La favola di Meris, pro’ a tempo (quasi) scaduto

09.10.2024
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Per certi versi, quella di Sergio Meris può essere considerata una favola a lieto fine, un esempio per chi nonostante tutto insiste a lavorare, a frequentare il mondo delle due ruote sognando un contratto da professionista pur non essendo più in quella fascia d’età sempre più giovane. Meris ce l’ha fatta quando tanti altri avrebbero gettato la spugna e ha trovato posto in una professional olandese, la TDT-Unibet dell’ex corridore e Youtuber Bas Tietema.

La vittoria di forza al Giro del Medio Brenta, precedendo Chesini e Borgo (photors.it)
La vittoria di forza al Giro del Medio Brenta, precedendo Chesini e Borgo (photors.it)

Meris, al suo primo anno da elite, è arrivato al contratto facendo leva sull’arma più semplice e disponibile, i risultati: «Vengo da una stagione buona, con vittorie anche di peso come il Giro del Medio Brenta e la Firenze-Viareggio. Questo a dispetto di piccoli incidenti soprattutto nella prima parte della stagione con una brutta caduta alla Coppi & Bartali che mi aveva procurato fastidi a un ginocchio. Per fortuna mi sono ripreso bene, sommando 4 vittorie e tanti piazzamenti».

Soprattutto quest’estate c’è stata una decisa crescita, a che cosa è dovuta?

Non potendo per questioni di età partecipare al Giro Next Gen, ne ho approfittato per andare in altura a Livigno e rimettermi in sesto. Da lì ho partecipato al Giro del Veneto dove mi sono sbloccato mentalmente vincendo la terza tappa, che poi era la prima per l’annullamento delle altre. Poi sono andato al GP d’Ungheria dove ho sfiorato la Top 10 rimanendo sinceramente deluso, infine la vittoria alla Medio Brenta che per il nostro sponsor era la gara di casa, quindi con un valore maggiore. E da lì è stato tutto un crescendo.

Il successo nella tappa iniziale del Giro del Veneto è stato la svolta della stagione (photors.it)
Il successo nella tappa iniziale del Giro del Veneto è stato la svolta della stagione (photors.it)
Com’è nato il contatto con gli olandesi?

Alla Coppi & Bartali abbiamo fatto conoscenza, mi avevano detto che mi stavano già seguendo. Poi nella quarta tappa di Brisighella sono andato in fuga con un piccolo gruppo nel quale c’era anche il ceko Toupalik della loro squadra. Siamo stati avanti per tutta la tappa e hanno apprezzato il mio lavoro, anche perché ero già andato all’attacco il giorno prima. Avermi visto all’opera di persona ha sicuramente aiutato, poi al Giro d’Ungheria ho provato più volte a mettermi in luce e continuando a raccogliere risultati, alla fine hanno chiamato il mio procuratore per fare un’offerta formale.

Sono stati quindi loro a fare il primo passo?

Sì, poi chiaramente Luca Mazzanti che mi segue ha preso in mano la vicenda per chiudere il contratto. La cosa curiosa è che tutto è nato attraverso i social: mi ero infatti accorto che su Instagram c’era una squadra che mi seguiva ed erano loro.

Bas Tietema, fondatore della TDT Unibet. Il contatto con Meris è nato su Instagram
Bas Tietema, fondatore della TDT Unibet. Il contatto con Meris è nato su Instagram
E’ chiaro che il tuo passaggio costituisce quasi un “unicum”, di un corridore che ha passato la categoria under 23 e trova spazio fra i professionisti. Come vivi questa situazione e soprattutto come viene vissuta nell’ambiente?

Io credo che sia la miglior dimostrazione che anche quando superi i 22 anni non tutto è perduto, se credi in te stesso e t’impegni a ottenere risultati. Il bello è che da allora in gruppo mi fermano in tanti, mi chiedono come ho fatto e qualche consiglio per riuscirci, per trovare un approdo come ho fatto io.

Tu che cosa rispondi?

A quelli che hanno la mia età o pressappoco, ricordo che noi abbiamo perso un’intera stagione per il covid ed era quella dell’approdo nella nuova categoria, una stagione importante. Quella successiva è stata un’intera rincorsa, solo dopo le cose hanno iniziato a normalizzarsi e questo indubbiamente pesa. Al terzo anno senti che il tempo sta per scadere e c’è tanta pressione che toglie energie mentali. Io posso solo dire che non bisogna mai scoraggiarsi, ma concentrarsi su quello che si fa. Anche se avevo superato la fatidica soglia, ho vissuto la stagione con tranquillità.

Alla Coppi & Bartali i primi contatti con il team olandese, a dispetto di una brutta caduta che ha compromesso la corsa
Alla Coppi & Bartali i primi contatti con il team olandese, a dispetto di una brutta caduta che ha compromesso la corsa
Il team BH Bank-Colpack puntava a passare professional…

Questo infatti aveva anche aiutato a inizio stagione nell’approccio con le gare, ma quando si è capito che la cosa non era possibile nei tempi brevi che erano stati preventivati, io ho cercato di non mollare. Per fortuna erano già nati i primi contatti con gli olandesi, ma sapevo che quella possibilità seppur remota dovevo guadagnarmela. A molti dico anche che il nostro è un bell’ambiente, nel quale si sviluppano molte amicizie trasversali, magari parlando può nascere qualche opportunità. L’importante è continuare a crederci e non sentirsi vecchi, soprattutto seguire il proprio cammino arrivando magari a scelte difficili, ma sempre senza rimpianti.

Il Team BH Bank-Colpack ambiva a passare professional, ma la cosa non è stata possibile in tempi brevi
Il Team BH Bank-Colpack ambiva a passare professional, ma la cosa non è stata possibile in tempi brevi
Che cosa sai del team di Tietema?

Non molto, non nego che ha un’aura di mistero che svanirà molto probabilmente con il primo ritiro. E’ tutto in evoluzione, so che hanno ambizioni importanti e vogliono crescere. Io con loro punto a fare più corse possibili, lavorare per gli altri, ma guadagnarmi anch’io le mie chance. E’ un team giovane, con uno staff di gente giovane, che ha una grande visibilità sui social. Insomma, un team al passo con i tempi.

Kajamini, lo scalatore dal cognome esotico che cresce in volata

20.04.2024
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«Vabbé, togliamoci subito il dente, tanto ogni volta che vengo intervistato si parte subito dal cognome…». L’esordio di Florian Kajamini nella chiacchierata è scoppiettante tanto quanto il suo modo di correre. Il ventunenne della MBH Bank-Colpack Ballan è tra i giovani che più si sono messi in mostra in questo avvio di stagione e la vittoria nel Trofeo San Vendemiano, corsa che ha un albo d’oro davvero illustre, è l’ultima perla. La più importante.

Effettivamente il suo nome è particolare e dietro c’è una storia altrettanto particolare e per molti aspetti anche dolorosa: «E’ un cognome mediorientale che devo a mio padre, mentre mia mamma è olandese. Con mio padre – spiega – ho pochissimi e pessimi rapporti, praticamente tutta la mia parte paterna di famiglia mi è sconosciuta, quindi anche le mie radici. Devo tutto a mia madre che è olandese, infatti ho la doppia nazionalità, ma con questo cognome tutti pensano che venga da chissà dove».

L’arrivo solitario di Kajamini a San Vendemiano, una vittoria attesa a lungo (foto Bolgan)
L’arrivo solitario di Kajamini a San Vendemiano, una vittoria attesa a lungo (foto Bolgan)
Quanto ha influito la radice olandese nella tua passione ciclistica?

Molto, mi alleno spesso e volentieri nella zona di Apeldoorn, vicino al velodromo. Lì il ciclismo, ma più precisamente l’uso della bici è una religione, tanto è vero che quando mi alleno corro sempre su una strada che è parallela a quella delle auto, non ci si incrocia quasi mai e c’è un rispetto verso i ciclisti enorme. Sicuramente c’è una cultura diversa rispetto a qui.

Tu hai la doppia nazionalità, hai mai pensato di scegliere la nazionale olandese?

Sinceramente no, perché per la maggior parte mi sento italiano. Ho già vestito la maglia azzurra il primo anno da junior e nel 2023 alla Corsa della Pace ed è stato per me un onore. E’ vero che ho preso molto da mia madre, anche dal punto di vista genetico, ma mi sento profondamente italiano.

Florian al Trofeo Laigueglia 2023, la gara dell’esordio alla Colpack, poi una serie di sfortune…
Florian al Trofeo Laigueglia 2023, la gara dell’esordio alla Colpack, poi una serie di sfortune…
Ciclisticamente chi sei?

Un ragazzo che pratica questo sport da quando aveva 6 anni e che ha fatto tutta la trafila delle varie categorie. Ho fatto la mia carriera da junior all’Italia Nuova Borgo Panigale, poi lo scorso anno sono arrivato alla Colpack ma nella prima parte di stagione, tra Covid e frattura allo scafoide ho corso poco e senza brillare tanto. Poi nel finale mi sono ripreso con qualche buon piazzamento, ma la vittoria non era arrivata. Quindi aver rotto il ghiaccio quasi subito è stato per me molto importante.

Com’è nata la vittoria a San Vendemiano?

Devo dire grazie alla mia squadra perché era davvero una prova di primo livello, vista la partecipazione con tanti stranieri, uno su tutti Glivar. Prima ero conosciuto più per le mie qualità in salita, ma ultimamente sta emergendo anche il mio spunto veloce. Quando nelle volate ristrette posso dire la mia anche su percorsi di prevalente pianura e questo mi rende più completo.

La festa in casa MBH Bank-Colpack per la prima vittoria di Kajamini, dopo il lavoro fatto per lanciarlo
La festa in casa MBH Bank-Colpack per la prima vittoria di Kajamini, dopo il lavoro fatto per lanciarlo
Resti però di base uno scalatore…

Sicuramente, anche in allenamento mi sono concentrato tanto su quello che è il mio forte. Sulla volata ci sto lavorando perché so che si può affinare. Sono migliorato tanto soprattutto con il lavoro in palestra. Ora per il Giro Next Gen lavoreremo anche sulle cronometro, confrontandomi con specialisti. Io penso che potrò dire la mia anche lì.

Come ti trovi nelle corse a tappe medio-brevi?

Io credo che possano essere davvero il mio terreno di caccia. Ho già fatto la Coppi & Bartali e l’Abruzzo finendo sempre nella top 10 dei giovani. Io d’altronde ho buone capacità di recupero, col passare dei giorni vado meglio. A San Vendemiano ho sfruttato la gamba maturata proprio al Giro d’Abruzzo. Volevo una vittoria di peso ed è arrivata come volevo io, piazzando la stoccata nel finale per vincere per distacco.

L’emiliano al Giro d’Abruzzo ha costruito la sua miglior forma, fatta fruttare la domenica successiva
L’emiliano al Giro d’Abruzzo ha costruito la sua miglior forma, fatta fruttare la domenica successiva
Ora che cosa ti aspetta?

Preparerò il Giro Next Gen con poche gare e poi andrò in altura. Il Giro della Franciacorta e quello d’Ungheria precederanno un secondo periodo in altura prima di dedicarmi alla corsa rosa.

Un buon risultato lì potrebbe anche schiuderti le porte di un team del WorldTour…

Lo spero, anche se a me piacerebbe tanto che ci fosse un team italiano nella massima serie, che potesse richiamare alcuni dei migliori nomi del Bel Paese. Lo vedo in Olanda, dove la Visma è un riferimento che aiuta tantissimo, noi invece siamo costretti a emigrare. Il valore dei corridori, del movimento italiano nel suo complesso non è equiparato a quello dei team, della loro classificazione.

Il percorso dei mondiali è giudicato molto duro. Speri in una selezione?

Sarebbe importantissimo per me, è davvero un percorso per scalatori e sarebbe pane per i miei denti. Spero che il cittì Amadori si convinca a chiamarmi, sarebbe una bella occasione.

L’assolo italiano di Romele al Giro Next Gen

22.06.2023
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Una vittoria italiana al Giro Next Gen. A metterla a segno è stato Alessandro Romele nella tappa Pergine Valsugana-Povegliano (foto in apertura photors.it). Un assolo in mezzo a tanti successi stranieri di tutto rispetto. Una medaglia che, se vista da una parte, dimostra il livello internazionale alto che ha mantenuto la corsa U23; guardandone invece il rovescio, un solo italiano a braccia alzate può far sorgere qualche interrogativo sul livello dei nostri. 

E’ giusto dare a Cesare quel che è di Cesare, così abbiamo alzato la cornetta e chiamato Alessandro. Per lui è stato il terzo successo stagionale, il primo tra i “grandi” della sua categoria. Il diciannovenne del Team Colpack Ballan CSB ha dimostrato ancora una volta di essere un cecchino quando si parla di volate ristrette. Quando ci risponde, sta preparando la valigia per i campionati italiani, cronometro e strada. 

Gran Premio Liberazione 2023 la vittoria di Alessandro Romele
Gran Premio Liberazione 2023 la vittoria di Alessandro Romele
Partiamo da qui…Sono due obiettivi che si addicono alle tue caratteristiche questi due campionati italiani?

L’italiano strada purtroppo l’hanno un po’ cambiato. Prima era molto più adatto, adesso meno. Rimane sempre un obiettivo, poi lo è sicuramente anche quello a crono. Impegnativo, però non nascondo che comunque ci punto. Mi piacciono molto queste prove e quest’anno mi ci sono voluto dedicare di più.

L’hai preparata da tempo quindi questa crono?

Sì, fin da subito, parliamo di febbraio. Mi sono allenato spesso, anche se di gare a cronometro in Italia ce ne sono poche. Ho fatto quella di Romanengo e quella del Giro. Mancano un po’ le opportunità su cui misurarsi.

Veniamo alla tua vittoria al Giro Next Gen. Innanzitutto, con che forma ci sei arrivato? Tutto secondo i piani?

Sì, in realtà mi sono anche un po’ stupito della cosa, perché stavo già pedalando bene dall’inizio della stagione. Ho avuto la fortuna di fare i ritiri a Calpe e quindi penso di avere aver trovato la condizione fin da subito. Sono riuscito a centrare gli obiettivi, come il Liberazione e un’altra vittoria (Coppa Zappi, ndr). Per quanto riguarda il Giro c’era stata una programmazione da parte della squadra per l’altura. L’unica mia volontà è stata quella di poter andar via con la nazionale all’Orlen Nations Grand Prix. Questo ha portato a un cambio di piani, quindi sono salito in anticipo rispetto alla squadra. Dopodiché sono sceso da Livigno e sono andato via con la nazionale in Polonia. 

Romele all’Orlen Nations Grand Prix (foto PT photos)
Italia, Orlen Nations Grand Prix, Italia, Romele (foto PT photos)
Come mai questa decisione?

Sentivo che era un’opportunità che mi serviva e soprattutto perché penso che la maglia azzurra, vedendo un po’ le mie esperienze, mi ha sempre dato qualcosa in più a livello mentale e motivazionale. Sono andato senza aspettative e pienamente a disposizione della squadra. Al Giro penso di essere arrivato pronto, forse non alla prima tappa, però poi man mano che si andava avanti ho trovato la condizione perfetta.

La tappa di di Povegliano l’avevi cerchiata di rosso fin da subito o hai vissuto alla giornata?

In realtà avevo puntato alla tappa prima, la Cesano Maderno-Manerba del Garda, perché passava vicino a casa mia. Erano strade che conoscevo e mi sembravano adatte a me. Le salite erano dure, ma le abbiamo affrontate ad alta velocità regolare in gruppo e sono riuscito a stare lì. Nel finale mi sono ritrovato a lavorare per Meris e sono stato contentissimo di avergli tirato la volata aiutandolo a portare a casa un quarto posto. In più ha fatto ottavo Cretti e io decimo. La tappa del giorno dopo l’avevo guardata la sera. Non nascondo di aver pensato di non volerla fare arrivare in volata, anche perché noi non avevamo più il velocista e quindi l’ho vista come un’opportunità. 

Tre uomini in fuga: De Pretto, Alessandro Romele, Sergio Meris (photors.it)
Tre uomini in fuga: De Pretto, Alessandro Romele, Sergio Meris (photors.it)
Come hai costruito questa vittoria?

C’era una salita e poi giù in discesa e pianura fino all’arrivo. Ho colto un momento di buco a 500 metri dallo scollinamento e ci siamo trovati io, Sergio (Meris,ndr) e anche Luca (Cretti,ndr). Lì ho detto: «Ragazzi attenti, perché la Jumbo non può tenerla, visto che sono solo in due». Ho visto Sergio che mi aveva fatto un cenno come per dire: «Cosa facciamo?». Ha quindi piazzato lui il primo scatto con me ruota e poi, appena De Pretto si è messo a sua volta dietro a noi, siamo usciti. Abbiamo preso facilmente velocità e distacco nella discesa e siamo siamo riusciti a portare via la fuga decisiva.

Il finale com’è andato?

E’ andato tutto abbastanza linearmente verso l’arrivo. C’era accordo, ma nel finale giustamente De Pretto ha smesso di collaborare. 

La volata a tre è un po’ il tuo asso nella manica. Tu e Meris vi siete messi d’accordo?

Non ci siamo parlati tanto. Vedevo tanta concentrazione. Tanta voglia di arrivare perché comunque era anche un suo obiettivo quello di fare un bel risultato al Giro. Io mi sentivo bene e sicuro. Come avevo dimostrato anche al Liberazione, nelle volate ristrette mi trovo molto a mio agio.

L’altra volata ristretta vinta da Romele alla Coppa Zappi (foto Stefano Ballandi)
L’altra volata ristretta vinta da Romele alla Coppa Zappi (foto Stefano Ballandi)
Infatti la volata l’hai vinta proprio bene…

Conta effettivamente anche essere veloce, però alla fine se uno è veloce, ma arriva stanco dopo 120 chilometri di fuga, c’è poco da fare. Io stavo bene e ho sfruttato tutte le mie caratteristiche.

E a livello emotivo invece, come è stato per te vincere una tappa al Giro Next Gen?

Era il mio primo Giro. L’emozione più forte della mia, diciamo, piccola carriera. Ed è sicuramente senza dubbio la gara con il livello generale del gruppo più alto. C’erano tutti i giovani più forti. Sono veramente contento. Ripaga dei tanti sacrifici e tutto quello che abbiamo fatto quest’anno per alzare l’asticella.

Adesso obiettivo italiano poi riposo?

E’ da inizio anno che andiamo a tutta. Ho fatto tanti giorni di gara nonostante qualche stop, dovuto a qualche momento di malattia. Da lunedì vediamo di fare un po’ il punto della situazione e organizzare il finale della stagione e perché no, magari riuscire a guadagnarsi un posto con la nazionale per gli appuntamenti più importanti. Sarebbe veramente bello.

La Pressure del Team Colpack, per Romele: «Bella, aero e reattiva»

06.03.2023
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Cinelli celebra il suo quinto anno di collaborazione con il Team Colpack Ballan CSB con un’edizione speciale limitata della sua punta di diamante Pressure. La casa milanese ha disegnato una livrea unica ed estroversa che si sposa perfettamente con l’indole di una delle squadre U23 di maggior successo nella storia del ciclismo italiano. Leggerezza, reattività e versatilità sono le fondamenta di questo modello. A farci salire in sella ci ha pensato Alessandro Romele, under 23 di secondo anno (campione italiano juniores nel 2021), che lo scorso dicembre ha partecipato a uno stage con il UAE Team Emirates a Bendidorm.

Romele ha sottolineato l’incredibile reattività e l’aerodinamica migliorata
Romele ha sottolineato l’incredibile reattività e l’aerodinamica migliorata

In prestito dal windsurf

Una colorazione tutta italiana. Ogni pezzo è un opera d’arte impreziosita dalla qualità artigianale e dallo studio che porta alle spalle. Il processo è realizzato a mano e sviluppato internamente da Cinelli. Il telaio grezzo viene verniciato con un primer bianco che viene poi carteggiato a mano per creare un effetto “camouflage” striato. 

«L’idea mi è venuta – racconta Marco Panzerini, graphic designer e art director di Cinelli – da un altro sport che mi sta molto a cuore: il windsurf. In questo sport alcuni marchi dipingono le loro tavole da freestyle solo con il primer per mantenere le cose leggere e poi le carteggiano leggermente per alludere al processo artigianale di modellazione della tavola, che non è visibile nel prodotto finale. Quello che mi entusiasma e mi rende felice è che ho preso questo processo, che è qualcosa di quasi “secondario” nel ciclismo, e l’ho trasformato nel centro dell’attenzione. E l’ho fatto prima di chiunque altro». 

Le decal dei colori della squadra vengono quindi applicate al telaio levigato e poi coperte con una vernice trasparente lucida. In questo modo ogni telaio rimane un pezzo artigianale unico oltre a essere più leggero del 4% rispetto ai telai verniciati di serie.

«La colorazione incide – dice Romele – e la bilancia ha dato un riscontro positivo avendo alleggerito la verniciatura. La livrea dopo un primo sguardo di adattamento devo dire che mi è piaciuta. In sintonia con le maglie è una colorazione estroversa che ha il suo perché e mi ha colpito». 

Feedback preziosi

Pressure è il telaio corsa di punta del marchio e interpreta l’esigenza del ciclista competitivo di una piena integrazione e aerodinamica, attraverso l’ottica del design italiano. Il risultato è un telaio leggero in fibra di carbonio ad alto modulo con una maneggevolezza su strada vivace e aggressiva, il cui lay-up è stato messo a punto nel corso di due anni di test con il Team Colpack. La Pressure rappresenta l’apice della progettazione delle biciclette da strada Cinelli. 

«E’ un po’ il trend – spiega Romele – di quello che si vede nel mercato negli ultimi anni. Molte case non fanno più bici da velocista o scalatore e vanno a cercare una bici che sia completa. La nostra Cinelli incarna queste caratteristiche perché risulta molto reattiva negli sprint e aerodinamica. Sotto questo aspetto si vede rispetto al modello precedente un lavoro mirato per quesa Pressure. Per gli scalatori risulta essere molto leggera e adatta anche a scalate impegnative».

Realizzata in fibra di carbonio T800, la Pressure sintetizza nel linguaggio del design milanese contemporaneo. Rende omaggio al leggendario DNA corsaiolo italiano.

Scorrevole e rigida

Il sistema ACR del manubrio Vision Metron 5D, con manubrio, serie sterzo e forcella completamente integrati, unito all’uso degli stampi in PU per il passaggio interno dei fili pulito ed efficiente, valorizza l’estetica della livrea Pressure. Il tubo sella aerodinamico e i foderi ribassati sono funzionali alle migliori aerodinamica e rigidità, insieme agli altri elementi aerodinamici del telaio vocati a un controllo e una potenza ottimali. La scelta del thru-axle e dei freni a disco con passaggio interno dei fili, offre il design più pulito e veloce, in una geometria complessiva che porta alla posizione più compatta e aerodinamica del ciclista.

«Sul passo in pianura – racconta Romele – e sotto il punto di vista della scorrevolezza è migliorata tanto. Devo dire che questo aspetto è una sinergia con la coppia di ruote Ursus. In particolare a me piacciono le profilo medio da 45/50 mentre ora mi trovo molto bene con le 37. E’ una bici che si adatta a tutte le tipologie di profili e permette di assecondare il proprio gusto. Per quanto riguarda le coperture Veloflex, io preferisco la sezione da 28. Sotto questo punto di vista sono un po’ un fissato. In ritiro a Calpe sono andato a fare test di pressioni. Ho visto che in condizioni ottimali 6 davanti e 6.5 al posteriore si ha un’ottima risposta. Un bagnato pesante richiede un 5 davanti e 5.5 dietro.

«Il manubrio Vision Metron 5D è la cicliegina sulla torta. Per un velocista credo sia il più rigido e adatto agli sprint. Durante le volate infatti permette di non sbattere nella parte alta. Va a completare la linea aerodinamica della bici rendendola ancora più gradevole. Come trasmissione utilizziamo lo Shimano Ultegra Di2 12v. Con pacco pignoni che variano da 11×30 a 34 in base al tipo di gara. Davanti abbiamo il 54 e corona piccola il 40.

Specifiche tecniche

I particolari costruttivi di questa Pressure incarnano al meglio il linguaggio ingegneristico e progettistico a cui Cinelli è dedita per quanto riguarda le bici da strada. Il telaio monoscocca in carbonio Columbus T800 è una garanzia di qualità e affidabilità. Il peso è di appena 990 g in taglia M, la forcella non tagliata ferma l’ago della bilancia a 390 g. 

Il passaggio cavi è completamente interno e compatibile Di2/EPS. Il reggisella è Aero integrate compatibile con rail in carbonio. I freni sono a disco flat Mount con rotore fino a 160 mm. Il movimento centrale è BB standard Pressati 86,5x41mm. Le taglie proposte sono cinque: XS (46), S (49), M (52), L (55), XL (58). 

Persico si prende la Colpack sulle spalle per spiccare il volo

25.02.2023
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Con le tre vittorie 2022 ormai in bacheca, fra poche ore a Moniga del Garda (il via alle 12,30), Davide Persico darà i primi colpi di pedale di stagione alla Coppa San Geo, con cui aprirà il quarto anno fra gli under 23. Non cambia nulla oppure cambia tutto. Nonostante sia nato nel 2001 e abbia più vita davanti che alle spalle, il senso di dover dimostrare qualcosa ti si attacca addosso ogni giorno di più. Te lo dicono tutti e alla fine ci credi, in questo ciclismo che cambia pelle e brucia tutto come paglia.

Lo scorso anno qualche offerta è arrivata, ma se vuoi farne un lavoro serio, bisogna che siano serie anche le proposte. E così Davide (con il Team Colpack-Ballan al suo fianco) ha scelto di puntare su se stesso, provando a salire il gradino giusto.

La Milano-Busseto è stata la prima vittoria 2022 di Persico, ottimamente lanciato da Gomez (photors.it)
La Milano-Busseto è stata la prima vittoria 2022 di Persico, ottimamente lanciato da Gomez (photors.it)
Partiamo dalla stagione scorsa, che cosa ti sei portato via?

Pensavo di fare un po’ meglio perché ero partito bene. Poi però non ho fatto il Giro d’Italia che mi aspettavo. Nella prima tappa non sono riuscito a ottenere il risultato che speravo e da quel momento ho preso un periodo di pausa, da cui sono uscito in condizione per il finale di stagione. Nella seconda parte stavo bene, sono migliorato tanto anche in salita e diciamo che mi è servito per iniziare bene la preparazione ed essere ottimista per quest’anno.

Sei riuscito a fare un buon inverno?

Abbiamo fatto un bel ritiro in Spagna in cui sono stato sempre bene, quindi spero di partire a un buon livello come ho sempre fatto negli altri anni. E poi di continuare questo cammino per riuscire a passare professionista.

Hai capito che tipo di corridore puoi diventare?

Non sono uno scalatore, però nei percorsi un po’ mossi posso comunque difendermi bene e poi in volata sono molto veloce. Quindi se riesco a tenere sui percorsi duri e ad arrivare in 30-40, posso dire davvero la mia.

La squadra ha rifinito la preparazione a Calpe. Persico è il primo all’interno (foto Team Colpack-Ballan)
La squadra ha rifinito la preparazione a Calpe. Persico è il primo all’interno (foto Team Colpack-Ballan)
Hai parlato della prima tappa del Giro, sei arrivato 12° con il tuo compagno Gidas Umbri che ha fatto meglio di te.

Sì, esatto. Un po’ anche la squadra, perché eravamo in pochi, eravamo solo cinque e gli altri erano tutti scalatori. Non avevo nessuno che potesse darmi una mano. Poi c’era parecchia confusione, tutti volevano fare lo sprint perché c’era in palio la maglia rosa. Quindi non è stata la giornata che speravo. Venivo da un bel ritiro a Livigno in cui stavo bene. Un sesto posto coi prof alla Adriatica Ionica Race, in cui avevo dimostrato di avere una bella gamba anche in volata e… Niente, da lì poi ho staccato un po’ per riprendere bene nel finale di stagione. Però sì, diciamo che il Giro è stato il punto negativo.

Hai qualche obiettivo in particolare?

E’ ancora fresca la novità che il Giro U23 viene organizzato da RCS, quindi devo far bene lì e poi qualche gara internazionale in Belgio e con la nazionale.

Con tua sorella Silvia c’è un po’ di competizione in casa oppure ognuno fa la sua strada?

Allora, un po’ di competizione magari c’è, però è giusto. E’ uno stimolo in più che ho in famiglia e diciamo che mi aiuta anche a migliorarmi.

Si comincia dalla San Geo e poi?

San Geo, poi in teoria corro a Misano. Marzo è abbastanza pieno. Ho un po’ di gare in Croazia con la squadra e poi due gare in Belgio: la Gand-Wevelgem e la Younger Coast Challenge. 

Ti senti un po’ sulle spalle il peso di essere il più rappresentativo della squadra?

Sì, un po’ sì. Sono al quarto anno, sembrava ieri che ero al primo. Sono passate veloci queste tre stagioni. Un po’ mi sento il peso addosso della squadra, però è anche giusto. Una responsabilità in più ci può stare.

Scalatori merce rara. Ma la Colpack ne fa incetta

21.11.2022
4 min
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Scalatori no, scalatori sì. Come la mettiamo con questa figura sempre più particolare nel ciclismo? Da sempre lo scalatore è colui che con le sue imprese in montagna ha esaltato le masse, ma c’è ancora? Giovanni Visconti qualche giorno fa ha espresso qualche (lecito) dubbio sul futuro del corridore da 55 chili.

E in effetti le imprese in salita restano, ma cambiano gli interpreti. Prendiamo Alessandro Covi. Il Puma di Taino si è mangiato la Marmolada e gli altri passi dolomitici, ma non è certo uno scalatore.  O al contrario prendiamo chi, come la Colpack Ballan Csb invece ha deciso di puntarci.

Ne parliamo con Antonio Bevilacqua manager e storico direttore sportivo dello squadrone bergamasco.

Antonio Bevilacqua, Francesco Rosa, Mercatale 2015 (foto Scanferla)
Antonio Bevilacqua è una colonna portante del gruppo di patron Colleoni (foto Scanferla)
Antonio Bevilacqua, Francesco Rosa, Mercatale 2015 (foto Scanferla)
Antonio Bevilacqua è una colonna portante del gruppo di patron Colleoni (foto Scanferla)
Il mondo va in una direzione e Colpack in un’altra! Scherzi a parte, la volta scorsa Gianluca Valoti ci aveva detto che 4 dei 6 nuovi arrivati dagli juniores erano degli scalatori. Come mai questa scelta?

Perché fa parte della nostra storia e della nostra politica. Abbiamo sempre voluto avere in squadra degli scalatori. Vedi Masnada, Ciccone e non ultimi Ayuso e Verre.

Però di corse adatte a questo profilo sembrano essercene sempre meno…

In Italia in effetti sono poche. A parte il Palio del Recioto, che è davvero duro, e alcune tappe del Giro under 23, non ci sono percorsi davvero per scalatori. Anche per questo penso che servirebbero gare più dure. Affrontare grandi salite serve ai ragazzi poi quando passano.

Beh, per esempio c’è la Bassano-Montegrappa…

Sì, ma è una. Le corse stanno cambiando. Lo scorso anno l’abbiamo vinta noi con Luca Rastelli, che però non è uno scalatore. E poi è una corsa di un giorno. Le salite vere alla fine le fanno al Giro under 23 e al Valle d’Aosta, almeno in Italia. Poi ci sono meno scalatori perché i team preferiscono il velocista per andare alla ricerca del numero di vittorie, ma non è il nostro obiettivo, la nostra filosofia.

Nespoli è uno dei giovani scalatori che ha ingaggiato la Colpack. Eccolo vincere a Gussago (foto Rodella)
Nespoli è uno dei giovani scalatori che ha ingaggiato la Colpack. Eccolo vincere a Gussago (foto Rodella)
In apertura si è accennato ai ragazzini scalatori che avete preso. Cosa ci dici di loro?

Abbiamo sei atleti di primo anno: Diego Bracalente, Lorenzo Nespoli, Leonardo Volpato, Pavel Novack, Nicolas Milesi e Gabriele Casalini. Anche se gli ultimi due non sono scalatori. Bracalente è un marchigiano e in salita ha mostrato dei bei numeri. Nespoli è un lombardo che ha vinto un paio di cronoscalate. Novack è un ceco che ha vinto la Strade Bianche e in salita ha fatto molto bene lo scorso anno. E Casalini anche ha mostrato ottimi dati.

Quando diciamo che questi ragazzi sono scalatori di che peso parliamo? 

Bracalente che è il più leggero è sui 60 chili. Nespoli ne fa già 65.

Allora anche voi non avete lo scalatore puro, puro da 55 chili…

No. Non si trovano più. O magari ci sono, ma andrebbero cercati diversamente. Oggi i ragazzi sono sempre più “fisicati”.

E come mai secondo te “andrebbero cercati”? Se fosse una figura ancora super presente “si troverebbero da soli”…

Io credo che un po’ sia dovuto ai percorsi che come abbiamo detto non presentano grandi salite. E un po’ perché tutto è diverso, si va poi forte. Anche i materiali, sono diversi… Le velocità più alte consentono a chi è più potente di andare meglio. Lo scalatore magari oggi, con le velocità che ci sono, arriva sotto la salita stanco e non riesce ad emergere, a dimostrare le sue caratteristiche. 

Josè Rujano è stato l’esempio massimo dello scalatore vecchio stile (piccolo e sui 50 chili). L’ultimo baluardo è Pozzovivo
Josè Rujano è stato l’esempio massimo dello scalatore vecchio stile (piccolo e sui 50 chili). L’ultimo baluardo è Pozzovivo
Quindi ha ragione Visconti: scalatore puro addio?

Ripeto, bisognerebbe trovarli. E avere anche più pazienza. Magari essendo così piccoli non andrebbero forte al primo anno e forse neanche al secondo. Ma non è facile oggi fare questo discorso. Restano poco. Si ragiona sui numeri dei test. Passano pro’ da juniores e tu non ci puoi lavorare. Prendiamo l’esempio del canadese Leonard. Lo ha preso la Ineos-Grenadiers dopo aver visto i suoi numeri. Tutti cercano il fenomeno, ma di Ayuso ce n’è uno.

Voi allora perché avete preso degli scalatori?

Perché ci crediamo. Anche noi abbiamo visto i test e sappiamo che questi atleti più leggeri hanno comunque dei buoni numeri e poi perché vogliamo fare bene nelle corse a tappe. Vogliamo aiutarli a tirare fuori queste loro caratteristiche.

In tanti anni di direttore sportivo qual è stato lo scalatore più scalatore che ricordi tra le tue mani?

Stefano Locatelli – ribatte secco Bevilacqua – in salita andava davvero forte. Solo che poi aveva altre lacune, come la discesa. Ricordo che Reverberi mi disse: «Io non ho mai visto un corridore appena passato andare così forte in salita». Al Giro dell’Appennino per esempio staccò tutti, ma poi in discesa cadde. E devo dire che anche Ciccone era un gran bello scalatore.

Giovani e più estero, la Colpack riparte così

10.11.2022
5 min
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Il Team Colpack Ballan CSB viaggia spedito verso la stagione numero 32 della sua storia. Negli anni sono stati tanti i campioni che ha sfornato la squadra di patron Beppe Colleoni. Ma non ci si può adagiare sugli allori, bisogna sempre rinnovarsi e far fronte alle nuove esigenze.

E forse anche per questo Antonio Bevilacqua e Gianluca Valoti stanno pensando a qualche cambiamento sostanziale, anche per ciò che concerne il calendario. Proprio mentre chiamiamo Valoti, i due tecnici sono in riunione. Il 2023 è già iniziato per loro.

Bevilacqua e Valoti (a destra) con Filippo Baroncini, campione mondiale U23 a Leuven 2021, frutto della Colpack (foto Instagram)
Bevilacqua e Valoti (a destra) con Filippo Baroncini, campione mondiale U23 a Leuven 2021, frutto della Colpack (foto Instagram)
Gianluca, partiamo da una frase che emerse parlando questa estate al Valle d’Aosta: «Anche un’importante squadra giovanile come la Colpack fa fatica a prendere i ragazzi migliori». E’ così? E perché?

E’ veramente difficile. L’ultimo esempio è la Jumbo-Visma che ha preso quel ragazzino di 17 anni (Mattio, ndr). Come fai a fermarlo? Uno come lui vede la tv. Vede che quella squadra vince il Tour, che se la gioca con Pogacar, che annovera tanti campioni… è normale che abbia l’ambizione di andare in quel team così organizzato e blasonato. E in alcuni casi passano direttamente nella WorldTour e non dalla giovanile.

E allora come possono squadre tipo la Colpack, ma anche la Zalf tanto per citare l’altra grandissima, ingolosire i ragazzini?

Noi lavoriamo sempre per dare e fare il massimo. Cerchiamo di fargli vedere la nostra struttura organizzativa e mostrargli come verrebbero seguiti al 100 per cento: preparazione, alimentazione, materiali…

Stagione 2023, come sarà il vostro organico?

Rispetto allo scorso anno abbiamo preso sei juniores più Luca Cretti che è un quarto anno. Altri dieci ragazzi sono stati confermati, tra questi il gruppo dei velocisti: Persico, Boscaro, Quaranta e Della Lunga. Abbiamo preso un altro ragazzo da affiancare a Sergio Meris, che è il nostro scalatore-uomo di classifica e che è anche al quarto anno, pertanto cerchiamo di dargli una mano. Io credo che nel complesso siano ragazzi di buoni valori.

Diego Bracalente è uno degli juniores ingaggiati dalla Colpack. Proviene dalla Trodica di Morrovalle, team abruzzese
Diego Bracalente è uno degli juniores ingaggiati dalla Colpack. Proviene dalla Trodica di Morrovalle, team abruzzese
Li avete visti anche dal vivo?

Un po’ dal vivo, ma un po’ li abbiamo studiati anche con le tecnologie attuali, che consentono tra allenamenti e corse di studiare bene i file e valutare i valori di quel ragazzo. Fermo restando che poi a contare è sempre il verdetto della strada. Abbiamo scelto qualche scalatore in più, perché ormai ce ne sono pochi. Diego Bracalente, Lorenzo Nespoli, Leonardo Volpato e in parte Gabriele Casalini e Nicolas Milesi, che sono un po’ più cronoman, al Lunigiana per esempio si sono mostrati bravi in salita. Idem Luca Cretti e Pavel Novak. 

Però sei ragazzi, Gianluca, non sono pochi. E’ una piccola rivoluzione…

Eravamo partiti con un gruppo di giovani che man mano è andato “maturando” e quindi lo scorso anno non partivamo da zero. Per il 2023 invece ripartiamo da zero e la speranza è di fare con loro un programma di almeno due-tre anni.

Eccolo, il nocciolo della questione: un programma di due-tre anni. Perché come si è visto il rischio è che al primo bel segnale (non solo vittorie) passino…

Esatto. Avere un corridore per due o tre anni è un problema ed è sempre più difficile. In più al primo anno, fino a giugno, cerchi di lasciarli più tranquilli perché hanno la scuola, per poi fargli fare qualcosa in più in vista del finale di stagione. Questa è sempre stata la politica della Colpack-Ballan CSB. Ed eventualmente quello dopo fargli fare un’attività più intensa.

Nel 2022 la Colpack ha ottenuto 16 vittorie e 36 podi totali in Italia (38 considerando anche quelli all’estero). Qui, Francesco Della Lunga
Nel 2022 la Colpack ha ottenuto 16 vittorie e 36 podi totali in Italia (38 considerando anche quelli all’estero). Qui, Francesco Della Lunga
Calendario 2023, sarà quello di sempre?

Abbiamo fatto molte richieste all’estero, come sempre del resto. Il problema è che con il Covid le squadre più importanti, a partire dalle WorldTour, restavamo molto di più in Europa. Adesso che le cose sembrano cambiare, che tornano l’Australia, l’Argentina… magari per noi c’è più spazio. Ma resta comunque difficile programmare un’attività all’estero in quanto noi continental siamo le ultime ad essere avvertite. Ci dicono all’ultimo minuto che la nostra richiesta è stata accettata. Però dai, qualche conferma è già arrivata!

Tipo?

Una gara in Olanda, la Parigi-Roubaix, le classiche delle Ardenne…

C’è qualche gara che ti piacerebbe fare?

Sì, il Tour de Bretagne gara ottima per il nostro livello direi. Innanzi tutto sono sette giorni di corsa e si avvicina molto al nostro Giro under 23 e poi i percorsi sono misti, il meteo è parecchio variabile… in una corsa così i ragazzi imparano tanto.

Eventi così e un calendario straniero più fitto, per te aumentano la capacità di attrazione dei ragazzi verso la vostra squadra?

C’è sicuramente più stimolo. Prendiamo un Persico che è al quarto anno ed è esperto. Ragazzi come lui hanno già fatto un po’ tutte le corse del panorama italiano e fare delle gare all’estero magari gli dà più grinta, più fame, più cattiveria. E immagino valga anche per quelli di primo anno. Anche se per loro anche il calendario nazionale è nuovo. Per esempio a Bracalente quando gli si parlava della Firenze-Empoli s’illuminavano gli occhi. Una gara simile l’avevano solo sentita nominare, letta da qualche parte o vista in qualche spezzone tv. E’ pur sempre un passaggio dagli juniores al dilettantismo.

Quest’anno la squadra di Colleoni ha fatto diverse corse all’estero. Purtroppo però queste trasferte sono anche costose
Quest’anno la squadra di Colleoni ha fatto diverse corse all’estero. Purtroppo però queste trasferte sono anche costose
E magari pensare ad una trasferta tipo quelle nel Mediterraneo, in Turchia o al Tour of Rhodes?

Sinceramente sono un po’ titubante e lo stesso vale per la trasferta in Argentina, dove insistendo un po’ magari ci invitano anche. Però sono grandi impegni anche organizzativi per strutture piccole come la nostra. I mezzi, le bici, il personale… E poi costano. 

E in alcune di queste gare il tasso tecnico non è super. Meglio un Sibiu Tour?

Sì, meglio. Queste corse in Romania, Bulgaria… stanno prendendo piede. Sono ben organizzate, gli hotel sono buoni e il tasso tecnico è giusto. Sono luoghi che si raggiungono in una giornata di viaggio e ai ragazzi si dà l’opportunità di misurarsi in un buon campo internazionale. Ovviamente però abbiamo fatto richiesta anche per le gare a tappe italiane, Giro di Sicilia, Coppi e Bartali… e aspettiamo il risultato. Come ho detto prima, noi continental siamo le ultime a sapere dell’invito.