Campionati del mondo 2025, Kigali, Remco Evenepoel dopo il traguardo

Il mondiale a ostacoli di Evenepoel, tra iella e grandi gambe

29.09.2025
6 min
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KIGALI (Rwanda) – Dopo l’arrivo, mentre Pogacar ancora faceva festa con la squadra e la compagna, Remco Evenepoel è andato a sedersi contro una transenna con la testa fra le mani (foto di apertura). Il secondo posto brucia, il fatto che sia stato scatenato da un problema meccanico, lo rende anche più pesante. Sul podio il belga aveva un sorriso vagamente mesto, ma gradualmente ha recuperato il senso delle cose. Dopo aver vinto l’oro nella crono, il belga ha centrato l’argento su strada. Se esistesse una classifica combinata fra le due discipline, sommando i distacchi fra crono e strada, il leader nella sfida contro Pogacar sarebbe ancora lui, con margine di 1’09”. Meglio sorridere e fare buon viso a cattivo gioco.

La sua giornata è stata variopinta, come lo è stata la sua settimana. E’ iniziata con la crono stellare in cui ha imposto la sua legge anche su Pogacar. E’ proseguita con una conferenza stampa piena di sicurezza e con un’affermazione sugli italiani che si è prestata a interpretazioni poco simpatiche. Quando la corsa è partita, lo abbiamo visto fermarsi e infilarsi in un WC chimico. Poi ha cambiato per due volte la bici, con tanto di scena stizzita diventata ormai virale sui social. E alla fine, rimesse le cose in pari, si è espresso in un inseguimento così potente da aver tolto di ruota Ciccone in pianura e discesa e non in salita. La sua giornata l’ha spiegata lui quando, ultimo dei tre del podio, è venuto a raccontarsi davanti alla platea dei giornalisti.

Perché quei minuti sconsolati dopo l’arrivo?

Forse dopo la guarderò con occhi diversi, ma al momento non mi sento benissimo.

Che cosa è successo da farti cambiare per due volte la bici?

Prima del Mount Kigali, sono finito in una buca della strada e la sella si è abbassata, tanto che stare seduto è diventato un problema. Poi è cominciata la salita e i crampi ai muscoli posteriori della coscia si sono fatti sempre più forti. Non è stato il massimo. E una volta che Tadej ha sferrato il suo attacco, cosa che sapevo sarebbe accaduta lì, ho avuto dei crampi e non riuscivo a spingere bene. Potrebbe sembrare strano, ma è così che funziona quando si cambia posizione drasticamente. Finché ho trovato dei compagni di squadra e ho detto loro che dovevano riportarmi dentro, ma che al traguardo avrei dovuto cambiare bici.

Primo cambio: e poi?

Al box mi hanno passato la terza bici, che non uso molto. Sentivo che aveva la sella troppo orizzontale e che iniziava a darmi molti problemi alla parte bassa della schiena, a causa dei miei infortuni del passato. Quindi non sono riuscito a farci neanche un giro, perché ero davvero in difficoltà. A quel punto mi sono fermato per prendere la seconda bici dall’auto. Sfortunatamente in quel tratto c’erano alcuni corridori staccati e un po’ di traffico, quindi ho dovuto aspettare un po’ per la macchina. Una volta presa la bici, ho sentito che ero nella posizione giusta e tutto girava correttamente. Così sono rientrato in gara e ho concluso con un secondo posto.

Campionati del mondo 2025, Kigali, Remco Evenepoel con BEn Healj e atias Skjelmose
La compagnia di Healy e Skjelmose dopo un po’ non è bastata e Remco li ha staccati, ma Pogacar era imprendibile
Campionati del mondo 2025, Kigali, Remco Evenepoel con BEn Healj e atias Skjelmose
La compagnia di Healy e Skjelmose dopo un po’ non è bastata e Remco li ha staccati, ma Pogacar era imprendibile
Hai pensato anche solo per un secondo di ritirarti?

Sì, l’ho pensato. Ero fermo, con la bici rotta. Guardavo con stupore il mio distacco che ormai era di 1’45”. A quel punto mi sono chiesto: perché continuare? Mancavano ancora cinque giri o qualcosa del genere, per cui è stata dura. Poi però ci siamo ritrovati tra le ammiraglie, almeno fino a che c’è stato il barrage e così sono tornato nel gruppo. Con il secondo cambio di bici, mi sentivo di nuovo meglio, le gambe giravano e avevo meno crampi. Ho sentito che c’era ancora un po’ di potenza e qualcosa da fare. Ovviamente in quel momento il distacco era già troppo grande per colmarlo, perché sappiamo tutti che se Tadej prende vantaggio, non rallenta. Siamo bravi cronomen, sappiamo come mantenere un certo margine. Quindi, la gara in quel momento era già persa, potevo solo sperare nel meglio e puntare al massimo.

Sei andato fortissimo, sapevi di stare così bene?

Credo di essere andato piuttosto forte, ma Tadej ancora una volta ha fatto una corsa fenomenale ai campionati del mondo. Ero frustrato perché sapevo che oggi sarebbe potuta andare diversamente senza i problemi alla bici. Penso che se non avessi avuto i crampi sul Mount Kigali, sarei riuscito a stare al passo con lui e Del Toro. E a quel punto la gara sarebbe finita, perché in tre saremmo arrivati davvero lontano. Le gambe c’erano, ma ho avuto anche un po’ di sfortuna.

Campionati del mondo 2025, Kigali, Remco Evenepoel all'arrivo
Evenepoel ha mantenuto pressoché invariato il suo ritardo da Pogacar, segno di due andature piuttosto simili
Campionati del mondo 2025, Kigali, Remco Evenepoel all'arrivo
Evenepoel ha mantenuto pressoché invariato il suo ritardo da Pogacar, segno di due andature piuttosto simili
Ti accorgi che il gap da Tadej è sempre più sottile?

Mi rendo conto che il mio livello è salito. Oggi sono finito dietro Pogacar, ma non a tre minuti come al Lombardia dell’anno scorso. Sono rimasto dietro di un minuto e non sono diventati tre. L’ho inseguito andando alla sua stessa velocità. A un certo punto abbiamo perso terreno in tre. Io stavo lavorando molto, invece sentivo che Ben e Matthias (Healy e Skjelmose, ndr) ci stavano rallentando ed è per questo che ho deciso di provarci sulla cima della salita del golf. E alla fine ho sempre mantenuto lo stesso distacco. Mi sento abbastanza bene e spero di poter mantenere questa forma la prossima settimana agli europei e poi anche al Lombardia. E’ una gara che prima o poi nella mia carriera mi piacerebbe vincere.

Alcuni corridori hanno detto che si è trattato della gara più dura della loro carriera.

Per me no, per esempio Glasgow fu qualcosa di completamente diverso perché eri sempre in salita. Certo, il tratto sul pavé alla fine ha reso tutto davvero difficile, perché inizi a essere stanco e poi hai di nuovo quel pavé e ancora quel pavé e ancora, ancora, ancora. Non era una cosa che mi infastidisse, ma alla fine ho iniziato a odiarla. Non mi è sembrata la gara più dura, probabilmente perché sono in ottima forma.

Campionati del mondo 2025, Kigali, Remco Evenepoel, affaticato dopo l'arrivo
Dopo il traguardo, Evenepoel non ha voluto altro che un angolo di asfalto per sedersi a smaltire fatica e delusione
Campionati del mondo 2025, Kigali, Remco Evenepoel, affaticato dopo l'arrivo
Dopo il traguardo, Evenepoel non ha voluto altro che un angolo di asfalto per sedersi a smaltire fatica e delusione
Perché a un certo punto hai dovuto andare in un bagno chimico? Problemi di stomaco?

Dovevo fare pipì e non ho osato farla da qualche altra parte per paura che mi squalificassero. Ma poi, dopo qualche chilometro, ho visto tre australiani che la facevano sul ciglio della strada. E allora mi sono chiesto: perché non l’ho fatto anch’io? Però è vero che negli ultimi giorni ho avuto qualche problema di stomaco, non serve che vi spieghi cosa (ride, ndr). All’inizio della gara è andata abbastanza bene, ma appena ho cominciato a mandaregiù dei gel, ho avvertito un po’ di crampi allo stomaco. Ma non mi hanno frenato, solo che dopo l’arrivo sono dovuto correre in bagno per sfogarmi, diciamo così. Penso di non essere il primo e neanche l’ultimo in questa trasferta ad avere problemi di stomaco.

Vincere il campionato europeo di domenica prossima potrebbe riequilibrare la situazione?

L’ultimo mese della mia stagione ha da tempo tre obiettivi: il mondiale di Kigali, gli europei in Ardeche e il Lombardia. La maglia degli europei è anche l’unica che manca dal mio armadio, quindi nel prossimo fine settimana avrò molta motivazione. Ma non cerco la vendetta, è solo un obiettivo molto ambizioso e mi sento pronto. Quindi spero di riprendermi bene e poi ci riproveremo.

Campionato del mondo Kigali 2025, prova su strada professionisti, Marco Villa e Giulio ciccone, dopo corsa

«Il giorno più duro della mia vita». Viaggio nel 6° posto di Ciccone

28.09.2025
6 min
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KIGALI (Rwanda) – Quando gli facciamo notare le gambe svenate e ridotte a pelle e ossa, Ciccone sfrega il palmo sulla coscia e ammette di aver perso 15 anni in un solo giorno. Quando gli abbiamo chiesto di fermarsi per parlare, ha avuto bisogno di sedersi, sfinito come mai l’avevamo visto in precedenza. Il sesto posto è un buon risultato e in qualche misura ricalca i valori in campo. Se poi gli si chiede se avrebbe firmato, allora dice di no. Che il podio sarebbe stato meglio, ma un quinto sarebbe andato bene lo stesso.

«Si sapeva che Mount Kigali sarebbe stato il punto chiave della corsa – racconta dopo aver ripreso fiato – però onestamente non mi aspettavo che il percorso fosse così duro. Anche nei giorni scorsi, a vederlo e provarlo, si aveva tutt’altra sensazione. E’ stato durissimo, già dai primi giri. Ci si è messo anche il clima, perché non era proprio un circuito proibitivo. Però la sensazione per una buona parte di noi era veramente di sofferenza. Invece sulla salita mi sono sentito bene. Quando ho visto Tadej attaccare ho cercato di gestire le mie energie al meglio. Sapevo che era ancora lunga, quindi ho fatto una bella progressione. Conoscevo bene il pezzo duro e poi il muro successivo, quindi ho cercato di gestire le mie forze. Invece quando siamo entrati nel circuito è iniziata proprio un’altra gara».

Campionato del mondo Kigali 2025, prova su strada professionisti, Giulio Ciccone, Pirnoz Roglic in salita
Ripreso il gruppetto di Roglic, Ciccone ha potuto lottare per un piazzamento migliore: è arrivato il 6° posto
Campionato del mondo Kigali 2025, prova su strada professionisti, Giulio Ciccone, Pirnoz Roglic in salita
Ripreso il gruppetto di Roglic, Ciccone ha potuto lottare per un piazzamento migliore: è arrivato il 6° posto

La squadra ha fatto quel che poteva. Da buon capitano, Ciccone loda il lavoro di tutti, ma quelli che più si sono visti nel vivo sono stati Frigo e Bagioli, con qualche tirata anche da parte di Garofoli. Alla fine l’hanno chiusa in tre: Ciccone, appunto, Bagioli e Garofoli. Ma la corsa che fino alla salita lunga aveva risposto a una logica, una volta entrata nel circuito, è esplosa in mille gruppi come ieri per le donne.

Come è andata?

C’è stato un momento che eravamo in tre-quattro davanti e io mi sentivo molto bene. Per un attimo abbiamo pensato di rimanere uniti, per cercare di controllare, però come sempre al mondiale, da un giro all’altro può cambiare tutto. C’è stato un giro in cui con Bagioli, abbiamo provato ad anticipare lo strappo, ma ci hanno preso in cima. Nel giro dopo sono andati via Remco ed Healy proprio davanti a me. Ho fatto un fuorigiri per seguirli, ma non nel tratto in salita, addirittura prima. Nel tratto in discesa, prima del muro in pavé, per seguire Remco facevo fatica a stare a ruota in discesa. Non ho recuperato. Ero ruota, ma dovevo spingere più di quello che riuscivo. E quando ho preso il pavé ero al limite. In quel giro non ho potuto fare altro che gestirmi, ma penso sia stata la giornata più dura della mia vita. Ho avuto delle sensazioni tremende, dal mattino e fino all’arrivo.

Sei soddisfatto del risultato?

Sì, è un buon sesto posto. Il mio rimpianto più grande è proprio nel non essere riuscito a tenere quel gruppetto: ho fatto quel fuori giri e l’ho pagata. In questo mondiale non c’erano troppi colpi, c’era un colpo solo e l’ho sparato forse nel momento sbagliato. Però visto il livello così alto, non ho rimpianti perché sono arrivato morto. Non ho più niente da dare. E penso che anche la squadra abbia fatto un bellissimo lavoro, il massimo di quello che potevamo. Magari una top 5 o il podio era meglio, però bisogna accettare il nostro livello. Siamo sesti in uno dei mondiali più duri degli ultimi anni, dobbiamo essere soddisfatti.

Che cosa ti è parso della squadra?

Ero sicurissimo del gruppo, sapevo che ognuno di noi avrebbe dato il 100 per cento. Tutto quello che dovevamo fare l’abbiamo fatto e stasera possiamo essere soddisfatti perché abbiamo fatto il massimo. E’ una squadra che avrebbe dovuto avere Caruso, Pellizzari e anche Tiberi, se fosse uscito bene dalla Vuelta. Ma abbiamo dato tutti il massimo. Tante fasi magari non si vedono dalla televisione, però oggi non era facile gestire le cose, anche l’aspetto delle borracce, il ghiaccio. C’era un grosso lavoro sporco da fare dietro e loro l’hanno fatto alla grande, quindi voglio ringraziare veramente tutti.

Pogacar è di un’altra categoria, ma in certe gare ti confermi fra i migliori al mondo.

Diciamo che oggi, su un percorso così, ho dovuto correre più di rimessa. Mi sono trovato più a mio agio nella salita lunga fuori dal circuito, Mount Kigali, appunto. Infatti in quella fase ho avuto veramente delle belle sensazioni e per un attimo sono stato super ottimista. Poi quando siamo rientrati nel circuito, è cambiato tutto. Oggi la fatica è stata estrema per tutti.

Che cosa ti sembra di questo Pogacar?

Tadej è il corridore più forte al mondo, forse della storia. Nel ciclismo moderno, con i numeri di oggi, le medie e come si corre, bisogna solo dirgli chapeau e basta. Noi che viviamo in gruppo da avversari, un po’ ci conosciamo e analizziamo anche gli avvicinamenti e quello che è stato fatto prima. Lui arrivava dal Canada, non aveva usato la bicicletta da cronometro, per questo il giorno della crono è andato male. Ci sono tanti i dettagli che fanno la differenza e oggi avrei messo la firma che avrebbe vinto.

Lo raggiunge anche Villa (i due sono insieme nella foto di apertura), che ha parcheggiato l’ammiraglia ed è venuto a chiedergli come mai a un certo punto non sia entrato nel gruppetto con Evenepoel e Healy. E allora Ciccone riprende a spiegargli il fuorigiri per seguire Remco in discesa e quello che sarà il ritornello di questa serata calda alle porte di Kigali. Gli altri azzurri hanno ripreso la via dell’hotel, Ciccone va a sedersi sotto il gazebo dei box e racconta la sua storia. Il sesto posto è un passo avanti. E obiettivamente, al netto di quel passo mezzo falso, ha la faccia di uno cui oggi non avresti potuto chiedere oltre.

Campionati del mondo Kigali 2025 strada professionisti, Tadej Pogacar, maglia iridata

Sfrontato, spietato, fortissimo: il solito Pogacar, al bis iridato

28.09.2025
6 min
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KIGALI (Rwanda) – Giovedì aveva detto che Mount Kigali gli piaceva, ma che fosse troppo lontano dal traguardo per immaginare un attacco. Dalla cima sarebbero mancati 104 chilometri all’arrivo, troppi anche per lui. La salita era trabordante di tifosi vestiti di ogni colore e il gruppo era tutto sommato ancora numeroso, quando invece Tadej Pogacar ha attaccato.

La scena di una corrida: il torero più famoso e atteso ha preso di petto il toro ben prima che fosse iniziato il lavoro per sfiancarlo. Alla sua ruota si sono portati subito Ayuso, Evenepoel e Del Toro. Sembrava il primo atto di una storia a quattro, è diventato presto il prologo dell’ennesima impresa. Remco è naufragato praticamente subito. Ayuso, che probabilmente ha pensato di avere l’occasione di vendicare qualche torto, ha chiesto troppo a se stesso e si è piantato. Solo Del Toro ha avuto le gambe per insistere, prestandosi al lento e inesorabile svuotamento. Perché Pogacar non dà mai l’idea di spingere, ma il suo ritmo ti toglie l’aria dai polmoni e l’ossigeno dai muscoli.

«In realtà – sorride Pogacar – avevamo progettato di muoverci proprio da lì, per cominciare a fare male. Andare da solo sarebbe stato un rischio, ma quando ho visto che eravamo in tre, ho pensato che sarebbe stata la mossa decisiva. Si poteva combinare qualcosa di buono e ha funzionato. Credo che a un certo punto Isaac (Del Toro, ndr) abbia avuto problemi di stomaco. Non volevo che si staccasse perché sarebbe stato meglio correre più a lungo con un altro corridore, soprattutto se era lui. Per questo ho cercato di incoraggiarlo e di farlo stare più a lungo con me. Sono rimasto da solo a sessanta chilometri dall’arrivo, una misura abbastanza giusta, che sono riuscito a gestire da solo».

Campionati del mondo Kigali 2025 strada professionisti, attacco Isaac Del Toro, Tadej Pogacar, Juan Ajuso
Nel tratto finale in pavé di Mount Kigali, davanti c’è Del Toro, poi Pogacar e Ayuso già staccato
Nel tratto finale in pavé di Mount Kigali, davanti c’è Del Toro, poi Pogacar e Ayuso già staccato

L’obiettivo di tenere la maglia

Ha corso e vinto alla sua maniera, sprezzante del rischio di piantarsi e rimanere a corto di energie. Si è messo sul suo passo migliore e non si è alzato dalla sella neppure per rilanciare all’uscita dalle curve. Sempre regolare, sempre composto. Come si fa nelle crono, lui che nella crono di domenica scorsa le aveva prese in modo pesante proprio da Evenepoel. 

«Da quando sono arrivato qui – racconta Pogacar – ci siamo preparati per dare il massimo proprio in questa giornata. Per arrivare alla gara e prenderla in mano. Dopo il Tour non ho potuto abbandonare completamente la bici, perché se ti prendi due settimane di pausa e vai in vacanza, perdi molta forma fisica. Per cui non puoi. Magari una settimana fai meno, poi però devi allenarti di nuovo. Il mio grande obiettivo stagionale era difendere la maglia, ma ugualmente mi sono goduto questo viaggio. Qui è tutto diverso, ma in senso positivo. Ho fatto degli allenamenti davvero buoni con Urska e i miei compagni di nazionale. E’ stato semplicemente bellissimo. Abbiamo avuto molto supporto: ho vissuto una giornata fantastica, in una settimana fantastica e in un’esperienza fantastica. Però è stato anche un giorno durissimo per la quota, il caldo e il sole cocente. Sono super felice e orgoglioso di essere riuscito a farcela».

Campionati del mondo Kigali 2025 strada professionisti, Tadej Pogacar sull'arrivo
Arrivo a braccia alzate: negli ultimi metri, Pogacar ha anche richiesto l’applauso
Arrivo a braccia alzate: negli ultimi metri, Pogacar ha anche richiesto l’applauso

Niente viene per caso

All’arrivo ha trovato tutti i compagni che nel frattempo si erano ritirati, ad eccezione di Roglic che ha chiuso undicesimo. La folla alle transenne è esplosa in un boato che Tadej per primo, con gesti delle braccia, ha invitato a rendere ancora più rumoroso. Ha bissato così il titolo conquistato lo scorso anno a Zurigo, ma su un palcoscenico ben più vivace e al contempo delicato di quello quasi invernale e compassato della Svizzera. 

«Non saprei scegliere – annuisce Pogacar – sono state due vittorie speciali, ciascuna a modo suo. L’anno scorso sono diventato campione del mondo per la prima volta, però difendere il titolo è sempre una delle cose più difficili da fare. Quindi anche questa vittoria è davvero speciale. In più siamo qui in Rwanda. E’ stato un lungo viaggio e ha richiesto una lunga preparazione e la cura di ogni dettaglio. Ad esempio avevamo con noi lo chef Jorge Marin Laria, uno dei membri del team UAE Emirates. Così ho potuto mangiare quel che normalmente mangio in gara. Bisogna fare così, questo sport lo esige. Magari è noioso, ma devi fare quello a cui sei abituato, incluso prepararti il cibo. Soprattutto in questo tipo di gara, perché è così lunga e si bruciano tante calorie. Bisogna assumere molto cibo e soprattutto quello che mangi normalmente nei giorni di gara e prima della gara».

Campionati del mondo Kigali 2025 strada professionisti, Remco Evenepoel insegue
Evenepoel è stato costretto per due volte a cambiare bici, ma ha pedalato allo stesso ritmo di Pogacar
Campionati del mondo Kigali 2025 strada professionisti, Remco Evenepoel insegue
Evenepoel è stato costretto per due volte a cambiare bici, ma ha pedalato allo stesso ritmo di Pogacar

La rivincita con Remco

Nella sfida c’era anche la sfida con Evenepoel, perchè giovedì aveva anche detto che in un modo o nell’altro oggi si sarebbe vendicato. Non si può dire che non gli sia costato o che non sia stato costretto a raschiare il fondo del barile. In certe inquadrature, stringeva i denti come uno che non ce la facesse davvero più. Però anche in questo andare in profondità, Pogacar ha mostrato di avere una riserva superiore. Anche più di Evenepoel che, malgrado i due cambi di bici, minacciava di avvicinarsi.

«Sapevo che Remco ha avuto qualche problema – racconta Pogacar – prima ho saputo che era nel gruppo. Poi non c’era più. Poi di colpo era davanti al gruppo. Ma non lo sapevo con esattezza, perché non avevamo le radio come nelle altre gare. Per cui mi sono concentrato solo sul distacco e su quanti corridori ci siano dietro e quanti siano rimasti in gara. Ho saputo che ha cambiato bici per due volte, quindi anche la sua corsa è stata impressionante».

Trenta all’arrivo

Impressionante è stata anche l’accoglienza del Rwanda per questi eroi dalle gambe sottili. Il solo corridore africano che abbia raggiunto il traguardo è stato Amanuel Ghebreigzabhier, eritreo della Lidl-Trek. E’ passato sul traguardo, trentesimo e ultimo, con 12’04” di ritardo da Pogacar. Il resto del gruppo, vale a dire gli altri 134 corridori, si sono fermati ben prima: stremati dal ritmo, dalla polvere e dal caldo. Solo tre gli azzurri al traguardo: Ciccone arrivato sesto, Bagioli e il tenace Garofoli.

Raramente su una salita abbiamo visto lo spettacolo di Mount Kigali e raramente nei mondiali precedenti si sono visti così tanti bambini. In Europa il ciclismo è uno sport seguito da un pubblico prettamente adulto. Anche qui il ciclismo è uno sport, ma è stato soprattutto una festa. Resta la curiosità di capire che cosa questo grande evento, pagato neanche poco, lascerà a Kigali e alla sua gente. Loro ci hanno lasciato tanta allegria e tanta bellezza, speriamo di aver fatto qualcosa anche noi.

Pogacar incontra i media e basta una domanda per definire il suo stato d'animo. Vuole vincere. Forse non ha neppure il dubbio. Domenica si combatte

Pogacar, Evenepoel e quel sorpasso da ricacciargli in gola

25.09.2025
7 min
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KIGALI (Rwanda) – Gli giriamo l’osservazione fatta ieri da Ciccone parlando della crono di domenica. Cioè che guardando il sorpasso di Evenepoel, Giulio ha immaginato il nervosismo e la voglia di rifarsi che potrebbe aver scatenato in Pogacar. Tadej ascolta e annuisce.

«Probabilmente – dice – Remco voleva vendicarsi per il Tour de France, quando è stato raggiunto da Jonas (Vingegaard, ndr) nella crono in salita. Quindi penso che sia stato un bene per lui. Penso che fosse arrabbiato per una cosa, un momento negativo di quest’anno. E allora forse domenica potrà essere il mio turno di arrabbiarmi e mettere da parte quella giornata. Magari non è stata così negativa, ma sento il bisogno di mettere da parte la brutta sensazione di quando qualcuno ti raggiunge».

Il guanto di sfida è lanciato. Sarà un corpo a corpo, pur con la presenza di altri sparring intorno a loro. Resta da vedere se la condizione di Evenepoel potrà reggere l’urto dello sloveno in una corsa così lunga.

Kigali 2025, crono mondiale, Remco evenepoel e Tadej Pogacar
Aveva ragione Ciccone: Pogacar non vede l’ora di far ingoiare questo sorpasso a Evenepoel (immagini TV)
Kigali 2025, crono mondiale, Remco evenepoel e Tadej Pogacar
Aveva ragione Ciccone: Pogacar non vede l’ora di far ingoiare questo sorpasso a Evenepoel (immagini TV)

Passaggio in Africa

Per raggiungere l’hotel della Slovenia, che poi è anche quello dell’Italia, siamo passati effettivamente in Africa. Tutto quello che avevamo visto finora nel media center e lungo il percorso è la versione della domenica. Ma fuori di lì, Kigali ha anche una faccia polverosa e disordinata eppure piena di colori, bellissime ragazze, madri stanche e sguardi scintillanti di bambini. Lasciata l’auto al media center, siamo saliti su una moto-taxi. Ti danno il casco e lo infili senza pensare a quante teste ha protetto. Fornisci l’indirizzo e semmai Google Maps. E per tremila franchi, meno di due euro, ti portano dovunque in modo ben più rapido. Solo che con le strade chiuse per la corsa, i percorsi alternativi mostrano un’altra sfumatura della città.

Pogacar non si è rasato e ha un timido accenno di baffi. Da tempo ha perso lo stupore di quando, ragazzino, si affacciava nel mondo dei grandi. Adesso parla da campione del mondo. Scherza dicendo che l’ultimo allenamento con la maglia iridata l’ha fatto martedì, ma non è certo che non possa accadere di nuovo la prossima. Le domande lo rincorrono, lui risponde a bassa voce. Uros Murn, il commissario tecnico della Slovenia, è seduto accanto e parla per monosillabi. Dice che sono qui tutti per Tadej, ma che Roglic farà un lavoro importante nel finale. Poi il microfono passa al campione.

Campionati del mondo Kigali 2025, bambini, colore
La gente di Kigali ha accolto i mondiali con notevole entusiasmo: soprattutto i bambini
Campionati del mondo Kigali 2025, bambini, colore
La gente di Kigali ha accolto i mondiali con notevole entusiasmo: soprattutto i bambini
Ti consideri il favorito assoluto per domenica prossima, dopo quello che è successo nella crono?

Penso che domenica scorsa sia un po’ diversa da quella che si avvicina. Ovviamente sono venuto qui per la corsa su strada, quindi le aspettative sono alte. Mi aspetto molto dalle mie gambe e anche il risultato dovrebbe essere il migliore possibile. Abbiamo una squadra forte, dovremmo essere considerati tra i migliori in gara.

Ti abbiamo visto duellare con improvvisati tifosi su biciclette pesantissime…

Credo di aver perso qualche sfida. Durante le uscite di scarico, mi hanno sempre battuto. Ma anche quando ho fatto qualche allenamento serio, li ho trovati davvero forti. Mi sono abituato all’ambiente e a tutto il resto. Inizio a divertirmi davvero in bici e penso di aver ricevuto una spinta dall’arrivo dei compagni di squadra. Questo mi dà un’ulteriore carica di energia e motivazione e non vediamo l’ora che arrivi domenica.

Puoi parlare di questo? Il percorso in sé e poi l’altitudine e la qualità dell’aria. E poi cosa ne pensi dell’atmosfera in Rwanda e dei tifosi che hai visto lungo le strade?

Prima di tutto, l’altitudine. Molti la sottovalutano troppo perché non sono 1.800 o 2.000 metri, ma appena 1.500. Però in realtà si percepisce, quindi sono contento di essere arrivato qui in anticipo per stare bene nella gara su strada. L’atmosfera è già fantastica. Quando abbiamo fatto qualche giro sul circuito, era già pieno di gente. Era come in gara. Quanto al posto, è ottimo per allenarsi. Non ci sono molte opzioni, ma le strade sono ottime. Martedì o mercoledì ho fatto uno degli allenamenti più belli di quest’anno. Mi sono divertito molto. Certo il tempo è un po’ diverso rispetto a casa. E’ un po’ strano, fa caldo, ma non è sempre umido. E’ un meteo complicato, almeno in bici. Qui in città ad esempio la qualità dell’aria non è delle migliori. Ma quando ci siamo allontanati, la qualità dell’aria era piuttosto buona e la differenza l’ho sentita.

Nell’incontro di oggi con i media, si è visto un Pogacar molto sicuro: se dubbi c’erano, nessuno li ha notati
Nell’incontro di oggi con i media, si è visto un Pogacar molto sicuro: se dubbi c’erano, nessuno li ha notati
Questo essere così atteso e sentire di voler vincere può portarti a esagerare? Potrebbe essere un rischio?

Può succedere. Quando corri così tanto e corri sempre per la vittoria e hai molti occhi puntati addosso, puoi commettere degli errori. Devi provare anche cose diverse e non puoi correre sempre allo stesso modo.

Ti pesa questo essere al centro del mirino. Chi ti conosce meglio parla di un Tadej nel privato e di un Tadej che si trasforma quando scende in gara.

Direi che più della metà del gruppo è fatta così. Voglio dire, è quello che dobbiamo fare. Nelle gare devi essere determinato, l’adrenalina è alle stelle e per forza sei diverso dal solito te stesso. E’ così anche per me. Fuori dal ciclismo sono un ragazzo normale, normalissimo. E poi in bici faccio quello che meglio mi riesce.

Quale pensi sia la parte di percorso che più ti di addice? E secondo te il muro finale in pavé si può paragonare al Qwaremont rispetto al Fiandre?

Personalmente, credo che sulla carta la parte migliore per me sia la salita più lunga di Mount Kigali. Le due salite successive sono brevi. L’unico problema è che la distanza da Mount Kigali fino al traguardo è piuttosto lunga. Invece non credo che il tratto finale in pavé ricordi un muro delle Fiandre, sono pietre completamente diverse. In Belgio la strada è come una gobba, qui i sassi sporgono e sono a volte più sporgenti e a volte appuntiti. Per fortuna si fanno in salita e non sono pericolosi, la rendono solo più difficile.

Pogacar si è visto più di una volta sul circuito in allenamento. Qui con la compagna Urska
Pogacar si è visto più di una volta sul circuito in allenamento. Qui con la compagna Urska
Dici che c’è la possibilità di attaccare su Mount Kigali?

C’è sempre la possibilità di attaccare ovunque tu voglia, se hai le gambe. Solo è un peccato che lo abbiano messo così presto nel circuito. Sarebbe stato molto più divertente o meno doloroso se fosse più avanti o il prima possibile. Invece è proprio a metà, poco dopo metà gara e sicuramente alcuni penseranno di essere abbastanza vicini da arrivare al traguardo.

Così parlò quello che l’anno scorso attaccò a 100 chilometri dal traguardo…

Sì, ma non puoi farlo ogni volta. Avevo Jan (Tratnik, ndr) davanti nel gruppo di testa, che era di circa 20 corridori. Ho trovato un riparo fra loro e poi ho avuto la forza per fare ancora due giri da solo. Non sono stato solo per tutto il tempo, ho sempre avuto qualche piccolo aiuto, che però non ha reso l’impresa più facile.

Hai un’idea di quali saranno i principali contendenti?

Molti saranno impazienti di attaccare da lontano, altri guarderanno me. Penso a Remco, abbiamo visto che nella cronometro volava e penso che sia in buona forma anche per domenica. Poi ho i miei compagni di squadra della UAE Emirates, anche Del Toro vola (i due sono insieme nella foto di apertura, ndr). Poi c’è Pidcock che è uscito bene dalla Vuelta. Però in realtà penso che non dovremmo preoccuparci troppo degli avversari, ma concentrarci sulla nostra gara, perché sarà lunga e difficile. Dovrò risparmiare energie, non solo guardare i miei rivali. Dovremo essere intelligenti sotto ogni aspetto.

Proprio Remco ha detto che il circuito di qui gli ricorda quello di Wollongong, dove ha vinto…

Non è affatto simile, questo è molto più divertente (lo dice con un sorrisino tutto da decifrare, ndr). E’ dieci volte migliore di quello australiano. Senza offesa per gli australiani che lo hanno disegnato, ma non era un buon circuito oppure non faceva per me. So che la gara di domenica sarà molto diversa.

La fuga di Zurigo 2024. Dopo aver trovato Tratnik, Pogacar ebbe collaborazione da Sivakov e poi fece due giri da solo
La fuga di Zurigo 2024. Dopo aver trovato Tratnik, Pogacar ebbe collaborazione da Sivakov e poi fece due giri da solo
Diresti invece che si tratta del circuito più duro degli ultimi anni?

Non lo so, vedremo domenica. Sicuramente sulla carta è la gara più dura, ma il circuito in sé non è poi così difficile. Ci sono due salite principali che non sono lunghissime, ma sono piuttosto ripide e una ha il pavé. Il resto del circuito è veloce in discesa, con un po’ di terreno ondulato. Si può dire che il dislivello si ottenga gratis in questo circuito. Poi aggiungi Mount Kigali nel mezzo, che lo renderà ancora più difficile. Diciamo che è il percorso con più salite degli ultimi anni.

L’Africa, l’altura, il sole… Senti dentro di te l’emozione di far parte di un mondiale mai visto prima?

Già sono stati diversi i preparativi, a partire dai vaccini. Un viaggio lungo, l’ambiente diverso a livello di altitudine e di aspetto. I dintorni sono totalmente diversi dall’Europa. Ma è una bella novità. Penso che sia davvero bello essere venuti anche in Africa. E’ stato più difficile da organizzare per le nazionali, ma direi che per ora sta andando tutto bene.

Quando Pogacar si concede agli sloveni nella lingua madre, mancano venti chilometri all’arrivo delle ragazze U23. Un’altra moto, un altro casco e sfrecciamo verso l’arrivo. La Ciabocco è rientrata nel gruppo di testa. Sarà un po’ uno sbattimento, ma questo mondiale africano inizia a proprio a piacerci.

Campionati del mondo Kigali 2025, Tadej POgacar, cronometro individuale

E’ giusto dire che Tadej ha deluso? Forse sì, forse no…

22.09.2025
4 min
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L’attesa del duello tra Remco Evenepoel e Tadej Pogacar è stata per almeno tre anni il ritornello di ogni primavera, quando li si attendeva all’esame della Liegi. Poi per un motivo o per l’altro, solitamente per incidenti che hanno coinvolto uno dei due, il duello non c’è mai stato. Si è rinnovato al Tour 2024, sul terreno di Pogacar: il confronto non ha avuto storia, anche se il terzo posto di Remco faceva ben sperare. Nell’ultima Boucle invece, il belga è naufragato. Ed è per questo che la rivincita di ieri nella crono di Kigali, sul terreno di Evenepoel, ha il sapore di un’annunciazione. Se tutto andrà come deve, quel duello si vedrà domenica nella prova su strada. Non ci saranno soltanto loro, ma ne saranno i fari.

Il terzo posto di Van Wylder è forse il risultato che minimizza la prestazione di Tadej Pogacar?
Il terzo posto di Van Wylder è forse il risultato che minimizza la prestazione di Tadej Pogacar?

La spiegazione di Pogacar

Il sorpasso di Kigali ha davvero aperto una crepa nell’inscalfibilità di Tadej? In realtà il quarto posto di ieri, ad appena un secondo dal podio, è il miglior risultato di Pogacar in una cronometro iridata. Fu decimo nel 2021 (vincitore Ganna), sesto nel 2022 (vincitore Foss), ventunesimo nel 2023 (vincitore Evenepoel). Perché immaginare o prevedere che a Kigali avrebbe potuto vincere?

La crono secca ha ben poco in comune con quella di un Grande Giro. E al di là della specificità del gesto, per lo sloveno ci sono tutte le attenuanti possibili. Dal fuso orario del Canada ancora da recuperare alla più classica giornata storta, passando per qualche problema di salute durante la preparazione. La crepa tuttavia c’è e sta nel fatto che anche Van Wylder sia riuscito a fare meglio di Tadej, che oggettivamente è andato meno di quanto ci si aspettasse. Forse non basta chiamarsi Pogacar, serve anche che tutto fili alla perfezione.

«Ho dato il massimo – ha detto lo sloveno – ovviamente sono deluso che Remco mi abbia superato. Non è stata la mia migliore prestazione, ma prima del Canada non sono riuscito a terminare il mio blocco di allenamento sulla bici da cronometro. Sono stato malato, ma se volevo essere al 100 per cento per il mondiale, dovevo fare quelle corse, anche se avrebbe significato non dare il massimo nella cronometro. E’ incredibile quanto Remco sia forte in questa disciplina. Si è preparato al 100 per cento e sarà pronto anche per domenica prossima. Ho visto che ero a un secondo dal podio, se l’avessi saputo, nell’ultimo chilometro avrei potuto avere un po’ più di motivazione. Oggi ho dei rimpianti, ma domani è un altro giorno».

Le strade di Kigali sono piene di tifosi e curiosi: l’accoglienza è molto calorosa
Le strade di Kigali sono piene di tifosi e curiosi: l’accoglienza è molto calorosa

L’obiettivo del poker

Evenepoel contro Pogacar a cronometro sarebbe un confronto impari. Il belga ha conquistato il terzo iride consecutivo come Tony Martin e Michael Rogers e potrebbe puntare al poker consecutivo. Un risultato sfuggito anche a Cancellara, che ha vinto quattro mondiali ma non filati e anche un oro olimpico, come Evenepoel.

«Nella prima parte – ha spiegato Evenepoel – sentivo già le gambe lavorare molto bene. Ho mantenuto la velocità senza spingermi al limite. Sulla prima salita, la più dura della giornata, ho spinto davvero forte. Quando ho visto che avevo già un grande distacco, ho cercato di mantenere il ritmo. Il pavé sull’ultima salita a un certo punto l’ho odiato. E’ stato difficile tenere il passo, ma ci sono riuscito e ho vinto. In una giornata come questa, non importa chi superi. Quando ho raggiunto il pavé e ho visto che mi stavo avvicinando a Pogacar, sapevo che dovevo spingere. Ma non volevo esagerare, perché sapevo che gli ultimi 400 metri sarebbero stati duri. Ho avuto una giornata davvero buona e spero di riuscire a mantenere questa forma fino alla gara su strada della prossima settimana. L’anno prossimo però voglio diventare il primo corridore con quattro titoli consecutivi, ma per ora mi godo questo».

Evenepoel ora fa rotta sulla prova su strada, con una fiducia notevole
Campionati del mondo Kigali 2025, Remco Evenepoel, allenamenti su strada
Evenepoel ora fa rotta sulla prova su strada, con una fiducia notevole

Il record di Merckx

Il sorpasso di Kigali rimane una notizia e mette ancora di più l’accento sull’eccezionale prestazione di Evenepoel. L’unico corridore in attività con più vittorie a cronometro di Remco è Ganna, che ne ha collezionate 29. Kung, come il belga, ne ha 22. Roglic è fermo a quota 19. Il francese Jacques Anquetil ha 63 vittorie a cronometro, mentre Fabian Cancellara ne ha centrate 58. Il record assoluto di vittorie contro il tempo appartiene a Eddy Merckx, che ne ha vinte ben 69. Remco ha ancora 25 anni, ma forse certe vette non le raggiungerà mai più nessuno.

«Per superare mio padre – ha dichiarato di recente Axel Merckx, nel tentativo di fare finalmente giustizia – bisogna combinare Pogacar, Van der Poel, Evenepoel e Cavendish. Mathieu come specialista delle classiche di primavera. Tadej come corridore completo. Mark come velocista. E Remco come cronoman. Quattro campioni incredibili, ciascuno superiore nel proprio dominio, ma bisognerebbe unirli tutti per superare mio padre».

Rwanda Kigali 2025, crono mondiale, Remco evenepoel

Kigali, un sorpasso storico. Remco distrugge Pogacar a crono

21.09.2025
6 min
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Incredibile. Impensabile. Impronosticabile. Storico. E chi lo avrebbe mai detto che Tadej Pogacar venisse ripreso e staccato in una cronometro? Perché questo è quel che ha fatto Remco Evenepoel. Qualcosa che va oltre il miglior copione fantasy. E questo finisce quasi per mettere in secondo piano la notizia che il belga ha conquistato il suo terzo titolo iridato a cronometro.

Uno shock per il ciclismo, una goduria enorme per Remco. Uno smacco per Tadej. La giornata delle crono élite termina dunque con questo scossone. Qualcosa di così clamoroso che la memoria torna indietro alla crisi di Merckx sulle Tre Cime di Lavaredo nel 1968. A Indurain staccato da Pantani sul Mortirolo nel 1994. Cose che appunto avvengono ogni 30 anni. Chissà, forse questo momento sarà ricordato come il “sorpasso di Kigali”.

In mattinata era stata la svizzera Marlene Reusser a vincere il titolo. Un trionfo che per l’elvetica significa tanto, visto che spesso era stata favorita e poi aveva fatto cilecca.

Ecco l’immagine, storica e impensabile, che sta girando sui social. Il sorpasso di Remco ai danni di Pogacar quando mancavano 2 km all’arrivo
Ecco l’immagine, storica e impensabile, che sta girando sui social. Il sorpasso di Remco ai danni di Pogacar quando mancavano 2 km all’arrivo

Velo: senza parole

E dire che Pogacar è partito con grande determinazione. E’ uscito dallo stadio con un paio di curve tirate al limite, mentre Remco è stato ben più guardingo. Ma al primo intermedio, dopo 8,3 chilometri, di fatto la crono di Kigali era finita: 45″ di ritardo per lo sloveno dal belga. Crono finita sì, ma da qui a immaginare il sorpasso. Marco Velo, oggi tecnico della nazionale donne, ma fino al 2024 cittì delle crono azzurre, commenta così.

«Sinceramente – attacca Velo – pensavo che Remco stesse bene e che si potesse giocare la vittoria. E farlo anche con 20”-30” su Pogacar non sarebbe stato poco, ma così…», Velo fa silenzio per qualche istante. «Così non ho parole. Quello che ha fatto Evenepoel è qualcosa di fenomenale. Eccezionale sarebbe riduttivo.

«Pogacar – continua Velo – magari oggi non era al top. Non era quello d’inizio Tour de France. Anche in Canada è andato forte, però dopo lo scatto si sedeva, non continuava l’azione col rapporto. E certo che adesso le cose cambiano anche in vista di domenica».

Una prestazione che spariglia gli equilibri attesi per la prova in linea. Ma di questo ne parleremo più avanti. «Ora Pogacar e il suo staff analizzeranno la prova. Magari non ha avuto sin da subito le sensazioni migliori e ha deciso di non spingere a tutta, ma queste cose le sa solo lui».

Percorso complicato

Velo ha seguito dalla macchina prima Soraya Paladin, poi Matteo Sobrero e ribadisce la durezza del tracciato e la difficoltà anche tecnica nell’interpretarlo. Era un percorso da cronoman, quindi da specialisti, ma serviva tanta gamba.

«Anche nella scelta tecnica – riprende Velo – non era facile. Bisognava sia gestirsi che spingere forte. Dopo il primo intermedio, come tanti qui, anch’io ho pensato che Remco fosse partito troppo forte e invece… Era tosta perché bisognava spingere duro e recuperare nel breve tempo delle discese, le quali erano sì veloci ma richiedevano di pedalare. Era importante anche la scelta giusta dei rapporti».

E qui Velo fa un’analisi totale, specie quando gli facciamo notare che tra i primi cinque ci sono due Soudal-Quick Step e tre UAE Team Emirates. Vedere Van Wilder sul podio la dice lunga sull’interpretazione tecnico-tattica della crono. Per carità è bravo, ma chi se lo aspettava così in alto? Di contro gli uomini UAE, sempre schiacciassassi contro il tempo, sono apparsi “duri” nella cadenza.

«In UAE tutti fanno sempre a tutta le crono -dice Velo – e non stupisce vederli così avanti. Per quanto riguarda la scelta dei rapporti, ho notato che in tanti, anche tra le donne, avevano la monocorona, ma a mio avviso non era questo il percorso per usarla. Okay che nel finale c’era lo strappo in pavé, ma si cambiava prima dello sconnesso e poi con salti così ampi degli ingranaggi posteriori era facile piantarsi (o non trovare il rapporto, ndr). Un conto è fare le prove quando sei fresco e un conto arrivare sotto al muro dopo 40 o 50 chilometri. Io, da ex cronoman, non avrei mai montato una monocorona su un percorso simile».

I due azzurri impegnati oggi. Cattaneo (a sinistra) ha chiuso 15° e Sobrero 13°
I due azzurri impegnati oggi. Cattaneo (a sinistra) ha chiuso 15° e Sobrero 13°

Casa Italia

A Kigali, dice Velo, si sta bene: 26 gradi, umidità giusta e, aggiungiamo noi, anche una buona cornice di pubblico. Mentre Remco si gode il suo titolo e forse ancora più la sua prestazione, che sa di rivincita dopo Peyragudes quando a sorpassarlo fu Jonas Vingegaard, c’è spazio per un pensiero anche sui nostri.

«Alla fine i ragazzi e le ragazze – spiega Velo – hanno fatto la crono che ci si aspettava. Sì, forse dagli uomini ci si attendeva una top 10 ma siamo lì. Non possiamo dire che stiano male. E lo stesso vale per le ragazze. Paladin rientrava dopo la frattura della clavicola e non le si poteva chiedere troppo di più. Il suo sforzo è stato funzionale soprattutto in vista della staffetta mista e per la prova di domenica in supporto a Elisa Longo Borghini. Monica Trinca Colonel invece è partita un po’ in sordina, poi ha detto di stare meglio. Bisogna considerare che le nostre non sono poi così abituate a crono di tale livello e lunghezza. Sono esperienze che servono».

I dubbi di Tadej

A Kigali suona l’inno belga, ma a rimbombare è il sorpasso subito da Pogacar. Una batosta simile cambia tutto e inevitabilmente il pensiero scivola alla prova in linea.

«Pogacar è un fuoriclasse e magari questa batosta l’ha già superata – dice Velo – ma è indubbio che sia un po’ destabilizzante. E lo è perché non è stato battuto da uno specialista che non c’entra niente con la corsa in linea, ma da uno dei rivali più accreditati che adesso diventa ancora più favorito. Uno che fa una crono del genere non sta bene: sta a mille, e su queste salite un Pogacar così non lo stacca. Poi magari domenica mi smentirà… ma la sensazione è questa. Diciamo che Tadej una bottarella l’ha presa. Ma una cosa è certa, non dovranno lasciargli neanche 30″, altrimenti si rischia un Australia bis con Remco che scappa e vince il titolo».

Non si può dire che Pogacar ricorderà al meglio il giorno del suo ventisettesimo compleanno. Però è anche vero che l’ultima volta che ha preso una batosta, seppur molto più piccola come al Delfinato di questa estate, poi si è vendicato con ferocia inaudita. Insomma, guai a stuzzicare la belva ferita. Ma questo lo scopriremo strada facendo. Per il momento, onore assoluto al mostruoso Remco Evenepoel.

Grand Prix Cycliste Quebec 2025, Julian Alaphilippe vince

La zampata di Alaphilippe è un’idea per i mondiali?

20.09.2025
5 min
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Adesso il mondiale. Il cielo ha cambiato colore ed è come se ora Julian Alaphilippe si fosse fermato sulla cima del colle con il tempo finalmente per guardarsi indietro. Il passaggio alla Tudor sembrava non aver prodotto i risultati che sperava. Il Tour era andato avanti con più bassi che alti, al punto da aver richiesto un recupero più lungo e la rinuncia a San Sebastian. La vittoria di Quebec City è stata una scarica elettrica auspicata e inattesa, probabilmente l’eccezione che finirà con il confermare la regola del ciclismo dei giovani cannibali. Solo che questa volta il ragazzo di 31 anni ha trovato il modo di far scattare la trappola ed è tornato a casa con il bottino pieno.

«Volevo davvero finire la stagione nel miglior modo possibile – ha raccontato – ho lavorato tanto per la squadra, ma come leader, era importante che riuscissi a vincere. E arrivarci in questo modo è stato ancora meglio. Abbiamo dovuto giocare d’astuzia. Mi è stato ordinato di mantenere la calma, è stato un po’ innaturale, ma fa parte del gioco saper gestire le proprie riserve di energia».

Grand Prix Cycliste Quebec 2025, Julian Alaphilippe in coda al gruppo di fuga
Dosare le energie: per questo a Quebec, Alaphilippe è stato spesso a ruota, ma non gli è piaciuto
Grand Prix Cycliste Quebec 2025, Julian Alaphilippe in coda al gruppo di fuga
Dosare le energie: per questo a Quebec, Alaphilippe è stato spesso a ruota, ma non gli è piaciuto

Prendi e porta a casa

Ha fatto il furbo, c’è forse qualcosa di male? Per una volta non è stato lui quello che ha acceso la miccia, ma ha lasciato che a sfinirsi fossero i compagni di un’avventura iniziata a 73 chilometri dall’arrivo. Come si usa adesso, come anche lui aveva mostrato di saper fare prima che l’incidente della Liegi del 2022 lo costringesse al lungo stop dal quale tutto è cambiato.

«Sono generoso nei miei sforzi – ha raccontato Alaphilippe nella conferenza stampa dopo la vittoria – ma visto il livello del gruppo attuale, se avessi collaborato fin dall’inizio, sicuramente non avrei avuto l’energia per impormi. Per anni non ho contato le mie pedalate. A volte sono stato troppo generoso e non ho ottenuto risultati. Non era previsto che fossi in testa così lontano dal traguardo, mi hanno chiesto perché non tirassi e ho dovuto rispondere che stavo eseguendo gli ordini. Non l’avevo mai fatto prima, non posso dire che mi sia piaciuto. Ma alla fine, anche i corridori che mi avevano detto qualcosa, sono venuti a congratularsi con me. Non ripeterò più una scena del genere».

LIegi-Bastogne-Liegi 2022, Alejandro Valverde, Julian Alaphilippe
Partenza della Liegi 2022, con Valverde c’è Alaphilippe campione del mondo. Di qui a poco una caduta minerà il seguito della sua carriera
LIegi-Bastogne-Liegi 2022, Alejandro Valverde, Julian Alaphilippe
Partenza della Liegi 2022, con Valverde c’è Alaphilippe campione del mondo. Di qui a poco una caduta minerà il seguito della sua carriera

Il gruppo non aspetta

Il copione è lo stesso di altri che hanno detto basta. Il livello del gruppo si è alzato così tanto che il tempo per recuperare da un brutto infortunio diventa un intervallo irrecuperabile. E quando torni, ti accorgi che tutto è cambiato, che nessuno ti aspetta. Che non hai più il passo di prima e la testa va giù. Marta Cavalli per questo ha smesso di correre, Alaphilippe lotta ancora.

«Volevo dimostrare che sono ancora qui – ha raccontato – che posso ancora vincere una delle corse più dure. Ho visto la gioia dei miei compagni di squadra e del mio staff. E’ per questo che continuo ad andare in bici. Se avessi pensato di essere finito, avrei smesso e non avrei firmato per una nuova squadra. Sentivo di avere ancora qualcosa da dare e ora voglio concludere la stagione alla grande. I miei due mondiali non sono così lontani, ma sembrano di un’altra epoca. Sono uno degli ultimi corridori ad aver vissuto il ciclismo pre Covid. I giovani corridori sono robotizzati in termini di allenamento, alimentazione, sonno e allenamento in quota. Tutto è più preciso e calcolato. E per loro è normale. Anche se sono molto professionale, non aspiro a questo. In squadra, con Matteo Trentin, siamo gli ultimi due rappresentanti di questa generazione».

Trentin e Alaphilippe, i due corridori più esperti della Tudor in un ciclismo di ragazzini terribili
Tour de France 2025, Parigi, Campi Elisi, Matteo Trentin abbraccia Julian Alaphilippe
Trentin e Alaphilippe, i due corridori più esperti della Tudor in un ciclismo di ragazzini terribili

Lo spirito francese

Adesso il mondiale, con la suggestione di un viaggio esotico per sfidare quel tiranno spietato e simpatico di nome Pogacar, che da cinque anni monopolizza le cose del ciclismo.

«Dobbiamo tenere conto della sua superiorità – ha spiegato il tecnico francese Thomas Voeckler – ma lo spirito della nostra squadra non è per questo diminuito. Ho formato il gruppo con corridori che sanno capire l’orgoglio di essere francesi. Non posso fare a meno di dire che punteremo alla vittoria, che correremo per diventare campioni del mondo. Potreste pensare che io non sia lucido, eppure lo dico con la massima umiltà. Sono convinto che ci sia una finestra di tempo molto limitata che possiamo sfruttare. Non siamo nel 2020 o nel 2021, dove avevamo il miglior attaccante del mondo su percorsi per attaccanti. Eppure preferisco provare a fare qualcosa rischiando anche di finire al 45° posto, piuttosto che aspettare di entrare nella top 10, cercando di sopravvivere».

Alaphilippe, qui con il ct Voeckler, era arrivato ai mondiali di Zurigo 2024 forte del terzo posto a Montreal dietro Pogacar
Alaphilippe, qui con il ct Voeckler, era arrivato ai mondiali di Zurigo 2024 forte del terzo posto a Montreal dietro Pogacar

L’orgoglio del campione

Battuti da uno che è più vicino alla fine che all’inizio. Chissà se la battuta nella conferenza stampa lo ha fatto davvero sorridere. Ma certo l’ultima riflessione di Julian Alaphilippe, che due giorni dopo si è fermato nella gara di Montreal, è quasi l’invito (purtroppo vano) lanciato ai più giovani perché si fermino finché sono in tempo.

«Il ciclismo di vecchia scuola – ha detto – non è finito. Sono ancora in grado di vincere senza seguire un piano preciso. Mi alleno duramente, ma non potrei condurre la vita di questi ragazzi. Ho bisogno della libertà e della gioia di vivere, che per me è una delle forze trainanti. Sono papà da quattro anni e questo mi ha cambiato la vita. Voglio mantenere questo lato semplice, pur continuando a essere un corridore. Devi vivere, non dimenticare mai che stai solo andando in bicicletta e che c’è una vita anche fuori di qui».

Il ritorno di Pogacar in Canada: sorrisi e fame. L’analisi di Moser

18.09.2025
6 min
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Lo smartphone sul tavolo del ristorante, la pizza in arrivo, la compagna di fronte (immaginiamo la sua espressione) e il GP Cyclistique de Montréal da seguire… anche se non doveva commentarlo. Ebbene sì, Moreno Moser è riuscito in tutto ciò! Ma noi siamo contenti: primo perché questa è passione pura, secondo perché Moser è riuscito a vedere la corsa di Tadej Pogacar.

Con il suo occhio tecnico parliamo appunto del rientro del campione del mondo. Un rientro tanto atteso dopo il Tour de France. L’asso del UAE Team Emirates non gareggiava da 47 giorni.
Come è andata dunque la due giorni canadese di Pogacar? Che cosa ci hanno detto Quebec e Montreal?

Moreno Moser (a sinistra) con Luca Gregorio ai microfoni di Eurosport (immagini tv)
Moreno Moser (a sinistra) con Luca Gregorio ai microfoni di Eurosport (immagini tv)
Moreno, che ti è parso questo ritorno di Tadej nelle due corse canadesi?

Mi è parso alieno, come sempre. L’ho visto fare lo stesso percorso dell’anno scorso. Nel senso che anche l’anno scorso a Québec ha fatto un po’ fatica, ha attaccato sì, ma non era superiore. Quest’anno è uguale: che sia per una questione di fuso orario, che magari alla prima corsa arrivi un po’ scombussolato, che di gambe forse non rodate.

Lui ha ai detto di essere era stato male durante la settimana…

Esatto, la settimana è stato male. E questa è la dimostrazione, anche all’80 per cento Tadej è un fenomeno. A Québec è andato così così, e comunque ci ha provato, però ha fatto la gamba. E 48 ore dopo a Montréal già volava. Quindi secondo me è lo stesso identico percorso dell’anno scorso.

Avevamo lasciato un Pogacar un po’ meno sorridente del solito, come ti è parso?

Probabilmente aveva proprio bisogno di scaricare, di ricaricare le batterie, di cambiare aria. Lo stress portato da un sacco di fattori al Tour de France l’aveva un po’ spento. Secondo me ha inciso anche lo stress dei fischi. Fischi che non si sarebbe mai aspettato, per il fatto di andare troppo forte, i dubbi sulle sue performance… quella cosa lì gli ha fatto male. Però ha ricaricato le batterie ed è tornato anche a divertirsi. A Montréal mi è sembrato un corridore che aveva voglia di divertirsi, non solo di vincere. Per vincere avrebbe potuto aspettare l’ultimo giro e andare via. Invece aveva voglia di disintegrare tutti, anzi secondo me voleva proprio smorzare le voci disintegrando la corsa, anche per come l’hanno impostata come squadra.

Pogacar è tornato in gara dopo 47 giorni e si è subito mostrato in grande spolvero
Pogacar è tornato in gara dopo 47 giorni e si è subito mostrato in grande spolvero
Cosa ne pensi del gesto nei confronti del compagno di squadra McNulty?

Bellissimo. Giustissimo che l’abbia aspettato e che l’abbia lasciato vincere. Personalmente non sono per il pensiero per cui non si possano lasciare vincere le corse ai compagni in queste situazioni. Soprattutto uno come Tadej può permetterselo. Ha vinto e stravinto ogni cosa, quasi fino al punto di stufare, quindi può benissimo permettersi di far vincere una corsa a un compagno. Tra l’altro Montreal è una corsa che aveva già vinto due volte. Dal momento che vuole fare la collezione del palmarès, i doppioni non gli servono! Quindi quel gesto non mi ha stupito affatto. Mi avrebbe stupito il contrario. Stavo guardando la corsa con la mia ragazza, Valeria, e le ho detto: “Se non lo lascia vincere, butto via il telefono!”.

Quindi Pogacar è il tuo favorito per il mondiale?

Senza alcun dubbio…

Visto anche il percorso, visto il suo stato di forma o entrambe le cose?

Visto tutto! Il percorso è duro e quindi è difficile metterlo in mezzo. Su un percorso facile ci si può inventarsi qualcosa, vedi appunto Québec. O una Sanremo. Ma su un percorso duro contano le gambe e non puoi inventarti niente. Dove conta la scia, dove contano i tatticismi, può provare a fare qualcosa, ci possono essere più variabili ed incognite. Ma in un mondiale così sarà difficile.

A Montreal il campione del mondo ha lasciato la vittoria a McNulty. Di certo avrà un gregario ancora più devoto adesso
A Montreal il campione del mondo ha lasciato la vittoria a McNulty. Di certo avrà un gregario ancora più devoto adesso
I due giovani compagni, Del Toro e Ayuso, che si ritroverà contro secondo te proveranno a sfruttare il suo lavoro? Sono i più pericolosi?

Questa sarà forse la parte più interessante del mondiale. Di sicuro Juan Ayuso non gli darà una mano. Neanche Del Toro lo farà, però magari se si ritrovasse davanti e lui dietro potrebbe anche essere tra quelli che non tirano. Poi non sottovaluterei mai Remco Evenepoel.

A proposito di Remco, forse c’è più interesse per la cronometro?

Più interesse no, ma effettivamente è una sfida interessante, più combattuta. Certo che se la crono è troppo dura la specializzazione di Remco va un po’ a farsi benedire.

Però abbiamo visto che Trinca Colonel, per esempio, userà una monocorona da 60 denti, quindi sarà anche scorrevole…

Meglio così allora. Aspettiamoci una bella sfida.

C’è qualcosa che ti ha colpito del rientro di Pogacar?

Una cosa che mi ha colpito in Canada non è stato tanto di Tadej, quanto la sua squadra. Non ho mai visto una superiorità del genere. Io Montréal l’ho fatta due o tre volte, arrivando anche secondo, e posso dire che è difficile fare la differenza su quel percorso. Almeno ai miei tempi.

Moser è rimasto colpito dalla solidità e dalla fame della UAE Emirates
Moser è rimasto colpito dalla solidità e dalla fame della UAE Emirates
Spiegati meglio…

A Montréal era impensabile partire prima dell’ultimo giro. E all’ultimo giro si arrivava con tre quarti del gruppo compatto. Quando feci secondo, dopo l’ultima salita rimanemmo in venticinque. Io andai via con una “mezza fagianata” negli ultimi 3-4 chilometri su quegli stradoni. Questo per dire che non è una corsa così dura e in gruppo si sta benone. Si risparmia tanto. Vedere una squadra che si mette davanti e con soli due uomini, Wellens e Sivakov, toglie di ruota l’80 per cento del gruppo, per me è stata una roba folle.

Chiaro…

Ma poi sono famelici. Mi sembrava davvero che volessero prendersi una rivincita di due giorni prima, quando comunque avevano fatto secondo proprio con Sivakov. E a me questa fame fa impazzire, mi piace da morire vederli così cattivi. Ovvio che le gambe buone ti fanno venire voglia di partire super determinato, anche a livello di mentalità sono inquadrati: sanno quello che vogliono. L’altro “Greg” (Luca Gregorio, ndr) mi chiedeva se, considerando che la Visma-Lease a Bike ha vinto due Grandi Giri e la UAE uno, la stagione migliore l’avesse fatta la Visma. Io gli ho risposto di no. La costanza che ha avuto la UAE in quest’anno, oltre al Tour de France che da solo vale di più di tutto, è spaventosa. A volte vincono anche su più fronti nello stesso giorno.

Majka sceglie la famiglia, ma non esclude di tornare (da diesse)

17.09.2025
6 min
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Nella sua storia di corridore, Rafal Majka ha corso per tanti capitani, ma tre sopra tutti. Contador, Sagan e Pogacar. Nulla in comune, ride il polacco che a fine anno lascerà il ciclismo, se non la determinazione nel vincere. Per loro a un certo punto ha messo via la voglia d’essere leader ed il suo è diventato il viaggio del più forte gregario del gruppo. Quello che dà la svolta alla corsa e costringe i rivali al fuorigiri. Quello cui un giorno Pogacar ha detto di calare un po’, che bastava anche meno. Tre sono state anche le squadre in cui Majka ha corso a partire dal 2011. La Saxo Bank di Bjarne Riis. La Bora Hansgrohe di Ralf Denk. Il UAE Team Emirates di Mauro Gianetti.

Da oggi, Majka è impegnato nello Skoda Tour de Luxembourg, dopo aver scortato Isaac Del Toro alla raffica di vittorie in Toscana, da Larciano a Peccioli, passando per il Giro della Toscana dedicato ad Alfredo Martini. Lo raggiungiamo prima di cena alla vigilia della corsa, con la curiosità di sapere perché ritirarsi, avendo dimostrato anche quest’anno un livello da assoluto numero uno.

Da oggi Majka è in gara al Tour of Luxembourg, dopo aver aiutato Del Toro in Toscana. Qui a Peccioli
Da oggi Majka è in gara al Tour of Luxembourg, dopo aver aiutato Del Toro in Toscana. Qui a Peccioli
Rafal, come mai?

Ho fatto una bella stagione (sorride, ndr). Anche in Polonia, Austria e le corse successive, sono sempre stato davanti. Però, ti dico la verità, avevo già deciso a gennaio e l’ho comunicato alla squadra. Avevo anche la proposta per l’anno prossimo, perché il grande Mauro (Gianetti, ndr) mi ha detto che il mio posto c’è sempre. La motivazione per andare in bici e allenarmi c’è, però la decisione è arrivata dalla famiglia, dalla voglia stare con i bimbi. Sono 24 anni che sono fuori e non è facile.

Siete stati a lungo separati?

In realtà no. A parte i primi tre anni che ho passato in Italia, poi sono stato in Polonia. Però sempre girando il mondo, più di otto mesi all’anno fuori casa. La routine normale di un corridore. Non sono ancora stanco, però voglio passare un po’ tempo con i bimbi. Vanno a scuola, hanno cinque e nove anni, il tempo passa veloce.

Ti stai abituando all’idea che sono le ultime corse?

Sto veramente bene. Dopo il Giro, abbiamo vinto ancora con Del Toro. Ho fatto il podio al Giro dell’Austria. In Polonia tutti sapevano che avrei smesso e ogni giorno è stato una festa. Poi abbiamo vinto in Toscana e Isaac volava. Adesso sono in Lussemburgo, con una squadra veramente forte. Sono contento di smettere con una squadra che è ancora prima al mondo e che vince tutto.

La UAE Emirates è solo la terza squadra di una carriera molto lunga: come mai hai cambiato così poco?

Sono stato per sei anni alla Saxo Bank che poi è diventata Tinkoff perché stavo bene e avevo sempre la fiducia. Dopo quattro anni sono diventato capitano e potevo anche aiutare Contador. Con la Bora ero un po’ più stressato, perché ero il solo capitano per le corse a tappe e dopo quattro anni ho sentito il bisogno di cambiare. Alla fine è arrivata una squadra, la Uae Emirates, in cui sapevo che c’erano un giovane di nome Pogacar. Pensavo fosse un buon corridore che avrebbe vinto una o due corse, invece mi sono ritrovato a correre con uno che vince tutto e che diventerà una leggenda. Per me è un divertimento correre con il migliore del mondo e migliore della storia. E’ veramente come una famiglia e so che mi mancherà. Perché Gianetti mi ha dato fiducia e come lui anche Matxin. Sono stati davvero cinque anni speciali.

Tre squadre e tre grandi capitani. C’è qualcosa in comune fra Contador, Sagan e Pogacar?

Tutti e tre sono forti con la testa. Impressionante la loro capacità di puntare un obiettivo. Tecnicamente Sagan è diverso dagli altri due, ma quando stava bene, poteva vincere tutto. Tre mondiali di seguito non sono una cosa normale. Anche Alberto è stato un grande campione capace di dichiarare che avrebbe vinto il Giro, il Tour o la Vuelta e poi di vincerli davvero. E poi c’è Tadej, che non dice niente, ma vince tutto. Pogacar parla meno, ma vince tanto.

Era il Giro del 2020, nel giorno di riposo nella cantina di Robert Spinazzè, quando ci dicesti che l’anno dopo saresti andato alla UAE per fare il gregario. Che cosa ti fece scegliere questa strada?

Sapevo che stavano arrivando dei giovani fortissimi. Io avevo ormai trent’anni e capii che sarebbe stato meglio diventare un buon gregario che vincere solo una o due corse all’anno. Perciò decisi di firmare per una squadra come la UAE, pur non sapendo quanto sarebbe diventato forte Pogacar.

Rafal Majka, classe 1989, è passato professionista nel 2011. Ha vinto 3 tappe al Tour (2 volte la maglia a pois), 2 tappe alla Vuelta, il Giro di Polonia
Rafal Majka, classe 1989, è passato professionista nel 2011. Ha vinto 3 tappe al Tour (2 volte la maglia a pois), 2 tappe alla Vuelta, il Giro di Polonia
E’ paragonabile lo stress del leader con quello del gregario?

C’è stress ugualmente, perché per aiutare uno così, devi essere pronto nel momento in cui serve. Però diciamo che lo sopporti meglio, se il capitano può davvero vincere tutto. E’ uno stress diverso, mi viene meglio ed è più facile correre così. Per quello avrei ancora la motivazione di continuare, perché non sono ancora un atleta sfruttato.

Al Giro di quest’anno il meccanismo UAE si è inceppato e Del Toro ha perso la maglia rosa. Che cosa è successo secondo te?

Tutti pensano che possano essere state le gambe o la testa. Io penso a un corridore di 21 anni che ha indosso la maglia rosa fino al penultimo giorno. Ho grande rispetto per Del Toro, come è chiaro che possa essergli mancata un po’ di esperienza. Però è un ragazzo forte, andrà fortissimo ai mondiali e sono certo che nei prossimi anni vincerà anche un Grande Giro.

E a proposito di giovani: che consiglio di senti di dare ad Ayuso che lascerà la squadra?

Di andare forte, andare forte e basta. Allenarsi al 100 per cento e andare forte. Perché anche Ayuso ha un talento che può sfruttare veramente bene, ovunque andrà a correre.

Sestriere, Del Toro ha appena perso la maglia rosa: Majka lo abbraccia, non si può sempre vincere
Sestriere, Del Toro ha appena perso la maglia rosa: Majka lo abbraccia, non si può sempre vincere
Tutto questo ti mancherà?

Mi mancherà tutto. Se fai la stessa cosa da quando sei giovane, è inevitabile che ti manchi quando la interrompi. Però alla fine voglio anche godermi la bici in tranquillità. Non guardare i watt e guardare invece la natura, fare chilometri con uno spirito diverso.

E’ fuori luogo aspettarsi un Majka direttore sportivo?

Volete proprio saperlo? Vi rispondo fra quattro mesi (ride, ndr), perché adesso voglio recuperare bene dopo la stagione. Lasciare tutto per quattro mesi e dopo sicuramente parleremo del futuro in questo sport, perché non voglio abbandonare del tutto un mondo che mi piace così tanto.