Tour: inizio nervoso verso Bologna. Bramati avverte Remco

28.06.2024
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FIRENZE – Domani scatta il Tour de France, il primo per Remco Evenepoel. Il campionissimo della Soudal-Quick Step è chiamato ad una grande sfida. Una sfida che ha voluto a tutti i costi, nonostante il percorso del Giro d’Italia fosse praticamente perfetto per lui. Ma proprio di percorsi parliamo in questi articolo.

E lo facciamo con Davide Bramati, uno dei diesse della squadra belga. Parliamo in particolare delle prime frazioni e di come Remco potrà affrontarle. Frazioni delicate, in quanto nervose sia planimetricamente che altimetricamente. Senza contare che l’adrenalina sarà a mille per tutti.

L’ex iridato è tornato in gara al Delfinato, dove ha vinto la crono, ma poi ha ammesso di aver fatto fatica in montagna, anche se secondo lui era tutto previsto.

«Se va tutto bene posso entrare nei primi cinque», ha detto Evenepoel. Noi crediamo aspiri a qualcosa di più, in ogni caso per centrare quell’obiettivo è importante che le cose vadano bene sin da subito.

Bramati con Evenepoel nel 2023 quando il belga sfoggiava la maglia iridata. Remco è al suo quinto grande Giro
Bramati con Evenepoel nel 2023 quando il belga sfoggiava la maglia iridata. Remco è al suo quinto grande Giro
Davide, prima di tutto come sta Remco?

So che sta bene così come la squadra. Si è ben preparato. I ragazzi del Tour sono insieme dal Delfinato ormai e sono tutti piuttosto motivati. Sono stati insieme verso Isola 2000 in quota per fare altura e gli ultimi sopralluoghi.

Il percorso del Tour de France è duro nel suo insieme e si parte con tre tappe italiane affatto banali…

Le prime due tappe non sono facili, è vero, specie per essere l’inizio di un grande Giro. Già alla prima frazione c’è un grande dislivello, parliamo di quasi 4.000 metri ed entrambe sono sui 200 chilometri (206 la prima, 199 la seconda, ndr). In questi due giorni da quando siamo arrivati a Firenze abbiamo iniziato a parlare del modo in cui affrontarle.

La seconda tappa del Tour va da Cesenatico a Bologna: 199,2 km e 1.850 metri di dislivello
La seconda tappa del Tour va da Cesenatico a Bologna: 199,2 km e 1.850 metri di dislivello
In particolare la seconda tappa potrebbe essere ideale per Remco. Si fa il circuito del San Luca che lo ha già visto protagonista al Giro dell’Emilia. Cosa ne pensi?

Quella di Bologna e quindi del San Luca è certamente una gran bella tappa. Immagino che chi prenderà la maglia gialla il giorno prima vorrà controllare bene la corsa e tra i big ci sarà grande controllo. Sarà importante prendere davanti il primo San Luca soprattutto. Ci sarà grande bagarre per questo. Tra l’altro sono strade che tutti i ragazzi conoscono in quanto si fanno al Giro dell’Emilia.

Evenepoel ha già visto il tracciato?

Sì, ha visionato queste frazioni a suo tempo, ma come detto, in particolare per la seconda tappa anche per lui vale il discorso dell’Emilia che tanti già conoscono. Ma è motivato e ci si lavorerà bene tutti insieme.

Visto come è andata la prima tappa del Giro d’Italia e che Pogacar ha già detto di voler fare bene sin da subito, che corsa ti aspetti nella prima frazione e di fatto in questa due giorni?

Di sicuro la UAE Emirates è il faro della corsa. Schiera i migliori atleti e per questo bisognerà vedere cosa vorrà fare lei sin dal primo giorno. Presumo punteranno sin da subito Vingegaard. Il danese non corre da due mesi, vorranno stanarlo, metterlo alla prova per capire come sta. E anche da come hanno corso e da quel che ho visto al Giro di Svizzera correranno d’assalto.

Remco Evenepoel e Jonas Vingegaard insieme sul San Luca: era il Giro dell’Emilia 2021. Il duello si rinnoverà domenica?
Remco Evenepoel e Jonas Vingegaard insieme sul San Luca: era il Giro dell’Emilia 2021. Il duello si rinnoverà domenica?
In effetti questa su Vingegaard è una bella visione. Anche se dovesse stare bene, gli mancherebbe il ritmo gara. Ci sta che vogliano subito provare a metterlo in difficoltà…

Il Tour è lungo, è duro ed è la corsa più importante che c’è. Non è facile per nessuno. Voi qui parlate di prima e seconda tappa, ma perché la quarta? Con quelle salite (si fa anche il Galibier, ndr) si vede subito chi è in condizione e chi no. E poi è anche una tappa breve, appena 139 chilometri. Ne vedremo delle belle.

Hai parlato di montagna: chi sarà il “treno” di Remco per la salita?

Landa, chiaramente, l’ultimo uomo, quello che gli starà vicino più a lungo. Poi Van Wilder, che ha lavorato molto bene. Abbiamo portato Hirt, che è uscito forte dal Giro. E infine Vervaeke. Tutti loro gli dovranno stare vicino in salita il più possibile. E poi ci sono gli altri.

Che dovranno lavorare in pianura…

Esatto. Moscon, Casper Pedersen, Lampaert… che saranno importanti già verso Bologna, proprio per prendere davanti il San Luca. Queste prime due frazioni sono entrambe difficili, ma forse la seconda è più nervosa ancora.

Pogacar e Vingegaard, Tour cominciato tra rivelazioni e frecciate

27.06.2024
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FIRENZE – Il tempo che Roglic raccontasse di quanto si senta gratificato nel fare parte del progetto Red Bull e di quanto sarà elevato il livello dello scontro, e nella sala del Consiglio Comunale entra Tadej Pogacar. Il solito sorriso gentile, lo sguardo apparentemente distratto e un saluto ogni volta che incontra un volto conosciuto. Pur non essendo il vincitore uscente, attorno allo sloveno si respira una certa aria di predestinazione, che lui con il solito candore neppure cerca di sviare.

Il programma delle conferenze stampa segue serrato, per cui dopo il vincitore del Giro arriverà Vingegaard e finalmente conosceremo o cercheremo di capire le sue condizioni. Nelle strade che da Piazza della Signora conducono a Piazzale Michelangelo si sussegue il passaggio delle squadre, sospinte dal tifo della gente.

Non tutto rose e fiori

Intanto parla Pogacar e sembra che la magia del Giro non si sia mai interrotta, anche se rispetto ai racconti di Matxin, scopriremo presto che nelle ultime settimane la vita non è stata così fiabesca.

«Sono dove voglio essere – dice la maglia rosa – la prima settimana dopo il Giro è stata un bel periodo. Un po’ di relax e poi ho iniziato la preparazione per il Tour de France. E’ passato tutto molto velocemente e sono super felice di essere già qui. Vedremo sin dalle prime tappe chi ha le gambe ed è in buona forma. Mi aspetto che tutti lo siano e che non sia io l’unico da guardare.

«Avevo già iniziato ad allenarmi duramente – ora il tono cambia di colpo – quando sono tornato a casa a causa della morte di mio nonno. Sono andato per stare vicino alla famiglia. Un lungo viaggio, lo so, ma era importante per me. E poi, quando sono tornato in ritiro, dopo qualche giorno ho preso il Covid, ma alla fine non è stato troppo impegnativo. Penso che il virus non sia più grave come qualche anno fa, soprattutto se l’hai già avuto. Io credo di averlo avuto un paio di volte ed evidentemente il mio corpo si è abituato a conviverci. Sono stato per un giorno intero senza bici, il giorno dopo mi sono allenato sui rulli e poi, visto che ero di nuovo in salute, ho ripreso con il normale programma».

Gli errori pagati caro

Le domande si susseguono, il baccano della piazza costringe a chiudere le finestre. Lui tiene testa a ogni argomento, col sorriso leggero di chi non ha paura. Nemmeno quando gli chiedono da dove nasca la sua grinta, visto che sembra venire da un’infanzia tutto sommato facile, e lui risponde che magari qualcosa è successo e lo ha rimosso. Magari gli sarà morto un pesce rosso…

«Penso che la mia relazione con Vingegaard – riprende – sia qualcosa di straordinario. Ci incontriamo sempre più o meno una volta all’anno, di luglio. Apprezzo molto questa rivalità perché lo rispetto molto ed è bello vederlo alla partenza. Penso che sia pronto, altrimenti non sarebbe venuto. Non vedo l’ora di cominciare e cercheremo di fare di nuovo un grande spettacolo, sperando questa volta di invertire le maglie. Dovrò essere bravo a non commettere errori. Negli ultimi due anni ne ho fatti e li ho pagati. Fisicamente penso di essere pronto, poi sarà tutto un gioco mentale. Tre settimane sono un tempo pazzesco per correre e restare in forma. Se il Tour dello scorso anno fosse stato una classica o la corsa di una settimana, probabilmente avrei avuto la forma migliore della mia vita. Invece ho scoperto che tre settimane erano troppo lunghe per il mio corpo. Adesso sto bene, ma può succedere di tutto. Bisognerà stare attenti a ogni dettaglio.

«Penso che quest’anno avremo una grande competizione – riprende – vincere il Giro è stato piuttosto difficile, ma qui troveremo un clima profondamente diverso. Il Tour è sempre una delle gare più calde. Però ogni anno che passa, lo affronto diversamente. Sto migliorando e adesso vedo che non mi piace più il grande freddo e questo non accadeva di certo due anni fa. Per contro, sono migliorato molto con il caldo. Penso di essere pronto per questa calda estate».

Incognita terza settimana

Quando arriva Vingegaard, ha accanto anche Wout Van Aert e Fabio Jorgenson. Questo qui, pensiamo guardandolo camminare tutto dinoccolato, ha vinto gli ultimi due Tour. La caduta dei Baschi lo ha fermato a lungo, ma da qualche tempo, leggendo le dichiarazioni e parlando con i corridori, ci è venuto il sospetto che il danese sia molto più in forma di quanto voglia far credere.

«Sono semplicemente felice di essere qui – dice – alla partenza del Tour de France. Penso che sia già una vittoria, sono molto felice e in attesa di cominciare. La parte più difficile di tutto ciò è stato tornare allo stesso livello. Ho dovuto fare una lunga sosta e aspettare che ogni ferita guarisse prima di potermi allenare adeguatamente. Una cosa è iniziare a pedalare, un’altra quando puoi cominciare il vero allenamento. Quindi spero di aver messo insieme una condizione che mi permetta di arrivare alla terza settimana».

Da Piazza della Signoria, in bici fino a Piazzale Michelangelo, così Firenze ha abbracciato gli eroi
Da Piazza della Signoria, in bici fino a Piazzale Michelangelo, così Firenze ha abbracciato gli eroi

Con Pogacar zero rapporti

Non dice tanto, non sembra avere voglia di sbottonarsi. Tanto è solare il suo avversario per quanto capace di tenersi tutto dentro il danese che finora ha sempre risposto agli scatti frizzanti dell’altro con legnate di poche parole. Sono diversi anche sulla bici.

«Per me è una novità che Tadej abbia avuto il Covid – risponde – me lo state dicendo voi ora, non ho mai saputo come fosse la sua salute. Non abbiamo un grande rapporto, non ci siamo mai sentiti dopo il mio incidente. Ma credo che dal momento che arriviamo qua, siamo tutti nella stessa situazione. All’inizio della gara dovrò solo lottare per resistere e più avanti troverò i numeri giusti. Lo scopriremo nei prossimi giorni.

«Ho fatto un sacco di lavoro, un sacco di buon lavoro e non sono messo male, anche se la stampa è stata spesso negativa circa le mie possibilità. Ho affrontato gli ultimi tre mesi consapevole che fosse il momento più duro della mia carriera. In certe situazioni pensi solo a reagire piuttosto che a dispiacerti per te stesso ed è quello che ho fatto con la mia famiglia, provando tutto il possibile per prepararci a questa gara».

La speranza di vincere

Anche Van Aert tutto sommato racconta la sua risalita faticosa dalla caduta. Spiega di avere ancora qualche timore a buttarsi in volata e aggiunge che di certo sarà di aiuto nelle tappe di pianura e in salita se la condizione dovesse migliorare.

«Se farò risultato – sospira Vingegaard prima di alzarsi – sarò molto felice. Se non ci fosse stata la caduta, direi sicuramente che sono qui per la vittoria. Ma ovviamente negli ultimi tre mesi le cose sono cambiate. Per cui, certo, ho ancora la speranza di essere abbastanza forte. Almeno da lottare per la vittoria…».

Se ne va anche lui, se ne vanno tutti. Palazzo Vecchio ribolle di computer e giornalisti, mentre in Piazza della Signoria sfilano le ultime squadre verso Piazzale Michelangelo. Sta per cominciare il Tour de France numero 111 e salperà le ancore da Firenze. Come ha detto giustamente Bettiol, belle tutte le partenze, ma Firenze è Firenze…

Qualche punto interrogativo, ma Visma pronta: parola di Affini

27.06.2024
6 min
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Sono pronti a partire con il numero uno e a difendere la maglia gialla. Sono uno dei quattro “dream team” del Tour de France: sono i ragazzi della Visma-Lease a Bike. Della corazzata olandese non farà parte un pezzo importante, Edoardo Affini. Ma il mantovano, “da fuori”, ci aiuta ad analizzare bene la sua squadra e come si pone in relazione alle altre.

Affini in autunno, quando si fanno i programmi in base anche ai percorsi, era stato inserito nella lista lunga del Tour, tanto più che Wout Van Aert e Olav Kooj avrebbero preso parte alla corsa rosa. Poi le cose sono cambiate strada facendo e si è ritrovato, giustamente come sostiene anche lui, al Giro. Ma ora è tempo di Tour de France…

Affini (al centro) al termine del Giro d’Italia. Ora il mantovano è in fase di recupero
Affini (al centro) al termine del Giro d’Italia. Ora il mantovano è in fase di recupero
Al netto del forfait all’ultimo minuto per Covid di Sepp Kuss, la Visma-Lease a Bike resta uno squadrone, Edoardo…

Penso che sulla carta, i corridori che vanno in Francia costituiscono una bella selezione. Ci sono tanti campioni, anche se non mancano dei punti interrogativi.

Ti riferisci a Jonas Vingegaard?

Onestamente non conosco le condizioni di tutti. C’è da vedere un po’ come sta ovviamente Jonas, ma anche come sta Wout Van Aert. Sappiamo che se Wout sta in una certa maniera può essere fondamentale in ogni senso, come uomo jolly e come gregario per Jonas. Non penso sarà quello
del Tour del 2022… mettiamola così. E ci starebbe tranquillamente visto l’infortunio che ha avuto e  il percorso di recupero che ha fatto. Potrebbe non essere nella condizione migliore di sempre. Però è sempre Van Aert.

E Vingegaard?

Spero che Jonas vada in crescendo durante la corsa, però le sue condizioni al momento sono difficili da capire. Presumo siano abbastanza buone, altrimenti non l’avrebbero portato.

Lui quando ha ripreso realmente a pedalare?

Onestamente non lo so, è non è perché non lo voglio dire. Non conosco precisamente le tempistiche. Ad aprile avrà fatto qualche pedalata sui rulli, giusto per muovere le gambe e vedere come rispondeva il corpo. Ma sicuro, prima di maggio non è montato in bici.

Due leader, ma stavolta, anche due incognite. Cosa faranno vedere Vingegaard e Van Aert? (foto Instagram)
Due leader, ma stavolta, anche due incognite. Cosa faranno vedere Vingegaard e Van Aert? (foto Instagram)
Manca Kuss e Van Aert e Vingegaard non danno le solite certezze, Matteo Jorgenson invece sì. Può essere il jolly come ha detto anche il vostro capo? O sarà il gregario di lusso?

Può essere una pedina fondamentale per Jonas, ma io lo vedo bene anche come mina vagante per qualche tappa se ne avrà la possibilità. Tra i selezionati Jorgenson è quello che ha dimostrato la forma migliore ed è stato anche il più costante. E’ stato protagonista in primavera e si è giocato il Delfinato fino all’ultima tappa, quindi credo che si possa considerare come il corridore che dà più certezze.

Tra i punti interrogativi c’è anche Laporte…

Anche Christophe, bisogna vedere dopo il Giro come si è ripreso. Lui era caduto. Il modo e il tempo per recuperare bene e di prepararsi per il Tour lo ha avuto.

Tu, Edoardo, corri in uno di questi squadroni e al tempo stesso ci corri contro. Dov’è siete più forti? E dove invece pagate qualcosa? La UAE Emirates ha molti capitani…

E secondo me avete già centrato il nocciolo della questione. Se prendete i suoi singoli corridori la UAE è superiore… per la classifica. Sono tutti corridori che in altre squadre potrebbero puntare al podio. Forse noi siamo più squadra. Che poi anche lì è tutto da vedere, perché bisognerebbe essere in quel team e vederne le dinamiche interne. Noi della Visma-Lease a Bike siamo un po’ più completi su tutti i terreni. E abbiamo un obiettivo “più unico”.

“Più unico” rende bene l’idea…

Siamo più centralizzati su uno o massimo due obiettivi. Non abbiamo quattro corridori che fanno classifica. Siamo più votati ad una causa, mettiamola così.

Non abbiamo nominato Tratnik: lo sloveno dà garanzie su molti terreni. Un’arma in più per la Visma
Non abbiamo nominato Tratnik: lo sloveno dà garanzie su molti terreni. Un’arma in più per la Visma
Anche Bora-Hansgrohe e Ineos Grenadiers hanno le spalle larghe. Dove si possono battere? E dove daranno fastidio?

La Bora al Giro si è dimostrata una bella squadra. Ha fatto vedere di saper correre per il proprio capitano, in quel caso Martinez. Con Primoz hanno ovviamente uno dei candidati maggiori per vincere il Tour o comunque per il podio. L’unico punto di domanda può essere il fatto che Roglic e altri sono nuovi in squadra e magari hanno bisogno ancora di un filo di rodaggio. Sono aspetti che sembrano semplici, ma un po’ di tempo lo richiedono.

Anche Roglic e Gasparotto lo avevano detto dopo la Parigi-Nizza…

Siamo tutti professionisti e sappiamo cosa fare, però quel tocco in più, quello 0,5 per cento che magari ti fa dare qualcosa in più, quella comunicazione in meno che serve per prendere una decisione veloce al momento giusto… magari non ce l’hanno ancora. Se Roglic se ne è reso conto è perché veniva da 10 anni consecutivi nel nostro team e lì conosceva ogni cosa come le tue tasche.

Della Ineos invece cosa ci dici?

Sono storicamente abili nel vincere grandi Giri. Nell’ultimo periodo gli è mancato il fuoriclasse, soprattutto dopo quello che è successo a Bernal, però ragazzi hanno Thomas che è un corridore fantastico. Ha vinto un Tour. A 38 anni è ancora lì la lottare, guardate che Giro d’Italia ha fatto. Per me ha fatto un Giro esagerato. Ecco, nel suo caso bisogna valutare il recupero post Giro.

Bernal cosa può dare secondo te a questa squadra in questo momento e con quei compagni?

Per quello che abbiamo visto nella prima parte di stagione, mi è sembrato in crescita ad ogni corsa. Al Delfinato è andato forte. Ma  un po’ come in UAE Emirates anche lì sono tanti: Bernal, Thomas, Pidcock, Carlos Rodriguez… Non so chi di loro vorrà fare classifica, ma di certo sono un bel blocco. E con corridori simili ti puoi giocare anche diverse carte in base a come si mette la corsa. Puoi portare in avanscoperta uno ed aspettare con quell’altro. Hanno più opzioni. E poi, ripeto, sono esperti. Loro possono inventarsi qualcosa… sicuramente.

Kuss è uno degli scalatori più forti e mancherà molto alla causa della Visma – Lease a Bike
Kuss è uno degli scalatori più forti e mancherà molto alla causa della Visma – Lease a Bike
Torniamo a voi, Edoardo. Hai parlato di blocco, qual è il vostro blocco per la salita? Tanto più ora che manca Kuss?

Senza Sepp, l’ultimo uomo dovrebbe essere Jorgenson. Poi ci sarà Wilco Kelderman che se sta bene va veramente forte, credetemi. E anche il sostituto di Sepp, Bart Lemmen, non è affatto male. Magari dovrà prenderci un po’ la mano, soprattutto perché è la sua prima partecipazione.

Kuss è una mancanza grossa…

Penso di poter dire, se parliamo solo scalatori, che se non è il migliore del mondo è tranquillamente nei primi cinque. Sepp sa come si va in salita, è il suo terreno, sa scandire il passo come pochi altri e a diverse velocità. Quindi è chiaro che è una perdita pesante. E non è un caso che in tutti i grandi Giri che abbiamo vinto lui era presente.

Chi sarà il regista in corsa?

Di solito è Tiesj Benoot. Ma penso che anche Van Aert possa ricoprire quel ruolo lì.

Gioia Bartali, nel nome del nonno

27.06.2024
5 min
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Da molti anni ormai Gioia Bartali è impegnata a tenere viva la memoria del nonno Gino. Presenzia a serate, incontri con le scuole, eventi di ogni tipo in cui porta avanti i valori che hanno fatto diventare Ginettaccio “Giusto delle Nazioni”, oltre che uno dei corridori più vincenti e amati della storia. Per lei quindi questi sono giorni speciali, con l’imminente partenza del Tour de France da Firenze proprio in ricordo di Gino Bartali.

Gioia, questi saranno giorni fittissimi di impegni per voi della famiglia Bartali. Come sta andando l’avvicinamento alla Grande Partenza del Tour de France dedicata a suo nonno?

Sono stata l’altro giorno alla presentazione a Firenze invitata da Giancarlo Brocci, l’ideatore dell’Eroica di Montalcino e quindi bartaliano DOC, se vogliamo dire così. Lunedì mattina c’è stata una prima cerimonia ad Assisi, da dove dei ragazzi venuti da Israele sono partiti per commemorare la figura del nonno. Hanno percorso in bici la strada da Assisi a Firenze, la stessa che lui ha affrontato sotto il nazifascismo per aiutare gli ebrei perseguitati durante la guerra. Appartengono tutti all’organizzazione “Bartali – Youth in Movement”, delle vere e proprie scuole in cui i ragazzi uniscono la scuola e il ciclismo.

Ci dice qualcosa di più di quest’organizzazione?

Si tratta di un progetto nato dopo la partenza del Giro d’Italia da Gerusalemme nel 2018. E’ stato concepito e portato avanti ancora oggi dall’allora direttore della Israel Cycling Academy Ran Margaliot. Anche l’anno scorso ero stata a visitare uno dei centri dove vivono e studiano questi ragazzi. Poi siamo state nuovamente allo Yad Vashem, il Memoriale della Shoah di Gerusalemme. Insomma, anche in Israele c’è un buon percorso di memoria per il nonno. E’ una figura che lì è ancora molto rispettata e ricordata.

E poi come è andata avanti la sua settimana?

Da Assisi mi sono spostata a Firenze, per la precisione nel comune di Bagno a Ripoli, dove martedì c’è stato un evento dedicato a Bartali e a Gimondi. C’era anche Norma Gimondi ed è stato sicuramente un altro bellissimo momento legato allo sport e al ricordo di questi due grandi nomi. A seguire, ieri nel giardino della Sinagoga di Firenze c’è stato un momento di commemorazione organizzato dalla Israel-Premier Tech in onore del nonno, cui hanno preso parte i corridori che parteciperanno al Tour con tutto lo staff.

Quel che resta di Gino Bartali (1914-2000) sono le vittorie, la fede e l’eroismo nel salvare decine di ebrei durante la Guerra
Quel che resta di Gino Bartali (1914-2000) sono le vittorie, la fede e l’eroismo nel salvare decine di ebrei durante la Guerra
E oggi?

Andrò alla presentazione ufficiale delle squadre, invitata dalla Regione Emilia-Romagna. Ero già stata loro ospite qualche tempo fa alla Stazione Centrale di Bologna per l’inaugurazione del treno che Trenitalia ha voluto dedicare alla figura di Pantani, Bartali e Coppi, anche quello un evento bellissimo. Dopodiché andremo alla partenza di sabato e ci godremo il passaggio a Ponte ad Ema, la città natale di mio nonno, dove è presente un museo dedicato a lui.

La Grande Partenza sarà anche l’occasione per ricordare anche altri grandi nomi del passato. Oltre a suo nonno, Gastone Nencini e Ottavio Bottecchia, Fausto Coppi e Marco Pantani…

Certamente, figure altrettanto importanti. Io personalmente sono anche molto vicina alla famiglia Nencini e sono molto felice che i corridori passeranno dalle parti del Mugello per ricordarlo. La Toscana ha veramente regalato tanto a questo sport secondo me, dei campioni di un’eccellenza assoluta. Hanno portato avanti il vero senso del ciclismo, del ciclismo davvero eroico, dei tempi in cui pedalare era un’impresa a tutti gli effetti, qualcosa che andava oltre lo sport. Ciò che mi rende orgogliosa di mio nonno è che ha trasmessi grandissimi valori. Io sono molto attiva anche nelle scuole. Mi invitano spesso perché Gino Bartali continua ad essere un personaggio molto amato anche al di fuori dall’ambito ciclistico. Per quello che ha fatto durante la guerra, per l’esempio che rappresenta per i giovani…

Gioia è molto presente anche nelle scuole: il messaggio di Gino è molto sentito (foto Facebook/Gioia Bartali)
Gioia è molto presente anche nelle scuole: il messaggio di Gino è molto sentito (foto Facebook/Gioia Bartali)
A questo proposito, cosa vuol dire per voi della famiglia essere protagonisti in un momento così particolare, che renderà omaggio alla figura di suo nonno in tutto il mondo?

E’ un evento molto speciale per tutti noi della famiglia. Mio papà avrebbe desiderato che fosse possibile già per i cento anni dalla nascita del nonno, ma allora ancora i tempi non erano maturi. Per questo mi rende particolarmente felice poter esserci, per ricordare anche mio padre Andrea che negli anni si è speso moltissimo per portare avanti la memoria di Gino. Dire che noi della famiglia siamo orgogliosi è riduttivo. E’ un grandissimo onore che un evento come il Tour de France dedichi la partenza a nostro nonno. Qualcosa di davvero, davvero memorabile.

Lenny Martinez si infila nel Tour. E Mauduit spiega

26.06.2024
6 min
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Quando lo raggiungiamo, Philippe Mauduit sta guidando verso l’Italia. Il Tour è alle porte e per il responsabile sportivo della Groupama-FDJ si avvicinano giorni importanti. La squadra ha inserito Lenny Martinez all’ultimo momento, nonostante tutto quello che era stato detto al riguardo. E l’annuncio del Covid che ha impedito a Gaudu di partecipare al campionato nazionale accentua la scelta di non avere un team che ruoterà attorno ad un solo uomo. Per questa volta, la Grande Boucle della squadra di Madiot seguirà altri schemi.

Sarà per i trascorsi italiani da corridore, Mauduit è sempre stato più un uomo da Giro d’Italia, anche per il suo gusto personale. Però è innegabile che per lo squadrone che ebbe Pinot e che non ha trovato (finora) in Gaudu un successore all’altezza, la corsa della maglia gialla sia un passaggio cruciale.

Philippe Mauduit ha 56 anni e da quest’anno è responsabile tecnico del team (foto Groupama FDJ)
Philippe Mauduit ha 56 anni e da quest’anno è responsabile tecnico del team (foto Groupama FDJ)
Come mai una squadra così sbarazzina quest’anno, con i due giovani più forti?

Gregoire era previsto da gennaio. A dire la verità, quasi tutti erano previsti da gennaio, Lenny è entrato più tardi nel gioco. Però da un paio di mesi, se guardate bene il suo programma di gare, avevamo anticipato parecchio. Ha fatto l’inizio stagione fino al Catalunya, poi un periodo di riposo. Ha ripreso ad aprile nelle gare di Besançon, Grand Jura e Tour de Romandie, poi di nuovo un periodo di riposo. Quindi è ripartito a fine maggio col Mercantur (che ha vinto, foto in apertura, ndr) e poi il Giro di Svizzera. Volevamo tenerlo fuori perché è ancora giovane, ma sapevamo anche che aveva tanta voglia di esserci. E guardando come ha gestito la sua stagione, abbiamo pensato che avendo avuto il programma ideale di preparazione, non avremo niente da perdere. Noi e tantomeno lui.

Lenny ha solo sette mesi meno di Gregoire: basta questo poco tempo per fare la differenza nelle scelte?

In tutte le categorie, Lenny ha sempre gareggiato contro ragazzi che avevano quasi un anno di più. Romain è molto più maturo fisicamente, anche nel suo modo di affrontare le corse. Per questo con Lenny ci siamo andati un po’ più tranquilli.

Amorebieta, così Gregoire ha centrato la sua ultima vittoria (finora) ai Paesi Baschi
Amorebieta, così Gregoire ha centrato la sua ultima vittoria (finora) ai Paesi Baschi
Resta il cambio di impostazione. Non più tutti per uno…

A gennaio abbiamo iniziato a dire che non vogliamo una squadra legata al 100 per cento al suo capitano, ma una squadra combattiva che corra con l’istinto e la voglia di vincere tappe. In più Gaudu ha avuto un problema di Covid al Delfinato, come molti altri, e sappiamo tutti che questo non è facile da affrontare. Dipende del carico virale, c’è qualcuno che dopo dieci giorni non ha più sintomi e qualcuno che invece rimane fiacco per due o tre settimane. Guardando come sta recuperando, abbiamo pensato di portarlo comunque al Tour. L’ha avuto da più di dieci giorni, ora si sta allenando bene. Eravamo anche incerti se dirlo o meno, ma poiché questo gli ha impedito di correre il campionato nazionale, abbiamo pensato di dare una spiegazione, prima che tutti cominciassero a chiedersi perché mai non lo avesse corso.

Cosa pensi di un Tour con le prime due tappe molto dure e il Galibier il quarto giorno?

E’ un tour un po’ particolare. Alla sera della quarta tappa nessuno lo avrà ancora vinto, penso, ma qualcuno lo avrà già perso. Questo di sicuro. C’è anche la tappa con le strade bianche che sarà molto impegnativa, perché i settori sono lunghissimi. E’ un disegno un po’ particolare (dice dopo una pausa di perplessità, ndr), ma proprio per questo si può pensare che ci sarà animazione per tutto il Tour. Chi sarà andato male nella prima settimana, nella seconda e nella terza andrà per vincere le tappe. Ci sarà spettacolo e insieme ci sarà la lotta per la maglia gialla.

Stefan Kung, di nuovo campione svizzero, va al Tour con la sfida di due crono e poi quella di Parigi (foto Instagram)
Stefan Kung, di nuovo campione svizzero, va al Tour con la sfida di due crono e poi quella di Parigi (foto Instagram)
Che cosa faranno i vostri due giovani? Martinez ha il sogno della maglia a pois da regalare a suo nonno…

Con Lenny non si sa mai. Lui è molto grintoso, non fa ciclismo per passeggiare, ma per vincere. Per andare avanti e migliorare in tutto. Non parliamo di classifica generale ovviamente, però nei primi giorni e anche con questi disegni del percorso, qualcosa potrebbe inventarsi. Ovviamente anche Gregoire viene per fare la prima sua esperienza del Tour e con l’obiettivo di puntare a qualche tappa.

Tutta la Francia li aspetta per la maglia gialla?

La gente è sempre orgogliosa, così c’è chi pensa e chi invece lascia parlare le emozioni. Sapete come sono i tifosi, loro aspettano il successore di Bernard Hinault (ultimo vincitore francese del Tour nel 1985, ndr) e non hanno pazienza. Però dobbiamo essere onesti. Con Pogacar, Vingegaard e Roglic questi bimbi hanno ancora tanto da imparare.

Si può fare una domanda un po’ maligna?

Certo.

Gaudu ha corso il Delfinato sotto tono e ne è uscito con il Covid, come anche altri
Gaudu ha corso il Delfinato sotto tono e ne è uscito con il Covid, come anche altri
Si dice che Lenny Martinez cambierà squadra: è stato portato per averlo almeno in un Tour?

Non credo che il suo contratto sia stato definito, anche perché il regolamento dice che prima del primo agosto non c’è possibilità di firmare contratti. Da noi in Francia di solito succede il contrario. Tante volte le squadre che non hanno confermato un corridore non lo fanno partecipare al Tour. Se guardi il passato, è sempre stato così. Noi non siamo nella stessa situazione, non si tratta di sfruttare Lenny per almeno un Tour. Il nostro obiettivo è solo sportivo.

Come ti trovi nel tuo nuovo ruolo?

Non è sempre facile. Sin da gennaio c’è stato tanto lavoro da fare, tanti cambiamenti di programma. Nonostante ciò, abbiamo due vittorie di più dell’anno scorso. Quello che mi dispiace è che stiamo scendendo un po’ nella classifica del WorldTour e anche se non guardiamo mai i punti, non è bello. L’obiettivo di fine stagione è ritrovare il nostro posto e continuare a gareggiare per vincere.

Oltre alla nuova bici da crono per Kung, la Groupama porta al Tour la nuova Wilier Verticale (foto Groupama FDJ)
Oltre alla nuova bici da crono per Kung, la Groupama porta al Tour la nuova Wilier Verticale (foto Groupama FDJ)
Per te che sei mezzo italiano che effetto fa il Tour che parte da Firenze?

Io non sono appassionato del Tour, preferisco il Giro. A dire tutta la verità, ho più passione per la cultura italiana che per la cultura francese, anche se la storia in Francia è ugualmente importante. Anche noi abbiamo qualche scrittore, pittore, artisti bravissimi che mi appassionano, ma l’Italia per me ha un sapore particolare. Sono molto felice quando ci vado e credo che vivere questi giorni tra Firenze e tutte le città che attraverseremo, sarà speciale. Cesenatico, il paese di Pantani: questo per me è molto importante. Adesso posso farla io una domanda un po’ maligna?

Certo.

Sarebbe stato possibile destinare i soldi spesi per portare il Tour a Firenze per creare una squadra italiana?

E cosa vuoi rispondergli? Probabilmente no, quello non interessa. Sono soldi pubblici, come i miliardi stanziati per le Olimpiadi invernali, mentre ad esempio ci sono ancora case distrutte dal terremoto di otto anni fa che aspettano di essere ricostruite. Non roviniamoci la festa Philippe, ci vediamo a Firenze…

Il Tour della rinascita. Bernal vuole tornare… Bernal

26.06.2024
5 min
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Per certi versi passa inosservato e potrebbe questo essere anche un vantaggio. A Firenze, tra i partecipanti al Tour de France ci sarà anche Egan Bernal e già questo è un risultato eccezionale se si ricorda quanto gli è accaduto nel gennaio 2022. Parliamo di uno che il Tour l’ha vinto, nel 2019, di uno che sembrava destinato a collezionare grandi giri come caramelle, di uno che era accreditato, in quel maledetto mese, della fama di più grande avversario di Tadej Pogacar, quando ancora Vingegaard era solo un giovane di belle speranze.

C’è voluto tanto tempo per Bernal per tornare a essere Bernal. Forse oggi, per la prima volta, si può dire che il colombiano stia tornando se stesso, solo che sono passati oltre due anni che in questo ciclismo sono un secolo, un lasso di tempo nel quale moltissimo è cambiato e allora il colombiano resta un oggetto quasi sconosciuto, imponderabile.

Bernal è sempre fra i più amati dai tifosi, anche per tutto quel che ha passato
Bernal è sempre fra i più amati dai tifosi, anche per tutto quel che ha passato

Giovanni Ellena, diesse della Polti Kometa conosce bene Bernal, al quale è legato da una sincera amicizia e prima di parlare delle sue possibilità nella Grande Boucle ci tiene a sottolineare un aspetto che non deve mai essere dimenticato: «Il fatto che Egan sia qui è un miracolo. Quando ha avuto l’incidente era dato quasi per morto, la stessa ripresa come essere umano prima che come ciclista sembrava un miraggio. Invece oggi è qui e questa, a prescindere da come il Tour finirà, è una grande vittoria».

Tu gli sei stato vicino anche nei momenti immediatamente successivi al gravissimo incidente?

La sera stessa chiamai la madre che mi disse con molta schiettezza che c’era da far passare la notte per capire se all’indomani Egan ci sarebbe stato ancora. Eravamo a questo punto. A inizio stagione, tornando in aereo da O Gran Camino ci siamo ritrovati fianco a fianco e abbiamo parlato, ci siamo raccontati le nostre peripezie (anche Ellena è caduto durante un’escursione in montagna e ha rischiato di non camminare più, ndr). Entrambi abbiamo non so quante viti che tengono insieme il nostro corpo, ma per lui è diverso. Parliamo di uno sportivo, un ciclista, pensate che cosa significa gareggiare nelle sue condizioni…

Bernal ha vinto il Tour nel 2019 battendo Thomas e Kruijswijk, poi ha trionfato al Giro 2021
Bernal ha vinto il Tour nel 2019 battendo Thomas e Kruijswijk, poi ha trionfato al Giro 2021
Eppure sembra davvero che stia tornando lui, si è visto anche al Giro della Svizzera chiuso al quarto posto.

E’ a buon punto, io dico che è quasi come prima, solo che adesso ci sono fenomeni in giro e non solo loro a ben guardare. La concorrenza è spaventosa. Ma lui è tornato a un livello importante, in Svizzera l’ho visto andare davvero forte, ha trovato anche una notevole costanza di rendimento, finendo ogni corsa a tappe sempre nelle prime posizioni.

L’impressione guardandolo è che siamo di fronte a un corridore che si sta ancora scoprendo e che per questo corre molto coperto, senza prendere iniziative com’era solito fare…

Non è che corra in maniera passiva, è che deve capire ancora dove può arrivare. Ora pensa di più prima di attaccare. Io credo che tutto quel che ha passato l’abbia fatto maturare, ma dal punto di vista psicologico e mentale deve ancora fare un piccolo scatto per tornare completamente quello di prima. Al Tour correrà insieme a due altri capitani, si spartiranno i compiti e questo sarà un aiuto, potrà capire durante la corsa che cosa potrà fare. E’ però consapevole che, in mezzo ai più forti, a quelli che lottano per i quartieri alti della classifica ci può stare.

Il colombiano con Pogacar: dovevano essere grandi rivali a Giro e Tour, l’incidente ha rovinato tutto
Il colombiano con Pogacar: dovevano essere grandi rivali a Giro e Tour, l’incidente ha rovinato tutto
Credi che potrà un giorno tornare a competere ad armi pari con Pogacar e Vingegaard?

E’ una domanda alla quale potrà rispondere solo il tempo. Noi (mi ci metto in mezzo come suo amico ed estimatore) possiamo solo sperarlo. Il fatto è che il ciclismo corre, oggi è già differente rispetto al gennaio 2022. Io però confido nella sua capacità di adattamento: al Tour ad esempio ci sarà una tappa dove si andrà oltre i 2.000 metri, io penso che quello sia il suo pane e se sarà in forma metterà alla frusta gli altri. Tenendo sempre presente che in giro troverà veri fenomeni.

Lui se ne rende conto, di questo cambiamento?

Sì, ma non è uno che si adatta. Voglio dire che non è tornato in bici, si è sacrificato settimane, mesi, anni per essere uno che porta le borracce. Ha grandi ambizioni, vuole emergere e se è lì sa di poterlo fare. Non è uno che si adagia sulla mediocrità. E’ un leader, esattamente come quando vinceva Giro e Tour quindi mi aspetto che sia lì davanti.

Dopo il Tour Egan sarà a Parigi il 3 agosto nella gara olimpica, insieme a Daniel Martinez
Dopo il Tour Egan sarà a Parigi il 3 agosto nella gara olimpica, insieme a Daniel Martinez
Pensi che essere stato scelto per la gara olimpica del 3 agosto, insieme a Daniel Martinez, gli abbia dato motivazione in più?

Non credo, non ne ha bisogno. E’ sempre onorato se può vestire la maglia della nazionale e anche su un percorso certamente non proprio adatto alle sue caratteristiche farà il massimo per essere degno di quella maglia della nazionale, ma non ha bisogno di incentivi particolari. Bernal li ha già dentro di sé, sono sicuro che freme per la partenza da Firenze, per cominciare la lunga lotta…

Il primo Tour di Gazzoli: il cuore per “Cav” e un angolino per sé

26.06.2024
6 min
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Il Tour de France come primo Grande Giro non sarà un’esperienza da poco. Per questo Michele Gazzoli nel parlarne sta un po’ sul chi vive, con la voce che lascia trasparire un’immensa emozione. Un conto è essere inseriti nel gruppo di coloro che lavorano per andare, altra cosa è ricevere una maglia per la corsa più grande che ci sia e per giunta con un compito da far tremare le ginocchia. Aiutare Mark Cavendish, il suo idolo di sempre, a centrare il record di tappe.

«Alla fine siamo lì per lui – dice – alla ricerca della trentacinquesima vittoria. Io avevo i suoi poster in camera. Avevo la sua immagine profilo quando ero bambino. Avevo comprato tutte le sue cose, le sue scarpe, la sua bici, i suoi occhiali. E adesso vado al Tour con il mio idolo per battere un record. Penso che di più non potrei chiedere, no? E’ come uno che cresce guardando Ronaldo e a un certo punto gioca la Champions con lui».

Michele Gazzoli è nato il 4 marzo 1995, è alto 1,80 e pesa 76 chili
Michele Gazzoli è nato il 4 marzo 1995, è alto 1,80 e pesa 76 chili
Quando hai saputo di essere stato convocato?

Martedì scorso, una settimana fa. Sicuramente ci speravo, avevo fatto tutto per andare al Tour. Avevo corso in Ungheria, poi il ritiro di Sierra Nevada e alla fine il Delfinato. Tutto con il gruppo Tour, quindi non è stata una sorpresa. C’era una lunga lista. Poi è successo che Schelling si è ammalato e anche Battistella, mentre io stavo bene e alla fine è toccato a me. Però quando me l’hanno detto, ovviamente un piccolo colpo c’è stato. Insomma, sto andando al Tour de France…

E’ la corsa dei sogni?

Nel mondo del ciclismo, sappiamo tutti che il Tour è il Tour. E’ la corsa che guardi per forza, che ti fanno vedere le immagini e i risultati da tutte le parti. Arrivi a sera e in qualche modo hai saputo chi ha vinto la tappa. In più mettiamoci questa cosa di Mark e ci vuole un attimo perché diventi la corsa dei sogni.

A Mark hai mai raccontato di quanto fossi suo tifoso?

Certo! Il bello di Mark è che è una persona veramente di cuore, lui ti vuole proprio bene. Prima che essere compagno di squadra, ha la capacità trasmetterti affetto. Io sono giovane, quindi per lui potrei non essere nessuno. La prima volta ci siamo incontrati l’anno scorso in Turchia e io ero super imbarazzato. Vedi il tuo idolo, ci sei in squadra insieme. E invece lui è arrivato e mi ha abbracciato. Sapeva che avevo vinto in Norvegia, sapeva già tutto di me. E io sono rimasto a bocca aperta. Non sono uno che ha dei pregiudizi, però onestamente da fuori vedevo una persona abbastanza distaccata, come è giusto che sia per un campione. Uno così non può essere attaccato a tutti, come fai? Devi sempre prendere quella mezza distanza, sia con la stampa sia con i fans, che ti permette di andare avanti. Per qualcuno puoi sembrare antipatico, ma ora che ho vissuto accanto a lui, ho capito cosa voglia dire essere Mark Cavendish.

E’ il 9 maggio, Cavendish vince in Ungheria: l’abbraccio è con Gazzoli (foto Astana Qazaqstan Team)
E’ il 9 maggio, Cavendish vince in Ungheria: l’abbraccio è con Gazzoli (foto Astana Qazaqstan Team)
Che cosa significa?

Non hai vita. A qualsiasi gara tu vada, hai una folla fuori dal pullman per Mark Cavendish. Lui ci prova ed è cordiale con tutti, però trovi sempre il momento… Siamo esseri umani! Quindi è molto meglio di come me l’aspettassi, senza però che mi fossi fatto un giudizio prima. Non lo conoscevo e spesso, quando conosci bene una persona, si rivela meglio di come te l’aspettavi.

Per Michele Gazzoli andare al Tour significa sacrificarsi completamente per Cavendish o ci sarà la possibilità di fare qualcosa per te?

Il primo obiettivo è Mark, sicuramente: su questo non c’è dubbio. Poi anche con la squadra si è detto che se si creerà un’occasione positiva, si potrà provare. Una tappa al Tour ti può cambiare veramente la carriera, la vita.

Avete già studiato le tappe in cui attaccare il record?

Non so dire le tappe esatte, numero per numero. So che le prime due saranno da salvarsi, mentre la terza è già un’ottima occasione. Si va in Pianura Padana che è anche meglio della Francia, perché comunque è veramente tutta piatta. Quindi quella secondo me può essere già una gran bella occasione. Le altre tappe le sta vedendo Renshaw nei vari sopralluoghi. E poi sicuramente, quando saremo lì, faremo tutti un meeting per vedere più approfonditamente tutte le tappe per Cav.

Quando Cavendish punta il Tour, si trasforma. Gazzoli lo ha percepito in ritiro e nelle corse (foto Astana Qazaqstan Team)
Quando Cavendish punta il Tour, si trasforma. Gazzoli lo ha percepito in ritiro e nelle corse (foto Astana Qazaqstan Team)
Sai già quale sarà la tua collocazione nel suo treno?

Dovrei essere davanti a Ballerini. Quindi io, Ballerini, Bol, Morkov e Cavendish. Sarà una bella sfida. Quando si parla di Tour, Cav cambia. Io l’ho proprio visto dal UAE Tour, che era a inizio anno. L’ho visto alle gare in Italia, in Ungheria e l’ho visto a Sierra Nevada. Per il Tour, Cav è un’altra persona. Fa proprio uno switch mentale.

Visto che sei veloce anche tu, da uno come Cavendish sei riuscito a imparare qualcosa?

Ho imparato a fare le volate. Ho fatto con lui lunghi periodi di training camp e abbiamo corso parecchie volte insieme. L’ho vissuto tanto e alla fine impari. Un conto è fare le volate da under 23 che alla fine vinci con la forza senza grandi tatticismi. Invece con lui ho visto come si crea una volata, cosa devi fare. E’ una cosa completamente diversa da come le facevo io. Sprecavo un sacco di energie, poi sul più bello non ne avevo più. Cav invece ti parla in radio, ti dice quello che devi fare e a forza di farlo, impari come muoverti. L’ho visto al Delfinato, nella prima tappa che ha vinto Pedersen.

Come è andata?

Ho fatto un buon risultato (sesto, ndr), ma non era certo la mia volata perché era in discesa e negli ultimi 5 chilometri abbiamo fatto i 103 all’ora. Ho preso tante botte e non sono stato capace di uscire. Però avevo in testa ciò che avevo imparato da Mark su come si fanno le volate e quanto dovevo aspettare. Perché alla fine per vincere devi saper aspettare e quel giorno alla fine non mi è uscita una super volata, perché sono rimasto chiuso, ma prima non l’avrei neanche fatta.

Gazzoli è rientrato alle corse ad agosto 2023 e al secondo giorno di gara, ha vinto alla Arctic Race of Norway
Gazzoli è rientrato alle corse ad agosto 2023 e al secondo giorno di gara, ha vinto alla Arctic Race of Norway
Senza rivangare episodi poco felici, avresti mai immaginato di passare in un anno dalla sospensione al Tour de France?

Ne stavo parlando anche con il mio preparatore, con Mazzoleni, che c’è sempre stato e mi ha sempre dato una mano anche quando ero lontano. Continuo a dire che la sospensione sia stata una cosa giusta. C’è un regolamento, non l’ho rispettato e mi sono meritato quello che è venuto (Gazzoli è stato squalificato per aver usato uno spray nasale non consentito, ndr). Anzi, sarebbe stata una cosa sbagliata non essere punito, perché avrei creato un precedente. Però ovviamente quando vedi tutto buio, è normale starci male. E sicuramente non pensavo che in così poco tempo avrei raggiunto obiettivi tanto grandi.

Il Tour sarà il tuo primo Grande Giro, cosa metti nella valigia?

L’ho appena fatta e continuo a pensare di aver dimenticato qualcosa, perché mi pare tanto leggera. E’ vero, sarà un debutto col botto, per cui se ho portato qualcosa in meno avrò diritto al perdono. Partiamo per 21 giorni, in più a Firenze ci daranno un sacco di materiale nuovo. Io per non sbagliare il casco e le scarpe li ho. E poi c’è una cosa che mi porto dietro da quest’anno ed è il mio portafortuna: un elastico della mia ragazza, che mi ha regalato prima di andare in Australia. Diciamo che ogni volta controllo che ci sia. Anche se non lo vedo ogni volta che apro la valigia, mi piace sapere che c’è. Ma vi giuro che sono in ansia, qualcosa ho dimenticato di sicuro…

Il Tour a Firenze, emozioni e riflessioni toscane con Magrini

24.06.2024
6 min
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Ormai ci siamo, ancora tre giorni e mezzo e poi finalmente si aprirà lo scenario sul Tour de France “italiano”. Firenze e il suo Piazzale Michelangelo ieri sono stati teatro della partenza dei campionati italiani vinti da Bettiol, ma giovedì a partire dalle 18,30 si tingeranno ufficialmente di giallo con una preannunciata spettacolare team presentation.

Le gambe dei corridori si accenderanno sabato 29 giugno alle 12 col via della prima tappa da Piazza della Signoria, mentre i cuori degli appassionati hanno iniziato a scaldarsi già da un po’ di tempo. Fra loro c’è Riccardo Magrini che, per forza di cose, è un trait d’union ottimale tra Toscana e Tour de France. Nonostante non sia fiorentino, “il Magro” vive questa Grand Départ con profondo sentimento come abbiamo capito dalla nostra chiacchierata. Qualcosa che non è facile da descrivere e che dovrà riversare sul microfono durante la cronaca su Eurosport assieme a Luca Gregorio.

Riccardo Magrini e Luca Gregorio commenteranno il Tour de France tutti i giorni su Eurosport
Riccardo Magrini e Luca Gregorio commenteranno il Tour de France tutti i giorni su Eurosport

Evento storico

Il feeling di Magrini col Tour è legato, fra i tanti ricordi, al 1983 quando vinse la settima tappa da Nantes ad Ile d’Oleron con un colpo da finisseur in prossimità del triangolo rosso dell’ultimo chilometro. Quarantuno anni dopo le emozioni si spostano per un evento storico.

«Questa edizione del Tour de France – racconta – la sento particolarmente, prima di tutto perché per la prima volta parte dall’Italia e poi perché, seppur indotta dalla collaborazione con l’Emilia Romagna, si parte dalla Toscana. Il fatto che si inizi da Firenze, la terra di Gino Bartali, Gastone Nencini e Alfredo Martini, credo che sia il giusto modo di rendere omaggio a tre giganti del ciclismo internazionale, non solo italiano. Sicuramente ci saranno interessi economici, però per me c’è qualcosa che va oltre alla scelta di partire da qua. In questo caso si parla di storia e valori dello sport. E poi ragazzi, avete presente il contesto artistico di Firenze, che ci invidiano in tutto il mondo, che si sposa col Tour?».

Nel 2013 il patrimonio artistico di Firenze aveva fatto da cornice al mondiale
Nel 2013 il patrimonio artistico di Firenze aveva fatto da cornice al mondiale

Firenze, prima iridata, ora gialla

Che la Toscana sia la culla del ciclismo non si discute. Per dare un’idea, chi cresce da quelle parti e si addentra in quel mondo come corridore o addetto ai lavori non può prescindere dalla conoscenza dei tre nomi fatti prima da Magrini. Oppure della stessa Firenze, che nel 2013 assieme ad altre località ospitò la rassegna iridata tra prove a cronometro e in linea. Ma che differenza c’è col Tour de France?

«Il mondiale di quell’anno – continua – coinvolse una buona parte di Toscana con tutte le gare in programma e fu una bella vetrina anche dal punto di vista turistico, nonostante la nostra regione sia conosciuta ovunque. Però il Tour ha completamente un altro richiamo. Lo sappiamo tutti, dopo Olimpiadi e mondiali di calcio che si tengono ogni quattro anni, è il terzo evento sportivo e si svolge tutti gli anni. E’ qualcosa di clamoroso per Firenze, si va in tutto il mondo

Una nota gelateria di Firenze ha ideato il gusto “Bartali Bartali”. E’ una crema fatta con zafferano di Fiesole (foto X)
Una nota gelateria di Firenze ha ideato il gusto “Bartali Bartali”. E’ una crema fatta con zafferano di Fiesole (foto X)

«Non dimentichiamoci poi – analizza Magrini – che tornaconto economico che ci può essere per la città e i suoi dintorni. Anzi, direi tutte le strade che saranno attraversate dalla prima tappa che porterà a Rimini. Anche il solo transito davanti a casa propria è davvero un evento da vivere in modo unico, qualcuno me lo ha già detto che sarà così. Tuttavia mi viene da pensare che forse la gente non si era resa conto veramente di quello che adesso sta per succedere realmente

Percezione mediatica

L’ultima frase di Magrini è un assist, o meglio una volata tirata da sfruttare. Toscani, romagnoli, emiliani e piemontesi hanno realizzato che tipo di evento gli sta per passare sui piedi? La percezione non è uguale ovunque. L’impressione è che Firenze, Rimini, Cesenatico e Bologna siano più preparati delle altre città coinvolte, però diventa difficile da dire finché non lo si vede dal vivo.

«Posso dire – prosegue il commentatore di Eurosport – che a Firenze è tutto pieno. Si parla che oltre il 90 per cento della ricettività alberghiera sia occupata già diverso tempo. E so che anche in Romagna è la stessa cosa. Certamente gli eventi collaterali legati al Tour sono stati importanti per far capire alla popolazione cosa ci sarà. Può darsi che a Firenze e in Romagna abbiano avuto un avvicinamento più coinvolgente perché le due tappe sono molto mosse e promettono spettacolo. Ad esempio l’arrivo di Bologna col San Luca nel finale è bellissimo».

RIccardo Magrini al Tour 1983 ottenne una vittoria di tappa. Qua in un momento scanzonato con Duclos-Lassalle (foto instagram)
RIccardo Magrini al Tour 1983 ottenne una vittoria di tappa. Qua in un momento scanzonato con Duclos-Lassalle (foto instagram)

«Alla base di tutto però – va avanti Magrini – credo che sia una questione di comunicazione in generale. Ovvio che se organizzi serate in vista del Tour e non le pubblicizzi, non puoi sperare che tutti sappiano cosa ci sarà. Questo è un po’ il grande limite del ciclismo, anche sugli eventi importanti. L’ho visto in questa settimana appena finita con i campionati italiani. E’ vero che erano a Grosseto e a Firenze, ma a Montecatini dove hanno soggiornato molte formazioni, nessuno sapeva nulla del perché fossero lì. Mentre altri sport, il calcio in testa, riescono a comunicare meglio, noi del ciclismo dovremmo fare una riflessione su questo aspetto

Spunti per una prossima volta?

La storica partenza dall’Italia chiama in causa tutto il ciclismo di casa nostra in modo trasversale. ASO, società organizzatrice del Tour de France, per le prime quattro tappe si appoggerà a diversi reparti di RCS Sport, organizzatore del Giro d’Italia. Una bella collaborazione che potrebbe dare spunti o frutti per il futuro.

«Credo che sia sempre utile il confronto – conclude Magrini – con altre realtà. In questo caso ci si potrà rendere conto della potenza del Tour, che comunque vedremo solo in parte qua in Italia. Ad esempio, non tutti i mezzi della loro carovana circoleranno da noi per questioni di omologazione. Per me il Giro resta la corsa più bella e più dura che c’è per percorsi e panorami, ma il Tour è sempre riuscito ad essere più incisivo a livello pubblicitario

Ancora deve iniziare questo Tour “italiano” che già si pensa ad una prossima volta. Il “Magro” lancia sul piatto una proposta. «Non possiamo avere il Tour ogni anno da noi, ma nel 2025 la Vuelta, che è gestita dagli stessi organizzatori, potrebbe partire dal Piemonte. Sarebbe bello che il Tour potesse rifare una Grande Partenza da noi fra qualche anno. D’altronde dall’Olanda ci è partito per sei volte…»

Manifattura Falomo è partner della Soudal Quick-Step

22.06.2024
4 min
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Durante l’intera e corrente stagione del ciclismo professionistico, la realtà friulana Manifattura Falomo si è confermata in qualità di sponsor ufficiale della Soudal Quick-Step Pro Cycling Team, fornendo i propri prodotti (il materasso Body Trainer e il Topper Sport) agli atleti: non solamente durante il Giro d’Italia, ma anche durante il prossimo Tour de France e La Vuelta. Questo importante sostegno rappresenta un elemento cruciale per il benessere e le performance dei corridori, evidenziando l’importanza del riposo e del recupero per chi pratica sport a livello professionale.

Il materasso Body Trainer, in particolare, è stato pensato e sviluppato come un alleato personale per il benessere degli atleti, progettato per ottimizzare il recupero fisico durante il riposo notturno. Grazie allo strato di Memory Fresh Blue, il Body Trainer accoglie il corpo senza compressioni, garantendo un sonno estremamente rigenerante e profondo. Questo strato innovativo permette al corpo di rilassarsi completamente, riducendo al minimo i punti di pressione e favorendo una circolazione sanguigna ottimale durante il sonno.

Il progetto Body Trainer è stato curato da Manifattura Falomo nei minimi dettagli, con l’obiettivo di favorire uno “stretching” naturale notte dopo notte e garantire il massimo benessere e recupero durante il sonno. La struttura interna del materasso, composta da rulli contrapposti, è studiata per assecondare i movimenti orizzontali del corpo, permettendo un riallungamento naturale della colonna vertebrale. Gli speciali rulli accolgono in maniera progressiva e delicata la colonna vertebrale, riducendo ogni compressione e consentendo una completa libertà di movimento.

Qualità e ricerca

Oltre alla sua avanzata struttura interna, il Body Trainer si distingue anche per le sue finiture esterne, realizzate con metodo sartoriale. La fodera in Microtencel è estremamente piacevole al tatto e possiede la capacità di regolare la temperatura corporea, assicurando un comfort ottimale durante tutte le stagioni. Questa fodera, caratterizzata da un’imbottitura ipoallergenica in Solotex, è facilmente lavabile e mantiene la sua compattezza inalterata nel tempo, garantendo sempre la massima igiene e freschezza.

Un ulteriore elemento di praticità è rappresentato dalle maniglie perimetrali che permettono di ruotare il materasso con semplicità. Questa caratteristica facilita la manutenzione del materasso, permettendo di prolungarne la durata e di mantenerne inalterate le proprietà nel tempo. Inoltre, rimuovendo il pannello superiore del Body Trainer per il lavaggio, è possibile riposare su un secondo rivestimento in Microtencel Fresh, progettato appositamente per le stagioni più calde. Questo secondo rivestimento offre una traspirabilità eccezionale, mantenendo il corpo fresco anche durante le notti estive più torride.

Infine, l’angolo decorativo con il marchio Manifattura Falomo si trasforma in una pratica borsa per riporre il pannello superiore e ottimizzare gli spazi. Questa soluzione non solo è elegante, ma anche estremamente funzionale, permettendo di organizzare al meglio l’area del riposo.


La struttura interna è composta da rulli contrapposti, per assecondare i movimenti orizzontali del corpo

La struttura interna è composta da rulli contrapposti, per assecondare i movimenti orizzontali

L’importanza del riposo

La collaborazione tra Manifattura Falomo e il team Soudal Quick-Step Pro Cycling Team sottolinea l’importanza del riposo e del recupero per gli atleti di alto livello. La scelta del materasso Body Trainer non è casuale: si tratta di un prodotto che unisce tecnologia avanzata e comfort, supportando in modo ottimale le esigenze fisiche dei ciclisti. Un sonno di qualità è fondamentale per il recupero muscolare, la rigenerazione delle energie e la prevenzione degli infortuni: tutti aspetti cruciali per chi pratica sport a livelli importanti e competitivi.

Manifattura Falomo, con la sua esperienza e la sua attenzione al minimo dettaglio, ha saputo creare un prodotto in grado di rispondere alle esigenze specifiche degli atleti, dimostrando come la qualità del riposo possa influire positivamente sulle performance sportive. La presenza del Body Trainer durante competizioni così importanti come il Giro d’Italia, il Tour de France e la Vuelta a España testimonia l’eccellenza del prodotto e la fiducia riposta dagli atleti nei benefici che esso offre.

Manifattura Falomo