Paul Magnier, Soudal Quick-Step

Raccagni Noviero: uno sguardo da dentro sul talento di Magnier

30.10.2025
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La prima stagione nel WorldTour per Andrea Raccagni Noviero si è conclusa in Cina, dall’altra parte del mondo. Una trasferta che ha visto i ragazzi della Soudal Quick-Step conquistare cinque delle sei tappe previste, tutte con l’autografo del giovane talento francese Paul Magnier.

Il mese di settembre è stato il periodo di maggior raccolta per il velocista classe 2004, in diciotto giorni di corsa ha conquistato quattordici successi. Dalla Francia alla Cina, passando per Slovacchia e Croazia, Paul Magnier non ha lasciato praticamente nulla agli avversari. Solamente qualche briciola.

Paul Magnier, Soudal Quick-Step, Tour of Guangxi 2025
Tour of Guangxi, Magnier infila il quinto successo in sei tappe
Paul Magnier, Soudal Quick-Step, Tour of Guangxi 2025
Tour of Guangxi, Magnier infila il quinto successo in sei tappe

Ricalibrare

Andrea Raccagni Noviero si sta godendo le vacanze in Repubblica Ceca dove da qualche tempo ama passare i periodi di stacco insieme alla fidanzata, atleta di biathlon, e fa il punto su questa prima esperienza tra i grandi del ciclismo mondiale. Una stagione lunga, partita a gennaio dalla terra dei canguri e terminata dieci mesi dopo in Cina

«Come primo anno era iniziato abbastanza bene – racconta – ma non al meglio, nelle gare più impegnative facevo più fatica del previsto. Questo perché a inizio anno la squadra mi aveva consigliato di rallentare un pochino con i carichi e le ore in vista dei tanti impegni. Però abbiamo capito che per performare mi serviva qualche ora di allenamento in più, così nel mese di aprile, dopo la Roubaix, ho cambiato qualcosa. Maggior volume e lavori ad alta intensità per migliorare i valori fuori soglia. In questo modo ho visto un cambio di passo notevole e sono fiducioso in vista del prossimo anno. Dovrei ripartire dall’Australia, dove avrò qualche chance per provare a mettermi in mostra».

La stagione 2026 di Raccagni Noviero dovrebbe partire dall’Australia, come fatto quest’anno all’esordio nel WT
La stagione 2026 di Raccagni Noviero dovrebbe partire dall’Australia, come fatto quest’anno all’esordio nel WT
Torniamo un attimo indietro sul finale da record di questo 2025…

L’ultima parte di stagione l’ho corsa spesso accanto a Paul Magnier, prima in Slovacchia e poi in Cina. Sulle undici tappe a disposizione ne ha vinte nove, direi che il bilancio è più che positivo. Non c’è stato solo lui, anche perché mentre noi in Cina festeggiavamo con Magnier la squadra ha raccolto successi anche con Tim Merlier ed Ethan Hayter

La cosa impressionante di Magnier è stata la costanza e la facilità nell’inanellare vittorie. com’è correrci insieme?

E’ un ragazzo molto simpatico, ma anche uno capace di trascinare il gruppo. Quando si corre con lui si respira un’aria buona in squadra, certo che vincere aiuta a distendere gli animi ed essere sereni. 

Paul Magnier, Andrea Raccagni Noviero Soudal Quick-Step
Magnier e Raccagni Noviero festeggiano la terza vittoria di tappa consecutiva in Slovacchia
In corsa è un leader?

Pur avendo solamente ventuno anni è molto sicuro e determinato, quando c’è lui la strategia è chiara: stare davanti, tenere chiusa la corsa e portarlo allo sprint. In tutto questo Magnier è uno che parla e si fa sentire tanto anche attraverso la radio. Inoltre è sicuro e determinato, ci aiuta a posizionarci e a farci capire quello di cui ha bisogno. Chiaro che non si corre sempre in gestione.

Ci fai un esempio?

Quello che ho descritto prima è la situazione ideale, gara adatta alle sue caratteristiche e che finisce sicuramente allo sprint. Nelle tappe più complicate, come l’ultima al Tour of Guangxi, abbiamo corso in difesa. Il percorso prevedeva uno strappo impegnativo da fare cinque volte, noi abbiamo lavorato per tenere chiusa la gara ma quando la strada saliva dovevamo tenere il suo passo. Nell’ultimo giro si è staccato, io gli sono rimasto accanto e in pianura siamo rientrati. E’ stata una grande fatica, ma poi ha vinto la volata…

Paul Magnier, Andrea Raccagni Noviero Soudal Quick-Step
Il clima in squadra è sempre sereno alle corse, complici i grand successi di questo finale di stagione
Paul Magnier, Andrea Raccagni Noviero Soudal Quick-Step
Il clima in squadra è sempre sereno alle corse, complici i grand successi di questo finale di stagione
Un segnale forte.

Fa capire che non è solo uno sprinter, ma anche un corridore estremamente resistente. Infatti potrebbe essere adatto alle classiche del pavé, magari non quelle dei muri ma una Omloop Het Nieuwsblad, la Gent-Wevelgem o la Roubaix addirittura. E comunque come velocista Magnier ha dimostrato di essere tra i migliori al mondo, non tra i primi tre, ma non è molto lontano.

Uno di quei tre, Merlier, lo ha in squadra…

Per questo ho detto che Magnier può essere da classiche, in quelle corse Merlier fa fatica, mentre lui no. Allo stesso modo credo che per arrivare al livello dei primi al mondo (Philipsen e Milan, ndr) gli manchi solamente la costanza nello sfidarli. Deve mettersi alla prova. 

Per Boonen, Paul Magnjer è la carta giusta che la Soudal può giocare al tavolo delle classiche
Magnier è la carta giusta che la Soudal può giocare al tavolo delle classiche?
Per Boonen, Paul Magnjer è la carta giusta che la Soudal può giocare al tavolo delle classiche
Magnier è la carta giusta che la Soudal può giocare al tavolo delle classiche?
Tu come ti trovi con lui?

Bene, molto bene. Poi come detto prima, quando si vince così tanto è difficile trovarsi male. Mi piace anche il mio ruolo in gara, che all’inizio doveva essere quello dell’ultimo uomo, poi con il cambio di dieta e ritmo sono diventato il penultimo o anche qualche posizione prima. Magnier ha il suo ultimo uomo di fiducia che è Dries Van Gestel, ma in alcune gare si sono aggiunti al gruppo Lampaert e l’ultimo uomo di Merlier.

Com’è vederli all’opera?

Incredibile, abbiamo tanto da imparare. Alla fine quando conta sono capaci di fare un’accelerazione ai 700 metri dall’arrivo per portare fuori il velocista dal gruppo. Ti chiedi come fanno, ma la risposta è facile: sanno limare benissimo. Noi magari nel finale facciamo dieci minuti di fuori soglia, mentre loro giocano con le posizioni e risparmiano tantissime energie. 

Paul Magnier, Soudal Quick-Step, Jasper Philipsen, Alpecin Deceuninck
Elfstedenronde Brugge, Magnier guarda Philipsen, arrivo al fotofinish, ma la spunta il giovane del Wolfpack
Cosa manca a Magnier per lottare contro i migliori velocisti al mondo?

Pochissimi dettagli, ha dimostrato di avere potenza e forza a volontà. Forse, se devo trovare qualcosa, una posizione più aerodinamica in volata. Se si guarda a uno sprinter come Philipsen, si vede tanta differenza, lui è molto più schiacciato sulla bici rispetto a Magnier. Anche se una volta lo ha battuto, alla Elfstedenronde Brugge a giugno. Quindi penso sia proprio una questione di abitudine.

Tour: sprinter e scalatori puri a rischio estinzione? Parla Bramati

09.08.2025
6 min
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Poche tappe per velocisti e scalatori puri in difficoltà con i big. L’ultimo Tour de France è stato un bel crocevia per sprinter e grimpeur puri. Una volta c’erano dieci giorni di “piattoni” e la Grande Boucle diventava il festival dei velocisti, ma forse era anche troppo. Oggi invece nei percorsi si inseriscono difficoltà, strappi, pavé. Pensiamo alle prime tappe già con le sfide fra Pogacar e Van der Poel o le fughe di Healey. Per contro, corridori Lenny Martinez e Valentin Paret-Peintre, bravissimi in salita, hanno dovuto anticipare per non essere schiacciati dagli uomini di classifica. Ci chiediamo perciò che futuro ci sia al Tour per queste due tipologie di ciclisti.

Per questo ragionamento abbiamo coinvolto Davide Bramati, direttore sportivo della Soudal-Quick Step. Il “Brama” aveva in corsa sia il velocista puro, Tim Merlier, e lo scalatore Paret-Peintre. Proprio i quei giorni Thierry Gouvenou, responsabile per ASO dei tracciati, per esempio aveva detto che per motivi di share televisivo e di attenzione si sta pensando di eliminare o limitare al massimo le tappe piatte.

Davide Bramati (qui al microfono di Jens Voigt) è direttore sportivo della Soudal dal 2010
Bramati (qui al microfono di Jens Voigt) è direttore sportivo della Soudal dal 2010
Davide, dunque, come vedi il futuro per queste due categorie così particolari e specifiche?

Il giorno che Gouvenou ha rilasciato quell’intervista c’era stata una tappa anomala con tanto vento contro e quindi meno bagarre. In più le tappe precedenti erano state affrontate ad alta velocità e ci stava un giorno di “relax”, però secondo me le tappe in volata e i velocisti ci saranno sempre. I velocisti sono parte del ciclismo e della sua storia. Magari si faranno delle volate con finali diversi o con qualche strappo, perché alla fine magari guarderanno anche la sicurezza al fine di arrivare con gruppi meno numerosi o più allungati. Però è giusto avere delle volate anche nei Grandi Giri, non puoi fare secondo me tre settimane impegnative.

Però è anche vero che c’è un importante incremento delle salite, tante volte ormai si arriva in volata dopo 2.000-2.500 metri di dislivello: cambierà negli anni il fisico del velocista? Sarà un po’ meno da 2.000 watt e un filo più scalatore?

Sicuramente il velocista dovrà essere sempre più pronto anche a passare certe salite. Penso per esempio alla seconda tappa che ha vinto Milan: non era un percorso facile. Eravamo sui 2.000 metri, forse le salite erano un po’ lontane dall’arrivo, però sicuramente il velocista ha faticato. E infatti si erano staccati. Di certo in futuro lo sprinter dovrà adeguarsi se i percorsi saranno sempre più duri: non dovrà solo mantenere l’esplosività, la velocità, ma dovrà anche migliorare in salita.

Chiaro…

Però torno indietro, ma non penso che cambierà tanto, almeno spero. In un Grande Giro i metri di dislivello sono già veramente tanti, metterne ancora più per avere meno volate, mi sembra portare il nostro sport su altre vie. E’ già molto duro, è sempre più duro e nonostante tutto le velocità che si stanno facendo sono pazzesche.

Prendiamo il tuo Merlier, per esempio, ci lavori da anni ormai: hai notato una sua trasformazione?

Tim in questi ultimi due anni è migliorato in salita e non ha perso la sua esplosività, la sua velocità. L’anno scorso ha vinto la tappa di Roma al Giro d’Italia, quindi l’ultima, superando le grandi montagne, quest’anno ha finito il Tour de France… In questi ultimi due anni lo vedo migliorato in salita senza aver perso il suo spunto.

Nel tempo anche i velocisti puri saranno destinati a dover tenere di più in salita. Qui Merlier contro Milan
Nel tempo anche i velocisti puri saranno destinati a dover tenere di più in salita. Qui Merlier contro Milan
C’è stata una tappa dell’ultimo Tour in cui Tim non è riuscito a tenere per giocarsi la volata?

Sì, ma non per questioni di dislivello. Penso alla prima vittoria di Milan. Quel giorno Merlier forò a 10 chilometri dall’arrivo e con le velocità di adesso paghi dazio. Ha cambiato bici, è rientrato però aveva speso troppo. C’erano questi ultimi tre chilometri in cui si girava a destra, la strada saliva, c’era una rotonda, da lì scendevi a tutta velocità e poi altre due rotonde prima dell’ultimo chilometro in leggera salita. Lì, ai 500-600 metri dall’arrivo, ha pagato lo sforzo per tornare in posizione per poter disputare lo sprint.

Passiamo agli scalatori. Voi in Soudal-Quick Step siete stati bravi nella gestione Paret-Peintre. Però viene da chiedersi se uno scalatore potrà mai tornare a fare classifica al Tour de France…

Sono convinto che in questo ciclismo se uno scalatore puro decide di non fare classifica è meglio. Voi avete nominato Martinez e Valentin, emblema di questa categoria. Noi non siamo mai partiti con l’idea di puntare alla maglia a pois, tutti eravamo venuti con un altro obiettivo che ben sapete (fare classifica con Remco Evenepoel, ndr) e di conseguenza i piani sono cambiati. Il giorno del Ventoux entrare nella fuga era importante e non facile: erano già state fatte le prime due ore a 52-53 all’ora. Per uno del suo peso era importante avere dei compagni vicino come di fatto è accaduto. Penso che per un vero scalatore l’obiettivo dipenda soprattutto da ciò che vuole la squadra.

Cioè?

Penso all’aiuto nel tenere la posizione: se è lui che deve essere aiutato o se deve aiutare. Se può riposarsi nelle tappe di pianura oppure se deve tenere. E torniamo al discorso del fare classifica o no. Per me è meglio che sia libero e punti alle tappe. Oggi se sei nei primi dieci della classifica e vai in fuga non è facile che ti lascino andare. Se sei al ventesimo posto è più facile.

Nella tappa del Ventoux. le prime due ore sono state corse a velocità supersoniche. Gli scalatori puri erano in difficoltà
Nella tappa del Ventoux. le prime due ore sono state corse a velocità supersoniche. Gli scalatori puri erano in difficoltà
Quindi anche per il futuro sarà un po’ destinato o a tirare per un vero big o a uscire di classifica?

Non è detto, non è facile rispondere: alla fine quanti scalatori puri c’erano davvero in gruppo al Tour? Restiamo sempre a quei due nomi. Nella tappa del Ventoux, come detto, hanno fatto le prime due ore in pianura ad oltre 50 di media e non è così scontato che atleti con quelle caratteristiche restino in gruppo. Al Tour tutte le tappe sono state fatte a velocità folli e sicuramente loro spendono di più di un corridore-scalatore di 60-63 chili, questa è la differenza. Però sicuramente sono corridori che quando la strada sale si vede che hanno ancora qualcosa in più. Nel caso di Martinez e Paret-Peintre sono ancora giovani, bisogna aspettare per giudicare.

Quindi secondo te in chiave futura al Tour de France chi è più a rischio: lo sprinter o lo scalatore puro?

E’ una domanda a trabocchetto e non è facile poter rispondere. Ad oggi io terrei il ciclismo esattamente com’è, perché è veramente un ciclismo spettacolare, corso ad alti livelli. Bisognerà capire cosa succederà fra qualche anno quando non ci saranno più questi tre-quattro dominatori assoluti. Magari si apriranno altri scenari. Io credo che certe frazioni piatte e certi corridori ci saranno sempre, sono parte del ciclismo.

E gli scalatori? Passeranno ancora gli scalatori da 50-55 chili, i Pozzovivo della situazione?

Dipenderà da quel che vogliono le squadre. Però dipende anche dal corridore. Valentin per esempio nonostante i suoi 52 chili a Parigi, sotto quell’acqua e sul pavé, è arrivato diciassettesimo: non è poco su quel percorso per uno come lui. Quindi in qualche modo sa essere competitivo anche su altri terreni.

Milan e Merlier: il confronto tecnico con Silvio Martinello

16.07.2025
6 min
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Il Tour de France riparte oggi da Tolosa con un probabile arrivo allo sprint ed è lecito pensare che ci sarà di nuovo una sfida fra Tim Merlier e il nostro Jonathan Milan. Una sfida che è anche tecnica. E quando si parla di tecnica e volate, quale miglior interlocutore di Silvio Martinello?

L’ex sprinter (e pistard) veneto fa un’analisi dettagliata dei due: rapporti, caratteristiche fisiche, tecnica. Ma alla base c’è una differenza chiave. Milan ha più margine di crescita rispetto a Merlier e questo, in ottica futura, fa ben sperare.

Classe 1963, Silvio Martinello, è stato un pistard e professionista su strada per 15 stagioni
Classe 1963, Silvio Martinello, è stato un pistard e professionista su strada per 15 stagioni
Silvio, iniziamo questo parallelismo fra Milan e Merlier, che sembra un po’ la bestia nera di Jonathan…

La bestia nera… direi piuttosto che è un velocista con caratteristiche diverse. Tim è il classico velocista che non vorresti mai avere a ruota, perché ha quella capacità di saltarti negli ultimi metri, quel cambio di ritmo micidiale che spesso è letale. Milan è migliorato molto, soprattutto nella capacità di farsi trovare nel posto giusto al momento giusto. Ve lo ricordate al Giro d’Italia 2023 quando vinse una tappa, ma poi ne buttò via tante perché era fuori posizione?

Sì, vero…

Rimontava sempre, ma se sei fuori posizione quando è il momento di lanciare lo sprint, perdi. Per quanto tu possa essere forte, qualcuno ti arriva davanti. Ecco, su questo Milan è cresciuto molto. Anche la tappa che ha vinto, l’ha vinta praticamente senza squadra. E’ stato lui a muoversi bene negli ultimi metri, capendo e leggendo perfettamente la situazione.

Come dici te, ha stupito per le posizioni, ma anche per le tempistiche…

Sì, posizione e tempismo. E’ migliorato tanto ed era il suo tallone d’Achille. Le sue qualità non si discutono: il motore c’è, è potentissimo. E’ il classico velocista che avrebbe bisogno di un treno votato solo a portarlo agli ultimi 200 metri, cosa che oggi si fa meno. Jonathan si sta adattando bene, ma poi ci sono anche gli avversari.

Cioè?

Gli sprint non sono corsie fisse: vince chi è più veloce, ma anche chi ha la miglior posizione e chi sceglie il momento giusto. Da questo punto di vista Merlier, come dicevo, è uno che nessuno vuole a ruota. Con Philipsen tagliato fuori dai giochi, i tre sprinter di riferimento erano loro, e infatti sono gli unici ad aver vinto finora in questo Tour. E credo che saranno ancora loro due a giocarsi le prossime tappe, salvo sorprese che nelle volate ci stanno sempre.

Milan e Merlier: si nota la differenza delle spalle e della testa soprattutto. Jonny rivolge lo sguardo del tutto in avanti (foto Instagram)
Milan e Merlier: si nota la differenza delle spalle e della testa soprattutto. Jonny rivolge lo sguardo del tutto in avanti (foto Instagram)
Da un punto di vista stilistico, cosa ci dici?

Questa continua ad essere una pecca per Milan: ondeggia troppo, muove le spalle, e questo non lo aiuta. Se un giorno riuscisse a correggersi – cosa complicata alla sua età, l’ho già detto in passato difficile che un pro’ cambi troppo – può migliorare. Ma nel ciclismo nessuno è imbattibile. Se dovesse riuscire a correggersi, a quel punto batterlo in volata diventerebbe durissima.

Perché guadagnerebbe aerodinamica abbassandosi con le spalle?

Certo. A quelle velocità, sopra i 70 all’ora, la posizione fa la differenza. Lui è molto alto e non mette mai la testa sotto le spalle: guarda avanti, punta l’arrivo. Ha però un motore eccezionale che non si discute.

E Merlier?

Anche lui, ma di certo è più composto. E’ alto, ma sta più schiacciato. Il sedere è più basso o in linea con le spalle, e questo migliora l’aerodinamica. Forse quella è la piccola differenza decisiva.

A Chateauroux si è notata una differenza anche nei rapporti: Milan aveva il 54×10, Merlier un 56×11…

Di certo Jonathan non ha tirato il 10, altrimenti sarebbe stato più duro, mentre era più agile di Tim. Si vedeva. Merlier è stato abilissimo anche a scegliere il momento giusto: sono partiti quasi insieme, ma lui lo ha leggermente anticipato, spingendo il rapporto più pesante. Attenzione però, siamo sicuri che Milan sia più agile?

Spiegaci meglio…

Milan magari aveva un 54×11 che è più agile del 56×11 di Merlier, ma la differenza è minima: roba di pochi centimetri. Secondo me è quel modo di pedalare che lo fa apparire più agile di quel che è realmente, il che è paradossale visto il fisico. Uno come Jonathan non dovrebbe avere problemi a spingere rapportoni. Credo sia una questione di stile personale, ma anche di esperienza.

Un’esperienza?

Milan è al suo primo Tour. Io ho fatto la mia ultima Grande Boucle nel 1999, sono passati 26 anni e magari le cose sono cambiate, ma ho sempre trovato che le mischie al Tour siano più complesse di quelle del Giro. C’è più tensione, più concorrenza. Milan sta facendo molto bene, ha anche focalizzato la maglia verde che è un obiettivo importante. Tra l’altro secondo me, questo obiettivo gli sta togliendo un po’ di brillantezza.

Perché?

La differenza di punti ai traguardi intermedi è minima, ma solo Milan sprinta con quella determinazione per la maglia verde. Gli altri pensano più all’arrivo finale. Questa è una differenza anche nervosa, non solo di energia. Per questo dico che Jonathan ha bisogno di imparare. E’ giovane, ha margini e queste esperienze lo aiuteranno di sicuro. Poi è anche vero che se punti a quella classifica i traguardi volanti sono determinanti.

Silvio, si è notato che hanno modificato l’ordine del treno. Simone Consonni non è più l’ultimo uomo..

Vero, lo avevo notato subito. Simone forse non è brillantissimo in questo momento e credo che abbiano scelto di cambiare proprio per questo motivo. Al Tour devi raccogliere risultati. Meglio invertire i ruoli con Stuyven, ma ripeto: Milan si muove bene anche da solo. Merlier, invece, sta facendo molto da solo, più del solito.

L’arrivo al photofinish di Dunkerque fra Merlier e Milan al colpo di reni. I due sono davvero vicini e non solo in questa occasione (immagine fornita da Tissot)
L’arrivo al photofinish di Dunkerque fra Merlier e Milan al colpo di reni. I due sono davvero vicini e non solo in questa occasione (immagine fornita da Tissot)
Altre piccole differenze che hai notato?

Sono due velocisti diversi, ma fortissimi. A me Merlier piace molto, da sempre. Ha un atteggiamento umile, e per un velocista non è scontato, spesso hanno personalità più informali, fuori dalle righe. Non lo conosco di persona, ma da come parla e si muove mi sembra uno concreto, educato. Mentre tecnicamente non dimentichiamoci che Merlier viene dal ciclocross: certe abilità di guida se le è portate dietro.

Sono entrambi da volata lunga?

Sì, ma più Milan. Merlier se lo hai a ruota ti salta nove volte su dieci. Al tempo stesso, se serve, prende anche l’iniziativa. Anche per questo, nella mia personale classifica di gradimento degli sprinter oggi, Merlier è davanti a tutti.

Anche a Philipsen?

Sì, anche a Jasper Philipsen. Philipsen ha caratteristiche simili a Milan e Pedersen, un altro grande sprinter.

Ecco, per un treno super Pedersen potrebbe fare da apripista a Milan? E anche viceversa?

Il contrario (Milan che tira per Pedersen) lo vedo difficile. Pedersen potrebbe fare da ultimo uomo, ma mi chiedo se accadrà. Van der Poel fa l’apripista a Philipsen e Groves, ma lui non fa volate di gruppo. Pedersen invece sì e le vince Non è un caso che abbiano programmi separati.

Silvio, con la tua esperienza: a chi paragoneresti Milan e Merlier tra i velocisti del passato?

E’ facile. Per caratteristiche fisiche e tecniche, Milan lo avvicino a Cipollini o Petacchi, magari con un treno tutto per lui. Merlier invece mi ricorda Danny Nelissen: il classico velocista belga o comunque del Nord cresciuto nelle mischie, con abilità innate nel muoversi da solo. E, nel suo caso, sfruttando anche ciò che ha imparato dal cross.

Merlier bestia nera di Milan. VdP show. E un pensiero a Savio

13.07.2025
6 min
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Caro Gianni Savio, vogliamo credere che oggi nell’ammiraglia della Alpecin-Deceuninck si siano ispirati a te. Che attacco quello di Mathieu Van der Poel e Jonas Rickaert! Con quel piattone davanti al manubrio nessuno si sarebbe mosso e invece… Due compagni, pronti via sin dal chilometro zero. Tutto perfetto: la macchina ad assisterli, le mille borracce a ripetizione per proteggerli dal vento, quella voglia di gettare il cuore oltre l’ostacolo in una tappa piatta. La gestione delle energie con uno dei due a sacrificarsi di più. E dietro, i compagni a rompere i cambi. Una sinfonia ciclistica. I fondamentali di una volta che valgono anche in questa era super tecnologica. E per poco, caro Gianni, non sono arrivati. Eh no, perché Tim Merlier ha messo tutti d’accordo.

La tappa forse più piatta del Tour de France, senza nemmeno un Gpm di quarta categoria, ha regalato una suspense incredibile e inaspettata soprattutto. Van der Poel e Rickaert hanno tenuto tutti sulle spine, mettendo in crisi le squadre dei velocisti, che nel finale si sono presentate con un solo uomo davanti al capitano… o addirittura con il velocista da solo.

Mathieu Van der Poel e Jonas Rickaert sono partiti subito dopo il via. Di fronte a loro 173 km nella pianura della Loira
Mathieu Van der Poel e Jonas Rickaert sono partiti subito dopo il via. Di fronte a loro 173 km nella pianura della Loira

Merlier, bestia nera di Milan

A Chateauroux, Merlier ha concesso il bis. E non lo ha fatto a caso: ancora una volta davanti a Jonathan Milan, confermandosi la sua bestia nera. Il finale, con la strada che calava impercettibilmente, ha reso lo sprint velocissimo. La sensazione non è tanto che Milan sia partito presto, quanto che gli mancasse un dente.

Il campione europeo è sembrato il solito gatto, pronto a scartare da una ruota all’altra. Ma oggi è apparso più potente che mai, forse anche più che nella sua prima vittoria qualche giorno fa. Ma è chiaro: lui e Milan viaggiano su un altro pianeta. Hanno più watt. Appartengono alla categoria degli over 1.800 watt, come ci diceva Andrea Pasqualon.

«E’ stata davvero difficile – ha detto Merlier – Ho avuto una buona giornata e anche in gruppo ci siamo mossi bene. Non abbiamo fatto rifornimento negli ultimi 60 chilometri per via del nervosismo e delle velocità, quindi ho sofferto parecchio il caldo. Per fortuna tutte le squadre hanno collaborato per chiudere sui due fuggitivi. Anche grazie a Remco Evenepoel siamo riusciti a evitare un ventaglio.
Lo sprint? Ero a ruota di Bert Van Lerberghe, è la prima volta che siamo insieme al Tour. Ho molta fiducia in lui e nella sua capacità di pilotarmi. Mi ha portato forte nell’ultimo chilometro e a circa 200 metri ho deciso di partire. Sono felice per questa seconda vittoria di tappa».

Velocità folli, il gruppo si è spezzato tra l’inseguimento ai due fuggitivi e il vento
Velocità folli, il gruppo si è spezzato tra l’inseguimento ai due fuggitivi e il vento

Parola a Bramati

Negli ultimi due anni Milan e Merlier si sono affrontati in molti in sprint: In 16 di questi, entrambi sono finiti nella top 10. In 11 casi ha vinto uno dei due, ma il bilancio pende nettamente verso il belga: 8-3. Anche quest’anno al UAE Tour se le sono date a suon di primi e secondi posti. E ora rieccoli, di nuovo, al Tour.

«Anche l’anno scorso – racconta Davide Bramati, diesse della Soudal-Quick Step – hanno duellato tanto e continuano a farlo. Tutti e due hanno mancato il primo giorno, a Lille, quando c’era in palio anche la maglia gialla, ma poi sia loro che noi abbiamo voltato pagina. Ieri ha vinto Milan, oggi ha rivinto Tim. Questo è lo sport, questo è il ciclismo. Sono gli sprinter più forti di questo Tour, specie dopo la caduta di Philipsen. Si sono dimostrati i più veloci».

Questa vittoria nasce dal passato. A Chateauroux, la Soudal (allora Deceuninck) aveva già vinto con Cavendish. E “Brama” svela un retroscena: «Più che impostare la volata in base al rivale, abbiamo studiato la nostra. Ieri, già nel trasferimento post tappa verso l’hotel, abbiamo iniziato a guardare il filmato del 2021, lo stesso arrivo in cui vinse Cav. Ma era tutta un’altra situazione: la squadra aveva preso in mano la volata. Nel treno c’erano Alaphilippe, Ballero (Ballerini, ndr), Morkov… Ci siamo fatti un’idea. Poi certo, la riunione la fai, ma la realtà è un’altra.

«Questo finale non era banale. Forse non ci si rende conto: oggi è stata la seconda tappa più veloce della storia del Tour. Nella seconda ora hanno fatto 54,5 di media. Van der Poel e Rickaert hanno fatto un grande numero e il gruppo, di conseguenza, è andato fortissimo. C’era anche vento. Bene così: siamo alla terza vittoria e siamo davvero contenti».

Merlier batte Milan. Il friulano però consolida la maglia verde
Merlier batte Milan. Il friulano però consolida la maglia verde

56 vs 54

Senza un vero treno, oggi i velocisti si sono dovuti arrangiare. L’esperienza contava più del solito. Più di ieri, quando era sì uno sprint di gruppo, ma più “di gambe” che di velocità, visto che l’arrivo tirava. E quindi si torna a parlare di tempistiche e di rapporti.

«Non so se lo abbia spinto, ma Tim aveva il 56×11 – dice Bramati – l’esperienza conta. Solo l’anno scorso ha fatto 16 vittorie e anche quest’anno siamo lì. Un corridore come lui sa quando ci sono momenti importanti e oggi si è mosso bene. A un certo punto, all’ultimo chilometro, sembrava ancora dietro. Ma poi si è visto come è risalito. Ha fatto una grande cosa».

Sappiamo invece che Jonathan aveva la corona da 54 denti, quella vista già a Dunkerque. E’ anche vero che con il gruppo SRAM possono usare il 10. Non crediamo abbia fatto lo sprint col 10, altrimenti sarebbe stato più “duro” di Merlier col 56×11. A meno che anche il belga avesse il pignone da 11. Ma l’agilità è il marchio di fabbrica del friulano, che viene dalle cadenze della pista.

«Come‘è Merlier in riunione? Si sapeva che c’erano punti pericolosi per il vento e penso che la squadra sia stata presente, Remco compreso. Anzi, a un certo punto proprio Evenepoel ha dato una mano ai ragazzi. E vedrete che Tim aiuterà Remco quando ce ne sarà l’occasione».

E domani? Parla ancora Bramati

Domani si sale. Velasco ci aveva detto in tempi non sospetti che era tostissima. In XDS-Astana erano andati anche a visionarla.
«Domani – conclude Bramati – è una tappa importante e poi finalmente ci sarà il giorno di riposo, che servirà tantissimo. Nella storia recente non ricordo dieci tappe consecutive, soprattutto a queste velocità. Ci sarà da soffrire sia davanti… che dietro».

Una tappa che doveva essere facile si è trasformata in un piccolo inferno del nord, ma con 32 gradi. Anche i giganti hanno faticato.
«Sono davvero stanco – ha detto Tadej Pogacar, un po’ triste per la perdita di Almeida – Van der Poel e Rickaert hanno fatto un lavoro fantastico. E’ stata una corsa infernale grazie a loro. Sono andati fortissimo. Chissà cosa gli passava per la testa. Noi dietro eravamo tutti in sofferenza».

A proposito di domani, caro Gianni Savio, non fa niente se i fuggitivi del primo chilometro non sono arrivati. Gli eroi sono loro. «Domani – come avresti detto tu – ci si riprova». Rickaert ha vinto il premio della combattività. Anche questo, caro Gianni, ne siamo sicuri, ti sarebbe piaciuto.

Milan, la verde o le tappe? Zero dubbi per Petacchi

10.07.2025
7 min
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Mancano due tappe alla prossima volata. Se ne riparlerà sabato a Laval Espace Mayenne e per allora Jonathan Milan potrebbe dare la svolta al suo Tour che per ora è fatto della maglia verde, della distrazione che lo ha privato del primo sprint e del secondo posto di Dunkerque dietro Merlier. Il Tour non è il Giro, vincere non è per niente semplice.

Per farcelo spiegare ci siamo rivolti ad Alessandro Petacchi, l’ultimo italiano vincitore della maglia verde. Uno che prima di vincere al Tour dovette prendergli le misure. La prima volta nel 2001 ottenne come miglior piazzamento un terzo posto. La volta successiva, nel 2003, si ritirò il settimo giorno nel tappone di Morzine, ma fece in tempo a vincere 4 volte. Da allora non corse più il Tour. Ci tornò nel 2010: vinse 2 tappe e la maglia verde. Il primato mancava all’Italia dal 1968 di Franco Bitossi e Petacchi è l’ultimo ad averla conquistata. Potrà Milan portare a Parigi quel primato?

«Fossi in lui – dice Alessandro – fra tornare a casa con la maglia verde o con qualche tappa vinta, non avrei dubbi e punterei alle tappe. Ha tutte le carte in regola per poterlo fare, quindi non vedo perché debba pensare già da ora alla classifica a punti. Se vincerà aumenterà la consapevolezza e potrebbe venirgli tutto più facile. E a quel punto via con la maglia verde».

Nel 2010, correndo per la Lampre, Petacchi conquista la maglia verde, che mancava all’Italia dal 1968
Nel 2010, correndo per la Lampre, Petacchi conquista la maglia verde, che mancava all’Italia dal 1968
Se Milan ha i mezzi per vincere – e ne siamo certi – come mai finora ha incontrato qualche difficoltà di troppo?

Perché il Tour è una gara completamente diversa. Se vai a fare una classica, trovi corridori adatti al suo percorso. Al Tour invece ci sono tutti i migliori per ciascuna specialità, quindi è chiaro che il livello sia altissimo. Vincere alla prima partecipazione non è facile. Io vinsi nel 2003 e posso considerarlo il mio primo Tour da competitivo, perché la prima volta non ero ancora Petacchi e non andai con l’idea di vincere le volate. Quando tornai nel 2003, fu tutta un’altra cosa. Sabato scorso, nella prima tappa c’è stato il ventaglio ed è andata via così. Nella terza, Merlier ha vinto con merito…

La Lidl-Trek è forte, ma è un fatto che al Tour si sgomiti molto più che in altre corse.

La Lidl-Trek è attrezzata benissimo, però non è semplice ritrovarsi sempre al momento giusto. Riguardando la volata, devo dire che Merlier se l’è meritata. Era da solo. Evenepoel gli ha dato una mano fino a 2,5-3 chilometri dall’arrivo. Poi si è arrangiato completamente da sé. C’è un momento che risale da solo e se lo fai quando in testa c’è una squadra che va a tutta, vuol dire che hai grandi gambe. Vincere rimontando Milan, che non è l’ultimo arrivato, significa che sta andando davvero forte.

Credi che l’assenza di Philipsen possa rendere le cose più agevoli?

C’è un avversario importante in meno. Uno che veniva da una vittoria e dalla maglia gialla, quindi sarebbe stato molto motivato. Fondamentalmente parliamo del velocista più forte che negli ultimi tempi non vinceva più come prima.

La caduta di Philipsen, già vincitore della prima tappa, ha tolto dal Tour un avversario tostissimo
La caduta di Philipsen, già vincitore della prima tappa, ha tolto dal Tour un avversario tostissimo
E’ più difficile fare delle volate lineari perché nei finali si va più forte?

Non lo so. Perché poi alla fine, quando sei al vento, sei al vento. Le forze in campo sono quelle. E’ vero che tutti hanno bici più performanti, però le hanno tutti e per questo alla fine vengono fuori le qualità atletiche. Anche noi si andava forte, mi pare che le velocità delle volate siano sempre quelle. Forse ci arrivano più veloci, perché il gruppo va più forte, ma con certi mezzi quasi viene da sé. La bici e tutta la tecnologia ti aiutano, questo è sicuro. Alla fine se stai a ruota, il risparmio c’è ugualmente, quindi non so se sia la giusta chiave di lettura.

Quindi?

Quindi mi pare che Merlier avesse un rapporto leggermente più duro di Milan. Ora c’è questa moda di usare i rapportoni, anche se al Tour credo che li abbiano bloccati al 54 ed è una fortuna. Usavano il 56 per avere la catena dritta, che poi quanta differenza ci sarà mai? Merlier andava forte, ma aveva una frequenza di pedalata non altissima. E così rischi, perché se perdi leggermente velocità, con quei rapporti non ce la fai a riprenderla. Noi facevamo le volate col 53×11 e la frequenza di pedalata era giusta per delle velocità paragonabili a quelle di ora. Non mi sembra ancora che facciano le volate 80 all’ora.

Secondo Endrio Leoni i treni di oggi sono meno potenti di quelli di prima, le velocità sono più basse e questo impedisce di avere delle volate regolari.

Non è così semplice. E’ vero che ci sono più squadre attrezzate ed è vero che c’è tanta confusione, quella la vedo anch’io. Si esce fuori col treno molto più vicino all’arrivo, perché evidentemente non si riesce a tenere a lungo certe velocità. Chi sta dietro è avvantaggiato anche per risalire, perché sfruttando la scia evidentemente è più facile venire avanti. Stare davanti è difficile, quindi forse per questo ci sono continuamente questi cambi in testa al gruppo. Quanto ai treni, una volta non erano tantissimi. In più si correva in 9, mentre ora sono 8. Un uomo in meno secondo me fa differenza. Potrebbe essere uno scalatore in più per l’uomo di classifica, ma anche un corridore in più per le volate.

Declerq non è al Tour, la sua presenza avrebbe aiutato nel gestire la prima tappa? Secondo Petacchi sì
Declerq non è al Tour, la sua presenza avrebbe aiutato nel gestire la prima tappa? Secondo Petacchi sì
La Lidl-Trek ha lasciato a casa Declercq, ma hanno Skjelmose per la classifica…

E’ chiaro che hanno puntato sul prendere la maglia gialla nella prima tappa. Ed è evidente che una squadra come loro, con i corridori e i passistoni che hanno, il primo giorno si sia fatta sorprendere. Hanno sottovalutato la situazione e mi ha sorpreso che ci sia caduto anche un corridore come Stuyven. E’ ovvio che se cerchi di tenerti gli uomini per il finale e stai un po’ più rintanato, prendi meno vento. Però in una tappa come quella, ti ci vuole il grande lavoratore che tiene la squadra davanti. Declerq è uno che magari a 15 dall’arrivo ti fa a 7-8 chilometri a 55 all’ora e ti tiene davanti. Gli dai due cambi e lui fa il suo lavoro, impedendo che ti sorprendano. Secondo me nella prima tappa erano nascosti, perché volevano utilizzare tutti gli uomini per fare un grande treno. Però ti ci vuole anche chi lavora e tiene davanti i corridori. Poteva essere Nys, però l’hanno messo vicino a Skjelmose.

Torniamo alla maglia verde: dici che Milan ha tutti i mezzi per vincerla?

Dipende da chi trovi, con chi lotti. Nel 2010, io ho lottato fino all’ultimo giorno con Thor Hushovd e se fossi uscito dai primi quattro a Parigi avrei perso da Cavendish. Hushovd non era velocissimo nelle volate di gruppo, ma il problema è che andava in fuga in tutte le tappe. Andava in fuga anche sull’Aubisque, scollinava davanti e andava a fare il traguardo volante. Per me era difficile prendere punti in quelle tappe, però spesso e volentieri finché non andava via la fuga, mi toccava seguirlo perché lui attaccava su ogni strappo. Voleva andare in fuga e prendere punti. E siccome i punti ai traguardi volante non sono pochi, lui si piazzava sempre sull’arrivo e poi andava a prendere i punti nelle tappe complicate.

Quindi Milan?

Io non sono andato al Tour pensando alla maglia verde, Johnny dovrà andare a cercarsi i punti. Dalla decima tappa in poi ci saranno un paio di volate e poi i punti andranno presi nei traguardi volanti di montagna, dove però se ne assegnano di meno.

Nel secondo posto di Dunkerque, Merlier è stato imbattibile ma il treno Lidl-Trek non è stato impeccabile
Nel secondo posto di Dunkerque, Merlier è stato imbattibile ma il treno Lidl-Trek non è stato impeccabile
Non eri andato per la verde?

No. Tornavo al Tour dopo sette anni, sperando di vincere e per vedere come stessi. Ho vinto la prima tappa. Poi ne ho vinta un’altra. E a quel punto, dopo due tappe vinte, si è cominciato a parlare della maglia a punti.

Quindi Milan farebbe bene a pensare alle vittorie?

Di sicuro in salita va più forte di Merlier. In alcune tappe l’ho visto andare veramente bene. Al Delfinato ha vinto una tappa di 3.000 metri di dislivello ed è andato forte anche al campionato italiano. Secondo me le gambe le ha, poi è chiaro che fare un Tour è diverso. Perché c’è la stanchezza e ci sono tante salitelle messe nel finale in cui potrebbe avvantaggiarsi.

Peccato che la tappa di Parigi non sia la classica sui Campi Elisi…

Peccato fare questi cambiamenti, non lo condivido. Secondo me i Campi Elisi erano duri anche nel modo tradizionale, perché andare verso l’Arco di Trionfo non è proprio una passeggiata. Però evidentemente avranno i loro motivi. L’anno scorso siamo arrivati a Nizza e hanno fatto una tappa diversa. Quest’anno altro cambiamento. Potevano rifare i Campi Elisi, visto che il Tour è già abbastanza lungo e soprattutto duro. Ai velocisti di certo non hanno fatto un favore…

Milan in verde, Merlier esulta, Philipsen saluta e Leoni commenta

07.07.2025
6 min
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«Le cadute ci sono perché le velocità sono basse», spiazza subito tutti Endrio Leoni. L’ex velocista che se la vedeva con Martinello, Cipollini, Minali, Abdujaparov, e ogni tanto li batteva pure, ha fatto un’analisi tecnica molto interessante di quel che è successo oggi a Dunkerque. La parola d’ordine odierna infatti è stata: paura. Pero fateci aggiungere anche gioia. Gioia per la maglia verde di Jonathan Milan.

Prima la caduta di Jasper Philipsen, che è stato costretto a salutare il Tour de France, poi le cadute in prossimità del traguardo e quell’involata che è stata a dir poco spettacolare. Per la cronaca la tappa è andata a Tim Merlier, che per un paio di centimetri o poco più ha battuto il nostro Jonathan Milan. Questa mattina il gruppo era partito sotto un fortissimo scroscio di pioggia.

L’arrivo al photofinish di Dunkerque fra Merlier e Milan (immagine fornita da Tissot)
L’arrivo al photofinish di Dunkerque fra Merlier e Milan (immagine fornita da Tissot)

Tra pioggia e speranza

Il tempo non prometteva nulla di buono, la temperatura era intorno ai 15 gradi. E l’umore che si respirava in partenza non era dei migliori per tutti. Non è mai facile, infatti, pedalare in queste condizioni. Ma tant’è.

Poteva essere davvero la giornata di Milan. I presupposti c’erano: la tappa era veloce, il finale ideale per lui. Ha un buon treno e oggi lo ha dimostrato, anche se manca ancora qualcosa per perfezionarlo al 100 per cento. E lui stesso ci è parso, come sempre, davvero tranquillo. Un controllo sereno, un vero atleta maturo. Tra l’altro, curiosità non da poco: la sua bici montava una corona da 54 denti.

I meccanici all’inizio non erano stati contentissimi delle foto che gli avevamo fatto, perché la corona, la catena e la trasmissione avevano un trattamento particolare, vista la pioggia, per mantenere la scorrevolezza a lungo. Un trattamento che probabilmente deriva anche dalla pista. E Jonathan è un gigantesco pistard, lo sappiamo.

Tuttavia questa accortezza non è bastata. Ai 1.200 metri il treno della Lidl-Trek era effettivamente corto. Due uomini sono pochi a quelle velocità per scortare Milan fino ai 250 metri, tanto più col vento contro. Tant’è vero che quando Stuyven si è spostato, ha lasciato l’altro compagno al vento, ma la velocità non era alta e gli altri lo hanno rimontato.

«Sono andato vicino alla vittoria, ma non è bastato – ha commentato Milan – Mi dispiace perché i miei compagni hanno fatto un grande lavoro, ma nel finale non è stato facile. C’è stata grande lotta per mantenere le posizioni. Di buono c’è che abbiamo altre opportunità. Chapeau a Merlier che ha fatto un’ottima volata».

La monocorona di Milan e la catena con trattamento (probabilmente a cera) di questa mattina al via da Valenciennes
La monocorona di Milan e la catena con trattamento (probabilmente a cera) di questa mattina al via da Valenciennes

Maglia verde

In tutto questo contesto, con la caduta di Philipsen e il secondo posto di Milan, Jonny si è preso la maglia verde. E non è poco, alla prima partecipazione al Tour. Da qui bisogna ripartire e andare avanti.

Tra l’altro, ci crede eccome a questo obiettivo. Uno che ha già conquistato la maglia ciclamino al Giro d’Italia, dove le salite sono anche più pendenti, ha tutte le carte in regola anche per la maglia verde.

«Adesso – ha detto Milan – cercheremo di mantenere questo primato. Per noi è molto importante. E’ un obiettivo sin dall’inizio. Oggi puntavamo alla vittoria di tappa e sono contento in parte, direi 50-50, tra gioia e delusione». Quando si dice il piglio del campione che non si accontenta…

L’ultimo italiano ad indossare questa maglia è stato Petacchi, che poi la portò a Parigi. A Milan serve la ciliegina sulla torta. Ma, come ha detto lui, le occasioni non mancheranno e rispetto ad altri sprinter ha dalla sua una squadra forte e completa.

Wellens in fuga per i punti dei Gpm e sfilare la maglia a pois a Pogacar, che senza premiazioni e interviste recupera prima
Wellens in fuga per i punti dei Gpm e sfilare la maglia a pois a Pogacar che senza premiazioni e interviste recupera prima

Parola a Leoni

E dal discorso delle squadre passiamo all’analisi di Leoni: «Le cadute – spiega l’ex sprinter – avvengono perché molti dei corridori coinvolti nelle volate di oggi non sono adatti, non autentici. Si limava anche una volta, forse più di oggi, ma questi incidenti accadono perché le velocità sono più basse. Mancano quei treni che mettevano tutti in fila. Oggi invece ci sono tante squadre, senza veri treni e con corridori poco adatti».

«Sono meno preparati tecnicamente e tatticamente. E anche senza caratteristiche fisiche specifiche. Ai miei tempi nei treni c’era gente che veniva dalla 100 Chilometri. Corridori come Poli, Vanzella… ti tenevano fuori a 55 all’ora per un bel po’. Oggi quegli atleti ci sono, ma sono Pedersen, Van Aert, Van der Poel… che sono capitani. Si va forte è vero, ma anche perché hanno bici che vanno 7-8 chilometri orari più veloci a parità di sforzo».

«Quando oggi si è spostato Stuyven, la velocità è calata e i PicNic-PostNL sono risaliti forti. Milan è quasi dovuto ripartire. Bravo Merlier, che ha vinto da mestierante. Mi ha ricordato me, che dovevo fare un continuo destra-sinistra. E lì spendi tanto. Oggi non puoi farlo, perché fai una volata e sei fuori. Ma Merlier è stato bravo lo stesso. Tatticamente per me è il migliore. Nonostante abbia sbagliato il colpo di reni: lo ha dato troppo tardi altrimenti avrebbe vinto con più margine, molto meglio Milan in tal senso».

Leoni parla poi anche delle altre cadute e di certi fondamentali che mancano. Remco Evenepoel, per esempio, si lascia sfilare all’improvviso al centro del gruppo e probabilmente è lui che indirettamente innesca la caduta ai 4 chilometri dall’arrivo (metro più, metro meno).

«In teoria, per regolamento, quella manovra neanche si potrebbe fare. Ti devi spostare a destra o a sinistra. Perché chi arriva da dietro ti prende. Magari è a testa bassa anche lui. E se non ti prende, frena forte e mette nei guai quelli dietro».

Infine Leoni dà un giudizio su due team poco in vista ma che ci hanno provato. «Non mi sembrano male Uno-X Mobility e i Picnic-PostNL, mi sembrano ben corposi per gli sprint, ma altrettanto non mi sembrano ben gestiti dall’ammiraglia».

Alla fine nello sprint fra Merlier e Milan la differenza è stata davvero esigua
Alla fine nello sprint fra Merlier e Milan la differenza è stata davvero esigua

Bravo Tim

Infine, non possiamo non chiudere con lui: Tim Merlier, il re di Dunkerque. Ha vinto senza un treno. Quello che avevamo scritto prima del Tour, parlando con Petacchi, si è avverato in parte.

La squadra, la Soudal-Quick Step, è giustamente tutta per Remco e alla fine Merlier aveva un solo uomo. Però è bastato a vincere: lo ha portato, si è mosso nel momento giusto al posto giusto e gli ha consentito di alzare le braccia sul traguardo.

«E’ stata una corsa molto complicata. Era difficile essere in una buona posizione. Abbiamo perso Bart prima dell’ultimo quarto di gara, quindi ho detto alla squadra di fare il loro lavoro fino agli ultimi 5 chilometri. E poi è iniziata la vera corsa. E’ stato davvero difficile trovare la posizione. Negli ultimi due chilometri sono riuscito a recuperare, a riposizionarmi, ed ero costantemente nel vento. E visto che era contrario ho anche speso più energie.
«E’ sempre difficile battere Milan. Sono contento di aver conquistato la mia seconda vittoria al Tour de France. All’inizio ero sicuro, ecco perché ho alzato le mani, ma dopo non lo ero più. Ho aspettato con ansia. Certo, la maglia gialla era l’obiettivo, ma va bene così».

Castelli e la sfida del vento per Evenepoel e Merlier

04.07.2025
8 min
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Una marea di email da qualche giorno annuncia nuove maglie e nuove colorazioni per il Tour de France. Biciclette e caschi, persino le scarpe. Ma alla vigilia di una prima tappa che si deciderà allo sprint con probabile vento e della prima crono che mercoledì darà uno scossone alla classifica, l’incontro con Castelli per parlare dei materiali della Soudal-Quick Step è parso molto ghiotto. Da una parte Tim Merlier, campione europeo e velocista in odore della prima maglia gialla. Dall’altra Remco Evenepoel, campione del mondo della crono che a Caen potrebbe dare una prima impronta al suo Tour.

La parola a Koen Pelgrim, responsabile della performance nel team belga, e a Steve Smith, brand manager di Castelli, in una sorta di duetto trasversale rispetto agli studi, le esigenze degli atleti e le soluzioni trovate.

«Penso che molti di voi – dice Steve Smith – abbiano espresso un certo interesse a sapere quello che succede dietro le quinte. In realtà abbiamo trascorso molto tempo qui (dice mostrando una foto, ndr), nella galleria del vento del Politecnico di Milano. Per questo proveremo a mostrarvi alcuni dei lavori necessari per la preparazione di grandi obiettivi come il Tour de France per Tim Merlier e Remco Evenepoel. Nessun grande segreto in realtà, se non scoprire il processo che attuiamo con i nostri corridori e ciò che facciamo in termini di sviluppo del body più veloci».

All’incontro con i media erano presenti Steve Smith per Castelli e Koen Pelgrim, responsabile performance

Ogni dettaglio conta

La consapevolezza che la prima tappa del Tour si giocherà in volata e il fatto che la maglia gialla sia il grande sogno di Merlier ha spinto la squadra a investire su ogni dettaglio. E’ vero che finora nelle sue volate il belga ha vinto con ampio margine, ma più sale il livello e più le differenze si assottigliano.

«Ogni dettaglio può fare la differenza – spiega Smith – e avevamo l’idea che un body per lo sprint dovesse essere specifico e diverso da uno da crono. Per cui ci siamo messi a provarlo, per vedere se fosse possibile ottenere un guadagno aerodinamico. Perciò abbiamo cercato di lavorare nella galleria del vento in modo che ci permettesse di ragionare sulla posizione dello sprint. Non è facile. La posizione da crono tende a rimanere sempre uguale, nello sprint invece ci si muove molto di più. La stessa misurazione ha più criticità, perché la posizione non è mai costante. Il modo in cui il flusso d’aria gira intorno al corpo è totalmente diverso rispetto a qualsiasi altra posizione. Quindi i tessuti che usiamo dovrebbero essere sviluppati appositamente per questo».

Test prima della Sanremo

Anche i tessuti vengono scelti in funzione della velocità. Un completo veloce per i 40 orari non sarà probabilmente ugualmente veloce a 70. Per questo si sono fatti test a 60 all’ora e poi a 70 e anche con il corridore in piedi sulla bicicletta e Merlier è stato molto bravo a mantenere la posizione per tutto il tempo necessario alla misurazione.

«Anche stando in piedi – spiega Koen Pelgrim – abbiamo ottenuto una certa ripetibilità dei dati, anche se ovviamente c’era molto più rumore. Avevo un po’ paura prima di fare il test che stando in piedi ci sarebbe stata troppa variazione. Ma i risultati sono stati in realtà sorprendentemente costanti. Tim è molto composto anche nello sprint. E’ relativamente basso, la sua schiena è quasi completamente piatta e la sua testa è tra le spalle. Non sporge nel vento. Le sue braccia tendono a uscire un po’ e questo crea un flusso d’aria abbastanza specifico per lui, che non sarebbe esattamente lo stesso per un altro sprinter. Così siamo tornati indietro e abbiamo guardato il flusso d’aria teorico intorno a questa posizione e abbiamo preparato 11 nuovi prototipi da testare. Mancavano pochi giorni alla Sanremo, subito dopo il blocco della Parigi-Nizza. Siamo andati al Politecnico di Milano e abbiamo messo tutto nella galleria del vento. Quel posizionamento ha funzionato e siamo stati in grado di ripetere sia la posizione seduta che quella in piedi».

La stabilità di Merlier

Il dato emerso mostra che quando Merlier si alza a 70 chilometri all’ora, il suo CDA diminuisce: questo significa che in realtà è più aerodinamico in piedi che seduto. Il dato ha sorpreso Pelrgim, che con Merlier lavora e la spiegazione è affidata proprio ai materiali.

«Avevamo 11 nuovi prototipi e alcune cose che erano in qualche modo innovative – spiega Steve Smith – e pensavamo che avrebbero mostrato alcuni miglioramenti significativi. Ma quello che è emerso alla fine della giornata è stato che il body San Remo 8S, che Tim ha usato tutto l’anno ed è quello da strada per la squadra, si è rivelato il più veloce. Un body da strada deve essere progettato per velocità estremamente elevate. E così, anche se l’avevamo progettato per circa 60 all’ora, abbiamo visto che è ancora il più veloce che abbiamo per una velocità di 70 all’ora. Molto viene da quel tessuto delle spalle, simile a quello che avete visto in altre squadre, ma in realtà questo è Castelli. Abbiamo testato tutti i tessuti sul mercato e ne abbiamo creato uno esclusivo tutto nostro, che sta dando ottimi risultati. Un’altra parte in cui abbiamo trovato un guadagno significativo è un nuovo copriscarpe diverso da quello standard in uso al team, che funziona molto bene ad alta velocità».

La resistenza aerodinamica di Merlier decresce con l’aumentare della velocità (foto Castelli)
La resistenza aerodinamica di Merlier decresce con l’aumentare della velocità (foto Castelli)

Evenepoel, pochi ritocchi

Si passa quindi al capitolo Evenepoel e la prima sorpresa è fare la conoscenza del manichino con cui vengono effettuati i test che lo riguardano. Nel periodo della convalescenza per l’infortunio alla spalla, Remco non era in grado di tenere la posizione da crono e la sua… controfigura è stata chiamata agli straordinari.

«Evenepoel – spiega Smith – ha vinto ogni cronometro da quando è tornato. Perciò abbiamo fatto alcune modifiche molto lievi ai tessuti di corpo e gambe, riscontrando un calo di circa il 2% della resistenza aerodinamica, che si traduce in circa 1/2 chilometro all’ora quando è in piena velocità. Quando mercoledì arriveremo alla prima cronometro del Tour, speriamo che portino un grande margine di guadagno».

«Sappiamo tutti – fa eco Pelgrim – che se Remco è al suo miglior livello, è molto difficile da battere, anche se i rivali saranno molto duri. Quindi è stato bello aver trovato qualche piccolo miglioramento. Sappiamo anche di aver già lavorato così tanto con lui nei test in galleria del vento, parliamo di quasi 26 ore nell’ultimo anno. Abbiamo lavorato pure in pista, mettendo a punto quasi ogni piccola cosa che potevamo trovare, per cui era difficile fare ancora meglio».

Remco Evenepoel ha nella posizione su strada un atteggiamento simile a quello della crono (foto Castelli)
Remco Evenepoel ha nella posizione su strada un atteggiamento simile a quello della crono (foto Castelli)

La nuova visiera

Nessuna nuova posizione, insomma: le ultime modifiche risalgono allo scorso inverno. Fra queste, il ridisegno della visiera del casco la cui punta, se aveva la posizione ideale, toccava le sue mani, limitando i movimenti della testa.

«Così ne abbiamo provato una un po’ più corta e un po’ più rifinita – spiega Pelgrim – che ha migliorato la posizione della sua testa. Funziona bene anche per il flusso d’aria intorno a lui e attraverso il casco, quindi anche tagliare l’intera visiera non è la soluzione definitiva. L’abbiamo tagliata nella forma attuale, che si è rivelata molto veloce».

Da Ganna a Remco

Il dato divertente lo cita Steve Smith. Quando nel 2022 Castelli arrivò alla Soudal, aveva alle spalle i grandi risultati di Ganna. Erano convinti che sarebbe andato bene tutto anche per Evenepoel, invece si sbagliavano.

«Pensavamo di avere un setup abbastanza veloce e l’abbiamo riportato su Remco – spiega Steve Smith – ma non funzionava niente. E’ stata una vera lezione di umiltà dover tornare alle origini. Abbiamo capito che Remco è quasi unico nella sua aerodinamica. Con la testa così bassa, il suo casco e le mani fanno davvero una carenatura per il resto del corpo. Quindi l’abbigliamento è un po’ diverso. Siamo tornati all’inizio e abbiamo cercato cose che funzionassero per lui. E abbiamo scoperto che quel che va bene a lui, non va bene con altri corridori della squadra».

L’ultima annotazione riguarda anche Remco, che nella cronoscalata non userà lo stesso body di Caen poi la rumba del Tour riprende il sopravvento. Domani nella volata della prima maglia gialla si scontreranno anche i risultati delle ricerche tecnologiche sull’abbigliamento. Ed è bello pensare che in tutto questo ci sia sempre tanto, ma proprio tanto made in Italy.

I velocisti al Tour? Per Malucelli è una lotta a tre

03.07.2025
5 min
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«Jonathan Milan, Jasper Philipsen e Tim Merlier – ci dice Matteo Malucelli appena accenniamo all’argomento della chiamata – sono i tre velocisti più forti al Tour de France. Le sette volate previste se le spartiranno loro».

La Grande Boucle, che partirà da Lille sabato 5 luglio, non sarà solamente l’ennesimo banco di sfida tra Tadej Pogacar e Jonas Vingegaard. Il Tour de France è la corsa a tappe più importante al mondo e di conseguenza diventa il palcoscenico sul quale ammirare i migliori ciclisti al mondo, qualsiasi siano le loro caratteristiche tecniche. 

secondo Malucelli la vittoria di tappa del Delfinato è un segnale molto positivo per Milan
secondo Malucelli la vittoria di tappa del Delfinato è un segnale molto positivo per Milan

Milan e la forza del team

Partiamo parlando di Jonathan Milan. Il velocista della Lidl-Trek arriva al Tour de France per la prima volta nella sua carriera. Un avvicinamento curato nei minimi dettagli e forte delle buone risposte arrivate dal Giro del Delfinato. Malucelli e Milan si sono incrociati al campionato italiano: vero che lui come tutti gli altri si è fatto mettere nel sacco da Conca e dalla Swatt Club, ma i segnali visti sono positivi. 

«Milan sta andando fortissimo – prosegue Malucelli – al Delfinato non è arrivato in una super condizione e ha fatto fatica. Però è stato giusto così, in una gara del genere non devi presentarti al 100 per cento. Anzi, meglio arrivare con qualcosa da migliorare. In altura ha lavorato tanto quindi ha perso qualcosa nello sprint secco e una corsa come il Giro del Delfinato serve per ritrovare la giusta brillantezza. Ha vinto una tappa e questo è un ottimo segnale. Vero che nella quinta è stato battuto, però dopo tanti chilometri e molti metri di dislivello ci sta. Domenica l’ho visto in azione all’italiano, dopo 230 chilometri aveva ancora gambe e stava molto bene».

«Se avesse avuto la squadra – dice ancora – avrebbe vinto il campionato italiano. Al Tour, Milan si presenta con la formazione più forte: Theuns, Stuyven e Consonni sono affiatati e lavorano benissimo insieme».

Merlier ha dimostrato di poter battere Milan anche in rimonta, come fatto al UAE Tour e alla Gent-Wevelgem
Merlier ha dimostrato di poter battere Milan anche in rimonta, come fatto al UAE Tour e alla Gent-Wevelgem

Merlier, il più forte

Tim Merlier sarà l’uomo veloce della Soudal Quick-Step. La formazione belga si schiererà però a favore di Remco Evenepoel con l’intento di lottare per la classifica generale. Il campione europeo in carica e il nostro Milan si sono scontrati poche volte quest’anno spartendosi però le vittorie in palio. 

«Penso che Merlier – racconta Malucelli – sia il più forte dei tre nomi citati. Lo confermano i numeri e la maglia di campione europeo che porta addosso. Tuttavia al Tour si presenta con una squadra votata ad altri obiettivi. Per vincere dovrà correre sulla ruota di Milan e del treno della Lidl-Trek, facile a dirsi ma molto più difficile a farsi. Tutti vorranno incollarsi al team più forte, anche lo stesso Philipsen.

«L’unico che può battere Milan in un testa a testa è Merlier. Il belga ha la forza per superare Jonathan anche quando è lanciato alla massima velocità. lo ha dimostrato diverse volte. Però senza il supporto dei compagni è difficile arrivare posizionati bene in una volata del Tour de France. Alla lunga questo fattore potrebbe incidere». 

Philipsen e il fattore VDP

Il terzo nome fatto da Matteo Malucelli è quello di Jasper Philipsen, l’unico dei tre ad aver vinto la maglia verde al Tour de France (era il 2023, ndr) e uno sprinter forte. Tuttavia questa stagione non ha sorriso molto al belga della Alpecin-Decuninck che ha conquistato due sole vittorie fino ad adesso. 

«Sicuramente la caduta alla Nokere Koerse – analizza “Malu” – non gli ha fatto bene e ha compromesso la Sanremo e le prime Classiche e semi classiche di primavera. Poi ha raccolto qualcosa, ma non ha brillato. Lui però è uno che al Tour ci arriva sempre pronto e i risultati del Baloise Belgium Tour e del campionato nazionale testimoniano una buona condizione. Lo metto comunque un attimo sotto gli altri due, però dalla sua parte gioca il fattore Van Der Poel. Quando il tuo ultimo uomo è un corridore del genere hai un qualcosa dalla tua parte che gli altri difficilmente possono avere.

«A livello tecnico – conclude Malucelli – Philipsen non ha la forza per superare Milan una volta lanciato, deve sorprenderlo. Lo può fare in un modo solo, a mio avviso, ovvero mettendosi alla ruota di Van Der Poel alle spalle del treno della Lidl-Trek. Ai 300 metri dal traguardo VDP apre il gas e anticipa, in questo modo Milan deve uscire allo scoperto e prendere vento. Ai 150 metri Philipsen lancia la volata e rimane in testa».

Malucelli ha escluso altri velocisti dalla lotta per gli sprint, anche il vincitore della maglia verde lo scorso anno Biniam Girmay
Malucelli ha escluso altri velocisti dalla lotta per gli sprint, anche il vincitore della maglia verde lo scorso anno Biniam Girmay

Tutto equilibrato

«La cosa bella – dice infine Malucelli – è che tutti e tre sono molto forti ma non c’è il velocista capace di annientare la concorrenza. Tutti hanno delle caratteristiche di forza e delle “debolezze” che gli altri possono sfruttare. Non vedo l’ora di guardarli in azione. E a Parigi per me si arriva in volata! E’ una regola non scritta del Tour». 

Kuurne a Philipsen. Tanti auguri all’uomo di Sanremo

02.03.2025
4 min
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La corsa di Kuurne, la città degli asini nel ricordo dei contadini che se ne servivano per raggiungere il mercato della vicina Kortijk, finisce nuovamente in volata. Tanti ci provano, ma pochi negli anni ci sono riusciti. Questa volta gli ultimi si sono arresi al primo passaggio sul traguardo, dopo che anche Van Aert aveva provato a rientrare sulla fuga per tentare il colpo da lontano. Ma quando nel gruppo ci sono le squadre dei velocisti, non c’è fuga che tenga. Wout s’è trovato alle spalle il freddo Adrià che non gli ha dato un solo cambio e ha dovuto rialzarsi. E alla fine la vittoria è andata a un cecchino di nome Philipsen, vincitore uscente della Milano-Sanremo e di altre otto corse nel 2024.

La quiete di Philipsen

Le grandi manovre sono iniziate quando poco prima che la corsa si ricompattasse. E al netto delle strappate e dei tentativi di mettere in fila il gruppo, ciò che ha davvero sorpreso per tutto il giorno è stata la calma serafica di Jasper Philipsen.

Merlier non faceva che sfilarsi e risalire. Milan ha fatto capolino un paio di volte ottimamente scortato da Stuyven. La Decathlon sgomitava per Bennett. Invece Philipsen, forse pensando che nel giorno del suo 27° compleanno poteva prendersela con filosofia, è sempre rimasto a centro gruppo. Era ben al coperto anche a 5 chilometri dall’arrivo, mentre Merlier faceva a spallate con Olav Kooij.

«E’ incredibile vincere il giorno del mio compleanno – ha detto dopo l’arrivo – sono già tutti in ottima condizione, ma ci siamo comunque presentati qui forti e siamo riusciti a gestire la nostra corsa quando sono finite le salite. Sono contento di come sono andate le cose. Negli ultimi anni per noi il weekend di apertura non è mai stato un successo. Ieri alla Omloop Het Nieuwsblad è stata una giornata con sentimenti contrastanti, il terzo posto dietro Wærenskjold era da capire. Diciamo che questa vittoria gli dà un significato diverso. Non una sconfitta, ma il primo passo verso la vittoria».

Milan è stato ottimamente supportato dalla squadra, ma si è perso nella volata
Milan è stato ottimamente supportato dalla squadra, ma si è perso nella volata

Groves per amico

Si pensava che potesse essere proprio Philipsen il favorito, ma non vedendolo dannarsi per guadagnare posizioni, qualcuno ha pensato che oggi sarebbe toccata ad altri. Lo stesso Milan, arrivato fra squilli dal UAE Tour, sembrava un possibile predestinato. Anche se il friulano, nelle interviste al via, aveva detto saggiamente che si trattava di ben altra corsa e sarebbe stata necessaria una grande concentrazione. Invece nell’ultimo chilometro, la Alpecin-Deceuninck ha ricordato al gruppo che il suo ultimo uomo di giornata era Kaden Groves, velocista che nel 2024 ha vinto tre tappe alla Vuelta. E a quel punto forse qualcuno ha capito che non sarebbe finita bene.

«Il lead-out è ovviamente uno dei nostri punti di forza – ha raccontato Philipsen – soprattutto oggi con Rickaert e Groves, che si sono divisi i compiti. Kaden è uno che può vincere da sé degli sprint contro i più forti e per quest’anno il piano è che venga anche al Tour. Siamo una combo molto forte».

Sul podio con Philipsen, Kooij e Hofstetter
Sul podio con Philipsen, Kooij e Hofstetter

Merlier disperso

Amara la riflessione di Merlier, che non è mai contento quando perde da Philipsen. E’ stato a causa sua, in qualche modo, che ha dovuto lasciare la Alpecin-Deceuninck. E anche se da lì è approdato alla Soudal-Quick Step, il tempio dei velocisti, fra i due belgi continua a serpeggiare una discreta antipatia.

«In realtà mi ero già perso a un chilometro dal traguardo – ha dovuto ammettere Merlier ai microfoni di Sporza – eravamo un po’ troppo lontani. In uno sprint a volte dipende dai dettagli e io nel finale ho dovuto anche saltare sopra un’isola spartitraffico. Questa è un’occasione mancata. E’ stata una corsa molto nervosa e io non l’ho interpretata come avrei voluto, ma sono sempre stato lì. Sono stato chiuso più volte, è stato frustrante, ma ci ho sempre creduto. Penso di avere le gambe per vincere, ma oggi non è andata bene».

Parlando di Milan, va segnalato il sesto posto ottenuto lanciando la volata dalle retrovie. Se fosse partito alla pari degli altri, le forze che ha messo per rimontarli, lo avrebbero portato alla vittoria. Ma al Nord non è sempre e solo un fatto di forza. Bisogna sapersi disimpegnare fra curve, rotonde e avversari che non cedono un metro. Jonathan impara in fretta e ha preso nota, la prossima volta saprà anche lui come muoversi.