Fetter 2021

Dall’Ungheria arriva Fetter ed è pronto a stupire

26.10.2021
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«Sto cercando d’imparare, la prossima volta mi piacerebbe fare l’intervista in italiano…». La chiacchierata con Erik Fetter inizia da qui, mentre sta vivendo finalmente un po’ di riposo nella sua Budapest, città che ricorre spesso nei suoi discorsi a conferma della nostalgia di casa. Fetter è uno dei tanti giovani talenti dell’Eolo Kometa, messosi in evidenza soprattutto nella seconda parte della stagione con una vittoria di tappa al Tour du Limousin ma soprattutto sfiorando il podio fra gli Under 23 agli Europei di Trento.

Con lui, ma anche con Attila Valter, avversario su strada ma buon amico fuori dalle competizioni, l’Ungheria sta scoprendo il ciclismo (senza dimenticare Kata Blanka Vas fra le donne, uno dei migliori prospetti multidisciplinari al mondo). Nel Paese magiaro le due ruote non avevano mai vissuto molta popolarità, il miglior corridore era stato Laszlo Bodrogi sul finire del secolo, un buon pro’ ma nulla più. Ora invece le prospettive sono ben diverse, con giovani che reclamano il loro spazio in un ciclismo molto più globalizzato.

E’ quasi un caso che Erik Fetter sia ora protagonista sulle strade internazionali, alle sue radici non era proprio il ciclismo la prima scelta: «Mio padre Gyorgy è stato un nazionale di atletica, correva i 100 e 200 metri e ha partecipato anche alle Olimpiadi di Seoul 1988. Lo sport ha sempre fatto parte della mia famiglia. La prima bici l’ho avuta a 6 anni, è passata davvero un’eternità… Seguivo mio fratello che si allenava in bici e pian piano mi è venuta la passione, prima per la Mtb e poi su strada».

Com’è la situazione del ciclismo nel tuo Paese, è più seguito?

Se devo fare il paragone con soli 5 anni fa è tutta un’altra storia. Prima era una disciplina di nicchia, ora invece è molto più seguito e penso che lo sarà sempre di più. Il prossimo anno il Giro d’Italia partirà da Budapest, so già che sarà una grande festa, molto seguita sulle strade e in televisione, già se ne parla molto e ci si sta lavorando. Io credo che sarà un momento di svolta.

Perché?

Credo che darà una grande spinta, sia a noi atleti ma soprattutto alla città che si potrà mostrare al mondo in tutta la sua bellezza. Io sono convinto che in pochi anni il ciclismo potrà diventare una delle discipline guida del nostro Paese, ma chiaramente molto dipende da quanto potremo fare noi pro’, ossia io e Attila che siamo i più giovani e in rampa di lancio.

Tu quest’anno, tra le varie gare alle quali hai partecipato eri anche al al Giro di Ungheria, avere una vetrina in casa che effetto ti ha fatto?

Bellissimo, ho potuto toccare con mano la maggiore attenzione che il ciclismo riscuote dalle mie parti. Nella penultima tappa ho anche sfiorato la Top 10 e nell’ultima, disputata tutta a Budapest, c’era tantissima gente ai bordi delle strade. E’ una manifestazione in grande crescita (vinta dal britannico Howson con il nostro Tiberi terzo, ndr).

Fetter Europei 2021
In stagione Fetter ha corso 41 giorni, con 2 vittorie e il 4° posto agli europei U23
Fetter Europei 2021
In stagione Fetter ha corso 41 giorni, con 2 vittorie e il 4° posto agli europei U23
Come ti sei ritrovato a correre in Italia?

Lo scorso anno avevo firmato il contratto con la Kometa in Spagna, dopo un anno nella Pannon, formazione Continental del mio Paese. Poi la squadra si è spostata in Italia e sono un po’ cambiate le mie prospettive. A conti fatti è stata una fortuna, mi trovo benissimo in Italia e non solo per il cibo… Abito a Jesolo, sono sul mare ma con le Alpi a pochissima distanza, poi adoro Livigno, per me è il posto più bello al mondo.

Sei soddisfatto della tua stagione?

Abbastanza, anche se gli inizi non erano stati semplici, per l’ambientamento ma anche per trovare la mia dimensione, infatti sono andato meglio nella seconda parte dell’anno. Comunque con 41 giornate di corsa e 2 vittorie non posso lamentarmi. Devo dire grazie ai tecnici del team, che hanno avuto pazienza e mi hanno sempre incitato e fatto i complimenti, ma voglio e posso dare molto di più.

Fetter Eolo 2021
Nato il 5 aprile 2000, Fetter è al 4° anno da pro’, nel 2021 ha vinto il titolo nazionale a cronometro
Fetter Eolo 2021
Nato il 5 aprile 2000, Fetter è al 4° anno da pro’, nel 2021 ha vinto il titolo nazionale a cronometro
Ti sei fatto un’idea di che cosa puoi fare in questo ambiente?

Ancora no, penso che la prossima stagione sarà decisiva in tal senso. Finora sono stato un corridore che si adattava in qualsiasi situazione, nelle classiche di un giorno come nelle corse a tappe, in salita come in pianura. Voglio capire se posso fare non solo bene, ma meglio in qualcosa e per questo il 2022 sarà molto importante.

C’è qualche gara in particolare che sogni di conquistare?

Intanto vorrei prendere parte al Tour de France, per me è il sogno di ogni ciclista. Poi vorrei tanto vincere una medaglia alle Olimpiadi o ai Mondiali, credo che darebbe un senso compiuto alla mia attività. Mio padre a Seoul sfiorò l’ingresso in semifinale: so che posso renderlo ancora più orgoglioso di me. Spero tanto di essere l’anno prossimo alla partenza del Giro a Budapest, vederlo all’arrivo e magari regalargli una gioia…

Wackermann, come va? «Ora le sensazioni sono giuste»

22.08.2021
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Parliamo con Luca Wackermann. Vi ricorderete di lui per lo sfortunato episodio che ha caratterizzato il suo 2020, l’incauta manovra di un elicottero durante la quarta tappa del Giro d’Italia gli fece volare addosso una transenna. Quel giorno lo ha segnato, nel corpo e nello spirito. Ma ora Luca è tornato, venerdì ha concluso il Tour du Limousin, una corsa di quattro tappe che la scorsa stagione si era aggiudicato con grande caparbietà, e da martedì sarà al Tour du Poitou Charentes.

Ci facciamo raccontare proprio da lui il suo percorso di guarigione e di riavvicinamento alla bici e alle corse, con la Eolo-Kometa che ha creduto in lui e nel suo recupero. E così Luca è intenzionato a tornare ai suoi livelli.

Luca Wackermann, caduta Villafranca Tirrena, Giro d'Italia 2020
Immagini della caduta a Villafranca Tirrena, al Giro d’Italia 2020. E’ tornato in gruppo nel 2021
Luca Wackermann, caduta Villafranca Tirrena, Giro d'Italia 2020
Immagini della caduta a Villafranca Tirrena, al Giro d’Italia 2020. E’ tornato in gruppo nel 2021
Cosa ti ricordi di quel malcapitato evento?

Praticamente nulla, sono sempre stato cosciente, ma ho vissuto una settimana sotto shock. Il primo ricordo nitido risale a quando ero in ospedale durante le visite mediche. Poi la mia mente fa un salto alla prima settimana a casa, quando ero ancora sotto osservazione e facevo continuamente check-up.

Come sono stati i mesi successivi?

Il primo mese, mese e mezzo, mi alzavo con un terribile mal di testa, dovuto al trauma cranico, che anche prendendo antidolorifici non passava. A questo devi aggiungerci un gran mal di schiena, ho fatto un periodo di riabilitazione e rafforzamento muscolare, ma nonostante tutto ai primi di dicembre mi sono rimesso in bici.

Nel 2009 è stato campione europeo juniores su strada
Nel 2009 è stato campione europeo juniores su strada
Ecco, ora ci arriviamo, com’è andato il tuo ravvicinamento alla bicicletta?

Ho fatto un periodo di preparazione e ben due ritiri con la squadra, ma nel momento di tornare alle corse, a febbraio, mi è venuto un gran dolore al ginocchio. Mi ha fatto restare fermo per un mese e mezzo facendomi perdere la prima parte di stagione.

Da aprile hai rincominciato a correre con costanza.

Sì, il mio esordio è stato al Gran Premio Indurain, è servito a testare la gamba e la condizione. Infatti, in accordo con la squadra, non ho partecipato al Giro d’Italia, anche se ci tenevo molto. Diciamo che volevo mettermi quel capitolo alle spalle. Non direi con costanza, ho solamente 30 giorni di corsa sulle gambe, sto correndo con continuità da luglio.

Che sensazioni hai provato nel ritornare in gruppo a pedalare?

All’inizio ho avuto timore, come normale che sia. Man mano che i pedali giravano è tornata la fiducia. A livello agonistico le sensazioni sono ritornate positive solamente in questo Tour du Limousin.

A distanza di tempo cosa pensi quando la mente torna a quel giorno?

Tante cose, penso che si sarebbe potuto evitare con un po’ di attenzione in più. Fossi passato 5 secondi prima o dopo non sarebbe capitato o comunque non avrei vissuto questo trauma. E’ capitato, l’errore umano è da considerare sempre. E’ un episodio che attribuisco al fato (la voce di Luca è pesante, porta ancora il segno di questi mesi difficili, ndr). Sono abituato a combattere, in 9 anni di professionismo mi sono capitate tante cose, questa è la più difficile, ma posso superare tutto.

Zanatta ci racconta l’esordio della Eolo-Kometa

21.07.2021
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L’Eolo-Kometa Cycling Team, squadra italiana pilotata da due grandi campioni del passato come lo spagnolo Alberto Contador e il nostro Ivan Basso, è riuscita a raccogliere importanti risultati al suo esordio nella categoria professional. Corridori giovani e corridori esperti all’interno di un gruppo che ha gettato delle solide basi per affrontare nel migliore dei modi la prima parte di stagione.

Per la Eolo-Kometa Cycling Team era il debutto tra i grandi
Per la Eolo-Kometa Cycling Team era il debutto tra i grandi

Voglia di crescere

«C’è tanta voglia di crescere – racconta Stefano Zanatta, direttore sportivo dell’Eolo-Kometa – a inizio stagione abbiamo dovuto adattarci un po’ per prendere le misure con i team più forti al mondo. Non è stato facile soprattutto dopo il periodo di chiusura forzata al quale abbiamo risposto con tre training camp che hanno gettato le basi del nostro inizio. Due ritiri di circa dieci giorni si sono svolti a Mallorca. Uno di essi a dicembre e l’altro a gennaio, dove tra l’altro avevamo intenzione di esordire con la Vuelta a la Comunitat Valenciana, cosa che non è stata possibile per via dell’annullamento della corsa.

«A seguito di questo imprevisto – continua Zanatta – abbiamo deciso con il team di fare ancora un altro ritiro a febbraio. Un ritiro nel quale i corridori hanno potuto lavorare intensamente sia con le bici da crono, che da strada. Abbiamo suddiviso il lavoro in base alle caratteristiche tecniche di ciascun corridore. Abbiamo dato importanza un po’ a tutto: volate, salita, pianura e lavoro di gruppo, come ad esempio le crono a squadre. Il nostro obiettivo è stato quello di lasciare un’impronta come una squadra organizzata».

Francesco Gavazzi, uomo squadra e punto di riferimento dell’Eolo
Francesco Gavazzi, uomo squadra e punto di riferimento dell’Eolo

L’avvicinamento al Giro

L’avvicinamento al Giro d’Italia è stato un vero e proprio lavoro di qualità per l’intero team. Durante il cammino la squadra si è resa protagonista in corse di rilievo come la Settimana Internazionale Coppi e Bartali e il Presidential Cycling Tour of Turkey.

«Il Giro d’Italia – riprende Zanatta – per noi è stato molto importante. Abbiamo raccolto i frutti di un lavoro svolto con impegno, cura e professionalità. La vittoria sullo Zoncolan con Lorenzo Fortunato è stata una bella sorpresa per tutti noi. Si vedeva anche nei giorni prima della vittoria che aveva le gambe per fare bene. E c’è riuscito».

Lorenzo Fortunato in azione sul Grappa, dove a vinto, alla Ionica-Adriatica Race
Lorenzo Fortunato in azione sul Grappa, dove a vinto, alla Ionica-Adriatica Race

Prossime corse in Francia

«Devo dire che ci aspettavamo qualcosa in più da Ravasi, che è stato comunque bravo in qualche frazione a restare con i primi in salita. Adesso tirando una riga usciamo da questa prima parte di stagione molto soddisfatti. Anche perché sempre lo stesso Fortunato ha vinto una tappa e la classifica finale dell’Adriatica-Ionica Race. Le prossime corse – continua Zanatta – ci vedranno protagonisti in Spagna e in Francia. Ad attenderci troveremo percorsi difficili come ad esempio il Tour de Limousin (17-20 agosto, ndr) dove servirà una buona preparazione per essere competitivi».

Edward Ravasi, ha corso un Giro d’Italia tra alti e bassi
Edward Ravasi, ha corso un Giro d’Italia tra alti e bassi

Gavazzi leader

Tanti corridori italiani compongono l’organico dell’Eolo-Kometa Cycling Team, alcuni esperti come Manuel Belletti e Francesco Gavazzi, quest’ultimo protagonista al Giro d’Italia dove ha conquistato un’ottima seconda posizione nella tappa di Guardia Sanframondi, vinta dal francese del team Cofidis, Victor Lafay. Mentre altri corridori più giovani crescono acquisendo esperienza.

«E’ un bel gruppo il nostro – conclude Zanatta – personalmente sono molto soddisfatto di Francesco Gavazzi che ha saputo essere un vero leader e un valido supporto per i ragazzi più giovani. Il ciclismo poi è uno sport duro, magari ti aspetti qualcosa in più dai corridori più esperti e invece a stupirti ci pensano quelli giovani a cui avresti dato più tempo per fare esperienza».

Exploit Piganzoli, una sorpresa per se stesso e per la Eolo

21.06.2021
4 min
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Neanche Davide Piganzoli si aspettava di andare tanto forte al Giro d’Italia U23, soprattutto perché è un primo anno. Ma a quanto pare questa “regola anagrafica” vale sempre meno. Il lombardo di Morbegno è arrivato decimo a 8’40” da quel fenomeno che risponde al nome di Juan Ayuso.

Il ragazzo della Eolo-Kometa U23 va in bici in pratica da una vita. Ha iniziato a correre quando aveva otto anni…

Lo speaker Ivan Cecchini intervista “l’enfant du pays”, Piganzoli, al via da Sondrio
Lo speaker Ivan Cecchini intervista “l’enfant du pays”, Piganzoli, al via da Sondrio
E cosa ricordi, Davide, di quella corsa?

Che ero partito davanti nei primi giri. Ero sempre a tutta, ma poi nel finale sono arrivato “morto” con la lingua di fuori in fondo al gruppo. Ho imparato subito a correre però!

Giro U23, partiamo da quel giorno a Campo Moro che forse ha segnato la tua svolta…

E’ stata una bella giornata. C’era tanto tifo sulle strade e la sentivo molto quella tappa. Si correva in Valtellina e dalle nostre parti non sempre ci sono gare di questo livello. La sera prima eravamo a Sondrio ma ho chiesto io ad amici e parenti di non venire. Volevo stare tranquillo perché ero teso. Il giorno dopo invece sono venuti i miei genitori al via e li ho rivisti con gli amici anche nell’ultimo tratto duro della salita.

Conoscere le strade: anticipare le cambiate, gli strappi, sapere dove ci sono le curve… E’ importante oppure si mena a testa bassa?

E’ importante sapere la lunghezza e la durezza di strappi e salite, riesci a risparmiare energie per il finale. E poi riesci anche a gestirti meglio.

Dopo l’arrivo a Campo Moro ci avevi detto che nonostante fosse la salita di casa non l’avevi mai scalata per intero e quando l’avevi provata ne avevi fatto solo metà: perché?

Sapevo che era lunga e dura e mi sono detto: il resto lo vedo in gara, così non mi lascio condizionare. E poi comunque la conoscevo. L’avevo fatta diverse volte quando da bambino andavamo lassù con la famiglia a fare delle gite.

Sei un primo anno: dove correvi fino all’anno scorso? E soprattutto ti aspettavi un passaggio di categoria più difficile?

Ero nella Trevigliese e sì, sinceramente mi aspettavo un approccio più difficile. Qui si corre con gente che ha anche 4-5 anni più di te, tanto più in un Giro U23 di alto livello come quello di quest’anno. Dei primi dieci solo io non ho un contratto da professionista ed anche per questo è stata una vera emozione. Non me lo aspettavo.

Tanto tifo per il “Piga” salendo verso Campo Moro
Tanto tifo per il “Piga” salendo verso Campo Moro

E nel team cosa ti hanno detto?

Antonio Campos, il preparatore, sapeva che stavo bene, che ero in condizione. I numeri erano buoni, ma non si aspettava che andassi così al primo anno. Anche perché di giorno in giorno stavo meglio. Sentivo la stanchezza ma riuscivo a spingere, mentre vedevo altri, che avevano più difficoltà, che erano in calando. Io invece andavo forte.

Un bel segnale in ottica corsa a tappe…

Eh sì, e infatti ci spero per il futuro.

Questo decimo posto cambia i tuoi orizzonti?

Un po’ sì. Intanto fino a martedì prossimo avrò la scuola, la maturità (una scuola di elettronica a Sondrio, ndr) poi si vedrà. Presto poi parlerò con Ivan Basso.

Hai toccato il tasto dei pro’: che rapporti ci sono tra il team U23 e quello professional nella Eolo-Kometa?

Dovevamo fare i ritiri invernali con i pro, ma causa Covid non è stato possibile. Però proprio Ivan ci ha sempre tenuti aggiornati su tutto, anche al Giro ci chiamava spesso. Ci ha fatto capire che siamo ad un livello professionistico e che potrà arrivare il nostro momento. Lui è contento di noi.

Piganzoli, classe 2002, ama correre davanti (foto Isola Press)
Piganzoli, classe 2002, ama correre davanti (foto Isola Press)
Vivi in Valtellina, esci mai con i fratelli Bagioli?

Poche volte, anche perché io andavo ancora a scuola e mi allenavo di pomeriggio. Comunque capita di uscire insieme. Siamo un bel gruppetto: ci sono anche Petilli, Conca e Gavazzi, un vero maestro. E’ da anni in questo mondo.

Cosa ti ha colpito di questo Giro? Modi di correre, corridori…

Mi hanno colpito tutti i ragazzi di classifica. Verre è andato molto forte. Ma forse la cosa che mi è rimasta in mente di più è stata la Dsm che si è fermata quando è caduto Ayuso. Questo ci dice della mentalità di quel team. Mancavano 60-70 chilometri all’arrivo. Oltre a loro c’erano anche altre 5-6 squadre motivate a spingere e a quel punto Ayuso non sarebbe più rientrato, avrebbe perso il Giro. La Dsm è stata una “signora”.

La svolta è stata verso Campo Moro, come detto, ma come hai corso?

In realtà ho sempre cercato di stare davanti. Non nei primissimi, ma nelle prime 20-30 posizioni perché lì mi sento più sicuro in caso di cadute. Poi dopo Campo Moro anche, ma perché avevo voglia di fare bene. E i miei compagni mi hanno aiutato. Senza nulla togliere a loro: se qualcuno voleva o doveva andare in fuga andava, ma gli altri mi aiutavano a prendere le salite davanti.

Cosa significa per te gareggiare?

Eh – ci pensa un po’ Piganzoli – è un modo per far capire al mondo quanto valgo.

Gobik maglia UAE 2021

UAE Emirates e Eolo Kometa: c’è Gobik

03.01.2021
3 min
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Proprio così. Il brand spagnolo specializzato nella produzione cycling wear fornirà l’abbigliamento gara sia al team del vincitore del Tour 2020 Tadej Pogacar che alla squadra coordinata da Alberto Contador e Ivan Basso, la Eolo Kometa appunto, che quest’anno debutta ufficialmente nel gruppo dei Pro Team UCI.

Visibilità al massimo

Tra le due partnership, il vero “colpo” è rappresentato dall’accordo biennale (2021-2022) con il UAE Team Emirates: uno “step” di visibilità e di comunicazione che sarà sinonimo di un grosso salto in avanti per l’azienda di Murcia nella categoria più alta riconosciuta dall’Unione Ciclistica Internazionale.
Oltre a Pogacar, nell’UAE Team Emirates corrono altri 27 atleti tra i quali non possiamo ovviamente dimenticare di citare Alexander Kristoff, Diego Ulissi, Rui Costa, Fernando Gaviria, Matteo Trentin e Davide Formolo.

Maglia Gobike UAE Emirates
La nuova maglia realizzata da Gobik dell’UAE Emirates
Gobik maglia UAE Emirates
La nuova maglia realizzata da Gobik dell’UAE Emirates

12.000 capi per la UAE

«Gobik è un partner molto importante per noi – ha dichiarato Joxean Fernández “Matxín”, il responsabile dell’area tecnica della UAE Emirates – al quale ci accomuna l’ambizione e la voglia di crescere: loro nel settore nell’abbigliamento per il ciclismo, noi a livello di squadra. Entrambi perseguiamo la perfezione e la qualità».
Le esigenze in termini di fornitura di capi d’abbigliamento e accessori per una squadra WorldTour del livello della UAE Emirates sono enormi: pensate, oltre 12.000 articoli per tutta la stagione, concepiti con una vestibilità speciale per le specifiche esigenze dei corridori professionisti.

Gobik maglia Eolo Kometa
La maglia per la stagione 2021 del Team Eolo Kometa
Gobik maglia Eolo Kometa
La maglia per la stagione 2021 del Team Eolo Kometa

Parla Cantero, CEO Gobik

«Il 2021 rappresenta per noi una vera e propria svolta nel nostro percorso di crescita – ha dichiarato Alberto García Cantero, il responsabile dello sviluppo del prodotto Gobik – in quanto non si tratterà più soltanto di una questione di visibilità globale del marchio, ma anche di innovazione e di come il nostro prodotto potrà ancora progredire grazie al lavoro e allo sviluppo fianco a fianco di un team WorldTour come la UAE Emirates».
Gobik rappresenta un’azienda relativamente giovane nel settore, essendo stata fondata appena nel 2010. La sede è a Yecla (Spagna), e sin dalla nascita ha sempre dato la priorità alla personalizzazione delle proprie collezioni. Oggi Gobik “conta” oltre 120 dipendenti, impegnandosi poi quotidianamente per perseguire una crescita sostenibile. Come ambasciatori globali del marchio, ai nomi di Alberto Contador, Julien Absalon, Ivan Basso e Carlos Coloma, si è unito quello di Juan Antonio Flecha.

gobik.com