Giuliani dice basta con i team, ma non molla la presa

Giuliani dice basta con i team, ma non molla la presa

16.10.2025
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Dopo tanti anni a nuotare controcorrente, Stefano Giuliani ha deciso di dire basta. A 68 anni, dopo una lunga carriera da corridore e una ancor più lunga da dirigente, l’abruzzese termina con questa stagione l’ultimo suo impegno alla guida della Monzon Incolor Gub. Poi non è che starà in pantofole, non è proprio da lui. Recentemente è stato nominato presidente dell’UC Perna che organizza il Trofeo Matteotti, quindi si dedicherà anima e corpo all’organizzazione della classica pescarese.

I tanti anni passati in ammiraglia non possono però andare così presto nel dimenticatoio. Perché mettere la parola fine a questa lunghissima esperienza? Non è solo un discorso di stanchezza fisica perché parlando con Giuliani, la verve è sempre quella: «Partiamo dal presupposto che non volevo mollare, perché sono un tipo che non molla mai, ma deve avere un senso. Io mi sono sempre adattato come un camaleonte ai vari passaggi epocali. A quest’ultima avventura ho dedicato 8 anni di sacrifici e ho visto il ciclismo cambiare profondamente, cambiare la sua cultura. Mi sono convinto ad esempio che una continental ha molto più senso di una professional, se intesa come occasione per tanti ragazzi di correre, per mettersi in evidenza e trovare una propria strada. Ma anche come la intendevamo noi, una squadra aveva bisogno di fondi sempre maggiori, ormai non ce la facevamo più».

La Monzon Incolor Gub era nata con altro nome nel 2018, con affiliazione sempre in Romania (foto Facebook)
La Monzon Incolor Gub era nata con altro nome nel 2018, con affiliazione sempre in Romania (foto Facebook)
La Monzon Incolor Gub era nata con altro nome nel 2018, con affiliazione sempre in Romania (foto Facebook)
La Monzon Incolor Gub era nata con altro nome nel 2018, con affiliazione sempre in Romania (foto Facebook)
A proposito di avventure in ammiraglia, quale ricordi con maggiore affetto?

Sicuramente quella con la Fantini, partendo da zero e arrivando a una squadra professional conosciuta e ammirata in tutto il mondo. Dove si lavorava a un certo livello. Ero determinato a convincere gli investitori a fare una squadra con un mix di vecchio e nuovo. Per certi versi anticipando anche i tempi di oggi. Ero molto soddisfatto, sotto l’aspetto tecnico si vinceva ancora. Poi sono ripartito, testardo come sono, più o meno con le stesse soluzioni, cercando investitori. Ma non era più la stessa cosa, anche perché lottare in un mondo dove a vincere sono sempre quelle 3-4 squadre alla fine ti logora e toglie la voglia. Perché è sempre una questione di soldi…

Qual era la tua formula?

Io ho sempre pensato a squadre internazionali, perché avere sempre più Nazioni significa più apertura per le gare, più attenzione generalizzata, più possibilità d’investimento, il tutto per dare spazio  dei giovani che magari non hanno avuto la stessa possibilità di poter emergere. Il mio sogno, ora posso dirlo, era entrare nella filiera di una WorldTour perché quel concetto, pur con mille contraddizioni, ha un senso, ma non me ne hanno data la possibilità. Così sono andato avanti da solo, finché ho potuto.

La Vini Fantini è stata una delle più belle esperienze per Giuliani, perché portata ai vertici
La Vini Fantini è stata una delle più belle esperienze per Giuliani, perché portata ai vertici
La Vini Fantini è stata una delle più belle esperienze per Giuliani, perché portata ai vertici
Nel ciclismo di oggi c’è qualcosa che ti piace?

I giovani, che fanno sacrifici almeno quanti ne facevamo noi. Ma noi li facevamo per fame, loro per moda, per arricchirsi: il che ha anche un senso. Solo che così il ciclismo è diventato uno sport per vip, dove già come famiglia devi investire tanto. Sono tutte ragioni per le quali bisognerebbe riflettere: a che pro continuare quando fai fatica a fare un budget? La cosa che non va è che gli investitori molto probabilmente non credono più a questo sport paragonandolo con altri. Sono andato in Cina e ho trovato sponsor disponibili a investire con bici performanti, perché oggi ai ragazzi non gli puoi dare una sottomarca.

Dopo tanti anni da dirigente, quali sono quelli che ti sono rimasti più nel cuore, dove ti divertivi di più?

Sicuramente i primi, anche se non ero maturo, ma avevo una verve che trascinava tutto il gruppo. E’ stato un periodo un po’ più spavaldo, si può dire garibaldino con la Cantina Tollo, eravamo tre soci. Beh, da quella squadra ne vennero fuori tre quando io, Santoni e Masciarelli scegliemmo tre strade diverse, ma evidentemente eravamo tutti e tre capaci, perché Fantini, Domina Vacanze e Acqua e Sapone sono state tre pietre miliari. C’era più movimento, più posti di lavoro, più possibilità di emergere. Prendevo quei ragazzi che magari non mi consigliavano, gli estroversi, gli artisti, un po’ come mi definisco io, quelli che non riescono a esprimersi in un mondo così asettico.

Il lettone Kristians Belohvosciks ha preso parte anche a mondiali ed europei (foto Facebook)
Il lettone Kristians Belohvosciks ha preso parte anche a mondiali ed europei (foto Facebook)
Il lettone Kristians Belohvosciks ha preso parte anche a mondiali ed europei (foto Facebook)
Il lettone Kristians Belohvosciks ha preso parte anche a mondiali ed europei (foto Facebook)
C’è un nome che ti è rimasto impresso?

Penso che la chicca di quell’esperienza, per non farla lunga, è stato Ivan Quaranta. Aveva smesso oramai e quindi io feci questa scommessa con lui e con me stesso perché era un talento e i talenti non si possono perdere. Cercai di recuperarlo, trovammo un buon feeling e vinse quattro tappe vestendo pure la maglia rosa al Giro, questo mi dà un gran soddisfazione personale. Ma ce ne metto anche un’altra.

Quale?

Lo sciopero per i diritti televisivi al Giro. Ci fu una riunione con gli sponsor dove eravamo 10 squadre, quel giorno si decise che chi vinceva non andava sul podio. Io pregavo di non vincere perché ero con una squadra sì tra le 10, ma non era la più influente. Quaranta invece vinse, non andò sul palco, esplosero le polemiche e alla lunga ho pagato quel gesto, del quale però non mi sono mai pentito perché avevo dato la mia parola.

Quest'anno la squadra di Giuliani ha colto molti piazzamenti, soprattutto in Cina, sede dello sponsor tecnico (foto Facebook)
Quest’anno la squadra di Giuliani ha colto molti piazzamenti, soprattutto in Cina, sede dello sponsor tecnico (foto Facebook)
Quest'anno la squadra di Giuliani ha colto molti piazzamenti, soprattutto in Cina, sede dello sponsor tecnico (foto Facebook)
Quest’anno la squadra di Giuliani ha colto molti piazzamenti, soprattutto in Cina, sede dello sponsor tecnico (foto Facebook)
Tu adesso ti concentri sull’organizzazione del Trofeo Matteotti. E’ una strada che ti interessa di più in questo momento?

Sono già 7 anni che ci sono dentro, affiancando il presidente Sebastiani, che è presidente anche del Pescara Calcio. Ma non andava come volevo io, era una gara destinata a finire. L’edizione di quest’anno è stata montata in pochissimi giorni, ma sapevo che potevo farcela, anche se c’erano tanti gufi che cantavano già il de profundis. Ora però bisogna fare le cose per bene. Amo questa corsa, era quella di quand’ero bambino, sono arrivato due volte terzo, una volta quinto. Quando andavo male finivo vicino ai primi 10. Era il mio mondiale. Ora devo restituirgli qualcosa…

Il progetto di Giuliani ora sbarca anche in Cina

22.01.2025
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Non è mai semplice parlare con Stefano Giuliani, perché il manager della Monzon Incolor Gub è sempre in giro. Per sapere qualcosa di più sull’evoluzione del suo team continental affiliato in Romania ma dalla forte impronta italiana, lo abbiamo rintracciato poco prima dell’imbarco verso la Cina e scoprire la sua destinazione ci ha un po’ meravigliato.

Continua la lunga storia di Stefano Giuliani, il cui team è affiliato dal 2018 in Romania
Continua la lunga storia di Stefano Giuliani, il cui team è affiliato dal 2018 in Romania

Un investimento decisivo

«E’ la mia ennesima avventura – racconta – andiamo ad accordarci con un paio di aziende di bici per la prossima stagione. Devo dire grazie proprio a loro se sono ancora in questo ambiente: a fine ottobre avevo deciso di mollare tutto perché non c’erano le condizioni per continuare. Ma lo sapete quanto costa una squadra continental? Soprattutto se non hai le spalle coperte, se non c’è chi ti fornisce bici, accessori, materiale ma devi sempre pagare tutto? Io stavo per lasciare, ma mi è arrivata quella telefonata che ti allunga la vita, questa grande azienda cinese (Incolor, ndr) ha deciso di investire su di noi e di punto in bianco mi sono ritrovato ancora in ballo».

La squadra cambia profondamente, non solo nell’attrezzatura ma anche nel suo roster e la sua costruzione è qualcosa di molto diverso dal solito: «Io non contatto corridori o procuratori, sono loro a contattare me e questo lo devo soprattutto alle tante conoscenze che ho accumulato nel corso degli anni. Mi arrivano richieste sui social, per telefono, per mail… Questo è un progetto diverso da tutti gli altri, l’affiliazione rumena non è una scelta di comodo, ma rappresenta il nostro modo di pensare, con una squadra internazionale che fa un calendario internazionale. Per questo mi arrivano richieste da ogni parte del globo…».

L’ammiraglia del team con Dilara Gul, direttore sportivo che arriva dalla Turchia
L’ammiraglia del team con Dilara Gul, direttore sportivo che arriva dalla Turchia

Curriculum e non solo

Un progetto coraggioso e che ora trova nuova linfa, non solo economica ma anche mediatica attraverso un mercato enorme come quello cinese: «Hanno capito l’essenza del nostro progetto. Al giorno d’oggi vincono in pochi perché nel ciclismo contano esclusivamente i soldi. Ma se sei al di fuori della massima serie, i budget a disposizione sono sempre quelli e puoi fare ben poco, a meno che non cambi prospettiva. A me dispiace che non ci siano in Italia sponsor che guardino oltre la punta del proprio naso, che non colgano l’occasione».

Come avviene la scelta? «Mi arrivano tantissimi curriculum, io valuto in base alle nostre esigenze e al valore dei corridori. E’ chiaro che quelli di prima qualità sono nel WT, dopo bisogna saper inquadrare il valore di ogni corridore, che cosa può dare. Se si tornasse al passato, con una netta e semplice distinzione fra dilettanti e professionisti sarebbe tutto più semplice. Poi devo guardare anche altro».

Nuovi corridori asiatici

Che cosa? «Ad esempio abbiamo portato nel team un corridore di Hong Kong, Ngai Chung Ki. Questo perché saremo al Giro di Taiwan e devo quindi avere anche qualche motivo di richiamo per il mercato locale, stessa cosa per Zhang Changxin, corridore cinese ultimo acquisto. Devo tenere conto degli sponsor, ma anche dell’aspetto comunicativo e avere un corridore del luogo ti apre tante strade. Io d’altronde così posso dare spazio a ragazzi che meritano, perché non guardo certo solo il passaporto, voglio corridori veri».

La sua squadra è diventata una vera multinazionale, con 12 corridori di 8 nazioni diverse e ognuno di questi ha una storia: «C’è ad esempio il finlandese Sampo Malinen, mi aveva colpito il fatto che si allenava a 2.500 metri di quota – spiega Giuliani – mi sono ritrovato un corridore capace di finire nelle posizioni alte delle prove internazionali gravel, vediamo ora come se la cava. Oppure il britannico Tom Williams, che era senza team eppure a fine anno era ancora lì a Calpe ad allenarsi. Avendo 21 anni, aveva solo bisogno di una chance».

Il team è stato presentato nella sede dell’Incolor. Un’azienda di dimensioni enormi
Il team è stato presentato nella sede dell’Incolor. Un’azienda di dimensioni enormi

Due italiani nel team

Saranno due gli italiani in squadra, molto diversi fra loro: «Ho deciso di riconfermare Filippo Tagliani perché ha una grandissima esperienza all’estero e ne ha passate davvero tante, proprio questo è un valore in più. Può essere un esempio per i suoi compagni e quel regista in corsa che serve ai giovani per crescere. E’ un grande professionista. Con lui Jacopo Militello, appena 20 anni che viene dalla Toscana e può crescere molto in questo contesto».

Queste scelte hanno restituito a Giuliani la voglia di lottare per le strade di tutto il mondo: «Faremo un calendario molto internazionale, proprio per rispettare il nostro progetto. Molti mi chiedono perché mi fermo a 12 corridori. La risposta è semplice: l’attività continental costa molto, ma io devo essere in grado di far correre i ragazzi a ritmo abbastanza continuo, altrimenti mollano. Guardate quel che avviene in tanti team, si comincia la stagione con 10 e si finisce con 6. Non deve succedere, ognuno avrà le sue occasioni per correre e crescere».

Stefano Giuliani, il trofeo Matteotti e una certa idea di ciclismo

23.09.2024
6 min
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Il 15 settembre scorso si è corsa la 76ª edizione del Trofeo Matteotti, con la vittoria del venezuelano Orluis Aular davanti ad Alessandro Covi e Aleksej Lutsenko.

Il Matteotti è un trofeo dalla storia gloriosa, con un albo d’oro che annovera nomi come Ercole Baldini, Felice Gimondi, Roger De Vlaeminck e Francesco Moser, solo per citarne alcuni. Da sette anni l’organizzazione è nelle mani di Stefano Giuliani, abruzzese doc, con un notevole passato da corridore prima e dirigente poi. Abbiamo fatto quattro chiacchiere con lui per farci raccontare qualcosa di cosa voglia dire, al giorno d’oggi, organizzare un evento di questo calibro (e non solo).

Ecco Stefano Giuliani, qui in compagnia di Nibali e Vegni
Ecco Stefano Giuliani, qui in compagnia di Nibali e Vegni
Stefano, com’è nata la tua avventura al Trofeo Matteotti?

Premetto che non nasco come un organizzatore di gare. Cerco di esserlo, di farlo al mio meglio, con la passione che ho sempre messo nel ciclismo. Prima da corridore e poi da direttore sportivo. Tutt’oggi ho anche una squadra da seguire, il Team Vini Monzon-Savini Due-OMZ, e non è sempre facile tenere tutto assieme. Però ecco, sicuramente il “mio” Matteotti è nato da questa grande passione.

Nello specifico in che modo?

Io sono sempre stato uno che ama le sfide e dopo aver concluso l’avventura alla Vini Fantini nel 2017 ho vissuto qualche mese un po’ difficile. Poi ho sentito che Renato Ricci, l’allora presidente del Trofeo Matteotti, voleva lasciare, e allora ho colto l’occasione. Nel frattempo, pochi giorni dopo, ho saputo anche che diversi corridori della Vini Fantini erano rimasti a piedi, e allora ho deciso di fondare anche un’altra squadra.

E comunque finora sei riuscito a tenere assieme tutto.

Se io resisto ancora è perché ho idee diverse, un po’ come Silvio Baldini, l’allenatore di calcio mio conterraneo. Mi metto in gioco, con impegno e professionalità. Diciamo che in quanto ex corridore ti rimane sempre quella tigna, quella voglia di competere e dimostrare qualcosa. Io faccio tanto, anche troppo forse. Mi dicono che sono un artista, ma la mia disorganizzazione è comunque organizzata, come credo si sia visto durante gli anni alla Vini Fantini. Quando i ragazzi vincevano li portavo in discoteca, perché questa era la mia idea di ciclismo e di vita, in barba al pensiero degli altri. Però negli ultimi sei anni non ho avuto il budget per prendere in squadra corridori di qualità, perché è sempre più difficile  per le continental come la nostra.

Al via del Matteotti 2024, la mamma di Simone Roganti, pescarese scomparso il 30 agosto
Al via del Matteotti 2024, la mamma di Simone Roganti, pescarese scomparso il 30 agosto
Ora la tendenza è di passare direttamente da juniores a elite.

Esatto, infatti una realtà storica come la Zalf chiude. E’ molto difficile. Dopo il Covid le aziende fanno più fatica ad investire a livello più basso, eppure è da quello che poi nascono i campioni. Ora come ora a dir la verità sto pensando di chiudere la squadra, se i regolamenti non cambiano non so se continuerò un altro anno. In pochi anni in Italia siamo passati da avere 16 professional a 3. E poi anche noi del settore dovremmo metterci più in gioco, secondo me.

In che senso?

Nel senso che io sono fatto alla mia maniera e non è che tutti debbano fare come me. Ma se ognuno o anche solo qualcuno dei ds o degli ex atleti organizzasse un evento come il Matteotti nella sua terra, o creasse un bike park come ho fatto io, credo che il ciclismo italiano sarebbe meno in crisi. Il ciclismo ci ha dato tanto, e secondo me è giusto ricambiare. Almeno, questo è quello che sembra a me e che cerco di fare.

Torniamo un attimo al Trofeo Matteotti. Quali sono i suoi punti di forza secondo te?

Intanto il Matteotti ha un budget molto piccolo rispetto ad altre gare simili. Eppure siamo comunque riusciti a portare negli ultimi anni 6 squadre WorldTour e 7 professional. Ovviamente ne vorrei di più, ma trovare l’incastro perfetto nel calendario non è facile. Poi, una cosa a cui tengo molto, è che puntiamo molto sulla sicurezza, e abbiamo deciso di correre in un circuito, che credo sia il futuro. Serve al pubblico, per godersi al meglio lo spettacolo, e serve agli organizzatori, per garantire appunto il massimo livello di sicurezza.

Siamo quasi alla fine. Qual è il tuo più bel ricordo del Trofeo Matteotti?

Ti racconto una cosa. Da piccolo io al Matteotti raccoglievo le borracce perché passava sotto casa mia. Rincorrevo Gimondi con la graziella e sono ricordi che ancora mi fanno emozionare. Ecco perché questo Trofeo l’ho sempre sentito molto. Da corridore ho fatto due podi e diversi piazzamenti, poi l’ho vinto due volte da DS con la Farnese. Per dire che da bambino non avrei mai pensato che da grande avrei fatto questa carriera, che mi ha portato a vincere tappe al Giro e poi, ora, ad organizzare io stesso il Matteotti. Un po’ credo al destino che mi ha fatto trovare al posto giusto nel momento giusto.

Ricordavi appunto che tu sei abruzzese, quindi questa gara per te ha un’importanza particolare.

Esatto. L’Abruzzo è la mia terra e voglio convincere tutti ad investire qui, perché ha moltissime possibilità. Il mio sogno è che il Matteotti diventi un evento di punta in cui magari poter vedere all’opera corridori come Pogacar o Evenepoel. Come un altro grande, grandissimo sogno sarebbe quello di portare qui il mondiale.

Lo immagini già?

Il nostro percorso sarebbe perfetto, con un circuito di 13 chilometri senza neanche un’auto parcheggiata e molto protetto, perché ripeto la sicurezza è fondamentale. Abbiamo 200 volontari della Protezione Civile, le doppie transenne, la grande collaborazione della Polizia e delle amministrazioni. Insomma, tutto quello che serve per fare diventare il Matteotti un grande appuntamento internazionale.

Questa la vittoria di Arta Terme del Giro 1988 di cui parla Giuliani, nata dopo il gelo del Gavia
Questa la vittoria di Arta Terme del Giro 1988 di cui parla Giuliani, nata dopo il gelo del Gavia
Un sogno che, con la tua grinta e la tua passione, potrebbe davvero realizzarsi.

Vedete, io ho vinto tappe con fughe da 150 chilometri, so che quello che ci vuole sono passione e audacia. Di nuovo, noi del settore dobbiamo ridare qualcosa al ciclismo, perché il ciclismo ci ha insegnato molto. Mi ricordo che al Giro dell’88 durante la famosa tappa del Gavia ho sofferto tantissimo, ma ho tenuto duro perché avevo responsabilità verso la mia famiglia, avevo già due figli. Due giorni dopo ho vinto la tappa più bella di quel Giro, ad Arta Terme. Quello mi ha insegnato a non mollare durante le difficoltà. Da allora non mi faccio scoraggiare da niente, il ciclismo insegna a cadere e a rialzarsi e questo mi rende molto orgoglioso.

Tagliani, il team mai nato e il salvagente di Giuliani

11.04.2024
5 min
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Alla fine Filippo Tagliani un posto l’ha trovato, anzi sta già correndo al Giro dell’Abruzzo, ma il suo inverno non è stato certo caratterizzato dalla tranquillità. Coinvolto nel progetto dell’Albiono Pro Cycling Team, la fantomatica squadra con base alle Isole Vergini che doveva entrare fra le continental con un budget molto cospicuo, il ventottenne corridore di Gavardo ha rischiato seriamente di trovarsi a piedi, sapendo che perdere il treno sarebbe stato un addio definitivo.

Spesso abbiamo provato a sentirlo nel corso dei mesi freddi, ma lo stesso Filippo ci avvertiva di non avere novità, di continuare a vivere in un limbo che solo ora, con in tasca il contratto con la Monzon-Savini Due può descrivere nei particolari.

«Mi aveva contattato a dicembre il manager Luciano Fondrieschi – racconta – prospettandomi questa possibilità e io, che non avevo squadra, avevo accolto con favore l’idea di essere coinvolto in un nuovo progetto. Entro Natale ho anche firmato il contratto, sembrava tutto a posto ma c’era qualcosa che non quadrava».

Il nuovo Monzon-Savini Due-Team Omz. Tagliani e Cataldo sono le ultime due entrate
Il nuovo Monzon-Savini Due-Team Omz. Tagliani e Cataldo sono le ultime due entrate
Che cosa?

Tutto rimaneva fumoso, intanto i giorni passavano e se da una parte si continuava a sentire nell’ambiente, anche sui media, di questo grande progetto proveniente da uno dei paradisi fiscali, dall’altro però non vedevamo nessuna realtà. Niente materiale tecnico, niente bici, niente programmi. Quando chiedevamo a Fondrieschi, che è un manager italiano che ha la sua attività a Menton, appena fuori dai confini, anche lui diceva di non avere notizie.

E poi?

A quel punto bisognava fare qualcosa e Fondrieschi ci ha proposto di fare intanto un ritiro prestagionale non lontano dalla sua attività lavorativa, sulla costa sud della Francia. Lui anticipava i soldi per le spese, noi ci siamo presentati ognuno con il proprio materiale tecnico, senza divise né bici. Eravamo una decina: io, Lorenzo Cataldo (che mi ha seguito anche nell’epilogo alla Monzon-Savini Due), El Gouzi e altri ragazzi. Il progetto era anche interessante, con corridori provenienti da molti Paesi, una vera multinazionale. Il problema è che i giorni passavano e la nebbia sul nostro futuro non accennava a diradarsi, anzi…

Tagliani, a 28 anni, cerca il rilancio dopo le difficoltà legate alla chiusura della Drone Hopper
Tagliani, a 28 anni, cerca il rilancio dopo le difficoltà legate alla chiusura della Drone Hopper
Come facevate a trovare la forza psicologica per allenarvi?

Non era semplice, anzi a dir la verità molti hanno preso quei giorni come una vacanza. Al mattino si usciva tutti insieme in bicicletta, ma dopo una mezz’ora io e Lorenzo ci ritrovavamo da soli: gli altri si erano già fermati. Noi invece abbiamo continuato a crederci, perché volevamo sperare che la situazione si sbloccasse, volevamo fortemente continuare a fare il nostro lavoro. Poi c’è stato un piccolo colpo di scena.

Quale?

A fine gennaio è arrivato il primo stipendio. A quel punto ho pensato che la situazione si stava risolvendo, anche perché come a me era arrivato anche agli altri. Continuavamo però a non avere nulla per iniziare l’attività, né la squadra era stata intanto registrata all’Uci. Poi Fondrieschi ci ha comunicato che anche se dalle Isole Vergini continuavano a dargli assicurazioni, lui si era tirato fuori. A quel punto abbiamo capito che non c’erano grandi possibilità e abbiamo iniziato a guardarci intorno.

L’antiguano Jyme Bridges, uno dei pochi oltre a Tagliani e Cataldo ad aver trovato un contratto nel 2024, in un team caraibico
L’antiguano Jyme Bridges, uno dei pochi ad aver trovato un contratto nel 2024, in un team caraibico
Difficile però trovare spazi a quel punto della stagione, quando ormai i quadri delle varie squadre sono completi…

Infatti. Un colombiano si è sistemato alla GW Shimano, un caraibico è tornato a correre dalle sue parti. Io e Lorenzo, anche grazie all’intercessione dello stesso Fondrieschi, ci siamo messi in contatto con Giuliani e siamo approdati nel suo team.

Praticamente, appena entrato sei stato buttato nella mischia…

Per fortuna avevo continuato ad allenarmi e prima della partenza del Giro d’Abruzzo sono stato due settimane a Montesilvano per prepararmi. Ma l’allenamento è una cosa, la corsa un’altra. La forma fisica è buona, quella mentale ancor di più. Oltretutto per il nostro team questo è un evento centrale nella stagione, è come se fossi stato buttato subito nella fossa dei leoni. Ma a me le sfide non spaventano, soprattutto se arrivano dopo un inverno che non auguro a nessuno.

Una delle prime vittorie di Tagliani, alla Boucles de Haut Var del 2018
Una delle prime vittorie di Tagliani, alla Boucles de Haut Var del 2018
Dopo che cosa ti aspetta?

Preparerò la prossima corsa a tappe che mi vedrà impegnato in Grecia a maggio. Lì dovrei trovare anche percorsi che si adattano meglio alle mie caratteristiche. Voglio farmi trovare pronto per cercare qualche buon risultato e cominciare a costruire la mia stagione per meritarmi un futuro.

La tua vicenda che cosa ti ha insegnato?

Che in questo mondo in tanti pensano di poter entrare, ma non è per nulla facile. Con i proclami non si va da nessuna parte. Per fortuna poi ci sono gli “storici” come Giuliani che sanno dove mettere le mani e continuano a tenere su l’attività. Per gestire una squadra, a qualsiasi livello, bisogna essere capaci, sapere quel che si sta facendo perché ci sono delle vite in gioco.

Ti rimproveri qualcosa?

Forse di essermi fidato un po’ troppo, ma io ho sempre fatto il massimo e interpretato questo mestiere con la massima serietà, anche nei momenti peggiori. Se sono caduto in piedi lo devo solo a me stesso.

Giro d’Abruzzo, il ritorno dopo 17 anni. Giuliani racconta

08.04.2024
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Ritorna dopo 17 anni il Giro d’Abruzzo, RCS Sport lo ha inserito nel calendario al posto del Giro di Sicilia. Una corsa a tappe breve, di quattro giorni, che attraversa l’intera regione: il via domani, la fine venerdì. L’Abruzzo torna ad avere una corsa importante, oltre al Trofeo Matteotti, e questo accade perché l’investimento nel ciclismo è stato importante. La regione ha ospitato la cronometro di apertura del Giro d’Italia 2023 e prima ancora ha lavorato ad una rete ciclabile proprio sulla Costa dei Trabocchi

Il ciclismo cresce

Uno che il Giro d’Abruzzo lo ha respirato e vissuto, e che in questa terra ha legato il suo amore per il ciclismo, è Stefano Giuliani. Quando gli abbiamo chiesto di parlare della sua regione, la voce si è accesa e le parole sono uscite come un fiume in piena. 

«Sono felice perché sono il mio sport e la mia regione – dice – da qualche tempo siamo diventati il centro del ciclismo italiano. Prima la partenza del Giro, nel 2029 avremo gli europei su strada. Si è spostato il baricentro da nord a sud. Per fare un bel ciclismo ci vogliono tanta passione e grinta, che a noi non mancano, ma anche tanti soldi. Fortunatamente abbiamo dei politici che credono nel ciclismo e ci investono molto. Alla fine il nostro è uno sport che fa scoprire il territorio, basta guardare nelle località sciistiche: c’è più gente che va in bici rispetto a quella che scia. E’ il momento giusto per investire sulla bici».

Si attraverseranno paesini tipici abruzzesi, come Rocca San Giovanni (foto: Camillo Masciarelli)
Si attraverseranno paesini tipici abruzzesi, come Rocca San Giovanni (foto: Camillo Masciarelli)
Come hai preso la notizia del ritorno della corsa?

E’ stata una bellissima sorpresa, ma pensate che ansia da prestazione che mi ha messo addosso. Io che sono anche diesse (del team continental Vini Monzon-Savini Due-OMZ, ndr) arriverò alla prima tappa con un fremito addosso. Mi spiace un po’ perché avrei voluto una squadra con cui provare a vincere, ma ho tanti ragazzi giovani che in questo mondo devono imparare tanto.

Ci saranno i top team.

Per essere competitivo ora bisogna avere una grande motivazione, ma non basta, servono una struttura solida e un programma delineato di lavoro. Anche al Trofeo Matteotti, che aiuto a organizzare, ora vengono a correre i campioni. Fa piacere, perché è un bel messaggio, ma per le squadre piccole diventa tutto difficile. 

Cosa ci racconti del percorso?

Le prime due tappe sembrano essere abbordabili, si dovrà stare attenti alle fughe, ma con il controllo che c’è ora in gruppo la volata dovrebbe essere scontata. L’arrivo di Pescara è veloce, prima ci sono dei sali e scendi nella zona di Ortona, ma non credo possano fare male ai velocisti moderni. 

La prima tappa inizia da Vasto…

Si partirà da lì, e si vedranno gli stessi territori che ha attraversato il Giro d’Italia lo scorso anno. La corsa rosa ha aiutato a far scoprire dei bellissimi paesaggi e sono sicuro che tanta gente verrà a vederli. Per arrivare a Pescara, città dello sport a 360 gradi, si passerà da una zona ricca di vigneti, dove nascono tante cantine, come la Vini Fantini Farnese. 

La seconda frazione sembra più mossa.

Si parte da Alanno, dove da bambino andavo in bici, si attraverseranno tante zone di collina, con salite anche medio lunghe. Ma anche in questo caso i velocisti moderni possono reggere tranquillamente la fatica a mio modo di vedere. La parte impegnativa, che da altimetria non si vede, è quella di Celano, che è un continuo sali e scendi. C’è un castello molto bello e lì vicino ci sono le gole che prendono il nome dal paese. 

Dalla terza tappa Iniziano le montagne?

RCS sembra aver tenuto il format del Giro di Sicilia: due tappe veloci, una terza più dura e l’ultima di vera montagna. Si sono invertite un po’ le cose perché nella terza frazione del Giro d’Abruzzo si arriva a Prati di Tivo. Salita famosissima e altrettanto rinomata località sciistica. Si parte da Pratola Peligna, vicino a Sulmona, zona conosciuta per i confetti. Si procede verso Rocca di Mezzo, città famosa grazie al Giro. 

Ultimo giorno, con arrivo a L’Aquila…

Con partenza da Montorio al Vomano, i corridori passeranno dal Parco Nazionale del Gran Sasso, diretti verso L’Aquila. L’arrivo immagino sarà lungo lo strappo che porta in città. Se si pensa a L’Aquila ancora si ritorna al Giro, con la famosa tappa di pioggia e freddo. 

Nel 2010 il Giro torna a L’Aquila, terra ancora ferita dal terremoto, anche oggi le cose non sono cambiate
Nel 2010 il Giro torna a L’Aquila, terra ancora ferita dal terremoto, anche oggi le cose non sono cambiate
Ci sono zone dove si possono giocare dei trabocchetti?

Nella seconda tappa, quando si attraverserà Fucino, in quell’area c’è sempre vento, ma è difficile determinare da che parte tira. Anche se, con gli strumenti moderni, ti alzi al mattino e sai tutto. Riesci a sapere se il vento cambia anche quando sei in corsa. 

Intanto l’appuntamento è per il 9 aprile…

Vi aspetto, teniamo da parte qualche arrosticino anche per voi.

Giuliani non si arrende. Un altro anno per il team rumeno

11.01.2024
5 min
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Stefano Giuliani non è cambiato di una virgola rispetto al corridore che negli anni Ottanta vinse due tappe al Giro d’Italia e che dal 1996 è quasi sempre rimasto alla guida di varie squadre del panorama italiano e non solo. Il “quasi” si riferisce alla parentesi dal 2004 al 2011, quando ormai saturo di questo mondo, fece un passo indietro, ma poi la passione tornò a galla. Appena compiuti 66 anni, il dirigente abruzzese è alle prese con la costruzione della nuova stagione del team Sofer-Savini Due-Omz, formazione continental, diretta discendente della Giotti Vittoria, che ha trovato casa in Romania.

Non è più solo questione di licenza: la squadra ha ora una forte impronta rumena, tanto è vero che per metà sarà composta da corridori di quel Paese, poi due giapponesi, un marocchino, un ungherese e il riconfermato in extremis Marco Oliva, unica presenza italiana nel team, trentenne che aiuterà anche a dare un po’ di esperienza nel team facendo da collante tra corridori e tecnici. Se a prima vista questa scelta può stupire, parlando con Giuliani si comprende che è figlia di una situazione più complessa.

Stefano Giuliani ha lanciato il team nel 2018, cambiando sponsor e licenza. Ora rilancia la sfida
Stefano Giuliani ha lanciato il team nel 2018, cambiando sponsor e licenza. Ora rilancia la sfida

«Dico la verità – racconta – io avrei voluto mollare perché in questo ciclismo sono troppe le difficoltà da affrontare, è un mondo dove per rimanere a galla servono troppi soldi. Poi un po’ la passione, un po’ il desiderio di dare comunque ai ragazzi la possibilità di correre, di mettersi in mostra e trovare la strada per emergere, come hanno fatto in decine dai miei team nel corso degli anni, mi hanno spinto a continuare. Per questo ammetto che siamo un po’ in ritardo rispetto agli altri club, anche se tutte le formalità burocratiche sono state espletate».

E’ chiaro però che la squadra di oggi è ben diversa da quella degli anni scorsi…

Lo so bene, ma la scelta di affiliare la squadra in Romania non era stata presa per questioni fiscali. La nostra è sempre stata una squadra piccola, ma con impronta internazionale. Il nostro cammino dal 2018 ci stava portando a diventare una professional, poi la pandemia ha fermato tutto e il ciclismo da allora è diventato un’altra cosa. Per realtà come la nostra è difficile continuare, trovare chi sostiene l’attività è complicato. Soprattutto perché tutte le aziende chiedono la grande vetrina del Giro d’Italia e quindi le porte sono chiuse.

Il gruppo della Sofer-Savini Due-Omz, che quest’anno conterà una decina di elementi
Il gruppo della Sofer-Savini Due-Omz, che quest’anno conterà una decina di elementi
Come sei arrivato in Romania?

Ho avuto la fortuna di conoscere un imprenditore come Savini, abruzzese come me, che ha il suo mercato in Romania e in tutti i Balcani, dov’è un riferimento nel campo dell’arredamento di bagni. Figurarsi che non aveva neanche tanta passione per il ciclismo, alla fine gliel’abbiamo instillata noi. E la sua carica, la sua brillantezza nel campo industriale ha coinvolto anche noi, spingendoci a insistere.

Analizzando la scorsa stagione, hai affermato che il 2023 è stato avaro di soddisfazioni. A cosa è stato dovuto?

Quando corri gare di calendario di alto livello come facciamo noi, in giro per l’Europa, ti trovi contro vere corazzate che hanno mezzi a disposizione molto superiori ai nostri. Noi però consentiamo ai ragazzi di crescere e imparare affrontando competizioni di livello adeguato e infatti qualche risultato è arrivato. Con noi abbiamo avuto Nikiforos Arvanitou, corridore greco laureatosi campione nazionale con i nostri colori e capace di altri buoni risultati anche al Giro di Sicilia. Ma proprio perché è cresciuto non potevamo tenerlo.

Il giovane greco Arvanitou si è messo in evidenza. Nel 2024 correrà per la Novaspor Speedbike (foto DirectVelo)
Il giovane greco Arvanitou si è messo in evidenza. Nel 2024 correrà per la Novaspor Speedbike (foto DirectVelo)
La vostra diventa quindi una squadra di lancio per giovani…

Non potremmo fare altro. Non c’è un reale progetto di base perché ogni anno dobbiamo fare i conti con budget estremamente risicati, muoverci contando il centesimo. Per avere più libertà di movimento non basta che io trovi lo sponsor danaroso che in Italia neanche c’è, servirebbe proprio una nuova impostazione che tenga conto delle esigenze di formazioni come la nostra, dia un supporto a chi è la base del movimento, riempie gli ordini di partenza rimettendoci di tasca propria. Perché ad esempio non dare privilegi di defiscalizzazione a chi investe nel ciclismo, nelle categorie giovanili? Si farebbe il bene del movimento e le aziende sarebbero maggiormente invogliate a intervenire.

Secondo te perché non avviene?

Sarebbe facile dire che è un problema politico, la realtà è che dovremmo noi, intesi come società continental e di under 23, a muoverci di comune accordo invece di farci continuamente la guerra. Questo sistema mi piace molto meno di com’era prima che ero più giovane, ma il mio carattere mi porta a ributtarmi nella mischia e mettercela tutta, pensando ai ragazzi.

Oliva insieme al suo tecnico Alberati. Nel 2024 sarà l’unico italiano del team, almeno per ora… (foto Instagram)
Oliva insieme al suo tecnico Alberati. Nel 2024 sarà l’unico italiano del team, almeno per ora… (foto Instagram)
Quando iniziate?

A fine febbraio faremo un ritiro per poi iniziare le gare a marzo. Per ora abbiamo 10 elementi, ma conto di inserirne almeno un altro paio, magari anche italiani, per poi iniziare la stagione e so che, grazie anche allo staff tecnico a nostra disposizione, sapremo farci valere.

Grosu riparte dalla Polonia tra sfortune e brutte storie

22.01.2023
6 min
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Nella tempesta che ha travolto e ha fatto chiudere la Drone Hopper di Gianni Savio, si è ritrovato anche Eduard Grosu. Il corridore rumeno, che ha corso in Italia per molti anni, ha perso tutto ad un tratto le certezze delle quali era circondato. La sua storia degli ultimi due anni è una spirale che lo ha portato sempre più giù, ma lui corridore dall’animo tenace, non si è fatto abbattere ed è ripartito. Con la speranza di rovesciare, a colpi di pedale ben assestati, questo trend negativo

Eduard si era ritrovato senza squadra anche nel 2021 con la chiusura della Delko
Eduard si era ritrovato senza squadra anche nel 2021 con la chiusura della Delko

Le speranze truffate

A sentire Grosu raccontare degli ultimi mesi si fa fatica a credergli, la cosa triste è che ciò che stiamo per scrivere è davvero accaduto…

«Sto bene – racconta da casa sua in Romania – per il 2023 sono riuscito a trovare la squadra, alla fine. Si tratta della Mazowsze Serce Polski, una continental polacca. Ho dovuto aspettare l’anno nuovo perché durante gli ultimi mesi del 2022 avevo firmato un contratto con una continental irlandese, la EvoPro Racing. Avevo firmato con loro perché doveva entrare un grande sponsor rumeno e la squadra avrebbe preso l’affiliazione nel mio Paese. Ero stato coinvolto in tutte le trattative e si era già arrivati a fasi estremamente avanzate. Il manager della EvoPro, Morgan Fox, era venuto in Romania ed aveva già il contratto per la fornitura delle bici.

«Ad un certo punto – continua a raccontare Grosu – quando l’UCI ha chiesto le garanzie allo sponsor rumeno, questo è sparito e non ha più risposto a mail o telefonate. La cosa peggiore è che, siccome si passava ad un’affiliazione rumena, io avevo contattato dei ragazzi del mio Paese per farli venire a correre in questa nuova squadra. Una volta che lo sponsor è sparito siamo rimasti tutti a piedi, dai ragazzi rumeni fino alla EvoPro, che ha dovuto chiudere il team».

Nel 2022 è ripartito con la Drone Hopper, una prima parte di stagione sfortunata ed un finale in crescendo
Nel 2022 è ripartito con la Drone Hopper, una prima parte di stagione sfortunata ed un finale in crescendo

Di nuovo a piedi

Nel 2022 aveva chiuso la Drone Hopper e con lo sfortunato episodio della EvoPro le cose si erano fatte nere per Grosu. La Mazowsze Serce Polski ha rimesso un po’ le cose in ordine e per il 2023 si prova a ricostruire qualcosa, con la speranza di far girare la fortuna dalla parte giusta. 

«La Drone Hopper – spiega il velocista rumeno – doveva rimanere aperta, almeno per quanto mi avevano detto i miei procuratori, i Carera, dopo il Giro di Romania (era ancora la prima metà di settembre, ndr). Nel frattempo ero entrato in contatto con un po’ di professional straniere ma con la situazione che si è venuta a creata con la EvoPro quelle piste si sono poi raffreddate. Il calendario che mi offre la Mazowsze Serce Polski è buono: faremo il Giro di Ungheria e quello di Danimarca più qualche corsa in Belgio e Francia.

«La cosa importante è avere le occasioni, penso che se saprò sfruttarle riuscirò a tornare in una professional. Non sono uno che si dà per vinto, non mi faccio abbattere, prendo le cose come vengono e cerco di trarne sempre il massimo. Se le offerte arriveranno, bene, altrimenti vorrà dire che non ho mercato e farò altro».

Con Savio si è cercato in ogni modo di salvare la squadra ma non ci si è riusciti
Con Savio si è cercato in ogni modo di salvare la squadra ma non ci si è riusciti

La situazione Drone Hopper

Vi avevamo raccontato degli umori dei corridori italiani della Drone Hopper qualche mese fa. Anche per Grosu il periodo non è stato semplice ma il suo per cercare di salvare la situazione lo ha fatto

«I miei ex compagni li sento ancora – dice – sono rimasto in buoni contatti con loro. Nel momento più difficile ho provato anche io in prima persona a muovermi per salvare la situazione, cercando qualche sponsor. Conosco molto bene il Ministro dello Sport rumeno: Edward Novak, ex atleta paralimpico, ma non siamo riusciti a trovare una soluzione. Sono rimasto comunque in contatto con Gianni Savio, è un uomo davvero buono, con il quale mi sono trovato molto bene e gli auguro il meglio».

Grosu con Giuliani in ammiraglia ai tempi della Vini Fantini, fu lui a portare il velocista rumeno in Italia
Grosu con Giuliani in ammiraglia ai tempi della Vini Fantini, fu lui a portare il velocista rumeno in Italia

Il deja vu con Giuliani

Ripartendo da una continental Grosu ritrova una situazione che gli pare simile al passato, come un deja vu. L’ultima volta che il velocista ha corso in una continental era il 2014 e si trovava alla Vini Fantini Nippo. Il suo diesse era Stefano Giuliani. Viste le parole di Dalla Valle a proposito del rapporto con quest’ultimo chiediamo a Grosu che ricordi ha lui, invece. E cerchiamo di capire come faccia Stefano a creare quell’armonia che aiuta i suoi corridori a ritrovare slancio. 

«La prima volta che ci siamo incontrati – racconta fermandosi un attimo per ricordare meglio – era il 2013. Eravamo al Giro di Romania, nel mese di luglio, e gli avevo chiesto se nella sua squadra ci fosse un posto libero perché volevo passare. Dopo un po’ di tempo, sarà stato dicembre, mi chiama per dirmi che avrebbe fatto la continental ed io sarei stato parte del team. Giuliani è una grande persona, dal cuore enorme che mi è stata sempre vicina. Per due anni ho vissuto a casa sua, ti donerebbe l’anima se potesse. E’ sempre riuscito a tirare fuori il meglio dai suoi corridori, per non fargli mancare nulla fa i salti mortali, penso sia questo il suo segreto, ti fa vedere lui in prima persona quanto ci tiene».

La Romania è cresciuta molto a livello ciclistico negli ultimi anni (foto Sibiu Tour, Tiberiu Hila)
La Romania è cresciuta molto a livello ciclistico negli ultimi anni (foto Sibiu Tour, Tiberiu Hila)

Il ciclismo in Romania

Grosu parla volentieri e risponde gentilmente alle domande, e così si finisce anche a parlare del ciclismo in Romania. Terra nella quale è nato e dove, come ci racconta lui, è tornato a vivere dal 2019. 

«Sono tornato a vivere qui da quando ho smesso di correre alla Nippo Vini Fantini (dice, ndr). A Zarnesti, a tre chilometri dal Castello di Dracula, mi piace stare qui e ci sto molto bene. Il ciclismo in Romania è in grande ascesa, se penso a cinque anni fa ricordo che avevamo solamente il Sibiu Tour. Ora i giorni di corsa UCI sul nostro territorio sono 17: tra Sibiu Tour, Tour Szeklerland, Giro di Romania e qualche gara di un giorno. Il merito è anche di Vlad Dascalu che corre in Mtb nel team Trek e nel 2019 è stato campione del mondo under 23. Quando un atleta raggiunge un traguardo del genere crea interesse nella disciplina, qualunque essa sia».

Dalla Valle tra i pro’: merito di Giuliani e della Giotti Victoria

16.01.2023
5 min
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Il 2023 vede un bel rientro nel gruppo dei professionisti, si tratta di Nicolas Dalla Valle. Nella stagione scorsa il veneto aveva fatto quel passo indietro, ritornando tra le continental. Il 2021 era finito con la mancata riconferma alla Bardiani. La squadra da cui ripartire, invece, aveva il nome di Giotti Victoria. Quando succede una cosa del genere, è difficile reagire e riallacciare il filo che si era interrotto. Ma Dalla Valle, dopo appena una stagione, torna in una squadra professional: la Corratec.

Dalla Valle Bardiani 2021
Dalla Valle, qui con Roberto Reverberi, era passato professionista con la Bardiani nel 2020, per lui un biennio sfortunato
Dalla Valle Bardiani 2021
Dalla Valle, qui con Roberto Reverberi, era passato con la Bardiani nel 2020
Immaginiamo tu sia contento di essere tornato tra i professionisti…

Sì, e lo sono ancor di più perché correrò in una squadra che ambisce ad un determinato calendario. Me ne sono accorto la scorsa stagione di quanto sia fondamentale fare delle corse di buon livello per continuare a crescere. 

Come è iniziato questo 2023?

Bene, il tempo è clemente e pedalare diventa meno faticoso. Ripartirò a correre il 30 gennaio al Saudi Tour, quindi manca ancora poco e si ricomincia.

Alla Giotti hai avuto come diesse Stefano Giuliani, come ti sei trovato con lui?

In realtà lo conosco da sempre, sia per nome che per fama. E’ stato anche diesse di mio padre Gabriele alla Mobilvetta tra il 1998 ed il 1999. Giuliani è una figura molto carismatica e con tanta voglia di fare, quando ci siamo parlati mi ha dato subito fiducia e mi ha promesso anche un buon calendario. E così è stato, per una continental non è mai semplice ma Stefano ha avuto il merito di mantenere la promessa fatta. Nel 2022 ho fatto 55 giorni di corsa. 

Dalla Valle Romania 2022
Dalla Valle ha avuto tanta costanza nel 2022: quattordici top ten per lui ed una grande crescita (foto Instagram)
Dalla Valle Romania 2022
Dalla Valle ha avuto tanta costanza nel 2022: quattordici top ten per lui ed una grande crescita (foto Instagram)
Come trasmette il proprio carisma alla squadra?

Lui è una persona molto seria e professionale, il suo lavoro lo fa sempre al massimo. Punta ad essere una figura di riferimento per tutti i suoi ragazzi. Una cosa che mi ha sempre colpito è che nelle sue squadre siano passati tanti corridori come me in cerca di riscatto e che molti sono riusciti a ricostruirsi. Sapete, quando ce la fa uno o due magari non ci si fa molto caso, ma quando iniziano ad essere di più vuol dire che del merito c’è.

In che modo secondo te riesce a “ricostruire” i corridori?

Giuliani è molto esigente, pretende sempre il massimo impegno, però non è mai esagerato, è in grado anche di premiare i ragazzi trovando sempre il momento giusto. Vi faccio un esempio: al Sibiu Tour, dopo la prima tappa, lunga 210 chilometri e corsa sotto la pioggia, dove ero arrivato secondo, al posto della pasta, a cena, ci ha fatto trovare una pizza. E’ un modo per premiare gli sforzi che fa bene al morale di un corridore.

Nel biennio alla Bardiani non hai avuto così tanta continuità.

Sono state due stagioni sfortunate (il 2020 ed il 2021, ndr), nelle quali non ho trovato la possibilità di mettermi in mostra. La prima annata con i Reverberi ho messo insieme 29 giorni di corsa, la seconda 32. La continuità aiuta a crescere e migliorare corsa dopo corsa.

Come si affronta il ritorno nella categoria continental?

Lo si vive sempre come una sconfitta, Giuliani in questo è stato bravo insegnandomi che non lo è affatto. La prima cosa da fare è ricostruirsi, analizzarsi ed accettare i propri sbagli. Si tira una bella linea sul passato e si inizia da zero. 

Tour of Szeklerland 2022, Nicolas Dalla Valle vincitore di due tappe e della classifica a punti
Tour of Szeklerland 2022, Nicolas Dalla Valle vincitore di due tappe e della classifica a punti
A 24 anni, una volta tornato in una continental c’è il pensiero che possa essere l’ultima spiaggia?

Certo, questo pensiero deve esserci perché la realtà va affrontata. Ma non bisogna farsi abbattere, bensì trarne motivazione e spinta. La prima vittoria mi ha dato una grande mano per ritrovare la fiducia, anche se devo essere sincero: sentivo che qualcosa si stesse sbloccando anche prima. 

Come è arrivata la possibilità Corratec?

Il mercato del ciclismo è sempre difficile e c’erano tanti fattori da considerare: l’età ed il fatto che ci sia una crisi tra le squadre e molte chiudono. A 25 anni sei considerato vecchio e questo non aiuta, però i buoni risultati ottenuti (quattordici top 10, due vittorie, tre secondi posti e due terzi posti, ndr) mi hanno permesso di guadagnarmi il mio spazio. Giuliani mi ha dato una mano anche in questo visto che grazie a lui, nel mese di settembre, sono riuscito ad entrare in contatto con Fondriest ed Alberati.

Da quanto abbiamo capito il calendario ed i risultati sono stati i fattori che ti hanno permesso di emergere.

Sì, è innegabile. Correre il Tour of Hellas, il Giro di Ungheria e tutte le corse a tappe in Romania, più quelle italiane mi ha dato un qualcosa in più. La fiducia di cui parlavamo anche prima passa dal fare corse di alto livello.

Per Dalla Valle 55 giorni di corsa con la Giotti Victoria e con molte gare internazionali (foto Instagram)
Per Dalla Valle 55 giorni di corsa con la Giotti Victoria e con molte gare internazionali (foto Instagram)
Qualcuno potrebbe storcere il naso sentendo definire quelle gare come di “alto livello”.

La realtà è che lo sono, nel tempo sono sempre migliorate. Al Giro di Ungheria c’erano velocisti di primo livello: Kooij, Viviani, Groenewegen, Jakobsen… Al Sibiu Tour erano presenti ben sei squadre WorldTour, mentre in Grecia le WorldTour erano due ma c’erano tante professional: come la Drone-Hopper, la Bingoal, Caja Rural e Novo Nordisk.

Ritornare tra le professional lo consideri un arrivo?

No. E’ una possibilità che la Corratec mi sta dando, un’altra ripartenza, diversa da quella che ho fatto l’anno scorso con la Giotti, ma sempre di una ripartenza si tratta. 

E’ stata più difficile la ripartenza dell’anno scorso o lo sarà più quella di quest’anno?

Sono due cose molto diverse. Da un lato c’era la sconfitta per non essere riuscito a rimanere tra i professionisti. Questa la considero una ripartenza vittoriosa, l’obiettivo era quello di tornare nel ciclismo dei grandi e ci sono riuscito, ora devo dimostrare di poterci rimanere. 

Guarda chi c’è! Stacchiotti di nuovo alla corte di Giuliani

22.08.2022
5 min
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Era un po’ che non sentivamo Riccardo Stacchiotti. Il bravo corridore marchigiano, complice lo stop della Vini Zabù era improvvisamente rimasto senza squadra. La ricerca, vana, poi eccolo di nuovo in pista vicino a Stefano Giuliani, il diesse che lo aveva diretto per tanti anni ai tempi della Nippo e poi nel 2018 e 2019 nella Giotti Victoria Palomar.

Riccardo aveva la divisa, ma non quella del corridore. Il saggio tecnico abruzzese lo ha inserito nello staff della Giotti Victoria Savini Due, la continental che dirige con passione. Con che ruolo? Scopriamolo insieme…

“Stacchio” con i ragazzi prima della corsa: consigli e qualche risata per ammorbidire la tensione
“Stacchio” con i ragazzi prima della corsa: consigli e qualche risata per ammorbidire la tensione
Riccardo, un piacere rivederti nella mischia! 

Con Stefano Giuliani ho un bellissimo rapporto, ci conosciamo da anni, sin da quando correvo con lui e c’è grande stima reciproca. Quando ha visto che ormai ero fuori dai giochi ha deciso di ributtarmi dentro. Io c’ero rimasto male.

Come è andata questa avventura con la Giotti?

Mi ha proposto di andare con loro in Romania per il Tour of Szeklerland, una piccola corsa a tappe. E ci sono andato senza avere un ruolo preciso. Non sono un direttore sportivo, non sono un massaggiatore, non guido il bus… ma mi ha detto: «Vieni, dai una mano ai ragazzi». E devo dire che mi sono trovato benissimo.

Che significa “dare una mano”?

Ho fatto il meccanico, aiutavo nei preparativi e sono stato vicino a Valerio Tebaldi, il direttore sportivo. Con lui ho studiato le tattiche. Alla fine io ho corso fino ad un anno fa. Ho vissuto il ciclismo moderno e qualche dritta giusta gliel’ho data!

La Giotti Victoria ha disputato un’ottima gara allo Szeklerland. Per Dalla Valle due successi di tappa
La Giotti Victoria ha disputato un’ottima gara allo Szeklerland. Per Dalla Valle due tappe
Beh, direi di sì: visto che avete vinto! E ben due tappe con Dalla Valle…

Due tappe, tre secondi posti, secondi nella generale e ci siamo portati a casa la maglia della classifica a punti e se non fosse stato per un piccolo inconveniente nella tappa “di salita” avremmo vinto anche la generale.

Che ambiente c’è in squadra?

Giuliani sta portando avanti questo progetto tra mille difficoltà, ci mette l’anima. Nonostante tutto sapevo che mi sarei trovato bene, che non mi sarebbe mancato nulla, così come nulla fa mancare ai corridori. Sappiamo come prenderci l’uno con l’altro e con i corridori.

Questa avventura che sbocchi potrà avere?

Vediamo. Per il momento Stefano mi ha chiesto di tornare con loro nella prossima gara: il Turul Romaniei, sempre in Romania a settembre. Ci andrò e avrò sempre lo stesso ruolo. Io ho la tessera da direttore sportivo di primo livello, ma in autunno prenderò il secondo e poi il terzo e così, magari, potrò fare il direttore sportivo a tutti gli effetti, cosa che mi piacerebbe. Nel frattempo porto avanti questa esperienza che mi dà soddisfazione. I ragazzi stessi sanno che sono stato corridore fino alla scorso anno e quindi riesco ad impersonificare le loro esigenze, so ciò di cui hanno bisogno.

Facci un esempio…

Per esempio, dopo l’arrivo so cosa vorrebbero. Magari questo integratore piuttosto che un altro. Ho fatto in modo di soddisfarli e loro mi hanno ringraziato.

Parlate la stessa lingua insomma… Quando una tua dritta si è rivelata esatta?

Partiamo dal presupposto che comunque si trattava di una corsa facile: su cinque tappe c’erano quattro volate, almeno su carta. In queste situazioni gli abbuoni diventano importanti. La seconda tappa però è uscita un po’ più impegnativa del previsto e davanti anziché Dalla Valle che era leader, in quanto aveva vinto la prima frazione, c’era Dima. A quel punto visto il finale piatto ma nervoso e sapendo le sue caratteristiche ho suggerito di provarci ai meno tre chilometri.

E come è andata?

Ha fatto secondo e oltre all’abbuono ha guadagnato 5” che è poco, ma in una corsa facile come quella lo hanno proiettato nelle prime posizioni. Poi purtroppo nel giorno dell’arrivo in salita ci è sfuggito un corridore altrimenti avremmo vinto la generale grazie a quell’azione. Certo, so bene che si trattava di una corsa piccola, già al Romaniei il livello sarà diverso: ci saranno molte professional e anche un paio di WorldTour.

L’ultima corsa di Stacchiotti da pro’ è stata la Veneto Classic lo scorso ottobre
L’ultima corsa di Stacchiotti da pro’ è stata la Veneto Classic lo scorso ottobre
Riccardo, parli con passione, hai corso fino a poco tempo fa, purtroppo non hai smesso per una tua decisione e hai solo 30 anni: ci pensi mai?

Il pallino resta, come chiunque abbia corso. E soprattutto, per come ho dovuto smettere, la voglia di correre rimane. I primi due o tre mesi sono stati molto duri, poi piano piano ci si abitua. Quando ero in Romania e vedevo gli arrivi o uno dei nostri ragazzi che vinceva quella volata era come se la facessi io. In tante occasioni pensi e ripensi a quel che poteva essere.

Se dovessi avere l’occasione rientreresti?

Nel ciclismo di oggi se perdi un anno non è così facile riprendere. Io comunque continuo ad allenarmi o meglio a pedalare. Con il fatto che seguo una squadra di allievi a Recanati e una ragazza più grande, alla fine esco cinque volte a settimana. Nulla di che, faccio un paio d’ore…

Però sei magro da quel che vediamo dai social…

Quello sì! E infatti più di qualcuno mi dice: Riccardo sei più magro adesso che quando correvi!