Luci e ombre del Delfinato nella testa di Pogacar e Vingegaard

20.06.2025
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Dice Garzelli che dopo il Delfinato, Vingegaard ha capito di dover lavorare sui cambi di ritmo e che avrà le prossime due settimane in altura per mettersi a posto. Pogacar invece l’ha detto da sé: dovrà lavorare sulla crono, perché il quarto posto di Saint Peray non gli è andato giù. Al punto da essere sceso dai rulli subito dopo e aver saggiato la leggerezza della bici del rivale. Ma se questi sono stati gli esiti fisici del confronto, che cosa è rimasto nelle loro teste dopo il confronto appena vissuto? Quali sicurezze in più ne ha tratto Pogacar? E a Vingegaard è convenuto sfidarlo dopo un anno di batoste, col risultato di essersi ritrovato esattamente deve l’aveva lasciato l’ultima volta?

Sono sfumature su cui si ragiona fra amici e addetti ai lavori. E così, avendo la fortuna di poter interpellare il meglio fra gli esperti che operano nel professionismo mondiale, ci siamo rivolti a Elisabetta Borgia, psicologa e mental coach della Lidl-Trek e della nazionale, portando con noi le stesse domande.

Elisabetta Borgia fa parte dello staff performance della Team Lidl-Trek e della nazionale italiana
Elisabetta Borgia fa parte dello staff performance della Team Lidl-Trek e della nazionale italiana
Si può dire secondo lei che Vingegaard abbia preso le misure a Pogacar anche sul piano psicologico e ne sia uscito con qualche certezza in più oppure si è fatto male?

Bisogna analizzare più aspetti. Il primo è che sicuramente un campione come Vingegaard ha molto chiaro il suo piano di avvicinamento all’obiettivo, che si basa su di sé e non sugli avversari. Va da sé che lavorando sulla tua fiducia e la tua efficacia, hai bisogno di dati oggettivi, tuoi personali. Banalmente vedere che cresce l’allenamento o che cresci in base alle tempistiche che ti sei dato col coach e con la squadra. Però ogni tanto è importante avere anche delle reference esterne. Non solo tue, ma anche nel confronto con l’altro, prendendo sempre tutto con le pinze, nel senso che immagino nessuno conosca il tipo di allenamento e avvicinamento che hanno fatto al Delfinato e nessuno sappia quanto margine reale abbia l’altro.

Qualche dato ce l’hanno…

Immagino di sì, anche se non li seguo nello specifico. In ogni caso sono entrambi in altura e Vingegaard ha chiare le cose su cui migliorare per essere performante nei confronti di Pogacar. E’ sicuramente qualcosa che lo può aiutare a far uscire la parte più aggressiva e agonistica che c’è nel pensiero quando fai dei blocchi di lavoro da solo o con la squadra e che nel momento dello scontro diretto col tuo avversario esce di più. Quindi credo che Vingegaard, cosciente del valore suo e di Pogacar, dal Delfinato abbia preso soltanto il buono. Sa su cosa lavorare, se evidentemente ha previsto altro lavoro per crescere. Sappiamo che in 2-3 settimane c’è anche il rischio di arrivare ai corti, per cui da un lato è molto positivo ragionare in un’ottica di crescita, ma bisogna anche ragionare in un’ottica di calo all’interno delle tre settimane. E per questo è bene avere dei buoni punti di riferimento.

Bene i riferimenti, ma ha senso, progettando l’appuntamento più importante, cercare il confronto con uno che ultimamente ti ha sempre surclassato?

Vingegaard sta cercando di arrivare al Tour nella sua migliore espressione possibile, indipendentemente da Pogacar. Come pubblico guardiamo sempre loro due, ma chi lo dice che non arrivi un altro che non abbiamo considerato? E’ fuori discussione che nel momento in cui costruisci l’autoefficacia, quindi la fiducia nel poter far bene, parti dal lavoro che stai facendo, dei feedback che ottieni in allenamento, ma anche partendo dallo storico. Vai a vedere gli scontri precedenti e puoi anche fare il conteggio delle volte che hai vinto tu e quelle che ha vinto l’altro. E’ chiaro che devi avere una lettura di quello che è stato e contestualizzarlo. Io credo che anche per questo Vingegaard ne sia uscito consapevole di poter crescere ancora. Tre settimane sono lunghe, bisognerà che giri bene tutta una serie di cose. Avere la squadra, avere la vicinanza dei compagni giusti, far le cose come si deve, recuperare bene. Stiamo parlando di dettagli, perché nessuno a quel livello fa le cose sbagliate. Magari uno le perfeziona, le ottimizza, perché stiamo parlando di professionisti di un livello stellare. Quindi che tu lo veda o ce l’abbia nella testa, Pogacar c’è e non si dissolve.

Vingegaard è andato meglio di Pogacar nella crono, poi ha subito in salita, chiudendo in crescendo
Vingegaard è andato meglio di Pogacar nella crono, poi ha subito in salita, chiudendo in crescendo
Allora mettiamoci per un attimo nei panni di Tadej, che corre sempre per vincere. In certe dimostrazioni di forza ci sono anche dei messaggi che manda al rivale?

Certamente, ma dico una cosa. Essere quello che vince sempre, da un certo punto di vista può essere anche un limite. Prima o poi questo filotto finirà, è più probaile che finisca prima o poi piuttosto che continui all’infinito. Quindi è qualcosa che hai in testa e sai che succederà: per alcune mentalità può diventare un limite. Sai bene che se non vinci, hai perso: per te e per l’immaginario collettivo. La realtà è che la mentalità di Pogacar è proprio l’opposto. Non ha paura di perdere: ho sempre vinto, continuerò a farlo ancora.

Non ha paura di perdere, ma quando accade (come nella crono) mastica molto amaro.

Certo. E’ fuori discussione che la crono sia un elemento sempre più importante nei Grandi Giri, però lo sappiamo che non è il suo cavallo di battaglia. E’ forte, ci mancherebbe, però il pubblico se lo aspetta in altre condizioni e in altre situazioni. Nelle tappe di salita, nelle più tappe dure. Quindi davanti a quel quarto posto, avrà pensato che avrebbe potuto perdere meno. Però oltre a questo, io credo che la mentalità vincente sia proprio quella: ho visto che sono meno performante, ma studio e la prossima volta vengo e te le do. Anche il siparietto in cui va a guardare la bici di Vingegaard fa capire la sua voglia di tornare dominante: vediamo se c’è qualche dettaglio, qualcosa di diverso cui ci si possa ispirare. E questo da un certo punto di vista è la conferma del suo essere assolutamente uno che vuole vincere e fa di tutto per continuare a farlo. Non è uno che si siede, nonostante abbia vinto praticamente tutto. Continua ad avere grandi motivazioni, la cattiveria agonistica per continuare a spingere a fondo e cercare di migliorarsi, cambiare, crescere. 

Quando devi sfidare la tua bestia nera, esiste un metodo di lavoro per non farsene schiacciare?

E’ chiaro che se vai in una gara e conosci gli avversari, nella tua testa hai una potenziale classifica. Sai dove potresti posizionarti all’interno di un gruppo. E’ un’aspettativa che può diventare un’arma a doppio taglio e allora io cerco sempre di sottolineare due aspetti.

Pogacar e Vingegaard si sono sfidati al Delfinato, con lo sloveno dominante e il danese in crescita
Pogacar e Vingegaard si sono sfidati al Delfinato, con lo sloveno dominante e il danese in crescita
Quale il primo?

La necessità di partire senza memoria. E’ un po’ una provocazione: dirsi di restare nel presente, anche se fino a ieri le hai sempre buscate. Riparti con le stesse possibilità di darle, piuttosto che con la rassegnazione di prenderle ogni giorno. Devi fare sì che la testa non diventi un limite, perché se pensi che ogni giorno il rivale ti ha dato 3 minuti, sei morto. Devi riuscire a riattivare ogni giorno una nuova pellicola, sennò il rischio di vedere il solito film è altissimo. Magari si ripresenta, perché oggettivamente sei meno forte, però questo è un altro conto.

E il secondo aspetto?

Mi è successo anche in altri sport, magari in situazioni in cui hai l’atleta che cresce e che affronta grandi campioni o atleti che gli sono sempre state superiori. E allora dico ai miei atleti che l’avversario non deve avere un nome. A volte si potrebbe dare di più, ma c’è quello che in psicologia si chiama “senso di impotenza acquisito”.

Vale a dire?

Sei tu che ti dici: ci ho sempre provato e non ha funzionato perché l’altro è sempre stato superiore. Quindi se fa uno scatto, non lo segui con la stessa convinzione, come faresti se fosse un’altra persona che consideri più vicina a te in termini di livello. Per questo dico sempre di togliergli il viso e di pensare che hai davanti un avversario su cui non devi avere pregiudizi di alcun tipo. Non si lotta per il secondo posto, ma se vogliamo vincere, stringiamo i denti per seguirlo quando scatterà. E’ chiaro che stiamo parlando di due atleti di altissimo livello…

Il quarto posto nella crono del Delfinato ha infastidito Pogacar e non poco…
Il quarto posto nella crono del Delfinato ha infastidito Pogacar e non poco…
Quindi?

Quindi magari puoi focalizzarti sul fatto che sia proprio l’altro che ti fa uscire l’aggressività in più che non avresti con un altro avversario. Sono meccanismi che ti danno un click in più, permettono di accedere a qualche percentuale supplementare di grinta. Però, in linea generale, soprattutto parlando di coloro che stanno costruendo la loro efficacia e la loro fiducia, dobbiamo ragionare nell’ottica di dire che a me non interessa chi sia il mio avversario, soprattutto per quelli che sono in fase di crescita. Anno dopo anno, non sai mai quanto cresci. E magari gente che era lontanissima, l’anno dopo si avvicina molto di più. Oppure riesci a battere le persone che vedevi in televisione fino a qualche anno prima e ora sono i tuoi avversari. Se inizi a subire questo ti po di pressione, il rischio è che tu non riesca a esprimerti al 100 per cento. Sappiamo bene tutti che c’è dietro anche un aspetto mediatico, per cui per Vingegaard non si tratta solo di vincere un duello, ma di battere Pogacar. E per l’altro non solo aver vinto, ma averle suonate nuovamente a Vingegaard.

Ritorno al Tour, viaggio con Trentin fra esperienza e ricordi

18.06.2025
6 min
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Aveva 23 anni ed era professionista da due. Non vinceva dal campionato italiano under 23 del 2011 quando sull’arrivo di Melilli aveva fatto scoppiare in lacrime Fabio Aru. Matteo Trentin era stato inserito dalla Omega Pharma-Quick Step nella squadra del Tour 2013, accanto a compagni come Cavendish, Terpstra, Chavanel, Kwiatkowski e Tony Martin. Gente tosta, ma il ragazzino italiano cresciuto a strada e ciclocross nel Team Brilla non era da meno. E fu così che nel giorno di Lione, provocando quasi un infarto a Davide Bramati, prima si infilò nella fuga che sarebbe arrivata e poi vinse la tappa.

Prima vittoria da professionista al Tour de France. Ne andava così fiero che di tappe ne vinse altre due. Una l’anno dopo, battendo Sagan in volata a Nancy. E una nel 2019, vincendo a Gap. Mai una città banale nei Tour di Trentin, che si accinge ora a farvi ritorno con la Tudor Pro Cycling, dopo un anno di assenza.

La prima vittoria di Trentin da pro’ è la tappa del Tour 2013 a Lione: non ha ancora 24 anni
La prima vittoria di Trentin da pro’ è la tappa del Tour 2013 a Lione: non ha ancora 24 anni
Che cosa rappresenta il Tour per Matteo Trentin?

E’ la corsa più grande del mondo e anche la più importante. Quando come me hai avuto la fortuna e la bravura di vincere tappe nei tre Grandi Giri, ti rendi conto che il Tour sia proprio esponenzialmente più grande, con più gente rispetto a tutto il resto.

E’ così evidente anche dall’interno?

E’ una cosa che ti salta all’occhio subito. Quando vai in sala stampa per la conferenza, c’è una marea di persone. Al Giro e alla Vuelta sono pure tante, ma non così. E poi sono differenti, arrivano da tutto il mondo, mentre al Giro e alla Vuelta ci sono soprattutto gli europei.

Vincesti la prima tappa a 23 anni, eri professionista dall’anno precedente. Che cosa ricordi?

Mi ricordo tutto, perché le strade e i posti in cui vado mi restano tutti in testa. Pensate che pochi giorni fa con il Delfinato eravamo nell’hotel dove ero la sera prima di quella mia vittoria, a Saint Amand Montrond. Aveva vinto Cavendish, era stata la tappa dei ventagli e lui aveva fatto il panico a 120 chilometri dall’arrivo per far fuori Kittel. Poi erano saltati fuori quelli di classifica e io rimasi fuori dal ventaglio della Saxo Bank di Contador, per fare fuori Froome. Arrivai con lui a più di un minuto, forse perché mi ero messo in fondo al gruppo pensando ai fatti miei.

E’ l’11 luglio del 2014, Trentin brucia Sagan nella volata di Nancy: seconda vittoria al Tour
E’ l’11 luglio del 2014, Trentin brucia Sagan nella volata di Nancy: seconda vittoria al Tour
Un brutto colpo per uno cresciuto al Nord…

Infatti andai a letto dicendomi che il giorno dopo sarei andato in fuga. Ci andai e vinsi.

Si dice che oggi vincano tanto i corridori molto giovani, eri comunque un debuttante al Tour e vincesti a 23 anni…

Vincevano i giovani anche allora, magari non tanto come adesso. Soprattutto perché ne fanno passare così tanti che ormai in gruppo ci sono soltanto i ragazzini e gli anziani sono spariti. Insomma, anche per la legge dei grandi numeri, sono più loro che noi.

La seconda tappa, l’anno dopo la vincesti con una volatona di gruppo. Secondo arrivò Sagan in maglia verde…

Il gruppo si era un po’ sgretolato, perché c’era una salita poco più lunga di un chilometro entrando nel finale. Ci fu anche una caduta in fondo alla discesa, per cui penso che fossimo non più di 40 corridori. La volata venne molto bene, a volte sapevo fare grandi cose.

Infine la terza vittoria di tappa a Gap da campione europeo, su un percorso con tante salite, avendo anche cambiato squadra: dalla Quick Step alla Mitchelton-Scott.

Diciamo che era l’ultima disponibile. Ero arrivato vicino a vincere la tappa in altre occasioni. A Colmar, a Saint Etienne e anche a Bagneres de Bigorre sui Pirenei, che era anche dura. Un po’ mi fregò Simon Yates, che allora era mio compagno di squadra. Io ero davanti in fuga da solo e lui dietro tirava. Venne a prendermi, poi vinse la tappa e… niente.

Nel 2019 Trentin vince a Gap in maglia di campione europeo: terza vittoria al Tour
Nel 2019 Trentin vince a Gap in maglia di campione europeo: terza vittoria al Tour
Perché Gap era l’ultima disponibile?

Perché poi c’erano solamente Valloire, Tignes e Val Thorens e l’arrivo a Parigi. Sicuramente ci sarebbe stata una fuga, quindi dovevo semplicemente agganciarmi e poi giocarmela al meglio. Sono stato anche bravo, perché arrivai da solo, staccando Asgreen e prima ancora il gruppetto con Van Avermaet e anche Daniel Oss.

Visto che ricordi strade e luoghi, hai familiarità con i posti del ciclismo in Francia?

Ma sapete che dopo un po’ di anni, ti accorgi che più o meno le strade sono sempre quelle? Tornando al discorso de “La strada non è nostra”, bisogna riuscire a passare dove hanno l’abitudine a vederti. Alla fine della fiera, tra Parigi-Nizza, Definato e Tour, tante volte ti accorgi che passi veramente negli stessi posti. O comunque, dovendo raggiungere due punti sulla mappa in una determinata regione, il più delle volte si usa la stessa strada. E’ anche comprensibile, perché facendo così magari gli organizzatori hanno meno difficoltà di chiedere chiusure di cui non sono sicuri.

Dopo tanti anni che lo frequenti, pensi di avere col Tour un rapporto particolare?

Speriamo, speriamo anche di farlo funzionare. Quando abbiamo fatto i programmi, prima c’era la parte delle classiche, poi ho iniziato a concentrarmi sul Tour. Venendo da una squadra un po’ più piccola, dove comunque c’è bisogno di esperienza in corse così grandi e di persone solide che magari un paio di Grandi Giri li hanno finiti, è stato un po’ più facile entrare a far parte dei papabili per il Tour. Rispetto magari a squadre dove i corridori sono tanti e la lunga lista del Tour era ancora di 15 corridori alla partenza del Delfinato.

La stagione di Trentin divisa in due parti: prima le classiche (qui all’Amstel) e ora tricolori e Tour
La stagione di Trentin divisa in due parti: prima le classiche (qui all’Amstel) e ora tricolori e Tour
L’ambizione è sempre quella, oppure proprio per il fatto che sei in una piccola squadra, avrai un altro ruolo?

L’ambizione è sempre quella di andare per le tappe, quindi devi essere pronto a giocartele ogni volta che si presenta la possibilità. Però non ho la pelle d’oca come la prima volta, so cosa mi aspetta. Sarà diverso forse per i giovani della squadra. Non so ancora i nomi di tutti quelli che saranno in Francia. Però posso dire che abbiamo fatto il Delfinato e a quelli che non lo avevano mai corso ho detto: «Ragazzi, preparatevi, perché qua vi accorgerete di cosa sia il ciclismo. Qua si va veramente forte!».

E’ vero che al Delfinato si va più forte che al Tour?

Dipende dalle giornate e dalle annate. Ritorna il discorso dei trials interni per far vedere alla squadra che ti meriti il posto al Tour. In più quest’anno la Visma e la UAE si sono messe a voler vedere chi è più forte, per cui abbiamo avuto tappe sempre tirate.

Come hai visto il tre del podio 2024?

Mi sembra che stiano bene tutti quanti. Evenepoel ha faticato un po’ sulle salite, ma a crono li ha suonati come tamburi. Preferisco concentrarmi su di me. Per cui ora farò gli italiani, poi tornerò a casa un altro paio di giorni e poi finalmente si torna al Tour.

Dal Giro al Tour. La preparazione di Cattaneo tra crono e montagne

13.06.2025
6 min
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Sarà l’unico italiano a prender parte sia al Giro d’Italia che al Tour de France, e il periodo tra le due corse più importanti del mondo sarà cruciale per Mattia Cattaneo. L’atleta della Soudal-Quick Step ci ha raccontato nel dettaglio come sta gestendo questa fase così delicata.

Per capire al meglio tutto quello che sta affrontando, bisogna tenere a mente due concetti chiave evidenziati dallo stesso Mattia: come si interpreta il Giro e come se ne esce. Due punti fondamentali per impostare tutto il lavoro di giugno.

Alla fine del Giro, Cattaneo ci aveva confidato che sarebbe rimasto due giorni a Roma. Qualche passeggiata nella Città Eterna con la famiglia, un bel piatto di amatriciana e cacio e pepe, ma soprattutto tanto relax, specie per la testa.

Il lombardo (classe 1990) è stato spessissimo in fuga durante il Giro
Il lombardo (classe 1990) è stato spessissimo in fuga durante il Giro
Mattia, iniziamo parlando del riposo totale. Quanto tempo sei stato senza bici dopo il Giro?

In realtà fermo del tutto sono stato tre giorni. I due a Roma da turista e un altro di riposo appena tornato a casa. Poi ho fatto altri quattro giorni di recupero attivo.

Cosa facevi in questo riposo attivo?

Il primo giorno poco più di un’ora, ma super tranquillo. Poi per due giorni ho fatto tre ore, sempre a ritmi molto blandi, e al quarto giorno ancora un’ora. Poi ho ripreso ad aumentare i carichi. Ma tenendo conto che vengo da un grande Giro: i volumi sono diversi. Da questa settimana ho ricominciato ad allenarmi, considerando sia i numeri dal punto di vista scientifico sia le mie sensazioni.

E quali sono i parametri scientifici?

Ce ne sono tanti che osservano i preparatori e chi di dovere, ma penso ai battiti del mattino, alla variabilità cardiaca, alla qualità e alla durata del sonno

E poi c’è l’esperienza…

Esatto. E’ quella che conta di più, almeno per come vedo io il ciclismo. Anche pensando al recupero mentale. Dopo un grande Giro spesso non ti va di pedalare e quando quella voglia ricomincia a farsi sentire, è un ottimo segnale. Io, che sono vecchio, la metto al primo posto. La voglia di andare in bici è uno dei primi sintomi del recupero.

Cattaneo in azione durante la crono del Giro d’Italia: Mattia vuole fare bene agli italiani
Cattaneo in azione durante la crono del Giro d’Italia: Mattia vuole fare bene agli italiani
Come stai lavorando?

Di base faccio due giorni di carico e uno di scarico, ma è tutto molto variabile. Se sto bene, ci aggiungo anche il terzo giorno. E’ una programmazione difficile, che vivo giorno per giorno, molto in base alle sensazioni. E ovviamente in accordo con il mio preparatore. Al pomeriggio mi confronto con il coach: gli dico come sto, come ho reagito al lavoro, se ero stanco in generale oppure solo a livello muscolare. Se non sono al top, o recuperiamo o non si fa il terzo giorno di carico. E viceversa. Altri invece vanno avanti con il loro programma indipendentemente dalle sensazioni.

E davvero ci sono questi atleti?

Tra noi “vecchi” non credo, ma tra i giovani di oggi che si affidano molto alla scienza, immagino di sì.

Cosa fai nei giorni di carico?

Okay il Tour, ma adesso mi sto concentrando anche molto sulla cronometro dei campionati Italiani. Vorrei arrivarci nel miglior modo possibile. In questo periodo sto usando ancora di più la bici da crono. Già di mio la uso tanto, ma adesso faccio proprio allenamenti mirati. So che vincerà Ganna, che Affini mi batterà, ma spero in un posto sul podio! Poi, sapendo che farò il Tour, sto inserendo anche salite lunghe, a ritmo medio-medio alto (quello che oggi chiamiamo Z3-Z4, ndr). Salite anche da 50’-60’.

E dove trovi salite così lunghe?

Vivo in Engadina, nella zona di Saint Moritz in Svizzera (a circa 1.800 metri di quota, ndr), e qui non mancano proprio. Ci sono il Bernina, il Maloja, il Fluela, il Fuorn, lo Stelvio quando passo da Livigno…

Stelvio: domanda più da cicloamatore che da giornalista, Mattia: quando arrivi al bivio dell’Umbrail e mancano 3 chilometri alla cima dello Stelvio, giri o vai in cima?

Dipende da come sto. Se sono “mezzo e mezzo” giro verso valle, l’Engadina. Ma se sto bene tiro dritto. Lo Stelvio è sempre lo Stelvio: quando arrivi lassù e vedi il cartello con scritto 2.700 e rotti metri ti gasi!

Per Cattaneo, vivendo nel cuore delle Alpi, le lunghe salite proprio non mancano (foto Facebook)
Per Cattaneo, vivendo nel cuore delle Alpi, le lunghe salite proprio non mancano (foto Facebook)
Non era una domanda tanto sbagliata allora! E’ bello però sentire certe cose da un pro’. Torniamo seri: prima hai parlato di volumi. Volumi di carico pensando che si esce da un grande Giro. Cosa significa?

Significa fare leva sul volume di lavoro accumulato al Giro. Tutto dipende da come ne esci. Se sei stanchissimo devi per forza puntare al recupero. Se esci bene, come è capitato a me, puoi lavorare. Ma perché sono uscito bene? Perché, anche se nella settimana finale ero spesso in fuga e ci ho provato, ho potuto interpretare la corsa rosa in un certo modo. A volte, anche se stavo bene (e questo è fondamentale), mi staccavo subito e risparmiavo energie facendo gruppetto. Nella terza settimana un paio di volte che mi sono ritrovato in fuga mi sono detto: «Cavolo, ma ho anche il Tour!». Però sapete, se stai bene e hai voglia, ti butti. L’importante è non finirsi. Così puoi sfruttare il meglio del Giro per arrivare al top al Tour. E qui si apre un altro tema: cosa vado a fare al Tour?

E cosa vai a fare?

Dovrò lavorare per Remco, soprattutto in salita. Anche per questo sto cercando di sfruttare il fatto che sono uscito dal Giro molto magro, per aumentare le mie performance in salita. E sto facendo quei lavori sulle scalate lunghe. Se avessi dovuto lavorare per un velocista, avrei recuperato di più e cercato di mettere massa, avrei fatto altri lavori. Ripeto: se non ne esci distrutto, il grande Giro ti aiuta tantissimo. Almeno per me. Anche mentalmente: in vista del Tour non esiste allenamento migliore. Ti dà una gamba che nessun lavoro a casa può darti… a meno che non ti massacri da solo. Ma io non ho né la testa né l’età per farlo. Magari qualche giovane sì.

Un quadro perfetto. Sei stato chiarissimo, Mattia. E si percepiscono i tuoi grandi stimoli.

E’ la prima volta che faccio la doppietta Giro-Tour, quindi è tutto nuovo anche per me. Ma, per come vivo io il ciclismo, è meglio così. Oggi c’è quasi più il rischio di finire sfiancati dagli allenamenti a casa che in gara.

Invece dopo i campionati Italiani, nella settimana che precede il Tour, cosa si fa? Si scarica?

In realtà dopo l’Italiano si sta a casa un giorno solo, perché il martedì si parte già per Lille. Si tratta di ricaricare le energie. Tra viaggio e tutto si hanno tre giorni per pedalare. Magari in uno di questi tre giorni si fanno tre ore, tre ore e mezza un po’ più tirate, e poi basta. Solo recupero, prima e dopo.

Al netto di qualche cambio di programma (doveva fare la Roubaix) Cattaneo è sempre stato nell’orbita del “gruppo Remco” (foto Instagram Soudal-Quick Step)
Al netto di qualche cambio di programma (doveva fare la Roubaix) Cattaneo è sempre stato nell’orbita del “gruppo Remco” (foto Instagram Soudal-Quick Step)
Voi, soprattutto nelle squadre più importanti, testate spesso materiali nuovi. Quelli del Tour li provate a casa?

Sul fronte tecnico e della crono, personalmente non ho nulla di nuovo. La bici che avevo prima del Giro è la stessa che avrò in Francia. Quindi a casa sto usando il mio setup classico

E sul fronte dell’integrazione? Se arriva qualche prodotto nuovo?

Qui qualcosa di nuovo c’è. Al Tour avremo una nuova barretta di carbo e un gel nuovi. E questi vanno provati assolutamente. E’ un allenamento per l’intestino. Ho riportato questi prodotti direttamente dal Giro. In realtà avevamo già iniziato a usarli nel finale della corsa rosa, ma in questa fase è giusto testarli e acquisire feedback.

Ultima domanda, Mattia. Hai accennato a Remco: ormai sei uno dei suoi fedelissimi… Lo hai sentito? Sta bene, a giudicare dal Delfinato.

Ci sentiamo come è normale che si sentano due compagni di squadra. Dire che io sia un suo fedelissimo… fa piacere, ma magari lo dirà lui! Il Tour con Remco era molto probabile sin dall’inizio della stagione e quando mi hanno confermato che sarei andato in Francia con lui, quella è diventata la priorità. Soprattutto con un capitano del genere: ci sono enormi stimoli.

Vingegaard, le pedivelle da 150 e bersaglio fisso su Pogacar

12.06.2025
5 min
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Vingegaard che attacca nella prima tappa e poi fa la volata con Pogacar. Pogacar che scherzando gli chiede se voglia diventare un velocista e Vingegaard che ride. Poi la crono e il danese che fa meglio dello sloveno. Al Criterium du Dauphine manca ancora di affrontare le montagne, ma è chiaro che quei due si stiano studiando. Nulla di ciò che accade in questi giorni di Francia può ritenersi risolutivo, al Tour si suonerà un’altra musica, ma è un fatto che il danese della Visma-Lease a Bike, che nel 2022 e 2023 ha piegato Pogacar al Tour, si presenti alla sfida con credenziali migliori rispetto allo scorso anno.

Prima del via della corsa francese in svolgimento, che ha visto ieri la vittoria di Evenepoel nella crono di Saint Peray, Vingegaard si era raccontato con un gruppo di giornalisti. Abbiamo fatto la sintesi di un incontro molto lungo, da cui traspare il suo essere diverso.

Prima tappa del Delfinato: Vingegaard attacca, Pogacar risponde e vince la volata. Jonas è secondo
Prima tappa del Delfinato: Vingegaard attacca, Pogacar risponde e vince la volata. Jonas è secondo

Sui miglioramenti tecnici

L’obiettivo è portare al Tour il miglior Vingegaard di sempre: non può essere diversamente se vuole battere Pogacar. Ne hanno parlato a lungo nel team, partendo dal buono del 2024 cui Jonas era arrivato da vincitore uscente del Tour.

«Prima dell’incidente dell’anno scorso – ha spiegato – i miei numeri di potenza erano molto buoni e non avevo ancora raggiunto il peso ottimale. Quindi si è trattato più che altro di tornare a quel livello. A causa dell’incidente ho perso molta massa muscolare: al Tour ero leggero, ma non avevo la mia potenza abituale. Per questo abbiamo lavorato per recuperare potenza e poi da lì fare un altro passo avanti. In più abbiamo cambiato alcune cose. E’ uscito sui media ad esempio che sono passato a pedivelle da 150 mm. Ogni anno cerchiamo di migliorare il nostro equipaggiamento, forse anche il modo di prepararci per il Tour, ma ovviamente non è qualcosa di cui voglio parlare nei dettagli. Basterà aspettare per vedere se avrà funzionato».

Vingegaard è tornato al suo miglior rapporto fra potenza e peso e da quest’anno usa pedivelle da 150
Vingegaard è tornato al suo miglior rapporto fra potenza e peso e da quest’anno usa pedivelle da 150

Fra allenamento e corse

La caduta ai Paesi Baschi dello scorso anno ha falsato la preparazione del Tour. La commozione cerebrale di quest’anno alla Parigi-Nizza gli ha fatto perdere una settimana, ma l’impatto sulla preparazione è stato decisamente meno importante.

«Ho dovuto prendermi una settimana di riposo – ha detto – quindi ovviamente mi sento come se mi fossi perso la primavera. Però sto bene e di conseguenza ho ancora più motivazioni. A me piace gareggiare, ma a dire il vero mi è piaciuto molto anche lavorare a Sierra Nevada. Uno dei motivi è che siamo insieme con tutto il gruppo e l’atmosfera è davvero bella. E poi stando in ritiro abbiamo il tempo per ragionare su come si possa migliorare e sono pensieri davvero interessanti.

«Dieci anni fa si diceva che per raggiungere il livello migliore bisognasse soprattutto correre. Poi è arrivato il Covid, nessuno ha corso per sei mesi e una volta che abbiamo ricominciato, il livello era altissimo. Quindi tutti hanno fatto un passo in quella direzione. Non sto dicendo che ho fatto un passo ulteriore, ma che potrebbe non essere necessariamente un male prendersi una pausa più lunga dalle gare. Anche di questo parleremo dopo il Tour».

La Visma Lease a Bike arriva al Tour con un grande organico, cui si aggiungeranno dal Giro Van Aert, il vincitore Yates e Affini
La Visma arriva al Tour con un grande organico, cui si aggiungeranno (dal Giro) Van Aert, il vincitore Yates e Affini

La sfida con Pogacar

Pogacar lo condiziona. Forse non è ancora diventato il suo incubo peggiore, ma di certo è un tema ricorrente delle sue giornate. Lo stimolo per fare meglio, la foto sullo specchio prima di ogni uscita. Non è un caso che i tre momenti più belli vissuti da Jonas al Tour coinvolgano lo sloveno.

«Trovo davvero bello – ha spiegato Vingegaard – lottare sempre contro di lui. Quando non c’è, il livello è più basso e quindi è più facile vincere. La sua presenza mi permette di migliorare in termini di motivazione, di aumento del livello di competizione mio e dell’intera squadra. Penso che avere un avversario così tira fuori il meglio di me. So che devo dare il massimo ogni giorno per cercare di batterlo.

«Non a caso, il ricordo più bello che ho del Tour è la cronometro di Combloux nel 2023. Quel giorno è stato incredibile per me, per la squadra e anche per la mia famiglia, come l’anno prima quando ho preso la maglia gialla sul Col du Granon. Il terzo momento più bello invece è la vittoria di tappa dell’anno scorso, anche se già essere al via del Tour sia stato un grande successo, molto emozionante per me e la mia famiglia. Tutto quello che abbiamo passato l’anno scorso è stato incredibilmente duro. Quindi, essere riuscito a essere sulla linea di partenza è stato probabilmente uno dei più grandi traguardi della mia carriera».

La crono di Combloux al Tour del 2023 vide la disfatta di Pogacar, che perse 1’38” in 22,4 km. Mai visto un Vingegaard così forte
La crono di Combloux al Tour del 2023 vide la disfatta di Pogacar, che perse 1’38” in 22,4 km. Mai visto un Vingegaard così forte

La prima provocazione

Il Delfinato lo dimostra, anche nel suo correre senza timori reverenziali, sono pochi coloro che possono sfidare Pogacar reggendo lo sguardo. I più attaccano il numero e si preparano alla sconfitta.

«Ci sono alcuni elementi – ha detto invece Vingegaard – che mi fanno pensare di poterlo battere. Ad esempio il fatto che l’anno scorso al Tour de France non fossi al mio livello migliore. So che posso essere molto più forte, perché la preparazione è stata migliore e ogni anno si migliora in qualche aspetto. E’ stato così per me in passato: ogni anno ho guadagnato un po’ di livello e ora ci siamo concentrati davvero su questo. Credo davvero di poterlo battere e di poter fare molto meglio al Tour de France.

«E’ davvero impressionante come si sia comportato in primavera, le gare che ha fatto e le vittorie. Ma a essere onesti, come per il Tour de France, l’unica cosa che posso fare è concentrarmi su me stesso e sul dare il massimo. Quindi non penso a quanto sia stato bravo in primavera, anche perché non è detto che se sei stato il migliore in primavera, lo sarai anche al Tour de France».

Gran finale a Roma e Viviani ci porta nel fascino dell’ultima volata

01.06.2025
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Per il terzo anno consecutivo, Roma aspetta il Giro d’Italia. L’ultima tappa di un Grande Giro ha sempre un fascino particolare. Se guardiamo il tutto dalla prospettiva del ciclista, soprattutto del velocista, vincere le altre frazioni conta tantissimo, ma l’ultima è speciale. Ha qualcosa in più e per arrivarci, tanti stringono i denti. Pensate a coloro che stanno affrontando l’ultima settimana del Giro d’Italia fra salite lunghissime e pendenze da incubo, senza prospettive di classifica e di vittoria in queste frazioni riservate a scalatori e a chi punta alla classifica (Pedersen e Groves, per esempio) pensando solo all’ultima volata, quella di Roma: quella odierna.

Viviani svetta al traguardo finale di Madrid alla Vuelta 2018, battuti Sagan e Nizzolo
Viviani svetta al traguardo finale di Madrid alla Vuelta 2018, battuti Sagan e Nizzolo

Perché c’è sempre tanta attesa per l’ultimo traguardo? Elia Viviani ne ha vissuti ben 11 (6 al Giro, 3 al Tour, 2 alla Vuelta) e proprio nella corsa spagnola si è anche aggiudicato la frazione finale, quella di Madrid nel 2018. «Ma il mio grande rammarico – ammette – è stato non esserci riuscito a Roma, lo stesso anno, battuto da Sam Bennett. Quello è stato il mio anno speciale, al di là dei risultati olimpici. E vincere a Roma è stata l’unica cosa che mi è realmente mancata».

Perché l’ultimo traguardo è così speciale?

E’ l’obiettivo di tutti, ha qualcosa in più perché ha realmente il sapore della conquista. E’ l’ultimo giorno, significa che ci sei arrivato, che hai superato indenne le durissime tre settimane. Arrivare alla fine è l’obiettivo che unisce tutti, il primo come l’ultimo della classifica. Poi, per il velocista, ha qualcosa in più, perché se vinci sei parte della festa finale, di quel podio dove ci sono tutti i migliori, in un’atmosfera unica, in uno scenario clamoroso, che sia a Roma, a Parigi, a Madrid.

Lo sprint di Roma al Giro 2018, Elia è tutto sulla destra, al centro strada Bennett mette la ruota davanti
Lo sprint di Roma al Giro 2018, Elia è tutto sulla destra, al centro strada Bennett mette la ruota davanti
La volata finale in che cosa cambia rispetto alle altre?

E’ profondamente diversa da quelle d’inizio Giro. Innanzitutto perché molti velocisti te li sei persi per strada, è sempre così e già per questo sai di essere stato bravo ad arrivarci. Ma fisicamente non sei più quello di tre settimane prima, hai perso molta esplosività, hai meno chilogrammi di peso e anche i muscoli si sono consumati. Diciamo che agli inizi si parte davvero tutti alla pari, alla fine bisogna supplire con altro, con il mestiere.

Tecnicamente la costruzione dello sprint cambia?

Non tanto, si lavora sempre con il treno che ti porta fino alle battute finali. Cambiano i componenti, però in effetti c’è qualche cosa di diverso. L’importanza di quel traguardo stravolge un po’ le gerarchie in squadra, ecco quindi che magari vedi la maglia gialla del Tour che si mette a tirare per lo sprinter. Un po’ come come successe a Cavendish con Thomas, suo grande amico che due anni fa gli ha fatto da ultimo uomo.

Il passaggio di Montmartre (qui ai Giochi 2024) cambia l’ultima tappa del Tour 2025: volata addio?
Il passaggio di Montmartre (qui ai Giochi 2024) cambia l’ultima tappa del Tour 2025: volata addio?
Che cosa ricordi della volata vittoriosa di Madrid?

Non tutto funzionò alla perfezione. Il treno si era sfaldato anzitempo e mi ritrovai a dover lanciare la volata da lontano. Riuscii in una grande rimonta e ricordo che il primo pensiero fu alla scommessa che avevo fatto con Lefevere: il giorno del secondo riposo mi aveva promesso che se avessi vinto a Madrid mi avrebbe lasciato libero per il resto della stagione, significa che potevo chiudere anzitempo. Era stata una stagione tanto bella quanto stressante, quella vittoria fu la ciliegina sulla torta. Poi fu emozionante salire sul podio, io insieme a coloro che aveva conquistato le maglie, con i fuochi d’artificio tutti intorno. Fu davvero magico.

Ora nell’ambiente si discute sulla scelta degli organizzatori del Tour d’inserire per tre volte la salita di Montmartre nella tappa finale, si dice che la corsa perde fascino…

E’ vero, a me l’idea non piace e spero che sia solo per quest’anno, per celebrare le Olimpiadi della scorsa stagione. Potevo essere d’accordo nel prevedere un passaggio prima dell’ingresso nel circuito finale, ma così il significato della corsa viene svilito. So che i corridori non sono contenti, in gruppo se ne parla. Così si cerca di far emergere i corridori da classiche, ma la tappa finale era altro. Inoltre, pochi hanno evidenziato il fatto che così la frazione diventa più pericolosa, tutti vorranno stare davanti e aumenta il rischio di cadute. Figurarsi poi se malauguratamente dovesse piovere…

Per Viviani si profila un’intensa estate, con il ritorno alla Vuelta Espana all’orizzonte
Per Viviani si profila un’intensa estate, con il ritorno alla Vuelta Espana all’orizzonte
Ora dove ti vedremo?

Ho finito il mio primo blocco di gare a Dunkerque. Ora sto rifiatando e preparando il secondo blocco con una corsa il 15 giugno in Olanda e il 22 la nuova classica del WorldTour a Copenaghen, città dove sono stato spesso per i mondiali su pista e che amo particolarmente. Ci tengo a esserci e a fare la mia figura su quelle strade. Poi c’è il campionato italiano e una serie di gare che dovrebbero portarmi nelle condizioni migliori alla Vuelta, dove chissà che non possa replicare la gioia di Madrid…

Tadej Pogacar e Continental: una partnership a lungo termine

30.05.2025
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Il campione del mondo e vincitore del Tour de France, Tadej Pogacar, ha recentemente ufficializzato una collaborazione a lungo termine con Continental, storico marchio tedesco attivo nel settore della produzione degli pneumatici. Un’alleanza che nasce da valori condivisi: eccellenza prestazionale, sicurezza e rispetto reciproco tra tutti gli utenti della strada, automobilisti e ciclisti.

A soli 26 anni, Tadej Pogacar è già considerato un talento generazionale. Con la sua determinazione e la sua visione globale dello sport, il fuoriclasse sloveno incarna perfettamente la filosofia di Continental: superare i limiti, ma sempre in modo consapevole e responsabile. «Le prestazioni di alto livello non derivano solo dal talento ha dichiarato lo sloveno – ma da un costante desiderio di miglioramento. Io e Continental condividiamo la stessa ambizione: sfruttare al massimo ogni possibilità, nello sport come nello sviluppo tecnologico. Questa collaborazione è stata una scelta naturale. Come ciclista professionista so quanto sia fondamentale potersi fidare degli pneumatici. Senza l’attrezzatura giusta, non sarei il corridore che sono oggi».

Tadej Pocagar pedalerà con pneumatici Continental nel prossimo futuro
Tadej Pocagar pedalerà con pneumatici Continental nel prossimo futuro

Sicurezza e prestazioni: su due e quattro ruote

Che si tratti di auto o biciclette, la sicurezza rimane una priorità assoluta. Continental è da anni sinonimo di affidabilità: i suoi pneumatici ad alte prestazioni garantiscono grip, stabilità e controllo in ogni situazione, dal traffico cittadino ai percorsi di gara più impegnativi.

Continental, già protagonista nel mondo delle corse automobilistiche e ciclistiche, rafforza così la propria presenza nel ciclismo professionistico, affiancando uno degli atleti più completi e influenti dell’era moderna. La nuova partnership si fonda su un messaggio chiaro: promuovere la convivenza tra tutti gli utenti della strada. 

Continental non è un nome nuovo nel mondo delle due ruote. Al Tour de France, tutte le auto di supporto ufficiali sono dotate dei suoi pneumatici. Inoltre, numerose squadre di vertice – inclusa la vincitrice dell’edizione 2024 – corrono con pneumatici Continental. L’azienda è anche sponsor ufficiale del Giro d’Italia, equipaggiando l’intera flotta di supporto con i suoi prodotti per garantire sicurezza durante i 3.000 chilometri di gara.

In questo momento il campione del mondo in carica sta preparando uno degli appuntamenti più importanti della stagione: il Tour de France
In questo momento il campione del mondo in carica sta preparando uno degli appuntamenti più importanti della stagione: il Tour de France

Tadej Pogacar: oltre il campione, un modello

Dal 2019 con la UAE Team Emirates-XRG, Pogacar ha riscritto la storia del ciclismo moderno. Nel 2024 ha centrato un’impresa epocale: vincere Giro d’Italia, Tour de France e Mondiali su strada nello stesso anno, oltre a conquistare classiche come Strade Bianche e Liegi-Bastogne-Liegi. Solo due atleti nella storia sono riusciti in una simile impresa.

Ma il suo impatto va oltre i risultati sportivi. Con la Pogi Team Foundation sostiene difatti i giovani talenti sloveni, dimostrando di avere a cuore il futuro del ciclismo. Fuori dalle corse, è un’icona autentica, capace di ispirare milioni di fan con la sua semplicità e passione anche per le auto sportive ad alte prestazioni.

La sua collaborazione con Continental non è soltanto una strategia di marketing: è una dichiarazione d’intenti. Una visione condivisa che mette al centro la sicurezza, l’innovazione e il rispetto sulle strade di tutto il mondo.

Continental

Cavendish, dopo il record, ritorna al Tour come guida d’eccezione

24.05.2025
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Il 21 maggio, tre giorni fa, Sir Mark Cavendish ha compiuto 40 anni. Il recordman di tappe vinte al Tour de France continua ad apparire nei social dedito alla costruzione di una vita dopo il ciclismo, coinvolto in iniziative e ambienti cui avrebbe avuto ben poco tempo da dedicare se fosse stato ancora un corridore.

«Non mi è mai importato molto del mio compleanno – ha raccontato a Het Nieuwsblad – perché ero sempre impegnato a gareggiare o ad allenarmi. E’ solo da quando è nato Casper che ho iniziato a viverlo in modo più consapevole. Nella vita di un ciclista, non c’è tempo per questo».

Cessata l’attività, Cavendish ha più tempo per dedicarsi alla famiglia, alla moglie Peta e i loro quattro figli (immagine Instagram)
Cessata l’attività, Cavendish ha più tempo per dedicarsi alla famiglia, alla moglie Peta e i loro quattro figli (immagine Instagram)

Airbnb e il Tour de France

Proprio in occasione del suo compleanno, il velocista dell’Isola di Man è stato presentato a Parigi come host di Airbnb (foto Wendy Huynh in apertura), che ha da poco siglato un contratto di sponsorizzazione con il Tour de France e il Tour de France Femmes, con l’obiettivo di valorizzare il legame tra sport, territorio e comunità locali.

Già da qualche anno, la piattaforma che propone appartamenti anziché camere di hotel, ha aggiunto la sezione delle esperienze, in cui gli host (coloro che offrono servizi) permettono di aggiungere al semplice soggiorno delle attività legate alla tipicità del territori. Eccone una serie ritagliata su misura per il Tour de France. Si svolgeranno lungo il percorso della Grande Boucle e coinvolgeranno atleti, esperti e host locali per offrire agli appassionati l’opportunità di scoprire il cuore delle regioni francesi.

«Airbnb è presente in 29.000 comuni francesi – ha dichiarato Brian Chesky, co-fondatore e CEO della piattaforma – permettendo ogni anno a milioni di ospiti di scoprire le diversità della Francia. Oltre a offrire esperienze irripetibili durante la corsa, siamo orgogliosi di collaborare con il Tour per attrarre nuovi visitatori nelle aree rurali attraversate dalla Grande Boucle. E portare i benefici del turismo sportivo a un numero sempre maggiore di comunità in tutta la Francia».

Uno degli scatti nel centro di Parigi dove Cavendish ha annunciato la sua collaborazione con Airbnb (foto Wendy Huynh)
Uno degli scatti nel centro di Parigi dove Cavendish ha annunciato la sua collaborazione con Airbnb (foto Wendy Huynh)

Cavendish, host del Tour

Tra le esperienze più attese, ecco dunque quella che vede Mark Cavendish nella veste di host di eccezione. Venti ospiti potranno incontrarlo e pedalare con lui all’interno del Grand Palais, durante la tappa finale del Tour a Parigi. Verrebbe da far notare con una punta di ironia che forse nessuno aveva avvertito la catena degli affitti che l’ultima tappa non sarà più affare per velocisti, ma siamo abbastanza certi che il nome di Cavendish permetterà di superare l’ostacolo.

«Ho vissuto numerose vittorie e momenti indimenticabili al Tour de France – ha detto Mark – ma non ho mai avuto l’opportunità di pedalare nel Grand Palais durante il Tour. Sono davvero entusiasta di condividere questa esperienza esclusiva di Airbnb con gli ospiti».

Questa la volata di Saint Vulbas con cui il 3 luglio 2024, Cavendish ha superato il record di Merckx, con 35 tappe vinte al Tour
Questa la volata di Saint Vulbas con cui il 3 luglio 2024, Cavendish ha superato il record di Merckx, con 35 tappe vinte al Tour

Due date da prenotare

L’esperienza prevede un incontro esclusivo con il britannico, per ascoltare i racconti della sua carriera e condividere i ricordi legati al Tour. Una masterclass di ciclismo sui rulli, con riscaldamento e una power challenge, durante la quale Mark offrirà consigli su come superare i propri limiti. L’opportunità di pedalare insieme a “Cav” all’interno del Grand Palais, celebrando uno dei luoghi simbolo del ciclismo mondiale. Infine l’accesso VIP al traguardo dell’ultima tappa, con posti riservati a pochi passi dalla linea d’arrivo sugli Champs-Elysées.

L’esperienza si svolgerà il 26 luglio, dalle 20 alle 22,30 e si ripeterà il 27 luglio a partire dalle 16. Chi è interessato potrà iscriversi per  partecipare  dal 27 maggio alle ore 18 su http://airbnb.com/cavendish.

Questo il percorso allestito nel Grand Palais di Parigi per le date del 26 e 27 luglio (foto Wendy Huynh)
Questo il percorso allestito nel Grand Palais di Parigi per le date del 26 e 27 luglio (foto Wendy Huynh)

Non solo Cavendish

Non c’è solo Cavendish e infatti nel comunicato diffuso da Airbnb vengono snocciolate alcune delle altre proposte appena inserite nel calendario delle esperienze legate al Tour de France. Sono, si diceva, le Airbnb Originals – esperienze ideate da personalità di spicco e pensate esclusivamente per la piattaforma. In questo modo, mentre le persone prenotano il proprio soggiorno lungo il percorso, nella stessa app potranno anche selezionare una delle nuove esperienze legate al Tour.

Fra le proposte in maggiore evidenza, vengono segnalate: creare una maglia in edizione limitata con Fergus Niland, direttore creativo di Santini e ideatore della celebre maglia gialla. Partecipare a un workshop con Stephanie Scheirlynck, nutrizionista della Lidl-Trek, per scoprire snack energetici e alimenti per il recupero. Infine vivere un tour esclusivo dietro le quinte del Tour con Thomas Voeckler, ex ciclista francese, tecnico della nazionale e attuale commentatore.

Fra i momenti dell’esperienza con il britannico, anche una masterclass sui rulli (foto Wendy Huynh)
Fra i momenti dell’esperienza con il britannico, anche una masterclass sui rulli (foto Wendy Huynh)

La vita normale

Nell’intervista rilasciata a Het Nieuwsblad per commentare questo suo nuovo ruolo, che non sarà il solo che svolgerà (come a volersi tenere altre porte aperte), Cavendish ha offerto un piccolo spaccato della sua vita attuale. A metà fra la nostalgia e la presenza al suo fianco della moglie Peta che lo supporta e in qualche modo gli dà la direzione.

«Ho più tempo per la mia famiglia – ha detto Cavendish – dato che per gli ultimi vent’anni ho corso oppure ero in ritiro. Cosa mi manca? Uscire e andare in giro con i compagni. Ma quando sento che stanno cambiando anche il circuito qui sugli Champs-Elysées con la salita di Montmartre, allora sono anche contento di non essere più un ciclista. Da quando ho snesso ho imparato ad apprezzare di più altri aspetti della vita. Anche i compleanni dei miei figli. Proprio pochi giorni fa, Casper ha compiuto sette anni…».

Tour, rivoluzione a Parigi: 3 volte Montmartre, addio volata

23.05.2025
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«Quasi quasi – riflette Bennati sorridendo – per il corridore che ero e la gamba che avevo quell’anno, avrei vinto anche meglio se ci fosse stata anche allora la salita di Montmartre. Ma capisco che per come l’hanno disegnata adesso, l’ultima tappa del Tour non sarà più per velocisti. Non che prima fosse facile, tra il rettilineo che tirava e il pavé. E nemmeno sui Campi Elisi ha vinto sempre un velocista. Ma secondo me adesso uno come Pogacar potrebbe provare a vincere anche a Parigi…».

Tanto più che alle Olimpiadi, quale che ne sia stata la ragione, il campione del mondo non c’era e essersi perso quella scena così esaltante in qualche modo non deve essergli andato giù.

Il Tour a Montmartre

Qualcuno magari non lo sa ancora. Con un trafficare silenzioso e segreto, che ha avuto bisogno persino del benestare del governo francese, gli organizzatori del Tour hanno messo mano all’ultima tappa. Colpiti dalla baraonda delle Olimpiadi sulla salita di Montmartre, che Prudhomme ha definito l’immagine più potente di tutte le Olimpiadi di Parigi, i tracciatori di ASO sono riusciti a inserire tre passaggi sulla stretta salita in pavé

L’ultima tappa non sarà dunque la consueta attesa della volata finale, ma potrebbe addirittura incidere sulla classifica, qualora i distacchi fossero ancora minimi. Il gruppo infatti percorrerà 4 giri del classico circuito degli Champs Elysées. Nel corso del quarto cambierà direzione a Place de la Concorde e punterà verso Rue Lepic (con un attacco leggermente diverso da quello dei Giochi, a causa dei lavori stradali).

A questo punto i corridori avranno da affrontare un anello di circa 16 chilometri da ripetere per 3 volte. Dall’ultimo scollinamento all’arrivo mancheranno a quel punto 6 chilometri.

Daniele Bennati ha conquistato la tappa degli Champs Elysées al Tour del 2007
Daniele Bennati ha conquistato la tappa degli Champs Elysées al Tour del 2007

La delusione di Milan

Mentre il capo della polizia Laurent Nuñez ha garantito la fattibilità del cambiamento e ha detto che a suo avviso la modifica resterà anche in futuro, le reazioni dei corridori sono state altalenanti. Vale la pena annotare quella del nostro velocista di punta, Jonathan Milan, che il prossimo luglio farà la conoscenza del Tour.

«Gli Champs Élysées da velocista sono un sogno – ha detto il friulano della Lidl-Trek – quindi, per vari motivi, è un peccato vedere il percorso cambiato prima del mio primo Tour. L’aggiunta della salita di Montmartre avrà ovviamente un impatto sulla dinamica della gara, ma quanto complicherà le cose per noi velocisti dipenderà ovviamente da come verrà gestita e anche dalla situazione generale man mano che ci avviciniamo all’ultimo giorno. Ma non voglio pensarci ora, prima di Parigi ci saranno tanti altri obiettivi».

Parigi 2024, l’attacco di Evenepoel a Montmartre. Per un po’ Madouas resiste, poi deve arrendersi
Parigi 2024, l’attacco di Evenepoel a Montmartre. Per un po’ Madouas resiste, poi deve arrendersi

Minaccia Pogacar

Noi abbiamo pensato di affidare il commento a Daniele Bennati, ultimo italiano a vincere sui Campi Elisi e tecnico della nazionale che lo scorso anno sul circuito di Parigi partecipò alle Olimpiadi vinte da Evenepoel.

«Se non sbaglio – dice il toscano, attualmente al Giro come opinionista al Processo alla Tappa – alle Olimpiadi i chilometri dalla salita all’arrivo erano circa 10, quindi i 6 del Tour sono davvero pochi. Ovviamente cambia tutto. Se Van der Poel o Van Aert, come pure Pogacar decidono di farla forte, per i velocisti non c’è scampo. Se Tadej decide di fare un attacco sul terzo giro di Montmartre, può andare via. Anche perché all’ultima tappa non ci arrivi con tante energie e quelli di classifica ne hanno sempre più degli altri…».

Dopo aver dominato le volate del Giro del 2024, quest’anno Milan debutterà al Tour: la notizia lo ha spiazzato
Dopo aver dominato le volate del Giro del 2024, quest’anno Milan debutterà al Tour: la notizia lo ha spiazzato

Per i velocisti cambia

Non si è sempre arrivati in volata ai Campi Elisi, anche se trovare eccezioni recenti è un lavoro da archivisti. L’ultimo fu Vinokourov nel 2005, ma nel ciclismo di oggi scappare a velocità così esorbitanti è davvero un esercizio per pochi.

«Milan è un velocista – prosegue Bennati – ma forse non solo. Quindi potrebbe avere nelle sue corde uno sforzo di 3-4 minuti fuori giri. Potrebbe anche pensare di provarci, però tutto dipenderà da come faranno la salita le prime due volte. In ogni caso è una scelta che per un verso capisco e per un altro toglie una tappa comunque storica. Sicuramente a livello di spettacolo si rivelerà una mossa vincente. A Parigi non è difficile creare spettacolo dal punto di vista televisivo ed è evidente che la tappa con Montmartre sia più bella, però è chiaro che per i velocisti cambia tutto».

Tappa esplosiva

L’unico appiglio che potrebbe impedire agli uomini forti di scavare un baratro è la distanza. La nuova tappa misurerà 132,3 chilometri (la distanza va ancora definita nei dettagli), la gara olimpica ne prevedeva 272.

«Remco arrivò da solo facendo davvero il vuoto – chiosa Bennati – ma c’è anche da dire che alle Olimpiadi c’erano 70 corridori e quasi 280 chilometri da fare. E’ vero che arriva dopo tre settimane, ma con 132 chilometri non ci saranno problemi di distanza. Però sarà una tappa esplosiva. E davvero se la classifica fosse ancora aperta, ne vedremmo delle belle…».

Non solo maglie. Santini e le nuove (splendide) collezioni per il Tour

15.05.2025
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Partner ufficiale del Tour de France e del Tour de France Femmes avec Zwift, Santini realizzerà anche per il 2025 le maglie ufficiali dei leader di classifica, insieme alle loro repliche. La collezione sarà arricchita da capi esclusivi ispirati a tappe memorabili e salite leggendarie che hanno reso celebre la Grande Boucle.

Le linee 2025, comprese quelle dedicate alle due competizioni e alla gamma Maillot Jaune, rendono omaggio alla storia e ai simboli di una corsa che da oltre un secolo emoziona il mondo. Ogni capo nasce dal desiderio di esprimere, attraverso il design, l’essenza del Tour: un mix di passione, ricerca e artigianalità pensato per chi vuole vivere da vicino la magia della corsa francese.

Oltre alle maglie ufficiali e alle loro repliche, la collezione include kit speciali che celebrano luoghi chiave del Tour 2025: la Grand Départ a Lille e il 50° anniversario dell’arrivo a Parigi sugli Champs-Élysées.

Grand Départ Lille-Nord de France

Per la prossima Grande Partenza, che avverrà da Lille, Santini omaggia la città con una collezione ispirata ai colori della bandiera francese: blu, bianco e rosso.

Un richiamo anche alla squadra di calcio LOSC e alla cultura gastronomica locale, con un originale dettaglio grafico: un cartoccio di patatine fritte. Il kit è composto da maglia a maniche corte, pantaloncino, intimo tecnico, guanti, calze e cappellino per un outfit coordinato.

Cinquanta anni di Campi Elisi

Per festeggiare i 50 anni dal primo traguardo del Tour sugli Champs-Élysées, Santini propone due kit esclusivi. Il primo, Arc de Triomphe, rende omaggio al celebre monumento parigino con una grafica elegante su maglia (in versione blu o bianca), pantaloncino e accessori coordinati.

A questo si affianca la maglia Dash, ispirata all’edizione 1975, vinta da Bernard Thévenet. Lo stile richiama l’energia degli anni ’70, combinando look rétro e tecnicità moderna.

Tour Femmes

Il Grand Départ del Tour Femmes 2025 si terrà in Bretagna, e Santini lo celebra con una maglia ispirata alla bandiera bretone Gwenn ha Du. Bianco e nero dominano la grafica, arricchita da simboli culturali locali come l’ermellino e la bigoudène.

Accenti arancioni e fucsia evocano Zwift, insieme allo slogan Watch the Femmes. Il kit comprende maglia, pantaloncino e accessori coordinati.

Collezione Maillot Jaune

Alla collezione Maillot Jaune si aggiungono due nuovi omaggi a scalate storiche del Tour: Hautacam e Col de la Madeleine.

La maglia Hautacam celebra una delle salite simbolo dei Pirenei, tornata decisiva nella tappa 12 del Tour 2025. Bianca e minimale, è attraversata da una banda tricolore sul petto. Il kit comprende maglia, pantaloncino, intimo, guanti, calze e cappellino.

Col de la Madeleine omaggia uno dei valichi più duri del Tour, previsto nella tappa 18 verso Courchevel. La maglia, blu con banda gialla, richiama i colori della squadra KAS Kaskol e la vittoria di Andrés Gandarias nel 1969. Il kit include maglia, pantaloncino, intimo, guanti e cappellino.

Santini Cycling