Cresce la percezione di Gusto da parte del mercato italiano

22.01.2025
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SOLBIATE ARNO – L’appuntamento con Cosma Pironti, responsabile per l’Italia di Gusto, è in un’elegante pasticceria nel centro di Solbiate Arno. Siamo in provincia di Varese, a pochissimi chilometri da Milanello, la “casa” del Milan. Il motivo del nostro incontro non è però quello di parlare di calcio. Vogliamo tracciare con lui un bilancio dell’anno appena concluso e magari farci raccontare qualche piccola anteprima per l’anno appena iniziato.

I responsabili europei di Gusto. Il secondo da destra è Cosma Pironti
I responsabili europei di Gusto. Il secondo da destra è Cosma Pironti
Da dove vogliamo partire?

Direi dal viaggio che mi appresto a fare. A brevissimo volerò a Taiwan per visitare la sede di Gusto che si trova esattamente a Taichung. Con me ci saranno i miei colleghi delle altre sedi europee: Germania, Slovenia e Spagna, l’ultimo mercato aperto da Gusto in Europa. Resteremo lì per quasi una settimana. Oltre a noi europei ci saranno i rappresentanti dei Paesi asiatici dove Gusto oggi è presente. Sarà una vera e propria occasione di “team building”. Ci servirà per condividere le esperienze di mercati fra loro diversi, lavorare allo sviluppo di nuove strategie di mercato…e forse vedere in anteprima qualche novità di prodotto.

Il viaggio a Taiwan arriva dopo due anni di presenza di Gusto in Italia. Che bilancio possiamo tracciare?

Sicuramente un bilancio positivo. I numeri sia delle biciclette vendute che dei negozi che hanno deciso di scommettere su Gusto sono estremamente positivi. La cosa che ci ha fatto maggiormente piacere è la diversa “percezione” del marchio che si è avuta nel giro di un solo anno.

Insieme ai ragazzi del Fado Bike Service di Scanzorosciate tanti appassionati hanno pedalato sulle bici Gusto
Insieme ai ragazzi del Fado Bike Service di Scanzorosciate tanti appassionati hanno pedalato sulle bici Gusto
Ci può spiegare meglio cosa intende con diversa “percezione”?

Prendo come parametro l’edizione 2023 e quella 2024 di Italian Bike Festival. L’edizione del 2023 è stata per noi la prima. Molti appassionati si sono avvicinati al nostro stand con un certo scetticismo, dovuto forse anche al nome Gusto che a più di una persona strappava più di un sorriso. Lo scorso settembre, e quindi dopo un solo anno, ci siamo accorti che la percezione nei confronti del brand era totalmente cambiata. Oggi siamo percepiti come un’opzione credibile da chi vuole acquistare una nuova bicicletta e vede in Gusto prodotti di ottima qualità a prezzi ragionevoli.

C’è un momento preciso, una vera e proprio “sliding doors”, in cui si è verificato questo cambiamento di percezione del marchio?

Direi di sì e possiamo identificarlo con il lancio del modello Cobra. La bicicletta è stata presentata a metà dicembre del 2023 ma abbiamo iniziato a effettuare le prime consegne a gennaio del 2024, esattamente un anno fa. Il successo è stato subito immediato.

I modelli di Gusto stanno raccogliendo sempre più consensi nel mercato italiano
I modelli di Gusto stanno raccogliendo sempre più consensi nel mercato italiano
Si è spiegato il motivo di questo successo?

Direi un mix perfetto tra la qualità del prodotto, il prezzo contenuto e la possibilità di scegliere fra tre diverse opzioni di gruppo Shimano. 

Di quali opzioni stiamo parlando?

Tutti i modelli della Cobra da noi proposti montavano ruote in carbonio da 50 mm, manubrio integrato e reggisella in carbonio. Per quel che riguarda il gruppo le scelte a disposizione del cliente erano le seguenti: 105 meccanico a 12 velocità con un prezzo al pubblico di 2.590 euro, 105 Di2 a 3.450 euro e infine Ultegra Di2 a 4.390 euro. Il modello Cobra è naturalmente ancora disponibile. Per il 2025 abbiamo previsto delle nuove opzioni di colori. Si tratta del lavanda e del rosso lava.

La pedalata insieme ai ragazzi del FADO Bike Service ha riunito tanti possessori di bici Gusto
La pedalata insieme ai ragazzi del FADO Bike Service ha riunito tanti possessori di bici Gusto
Possiamo già dare qualche anticipazione per quel che riguarda il 2025?

A livello di prodotto dobbiamo ancora pazientare un attimo. Una novità interessante riguarda la nostra sede in Slovenia che funge da sede amministrativa e da magazzino per il mercato europeo. Fino ad oggi le bici arrivavano lì da Taiwan assemblate del tutto e pronte per essere spedite ai negozianti europei. Ora arrivano parzialmente assemblate presso il nostro magazzino e lì viene completato l’assemblaggio. Questo ci permette di effettuare un ulteriore controllo ed essere così sicuri che al negoziante arrivi una bici perfetta. E’ uno scrupolo in più che abbiamo deciso di avere a ulteriore tutela del rivenditore.

Chiudiamo la nostra chiacchierata parlando proprio dei negozianti, da sempre un vostro punto di forza. Avete in mente qualcosa per loro?

Direi di sì, anche se poi si tratta di un’iniziativa che coinvolge anche il cliente finale possessore di una bicicletta Gusto. Lo scorso 12 ottobre, in occasione del Lombardia, abbiamo organizzato in collaborazione con il nostro rivenditore Fado Bike Service di Scanzorosciate una pedalata nella Bergamasca aperta ai possessori di bici Gusto. E’ stato un grande successo e un bellissimo modo per condividere tutti insieme l’emozione di pedalare su una bicicletta Gusto. Ora stiamo già lavorando per ripetere la stessa iniziativa in primavera in provincia di Parma coinvolgendo il maggior numero possibile di rivenditori Gusto presenti nella zona. Per essere informati su questa bella iniziativa non serve che seguire i nostri canali social.

Gusto

Omrzel: lo spavento, la ripresa e il 2025 al CTF Victorious

05.12.2024
4 min
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Pensare di veder correre in Italia il vincitore della Parigi-Roubaix juniores ci crea un certo senso di curiosità che ci spinge a voler girare in fretta il calendario al 2025. Tuttavia manca ancora qualche mese alla ripresa delle gare e dei primi appuntamenti di stagione dedicati agli under 23, quindi ci tocca rallentare e aspettare. Facciamo quindi un passo indietro e guardiamo al 2024 di Jakob Omrzel, una stagione a due facce la sua. Nella prima, che arriva fino alla fine di agosto, si contano vittorie e piazzamenti di grande prestigio. Lo sloveno che ha corso nei principali appuntamenti internazionali tra gli juniores era destinato ad un grande finale di stagione. 

Dopo un ritiro e la preparazione per affrontare un settembre caldo e ricco di occasioni tutto si è fermato ai primi chilometri del Giro della Lunigiana, il 4 settembre. Pochi minuti di gara sono bastati per essere coinvolto in una brutta caduta che gli è costata il finale di stagione e una settimana in ospedale a La Spezia. Le condizioni di Omrzel non sono state giudicate tali da potergli garantire il trasferimento in Slovenia fin da subito

L’arrivo della Roubaix juniores con Valjacev a sinistra e Ormzel a destra (foto DirectVelo)
L’arrivo della Roubaix juniores con Valjacev a sinistra e Ormzel a destra (foto DirectVelo)

Lo spavento

La notizia e le immagini dell’incidente ci avevano preoccupato fin da subito, poi però il peggio è passato e Omrzel è riuscito a recuperare e riprendersi totalmente. Anche se di quegli attimi non ricorda nulla.

«E’ stata una caduta devastante – racconta da casa il campioncino sloveno – che non mi ha permesso di correre il finale di stagione. Ma dopo un incidente del genere sono felice di essere ancora in piedi e di poter riprendere la bici. Quando mi sono risvegliato in ospedale avevo completamente perso la memoria, dopo una settimana in osservazione sono tornato a casa, in Slovenia. Ho passato un periodo tranquillo, nel quale non mi sono potuto allenare o andare a scuola. Sono rimasto a casa per riprendermi. I dottori non sapevano bene quando sarei tornato in bicicletta. Non avevo fretta di tornare, anche perché è stato un infortunio parecchio serio. Sono rimasto a casa e ho cercato di recuperare le cose che mi sono perso a scuola».

Jakob Omrzel nel 2024 ha corso con la formazione Adria Mobil Juniors (photors.it)
Jakob Omrzel nel 2024 ha corso con la formazione Adria Mobil Juniors (photors.it)
Quando sei tornato in bici?

Due settimane fa, dopo una quantità incredibile di esami da parte di vari medici. Mi sento molto tranquillo e confido nel fatto di poter ripartire serenamente. I dottori hanno tutto sotto controllo. 

Cosa hai provato nel riprendere a pedalare?

Felicità, tanta. La prima emozione è stata proprio tanta perché dopo due mesi e mezzo mi sono proprio goduto il gusto di una semplice pedalata. Non avevo, e non ho ancora, molta potenza ma al momento non mi importa molto

Lo sloveno è entrato poi nell’orbita del team Cannibal Victorious, il devo team juniore della Bahrain (foto Zoé Soullard/DirectVelo)
Lo sloveno è entrato poi nell’orbita del team Cannibal Victorious, il devo team juniore della Bahrain (foto Zoé Soullard/DirectVelo)
E dal 2025 correrai con il CTF Victorious, come sei entrato in contatto con loro?

Li ho conosciuti un anno fa e siamo rimasti in buoni rapporti. Così come con lo staff della Bahrain Victorious. Nel 2024 ho corso qualche gara con il Cannibal Team (il devo team juniores, ndr). Essere in una formazione di sviluppo mi ha aiuterà parecchio a crescere e migliorare. 

Dal prossimo anno cosa ti aspetti?

Senza l’incidente mi sarei posto degli obiettivi alti, sicuramente. Ma dopo quello che mi è successo non conosco bene il mio stato di salute. Spero di stare bene e di trovare buoni risultati nelle gare internazionali. Vedremo anche come andrà la ripresa. Tra pochi giorni inizieremo il training camp, sarà un primo passo. In realtà con il CTF dovrei stare due stagioni, fino al 2026. 

Omrzel è stato coinvolto in una brutta caduta al Lunigiana che lo ha costretto ad una lenta convalescenza (foto Giro della Lunigiana)
Omrzel è stato coinvolto in una brutta caduta al Lunigiana che lo ha costretto ad una lenta convalescenza (foto Giro della Lunigiana)
Pensi sia un periodo giusto per ambientarti?

Credo di sì. Il salto tra gli under 23 è tosto. Le gare diventano più grandi, lunghe e impegnative. Vincere la Parigi-Roubaix da juniores mi ha reso sicuramente orgoglioso (in apertura il bacio al trofeo, foto Christphe Dague/DirectVelo, ndr), ma tra gli under 23 sarà un’altra cosa. Per la prossima stagione non mi pongo grandi obiettivi, capiremo come sto, sperando nel meglio e nel rientro in gruppo ai miei massimi livelli. Intanto sono felice di essere ripartito.

Mezgec e la Slovenia, un popolo a ruota dei giganti

16.10.2024
6 min
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TORINO – «In ogni angolo della Slovenia si parla soltanto di ciclismo». Sorride sornione Luka Mezgec, prima di sottoporsi alle visite oramai di rito di fine stagione della Jayco-Alula all’Istituto delle Riabilitazioni Riba. Il Lombardia ha consacrato la stagione magica di Tadej Pogacar, faro di una Nazione che si è presa tutti e 3 i Grandi Giri (e non solo!) grazie al poker calato alla Vuelta da Primoz Roglic. 

Così abbiamo chiesto a chi era a Zurigo per contribuire al trionfo iridato di svelarci come si vive da dentro questa epoca d’oro delle due ruote per un Paese abituato a celebrare i campioni della neve o del basket. Una panoramica del travolgente momento sloveno, prima che l’uomo di fiducia delle volate per Dylan Groenewegen si rituffi sulle sue prospettive verso la decima stagione con la formazione australiana di cui oramai è una bandiera. Non è sfuggito, fra l’altro, che la sua vittoria nella tappa di Trieste al Giro del 2014 sia stata una fortissima ispirazione per il piccolo Pogacar, che lo ha più volte raccontato.

Abbiamo incontrato Mezgec durante le visite del Team Jayco-AlUla all’Istituto Riba di Torino, all’indomani del Lombardia
Abbiamo incontrato Mezgec durante le visite del Team Jayco-AlUla all’Istituto Riba di Torino
Il 2024 ha segnato lo strapotere sloveno nei Grandi Giri e l’anno perfetto di Tadej Pogacar: quali sono le tue impressioni?

E’ difficile fare meglio di così. Fa specie pensare che la Slovenia conti appena 2 milioni di abitanti e 3 squadre continental. In più, a parte poche eccezioni, la maggior parte delle formazioni nel nostro Paese fanno fatica economicamente dal punto di vista degli sponsor. E’ davvero un miracolo quello che sta accadendo. Ora abbiamo 7 corridori nel WorldTour e alle spalle di questi ci sono giovani talenti che stanno emergendo, dagli juniores in su. Ogni anno in Slovenia diciamo che sarà dura ripetere quanto fatto, ma questa stagione è stata qualcosa di pazzesco. Pensando anche alla vittoria di Roglic alla Vuelta, sono certo che molte persone non si rendano conto del periodo che stiamo vivendo. Siamo in un’epoca d’oro e dobbiamo solo goderci questo show, sperando che sia d’ispirazione per i ragazzini che stanno cominciando a pedalare.

Ci racconti il trionfo mondiale?

E’ stato un momento incredibile. Per la prima volta da quando la corro, eravamo al via della prova in linea per vincerla e non “soltanto” per un piazzamento sul podio. A Zurigo per noi contava soltanto l’oro e chiunque sarebbe stato deluso se ci fossimo fermati all’argento. C’erano grandissime aspettative, eppure la squadra era molto rilassata.

Ci spieghi com’è stata possibile quest’atmosfera al netto delle pressioni?

Siamo tutti abituati a vivere in un ambiente molto stressante, per cui non c’erano grosse differenze. Tutti sapevano cosa dovevano fare e l’hanno fatto alla grandissima. Tadej ha leggermente modificato il piano, attaccando prima del previsto, ma a parte quello è andato tutto secondo i piani. Tratnik è stato perfetto. Sapeva esattamente cosa fare quando ha capito che Pogacar era partito alle sue spalle.

Questa la vittoria di Mezgec al Giro del 2014 che ispirò il giovane Pogacar
Questa la vittoria di Mezgec al Giro del 2014 che ispirò il giovane Pogacar
Che cosa hai detto a Tadej dopo l’apoteosi iridata?

La domanda che gli ho fatto è stata: «Ma perché hai attaccato a più di 100 chilometri dal traguardo? A che pensavi?». E lui, senza fronzoli, mi ha risposto: «Stavano attaccando in tanti, mi sono guardato attorno e ho visto che tutti stavano soffrendo, mentre io non mi sentivo così male e così ci ho provato». Insomma, la tipica mossa imprevedibile alla Tadej. Ma quando sei così tanto più forte degli altri come lo è lui in questo momento, il ciclismo diventa un giochino divertente.

E del suo assolo al Lombardia, cosa dici?

Quest’anno Tadej ha davvero alzato l’asticella. Sappiamo che ha cambiato allenatore e i risultati si sono visti. Nella prima parte della stagione si è focalizzato sui giri di tre settimane, mettendo nel mirino Giro d’Italia e Tour de France. Una volta vinto quest’ultimo, il suo unico pensiero era diventare campione del mondo. Così è riuscito ad avere un secondo picco di forma sul finale, rinunciando anche ai Giochi di Parigi. E’ imbattibile al momento e anche al Lombardia si è visto che non ha dovuto nemmeno attaccare a tutto gas per fare la differenza. 

Sei alla Jayco-Alula da quasi un decennio, ci dai un bilancio di quest’anno?

Penso che il 2024 sia stato sopra la media se si parla di successi come squadra. Abbiamo centrato quasi tutti gli obiettivi che ci eravamo posti a inizio stagione, grazie a una ottima Vuelta con due vittorie di tappa, senza dimenticare il successo al Tour di Dylan (Groenewegen, ndr). Forse ci saremmo aspettati qualcosa di più per quanto riguarda la classifica generale nei Grandi Giri, ma abbiamo visto com’è andato quest’anno con tanti acciacchi e malattie. Ad esempio Simon (Yates, ndr) non si è sentito bene un giorno e la posizione in graduatoria al Tour è peggiorata. Nel complesso, possiamo essere contenti. Il team sta ringiovanendo e questo è molto positivo per il futuro e per noi corridori più esperti si tratta di trasferire le nostre conoscenze e la nostra esperienza ai giovani.

Come vedi De Pretto?

E’ davvero un ottimo corridore. Davide è arrivato in squadra come talento promettente, in virtù di alcuni buoni risultati a livello giovanile. Ha subito mostrato che può dire la sua anche nel WorldTour. Sarà interessante seguire la sua crescita nei prossimi due anni e assistere ai suoi successi.

La vera rivoluzione però avviene con la fine dell’era Yates e l’arrivo di Ben O’Connor: che ne pensi?

Ben si prepara a indossare scarpe molto più grandi delle sue, ma ha già dimostrato di poterlo fare al meglio. Ha fatto una grandissima stagione con i secondi posti nella classifica generale della Vuelta e poi ancora ai Mondiali di Zurigo. Se lavorerà ancora sulle corse di un giorno, può far risultato anche nelle Monumento come ad esempio la Liegi-Bastogne-Liegi. Sarà bello lavorare con un nuovo capitano per la generale dopo tanti anni al servizio dei fratelli Yates. Poi, un australiano in una formazione australiana…

Che cosa ti aspetti dal 2025?

Il mio obiettivo personale è di assistere Dylan nel miglior modo possibile, come ho fatto in passato. So che invecchio, ma penso di avere ancora un paio d’anni al top. Conto di essere lì per aiutarlo a vincere il più possibile. Come squadra abbiamo grandi piani con Ben O’Connor per la classifica generale del Tour o di quel che metterà nel mirino. Poi, vincere una tappa nei tre Grandi Giri: quest’anno ci è mancato solo il Giro d’Italia.

Al Tour la vittoria con Groenewegen è stata uno degli highlight 2024 per la Jayco-AlUla
Al Tour la vittoria con Groenewegen è stata uno degli highlight 2024 per la Jayco-AlUla
Anche perché al Tour ci hai messo lo zampino tu…

Dylan era in forma smagliante ed è stato bellissimo guidarlo al successo. In quello sprint non tutto è stato perfetto, ma non ci siamo fatti prendere dal panico quando ci siamo persi l’un l’altro prima di un punto cruciale come i -2 dall’arrivo. Elmar (Reinders, ndr) è stato fantastico e, con tutta calma, ci ha riportato avanti. Io ho creato un po’ di spazio all’ultima rotonda e Dylan ha preso la ruota giusta. Quando lavori 6 mesi per un momento così, quello che senti è qualcosa di speciale. Provo la stessa sensazione di quando vinco in prima persona.

Intuito Tratnik: arriva Pogacar, si rialza e lo lancia verso l’iride

03.10.2024
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ZURIGO (Svizzera) – «Ho capito che Tadej stava arrivando – dice Tratnik – perché quando con la fuga abbiamo iniziato la salita, avevamo un vantaggio di circa due minuti e mezzo. Poi improvvisamente è sceso a un minuto e mezzo: un minuto in meno in pochissimo tempo. A quel punto la moto passando mi ha detto che avevano attaccato. E poi, qualche minuto dopo, ho visto sulla tabella che il numero 22 aveva 20 secondi di vantaggio sul gruppo: il numero 22 era Tadej. Da lì ho capito che era da solo e in quel momento ho deciso di aspettarlo per cercare di fargli risparmiare un po’ di energia».

Restiamo ancora un po’ sul mondiale. Le parole di Vanthourenhout hanno riportato l’attenzione su Jan Tratnik. Averlo visto nella prima fuga, ha raccontato il tecnico del Belgio, faceva pensare che Pogacar si sarebbe mosso. E sia pure con imprevedibile anticipo, così è stato. A quel punto i belgi si sono ritrovati con l’inseguimento sulle spalle, mentre Tadej davanti scriveva la storia. Ma non era solo, con lui c’era il compagno di nazionale.

Tratnik, 34 anni, era al via del mondiale in supporto per Pogacar o Roglic
Tratnik, 34 anni, era al via del mondiale in supporto per Pogacar o Roglic

Attacco a sorpresa

Tratnik era là, solido e pronto. La sua è stata finora una carriera a metà fra il protagonismo e la generosità. E’ stato capace di vincere un europeo U23 a crono, poi una tappa al Giro e anche l’ultima Omloop Het Nieuwsblad. Ma ha anche scortato capitani come Caruso, Roglic, Kuss e Vingegaard verso grandi risultati. E questa volta si è ritrovato davanti al mondiale con il più giovane connazionale che a suo modo era partito verso un’impresa leggendaria.

«Sono venuto a Zurigo – racconta – solo per aiutare Tadej e Primoz. Non ho mai nemmeno pensato alle mie possibilità personali. Sapevamo che loro due erano i nostri capitani e siamo andati lì solo per aiutarli. Però non mi aspettavo di vederlo arrivare così presto. Quando sono andato in fuga, sapevo che in qualche modo Tadej avrebbe avuto un vantaggio dalla mia presenza, ma pensavo che si sarebbe mosso nel giro successivo. Mi ha davvero sorpreso che abbia attaccato così presto, il piano non era assolutamente questo».

Un giro dopo aver lasciato Pogacar, Tratnik si è fermato e lo ha atteso al traguardo col resto della squadra (foto Vid Ponikvar)
Un giro dopo aver lasciato Pogacar, Tratnik si è fermato e lo ha atteso al traguardo col resto della squadra (foto Vid Ponikvar)

A tutta fino alla cima

Immaginate la scena, oppure riavvolgete il nastro e andate a rivederla. Tratnik è nella fuga in cui viaggia anche Cattaneo. Sembra tutto normale, come può essere normale essere inseguito da un gruppo così pieno di campioni. Eppure di colpo si rialza e smette di collaborare. Gli altri lo guardano e qualcuno capisce.

«Quando i ragazzi della fuga hanno visto che non tiravo più – sorride – hanno capito che forse stava succedendo qualcosa dietro. Quando poi mi sono staccato e mi hanno visto rientrare con Tadej, hanno smesso immediatamente di collaborare. Sapevano esattamente cosa stavamo facendo. Tadej non mi ha chiesto niente. Io invece gli ho detto di stare seduto alla mia ruota e di non fare niente. Ci avrei pensato io fino alla cima della salita, poi però avrebbe dovuto cavarsela da solo. Il mio compito era quello e poi vederlo andare via a tutto gas.

«Le poche cose che ci siamo detti sono state per dirgli di stare calmo, che avrei tirato io. E una volta sulla cima, gli ho augurato il meglio possibile e gli ho detto che speravo che sarebbe diventato campione del mondo. Io invece dopo un altro giro mi sono fermato e ho chiuso lì il mio mondiale».

Tratnik assicura che anche il lavoro di Roglic è stato prezioso per la conquista di Pogacar
Tratnik assicura che anche il lavoro di Roglic è stato prezioso per la conquista di Pogacar

Il lavoro di Roglic

Dal prossimo anno, Tratnik tornerà con l’amico Roglic alla Red Bull-Bora. Eppure in nazionale ogni rivalità sparisce. Soprattutto quando, come quest’anno, tutta la squadra sa di poter portare in patria la maglia iridata, che per ultimo Mohoric era riuscito a conquistare nel 2013 da under 23.

«Con Tadej siamo buoni amici – dice Tratnik – ci alleniamo insieme a Monaco, a volte andiamo a cena insieme. Siamo amici ed è un tipo che mi piace. E’ davvero rilassato e un vero campione. L’atmosfera della nazionale attorno ai nostri leader era davvero buona. Anche Primoz ha fatto un lavoro incredibile. Forse non si è visto, magari la televisione non lo ha inquadrato, ma praticamente ha lanciato lui l’attacco di Tadej. Si è molto impegnato. Abbiamo vinto la maglia e chiaramente Tadej è stato il più forte, ma Primoz lo ha aiutato molto. E’ stato anche lui una parte importante di questa vittoria.

«La sera la squadra era felice. Abbiamo festeggiato davvero bene e non importa in quale team corriamo. Eravamo semplicemente felici che questa nuova maglia fosse in Slovenia e che tutti abbiano lavorato per portarcela. A partire dai corridori, tutti hanno fatto un lavoro incredibile e tutti si sono impegnati. C’era davvero una bella atmosfera anche da parte dello staff e delle persone che ci hanno aiutato. Posso dire che è stato davvero bello». 

Sul pullman, anche per Tratnik la foto ricordo della fantastica avventura iridata di Pogacar (foto Vid Ponikvar)
Sul pullman, anche per Tratnik la foto ricordo della fantastica avventura iridata di Pogacar (foto Vid Ponikvar)

Orgoglio sloveno

Il tempo di tornare a casa e mettere nella valigia i capi con i colori della Visma-Lease a Bike e Jan Tratnik tornerà a lavorare per la sua squadra. Per festeggiare il mondiale, ne siamo certi, ci sarà tutto l’inverno, prima di andare magari nel raduno di Soelden con cui la sua nuova squadra tedesca è solita aprire la stagione.

«Dal prossimo anno – ammette – sarò di nuovo in squadra con Roglic. Penso che Primoz sia una persona adulta e sappia che questa volta Tadej era il più forte ed è anche per questo che lo ha aiutato. Qui non ci sono rancori, alla fine, siamo tutti amici. Forse non è neanche questo. Siamo sloveni, quindi se possiamo aiutarci a vicenda, lo facciamo. Poi però nelle gare normali, gareggiamo l’uno contro l’altro. Quindi nessun rancore o risentimento per aver aiutato un rivale. Avevamo un obiettivo chiaro. Volevamo vincere questa maglia, volevamo farlo e tutto ha funzionato alla perfezione. E io sono davvero felice di averne fatto parte».

Attacco a 100 dall’arrivo e Pogacar diventa campione del mondo

29.09.2024
7 min
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ZURIGO (Svizzera) – E’ persino divertente sentire Tadej Pogacar definire «una mossa stupida» il suo attacco a 100 chilometri dall’arrivo del mondiale. Oggi abbiamo assistito a una di quelle imprese che i cantori di una volta avrebbero consegnato alla storia. Noi siamo qui allibiti davanti a un capolavoro come non ne abbiamo mai visti nei 28 mondiali seguiti finora. Cercando le parole per unire l’oggettività del gesto con il nostro stupore e seguire le orme dei nostri più illustri predecessori.

Tadej Pogacar è il nuovo campione del mondo. Ha fatto esattamente quello che Diego Ulissi aveva anticipato nell’intervista pubblicata stamattina. Se vede che qualcuno cerca di incastrarlo, questo il senso delle sue parole, Tadej attacca anche se manca tantissimo. Detto e fatto. Nella conferenza stampa in cui commentava soddisfatto il suo bronzo, Mathieu Van der Poel ha definito l’attacco di Pogacar come dettato dal panico. Lui ascolta divertito e stanco. Ha la maglia iridata che rende luminosi i contorni e il medaglione d’oro attorno al collo.

«Non era paura – dice – è stata davvero una mossa stupida. Ma a volte le mosse stupide danno grandi risultati. Non lo decidi, arriva il momento che sei stupido e lo fai. Ma quando ne fai una e poi vinci, all’improvviso non sembra più così stupida. Per impedirmi di partire avrebbero dovuto spararmi un proiettile in un ginocchio e poi uno nell’altro, ma ormai era tardi. E mi sono ritrovato in fuga a 100 chilometri dall’arrivo…».

Macchina Tratnik

Solo nella terra di nessuno alle spalle della fuga, Pogacar ha trovato Tratnik ad aspettarlo. Se non fosse che Tadej lo ha appena negato, ci sarebbe da pensare che la presenza di Jan in quella fuga sia stata organizzata prevedendo l’assalto.

«Tratnik è una macchina – dice – ha tirato fortissimo. Era lì perché era in fuga, ma quando ci siamo ritrovati insieme, mi ha motivato tantissimo. Quando sono rientrato sulla prima fuga, non c’è stato modo di comunicare più di tanto. Sapevamo di dover tirare dritto, perché dietro il Belgio stava lavorando forte. Per cui siamo passati e abbiamo proseguito. Tratnik mi ha lasciato quando mancava ancora tanto e a quel punto ho gestito tutto con la mia testa. Poi ho trovato Sivakov. Io avevo bisogno di lui e lui aveva bisogno di me per provare a conquistare una medaglia. Mi dispiace che non ci sia riuscito, perché è andato fortissimo. Però ammetto che è bene trovarsi in fuga con degli amici».

Le montagne russe

La giornata è cominciata con un siparietto svelato dalla sua Urska, verso cui dopo l’arrivo Pogacar ha corso scansando fotografi e addetti ai lavori. Ha raccontato di averlo dovuto svegliare, tanto dormiva profumatamente. Tadej sorride, incuriosito per il fatto che la notizia sia venuta fuori.

«La verità – racconta – è che dovevamo svegliarci molto presto e io non sono il tipo che lo fa spesso. Per questo avevo puntato la sveglia, ma quando ha suonato l’ho spenta e mi sono rimesso a dormire. Così c’è voluta lei per tirarmi giù dal letto. Se non altro dimostra che non ero nervoso (sorride, ndr). Ero più provato dopo l’arrivo – aggiunge – e anche adesso, perché mi sembra di essere sulle montagne russe. L’ultimo chilometro è stato pazzesco. Il traguardo è stato pazzesco. E quando ho visto Urska è stato così emozionante che mi è venuto da piangere».

Nell’abbraccio con la compagna Urska, Pogacar ha sfogato le sue emozioni fortissime
Nell’abbraccio con la compagna Urska, Pogacar ha sfogato le sue emozioni fortissime

Un vantaggio rassicurante

Ha gestito il vantaggio con la precisione di chi sa esattamente cosa stia succedendo alle sue spalle. Il margine saliva e scendeva. Mai oltre il minuto, mai sotto i 33 secondi del distacco minimo. Lui davanti intanto girava le gambe su una frequenza molto elevata, mentre gli altri dietro erano piantati su rapporti troppo lunghi e la prevedibile mancanza di coesione che nella maggiorparte dei casi fa la fortuna di chi attacca. Soprattutto se davanti c’è uno così forte.

«Avevo buone informazioni sui distacchi – spiega – grazie alla moto che ogni due chilometri circa mi davano i vantaggi. E poi grazie all’ammiraglia, cui chiedevo come stesse andando. E quando dopo 240 chilometri sai che dietro sono stanchi, allora 35 secondi non sono più un margine così piccolo. Quando ho visto che in cima all’ultima salita quello era il vantaggio, mi sono buttato giù per guadagnarne ancora, sapendo che nel tratto di pianura sarebbe stata dura, essendo ormai completamente vuoto. Non mi sono arreso e la squadra ha fatto un ottimo lavoro. E’ un peccato che corriamo insieme solo poche volte all’anno, perché ogni volta si crea un grande gruppo con una grande coesione».

I sogni di bambino

L’arrivo è stato una serie di gesti che ricorderà per sempre. Ci ha messo un po’ per capire la portata della sua impresa. E’ passato dal soffiare via l’ultima fatica all’incredulità. E solo dopo aver passato la riga, la sua gioia è esplosa in un paio di urli che arrivavano dalle viscere e dalla sua storia di bambino.

«Sin da piccolo – ammette – sognavo di conquistare questa maglia e di vincere il Tour. Negli ultimi due o tre anni sono sempre stato preso dalla caccia alla maglia gialla o al Giro d’Italia e non ho mai potuto preparare il mondiale. Invece quest’anno era tutto perfetto. Ho potuto fare la giusta preparazione, il percorso era giusto per me. Ugualmente avevo paura di tutti là dietro. Per questo all’inizio dell’ultimo giro ho pensato di risparmiare un po’ di forze, ma obiettivamente era difficile. Lo strappo dopo l’arrivo ha richiesto una fatica brutale, ma alla fine è andata bene. E adesso non vedo l’ora di fare la prossima corsa, perché potrò mostrare questa maglia bellissima».

Tributo a Muriel

Ricorda di aver provato una fuga del genere anche a Imola 2020, quando rimase allo scoperto ugualmente a lungo, volendo e dovendo preparare l’attacco di Roglic cui aveva appena portato via la maglia gialla del Tour. Ma la serata è destinata a concludersi ancora con gli occhi lucidi, quando il discorso si sposta su Muriel Furrer. Quasi a sottolineare che è ingiusto esultare così tanto per una vittoria davanti a una ragazza che ha perso la vita facendo il suo stesso sport.

«E’ stata una settimana dura per tutti – dice Pogacar – e sulla linea di partenza ieri e anche oggi tutti abbiamo corso pensando a lei e omaggiandola con la nostra fatica. E’ difficile dire che cosa si potrebbe cambiare. Il ciclismo è questo, è uno sport pericoloso, ma sul web scopriamo che succede ormai troppe volte. Dobbiamo stare attenti. Prenderci cura gli uni degli altri. Serve rispetto quando corriamo. Il mondo del ciclismo è piccolo ed è una famiglia, per questo mando il mio abbraccio ai suoi cari e a quanti le hanno voluto bene».

Le ultime parole escono a fatica. Immaginiamo che la serata andrà avanti nel segno di una grande festa slovena, ma il tributo alla vita spezzata di Muriel Furrer è un altro gesto da campione. Il fatto che per la seconda volta oggi Pogacar abbia pianto ne ha mostrato un lato che i rivali, vedendolo sparire davanti a sé a 100 chilometri dall’arrivo, non avrebbero neppure immaginato. Speriamo con le nostre parole di avergli reso il giusto merito.

Cham, parlano gli sloveni. E Pogacar sfida Evenepoel

27.09.2024
7 min
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CHAM (Svizzera) – Si capisce che la Slovenia abbia la certezza di essere diventata una grande nazione del ciclismo quando viene annunciato che la conferenza stampa di Pogacar e Roglic si svolgerà inizialmente in sloveno. I primi 15 minuti per loro e i quindici successivi per noi che invece ricorriamo all’inglese.

Prima dell’inizio, il microfono viene ceduto ad Hans-Peter Strebel, un medico che con due colleghi ha messo a punto una terapia modificatrice della sclerosi multipla recidivante, della quale hanno beneficiato circa 600.000 pazienti in tutto il mondo. E’ lui il proprietario di OYM, l’hotel per sportivi in cui alloggia la Slovenia, pieno di impianti sportivi e la cucina con 8 chef e nutrizionisti che cucinano per gli atleti.

Hans-Peter Strebel è il proprietario dell’hotel OYM, ma anche un medico di fama
Hans-Peter Strebel è il proprietario dell’hotel OYM, ma anche un medico di fama

La Slovenia cresce

Poi dopo il meritato applauso e la sua richiesta almeno di menzionarlo, inizia il flusso delle domande in sloveno. Pur registrando le risposte da decifrare con qualche provvidenziale traduttore, non si può far altro che guardarsi intorno e scrutare le espressioni sul volto dei due campioni che domenica in corsa dovranno aiutarsi oppure evitare di pestarsi i piedi.

«Il flusso dei giornalisti è per noi – dice il cittì Uros Murn – ogni anno devo dire che la nostra nazionale cresce. Ogni anno siamo più bravi ad attirare sempre più attenzione e penso che questo sia un ottimo segnale per gli sloveni e il ciclismo sloveno. Siamo tutti consapevoli che sarà necessario fare qualcosa nella corsa su strada e credo che da un lato questa sia una grande sfida per loro. Dall’altro credo che abbiano bisogno di un po’ di incoraggiamento prima della corsa forse più importante della loro carriera».

Pogacar ha già raccontato più volte che la fatica di Glasgow 2023 fu per lui impressionante
Pogacar ha già raccontato più volte che la fatica di Glasgow 2023 fu per lui impressionante

Mondiale e classiche

Si comincia con Pogacar. La stanza è un anfiteatro, i corridori sono in basso sulle poltroncine. Ricordiamo tutti quando Tadej, dopo il terzo posto nel mondiale di Glasgow 2023, disse di esserne uscito distrutto. La corsa più dura della sua vita.

«Il mondiale è una gara molto diversa – dice – è una gara di un giorno con la nazionale, cosa che non facciamo quasi mai. L’anno scorso è stata una delle gare più dure che abbia mai fatto, perché non era percorso adatto a me. Era troppo esplosivo nelle ultime 3 ore di gara, quindi dopo l’arrivo ero davvero esausto. Quest’anno però il percorso è molto meglio e così vedremo cosa ci riserva la gara.

«E’ diverso da una classica. Corriamo tutto l’anno con la squadra. In teoria potresti paragonare i monumenti ai campionati del mondo, ma quelli lì corri con la squadra dove i compagni potrebbero essere migliori rispetto a quelli della nazionale. Si tratta di dinamiche diverse. Anche il fatto che non hai le radio in gara e che si corra in circuito fa la differenza rispetto a una gara che si svolge da una città all’altra».

Pogacar è parso sicuro di sé, soprattutto nel ridimensionare le chance degli avversari
Pogacar è parso sicuro di sé, soprattutto nel ridimensionare le chance degli avversari

Un grande obiettivo

Roglic seduto accanto ascolta e deve aver capito che la maggior parte delle domande sarà per il giovane compagno di nazionale, che già una volta gli ha tolto il Tour e adesso gli porta via la luce. Sapranno convivere? E mentre facciamo questa riflessione, la domanda per Pogacar riguarda la maglia iridata.

«La maglia iridata è qualcosa di veramente speciale nel ciclismo – ammette – la maglia più unica. Tutti la vogliono, credo. Puoi indossarla tutto l’anno e ti definisce come il miglior ciclista del mondo. Quindi ovviamente è un grande obiettivo per me da un paio d’anni. Mi impegnerò. E se non sarà quest’anno, ci riproverò nei prossimi».

A Roglic parrebbe affidato un ruolo da comprimario, ma è davvero così remissivo?
A Roglic parrebbe affidato un ruolo da comprimario, ma è davvero così remissivo?

Il precedente di Imola

La memoria va a quando Pogacar e Roglic si ritrovarono in nazionale a Imola 2020, appena dopo lo… scippo della maglia gialla da parte di Pogacar. Già allora ci si chiedeva come avrebbero convissuto, ora la curiosità esplode. Lavorerete insieme? Roglic ride e prova a sviare, poi risponde.

«Se si tratta di tattiche e cose del genere – dice – io non sono io il tipo giusto, chiedete al nostro tecnico. Penso a tutti gli scenari che possono accadere e a come reagiremo. Mi sono detto spesso che Tadej sta vincendo tutte le gare di un giorno, quindi è uno dei migliori. Io ne faccio solo un paio all’anno, forse neanche quelle, quindi è una bella sfida».

«Abbiamo una squadra davvero forte – si inserisce Pogacar – grandi nomi e grande squadra. Direi una delle migliori al mondo di sempre. Abbiamo due carte molto forti, forse anche tre, da giocare nel finale. Quindi penso che siamo avvantaggiati in questo, ma dobbiamo comunque stare attenti e correre in modo intelligente».

Pogacar e Roglic in gara a Imola 2020, poche settimane dopo il Tour soffiato da Tadej a Roglic
Pogacar e Roglic in gara a Imola 2020, poche settimane dopo il Tour soffiato da Tadej a Roglic

A proposito di Van der Poel

Di nuovo per Pogacar, che ha ascoltato con attenzione le parole del primo mentore. Parla un collega olandese e gli chiede se a suo avviso Van der Poel potrà difendere la maglia iridata.

«Mathieu è in buona forma – dice – e l’anno scorso ha conquistato la maglia iridata molto bene e altrettanto bene l’ha vestita. Ha ottenuto vittorie davvero incredibili, ma domenica è un’altra gara in cui dovrà difendere il titolo. E’ un po’ più dura per lui, c’è un po’ più di salita. Ho sentito da qualche parte che ha perso un chilo e mezzo, forse è stato bravo a prepararsi solo per questa corsa. Vedremo come andrà, non possiamo escluderlo. Lo teniamo sicuramente a mente per il finale, può essere pericoloso se si sveglia in una buona giornata.

«Ci sono molte salite – prosegue – nessuna davvero lunga. Ma anche dopo la salita, non c’è una discesa dritta, quindi non c’è molto tempo per recuperare. Immagino tanti scenari diversi e fra questi mi viene da dire che c’è tanto spazio per attacchi a lungo raggio o per rendere la gara più dura. E’ davvero difficile dire quale salita farà la differenza, ma penso che la differenza sarà nei chilometri finali».

Hirschi lascia la UAE Emirates: un eventuale successo porterebbe la maglia iridata alla Tudor Pro Cycling
Hirschi lascia la UAE Emirates: un eventuale successo porterebbe la maglia iridata alla Tudor Pro Cycling

A proposito di Hirschi

I discorsi vanno avanti. Gli chiedono come se la caverebbe in un finale allo sprint e lui risponde che non immagina un grande gruppo. E in ogni caso aggiunge che lo sprint dopo 270 chilometri è qualcosa di completamente diverso rispetto ad altre situazioni. Piuttosto, fra i rivali da tenere d’occhio, Tadej ha già inserito da tempo Marc Hirschi, che alla fine dell’anno lascerà la AUE Emirates, per approdare alla Tudor Pro Cycling. Poi l’attenzione approda ai piedi di Roglic, cercando di capire come si senta.

«Ora mi sento bene – risponde – vedere come mi sentirò dopo i 250 chilometri è sicuramente un’altra questione. Alla fine in questa settimana ho fatto quello che potevo, per cercare di prepararmi bene».

Pogacar applica l’adesivo della sua fondazione sulla nuova Colnago appena presentata
Pogacar attacca l’adesivo della sua fondazione sulla nuova Colnago appena presentata

Forchettata a Evenepoel

La chiusura, prima che Pogacar si trattenga per raccontare la bicicletta con cui correrà il mondiale, lo porta a parlare di Remco Evenepoel. A ben pensarci, è la prima volta che i due si sfidano nella corsa di un giorno, dopo la caduta di Pogacar alla Liegi di due anni fa e quella di Remco ai Paesi Baschi del 2024.

«Remco sembra super bravo nella crono – spiega Pogacar – ha gestito bene anche la pressione dopo il salto della catena sulla linea di partenza. Da quello che ho letto, non aveva il misuratore di potenza, quindi immagino che si sia preparato davvero bene, soprattutto per la cronometro. E’ la disciplina in cui brilla di più ma penso che domenica sarà un gioco diverso».

Un punto sui mondiali juniores. Che dicono gli stranieri?

22.09.2024
5 min
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Le quattro tappe del Giro della Lunigiana hanno evidenziato due protagonisti assoluti: Paul Seixas e Lorenzo Finn. Abbiamo scritto tanto dei due giovani che si sono messi in evidenza sulle strade di Liguria e Toscana. Un francese e un italiano che, con grande probabilità, saranno tra le figure principali dei mondiali juniores di Zurigo. In tanti lo hanno detto, dal cittì Salvoldi agli stessi avversari che contro Finn e Seixas hanno lottato, finché le gambe hanno retto. Ora si tratta di prendere la corsia giusta per arrivare all’appuntamento iridato nella migliore condizione. Ma gli ostacoli verso la maglia iridata hanno nomi e cognomi: il più gettonato è Albert Philipsen. 

Sumpik in rampa di lancio

Dino Salvoldi ha definito l’affare di Zurigo una corsa a tre, anche se gli outsider sono diversi a partire da chi ha completato il podio della Corsa dei Futuri Campioni: Pavel Sumpik. Il ragazzo della Repubblica Ceca cresciuto alla Roman Kreuziger Cycling Academy rimanda però le considerazioni al mittente. 

«Il percorso mi si addice abbastanza – analizza Sumpik – ma bisogna stare attenti. L’esperienza dell’anno scorso mi ha insegnato a essere calmo, ci sono tanti ragazzi che vogliono vincere. Albert Philipsen sarà l’uomo da seguire. Potrebbe vincere ancora, in questa stagione ha dimostrato di essere molto forte. Le salite di Zurigo gli si addicono perfettamente». 

Il nuovo piano sloveno

Altri erano gli iscritti alla lista dei pretendenti, ma la sfortuna li ha colpiti in maniera differente. Tra di loro c’era Jacob Ormzel, lo sloveno vincitore della Parigi-Roubaix juniores è stato messo fuori gioco in una caduta nella prima tappa del Lunigiana. I piani della Slovenia cambiano radicalmente, dall’essere una delle favorite passano a dover inventare nuovamente la corsa. 

«L’incidente ha causato un grande spavento – dice il cittì sloveno – ma siamo felici che Omrzel stia bene. Chiaro che era il nostro capitano per il mondiale, abbiamo altri corridori forti ma dovremo cambiare modo di gareggiare. Ci saranno tante occasioni per provare ad anticipare i favoriti, come entrare in una fuga fin da subito. Il percorso è duro, davanti si spende tanto quanto in gruppo. Valjavec è altrettanto forte in salite brevi ed esplosive. Sarà una battaglia tra i migliori scalatori a mio modo di vedere.

Paul Seixas è il nome sulla bocca di tutti dopo il Giro della Lunigiana e la Francia correrà tutta per lui (foto Duz Image / Michele Bertoloni)
Paul Seixas è il nome sulla bocca di tutti dopo il Giro della Lunigiana e la Francia correrà tutta per lui (foto Duz Image / Michele Bertoloni)

Francia all-in

I giovani galletti punteranno tutto sulle qualità di Paul Seixas, vincitore del Giro della Lunigiana e autore di una stagione di primo piano. Ha vinto dappertutto, a partire dalla Liegi fino alle corse a tappe più impegnative. 

«Il Lunigiana – racconta il cittì – era un passo in preparazione alla rincorsa verso il mondiale, le risposte direi che sono state positive. Abbiamo lavorato bene in precedenza, con un training camp sulle Alpi nella settimana prima del Lunigiana. Naturalmente per il mondiale il nostro leader unico sarà Paul Seixas, abbiamo visto come su salite brevi sia pienamente a suo agio. Certo non sarà semplice, perché è una corsa di un giorno che si prepara in un mese».

ll cittì belga crede nella forza della sua squadra, nessuna punta ma tante frecce (Foto Duz Image / Michele Bertoloni)
ll cittì belga crede nella forza della sua squadra, nessuna punta ma tante frecce (Foto Duz Image / Michele Bertoloni)

Belgio all’arrembaggio

La squadra guidata da Serge Pauwels ha tante frecce nel proprio arco. Una delle più interessanti sarebbe stata quella che porta il nome di Aldo Tailleu, ma anche lui è stato vittima di una caduta e sarà fuori dai giochi. 

«La selezione non è stata semplice – spiega – però avremo tanti corridori validi, nessun capitano designato probabilmente. A Zurigo l’ultima scalata sarà lontana dall’arrivo, una ventina di chilometri. Non è detto che vincerà il miglior scalatore, potrebbe esserci spazio per un passista. Abbiamo delle buone alternative come Jasper Schoofs o Matijs Van Strijthem. Staremo a vedere, perché la squadra conterà abbastanza a mio modo di vedere, quei venti chilometri finali pianeggianti aprono a scenari diversi».

Gioia a Roubaix, caduta all’Eroica. Lo strano aprile di Valjavec

22.04.2024
6 min
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Due settimane fa festeggiava il podio alla Roubaix juniores. Oggi è in attesa di essere operato per ridurre la frattura alla clavicola rimediata all’Eroica. Erazem Valjavec (in apertura nella foto di Martine Verfaillie) era al settimo cielo, dopo la piazza d’onore in Francia e la nuova selezione per la nazionale slovena all’Eroica che voleva vivere da protagonista, ma il suo sogno è durato meno di una tappa. Coinvolto nella mega caduta che ha eliminato dalla corsa oltre 40 corridori, Valjavec è tornato a casa con programmi tutti da riscrivere.

Valjavec all’Eroica, iniziata con tante speranze e chiusa dopo il primo giorno
Valjavec all’Eroica, iniziata con tante speranze e chiusa dopo il primo giorno

Una mazzata per lo sloveno che si era messo in mostra come uno dei migliori talenti in circolazione nella categoria, approdato anche in Italia all’Autozai Contri. Sempre disponibile, Valjavec ha comunque accettato di raccontarsi, come esponente di punta di quel movimento che sta crescendo alle spalle dei trionfi di Pogacar e Roglic.

Come hai iniziato a fare ciclismo?

Devo dire grazie a mio padre (l’ex professionista Tadej, passato fra molte squadre come Fassa Bortolo, Phonak, Lampre, AG2R La Mondiale e vincitore della Settimana Lombarda e del Giro Dilettanti 1999, ndr). E’ rimasto un grande appassionato e quando avevo 6 anni mi ha messo sulla bici e portato con lui. E’ stata una cosa molto naturale. Poi a 10 o 11 anni sono entrato in una società, il Kk Kranj e ho iniziato a gareggiare. Per un anno ho corso in un team austriaco e poi sono approdato all’Autozai.

Valjavec con il padre Tadej, professionista dal 2000 al 2013, due volte campione nazionale su strada
Valjavec con il padre Tadej, professionista dal 2000 al 2013, due volte campione nazionale su strada
Già lo scorso anno avevi ottenuto buoni risultati nelle prove belghe e francesi. Come ti trovi in quel tipo di corse?

E’ solo un tipo diverso di gare. C’è sempre benzina da spendere dall’inizio alla fine ed è quello che a me piace. Adoro le gare dure con quelle salite più secche e non così lunghe d’inizio stagione, mi sono piaciute subito e penso che siano corse adatte a me, nel 2022 ero anche molto veloce nel finale. L’anno scorso ho perso un po’ di spunto, ma ora sto recuperando. Inoltre inizio ad allenarmi di più anche sulle salite, avrei voluto testarmi di più all’Eroica, ma non sempre le cose vanno come vogliamo.

Che caratteristiche tecniche hai?

Più che caratteristiche parlerei di approccio alla corsa. Mi piace l’adrenalina che scorre fin dall’inizio. E’ davvero importante che sia già difficile fin dall’inizio perché non abbiamo spesso gare così lunghe. E quindi mi piace quando è difficile dall’inizio alla fine. Come tipologia di corridore sono principalmente uno scalatore, amo ogni tipo di salita, ma più che quelle lunghe preferisco quelle brevi e ripetute, sono più divertenti.

Valjavec si trova sempre a suo agio in Belgio. Qui alla Kuurne-Bruxelles-Kuurne dov’è finito 3°
Valjavec si trova sempre a suo agio in Belgio. Qui alla Kuurne-Bruxelles-Kuurne dov’è finito 3°
Ho visto che fai anche ciclocross e hai gareggiato anche in gare internazionali. Per te è solo un allenamento per la strada o potresti fare la doppia attività come il campione del mondo Viezzi?

No, per me questo è solo un modo per allenarmi perché ne trai una bella tecnica. Puoi vedere come andare in bicicletta quando è scivoloso o in altre condizioni estreme. E’ solo un allenamento per me perché non ero un ragazzo molto bravo tecnicamente all’inizio della mia attività, lo faccio ora per acquisire più tecnica. Lo farò ancora, ma sicuramente non lo farò sul serio.

Come siete riusciti come nazionale a dominare la Parigi-Roubaix e com’è nata la vostra vittoria?

Non avevamo pianificato nulla. E’ una corsa che è sempre una lotteria, serve fortuna nel non cadere e noi l’abbiamo avuta. Ora sappiamo che per corse del genere siamo bravi. Siamo stati davanti tutto il giorno e io mi sono unito da dietro quando abbiamo dato il massimo. Sono stato uno dei pochi che ha seguito l’iridato Philipsen quando ha attaccato, siamo andati a tutto gas e poi abbiamo fatto primo e secondo sul traguardo.

L’accoppiata vincente della Roubaix con Ormzel finito davanti. 4° l’iridato Philipsen
L’accoppiata vincente della Roubaix con Ormzel finito davanti. 4° l’iridato Philipsen
Fra te ed Ormzel c’era un accordo su chi doveva vincere?

Non ne abbiamo parlato, devo dire che ha fatto lui gran parte del lavoro. All’ultima curva ho perso un po’ la ruota per un paio di metri. Quindi abbiamo entrambi dato tutto senza neanche guardarci indietro. Conoscendo Ormzen e quant’è veloce, penso che anche se lo volessi, non vincerei. Quindi mi godo il 2° posto, penso che sia comunque un risultato davvero importante.

Ora ci sono tanti giovani sloveni forti, quanto conta per la tua generazione avere un esempio come Roglic e Pogacar?

Molto. È bello avere qualcuno del tuo Paese che fa la differenza. Penso che ci abbiano davvero ispirato. So che ora in Slovenia si pratica sempre più ciclismo, mentre prima, quando ho iniziato, erano molti meno i ragazzi che lo facevano. Eravamo come 3 categorie che gareggiavano insieme e c’erano 30 ragazzi sulla linea di partenza. Ora ne trovi altrettanti solo in un club… E sì, ora sta davvero arrivando una generazione d’oro perché abbiamo davvero molti corridori forti.

in Italia lo sloveno ha iniziato con un podio nel GP Baronti vinto da Sambinello
in Italia lo sloveno ha iniziato con un podio nel GP Baronti vinto da Sambinello
Una piccola curiosità. Fai parte dell’Autozai Contri o della squadra belga Acrog Tormans? Perché in alcuni siti vieni accreditato per quest’ultima…

Ho una doppia licenza, posso correre con loro in Belgio. Ma la mia prima squadra è quella italiana. Così è molto più facile per me andare a gareggiare in Belgio perché adoro correre lì. Ecco perché scelgo di fare così. In Italia non ho gareggiato molto quest’anno. Abbiamo fatto solo due gare, ma quando correvamo insieme correvamo come una squadra. Ad Alessio (Magagnotti, ndr) gli insegno un po’ perché so già un po’ di più come si corre nelle gare junior.

Hai già contatti per il prossimo anno con qualche devo team?

Ho già firmato con la Soudal Quick Step per due anni e ora siamo in contatto anche per prolungare, ma è ancora tutto in corso.

Lo scorso anno Erazem ha vinto due titoli nazionali su pista: inseguimento e madison
Lo scorso anno Erazem ha vinto due titoli nazionali su pista: inseguimento e madison
Che obiettivo ti sei posto da qui alla fine dell’anno?

Avevo tanti progetti, ma la caduta all’Eroica ha cambiato un po’ tutto. E’ una gara che non mi porta bene, anche lo scorso anno ero caduto quand’ero fra i primi. Ora vuol dire che anticiperò il periodo di riposo per essere brillante nella seconda parte di stagione con la gara a tappe del Valromey e i mondiali che sono il mio obiettivo di quest’anno.

Gusto festeggia il primo compleanno in Italia

28.10.2023
4 min
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JERAGO CON ORAGO – Era il 28 ottobre del 2022, esattamente un anno fa, quando Gusto apriva la sua pagina Facebook in lingua italiana, sancendo in qualche modo il suo ingresso ufficiale nel nostro Paese. Qualche giorno fa abbiamo avuto l’opportunità di incontrare Cosma Pironti, Account Manager Italia di Gusto, per farci raccontare qualcosa di più su un brand che si sta facendo conoscere rapidamente anche qui da noi in Italia e che attualmente è presente in Europa solamente nel nostro Paese e in Slovenia, dove si trovano il magazzino e la sede centrale europea guidata da Luke Zele (in apertura con Pironti).

Le bici Gusto erano presenti anche all’ultimo Italian Bike Festival
Le bici Gusto erano presenti anche all’ultimo Italian Bike Festival
La nostra chiacchierata non può che partire dal nome che sembrerebbe tradire un’origine italiana…

Tutti pensano che Gusto sia un marchio italiano, ma non è assolutamente così. Gusto nasce a Taiwan nel 2011 ed è l’acronimo di Game, Urban, Style, Technology, Original. L’unione di queste cinque parole riassume al meglio l’essenza del brand: rendere disponibili biciclette di qualità ad un prezzo accessibile.

Di che biciclette stiamo parlando e soprattutto a quali prezzi?

Ogni modello Gusto viene realizzato utilizzando lo stesso carbonio usato dai principali costruttori presenti oggi sul mercato. La componentistica è di primo livello. Quello che fa la differenza è il prezzo finale. Il nostro modello top di gamma, il Duro Evo DB Pro Legend, viene proposto al pubblico al prezzo di Euro 5.140. Monta il gruppo Shimano Ultegra Di2, ruote Campagnolo Shamal Carbon Disc, sella Prologo. Il prezzo così contenuto è dovuto anche al fatto che realizziamo direttamente noi i nostri telai, comprese ruote e manubrio firmati Attaque, marchio che fa parte della famiglia Gusto.

Nel 2018, Tadej Pocagar ha corso con le bici Gusto
Nel 2018, Tadej Pocagar ha corso con le bici Gusto
Attualmente in quanti negozi in Italia è possibile trovare le vostre biciclette?

Siamo ormai prossimi a raggiungere i 50 punti vendita distribuiti su tutto il territorio nazionale. Un risultato credo ragguardevole visto che siamo in Italia da solo un anno.

A cosa è dovuto questo successo?

Sicuramente all’ottimo rapporto qualità/prezzo di ogni nostra bicicletta. Un fattore importante lo ha anche avuto il modo “spontaneo” con cui abbiamo scelto di di rivolgerci al pubblico attraverso la nostra pagina Facebook. Da subito abbiamo voluto utilizzare un linguaggio naturale e spontaneo. Rispondiamo in tempi estremamente brevi a tutte le domande che ci arrivano da chi è interessato alle nostre bici e può giustamente avere una certa diffidenza nei confronti di un marchio sconosciuto. Forniamo poi massima visibilità e supporto a tutti i nostri rivenditori.

Pogacar ha usato le bici Gusto quando correva nella Continental Gusto Xaurum
Pogacar ha usato le bici Gusto quando correva nella Continental Gusto Xaurum
A Italian Bike Festival avete avuto il visto primo contatto con il pubblico. Come è andata?

Direi al di là delle più rosee aspettative, anche se avevamo la consapevolezza di aver seminato bene in questo nostro primo anno. Tanta gente che ci ha conosciuto tramite la nostra pagina Facebook è venuta a trovarci e ha avuto la possibilità di toccare con mano le nostre bici, ma anche di provarle. Abbiamo inoltre incontrato nuovi potenziali rivenditori che ci permetteranno di ampliare la nostra presenza in Italia.

Chiudiamo con una curiosità su Gusto che forse molti non conoscono e che è legata a Tadej Pogacar…

Prima di approdare nel mondo dei professionisti, Pogacar ha militato per due anni in quella che oggi si chiama Team Ljubljana Gusto Santic, formazione continental slovena. Nel 2018 Pogacar ha conquistato il Tour de l’Avenir in sella a una bicicletta Gusto: un successo che gli ha aperto le porte al mondo del WorldTour. Per noi è un bel biglietto da visita poter dire che un fuoriclasse come Pogacar ha pedalato sulle nostre bici. Il fatto poi che una formazione professionistica come il Team Ljubljana Gusto Santic corra con le nostre bici è una conferma della qualità dei nostri prodotti. Ogni nostra bici ha infatti la certificazione UCI, sinonimo quindi di garanzia assoluta.

Gusto