Grandi gambe e grande bici: la SL8 di Kopecky per il pavé

10.04.2024
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ROUBAIX (Francia) – Specialized S-Works Tarmac Sl 8 è la bici che ha vinto la Parigi-Roubaix Femmes. Veloce su asfalto, rapidissima nel velodromo, filante sul pavé. Questa in sintesi la specialissima di Lotte Kopecky.

Il setup della sua bici parte da lontano. Come usano fare tutti i team di vertice, già in inverno la Sd Worx-Protime ha svolto dei sopralluoghi tecnici. E alla fine si è arrivati alla bici perfetta, visto che ha vinto. Chiaramente sabato l’iridata aveva gambe infallibili, ma l’efficienza del mezzo si sa che in questa gara tanto particolare ha il suo bel peso.

Kopecky in azione sul pavè. Da notare come anche Vos abbia Sram, ma comandi molto più dritti
Kopecky in azione sul pavè. Da notare come anche Vos abbia Sram, ma comandi molto più dritti

Solo colore?

La prima novità è che Lotte ha utilizzato un telaio diverso da quello che siamo abituati a vedere di solito con la livrea iridata, come la sua maglia. Stavolta la belga aveva una bici nera.

In Sd Worx-Protime ci hanno detto che era identica a quella che utilizza solitamente, ma magari poteva essere un telaio più robusto o al contrario leggermente più “morbido”. Ricordiamo che in casa Specialized c’è anche la versione un po’ più accessibile di questa bici: una versione che utilizza una fibra meno rigida dello stesso telaio ed è quella che che non ha il nome S-Works, ma solo Tarmac.

Attenzione: questa è una nostra supposizione, sia chiaro. Sul telaio la scritta S-Works c’è ed è in bella vista e dalla squadra hanno parlato solo di una colorazione diversa, uguale per Kopecky come per le altre atlete. Pertanto ci atteniamo alle fonte ufficiale.

La Specialized Sl 8 di Kopecky. Ruote Rapide CLX dal profilo differenziato classico 51 mm anteriore, 60 mm posteriore e canale interno da 21 mm
La Specialized Sl 8 di Kopecky. Ruote Rapide CLX dal profilo differenziato classico 51 mm anteriore, 60 mm posteriore e canale interno da 21 mm

Rapporti standard

Anche nella Parigi-Roubaix, corsa in pianura, l’iridata non ha rinunciato alle sue pedivelle da 165 millimetri: scelta che magari sarebbe stata più normale in caso di salite. Pedivelle corte, che stanno utilizzando anche Remco Evenepoel (anche lui su Specialized) e in qualche occasione Tadej Pogacar. 

Kopecky ha leve fisiche lievemente inferiore ai due colleghi uomini, ma può beneficiare del colpo di pedale da pistard. Anche se è molto potente, la belga non rinuncia “all’agilità”, sia pure con tutte le proporzioni del caso, dato che comunque spinge rapporti lunghi.

A proposito di rapporti, la campionessa del mondo ha scelto una cassetta Sram 10-33 e una monocorona anteriore da 50 denti. Altre atlete che avevano Sram hanno preferito la cassetta 10-28: ipotesi corretta visto che non c’erano salite e potevano beneficiare di una cassetta più progressiva. Kopecky, invece, si è tenuta questa “ancora di salvataggio” del 33, magari per favorire eventuali ripartenze da ferma. 

Copertoncino da 32

C’è poi la questione delle gomme, sempre delicata quando si parla di pavè e Roubaix in particolare come abbiamo visto anche ieri. In questo caso sono emerse tutta la sua capacità di guida e la personalità nel fare determinate scelte. Tutte le ragazze del team utilizzavano il copertoncino Mondo da 35 millimetri, Lotte aveva il 32.

Questa è una copertura particolare, tornata in auge da poco in casa Specialized. La stessa gomma il giorno dopo l’abbiamo visto anche tra gli uomini. Il copertoncino Mondo è realizzato con la mescola Gripton (di Specialized). E’ una miscela T2 e T5, come le gomme al vertice della gamma di Specialized. Però ci ha un po’ colpito il fatto che non avesse la spalla rinforzata contro le forature. Tutto sommato non ci sarebbe stata male in un copertoncino che nasce per l’endurance.

Il copertoncino Mondo da 32 mm con doppia mescola: scorrevole al centro, più grippante ai lati
Il copertoncino Mondo da 32 mm con doppia mescola: scorrevole al centro, più grippante ai lati

Nel segno della continuità

Riguardo alle misure della bici, nulla è stato cambiato, così confermano in casa Specialized. Ogni angolo rispetta la norma. Però c’è un dettaglio che ci ha incuriosito. Quando la bici era sul podio abbiamo notato che la sella sembrava essersi spostata di un paio di millimetri rispetto al serraggio sul carrello. I segni erano visibili.

E’ stata una scelta ponderata, cioè fatta prima del via, o magari la sella è “scivolata” indietro per via di sobbalzi e vibrazioni? In ogni caso parliamo davvero di micro aggiustamenti.

La posizione delle leve dei freni era invece nel limite dei 5 gradi. Sembrano parecchio ruotati all’interno, ma la bici è stata controllata (tra l’altro si nota anche il tagliando rosso appeso al manubrio). Quello che invece è diverso è proprio il manubrio. Solitamente Kopecky utilizza un modello integrato (piega e attacco). Per la Roubaix invece ha scelto un set tradizionale, probabilmente per avere una presa alta migliore e utilizzare i secondi comandi, quelli con i bottoncini. E proprio questo le ha consentito di intervenire in prima persona per eseguire una regolazione con una brugola alla vigilia del primo settore di pavé.

Aru torna in Sardegna con un’Academy e porta le bici nelle scuole

25.03.2024
6 min
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«Voglio restituire quello che la mia terra mi ha dato»: una frase carica di emozione e piena di significato quella che Fabio Aru ha pronunciato quando gli abbiamo chiesto il perchè di questa suo progetto. Stiamo parlando della Fabio Aru Academy, una squadra nata dalla volontà del sardo di dare la possibilità a ciclisti dai 6 anni in su di pedalare e praticare ciclismo in Sardegna. 

Cosa fa oggi Fabio Aru?

Per scelta appena terminata la carriera, non ho voluto seguire la strada di entrare in un team. Ci sono tanti ex atleti professionisti che magari intraprendono la carriera del direttore sportivo piuttosto che altri ruoli nei team professionistici. Sono ruoli che danno anche tante soddisfazioni, perché mi capita di parlare spesso con dei miei ex colleghi. Io ho preferito avere dei ruoli in alcune aziende che rappresento e faccio una serie di attività, dalla prova dei materiali agli eventi che facciamo. Questo mi permette di essere più presente a casa rispetto all’essere via 200 giorni all’anno. Mi dà anche la possibilità di conoscere anche un altro ambiente. Sono ambassador di Specialized Italy, Assos per quanto riguarda l’abbigliamento, Ekoi per quanto riguarda gli occhiali. Sono ambassador di Forte Village che è un resort in Sardegna per cui faccio anche delle academy da maggio fino a ottobre. Infine l’anno scorso è nata ufficialmente la Fabio Aru Academy.

L’Academy va dai più piccoli fino ad arrivare agli juniores
L’Academy va dai più piccoli fino ad arrivare agli juniores
Parlaci di questa Academy…

Già nel 2017, assieme ad alcuni amici del mio paese, era nata l’idea di dedicarsi al settore giovanile, sulle basi della mia prima storica società ciclistica, la Mountain bike Piscina Irgas. Inizialmente c’era un team satellite e si chiamava Accademia Fabio Aru. Da quando ho smesso c’è stata comunque l’idea e l’ambizione di creare la Fabio Aru Academy. Abbiamo così dato vita a questo progetto con tanto impegno e ci sta portando delle belle soddisfazioni.

Cosa ti ha spinto a creare questa realtà?

L’idea che ha dato il via a tutto è stata quella di restituire qualcosa alla mia terra, al mio paese, alla mia gente. Infatti la Fabio Aru Accademy ha base a Villacidro, che è il mio paese natale, proprio perché so quanti sacrifici ho dovuto fare per andare a prendermi il sogno di diventare ciclista. Logicamente la Sardegna è una terra bellissima, però ricordiamo che essendo un’isola, dal punto di vista dei viaggi è tutto più complicato rispetto a un giovane che nasce in Lombardia o in Piemonte, nel senso che magari con due ore di macchina riesci a fare una certa attività. So quanto è stato difficile per me anche dal punto di vista economico, per cui ho voluto cercare di aiutare il più possibile dei ragazzi che coltivano la mia stessa passione, supportandoli in questo percorso.

Tra le specialità non può mancare la MTB
Tra le specialità non può mancare la MTB
Che età hanno i ragazzi della Academy?

Partiamo dai G1, quindi praticamente dai 6 anni fino agli juniores. Abbiamo un paio di ragazzi U23, che fanno qualche gara anche fuori. Quindi abbiamo una parte di giovanissimi, G1 e G6, che è quella più importante e poi una parte tra esordienti e allievi e juniores, anch’essa molto importante.

Che specialità fate fare ai giovani atleti?

Più o meno il percorso che ho fatto anche io quando ero giovane. Ho iniziato con la mountain bike e con il ciclocross prima di trovare la disciplina a cui ero più adatto, cioè la strada. Secondo me, non smetterò mai di dirlo, è importante soprattutto nelle categorie dai giovanissimi ma anche dagli esordienti e allievi, fare un po’ di multidisciplina. Fare soprattutto le discipline dell’offroad, quindi MTB e ciclocross. Lo stanno dimostrando i tempi moderni con Van der Poel, Van Aert, Pidcock e potrei fare almeno una decina di nomi di atleti che venendo dalla MTB, hanno acquisito delle capacità di guida superiori alla media degli stradisti. Mi capita certe volte anche usando la bici da strada di trovare delle curve con un po’ di brecciolino e di intuire in anticipo come si comporterà la bicicletta.

Il tuo è un esempio che oggi ha acquisito sempre più conferme…

Dieci anni fa, uno stradista che si cimentava in una gara di ciclocross non era visto benissimo. Però oggi dai dati che abbiamo tutto questo funziona ed è diventato un aspetto prezioso su cui lavorare. Lo stesso Pogacar ha fatto delle gare di ciclocross e ne ha anche vinte, quindi possiamo dire che la multidisciplina porta dei grandi risultati.

E la strada, invece, questi giovani la praticano?

Sì, fanno anche strada. Logicamente si alternano tra strada e mountain bike durante il periodo primaverile-estivo e poi ciclocross durante la stagione invernale. Concentriamo gli allenamenti e ci sono due tecnici che seguono i ragazzi: gli esordienti, gli allievi e gli junior. In più abbiamo 3-4 tecnici che seguono i giovanissimi. I ragazzi sono sempre seguiti, facciamo due allenamenti a settimana per i piccolini mentre i grandi fanno ovviamente qualcosa in più

Per quanto riguarda il calendario, dicevi che logisticamente non è così facile gestire le trasferte…

Tra le gare in Sardegna e quelle fuori riusciamo a farne una trentina all’anno. Partecipiamo a tutte le competizioni organizzate dalla Federazione. A livello nazionale abbiamo partecipato per esempio al Meeting dei Giovanissimi con i più piccoli, abbiamo fatto una tappa del Giro d’Italia Ciclocross, abbiamo partecipato ai vari campionati italiani su strada, in mountain bike e nel ciclocross. C’è anche una rappresentativa regionale che talvolta convoca alcuni dei nostri atleti per gare di livello nazionale e questo fa sì che il calendario sia fitto. Supportiamo i nostri giovani anche nelle trasferte, che siano via mare o in aereo.

Un bell’impegno…

Non è semplice, ma cerchiamo di non fargli mancare niente. Il ciclismo è uno sport dispendioso, anche quando si tratta di categorie giovanili. Abbiamo una serie di bici per tutti, logicamente con un piccolissimo contributo. Ovviamente quello delle famiglie è un supporto molto importante trattandosi di categorie giovanili. Non siamo una squadra professionistica dove tutto è dovuto, però sono contento perché stiamo riuscendo sempre di più a dare un grande supporto ai ragazzi.

Fabio ci tiene ad essere presente il più possibile agli incontri con i più piccoli
Fabio ci tiene ad essere presente il più possibile agli incontri con i più piccoli
Com’è vista la Fabio Aru Academy in Sardegna?

Devo dire che pian piano stiamo raggiungendo tutti gli obiettivi che ci siamo posti. Abbiamo appena inaugurato la nuova sede a Villacidro: 200 metri quadri che utilizziamo anche per alcuni allenamenti indoor durante le giornate più brutte. Anche se siamo in Sardegna, ogni tanto capita che piova (ride, ndr). Stiamo ricevendo supporto anche dalle istituzioni, anche se non è proprio così semplice. Logicamente l’aiuto dei nostri sponsor è il motore di tutto con Assos, Specialized, Ekoi, Crai. In più sin dall’anno scorso abbiamo lanciato un progetto nelle scuole. Cinque giornate, in cui abbiamo organizzato una mattinata incentrata sul ciclismo e sullo spiegare come funziona. Siamo riusciti a coinvolgere 1.600 ragazzi e questo non ha prezzo. Loro sono il futuro e noi dobbiamo dargli la possibilità di innamorarsi di questo sport. 

S-Works SL8: veloce e precisa, la stabilità è il valore aggiunto

20.03.2024
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Rispetto alla S-Works SL7 cambia molto, quasi tutto. Il design, anche se al primo impatto le somiglianze ci sono, cambiano soprattutto le performances, perché nella SL8 collimano aerodinamica e leggerezza. L'ultima versione della Tarmac è anche molto, molto leggera, un peso ridotto che però non influisce in modo negativo sulla stabilità, su un avantreno che non risulta nervoso e troppo impegnativo. L'abbiamo provata a fondo.

La Tarmac S-Works SL8 di Specialized è una delle protagoniste del mercato. Rispetto alla versione precedente è cambiata radicalmente nelle performance, pur tenendo fede ad una design che è una sorta di “all in one”.

E’ leggera come una bici specifica per gli scalatori, ma porta in dote anche dei concetti aero non banali che la rendono veloce come una aerodinamica vera e propria. Non adotta delle geometrie estremizzate ed è molto agile. E poi le ruote Roval Rapide CLX II con il profilo differente (51/60 millimetri) che sono un tappeto di velluto. Entriamo nel dettaglio del test.

La SL8 è molto diversa dalla precedente 7
La SL8 è molto diversa dalla precedente 7

Tarmac SL8 Dura-Ace

E’ la stessa bicicletta utilizzata dai corridori del Team Soudal-Quick Step ed il frame-kit (incluso anche il cockpit integrato) è il medesimo in dotazione a Primoz Roglic e compagni. Come sottolineato al momento del suo lancio ufficiale, la S-Works SL8 è l’erede della SL7, anche se le differenze esistono e sono importanti. L’avantreno è stato completamente cambiato, così come la forma ed i volumi di alcune tubazioni. Rispetto al passato anche la nuova metodologia di posa del carbonio ha permesso di abbassare drasticamente il valore alla bilancia, aumentando al tempo stesso il rapporto rigidità/peso.

La bici del test, una taglia 54, ha un peso rilevato di 6,35 chilogrammi (senza pedali). Ha il nuovo cockpit integrato Roval tutto in carbonio, il reggisella specifico e la sella S-Works Power. La trasmissione è Shimano Dura-Ace 52/36 e 11/30, con il power meter 4iiii. Le ruote sono le Roval Rapide CLXII 51/60 tubeless ready, gommate S-Works Turbo Rapidair 2BR da 26 millimetri. L’abbiamo utilizzata nella configurazione tubeless.

Meglio della SL7

Non è solo questione di meglio o peggio, ma sono l’equilibrio e la precisione, insieme alla stabilità, che mettono la SL8 sul gradino superiore. La Tarmac precedente faceva emergere un po’ di nervosismo in alcuni frangenti, che si traducevano in consumo di energie. Paradossalmente la S-Works SL8 è più docile, armoniosa ed è una lama quando si tratta di cambiare traiettoria continuamente ed in modo repentino, fattori che nell’insieme permettono al corridore di fidarsi al 110% del mezzo meccanico.

Al tempo stesso possiamo scrivere che in salita paga poco o nulla nei confronti della Aethos, soprattutto quando le pendenze sono al di sotto della doppia cifra e si riesce a fare una buona velocità. Nei tratti vallonati, in pianura ed ovviamente in discesa, è decisamente più veloce.

Non è una bici comoda per concetto
Non è una bici comoda per concetto

Il comfort? Da spiegare

Il comfort di marcia non è legato ad una bicicletta comoda per concetto, ma ad un progetto che rende funzionale la sua prestazione complessiva. Il comfort è il risultato di più fattori che collimano tra loro e che abbiamo menzionato in precedenza: stabilità e agilità, leggerezza e una rigidità percepita non eccessiva, capacità di bloccare le vibrazioni e di non portarle verso la sella.

A questi si unisce la versatilità del mezzo che è facile da rilanciare e aiuta a mantenere alta la velocità senza troppi sacrifici, ma anche una grande capacità di adattarsi a differenti tipologie di allestimento (ad esempio le altezze delle ruote), senza mai cambiare il carattere vero e proprio del frame-kit.

Ruote e manubrio integrato

Le ruote Roval, che da sempre fanno parte del portfolio Specialized sono quel plus tecnico che non guasta, perché se la ruota è in grado di cambiare la resa tecnica del mezzo, qui siamo ad un livello molto alto. Hanno il profilo differenziato tra anteriore e posteriore (anche la spanciatura del cerchio è differente), oltre ad un meccanismo interno del mozzo che si basa sul progetto DT Swiss. Scorrevolissime prima di tutto e nonostante i due profili già elevati non impiccano il corridore nelle curve in discesa alle alte andature. Usate con la configurazione tubeless sono un punto di riferimento anche quando la qualità dell’asfalto tende al pessimo.

La ruota posteriore da 60 è impegnativa quando la strada sale, la velocità si abbassa e per rilanciare in modo perentorio bisogna avere tanti watt nelle gambe. In frangenti come questo entra in gioco la sua briosità e la prontezza in fase di cambio di ritmo che viene fuori quando si usano ruote dal profilo più basso. Forse meno veloci, ma che paradossalmente fanno diventare la S-Works SL8 ancora più brillante.

Il nuovo manubrio integrato Roval, vantaggioso quando si arpionano gli shifters ed è fondamentale scaricare le pressioni che si generano sui polsi. Ergonomico e con una curvatura mediamente compatta che non obbliga a sprofondare verso il basso e verso l’avantreno, quindi utilizzabile e sfruttabile da diverse tipologie di utenza.

In conclusione

Il nostro test parte da lontano, perché prima di metterci in sella abbiamo affrontato anche il bikefitting Retul. Scrivere che la SL8 è la migliore Tarmac di sempre non è un azzardo, ma non è neppure scontato. Lo riteniamo un vero progetto “tutto in uno”, frutto del percorso intrapreso dalla SL7 (che in fatto di aerodinamica ha strizzato l’occhio alla Venge) e dalla lavorazione del carbonio utilizzata per la Aethos.

La S-Works SL8 non è una di quelle biciclette che buttano giù di sella dopo tante ore e dopo parecchi metri di dislivello positivo. Non è una di quelle bici che funzionano bene solo quando la corda è costantemente tesa. E’ una di quelle bici gratificanti e piacevoli quando l’andatura è bassa ed anche il “giro di scarico” diventa anche un piacere che va ben oltre l’agonismo.

Specialized

Il sistema Retul dei pro’: lo abbiamo provato anche noi

26.02.2024
7 min
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Il sistema Retul è alla base del posizionamento in bici adottato dai team, dai tecnici e dai corridori che usano le bici Specialized. Siamo stati a Milano, nelle sede di Specialized Italia per toccare con mano.

Grazie a Silvio Coatto, docente della Specialized University, siamo entrati nel cuore del sistema, con qualche curiosità e sovrapposizione di fitting tra professionisti ed amatori.

Silvio Coatto ci illustra il sistema Retul
Silvio Coatto ci illustra il sistema Retul
Definiamo il sistema Retul in poche parole!

Retul è un software+hardware di acquisizione dati del movimento 3D in bicicletta. E’ un tracciamento ottico basato su 8 marker e si basa sulla luce ad infrarossi emessa dai diodi, che sono gli emettitori di luce. I 4 filtri di vetro sulla parte anteriore della telecamera, chiamati Tracker, triangolano la posizione dei LED tridimensionalmente. Riassumendo, Retul è un sistema tecnologico che traccia e registra il movimento di un ciclista sulla bici. Questo software ci permette di valutare in diretta i cambiamenti e ci aiuta a migliorare performance e comfort in sella.

L’abbiamo definito un sistema “dinamico ed interattivo”
L’abbiamo definito un sistema “dinamico ed interattivo”
Quanto tempo è necessario per un posizionamento Retul?

Normalmente si parla di un paio d’ore, poi si consiglia sempre di fare un check di almeno mezz’ora dopo qualche uscita.

Si parla anche di plantari. Quanto influiscono nell’efficienza del gesto?

Molto, anche se è difficile fornire una percentuale riferita ad un giro in bici o ad un allenamento. Possiamo ragionare sul numero di pedalate moltiplicate per il tempo di un’uscita. Ad esempio, ad una media di 80 rpm e 3 ore di in bici, siamo a 14.400 spinte sui pedali. I piedi rischiano di essere molto stressati, per via anche di suole super rigide che hanno oggi le scarpe.

Quindi?

Quindi riuscire a distribuire il carico sul 100% della superficie del piede stesso aiuta a limitare al minimo questo stress, diminuendo la stanchezza e lasciando un po’ di energia da spendere in altre situazioni.

Ogni quanto si dovrebbe fare una valutazione biomeccanica complessiva?

Se non ci sono infortuni o problematiche recenti, la cosa migliore sarebbe farlo una volta all’anno.

Con il passare degli anni, cambia la nostra posizione sulla bicicletta?

Direi di sì, non viene stravolta chiaramente, ma la vita di tutti i giorni e la possibilità di potersi allenare di più o di meno possono portare a delle variazioni. Ad esempio, chi ha la possibilità di fare stretching in modo adeguato riesce ad allungarsi in modo maggiore. Chi ha sempre pedalato col tempo potrebbe procedere verso una posizione più comoda, mentre chi è meno esperto potrebbe andare verso una posizione più aggressiva perché migliora le sue doti di guida e magari ha ancora delle ottime doti muscolari/flessibilità.

In base alle tua esperienza e all’infinità di dati che hai a disposizione, quali sono le problematiche più comuni in fatto di posizionamento sulla bici?

Dando per scontato la taglia corretta della bicicletta, la sella è la base di tutto il lavoro che facciamo. Alcuni ciclisti la scelgono per estetica o non capiscono quanto incida sul loro modo di pedalare, andando ad influire negativamente sui movimenti. Altro problema, sempre legato all’estetica, è il fatto di non voler alzare il manubrio. In molti hanno la convinzione che il manubrio completamente ribassato sia sinonimo di aerodinamica ed efficienza

Invece?

Talvolta si estremizza e si ottiene il risultato opposto. Diverse persone pedalano in posizioni troppo vicine al loro limite di mobilità sul bacino, mettendo in crisi ginocchia, schiena, spalle e collo. Uno dei problemi più grandi da affrontare è l’emulazione al pari dell’estetica. Dal lato pratico e funzionale è meglio pensare ad essere ben posizionati in sella, il che significa anche meno problemi fisici.

L’analisi di un lato del corpo e poi del successivo
L’analisi di un lato del corpo e poi del successivo
Durante una valutazione Retul, c’è un passaggio tanto fondamentale, quanto più complicato rispetto agli altri?

Il sistema Retul rileva costantemente 38 dati, distanze e angoli. Tutti vanno sempre interpretati. Ci sono chiaramente dei range e si cerca di rimanere all’interno di essi. Direi che il passaggio fondamentale per il fitter è collegare la valutazione fisica fatta in precedenza con i valori visualizzati a video. E’ fondamentale capire “la causa” di un determinato valore in modo da trovare la soluzione.

Ci fai qualche esempio?

Un ginocchio può muoversi troppo lateralmente per colpa di una sella sbagliata, sella troppo alta, collasso piede e dell’avampiede, una differenza di lunghezza delle gambe, oppure delle tacchette posizionate male. Se non abbiamo fatto una buona valutazione fisica andiamo avanti a tentativi e rischiamo di amplificare il problema o di crearne uno nuovo. Il feedback del ciclista è molto importante ma, durante il fit, è abbastanza raro che sia preciso e sicuro, sempre meglio aspettare quello delle successive uscite su strada.

L’esperienza del fitter va di pari passo alla tecnologia fornita dal Retul
L’esperienza del fitter va di pari passo alla tecnologia fornita dal Retul
Nel post valutazione è necessario prendersi del tempo per capire la nuova posizione in bici ed eventualmente metabolizzarla?

Sì, soprattutto se i cambiamenti sono importanti ed eventualmente si può ragionare su due step. E’ fondamentale uscire limitando i carichi e dando al proprio corpo il tempo di adattarsi alla nuova posizione a al nuovo materiale. C’è anche chi parte a 1000 senza problemi e chi ha bisogno di un mese per adeguarsi.

Quindi Retul è un sistema che lascia spazio alla valutazione e all’esperienza del bike fitter?

Certo, moltissimo spazio al fitter. Retul è un attrezzo, tecnologico e molto preciso, ma sempre un attrezzo e non può valutare la condizione fisica del rider. La valutazione fisica è importante, ma il fitter deve anche ragionare su cosa andrà a fare il ciclista con quella bici e cosa fa nella vita di tutti i giorni, informazioni che può elaborare solo una persona.

Remco Evenepoel è uno degli atleti di punta di casa Specialized
Remco Evenepoel è uno degli atleti di punta di casa Specialized
Un argomento sempre attuale, posizione in bici di un pro’ vs amatore, cosa cambia?

Cambia solo ed esclusivamente la posizione del manubrio, lato sella direi niente. Anche se la tendenza è cambiata negli ultimi anni, vedi le posizioni crono molto più alte, i pro’ sono sempre più distesi e lunghi, più bassi, pur utilizzando anche degli spessori sopra la serie sterzo. Lasciando stare che sono più giovani e più performanti fisicamente, metterei in primo piano solo la qualità della loro vita. Hanno dei preparatori, disponibilità di materiali e conta anche la dieta che seguono. Mediamente beneficiano di una quantità maggiore di ore di sonno, fanno costantemente stretching e massaggi. Direi che sono aspetti che gli permettono di essere più aggressivi nella posizione in bici rispetto all’amatore medio che lavora 8 ore al giorno.

Masnada riparte e finalmente può parlare di obiettivi

25.02.2024
4 min
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Sulle strade dell’Oman, prima della Muscat Classic e poi della corsa a tappe successiva, si è rivisto in gruppo Fausto Masnada. Il bergamasco era tornato a correre alla fine della scorsa stagione dopo tre mesi di stop a causa dell’intervento al soprasella. Tredici giorni di corsa tra settembre e ottobre ci avevano riconsegnato un Masnada sorridente e speranzoso. Ora che l’inverno è alle spalle, e la stagione 2024 è iniziata, è il momento di tirare le prime somme sul suo ritorno

«Sono in Francia – racconta Masnada nella giornata di venerdì – dove correrò Faun Ardèche e Faun Drome Classic. Saranno due gare più impegnative rispetto all’Oman, poi farò due corse a tappe a marzo. Insieme alla squadra (Soudal-Quick Step, ndr) abbiamo deciso di aumentare i giorni di corsa e fare un calendario più ricco».

Le corse in Oman hanno rappresentato il primo appuntamento ufficiale del 2024 per Masnada
Le corse in Oman hanno rappresentato il primo appuntamento ufficiale del 2024 per Masnada
Segno che ti senti bene, no?

Vero. L’inverno è stato positivo, non ho avuto alcun intoppo. Sono anche riuscito a fare un bel blocco di lavoro in altura. In Oman non è andata male, anzi. Ho fatto i miei migliori valori negli ultimi due anni. Mi aspettavo di essere un po’ in difficoltà, soprattutto nell’arrivo in salita di Green Mountain.

I numeri migliori negli ultimi due anni, promettente…

Non sono emersi da test, ma sono frutto della comparazione dei valori che avevo negli anni scorsi al Tour of Oman. Il miglioramento mi dà fiducia e mi fa capire che la direzione in cui sto andando è quella giusta. Dal mio punto di vista devo impegnarmi al massimo per essere professionale e farmi trovare pronto. Il ciclismo è sempre più competitivo, non è facile vincere, ma per riuscirci si devono fare le cose al 100 per cento. 

Masnada ha modificato la posizione in sella, ricercando una maggiore performance
Masnada ha modificato la posizione in sella, ricercando una maggiore performance
Hai fatto modifiche alla bici?

Dopo l’intervento al soprasella ho fatto un reset della posizione: sia per la sella che per la scelta dei materiali. Prima era tutto un adattarsi e convivere con il dolore, nel mettermi in sella sceglievo il comfort e non la performance. Ora posso concentrarmi nel cercare la performance. Utilizzo una sella diversa, la Romin Evo Pro MIMIC da 143 millimetri, sempre di Specialized, si tratta di un modello da donna. La parte operata è rimasta comunque delicata e questa sella ha la particolarità della tecnologia Mimic, quindi mi dà un maggior comfort. 

Rispetto alla fine del 2023 come ti senti?

Già dopo l’intervento mi sentivo bene, avevo ripreso a pedalare ed ero a un buon livello. Alla luce di questo si è deciso di lavorare per altri obiettivi nel 2024. 

Che inverno è stato?

Normale. Ho terminato le corse in Giappone, ho fatto lo stacco invernale e sono tornato ad allenarmi normalmente. Non ho passato molto tempo in palestra, visto che nel periodo in cui ero fermo ho lavorato tanto con i pesi. Mi mancava il feeling con la pedalata, quindi ho cominciato fin da subito a uscire in bici. 

La sella che Masnada usa da dopo l’operazione è la Romin Evo Pro MIMIC 143 mm
La sella che Masnada usa da dopo l’operazione è la Romin Evo Pro MIMIC 143 mm
Sei riuscito a inserire anche un blocco in altura…

Il programma è stato completo e corretto rispetto a quanto pattuito con la squadra. Non ci sono stati problemi e sono molto felice del mio livello di condizione. Il blocco in altura mi ha dato qualcosa in più e in Oman questo si è visto. 

Che corse a tappe farai a marzo?

Ne ho un paio. Una tra Tirreno-Adriatico e Parigi-Nizza e poi il Catalunya. La squadra fa un calendario impegnativo, da team WorldTour ed è giusto così. Non corriamo in gare che possono essere considerate di secondo livello. Questo vuol dire che per vincere, in certi appuntamenti, bisogna essere davvero pronti. Ma sto lavorando al fine di tornare ai miei livelli migliori. 

La condizione di Masnada è in crescendo in vista delle prossime gare di marzo
La condizione di Masnada è in crescendo in vista delle prossime gare di marzo
A fine marzo farete un primo bilancio?

L’idea è di capire come starò al termine di questo primo blocco di gare. Se mi sentirò bene potrei andare in altura per preparare una grande corsa a tappe, ma non saprei ancora quale. Magari prenderò il via alle classiche, non so…

Se dovessimo chiederti qual è il tuo sogno in questo 2024?

Tornare al Giro, finirlo e vincere anche una tappa. E’ il mio obiettivo primario, dopo due anni di problemi voglio tornare sulle strade della corsa rosa. Il ciclista lavora così, con obiettivi a breve, medio e lungo termine. E’ l’unico modo di andare avanti in uno sport così difficile. A volte poi non riesci a raggiungere questi traguardi, e lì è il momento di concentrarsi su quelli successivi. Da qui fine marzo ne ho uno, vedremo se riuscirò a raggiungerlo. 

Per Evenepoel pedivelle super corte: 165 millimetri anche su strada

15.01.2024
5 min
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CALPE (Spagna) – Una nuova Specialized SL8 per Remco Evenepoel e i suoi compagni chiaramente. Ma quella del belga ha una colorazione speciale, con quella bandiera a scacchi che tanto richiama alla velocità di Remco e al suo modo di correre all’attacco. E non mancano i colori del Belgio, di cui è campione in carica.

Remco Evenepoel (classe 2000) in allenamento con la nuova SL8 e le pedivelle corte (foto ©NVE)
Remco Evenepoel (classe 2000) in allenamento con la nuova SL8 e le pedivelle corte (foto ©NVE)

Adattamenti 2024

Non è solo estetica. Ogni inverno c’è sempre qualcosa da ritoccare e migliorare. Ed Evenepoel non è stato da meno, specie se si cambia anche il telaio. Già durante la scorsa estate, Evenepoel era passato dalla Specialized Tarmac SL7 alla SL8, con differenze sostanziali.

Tuttavia ci sono degli adattamenti. Se alcune differenze infatti sono intrinseche del telaio, come il peso (circa 150 grammi in meno tra SL7 e SL8), altre sono legate alle scelte tecniche dell’atleta. E in tal senso la novità, anche piuttosto grossa, è la lunghezza delle pedivelle.

Le pedivelle da 165 millimetri. Cosa davvero insolita per un pro’
Le pedivelle da 165 millimetri. Cosa davvero insolita per un pro’

Pedivelle corte

Il talento della Soudal-Quick Step ha deciso di utilizzare pedivelle cortissime, 165 millimetri: prima aveva le 170 millimetri.

La cosa è andata così: Remco utilizzava questo set già sulla bici da crono e si trovava molto bene quando spingeva a tutta. Quindi ha voluto provare a “trasportare” la soluzione anche sulla bici da strada. Sembra che il “la” definitivo a questa prova sia stato dato dal muro finale nella crono di Glasgow, che Remco ha affrontato con grande piglio e un’ottima cadenza (e un wattaggio elevatissimo). Quindi perché non replicare su strada?

Evenepoel, ci hanno detto dallo staff del team belga, sta girando con queste pedivelle da inizio dicembre. E’ già un mese e mezzo dunque che le sta provando e i feedback cominciano ad essere attendibili. E’ lecito pensare che le terrà per tutta la stagione, visto che ci si trova bene. Ma la scelta non è definitiva.

Alla base di questa prova, oltre alle buone sensazioni, c’è anche il fatto che sulle pendenze estreme Remco non sia il dominatore assoluto come in quasi tutti gli altri settori. Questa soluzione gli consente di difendersi molto meglio, aumentando la frequenza. Insomma, può essere più agile e sfruttare meglio i rapporti come il 34, che Shimano mette a disposizione nella sua scala standard.

Sella 3D Power Pro. L’off-set leggermente avanzato e la taglia piccola, fanno sì che Remco pedali caricato sull’avantreno
Sella 3D Power Pro. L’off-set leggermente avanzato e la taglia piccola, fanno sì che Remco pedali caricato sull’avantreno

Sella su…

Come conseguenza diretta, la soluzione delle pedivelle corte porta con sé altri cambiamenti, il più importante dei quali è l’altezza della sella. Con mezzo centimetro in meno di estensione (e flessione) della gamba, va da sé che qualcosa andasse rivisto. Ebbene lo staff, dopo attente verifiche, ha alzato la sella di 6 millimetri.

Perché? Primo per compensare, come detto, un giro pedale che è più corto. Secondo, perché in questo modo Remco migliora la sua efficienza. E di efficienza ci hanno parlato proprio i tecnici a Calpe.

Con pedivelle più corte e sella più alta, Remco è più stabile sulla sella anche quando è a tutta. Ne guadagna un po’ anche la respirazione, riprendendo il concetto della crono, ma soprattutto Evenepoel riesce a scendere un po’ con il busto. Anche se meno di quel che si possa pensare, come vedremo.

Manubrio largo

A proposito di busto infatti, le soluzioni “a catena” ancora non sono terminate. E riguardano la zona del manubrio.

La SL8, a parità di misura, è più alta di qualche millimetro rispetto alla SL7, utilizzata da Remco e compagni fino a metà stagione. Nella taglia del campione belga, la 52 per esempio, il tubo di sterzo è passato dai 113 millimetri della SL7 ai 120 della SL8. E questa differenza va a compensare, in parte, l’aumento dell’altezza di sella.

Tuttavia le inclinazioni dei nuovi manubri integrati sono leggermente differenti rispetto ai precedenti set e portano ad avere un manubrio un po’ più basso. Ecco dunque che l’aumento di misura del tubo di sterzo è parzialmente compensato.

Fausto Oppici, meccanico del team, ci ha spiegato che il nuovo modello della SL è stato pensato proprio per i manubri integrati, tutti i corridori quindi non solo Evenepoel, sono passati a questa soluzione. 

Altra questione legata ai set integrati riguarda le misure degli stessi manubri. Remco ha bisogno di un attacco da 120 millimetri e la piega con questo attacco è disponibile con larghezza da 40 centimetri e non da 38. Per ora dunque il belga userà un manubrio più largo.

Non solo bandiera a scacchi e colori del Belgio, sulla SL8 di Remco sono impresse anche le sue iniziali
Non solo bandiera a scacchi e colori del Belgio, sulla SL8 di Remco sono impresse anche le sue iniziali

Novità in vista?

Se si considera anche la nuova regola delle leve, che possono essere inclinate verso l’interno al massimo di 5°, per Remco si tratta di un bel cambiamento. Ma visti i recenti tempi fatti segnare sul Coll de Rates, sembra che queste novità funzionino.

E’ anche vero però che in casa Specialized, si sta lavorando ad una piega specifica per Remco con larghezza da 38 e attacco da 120, così che possa avere la possibilità di essere più aereodinamico all’anteriore.

Per il resto, tutto è come lo scorso anno: reggisella, gruppo Shimano Dura Ace Di2 a 12 velocità, con guarnitura 54-40. Gomme da 26 millimetri (copertoncini Turbo Cotton) e sella Specialized 3D, la Power Pro with Mirror.

Facciamo un salto nei piani di Sagan. Uboldi apre l’agenda…

07.01.2024
4 min
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Peter Sagan avrà anche smesso di essere uno stradista, ma la bici al chiodo ancora non l’ha appesa. E, consentiteci di dire, per fortuna… Lo slovacco non sta fermo un attimo e per questo 2024 molte cose aspettano lui e il suo storico staff, al vertice del quale c’è l’amico, addetto stampa e molto di più, Gabriele Uboldi: per tutti Ubo.

Mentre Sagan è intento a spostarsi da una location ad un altra, Uboldi ci spiega più o meno i piani di Peter. La carne al fuoco è davvero tanta, ma lo è anche la gioia nel “cuocerla”. Lui stesso, del resto ce lo aveva detto, nella giornata Sportful che passammo insieme nel feltrino: «Voglio divertirmi».

Sagan con Uboldi, il suo braccio destro. “Ubo” cura gli aspetti logistici e mediatici… dello slovacco
Sagan con Uboldi, il suo braccio destro. “Ubo” cura gli aspetti logistici e mediatici… dello slovacco
Gabriele, come stanno passando queste giornate del primo anno senza che Peter sia un professionista su strada?

Tutto sommato per ora sono uguali a quelle degli altri anni. Ma proprio uguali! 

Anche il tuo lavoro?

Assolutamente sì, poi ci sarà molto da scoprire. Peter è andato in montagna al Passo Pordoi con tutta la sua famiglia: fratelli, figlio, cognate… Da lì, lo scorso 3 gennaio è tornato a Montecarlo dove vive. Lì va in bici tutti giorni, ma presto ripartiremo.

Quali mete vi attendono?

Dal 10 gennaio saremo in Sud Africa con Specialized. Ci sarà anche il team manager del team di Specy e anche Patxi Vila che, oltre ad essere uno dei tecnici della Bora-Hansgrohe, è anche con noi. Alla fine siamo la squadra di sempre: dal meccanico a Peter. La stessa squadra che cerca e vuole divertirsi e finalmente ha l’occasione per farlo. Eravamo già stati insieme in Cile a dicembre. Quindi sì, ci sarà qualche cambio, ma il calendario è pieno. Quello che forse cambierà è che dovremo fare tanti viaggi, ma cambiando meno hotel. E’ tutto da scoprire, dai: almeno per me, sicuro!

Alla kermesse Beking a Montecarlo Sagan ha vinto davanti ad un sorridente Pogacar. Il gruppo dei colleghi ha voluto salutarlo così
Alla kermesse Beking a Montecarlo Sagan ha vinto davanti ad un sorridente Pogacar
Calendario fitto, hai già una traccia, una bozza?

Come detto a breve si va in Sud Africa e ci resteremo fino al 6 febbraio. Poi andremo ad Abu Dhabi, sempre per la mountain bike. Poi ci sposteremo in Spagna per due gare: Chelva e Banyoles. Dovremmo quindi fare un gara di Coppa di Francia a Marsiglia e poi a marzo Peter farà qualcosa su strada.

Ecco, proprio di questo volevamo chiederti. Abbiamo visto che era in programma qualche evento su strada. Ma in che ottica verrà affrontato?

Saranno gare di un giorno in Francia e saranno funzionali alla MTB. Nessuna velleità di risultato o ambizioni particolari. Queste gare le faremo, o dovremmo farle, con la squadra di suo fratello Juraj (la RRK Group – Pierre Baguette, ndr). 

Perché hai usato il condizionale?

Perché bisogna vedere se… ci stiamo dentro. Mi spiego, la continental di Juraj è davvero piccolina, non c’è uno staff strutturato e Peter, comunque sia, riscuote sempre un certo movimento, attenzioni mediatiche. Alla fine ci sarà un minimo di pressione attorno e bisogna vedere quale contorno riusciremo a mettere su. Che “budget” avremo. Diciamo che questi eventi su strada sono stati fissati nel nostro calendario, ma poi dovremmo riportarli nella realtà.

Che fatica per Sagan ai mondiali di Glasgow. Peter è giunto 67° a 7’14” da Pidcock
Che fatica per Sagan ai mondiali di Glasgow. Peter è giunto 67° a 7’14” da Pidcock
E si va avanti. Siamo a marzo…

Poi sarà la volta del Brasile, ancora in Mtb. Laggiù ci saranno la Brasil Ride e una prova di Coppa. Da qui seguiranno altre prove di Coppa del mondo in Europa: Nove Mesto, Val di Sole e Les Gets. Quindi un evento molto importante per noi: il Giro di Slovacchia su strada (26-30 giugno, ndr).

Il saluto di Sagan alla sua gente…

Esatto. E lì sarà una cosa un po’ più grande. Non nego che quelle gare di un giorno in Francia servono o servirebbero proprio per vedere se si sarà pronti per il grande movimento che ci sarà al Giro di Slovacchia. La sua presenza in questa corsa ci sembra una bella iniziativa.

Ubo, abbiamo parlato un po’ di tutto, ma non delle Olimpiadi in mtb: quello resta il grande goal giusto?

Sì, assolutamente è così, ma siamo anche consapevoli che qualificarsi non è difficile, bensì difficilissimo. Né Peter, né la Slovacchia hanno punti. Si parte totalmente da zero e il livello è alto, ce ne siamo accorti al mondiale di Glasgow. Peter ci proverà al 100 per cento, farà il massimo per andare a Parigi, ma è consapevole che è tosta.

In effetti è molto dura. Ma Sagan ha classe e sarebbe un bel colpo per tutto il movimento…

Sapete, il messaggio che vogliamo far passare è che noi vogliamo fare il meglio possibile, ma divertendoci. Questo è un aspetto fondamentale di tutto questo progetto. Se manca il divertimento viene meno tutto il resto. Se manca il divertimento sarebbe rimasto su strada o non avrebbe fatto nulla. Alla fine un corridore come Peter Sagan ha vinto e guadagnato abbastanza e di certo non gli serve correre in mtb. Se lo fa è per pura passione.

Una Specialized per Roglic: come nasce la nuova bici

26.11.2023
8 min
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Prima non si poteva sapere, almeno fino a che la firma con la Bora-Hansgrohe non è stata ufficializzata. A quel punto è scattato il divieto di mostrare immagini, che si interromperà il primo gennaio. Tuttavia, dopo aver vinto il Giro dell’Emilia e aver fatto terzo al Lombardia, Roglic ha avuto i primi contatti con gli uomini della nuova squadra e ha cominciato a ragionare con loro dei materiali. E da lì è iniziato lo sviluppo della Specialized con cui correrà nel 2024 (in apertura, una foto di Paul Matthis).

Il 17 ottobre, dieci giorni dopo il Lombardia e durante il primo ritiro a Soelden, è stato fatto il posizionamento sulla bici da strada con il sistema Retul. Roglic ha ascoltato e poi ha espresso le sue preferenze. Nella stessa occasione sono state riportate sulla bici da crono le misure della Cervélo. L’indomani, lo sloveno è uscito per provare la nuova bici. Finché il 23 ottobre, assieme a Hindley e pochi altri fra cui Sobrero, è volato in California per i primi test nella galleria del vento di Morgan Hill. I risultati ottenuti in casa Specialized saranno verificati nelle prossime settimane nel velodromo di Palma de Mallorca, in occasione del ritiro di dicembre.

Per guidarci in questa immersione di Roglic nel mondo Specialized abbiamo chiesto il supporto di Giampaolo Mondini, uomo di raccordo fra l’azienda e i team, che lo ha seguito sinora e lo seguirà ancora nei prossimi passi. Il discorso parte dal vincitore del Giro, ma è un bello spaccato di come si lavori oggi nelle squadre WorldTour: se non altro quelle equipaggiate Specialized.

Tutti gli anni i corridori dei team Specialized vanno a Morgan Hill: qui Asgreen, Cattaneo ed Evenepoel nel 2022
Tutti gli anni i corridori dei team Specialized vanno a Morgan Hill: qui Asgreen, Cattaneo ed Evenepoel nel 2022
Arriva uno come Roglic, qual è il vostro approccio? Si parte dalla bici precedente o si prende un foglio bianco?

Dipende molto dalla predisposizione del corridore e questo indipendentemente che sia un grande campione o chiunque altro. L’approccio di Retul con i professionisti è sempre molto personale. Hai dei corridori che sono nella stessa posizione da anni e vogliono replicarla, senza cambiarla una virgola. Per cui quando viene fatta la posizione, se c’è qualcosa che non va, se ne parla col corridore e con il fisioterapista del team.

Cosa si può fare?

Si valuta se la posizione può essere corretta con piccoli aggiustamenti, se il corridore se la sente, oppure se è meglio evitare. Questo il discorso generale, poi ci sono corridori che magari hanno avuto cadute oppure operazioni chirurgiche e allora il caso si complica.

In quali termini?

La posizione va rivalutata. Perché magari ne è stata individuata una per il periodo del recupero dall’infortunio e dopo qualche mese bisogna controllarla, per vedere se non debba essere aggiornata (viene in mente il caso Froome, da poco raccontato, ndr). Le cadute sono una fase delicata. Magari il bacino si è un po’ inclinato, quindi può essere utile andare a rivedere che tutto quanto sia a posto. Ad alto livello, questi corridori un paio di cadute all’anno le fanno. Magari non sono gravi, magari sul momento non sembra niente, però magari è successo qualcosa a livello scheletrico…

Roglic, qui al Giro di Slovenia, si è mostrato curioso del lavoro Specialized e ha voluto approfondirlo
Roglic, qui al Giro di Slovenia, si è mostrato curioso del lavoro Specialized e ha voluto approfondirlo
Roglic nel 2023 è rientrato da un infortunio: lo hai visto attento a questi discorsi?

Ho trovato un corridore molto motivato e aperto, davvero entusiasta. Mi è parso curioso di capire il nostro metodo di lavoro e questo ci ha aiutato sicuramente nell’approccio. In fin dei conti non abbiamo cambiato molto, però bisogna dire che in questa prima fase – cambiando il tipo di bicicletta, cambiando i pedali, cambiando le scarpe e cambiando la sella – cerchiamo sempre di non toccare il resto. Invece, quando andremo a Palma de Mallorca ai primi di dicembre, anche in base ai feedback che ci darà Primoz, vedremo se ritoccare qualcosa o se il corridore stesso nel frattempo è andato a cambiare qualcosa.

Sono cose che succedono?

A dicembre sì, anche se rispetto a una volta è tutto molto diverso. Vent’anni fa c’erano corridori che giravano con la brugola e intervenivano su qualsiasi cosa in qualsiasi momento. Adesso gli è stato vietato, da gennaio il corridore non dovrebbe avere la libertà di cambiare la posizione sulla bici. Questo anche per aiutarlo a evitare problemi e infortuni. A volte si interviene perché fai più fatica e pensi che dipenda dalla posizione e magari fai un danno doppio. Soprattutto perché a volte si seguono i consigli di chissà chi e si peggiorano le cose. Questa abitudine per fortuna negli anni è cambiata e dopo gennaio la bici rimane quella. Anche per la crono, mentre una volta capitava di vedere alcuni che modificavano l’altezza delle protesi prima della partenza.

Saremmo curiosi di sapere come avresti impedito a Pantani di usare la sua brugola. Ti avrebbe tagliato la gola!

Il “Panta” (Mondini ride, di Marco è stato compagno di squadra nel 2001, ndr) alla Valenciana si fermò per mettere a posto i tacchetti durante una tappa. Si sedette su un paracarro e si mise ad armeggiare. E noi intanto guardavamo il gruppo che in quel momento si stava aprendo a ventaglio e ci mettemmo le mani nei capelli. Per fortuna eravamo tutti abbastanza forti e riuscimmo pure a rimediare, ma certo una volta (ride ancora, ndr) succedevano certe situazioni… 

Roglic ha chiesto qualche modifica alla geometria della bici da crono rispetto a quella 2023
Roglic ha chiesto qualche modifica alla geometria della bici da crono rispetto a quella 2023
Roglic vi ha dato la scheda 2023 e voi l’avete replicata?

Ha comunque fatto la posizione con Retul, in cui abbiamo cercato di replicare il più possibile, magari dando le nostre annotazioni rispetto a qualche angolo. A tanti corridori diamo la bici a metà ottobre subito dopo aver fatto il posizionamento, sapendo che ci saliranno dopo due o tre settimane, finite le vacanze. Roglic invece ha fatto il Retul e la mattina dopo era già fuori. Si è fatto dare un po’ di materiale ed è andato a provare la bici.

Che misura di telaio gli avete dato?

Una Tarmac Sl8 taglia M, una 54. Niente di speciale. Primoz è leggermente brevilineo, quindi con le gambe più corte del tronco. Ha il manubrio integrato largo 40 con l’attacco da 12 e le pedivelle da 170. Ci è parso molto contento dell’assetto della bici, i primi feedback sono stati subito molto positivi. E’ rimasto impressionato anche dalla leggerezza, idem per quanto riguarda quella da cronometro.

Anche lui usa pedivelle da 170, ormai è la regola…

Adesso c’è questa tendenza, sia per la bici da strada sia per le crono. Anzi, quasi tutti quelli che fanno le crono sul serio, stanno cercando le 165. Anche Remco. La pedivella da 165 ti permette di chiudere di più il diaframma e di abbassare di più il tronco, senza colpirti col ginocchio. Invece non serve per abbassare la bici. Puoi far scendere il piantone, ma l’altezza di sella resta identica e i vantaggi aerodinamici non ci sono.

La Bora corre le crono sulle Specialized Shiv Disc. Per Roglic si sta studiando una nuova posizione (foto Anderl Hartmann)
La Bora corre le crono sulle Specialized Shiv Disc. Per Roglic si sta studiando una nuova posizione (foto Anderl Hartmann)
A Morgan Hill invece avete lavorato solo sulla bici da crono?

Esatto. E mentre sulla bici da strada non ha chiesto nulla, in questo caso ha fatto delle richieste specifiche. Ha chiesto di provare qualcosa di specifico in termini di altezza e allungamento, su cui la galleria del vento ha dato delle risposte, che andremo a verificare nel velodromo per capire se siano davvero efficaci.

Anche per la bici da crono si parte dalla precedente?

Dalla scheda vecchia e dalla posizione vecchia, perché sennò rischi di a stravolgere troppo la posizione. Una cosa molto interessante che mi ha detto Primoz è che lui usa la bici da crono anche tre volte a settimana, però sui rulli, come fanno i triatleti. Magari prima fa l’uscita su strada, poi se deve fare un’ora di variazioni di ritmo, le fa sui rulli. Mi ha spiegato che è soprattutto un fatto di sicurezza, perché i lavori con la bici da crono si fanno ad alta velocità e le strade di Monaco non sono le più adatte.

Visto che è molto curioso, vi ha chiesto su corsa interverreste?

E’ super disponibile, molto aperto. Si è affidato al consiglio della squadra. Oltre a questo è stato sorprendente come si sia messo nelle nostre mani. In una giornata, penso che abbia fatto 8 ore immobile in galleria del vento. Non si è mai lamentato, tanto che a un certo punto gli ho chiesto se almeno volesse bere o mangiare qualcosa. E allora ha ammesso che effettivamente aveva sete e anche fame.

Il tempo di ricevere la nuova bici e Roglic è uscito per provarla: dal 2024 vuole ottenere il massimo (foto Paul Matthis)
Il tempo di ricevere la nuova bici e Roglic è uscito per provarla: dal 2024 vuole ottenere il massimo (foto Paul Matthis)
Dato che ha richiesto delle modifiche sulla posizione da crono, avete messo a punto un doppio assetto in modo da poter fare confronti?

Abbiamo fatto 3-4 posizioni. Sicuramente una come la vecchia e poi altre che saranno verificate in pista. E poi insieme abbiamo fatto anche una sessione sui body e il resto del materiale. La squadra è interessata a questo tipo di test e noi ovviamente diamo la massima disponibilità. Sono stati portati vari tipi di materiali e sono stati provati con tutti i corridori, per capire se certe soluzioni sono soggettive oppure vanno bene per tutti.

Se qualcuno dovesse vedere Roglic in giro sulla nuova bici, che materiali gli avete dato?

Per ora si va sul semplice. Ruote basse da allenamento, credo che abbia preso le Alpinist, con copertoni da 28. E’ bene che usi la bici, così a dicembre faremo un altro sviluppo, per arrivare al setting con cui correrà nel 2024. E per gennaio si potranno vedere anche le foto. Per ora abbiamo evitato in tutti i modi che si potesse associare il nome Roglic a quello di Specialized.

Come va la S-Works SL8? Parola a Mattia Cattaneo

06.09.2023
3 min
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«Onestamente, questa bici è davvero tanta, ma tanta roba». In merito alla sua nuova S-Works SL8, Mattia Cattaneo ha esordito con questa affermazione. Molto veloce, più della versione precedente e anche più leggera a parità di allestimento.

Mattia Cattaneo è competente in fatto di tecnica, uno di quei corridori che la bici la vivono anche in modo passionale e che nell’argomentare le prestazioni del mezzo meccanico sono capaci di farti salire in sella con loro. Gli abbiamo strappato qualche considerazione sulla nuova Specialized, tra una tappa e l’altra de La Vuelta.

In Spagna, Cattaneo si sta distinguendo al servizio di Remco Evenepoel
In Spagna, Cattaneo si sta distinguendo al servizio di Remco Evenepoel
S-Works SL8, rispetto alla precedente versione, cosa cambia in fatto di utilizzo?

La nuova bici è decisamente più veloce in pianura e ha un’avantreno più rigido. La sensazione di avere a disposizione una bici più rapida, sempre facendo il confronto con la versione precedente trova delle conferme anche in discesa e nel tecnico. La senti subito, ti aiuta nelle fasi più veloci della gara.

E in salita?

E’ migliore e considerate che già con la SL7 eravamo ad un livello di eccellenza, ma la S-Works SL8 ha fatto un ulteriore step in avanti. In salita bisogna avere anche tante gambe. A mio parere comunque la grossa differenza si percepisce nei tratti dove è necessario fare velocità.

Livrea speciale per la SL8 di Remco e subito dietro le bici di tutta la Soudal-Quick Step alla Vuelta
Livrea speciale per la SL8 di Remco e subito dietro le bici di tutta la Soudal-Quick Step alla Vuelta
Fattore velocità, quanto conta nel modo di correre di oggi?

Potrei dirvi che nell’economia di una gara pesa per l’80 per cento e avere una bici veloce è un bel vantaggio. Ti permette di risparmiare molte energie. E poi c’è il fattore leggerezza e la SL8 è tanto leggera.

In termini di peso c’è tanta differenza rispetto alla bici vecchia?

Decisamente sì e io la uso con le ruote alte. Come per la salita, dove anche la versione 7 ci ha permesso di entrare in una categoria al top, la nuova SL8 entra in un livello superiore per quello che è legato al peso, rapportato con la rigidità complessiva della bici.

Con la S-Works SL8 hai dovuto cambiare dei componenti?

L’allestimento è il medesimo, abbiamo riportato sulla 8 tutto quello che usavo sulla bici precedente. L’unica cosa che è cambiata in modo importante è il punto di innesto dell’attacco manubrio allo stelo della forcella e io non utilizzo l’integrato. Questo punto della bici è quello che è cambiato maggiormente, lo si vede, ma lo si percepisce fin dalle prime pedalate.