito un richiamo di altura vicino casa, piuttosto che raggiungere i pochi compagni che si sono ritrovati a Isola 2000 con Evenepoel.

E’ notizia di due giorni fa che un’altra importante pedina della Soudal-Quick Step per la sfida francese sia finito fuori gioco. Martedì, Pieter Serry (35 anni) è stato investito da un’auto durante un allenamento a Kruishoutem. Non ha riportato fratture, ma a causa della commozione cerebrale, la sua vista non è ancora al 100% impedendogli di allenarsi. Se Serry non sarà della partita, la responsabilità sulle spalle di Moscon sarà parecchio superiore. Non tanti corridori della squadra belga sanno cosa significhi lavorare per un leader di classifica al Tour, Gianni è l’unico ad averlo fatto negli anni di Sky, correndo nei team che vinsero la maglia gialla con Thomas e con Bernal alla Ineos.

Lo troviamo nel tardo pomeriggio, lupo di montagna sul passo che tre settimane fa respinse il Giro d’Italia. Il tono di voce calmo di chi ha faticato e ora riduce i giri per recuperare. L’accento trentino che chiudi gli occhi e ti sembra di vedere Moser. Gianni Moscon è uno di quelli su cui scommetteresti ancora un mese di stipendio, eppure ogni volta sulla sua strada ha trovato ostacoli troppo alti. Nel suo carattere, nelle opinioni altrui, nella salute. La ripartenza alla Soudal-Quick Step ha toni e ambizioni diverse, ma si capisce che la voglia di spiccare ci sarebbe ancora e viene tenuta giù per realismo e opportunità. Eppure fa di tutto per abbassare i toni, ridurre le aspettative o tenerle lontane.

Moscon ha partecipato al Tour 2019 vinto da Ineos con Bernal: eccolo alla Grand Depart da Bruxelles
Moscon ha partecipato al Tour 2019 vinto da Ineos con Bernal: eccolo alla Grand Depart da Bruxelles
Sei andato su per… sciare?

Quando sono arrivato (sorride, ndr) aveva appena smesso di nevicare e ne aveva fatti altri 15 centimetri. Il primo giorno ho fatto rulli, ma poi si scende e al ritorno farò la salita. Sono quassù da solo, mi viene comodo venirci da casa. Se vai lontano, stai via così tanto tempo che quando inizia il Tour sei già stufo. Una parte della squadra è in Francia, ma non sono tutti. Fra poco ci sono i campionati nazionali, ritiri tutti insieme ne abbiamo già fatti.

Come sta andando la preparazione al Tour? Al Delfinato ti è toccato lavorare parecchio…

Benvenga, insomma, che ci sia da lavorare: vuol dire che si va bene. Speriamo di avere lavoro anche al Tour. Al Delfinato siamo andati bene.  Anche la prestazione di Remco è stata buona, considerando da dove viene, dall’infortunio dei Baschi. Se penso a come l’ho visto a Sierra Nevada nel ritiro di maggio… Era molto indietro e vederlo vincere la cronometro e perdere solo poco in salita, vuol dire che sta recuperando bene. Fare nei dieci al Delfinato vuol dire che vai già forte. E quindi penso che se migliora da qui al Tour, potrebbe fare davvero bene.

Gianni invece come sta?

Sto bene, ho sensazioni positive e numeri anche positivi. Poi si va sempre più forte, quindi ormai dovrei migliorare un 10 per cento per essere competitivo con i primi. Perciò faccio il mio, cerco di rendermi utile alla squadra finché riesco. Le ambizioni personali sono sempre lì, ma ci vogliono le gambe. Quando vai alle corse ti scontri con la realtà e mi sembra oggettivo che adesso si vada più forte di quando vincevo. Devi riuscire a trovare qualcosa in più. Perciò continuo, faccio il mio. E quando vedo che sono competitivo per giocarmi le corse, me le gioco. Altrimenti cerco di capire la mia posizione e rendermi utile.

Alla Soudal-Quick Step, Moscon ha avuto spazio per sé al Nord, poi è passato al servizio dei capitani
Alla Soudal-Quick Step, Moscon ha avuto spazio per sé al Nord, poi è passato al servizio dei capitani
Anche quello è un ruolo importante, del resto…

E’ un lavoro apprezzato, se uno lo fa bene. Certo che è bello essere davanti e giocarsi le corse, si può anche fare, ma non per tutto l’anno. Sono molto contento della squadra. Mi stanno dando gli spazi che cercavo e un ruolo in cui mi sto muovendo bene.

Tu ha vissuto le vigilie del Team Sky che andava per vincere il Tour: ci sono affinità con quella di quest’anno?

Remco va in Francia per la prima volta. Ci sono delle similitudini su come si lavora, alla fine bene o male si fanno tutti le stesse cose. Quelle che cambiano semmai sono le consapevolezze. Il Team Sky con cui si andava al Tour era comunque una squadra già rodata, ognuno aveva il suo ruolo e sapeva alla perfezione come farlo. Si conoscevano le potenzialità di ognuno e per quello si veniva selezionati. Qui invece, tolti Remco e Landa che sono due campioni che tutti conoscono, per il resto bisogna trovare un po’ di equilibri. Non si tratta di una squadra organizzata per lavorare. Anche nell’ottica ipotetica di avere la maglia gialla, non so se sarebbe una squadra in grado di gestirla.

E come si fa?

Penso che ci si improvviserebbe strada facendo. E poi l’esperienza dice che se c’è da lavorare per un obiettivo più grande, tutti riescono a dare il massimo. Viene più naturale.

Quell’esperienza ti è rimasta addosso?

Sì, assolutamente. Per me è naturalissimo correre come serve in un Tour e penso di poterla mettere a disposizione della squadra. Penso che potrei avere un ruolo importante in questo senso. Detto questo, il Tour è una corsa dove se hai le gambe, qualche soddisfazione te la togli. Come dico sempre, l’importante è avere le gambe.

Moscon porterà la sua esperienza di Tour. Landa è un veterano, Evenepoel sarà al debutto
Moscon porterà la sua esperienza di Tour. Landa è un veterano, Evenepoel sarà al debutto
Gli ultimi due anni all’Astana sono stati buttati per entrambi, oppure in termini di esperienza a qualcosa sono serviti?

Diciamo che non sono stati i due anni migliori per me, per vari motivi. Però alla fine penso che ogni cosa faccia parte di un disegno più ampio. Bisogna tirare le somme alla fine. Magari tra cinque anni capirò che quei due anni mi hanno insegnato qualcosa, mi hanno dato una formazione che mi tornerà utile per affrontare altre situazioni. Da questo punto di vista, non sto a guardare gli anni persi, ma guardo avanti.

Il campionato italiano può essere un obiettivo oppure l’ultima distanza prima del Tour?

Sicuramente è un obiettivo. Ultimamente non ci sono più certezze, tu vai forte, gli altri vanno forte. Per cui cosa vi posso dire? La prendo come una corsa qualunque, vado a Firenze e do il massimo. Poi quello che viene, viene. Ormai non mi sento più in grado di dichiarare gli obiettivi, perché il livello è così alto che per dare garanzie ci vuole essere davvero superiori.

Quando scendi da lassù?

Penso mercoledì, in tempo per cambiare la valigia e andare giù a Firenze. I tempi sono molto stretti, sono già fortunato ad aver passato due giorni a casa, lunedì e martedì. Per cui adesso sono qua per allenarmi. Fuori c’è un bel panorama, il cielo è limpido. Speriamo che regga così.

Buitrago, i brividi addosso a un passo dal sogno

14.06.2024
6 min
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Ieri la squadra lo ha raggiunto ad Andorra. Così Santiago Buitrago ha lasciato casa ed è salito a quota 2.300, ancora 200 metri sotto il suo paese in Colombia, ma abbastanza per rifinire la preparazione in vista del primo Tour. Quando era bambino, il colombiano fece un disegno con il podio del Tour 2022: è ancora sopra all’armadio nella sua cameretta. Era il grande sogno, cui arriva con due anni di ritardo. La sua non è una famiglia colombiana come altre, in cui si corre per rabbia o per fame. Santiago corre per amore della bici, con i piedi per terra e la lucidità che serve per essere professionista in ogni ambito. Nel frattempo ha vinto due tappe al Giro e al recente Delfinato si è mosso vicino ai più forti. Cosa si prova quando un sogno sta per realizzarsi?

«E’ una cosa speciale – dice – ho lasciato il mio Paese con la voglia di fare bene una cosa grande, il mio sogno. Vedi la tua famiglia e le persone vicine a te che si emozionano nel sapere che vai a fare il primo Tour, sapendo tutto quello che hai fatto per arrivare fino a quell’obiettivo. Sono partito veramente motivato. Normalmente a casa può essere difficile stare concentrato su un solo obiettivo, però avendo davanti agli occhi il Tour de France, ti svegli ogni mattina per fare il meglio possibile».

Ultima tappa del Delfinato, Buitrago arriva 5° dietro De Plus a 35″ da Rodriguez
Ultima tappa del Delfinato, Buitrago arriva 5° dietro De Plus a 35″ da Rodriguez
La condizione c’è, al Delfinato sei stato spesso insieme ai più forti…

E’ andato abbastanza bene. Peccato per un giorno, il primo di montagna, che mi sono bloccato. Invece sono contento delle ultime due tappe e della crono in cui sono migliorato tanto. Avevo qualche dubbio…

Perché?

Non correvo dalla Liegi e in Colombia mi era venuto male a un ginocchio. Sono stato a casa a lungo e dopo tanto tempo in altura, nella prima gara rischi di non trovarti bene. Non si può mai sapere. Però sapevo che i numeri erano buoni e che la preparazione era quella giusta. Sono andato in Francia pensando di entrare nei primi cinque. Speravo di non perdere tanto nella crono e lottare per la vittoria. Invece sono saltato in un giorno di montagna e questo un po’ mi disturba…

Hai chiuso undicesimo, come pure al Giro dei Paesi Baschi: che differenze ci sono?

Al Delfinato è andata meglio, perché in salita sono rimasto con i migliori. Ero più convinto di andare bene, mentre ai Paese Baschi venivo della caduta alla Parigi-Nizza. Con tutte le scivolate che si sono viste, avevo paura di andare in gruppo e di fare le discese. Poi c’è stata la tappa in cui sono caduti Vingegaard e gli altri e la corsa di colpo è stata tutta aperta. Non si sapeva chi potesse vincerla…

Il primo Tour: che effetto fa?

Per me questo è un sogno, lo è già solo essere nella lista della squadra. Sarà il primo Tour, per cui l’obiettivo è farlo al meglio possibile. Farlo nella maniera più corretta e professionale, con la convinzione di arrivarci al 100 per cento. Farlo bene vuol dire che sei fra i migliori al mondo. Riuscire a vincere in mezzo a tanti uomini forti sarebbe importantissimo e solo pensarci mi fa emozionare tanto.

Alcuni dei più forti li hai visti da vicino al Delfinato, almeno Roglic, Evenepoel, Rodriguez…

In realtà non ho sentito una differenza così abissale, di uno che attaccava e poi non lo vedevi fino all’arrivo. Mi è piaciuta come gara perché eravamo tutti lì, nelle stesse condizioni, con pochi secondi di differenza. Per vincere partivano all’ultimo chilometro. L’ultimo giorno, Roglic e Ciccone sono saltati. Jorgenson è andato fortissimo, però non è ho visto tanta differenza. Okay, nella crono Remco è stato inavvicinabile. Non sono partito con l’idea di poter prendere due minuti, però poi ho visto che in montagna ha sofferto. Va bene, mancavano Pogacar e Vingegaard, ma voglio pensare che non siano troppo lontani…

In gruppo cosa si dice di Vingegaard?

Se ne parla, si ragiona di come potrebbe arrivare al Tour. Ce ne sono tanti che dicono che arriverà al 100 per cento, altri secondo cui salterà nel primo giorno di montagna. Io penso che lui arriverà a un livello top, non lo so se al 100 per cento, però arriverà bene. Magari non sarà il miglior Vingegaard di sempre, ma sarà forte abbastanza per dare battaglia.

Hai parlato della crono, è qualcosa su cui avete lavorato tanto?

La squadra si impegna tanto a migliorare nella crono. Si lavora tanto con Alé per l’abbigliamento e con Rudy Project per i caschi. Con Merida e Vision per bici e ruote. Quest’anno tutti gli sponsor hanno fatto tanti investimenti per migliorare e abbiamo lavorato davvero bene. C’è stato davvero un salto di qualità. Penso che si possa ancora crescere, però fino ad ora sono contento per il miglioramento che abbiamo avuto.

Però Santiago resta un scalatore…

Sì, la natura è la natura, anche il cuore è il cuore. Santiago Buitrago non sarà mai un cronoman, sono e resto uno scalatore. Quello mi piace tanto di più.

Il ginocchio sta bene?

Adesso sì, in Colombia ho lavorato tanto con il fisioterapista e sono venuto in Europa guarito al 100 per cento.

Foto dalla Colombia su Instagram: una “arepita” (una focaccia) e poi si riparte (foto Pipe Cano)
Foto dalla Colombia su Instagram: una “arepita” (una focaccia) e poi si riparte (foto Pipe Cano)
Come sei stato accolto in Colombia, sapendo che farai il Tour?

Ogni volta che torno a casa, vedo più gente che va in bici. Ci sono più tifosi, ma il momento è un po’ complicato. Il colombiano si era abituato a vedere Egan Bernal vincere il Tour, Nairo Quintana lottare per il podio, Uran e Chaves. Adesso non siamo a quei livelli, però abbiamo un numero più alto di corridori che fanno dei bei risultati, mentre prima erano solo due o tre. Siamo tanti e facciamo bene. A me è piaciuto come ha corso Rubio al Giro d’Italia e anche lo stesso Dani Martinez. Penso che piano piano ci stiamo riprendendo la strada. Ed è bello quando sei in Colombia, con tutti questi tifosi che urlano il tuo nome.

Qual è il primo Tour di cui hai memoria?

Forse quello del 2009, vinto da Contador. E’ il primo che ho visto in televisione, avevo 10 anni. Contador per me è stato per tanti anni un modello, per un bambino che sogna di diventare uno scalatore e di vincere il Tour, capisci? Perciò ci vediamo a Firenze fra un paio di settimane. Ormai il Tour arriva per davvero…