Germani e il diario dei primi nove giorni spagnoli

04.09.2023
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Questi primi nove giorni di Vuelta hanno fatto parlare tanto, anche per situazioni extra corsa. Per Lorenzo Germani è la prima volta in un grande Giro, e la sua squadra, la Groupama-FDJ, ha deciso di farlo partire proprio dalla Spagna. Un esordio lontano dai riflettori di casa, ma che per il giovane ciociaro ha comunque un grande significato. Oggi era il primo giorno di riposo, nove fatiche alle spalle, che Germani è pronto a raccontarci tutte d’un fiato

Una Vuelta partita bene per i francesi, con una crono a squadre terminata in quinta posizione
Una Vuelta partita bene per i francesi, con una crono a squadre terminata in quinta posizione

Riposo completo

«Domani – racconta dalla stanza dell’hotel Germani – si ripartirà con una cronometro. Di conseguenza oggi non ho preso la bici, nessuna sgambata, riposo totale. Ieri siamo partiti tardi, nonostante fossimo sul primo volo (la corsa si è spostata dalla zona di Murcia a quella della Castilla, ndr). Siamo arrivati in hotel prima di altre squadre, ma comunque non presto. La sveglia era alle ore 10 e oggi mi sono diviso tra massaggi e un controllo dall’osteopata».

Nove tappe complicate, la gambe si sono “sciolte” con il passare dei giorni e dei chilometri
Nove tappe complicate, la gambe si sono “sciolte” con il passare dei giorni e dei chilometri
Queste prime fatiche che cosa ti hanno lasciato nelle gambe?

All’inizio muscolarmente ero più rigido, con il passare dei giorni mi sono sbloccato, me lo ha detto anche il massaggiatore che i miei muscoli sono più “molli”. Gli ultimi 3 giorni sono stati particolari, la tappa di Oliva (la settima, ndr) è stata tranquilla. Le due successive no, siamo andati davvero forte. 

Riavvolgiamo il nastro fino a Barcellona, che effetto ti ha fatto partire per la tua prima Vuelta?

Fino a quando non sono salito sulla passerella di partenza, non sono stato del tutto tranquillo. Avevo un po’ di ansia che potesse succedere qualcosa, l’imprevisto è sempre dietro l’angolo. Sapevo di far parte della squadra da inizio luglio, quindi ho avuto il modo giusto di avvicinarmi e approcciare questo impegno.

E gli attimi prima di salire sul trampolino? Eri nervoso?

No, da quando sono salito sui rulli per fare riscaldamento fino alla fine della prova ho mantenuto alta la concentrazione. Sono entrato in quella che possiamo definire una sorta di bolla. In quel momento ero più concentrato che emozionato. 

Germani alle spalle di Molard, il corridore più esperto nella squadra francese
Germani alle spalle di Molard, il corridore più esperto nella squadra francese
Com’è partecipare al primo grande Giro?

Davvero molto bello. Abbiamo avuto modo di creare il nostro gruppo piano piano. E’ dal Polonia che lavoriamo insieme, anzi dal ritiro di Tignes. I compagni li conosco bene, considerando che su 8 corridori siamo in 5 della generazione 2000 (i francesi Martinez e Gregoire, gli inglesi Askey e Watson, ed infine il nostro Germani, ndr). La squadra è super tranquilla e non ci mette pressione, l’ambiente è super familiare. 

Come squadra siete partiti bene…

Bisogna dire che siamo partiti subito forte, anche nella cronometro di apertura siamo stati davanti. Abbiamo ottenuto il quinto tempo, a pari con la Education-Easy Post, terzi. Lenny Martinez ha indossato la maglia bianca, anche se non ne era il detentore ufficiale (spettava a Evenepoel, che però indossava la roja, ndr). 

Avete anche indossato la maglia roja, con Martinez, che effetto fa scortarla in gruppo?

Trovarti in gruppo a tirare davanti agli squadroni come Jumbo e Soudal Quick-Step fa “strano”. Prima li vedevi solamente in televisione, poi però ci parli e ti accorgi che sono persone come te. Scherzi, ridi e scambi qualche battuta. Il giorno dopo aver preso la maglia sono stati loro i primi a farci le congratulazioni. Sono stati molto rispettosi. 

A Martinez hai detto qualcosa?

Che l’unico modo che aveva di farmi tirare per lui era prendere la maglia, ci è riuscito! Però dai, non ho dovuto lavorare nemmeno così tanto (dice con una risata, ndr). 

In gruppo con chi ti è capitato di parlare?

Durante una tappa Roglic mi ha passato in un tratto di discesa e mi ha detto: «Il problema è che vado forte in discesa, ma piano in salita». Mi ha strappato una risata, se lui ha questo problema figuriamoci noi altri. 

Il tifo com’è? Caldo?

Sì, fin dalle prime salite senti una grande emozione nel pedalare con tutta questa gente a bordo strada. Poi arrivi nei chilometri finali e diventa ancora di più, senti una spinta incredibile. 

In gruppo c’è spazio per una battuta e una parola con tutti i corridori
In gruppo c’è spazio per una battuta e una parola con tutti i corridori
Avete già affrontato tante difficoltà: salite, cadute e ventagli. Il momento più importante?

Nove giorni intensi. Nella frazione di ieri, ero contento di essere rimasto nel primo gruppo davanti durante i ventagli. Peccato che Martinez non sia riuscito a seguirmi ed è rimasto dietro. Ad un certo punto non sentivo la radio e non capivo cosa fare. 

Trovate il tempo per vivere un po’ di “vita comune”?

Poco ad essere sinceri. Le tappe finiscono tardi, e non siamo mai a cena prima delle 21. Non è semplice, anche perché i trasferimenti sono davvero lunghi, i momenti in comune sono principalmente in pullman, dove ridiamo e scherziamo. 

E con chi sei in stanza?

Gregoire. Mi trovo bene con lui, siamo in stanza insieme dal ritiro di febbraio e spesso condividiamo la stanza. Per caso, credo, visto che il mio cognome viene prima del suo nell’elenco della squadra. Durante il ritiro di febbraio avevamo un letto matrimoniale, abbiamo cercato di cambiare stanza e prendere due letti singoli, ma non ci siamo riusciti. Diciamo che una volta dormito nello stesso letto, abbiamo abbattuto tutte le barriere (altra risata, ndr). 

Nella tappa nove Germani (a destra in maglia Groupama) è stato bravo a muoversi nei ventagli, ritrovandosi nel gruppo di testa (foto Instagram)
Nella tappa nove Germani (a destra in maglia Groupama) è stato bravo a muoversi nei ventagli, ritrovandosi nel gruppo di testa (foto Instagram)
Come vi trovate?

Benissimo. Parliamo, ci confrontiamo, ed in più abbiamo trovato un nostro equilibrio che ci permette di vivere sereni.

La notte prima dell’esordio hai dormito?

Ho fatto fatica. Le notti successive, soprattutto le ultime, arrivava la stanchezza a chiudermi le palpebre. 

Questo riposo ci voleva, insomma, cosa ti viene in mente se pensi che ci sono ancora due settimane di gara?

Mi pongo più dei mini obiettivi. Non posso pensare a tutto insieme, altrimenti diventa ancora più dura. So bene che arriveranno le tappe toste e cercheremo di fare il massimo per mantenere la buona posizione di Lenny Martinez.

Gobik presenta il “rebranding” di immagine e logo

23.08.2023
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Il brand spagnolo Gobik, specializzato nella produzione di abbigliamento per ciclismo, e ricordiamo partner quest’anno del team WorldTour Movistar, ha presentato ufficialmente il risultato del proprio “rebranding” aziendale. L’azienda ha illustrato ad alcuni media specializzati europei la personale nuova identità strettamente legata al rinnovato posizionamento sul mercato che lo stesso marchio intende presto raggiungere.

Questa nuova proposta creativa di Gobik si collega all’anticonformismo e al costante e rapido cambiamento del brand negli ultimi anni. Un aggiornamento che di base è ispirato dalla stretta sinergia tra il punto di partenza e la destinazione che si vuole raggiungere in un’ideale uscita in bicicletta. A qesto si aggiunge l’efficace slogan “What a ride” a sottolineare l’esperienza di ogni singola partenza ed il rapido raggiungimento di una costante crescita internazionale.

Crescita internazionale

Adesso, grazie allo stile grafico del nuovo logo e al già citato “claim”, unitamente al “restyling” del nome, Gobik intende trasmettere ed offrire una nuova identità visiva fondata su diversi aspetti che rispecchiano il carattere giovane ed irrequieto del marchio. Il percorso aziendale di Gobik si riassume dunque oggi in una nuova identità. La prima fedele alle caratteristiche che hanno reso famoso il marchio, prima in Spagna e poi a livello internazionale, con l’obiettivo di veicolare il messaggio del brand stesso verso il futuro e a tendere verso un’espansione sempre più ampia e capillare sui mercati più diversi.

Il vero “cuore” di questa evoluzione grafica è rappresentato dalla nuova “G”. Ridisegnata e personalizzata, in grado adesso di “lavorare” perfettamente in armonia con il nuovo simbolo. Quest’ultimo intende rappresentare una chiara testimonianza visiva del viaggio, di un punto di inizio e di un traguardo da raggiungere. Un nuovo elemento visivo che simboleggia la sinergia tra inizio e fine, con l’unione della prima e dell’ultima lettera del nome dell’azienda.

Un logo per durare

«Questo nostro importante lavoro di rebranding – ha dichiarato Albert Medrano, responsabile del marketing di Gobik – è stato diviso in due parti. In primis il restyling della parola Gobik, per cercare una miglior leggibilità nei vari formati, applicando un leggerissimo ritocco. In seconda battuta, la creazione di un nuovo logo. Un vero e proprio simbolo, che potesse consentirci di comunicare i nostri valori unendo la prima e l’ultima lettera del nostro marchio.

«Questo nuovo approccio è poi fedele alle radici del marchio e al percorso che abbiamo effettuato fino al giorno d’oggi. Ma è anche di più, perché riteniamo sia anche in grado di offrire una visione di noi stessi più contemporanea. Il nuovo logo Gobik nasce con l’aspirazione di camminare da solo nel futuro… E’ il nostro atteggiamento che caratterizza il nostro stile, dietro il design si trovano appunto un atteggiamento e un’intenzione, oltre a una visione della vita. Ed è indispensabile che i nostri capi siano in grado anche di trasmettere a tutti i nostri clienti questi valori e questi ideali».

Gobik ha dunque una nuova identità fedele alle sue caratteristiche: prima nate in Spagna e poi a livello internazionale
Gobik ha dunque una nuova identità fedele alle sue caratteristiche: prima nate in Spagna e poi a livello internazionale

«Quello che ci proponiamo di fare – ha aggiunto José Ramón Otín, CEO e co-fondatore di Gobik – è crescere, facendo in modo che l’energia che ci trasmette la bici e la forza di questo progetto si contagino. Il nostro obiettivo è quello di diventare davvero il marchio di tutti…».

Il nuovo logo Gobik sarà visibile su tutti i capi del marchio spagnolo già dalla prossima, prima “capsule” della collezione invernale Cold Season 2024 la cui uscita è prevista per il giorno venerdì 8 settembre.

Gobik

Con Purito, gigante senza tempo, tra passato e futuro

08.07.2023
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VITORIA GASTEIZ – Camminando nel villaggio del Tour de France capita d’incontrare Joaquim “Purito” Rodriguez. Il grandissimo spagnolo è allo stand di Santini, che fornisce le maglie ufficiali della Grande Boucle. Purito è il testimonial spagnolo del brand italiano.

Tanti i tifosi che si fermano per una foto o passano per un saluto, uno è Alberto Contador! I due si battono il pugno, rispettando il protocollo sanitario imposto dal Tour.

Due battute per rompere il ghiaccio. «Sai che in Italia hai tanti tifosi?», gli facciamo. «Sì, tanti… poi dopo quel Giro ancora di più – replica lui – ma devo dire che ne avevo parecchi in tanti posti».

Giro 2012 Purito Rodriguez fu 2° per soli 16″ da Hesjedal. Per la crono finale lui e Mariano stravolsero la posizione nella notte pur di scovare qualche watt in più
Giro 2012 Rodriguez fu 2° per soli 16″ da Hesjedal. Per la crono finale lui e Mariano stravolsero la posizione nella notte pur di scovare qualche watt in più
Purito, iniziamo con un amico in comune con bici.PRO, il biomeccanico Alessandro Mariano… Quanti aneddoti. Lo facevi impazzire?

Sì, “Sandro” è il mio papà italiano. L’ho conosciuto nel 2004 ai tempi della Saunier-Duval ed è vero: era l’unico che mi poteva mettere in bicicletta bene come dicevo io. E’ la persona che più mi conosceva a fondo nel modo di pedalare.

Uno spagnolo nel Tour che è partito dalla Spagna, le prime frazioni, soprattutto quella inaugurale, sarebbe stata la tua tappa…

Purtroppo sono vecchio (ride, ndr), tutto questo doveva succedere qualche anno fa e sarebbe stata una bella tappa per me. Però dico che l’hanno fatta ad un alto ritmo. La tappa era dura, ma non durissima e presto si è fatto un gruppetto di 40 corridori. Il ciclismo di oggi è abbastanza più veloce del nostro.

Purito sarebbe stato competitivo in questo ciclismo?

Io credo di no. E ne sono quasi certo. Dico questo perché io correvo in un altro modo. Un modo più esplosivo. Mi piaceva una corsa un po’ più lenta e poi dare una grande botta, puntare su una grande differenza di ritmo. Invece come ho detto prima, oggi vanno a tutta sin da subito. E io ricordo bene che la velocità alta e costante mi ammazzava. I leader non stanno troppo a guardarsi. Se devono partire a 60 chilometri dall’arrivo partono e basta. A me piaceva tenere le energie per la sparata alla fine.

Purito era un fenomenale scattista. Era fortissimo sulle salite ripide. Eccolo vincere la Freccia Vallone 2012
Purito era un fenomenale scattista. Era fortissimo sulle salite ripide. Eccolo vincere la Freccia Vallone 2012
Ti piace il percorso di questo Tour così mosso? E in generale ti piacciono i nuovi tracciati, appunto parecchio ondulati?

Molto. Basta pensare a queste prime tappe: sia a quelle nei Paesi Baschi che sui Pirenei. L’ultima settimana magari è la meno impegnativa, ma nel complesso è un percorso duro e bello per gli scalatori… e per gli attaccanti.

Secondo te sarà ancora un discorso a due? O si potrà inserire qualcun altro?

Io credo che loro due – Vingegaard e Pogacar – siano un passo avanti a tutti. Deve succedere qualcosa di particolare perché il Tour non lo vinca uno di loro e che l’altro faccia secondo.

Mikel Landa ha detto che lui e gli spagnoli di oggi hanno dovuto raccogliere un’eredità importante: la vostra, quella di Purito, di Contador, di Valverde. Secondo te è un peso per loro?

Non è un peso, ma certo è vero che per la Spagna quell’epoca, la nostra epoca, è stata spettacolare. Eravamo parecchi: Alejandro (Valverde), Oscar (Freire), Samuel (Sanchez), io, Alberto (Contador)… Uno ti vinceva il Tour, l’altro il Giro, quell’altro il Lombardia, l’altro ancora l’Olimpiade…

Mamma mia!

Eh – sospira con orgoglio – diciamo che alle corse in cui andavamo normalmente c’era uno spagnolo che vinceva. Ma questo non vuol dire che adesso non ci sia un buon ciclismo in Spagna. Posto che poi per me i paragoni sono sempre un po’ brutti. E’ come quando si compara il nostro ciclismo a questo. Il nostro era bello, questo è bello altrettanto. Anzi, da fuori, mi piace più questo che il nostro. Poi tecnicamente mi si adattava meglio l’altro, ma entrambi sono stati belli. E lo stesso è buono il livello del ciclismo spagnolo. Magari ci sono meno corridori super forti che ai nostri tempi.

Alberto Contador, Joaquim Rodriguez e Alejandro Valverde: quanta classe in una foto. Forse il più alto momento di sempre del ciclismo spagnolo
Alberto Contador, Joaquim Rodriguez e Alejandro Valverde: quanta classe in una foto. Forse il più alto momento di sempre del ciclismo spagnolo
La generazione spagnola che arriva sembra ancora più forte. Avete Juan Ayuso, Carlos Rodriguez…

E ci sono altri nomi ancora dietro tra le giovanili. Penso per esempio ad Arrieta o al figlio di Beloki, Markel, che ha vinto il campionato nazionale juniores a crono ed è stato secondo in quello in linea. Ci sono corridori che stanno crescendo parecchio. Io credo che sia in arrivo un’altra generazione fortissima. E’ questione di pochissimi anni.

E allora dicci: qual è il segreto della Spagna?

Il ciclismo stesso, perché fa parte della nostra cultura. Abbiamo una tradizione ciclistica “tremenda”. Ho smesso quasi da dieci anni, ma quando vado in giro per strada mi conoscono tutti. Nei Paesi Baschi poi… In Spagna, il ciclismo si vive. La gente si appassiona col nostro sport. E se nella tua famiglia si respira una bell’atmosfera ciclistica, i bimbi vanno in bici. E credo che questa sia la cosa più importante.

Il ciclismo vive di duelli, da quelli storici in bianco e nero, a quelli attuali passando per i tuoi. Sempre restando in Spagna ce n’è uno che promette scintille: Ayuso-Carlos Rodriguez. Se ne parla in Spagna?

Ancora non se ne parla, ma se ne parlerà: seguro. Per ora ci sono ancora grandi corridori come Marc Soler, Mikel Landa stesso, Pello Bilbao che stanno tirando il ciclismo spagnolo. Poi credo anche già alla fine di quest’anno Juan Ayuso sarà il ciclista spagnolo più forte.

Carlos Rodriguez (a sinistra) e Juan Ayuso: i gioielli della Spagna per i prossimi anni (foto Real Federacion Espanola Ciclismo)
Carlos Rodriguez (a sinistra) e Juan Ayuso: i gioielli della Spagna per i prossimi anni (foto Real Federacion Espanola Ciclismo)
Cosa te lo fa dire?

Abbiamo visto al Giro di Svizzera come si è comportato, come ha corso e non solo per il risultato. E mi è piaciuto come ha reagito dopo il problema al ginocchio, questa sua resurrezione. E’ tornato in corsa al Romandia, dopo tanti mesi senza gare, e ha vinto. Vuol dire che è un ragazzo che ne ha. E’ stato capace di fare terzo alla Vuelta così giovane. Sicuramente Ayuso farà parte dei grandissimi… non solo spagnoli.

Chi ti piace di più fra i due?

Ayuso: più dinamico. Carlos Rodriguez è fortissimo, ma è più regolare, meno vistoso, ideale per i grandi Giri. Mentre Ayuso, come gli dico io, è un “assassino”! Quando vede l’arrivo… non perdona.

Quindi Ayuso è Purito e Carlos Rodriguez è Indurain!

Ah, ah, ah… Purito non sta a quel livello! 

A Bilbao nasce (per il Tour) uno Spiuk Concept Store

20.06.2023
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Il Tour de France fa rotta sui Paesi Baschi, con la bellissima città di Bilbao eletta luogo e punto di partenza di un’edizione – quella 2023 – che si annuncia davvero combattutissima. E proprio per celebrare al meglio la grande partenza del Tour dalla propria terra, il brand spagnolo (e basco) Spiuk inaugurerà nel centro della città affacciata sull’Oceano Atlantico un originale Concept Store.

Dal prossimo 29 giugno e fino al 6 luglio, lo Spiuk Cycling Concept Store di Bilbao aprirà i battenti rappresentando – per chiunque avrà modo di visitarlo – un’occasione unica per conoscere in prima persona tutti i prodotti (caschi, occhiali, scarpe e abbigliamento) che Spiuk stessa produce ed offre quotidianamente agli appassionati ciclisti in tutto il mondo. Questo negozio temporaneo sarà inaugurato in Iparraguirre Kalea 31, nel cuore antico di Bilbao, e rimarrà aperto solamente per una settimana. L’area dove si troverà Il Concept Store è inoltre facilmente raggiungibile, sia con la metropolitana oppure con l’autobus: la linea Bilbobus 18 ha la propria fermata giusto davanti alla porta d’ingresso del locale…

Dal 29 giugno al 7 luglio aprirà il Concept Store di Spiuk al Bilbao
Dal 29 giugno al 7 luglio aprirà il Concept Store di Spiuk al Bilbao

Giochi, incontri & promo

Un invito, quello a visitare lo Spiuk Cycling Concept Store di Bilbao, rivolto anche a tutti gli appassionati di ciclismo italiani che passeranno in città nei giorni coincidenti con la prossima grande partenza del Tour de France. Partenza che ricordiamo avverrà sabato 1 luglio, con una tappa che partirà ed arriverà nella stessa Bilbao, lungo un percorso di 182 chilometri tutti pedalati nel cuore dei Paesi Baschi: una regione ed un territorio che da sempre rappresenta una vera e propria patria ciclistica mondiale!

Igor Astarloa, testimonial Spiuk
Igor Astarloa, testimonial Spiuk

Grandi testimonial

E nella settimana di apertura, presso lo Spiuk Cycling Concept Store di Bilbao non mancheranno di certo grandi sorprese e prezzi a dir poco speciali. Verranno organizzate speciali lotterie e promozioni esclusive, oltre ad una speciale iniziativa per cambiare il proprio casco. Come? Semplicissimo… portando in negozio il vecchio casco – di qualsiasi marca esso sia – si avrà diritto ad uno sconto del 30% sull’acquisto di un nuovo casco Spiuk. Inoltre, sarà previsto anche un incontro speciale – questo il 4 luglio alle ore 15 – quando, attraverso una diretta radiofonica con l’emittente Cadena Ser, sarà possibile discutere di Tour de France con gli ambassador del marchio spagnolo: Igor Astarloa, Joane Somarriba e Iban Mayo.

Spiuk

Berria Bikes, parte dalla Spagna la sfida ai grandi del mercato

26.04.2023
5 min
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Berria è un’azienda spagnola, ma nel suo DNA c’è molta Italia, o comunque c’è un collegamento latino pronunciato, marcato e che non vuole essere nascosto.

Berria Bikes nasce nel 2013 e a distanza di 10 anni è una realtà che si confronta con marchi iberici che vantano una storia di lungo corso. Abbiamo parlato con David e José Vitoria, i due fratelli che sono il cuore pulsante dell’azienda.

Una sorta di sintesi dell’evoluzione del marchio (foto Berria-Brazodehierro)
Una sorta di sintesi dell’evoluzione del marchio (foto Berria-Brazodehierro)

Cos’è oggi Berria Bikes

Berria Bikes è un’azienda che ha sede ad Albacete, conta 50 dipendenti, in 10 anni di attività ha portato il fatturato da 0 a 16 milioni di euro ed è in costante crescita. Il 63% del suo business si sviluppa in Spagna, l’11% nel continente americano, ma uno sviluppo importante è da segnalare in Europa, tra Francia, Italia e Benelux.

Viene fondata dai Vitoria, una famiglia di ciclisti praticanti ed appassionati e proprio i due fratelli David e José ambiscono a diventare un riferimento per il mercato. David ha anche un passato da pro’ (da giovanissimo ha militato nella Phonak). I fratelli Vitoria sono cresciuti in Svizzera, nel Canton Ticino e parlano un italiano perfetto. Il DNA Berria è marcatamente racing, lo si nota dal design delle sue biciclette, lo si percepisce ogni volta che si parla con i fratelli Vitoria.

«L’esperienza delle corse e del professionismo – ci racconta David Vitoria – mi ha dato molto e io ho cercato di trasmettere tutto questo ai miei collaboratori, portando la mia storia ciclistica all’interno dell’azienda. Le gare hanno fatto parte della mia crescita come atleta e come uomo. E’ stato un percorso pieno di sacrifici che si sono tramutati in disciplina, ma anche nella capacità di autocritica e in quella volontà di ricercare un miglioramento continuo. Essere corridore e avere un’azienda – prosegue David – sono due cose molto diverse e anche molto simili, perché entrambe rappresentano una sfida e un percorso di crescita.

Obiettivi ambiziosi

«Uno dei nostri obiettivi e parlo di un lasso temporale relativamente ridotto – racconta invece José Vitoria – perché si parla dei prossimi 5 anni, è quello di rientrare della top 10 europea dei “brand high-performances”. E’ difficile, ma è possibile perché i nostri prodotti sono tecnicamente molto, molto ricercati e perché siamo in grado di coprire a 360° tutte le categorie del mercato. Abbiamo raggiunto un livello tecnico di eccellenza – prosegue – senza mai perdere di vista una crescita veloce, ma anche equilibrata del marchio. Il boom della bicicletta ci ha aiutato, questo è ovvio, ma è pur vero che abbiamo continuato ad investire su diversi fronti. Ci siamo ampliati con i capannoni per due volte in pochi anni e ora abbiamo in programma un terzo importante allargamento».

Dove produce Berria?

Produciamo in Asia, ma tutto il processo di design, sviluppo e ingegnerizzazione avviene in Spagna, così come tutta le verniciatura e l’assemblaggio. Noi seguiamo in prima persona tutte le fasi di sviluppo. Nella fabbrica asiatica dove risiede la produzione abbiamo una persona di fiducia, che fa parte dello staff di Berria. Questa figura ricopre un ruolo importantissimo, perché oltre ad essere il contatto tra Berria e l’azienda che produce per noi, attiva una serie di relazioni che ci mettono in primo piano nei confronti di chi lavora il carbonio e non è un semplice dettaglio.

Uno sguardo al 2024, la nuova gamma di bici sarà svelata ufficialmente a Giugno (foto Berria-Brazodehierro)
Uno sguardo al 2024, la nuova gamma di bici sarà svelata ufficialmente a Giugno (foto Berria-Brazodehierro)
Ad oggi è possibile uno scenario dove la produzione ritorna europea e/o spagnola?

No, ad oggi non è possibile se vogliamo mantenere un elevato standard qualitativo con dei prezzi giusti. Inoltre è anche utile sottolineare che le produzioni asiatiche sono anche molto differenti tra loro e alcune di loro sono un’eccellenza, soprattutto per quanto concerne la lavorazione delle materie composite. Abbiamo sondato anche alcune nuove fabbriche europee che lavorano le fibre composite, ma onestamente non ci hanno soddisfatto. Per Berria la qualità è il primo obiettivo.

Il nuovo logo dell’azienda, le due B futuristiche contrapposte (foto Berria-Brazodehierro)
Il nuovo logo dell’azienda, le due B futuristiche contrapposte (foto Berria-Brazodehierro)
Berria è un’azienda in crescita. Quale è il cuore della strategia che dovrebbe supportare questo processo in futuro?

I fattori da considerare sono diversi, ma il cardine resta la volontà di valorizzare i punti vendita. Per noi i negozi sono nostri partner, fondamentali e complici in questo percorso di crescita e sviluppo. Inoltre vediamo nel mercato italiano un tassello fondamentale per Berria, considerando l’importanza che ha il ciclismo e l’agonismo in Italia. C’è ancora da costruire un rete commerciale adeguata, ma siamo pronti a prendere di petto l’argomento.

David, appena può non si fa mancare un giro con la mtb (foto Berria-Brazodehierro)
David, appena può non si fa mancare un giro con la mtb (foto Berria-Brazodehierro)
E per quanto concerne la politica dei prezzi?

Offriamo una serie di biciclette che tecnicamente fanno parte di una fascia medio/alta del mercato, ma con dei prezzi che ci piace definire giusti, adeguati e corretti. Proseguiremo anche in futuro con questa filosofia. Siamo una sorta di marchio indipendente, fatto di persone appassionate alla bicicletta. Berria, come tutte le aziende fa anche business, ma non è solo quello, la nostra passione, la nostra umanità e la voglia di trasmettere il nostro messaggio, non possono essere celati.

A Girona abbiamo provato la nuova versione della Belador, la top di gamma road (foto Berria-Brazodehierro)
A Girona abbiamo provato la nuova versione della Belador, la top di gamma road (foto Berria-Brazodehierro)
In futuro vedremo le bici Berria tra i pro’?

Sarebbe bello ed è uno degli obiettivi del futuro, ma una sponsorizzazione di un team professionistico non vuole essere una bandierina messa a caso. Per ora ci concentriamo sul nostro team di mtb, anche nell’ottica Olimpica, stiamo valutando di entrare nel gravel con un uomo immagine e per il resto ci prendiamo il nostro tempo per valutare al meglio.

Berria Bikes

De Marchi e le fatiche della prima salita di stagione

11.02.2023
5 min
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Le corse sono iniziate e le prime fatiche sono già alle spalle, dopo mesi di allenamenti bisogna capire in che modo i corridori si riabituano alla fatica. Non è un passaggio semplice, nei vari ritiri si fanno tanti chilometri, ma nulla è come la gara, soprattutto quando la strada sale. Come si ritrova il feeling un corridore con la salita? Alessandro De Marchi ci racconta il suo punto di vista. 

De Marchi nel 2022 ha chiuso l’esperienza con la Israel Premier Tech
De Marchi nel 2022 ha chiuso l’esperienza con la Israel Premier Tech

Prima fatica

Il “Rosso di Buja” ha esordito alla Vuelta a la Comunitat Valenciana, si è trattato di un doppio inizio visto il suo passaggio al Team Jayco AlUla. La corsa a tappe spagnola è stata la prima affrontata con tante salite praticamente ogni giorno, un test iniziale e un modo per togliere la polvere dalla bici

«La prima salita – racconta De Marchi – è stata alla tappa inaugurale. E come spesso accade, per me è stata un trauma. E’ un momento di verifica, ma è difficile trovare i riferimenti, la mancanza di ritmo gara influisce molto. Poi il fatto di affrontarla in gruppo non aiuta, perché diventa tutto più impegnativo: praticamente un calvario. Le salite vengono affrontate a ritmi non costanti, che è una cosa che in allenamento non si riesce a simulare. Solitamente si fanno lavori di 15 o 20 minuti, ma nelle fasi prima e dopo sei più tranquillo. In corsa arrivi all’attacco della salita che sei già a tutta ed il primo chilometro lo fai davvero, ma davvero forte. In più io sono un corridore che soffre le condizioni di troppa… freschezza».

Tenere sotto controllo i dati non è facile quando si affrontano le prime fatiche in gruppo
Tenere sotto controllo i dati non è facile quando si affrontano le prime fatiche in gruppo

Valori diversi

Cosa intende dire De Marchi con “troppa “freschezza”? Come dicevamo prima le gare di inizio stagione sono una grande incognita. Lo stesso corridore ci ha confermato che non tutti i numeri sono da prendere con certezza.

«Il cuore – dice il friulano – è costantemente cinque o sei battiti sopra ai valori soliti, in questo influiscono diversi fattori: il gruppo, l’adrenalina, la lotta per le posizioni… E poi influisce molto anche il ritmo gara: a inizio stagione non si è abituati a farlo per ore e ore, durante i ritiri simuli queste condizioni ma fino ad un certo punto. A questo va aggiunto il fatto che in allenamento non sono sono uno che esagera con l’intensità, in questo interviene anche una parte psicologica. Se non sei in corsa, ti viene da mollare prima, quando sei in gara invece devi rimanere agganciato. I numeri devono essere presi con le pinze, solitamente in gara sono un pochino più bassi rispetto agli allenamenti. Questo perché il ritmo gara porta fatica nelle gambe, non si è abituati a smaltire l’acido lattico e si ha un maggiore accumulo di fatica».

Il “Rosso di Buja” ha esordito con la nuova squadra alla Valenciana
Il “Rosso di Buja” ha esordito con la nuova squadra alla Valenciana

La risposta del corpo

Quando si è da soli in allenamento o nel ritiro con la squadra, è più facile regolarsi seguendo i propri parametri. Ma una volta in gara, il gruppo va e devi rimanere lì, altrimenti la fatica diventa doppia.

«Difficilmente in gara riesci a regolarti – conferma De Marchi – non puoi decidere il ritmo a cui andare. A me capita di reggere il fuori giri e poi di pagare lo sforzo nel finale di corsa. Mi sono ritrovato con Salvatore Puccio ed abbiamo commentato allo stesso modo: dopo il fuori giri, è come se il nostro corpo avesse bisogno di minuti per ritrovare il ritmo che ci avrebbe permesso di stare con i migliori. Anche i watt sono un valore che all’inizio lascia il tempo che trova, diventano più stabili con il passare dei giorni di corsa. Già al secondo giorno della Valenciana, il cuore ed i watt erano più vicini ai valori dell’inverno. Un’altra cosa da non sottovalutare è l’alimentazione. Ovviamente un professionista con anni di esperienza sa come si gestisce, ma bisogna riabituarsi a farlo in corsa: trovare i momenti giusti in cui mangiare e calibrare le dosi».

Nella seconda tappa della Valenciana il friulano ha macinato chilometri in fuga: ritmo più alto ma costante
Nella seconda tappa della Valenciana il friulano ha macinato chilometri in fuga: ritmo più alto ma costante

Il “rimedio” alla fatica

Nella corsa a tappe al sud della Spagna, De Marchi si è fatto vedere anche in due fughe, nella seconda e nella quarta tappa. Lui è un uomo abituato ad “anticipare il gruppo” e questo può essere anche una soluzione alla fatica.

«Non è da nascondere che le corse a tappe aiutino a migliorare la condizione – spiega – con il passare dei giorni ti senti sempre meglio. Andare in fuga, tuttavia, può essere un buon esercizio per mettere chilometri nelle gambe con ritmi alti, ma più costanti rispetto all’andare in gruppo. Non c’è lo stress o la battaglia ai piedi delle salite, ma tanti chilometri ed altrettanta intensità. Si corre sempre a valori medio-alti, ma ne vale la pena. In fuga si costringe il corpo a stare nella zona della soglia o fuori soglia. Anche il wattaggio medio a fine corsa è più alto. Questo perché prima delle salite non hai la solita bagarre ma un andamento costante, così anche quando la strada sale. In più andare in fuga stimola il corpo e si brucia qualche caloria in più, cosa che non fa male ad inizio anno».

Uno stop a Palermo e Caruso si lancia sul Giro

11.12.2022
6 min
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Qualcosa che è parso un voto da mantenere, poi Damiano Caruso ha chiuso la prima valigia della nuova stagione ed è volato in Spagna con la squadra. In quei 271 chilometri da Ragusa a Palermo, fino al Santuario di Santa Rosalia, Damiano avrà avuto anche il modo di pensare alle sfide che lo attendono e che venerdì ha raccontato alla stampa, rispondendo alle domande attraverso l’occhio di una telecamera. E annunciando, come aveva fatto in confidenza alla fine di ottobre, la sua partecipazione al Giro d’Italia.

«Il mio programma per il prossimo anno – ha spiegato – bene o male rimane lo stesso. Nella prima parte farò la Valenciana, proseguirò con la Ruta del Sol, passando per la Tirreno Adriatico fino alla Milano-Sanremo. Poi nel mese di aprile, dopo un training camp in montagna, farò di nuovo il Giro di Romandia e poi penso quasi sicuramente di partecipare al Giro d’Italia».

Per fare cosa?

Gli obiettivi sicuramente sono sempre gli stessi. Intanto quello di ben figurare, chiaramente. Ci presenteremo con una squadra molto attrezzata per far bene, sia nelle tappe che nella classifica generale. Personalmente il mio obiettivo è quello di tornare a vincere una tappa e poi vedere strada facendo come sarà la condizione. Supporterò gli eventuali leader della squadra (anche se Landa andrà al Tour, ndr) oppure magari provare a fare la classifica generale in prima persona. In questo momento è un po’ prematuro dirlo. Vedremo come starò nelle settimane prima, a che punto sarò con la preparazione o come mi sentirò. L’unica cosa che voglio fare è preparare questi obiettivi con il massimo impegno e la dedizione che ci ho sempre messo.

L’idea del Giro dà morale?

Tornare al Giro significa tanto, perché lì ho vissuto le migliori esperienze della mia carriera. Non vedo l’ora di riassaporare il calore della gente sulla strada, che è stata veramente avvolgente. Mi piacerebbe regalarle magari qualche emozione, come sono riuscito a fare nel 2021.

Perché non lo hai fatto lo scorso anno, visto che arrivavi dal secondo posto del 2021?

Mi sarebbe piaciuto esserci, però chiaramente non sempre si può fare quello che ci piace, specialmente quando si è in grandi team come questo. Si devono anche assecondare le esigenze della squadra e poi tutti sappiamo come com’è andata.

Nonostante le speranze, il Tour de France 2022 di Caruso si è risolto in un insuccesso da dimenticare
Nonostante le speranze, il Tour de France 2022 di Caruso si è risolto in un insuccesso da dimenticare
Il Tour non è andato esattamente bene…

Ho avuto problemi all’inizio. Tutti lo sanno e questo mi ha deconcentrato (il riferimento è alle perquisizioni che ancora una volta hanno interessato il Team Bahrain Victorious, ndr). Durante la corsa non sono stato mai bene e alla fine della seconda settimana ho avuto un tampone positivo. Quella è stata la fine della mia stagione. Mi sono fermato per due settimane dopo il Tour e poi è stato duro trovare un altro picco di condizione.

Nel 2022 hai vinto il Giro di Sicilia: che effetto ti ha fatto?

L’ho vissuto intensamente perché non avevo avuto molte occasioni di correre in Sicilia. Anche se il Giro d’Italia c’è passato diverse volte, io non ero mai riuscito a far coincidere le due cose, quindi l’ho visto come una grande possibilità di farmi vedere dai tifosi di casa. Insomma, Damiano in azione dal vivo. E’ stato un obiettivo che ho preparato con estrema dedizione e con tanta voglia di ben figurare. Sono andato due settimane in montagna da solo per prepararmi, per isolarmi, per cercare di fare tutto al meglio. E mi sono allenato sulle stesse strade che poi avrei affrontato in corsa.

Come è stato?

Non nascondo che vincere lì, davanti ai miei tifosi e alla mia famiglia (c’erano i miei figli) ha avuto tanto valore. Paradossalmente può sembrare anche un po’ banale, ma mi ha gratificato, così come vincere al Giro d’Italia

La vittoria del Giro di Sicilia è stato un momento molto bello per Caruso, qui con Nibali, che si è allenato sull’Etna
La vittoria del Giro di Sicilia è stato un momento molto bello per Caruso, qui con Nibali, che si è allenato sull’Etna
Al Giro verrà Evenepoel: corsa chiusa?

E’ uno dei migliori al mondo e adesso penso che sarà anche più forte. Avrà più fiducia, è più forte di testa. Penso che al momento sia il favorito per il Giro, ma se guardiamo l’Evenepoel di quest’anno, secondo me gli si addice qualsiasi tipo di percorso. Poi ci saranno tanti altri corridori, si parla di altri campioni che saranno al Giro. E’ vero, c’è tanta crono, ma nell’ultima settimana poi c’è anche tanta salita.

Una corsa per cronoman?

E’ un Giro d’Italia con tantissimi metri di dislivello. Sappiamo tutti benissimo che ci sono tante incognite come il meteo, che può variare in maniera drastica nell’arco delle tre settimane. Quindi non diamo troppo per scontato che vinca il più quotato. E questa secondo me è proprio la bellezza del Giro, perché lascia la gara aperta fino all’ultima settimana. Gli scalatori puri faranno magari un po’ più fatica, perché chiaramente ci sono tre cronometro, però una mi sembra che sia una cronoscalata. Quindi alla fine sarà tutto più bilanciato.

Quale sarà il tuo ruolo?

Sinceramente non sento la pressione, perché non reputo mio il ruolo di favorito. Non mi posso paragonare a Nibali, perché Nibali da campione ha scritto delle pagine importanti di questo. Io sono stato bravo a sfruttare al massimo le mie capacità in determinate circostanze. Non ho mai creduto di essere il suo erede, anche per l’età che ormai ho. Il problema è che adesso in Italia non abbiamo il nuovo Nibali, ma credo che si debba avere solo un po’ di pazienza e prima o poi lo avremo di nuovo anche noi.

Un bel Romandia per Caruso quest’anno; la corsa Svizzera sarà il lancio per il Giro d’Italia
Un bel Romandia per Caruso quest’anno; la corsa Svizzera sarà il lancio per il Giro d’Italia
Un altro ciclista vittima della strada…

Personalmente non conoscevo tanto Rebellin. Chiaramente l’ho sempre visto come un atleta di riferimento, un uomo con tantissime esperienza. Quello che sicuramente gli invidiavo era la sua passione per questo sport, perché ne faceva una ragione di vita. L’effetto che mi ha fatto la sua morte penso sia quello che ha fatto a tutti. Sapere che ancora una volta un ciclista possa perdere la vita in questo modo, fa davvero male. E non nascondo che mi mette anche un po’ di paura, perché sai che può succedere a chiunque. Stare sulle strade comincia a essere veramente pericoloso.

Landa, i piedi per terra e la testa sulle spalle

10.12.2022
4 min
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Anche se per il 2023 ha scelto il Tour, resta il fatto che il 2022 di Mikel Landa sia stato soprattutto un affare italiano. Nel 67 giorni di corsa della passata stagione, gli unici lampi e piazzamenti degni di nota sono venuti infatti fra Tirreno, Giro e Lombardia: chiusi tutti al terzo posto, con sensazioni di vario colore. Martedì sulla sua torta ci saranno 33 candeline e probabilmente il tempo dei grandi sogni si sta concludendo, ma prima di darlo per morto bisognerebbe soffermarsi sui dati. E i dati dicono che le prestazioni di Landa in salita sono fra le migliori di sempre. Ma se fino a qualche anno fa bastavano per tenere testa a Contador, Aru e Nibali, adesso servono a malapena per arrivare sul podio. Come se salire sul podio del Giro d’Italia fosse un risultato da poco! Questo è il ciclismo di adesso. E se non fai spazio, finisci sotto al treno.

«Tornare al podio del Giro sette anni dopo la prima volta – sorride il basco – è stato importante. Nel 2021 ero fortissimo, ma ebbi una caduta che ha lasciato il discorso incompleto. Il podio mi ha dato la fiducia che posso ancora fare buone cose. C’è poco da cambiare però, la preparazione sarà la stessa. Di diverso c’è che nel 2023 farò il Tour che il prossimo anno sarà meglio del Giro. Un po’ perché è il Tour. Un po’ perché ci sono meno crono. E un po’ perché si parte dai Paesi Baschi, dalle strade di casa».

La Bahrain Victorious tiene ancora le porte chiuse, il media day del primo ritiro si svolge online
La Bahrain Victorious tiene ancora le porte chiuse, il media day del primo ritiro si svolge online

Le porte chiuse

Il primo ritiro della Bahrain Victorious si svolge nuovamente a porte chiuse. Le comunicazioni avvengono in videoconferenza, mentre negli hotel dei dintorni l’andirivieni dei giornalisti è certo regolamentato, ma ben apprezzato. Il ritorno alla normalità ha tempi diversi, bisogna saper aspettare.

«Ho riposato bene – racconta Landa – abbiamo lavorato per recuperare il problema che avevo a livello del gluteo e della spalla, figlio dell’ennesima caduta. Ora sto bene e si è visto già al Lombardia. Il tempo passa e comincio a sentirmi tra i vecchi del gruppo. Proverò di nuovo a stare con il leader che dominano il ciclismo. Il fatto è che sono molto completi e hanno squadre fortissime, per cui l’unica cosa da fare è provarci sempre sperando di riconoscere un loro eventuale giorno nero. Quello è il solo punto debole che hanno: il fatto che sono anche loro umani».

Giro 2022, Landa marca da vicino l’ex compagno Carapaz in rosa, ma da dietro incombe Hindley
Giro 2022, Landa marca da vicino l’ex compagno Carapaz in rosa, ma da dietro incombe Hindley

Fiducia Lombardia

Non cambia la preparazione, si rivedono gli obiettivi. La vittoria manca. Pur avendo conquistato la Vuelta Burgos del 2021, l’ultima volta che Landa ha esultato su un arrivo risale alla Coppi e Bartali del 2019: un tempo eterno. La Spagna fuori è mite, con giornate grigie, ma la colonnina del mercurio intorno ai 15 gradi, che permettono di allenarsi in pantaloncini, mentre in Italia finalmente piove.

«Mi piacerebbe arrivare vicino al podio del Tour – dice – combattere nelle corse di una settimana come i Paesi Baschi, la Tirreno oppure il Catalunya. E finalmente provare a vincere una tappa. Mi manca il fatto di alzare le braccia al cielo. Aver finito il 2022 con il podio del Lombardia è una bella motivazione. E’ stata una corsa di grande livello e mi ha ricordato quale potrebbe essere il mio posto nel gruppo. L’avevo già corso nove volte, quasi ogni anno e mi ero sempre ritirato (lo aveva concluso nel 2013 e nel 2015, ndr). Essere salito sul podio essendomi anche divertito lo inserisce fra i giorni più belli del 2022».

L’ultima vittoria di Landa risale alla Coppi e Bartali 2019, a Sogliano, senza neppure alzare le braccia
L’ultima vittoria di Landa risale alla Coppi e Bartali 2019, a Sogliano, senza neppure alzare le braccia

La nuova Spagna

Ci sarà il Tour dunque e ci saranno le strade di casa, portando la fiaccola del ciclismo spagnolo che con l’addio di Valverde vive un profondo rinnovamento.

«Il Tour parte dai Paesi Baschi – dice e gli brillano gli occhi – sulle nostre strade e davanti al nostro pubblico. Sarà un momento storico. Bello per i tifosi, ma noi corridori avremo i peli dritti sulle braccia. Avrò una doppia motivazione e responsabilità, più di quella che si ha normalmente. Bisognerà farne un vantaggio. Il 2022 è stato un buon anno per il ciclismo spagnolo, dopo che i tifosi si erano ben abituati con Contador, Purito, Valverde, Freire, Samuel Sanchez. Ora ci sono Mas, Ayuso e Rodriguez. Magari non hanno ancora la statura per vincere, ma saranno lì a lottare. Sono sicuro che la passione tornerà presto come prima».

Papà Freire ci presenta Marcos, velocista come lui…

30.08.2022
5 min
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«Marcos ha deciso di seguire le mie orme, eppure solo il cielo sa quanto io e mia moglie Laura abbiamo pregato che ciò non avvenisse». Nel raccontare il presente e il futuro di suo figlio Marcos, in predicato di entrare in una squadra junior spagnola, il tre volte iridato Oscar Freire ci coglie un po’ alla sprovvista. Sapevamo che seguiva da vicino il suo ragazzo di 16 anni, del quale si dice un gran bene, ma certamente non ci aspettavamo una simile presa di posizione.

Freire famiglia
Marcos fra i suoi genitori, il tre volte iridato Oscar e la madre Laura
Freire famiglia
Marcos fra i suoi genitori, il tre volte iridato Oscar e la madre Laura

«Inizialmente – racconta Freire, ritiratosi nel 2012 forte di 73 vittorie tra cui, oltre i mondiali, tre Sanremo e una Gand-Wevelgem – quand’era ancora bambino, si dedicava a calcio e tennis. Le mie gare dal vivo non le ricordava, quando ho chiuso la mia carriera nel 2012 aveva appena 6 anni. Poi però si è appassionato sempre di più. Il bello è che se prima non voleva sapere nulla del mio passato, della mia carriera, poi ha cominciato a chiedere, a guardare vecchi filmati. Devo dire che il ciclismo ci ha avvicinati molto».

Perché non volevi che seguisse il tuo esempio?

Troppi rischi. Mia moglie Laura soprattutto non ne vuole sapere, già non veniva a vedere le mie corse e lo stesso fa con suo figlio. E’ molto apprensiva, aspetta sempre la chiamata per sapere che tutto è andato bene. Non guardava neanche le mie corse in Tv, se poi sapeva di una caduta… A Marcos dicevo che il ciclismo è fatica, è sacrificio, è uno sport durissimo, ma poi col tempo sono stato contento. A me interessava che facesse sport perché alla sua età è fondamentale abbinarlo alla scuola, tiene lontani i ragazzi da brutte strade.

Freire Cantabria
Da allievo 2° anno Marcos Freire si è laureato campione di Cantabria, la sua regione
Freire Cantabria
Da allievo 2° anno Marcos Freire si è laureato campione di Cantabria, la sua regione
Fisicamente è diverso da te?

E’ alto 1,82, io 1,70… Già lo scorso anno era più alto di me. Le nuove generazioni sono così, fisicamente sono un’altra cosa, vedo che i suoi coetanei sono alti almeno quanto lui.

Considerando che stiamo parlando di un ragazzo di 16 anni, come corridore ricorda te?

Ragazzo? Per me è ancora un bambino… E’ presto per dirlo, per quel che si è visto anche lui va forte in volata. Da esordiente il primo anno ha vinto 8 gare in varie regioni, io ne vinsi 16 alla sua età ma tutte nella mia regione. In salita invece è tutto da scoprire.

Freire sprint
Sprint fulminante ma capacità anche di andare in fuga: i cromosomi del padre sono evidenti…
Freire sprint
Sprint fulminante ma capacità anche di andare in fuga: i cromosomi del padre sono evidenti…
Fa solo ciclismo su strada?

Nell’ultimo anno sì, anche se ha detto che vuole riprendere a fare un po’ di ciclocross d’inverno. Inizialmente però aveva cominciato con la mtb, poi a 13 anni ha deciso di dedicarsi alla strada.

Ti chiede del tuo passato?

Ora sì, è molto curioso, cerca sempre i filmati dei mondiali, delle Sanremo, delle altre gare che ho vinto. Mi chiede molto, ma soprattutto vuole consigli, cerca di rapportare la mia esperienza alla sua e questo mi fa piacere. Io però gli dico sempre che sono due periodi molto differenti: il ciclismo è cambiato tantissimo. Gli piace tanto quello attuale e quando vede le corse dei miei tempi le reputa un po’ noiose. Io comunque voglio che per ora prenda il ciclismo ancora come un gioco, per questo non insisto molto su allenamenti e altro, lascio che faccia da solo, si sperimenti, avrà tempo per fare sul serio.

Freire salita
Secondo Oscar, al giovanissimo Marcos serve tempo per capire che ciclista potrà essere
Freire salita
Secondo Oscar, al giovanissimo Marcos serve tempo per capire che ciclista potrà essere
E’ pur vero però che il ciclismo attuale è molto più anticipato rispetto ai tuoi tempi, gli junior sono già nel mirino delle squadre pro’…

Lo so bene, ma questo è anche abbastanza normale considerando che al giorno d’oggi grazie alla rete, di un ragazzo di 17 anni sai già tutto, che corse ha fatto e ha vinto, come è fatto, ecc. Quando correvo io sapevo già da ragazzino che avrei voluto fare il professionista e che avevo tutto per riuscirci, ma affermarsi non era facile, bisognava farsi conoscere. Ora guardo Ayuso a 19 anni già a lottare per il podio alla Vuelta e rimango sbalordito. Bisognerà poi vedere se un ciclismo simile non ti consuma anzitempo, ma è impossibile saperlo ora.

Freire Sanremo 2010
L’ultima grande vittoria di Oscar Freire, la Milano-Sanremo 2010, la sua terza Classicissima
Freire Sanremo 2010
L’ultima grande vittoria di Oscar Freire, la Milano-Sanremo 2010, la sua terza Classicissima
Si era parlato del passaggio di Marcos nel team curato da Samuel Sanchez, il campione olimpico 2008. Perché poi non se n’è fatto più niente?

Preferisco che Marcos corra per una squadra vicino casa, della nostra regione. In questo modo è più semplice portarlo alle gare, altrimenti dovrebbe stare sempre in viaggio. E’ ancora molto giovane, voglio che cresca per gradi anche in queste cose, senza dimenticare che c’è la scuola. Avrà ugualmente modo di correre e mettersi in mostra e così potrò seguirlo anche meglio.