Van Rysel scarpe RCR, un altro step nel mercato top di gamma

01.06.2024
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Decathlon fa sul serio, questo ormai è un dato di fatto. Lo abbiamo visto con le bici RCR in forza al team DecathlonAg2R che stanno accompagnando la formazione francese in un avvio di stagione sorprendente e costellato di vittorie. Nei laboratori Van Rysel però si vuole fornire il meglio per il ciclista racer vestendolo dalla testa ai piedi. Per questo abbiamo deciso di testare le nuove scarpe RCR pensate per performare al meglio anche ai massimi livelli. Un esempio è sicuramente Nans Peters che sta utilizzando proprio questo modello di calzatura. La suola 100% in carbonio, il peso contenuto e i rotori habu sono solo alcune delle caratteristiche che fanno di questo prodotto Decathlon un top di gamma ad un prezzo raro.

Il comfort è una caratteristica costante in queste RCR (foto Letizia Galvani)
Il comfort è una caratteristica costante in queste RCR (foto Letizia Galvani)

Comfort prestazionale

Le RCR come detto sono le scarpe più performanti della gamma Van Rysel. Questo però non restringe il loro campo d’azione. Se infatti i ciclisti più esigenti trovano un prodotto all’altezza delle proprie aspettative non è escluso l’utilizzo anche da parte degli appassionati o di chi vuole investire su un prodotto duraturo e di qualità. La sensazione di comfort è infatti un aspetto che abbiamo apprezzato fin dalla prima calzata. 

La costruzione di queste RCR è la dimostrazione di quanto scritto sopra ed è la dimostrazione dell’enorme salto in avanti fatto rispetto al modello precedente. La larghezza dell’avampiede è stata aumentata di 3mm, per una sensazione di comodità totale. La tomaia assicura una tensione omogenea con un sistema di allacciatura asimmetrica ed elimina i punti di pressione grazie all’impiego di fasce in tessuto al posto dei guida-lacci in plastica. Questo fa sì che i tessuti abbraccino il collo del piede in modo omogeneo e sicuro. La sensazione di trazione quando i watt aumentano è quella di una scarpa pronta a seguire ogni movimento del piede. 

Suola 100% carbonio per una leggerezza ideale (foto Letizia Galvani)
Suola 100% carbonio per una leggerezza ideale (foto Letizia Galvani)

Suola e peso

Quando abbiamo preso in mano queste RCR, la prima impressione che ci hanno regalato è stata quella di una scarpa costruita attorno al piede e non quella di un due in uno (suola incollata alla tomaia) come magari il modello precedente portava a dedurre. Queste scarpe infatti possiedono una nuova suola esterna 100% in carbonio estremamente rigida, per trasmettere meglio la potenza alla bici (indice di rigidità 12 su una scala da 1 a 12).

La suola esterna è provvista di due larghi occhielli di aerazione posizionati a livello delle dita e del centro del piede, per permettere un flusso d’aria rinfrescante che contribuisce alla regolazione della temperatura. La tomaia abbraccia la suola in modo omogeneo e i dettagli costruttivi risultano all’occhio ben curati. Stesso discorso per la parte posteriore dove troviamo un guscio in poliuretano termoplastico che accudisce il tallone ancorandolo per un migliore trasferimento di potenza in tutte le fasi della pedalata. Il peso complessivo si attesta in soli 290 grammi nella numerazione 43. 

Fasciatura

Tutte le caratteristiche di fasciatura e costruzione vengono però esaltate e finalizzate dal sistema di chiusura. Stiamo parlando di una new entry in campo road per Van Rysel. L‘habu Fit System offre infatti un sostegno ideale con micro-regolazione pensata per ottimizzare le performance nelle condizioni più difficili e stressanti della corsa. Provviste dell’habu Fit System con doppio disco Li2, le RCR avvolgono una superficie maggiore del piede in modo estremamente preciso, per garantire un sostegno eccellente ed un comfort maggiore.

I dischi e i lacci dell’habu Fit System sono garantiti per tutta la durata del prodotto su cui sono presenti. Il sistema brevettato è creato e sviluppato da BOA Technology Inc, una garanzia di affidabilità e maestria nel settore bici e non solo. 

Le nostre impressioni

Lo step in avanti rispetto al modello Van Rysel Road 900 è indiscutibile. La sensazione però è quella che i progettisti di Decathlon abbiano fatto qualcosa di più. La comparazione con i top di gamma di altri marchi è inevitabile e i pregi e difetti possiamo dire che se la giocano senza riserve. Gli assi nella manica di queste RCR sono sicuramente il design, conforme con lo stile attuale ed elegante al punto giusto, ma soprattuto il prezzo. Sul sito Decathlon è infatti consultabile il prezzo di 169,99 euro, una cifra che mette a dura prova ogni confronto con la concorrenza. 

La nostra impressione dopo averla usata per circa 400 km è quella di una scarpa preparata a tutto, di qualità e pronta per assecondare ogni cascata di watt sul pedale che si tratti di salita, pianura o sprint che siano. Le sensazioni ad ogni pedalata sono quelle di una calzatura comoda e in grado di restituire una stabilità totale anche quando si tratta di avere il feedback più diretto tra pedale e pianta del piede. Stiamo parlando di un concentrato di performance e comfort che deve essere preso in considerazione senza dubbio se si punta ai top di gamma. 

Decathlon

I pro’ e le scarpe. L’esperienza di Petilli con Gaerne

01.05.2023
6 min
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«Sono stato contento quando quest’inverno la mia squadra, ha annunciato Gaerne come sponsor tecnico. Per me si è trattato di un ritorno al passato». Simone Petilli esordisce così parlando delle sue scarpe, le Gaerne G.Stl.

Il classe 1993 è di ritorno dal ritiro in altura a Sierra Nevada. «Ci ero stato due settimane prima del Giro di Sicilia e ci sono tornato subito dopo», ha detto Simone con il suo solito spirito allegro.

Gaerne è uno di quei marchi che ancora è made in Italy vero, dalla progettazione alla scelta dei materiali. La casa trevigiana fornisce le scarpe a molti pro’ e quest’anno è divenuta sponsor ufficiale di un team WorldTour la Intermarché-Wanty Gobert appunto.

E si sa che nel ciclismo attuale non basta più sostenere un team con una sponsorizzazione di facciata. No, oggi il prodotto va seguito passo dopo passo. Deve esserci un filo costante con gli atleti per accontentarli e trarre poi dei feeback per lo sviluppo di nuovi prodotti.

Le G.Stl sono la scarpa top di gamma di Gaerne. Leggerezza ma soprattutto rigidità sono le sue peculiarità, assieme alla tomaia “monoscocca”, cioè un pezzo unico, in microfibra microforata. In particolare la rigidità è dovuta principalmente alla Gaerne Eps Lightweight Full Carbon Sole 12.0, suola ultraleggera e ultrasottile, la cui trama della in fibra in carbonio è stata ottimizzata proprio per le spinte del piede. Questo assicura che ogni watt venga trasferito ai pedali. 

Simone Petilli (classe 1993) con le sue Gaerne G.Stl. Per lui è stata realizzata una scarpa quasi del tutto su misura
Simone Petilli (classe 1993) con le sue Gaerne G.Stl. Per lui è stata realizzata una scarpa quasi del tutto su misura
Simone, come ti trovi con queste scarpe?

Molto bene. Devo essere sincero, con Gaerne correvo anche prima di arrivare in Intermarché. Le utilizzavo quando ero più giovane e già all’epoca mi ero trovato bene. Quindi sono stato contento quest’anno quando sono diventate sponsor di squadra. Partivo avvantaggiato perché in azienda già avevano la mia forma del piede. Ed io ho delle richieste un po’ particolari in quanto ho un piede strano.

Definiamo strano…

Ho un piede magro, ma abbastanza largo sul lato esterno. In Gaerne sono molto disponibili e mi hanno fatto una scarpa quasi su misura.

Quindi l’azienda è attenta alle richieste degli atleti?

Sì, siamo seguiti da vicino. Già da questo inverno, quando abbiamo fatto il primo ritiro a Charleroi, sono venuti i responsabili per incontrare ogni corridore personalmente. Hanno annotato tutte le nostre richieste. Successivamente ci hanno inviato a casa un primo paio di scarpe. Le abbiamo provate e passo dopo passo ognuno ha fatto delle richieste per arrivare alla scarpa ottimale. Magari qualcuno si è trovato bene al primo paio. Io ho dovuto farne due prima di trovare quella perfetta, ma devo dire che adesso sono davvero soddisfatto.

Quali sono stati gli step per arrivare alla tua scarpa perfetta?

Loro hanno una scarpa standard – come detto – e una scarpa “Slim fit”, cioè un po’ più stretta proprio per chi ha i piedi magri. Io avevo il 42,5 normale, ma questa taglia mi era un po’ larga. Allora ho provato la Slim fit, ma questa, una volta che serravo i Boa, era troppo stretta. Allora la soluzione è stata questa: hanno preso la forma del mio piede, l’hanno riprodotto in tutto e per tutto e alla fine mi hanno fatto una Slim taglia 43, anziché una 42,5 normale. Con le ultime modifiche per l’esterno dove il mio piede era un po’ più largo siamo arrivati alla mia scarpa perfetta.

La chiusura con i BOA Li2 è rapida e micrometrica
La chiusura con i BOA Li2 è rapida e micrometrica
Un bel processo…

In effetti sono stato seguito parecchio, dal vivo e anche in videochiamata. Questo vale per me, ma anche per gli altri chiaramente. Con i nostri feedback si arriva al dettaglio e questo è un aspetto molto importante nel ciclismo di oggi.

Qual è dunque la scarpa perfetta per Simone Petilli? 

Come ho detto, ho sempre avuto dei problemi ai piedi, ho sempre sofferto sul lato esterno e più precisamente nella parte poco dietro al mignolo. Questo su entrambi i piedi. Forse anche perché negli anni non ho mai avuto una pedalata perfetta. Il lato esterno dei miei piedi è un po’ più largo e quindi le mie scarpe devono essere sempre abbastanza curate. Per questo dico che nella mia scarpa perfetta al primo posto metto il comfort. Quando ci pedali tante ore non devi avere dolore. E il bello di questa scarpa è che oltre ad essere confortevole è anche rigida. Sento che posso spingere davvero bene.

Quindi comfort e rigidità più del peso?

Sì: comfort, rigidità e poi peso, questo è il mio ordine. Il peso influisce, chiaramente, ma è più importante che la scarpa sia rigida e confortevole. Almeno per me…

Preferisci sentire il piede fisso dentro la scarpa? Oppure che abbia un po’ di gioco?

A me non piace avere il gioco dentro, ma al tempo stesso voglio che non sia rigida intorno ai lati. Deve essere di un materiale abbastanza confortevole. E infatti uno dei motivi per cui mi trovo bene con Gaerne è che utilizzano dei materiali per la tomaia davvero morbidi. E, non sono un tecnico, ma immagino che per essere così morbidi e fascianti al tempo stesso debbano essere di grande qualità.

Petilli aveva già corso con Gaerne, per lui una delle differenza maggiori è stata nella suola, ora più confortevole e molto più rigida
Petilli aveva già corso con Gaerne, per lui una delle differenza maggiori è stata nella suola, ora più confortevole e molto più rigida
Riguardo al caldo e al freddo, adotti qualche soluzione particolare per i tuoi piedi?

Di solito soffro un po’ di più con il caldo, perché i miei piedi si gonfiano un po’. Ma torniamo al discorso di prima: se la scarpa è confortevole mi trovo sempre bene, anche col caldo. E quindi non faccio nulla di particolare. Mentre per il freddo l’unico modo è mettere qualche copriscarpe, ma in questo caso conta molto l’abitudine per me.

Caldo e freddo sono anche piuttosto legati al discorso della circolazione e di conseguenza del serraggio. A tal proposito le tue Gaerne hanno due Boa…

Le G.Stl hanno due Boa, il sistema che va per la maggiore. Io mi trovo bene perché la pressione sul piede è omogenea e la posso gestire. Inoltre una volta che serri la scarpa, non hai bisogno di regolarla poi molto. Quando capita però questi Boa sono velocissimi.

Passiamo anche all’estetica. Che colore preferisci?

Bianco – replica secco Petilli – è il migliore per me. Purtroppo si sporca facilmente, però è quello più elegante. E che in gruppo va per la maggiore a prescindere dal marchio.

Professionista, piede e scarpa. Approfondiamo con Pallini

28.04.2023
5 min
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Uno dei tre punti di contatto. Il piede rappresenta la “molla” dell’azione del ciclista. La parte degli arti inferiori che completa la trasmissione di potenza direttamente sul pedale. Nella biomeccanica dell’azione è la parte finalizzatrice di tutto il nostro motore.

Quando ci si allena però difficilmente si pensa a questa parte del corpo e così lo stesso per quanto riguarda la scelta delle scarpe, che spesso insegue gusto o semplici indicazioni dovute alla larghezza della pianta dopo una breve calzata. Quale universo si nasconde dietro al piede del ciclista? Per scoprirlo, ci siamo affidati al parere esperto del massaggiatore Michele Pallini

Pallini e Nibali hanno condiviso momenti indimenticabili: qui al Tour 2014
Pallini e Nibali hanno condiviso momenti indimenticabili: qui al Tour 2014
Partiamo da questo spunto. Per i corridori, i piedi, sono una parte delicata?

Ho collaborato con Vincenzo Nibali per diversi anni e lui per quanto riguarda le scarpe era un meticoloso, anzi fanatico. Aveva il problema di avere il piede fine e piccolo. Quindi aveva bisogno di una scarpa su misura. Era molto difficile fare una calzatura custom per una parte anatomica del corpo che in bici cambia la forma per tanti motivi. E’ multifattoriale il problema del piede. Trovare una scarpa adatta non è stato semplice. La scarpa quando viene studiata, viene provata non in condizioni di utilizzo e stress, ma a riposo. Quindi anche il piede non è nella condizione di comportarsi come quando è nello sforzo in bici. 

Utilizzare scarpe su misura è la soluzione?

Diventa un po’ un cane che si morde la coda. La provi e senti un dolorino, ma a riposo sembra ok. Se la provi in un periodo non ottimale di forma allora dà una sensazione, viceversa quando si sta bene. La scarpa ha una multifattorialità vastissima. E’ quasi impossibile trovare una scarpa che calzi a pennello

Quindi come ci si comporta?

La cosa più intelligente che si può fare è realizzare una scarpa leggermente più grande. In questo modo la stringi quando vuoi sentire più feeling con la bici e la allenti quando ci sono temperature più alte, come capita d’estate quando il piede si gonfia. 

Per fare la scarpa su misura si passa attraverso varie rilevazioni
Per fare la scarpa su misura si passa attraverso varie rilevazioni
I pro’ cercano solo la performance?

Il problema entra quando corridori come Valverde o anche Nibali, sono personaggi che hanno grande feeling con la bici e fanno come gli sciatori. Preferiscono avere una scarpa più piccola per sentire la bici al meglio. Poi però si arriva al problema appena citato. Qualsiasi scarpa tu prenda, non troverai mai la tua. Se ne può trovare una che si adatta maggiormente al piede. Ma per quanto si possa fare su misura, il cuoio, la tomaia cambiano e si trasformano in base alla stagione e quasi mai seguendo il piede. Inoltre c’è un altro problema.

Quale?

Tutte le suole sono molto rigide. Le aziende ormai lavorano quasi esclusivamente con il carbonio. Questo crea maggiori stress. Qualsiasi sconnessione o vibrazione la si sente ridistribuita sui tre punti di appoggio, tra cui il piede. 

A che dolori si va incontro?

Si passa dal banale dolore, ad avere un problema di conflitto femoro-rotuleo o anche infiammazione della bandelletta ileo-tibiale.

Quali possono essere le cause?

Oltre alle rigidità eccessive, il problema sta anche nel come vengono fatte le suole. Non sono più “piatte” ma gli viene dato un valgo. In modo tale da spingere con la pianta del piede inclinata di 30° circa. Non tutti recepiscono positivamente questa angolazione del piede e spesso però ci si imbatte nel problema. Un anno Vincenzo ha dovuto cambiare le scarpe in corso d’opera e utilizzare un modello precedente, proprio perché quel nuovo materiale gli aveva causato un conflitto femoro-rotuleo.

Le ossa e i muscoli che compongono il piede sono molteplici così come le differenze di dimensioni per persona
Le ossa e i muscoli che compongono il piede sono molteplici così come le differenze di dimensioni per persona
Che tipo di dolore è?

E’ un dolore che non è così localizzabile, ma precisamente lo si percepisce nella parte laterale del ginocchio. 

Realizzare delle solette o plantari su misura può aiutare?

Non sempre. Perché spesso si usano delle solette o plantari che portano ad una curvatura del piede dove il podologo di turno ti presenta dati di miglioramento effettivi solo sotto il punto di vista della potenza espressa, ma che ti distraggono dal comfort. Questo può portare a tendiniti della bandelletta tibiale. Se poi si insiste sopra, si arriva a degli stop anche di un mese. 

Non sempre il plantare rappresenta una soluzione…

Tu lo provi sul rullo e vedi tramite i sensori che esprimi più potenza, poi però ci possono essere come detto infiammazioni o infortuni dietro l’angolo. Questo però può essere causa anche dalle scarpe stesse. 

Dal punto di vista del massaggio, il piede è una zona che viene trattata?

Per me sì, molto. Nel massimo sforzo il piede va in “griffe”, è un termine tecnico che utilizzano i podologi. Nel senso che va in flessione plantare. E’ come se si volesse chiudere. Quando si spinge si pensa che il piede sia in iperestensione, mentre in realtà la spinta avviene con la pianta del piede in flessione. E’ come se le dita chiudessero. E’ un gesto naturale.

Qui un calco del piede eseguito da Luigino Verducci nella sede olandese della Jumbo-Visma
Qui un calco del piede eseguito da Luigino Verducci nella sede olandese della Jumbo-Visma
Il massaggio è quindi molto importante?

Nel ciclista meno, però il trattamento del muscolo soleo, del polpaccio e dei gemelli sono importanti per evitare problemi al fascite plantare (patologia comune ai maratoneti). Ha un meccanismo di retrazione sul calcagno. A livello fasciale è quasi una continuazione del tendine d’Achille. Quindi se si tiene in scarico tutta la fascia plantare si riesce a rilassare ed escludere problemi.

Insomma il rapporto che c’è tra piedi e performance è perennemente in conflitto ed evoluzione?

Che alcuni ciclisti professionisti abbiano dei problemi al piede è comune, anzi quasi tutti lo hanno. Mario Cipollini ne era soggetto per fare un esempio Se tu guardi i piedi dei ciclisti non sono martoriati come quelli dei calciatori, ma poco ci manca. Hanno dei calli sparsi qua e là. Questo è dovuto non solo alle molte ore in sella, ma anche a scarpe sbagliate. Fra tutte le squadre WorldTour, credo si contino sulla dita di una mano quelle che lasciano scelta al corridore su questo materiale.

Ogni ciclista sarà sempre alla ricerca del miglior compromesso tra performance e comfort?

Bisogna capire che la scarpa è un contenitore e non sarà mai come un guanto. 

Specialized Recon ADV, nuovo standard per lo sterrato

27.03.2023
3 min
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Le nuove scarpe Recon ADV rappresentano un passo avanti nel mondo offroad e gravel. Performance e comfort sono stati studiati parallelamente per dare alla luce a questa nuova calzatura firmata Specialized. La stabilità e un’estetica accattivante sono altre due caratteristiche fondanti di questo modello pronto a creare un nuovo standard per lo sterrato, qualunque sia il livello di utilizzo. 

La chiusura con i lacci permette una fasciatura ottimale del piede
La chiusura con i lacci permette una fasciatura ottimale del piede

Fatta per stupire

Quando si parla di fuoristrada, gli stress e le sfide che una scarpa deve superare sono innumerevoli. Per questa Recon ADV gli ingegneri Specialized si sono concentrati su più asset prestazionali e rivolti al comfort. La scarpa è stata costruita con la tecnologia Body Geometry, che garantisce un supporto varo, un arco longitudinale e un bottone metatarsale per un allineamento efficiente e confortevole di ginocchia e piedi durante la pedalata. 

Una calzatura progettata per il ciclista che ama l’avventura e la scoperta sui sentieri sterrati. Un perfetto equilibrio tra stile e prestazioni, offrendo una pedalata fluida e confortevole, senza compromessi sulla sicurezza e sulla resistenza. Innovazione e alta qualità sono al servizio del ciclista più audace che si spinge oltre i limiti della strada asfaltata.

La gomma SlipNot della suola fornisce una trazione ottimale
La gomma SlipNot della suola fornisce una trazione ottimale

Cura dei dettagli

Ogni millimetro cubo di questa Recon ADV è stato curato nei minimi dettagli e per nulla lasciato al caso. A partire dalla tomaia perforata al laser con un supporto in microfibra per una migliore gestione dell’umidità e una sensazione di morbidezza. Segue la tecnologia STRIDE toe-flex che consente una maggiore flessione della punta del piede per le pendenze più ripide e una migliore camminabilità quando non si pedala. La protezione in TPU garantisce sicurezza su terreni accidentati e dagli agenti esterni in base allo stress a cui è sottoposta. 

La suola in gomma SlipNot è ottimizzata per la trazione su ghiaia e favorisce una migliore sensazione mentre si cammina. Salire e scendere non diventa un impedimento ma uno segmento che fa parte della performance. Disponibili anche gli spessori aggiuntivi da 3 mm, 6 mm e 9 mm per compensare la lunghezza delle gambe e per le tacchette.

Disponibile nelle taglie da 36 a 49 con mezze misure da 38.5 a 45.5. I colori disponibili sono tre: nera, Taupe/Dark Moss Green/Fiery Red/Purple Orchid e Dusk/Purple Orchid/Limestone. Il prezzo consultabile sul sito è di 220 euro. 

Specialized

Dino Signori: una storia d’amore e dedizione

04.03.2023
4 min
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Dino Signori, fondatore del marchio Sidi, è nato a Maser nel 1936, la sua è una vita dedicata al ciclismo e alle calzature sportive. Ora ha ottantasette anni e, nonostante siano passati più di sessant’anni dalla nascita di Sidi (dal 2022 controllata da Italmobiliare), ha ancora la voce che trema quando parla della sua azienda. 

Raggiungiamo il signor Dino al telefono di casa, sono le 9,30 e lui è già sveglio da almeno quattro ore. «Mi sono sempre alzato presto nella mia vita – racconta Signori, in apertura con Vincenzo Nibali – e ho mantenuto questo ritmo anche in pensione. Quando uno nasce in un modo è difficile modificare le proprie abitudini».

Dino Signori nel suo regno: Sidi, l’azienda che ha guidato per oltre 60 anni
Dino Signori nel suo regno: Sidi, l’azienda che ha guidato per oltre 60 anni

La nascita

L’intervista ha l’intento di ripercorrere insieme a Dino Signori gli anni di Sidi, dalla fondazione fino ad oggi. Tra le sue mani sono passate le scarpe di quasi tutti i corridori del mondo del ciclismo, campioni del passato e del presente

«Modestamente parlando – dice dopo un sospiro – tutti i corridori hanno adoperato le scarpe Sidi, questo vuol dire che ho fatto qualcosa di giusto. Una mano me l’ha data il fatto di aver corso anche io in bicicletta, negli anni ‘50. Sarei potuto passare professionista, ma ero l’unico che lavorava in famiglia e non me la sono sentita di fare quel passo in più. Avevo paura che una caduta avrebbe potuto compromettere il lavoro in fabbrica. La mia fortuna, se così possiamo chiamarla, è che ho iniziato a lavorare davvero presto, a sette anni, e il lavoro mi ha dato modo di pensare molto. Mi ha dato l’esperienza giusta per fondare la mia azienda e farla diventare ciò che è oggi».

Le tacchette

Prima dell’avvento delle scarpe Sid,i i corridori non agganciavano i piedi alla bici con il consueto sgancio rapido, ma si usavano i puntapiedi e sotto la suola non mettevano nulla se non dei chiodi. 

«Era un sistema – racconta Signori – che non dava stabilità al piede. I corridori all’epoca mettevano sotto la scarpa due pezzi di cuoio e due chiodini, questo sistema però non permetteva modifiche e non dava mobilità. Non era raro che tanti ciclisti dopo qualche anno andassero in Francia per farsi operare di tendinite. Fui il primo a mettere la tacchetta mobile sotto la scarpa, così da poterla spostare in tutte le direzioni e trovare il giusto comfort. Uno di quelli che ha usato per primo questo sistema fu Moser, ma non dubito che molti corridori all’epoca usassero le scarpe Sidi, magari con sopra il nome di altri marchi. A me interessava poco sinceramente, io ero contento di aver fatto qualcosa che funzionasse e che potesse essere utile».

«Un giorno – riprende – un corridore americano venne da me alla partenza della Milano-Sanremo e mi disse che voleva usare le mie scarpe. Aveva un problema al metatarso ed io ero riuscito a sistemare la posizione del piede. Lui aveva un accordo con un altro marchio, così gli dissi che non mi interessava far vedere il logo Sidi, ma che lui stesse bene. Gli ho detto: “Io ti faccio le scarpe. Tu corri, vinci e noi siamo a posto”».

Eccolo in compagnia di Demare per celebrare la maglia ciclamino vinta dal francese al Giro d’Italia del 2022
Eccolo in compagnia di Demare per celebrare la maglia ciclamino vinta dal francese al Giro d’Italia del 2022

L’amore per il proprio lavoro

Nelle parole di Dino Signori si percepisce subito cosa ha mosso la sua intera vita e, di conseguenza, la propria azienda: l’amore. 

«Tanti anni fa – riprende a raccontare Signori – le cose erano molto più semplici. A me muoveva l’amore per il mio lavoro, mi piaceva tanto lavorare e non smettevo fino a quando non era tutto a posto. Questa, a mio modo di vedere, ha fatto la differenza: ero semplicemente contento nel vedere gli altri stare bene. L’idea delle tacchette o di tutte le altre soluzioni adoperate mi sono venute in mente perché semplici. Sono sempre stato dell’idea che una cosa la fai e non la molli fino a quando non funziona. Se si vuole lavorare bene bisogna farlo con la testa e con il cuore, non c’è altro modo. E’ così che sono riuscito ad andare avanti per così tanti anni curando personalmente le due sedi dell’azienda: quella di Maser e l’altra in Romania».

Scarpe più basse, posizione da rifare? L’esempio di Affini

17.01.2023
5 min
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La Jumbo-Visma quest’anno ha apportato diverse novità nel suo allestimento tecnico. Non solo è passata da Shimano a Sram, ma è intervenuta anche sul set pedali e scarpe, ora Nimbl. Questo nuovo mix ha inciso anche sulla posizione in sella degli atleti.

Le scarpe Nimbl hanno una conformazione particolare. Sono full carbon e soprattutto hanno una suola diversa, ben più bassa della media. E questo va a modificare, o quantomeno ad influenzare, le catene cinetiche dell’atleta, la sua messa in sella.

Affini durante le prove per la creazione della sua scarpa full carbon
Affini durante le prove per la creazione della sua scarpa full carbon

Spinta più diretta

Edoardo Affini già in tempi non sospetti ci parlò di quanto queste scarpe avrebbero inciso. E le sue parole hanno trovato riscontro nella realtà dopo i primi mesi di utilizzo.

«Alcuni di noi – racconta il mantovano – con la suola e i nuovi pedali si sono abbassati anche di 7 millimetri. Io devo ancora provare la soluzione definitiva delle scarpe, vale a dire quella senza adattatore. Quelle con l’alloggio specifico per l’attacco del pedale Wahoo (sviluppato sulla piattaforma SpeedPlay). Con questa soluzione infatti, in pratica sarà il pedale ad “entrare” nella scarpa.

«La sensazione in sella è effettivamente differente, ma anche molto soggettiva. In generale tutti ci troviamo bene e Nimbl lavora molto sul piano della personalizzazione. Sono sempre aperti e disponibili per le modifiche. Poi è chiaro che alcune problematiche potrebbero emergere con il passare del tempo. Penso per esempio a quando farà più caldo e si alzeranno le temperature nella scarpa, ma appunto ci servirà del tempo…».

Oggi si parla di ciclismo del millimetro e quando in ballo ce ne sono tanti come quei 7 millimetri di altezza sella, ne risente anche la posizione. 

«La sensazione in sella cambia – prosegue Affini – senti una spinta più diretta sul pedale. Hai proprio l’idea che ci sia una minore dispersione di forza. La spinta parte diretta da sotto al piede».

Rispetto allo scorso anno, Affini (qui nel 2022) si è abbassato di 4 millimetri con la sella. Ma gli interventi potrebbero non essere finiti
Per ora, rispetto allo scorso anno cui si riferisce la foto, Affini si è abbassato di 4 millimetri con la sella

Giù il baricentro

Ma in una catena cinetica, se si interviene su un punto e si vuol mantenere l’equilibrio, bisogna intervenire anche sugli altri punti, almeno quelli nevralgici. 

«Ci siamo abbassati anche con il manubrio – va avanti Affini – ognuno si è abbassato anche in base alla sua flessibilità e questo è un buon guadagno immagino. Non è uno stravolgimento, ma nel ciclismo dei marginal gains, quando metti tutto insieme…  conta anche quello.

«Nella maggior parte dei casi si è tolto uno spessore da 5 millimetri, che è un po’ la misura standard. Ma non è così matematico che se abbassi la sella, tu debba abbassare anche il manubrio. Te lo devi anche sentire perché se poi sei troppo chiuso, comprimi troppo gli angoli, magari hai problemi con i glutei, o con la schiena.

«Di certo ne guadagna la guida. In questo modo si abbassa un po’ il baricentro e in discesa soprattutto c’è più maneggevolezza».

I tecnici della Jumbo-Visma stanno lavorando da mesi sul nuovo set scarpe-pedali
I tecnici della Jumbo-Visma stanno lavorando da mesi sul nuovo set scarpe-pedali

Biomeccanica da rivedere

Edoardo Affini ci spiega tutto ciò dalla Spagna, dove è in ritiro con la sua squadra. E lì il “laboratorio è ancora aperto”. Insomma, lavori in corso.

Andando a toccare scarpe, pedali, altezza sella e altezza manubrio… va da sé che si riveda la biomeccanica. E c’è chi stando a cavallo tra due misure potrebbe valutare di cambiare il telaio e passare alla misura inferiore.

«La squadra – dice Affini – ci mette a disposizione un tecnico e a turno, solitamente la sera, andiamo a farci dare un’occhiata. Lo farò anche io. Anche se io vado dal mio biomeccanico di sempre, Alfiero Dalla Piazza (e suo figlio Michele) a Sommacampagna non lontano da casa. 

«Per quanto mi riguarda, in attesa come ripeto della scarpa definitiva, io mi sono abbassato di 4 millimetri con la sella e di 5 millimetri con il manubrio. Per ora, al netto di quelle sensazioni di guida differenti in quanto a spinta e maneggevolezza, non ho avuto nessun problema di schiena o altro».

Lo squadrone olandese con le nuove scarpe durante il ritiro spagnolo (foto Instagram)
Lo squadrone olandese con le nuove scarpe durante il ritiro spagnolo (foto Instagram)

Feedback positivi

E che i lavori procedano spediti ce lo conferma anche Francesco Sergio, di Nimbl, il quale si trova nel ritiro di Denia per seguire la messa punto delle scarpe ai piedi degli atleti.

«Stiamo ultimando le consegne finali – ha detto Sergio – mancano solo le donne che abbiamo fatto in questi giorni. Quasi tutti hanno provato la scarpa definitiva con gli attacchi per i nuovi pedali Whaoo. I feedback sono tutti positivi. Sul piano della biomeccanica qualche intervento c’è stato».

Sergio non può esporsi troppo, ma lascia intendere che gli angoli di spinta tutto sommato sono rimasti invariati sul piano orizzontale, a parte un atleta che ha spostato un po’ le tacchette in avanti. Mentre sono variati quelli sul piano verticale, appunto le altezze di sella e manubrio.

Ganna e Northwave: rinnovano fino al 2028!

13.01.2023
3 min
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Squadra che vince non si cambia. Northwave ha rinnovato per altri cinque anni il proprio accordo di sponsorizzazione e collaborazione con Filippo Ganna, che continuerà così a supportare il marchio fino alla stagione 2028 (!) nello specifico sviluppo delle calzature per il ciclismo. L’estensione di questa partnership per un periodo di tempo così lungo dimostra ancora una volta il profondo legame tra l’azienda veneta e il cinque volte campione del mondo: un sodalizio nato dalla volontà di unire e concentrare le forze mettendo in gioco ancora per molto tempo l’esperienza pluriennale di entrambi.

Non solo una semplice sponsorizzazione, dunque, ma un vero e proprio progetto volto a trovare insieme, stagione dopo stagione, il prodotto e le soluzioni tecniche che più soddisfano le esigenze di ciascun praticante ciclista. Come avvenuto nel corso delle ultime sette stagioni, Filippo “Top” Ganna lavorerà a stretto contatto con il reparto R&D di Northwave per contribuire allo sviluppo dei nuovi prodotti alto di gamma della collezione: come le nuovissime Extreme Pro 3, la massima espressione in termini di prestazioni e design nel campo delle calzature road/corsa di Northwave.

Da sinistra, Federica Piva, CEO Northwave, assieme a Filippo Ganna e a Gianni Piva che del brand NW è il fondatore
Da sinistra, Federica Piva, CEO Northwave, assieme a Filippo Ganna e a Gianni Piva che del brand NW è il fondatore

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«Siamo davvero orgogliosi – ha commentato Gianni Piva, il fondatore di Northwave – di avere un campione del calibro di Filippo Ganna ancora nella nostra squadra. Siamo stati accanto a lui a Tokyo nel 2021 quando ha vinto la medaglia nell’inseguimento a squadre insieme al quartetto azzurro, e poi durante il Giro d’Italia, così come quando lo scorso ottobre ha stabilito il nuovo record dell’Ora. Ma siamo soprattutto orgogliosi che anche lui supporti ciò che facciamo e che riponga grande fiducia in Northwave: averlo al nostro fianco ci dà la carica per affrontare con grinta le stagioni che ci attendono».

Il nuovo modello ExtremePro3
Il nuovo modello ExtremePro3

Fondata da Gianni Piva nel 1971, il quartier generale è a Montebelluna (la provincia è quella di Treviso), Northwave progetta e realizza calzature e accessori per lo snowboard (questi ultimi sotto il marchio Drake) e per il ciclismo. Grazie ad una filosofia che si concentra sulla ricerca dell’innovazione, della qualità, di un’estetica raffinata e di uno sviluppo sostenibile, nel corso dei decenni Northwave e i suoi prodotti si sono legati a sportivi di grande successo, tanto nel mondo degli sport invernali quanto in quello del ciclismo, affermandosi nel tempo come uno degli attori di maggior successo nel panorama delle calzature sportive.

Northwave

Nimbl, una storia italiana ai piedi della Jumbo-Visma

07.01.2023
6 min
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Ricordate quando qualche tempo fa eravamo andati al Service Course della Jumbo-Visma? In quel regno del massimo ciclismo in mezzo a campioni, test, reparti di meccanica… siamo stati testimoni di un appuntamento davvero all’avanguardia e segretissimo: la consegna delle scarpe Nimbl.

Il team olandese e l’azienda italiana ci hanno aperto le porte per questa esperienza che ci regala un esempio concreto di quei marginal gains di cui tanto parliamo.

Un accordo incredibile

Un po’ come per la scelta dei nuovi gruppi, è stata la corazzata giallonera a contattare Nimbl. In test privati, dopo aver acquistato in incognito alcune paia di scarpe di varie marche, gli olandesi avevano visto che quelle italiane rispondevano ai loro canoni di performance. Da lì è germinato l’accordo, tra Jumbo-Visma e Nimbl.

«In effetti – racconta Francesco Sergio di Nimbl – i Jumbo ci hanno espresso il loro desiderio di correre con le nostre scarpe, ma visto che siamo un’azienda artigianale, la cosa all’inizio poteva “spaventarci”. Tra continental, WorldTour e squadra femminile qui ci sono 60 corridori, avremmo avuto difficoltà nella capacità di rispondere alle loro esigenze. E parlo proprio di produzione.

«Quando ci siamo trovati, avevo con me le scarpe e i loro tecnici mi hanno detto che le conoscevano. In qualche modo già le avevano provate ed erano rimasti soddisfatti. C’era solo un piccolo miglioramento da fare riguardo al sistema di posizionamento delle tacchette, ma solo perché loro avevano preso un modello prodotto fino a maggio.

«A quell’epoca ancora non avevamo un macchinario specifico e le faceva Luigino (Verducci, ndr) a mano. Ma in quanto a peso, rigidità e aerodinamica, erano soddisfatti dei nostri modelli».

Luigino Verducci e Francesco Sergio hanno unito le loro esperienze per il progetto Nimbl e la sfida Jumbo-Visma
Luigino Verducci e Francesco Sergio hanno unito le loro esperienze per il progetto Nimbl e la sfida Jumbo-Visma

Sfida accettata

Pensate, una piccola realtà con base nelle Marche che opera sì nella sfera dell’altissima qualità, ma anche dei piccoli numeri, che si ritrova sul piatto una collaborazione con il team che ha appena vinto la classifica UCI e il Tour. Non solo, la vita di Nimbl è recentissima: due anni e mezzo. Alla base c’è la grandissima esperienza di Luigino Verducci e dello stesso Francesco Sergio nel mondo delle scarpe e dei materiali. Sin qui le collaborazioni con i professionisti erano state con i singoli corridori e non con i team. 

«A quel punto ci siamo guardati in faccia. E ci siamo dettI: “Abbiamo la possibilità di collaborare con il più grande team del momento. Buttiamoci!”. E abbiamo accettato la sfida».

Parte quindi questa collaborazione e nei mesi intermedi tra le due stagioni, in attesa della fine del contratto col brand precedente, Nimbl realizza per i ragazzi della Jumbo-Visma un modello camouflage. Perché qui ogni cosa va provata e riprovata al millimetro. Sono le richieste del settore performance dei materiali, i quali volevano che i corridori appunto provassero le scarpe, anche per guadagnare tempo.

Col nuovo anno la collaborazione italo-olandese ha visto la luce (foto Instagram)
Col nuovo anno la collaborazione italo-olandese ha visto la luce (foto Instagram)

Iniziano i lavori

Guadagnare tempo per metterle a punto. I feedback dei ragazzi infatti sono utilissimi. Quelle scarpe camouflage erano modelli standard e sono serviti come base di partenza per la personalizzazione, fiore all’occhiello di Nimbl e una delle peculiarità che ricercava la Jumbo-Visma.

«Una volta fatto l’accordo, abbiamo ricevuto le taglie dal team – va avanti Sergio – e abbiamo inviato le scarpe ad ogni atleta. Come potete vedere, a turno vengono qui e ci dicono cosa va bene, cosa bisogna cambiare, i dettagli da affinare.

«Essendo la produzione nostra, per noi è facile intervenire sulla tomaia, ma anche sul layup del carbonio. Non si tratta d’intervenire solo sulla forma, ma anche sulla rigidità. C’è infatti chi vuole la scarpa più rigida avanti e meno rigida dietro e chi il contrario. Per la realizzazione di una scarpa, c’è bisogno di circa 7 giorni, mentre per i piccoli cambiamenti servono mediamente 3-4 ore per corridore. Per alcuni abbiamo dovuto rifare la suola ex novo.

«Abbiamo sviluppato un’App con la quale annotiamo misure e richieste di intervento. Per esempio se c’è un corridore che ha un osso sporgente, cerchiamo di aumentare la parte esterna dove c’è il punto di pressione. O ancora, c’era un corridore che aveva una taglia 47 in quanto a lunghezza, ma una 44 quanto a larghezza. In questo caso abbiamo rifatto la suola nuova direttamente».

Il calco

E mentre Sergio ci spiegava questo progetto, Verducci eseguiva il calco sugli atleti. Seduti su una sedia, a sua volta posta su un tavolo, l’artigiano marchigiano eseguiva un calco in gesso che riprendeva la forma esatta del piede fino alla caviglia.

Una volta ottenuto il calco, Verducci con un frullino apriva “la scultura” e sfilava il piede. In fase di realizzazione vengono presi in considerazione il calco, chiaramente, ma anche i feedback del corridore.

I feedback dei corridori sono importantissimi. Qui le prime indicazioni dopo aver provato il modello camouflage (prima del calco)
I feedback dei corridori sono importantissimi. Qui le prime indicazioni dopo aver provato il modello camouflage (prima del calco)

Dettagli e progetti

Per il momento Nimbl ha messo a disposizione il modello Ultimate (con il Boa), Air Ultimate (con i lacci) ed Exceed.

«Perché i lacci? Non ci crederete ma le scarpe risultano essere più aerodinamiche. E non di poco, secondo alcuni test in pista sono emersi vantaggi fino a 4 watt».

Come dicevamo Nimbl ormai è presa totalmente in questo progetto. Dopo l’accordo c’è stato un grande riassetto aziendale, grazie al quale si prevede di raddoppiare la produzione, migliorare ulteriormente il sistema per il serraggio delle tacchette e lanciare nuovi modelli. In arrivo infatti ci sono un modello full carbon, uno special edition per il Tour e anche uno gravel.

Le indicazioni dei corridori sono annotate su un’App
Le indicazioni dei corridori sono annotate su un’App

Feedback preziosi

La cosa bella è che i corridori sono rimasti piacevolmente colpiti da questo nuovo modo di lavorare, questa personalizzazione così certosina. Uno di questi è stato Primoz Roglic, che ha tempestato di domande per oltre mezz’ora i tecnici di Nimbl (foto di apertura). Il lavoro a stretto confronto fa alzare l’asticella da entrambe le parti.

Un esempio di alcune domande? Si dice che il carbonio non aiuti molto a refrigerare il piede e vedendo così tanto carbonio gli stessi corridori hanno posto la questione a Sergio e colleghi.

«E’ una domanda che ci hanno fatto in parecchi – ha detto Sergio – noi abbiamo risposto che tra coloro che l’hanno utilizzata nei 40°C del Tour de France nessuno si era lamentato. Era ben più calda la suola in plastica di qualche tempo fa. Se ricordate c’erano corridori come Cipollini che con il trapano andavano a forare le suole. In ogni caso è un aspetto che abbiamo preso in considerazione e che non trascureremo».

UDOG rafforza l’organico con due importanti “new entry”

26.11.2022
3 min
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Il brand italiano UDOG, produttore di scarpe ed accessori per il ciclismo, ha recentemente inserito in organico due nuove figure professionali decisamente “chiave” per poter proseguire spedito nel proprio percorso di crescita sui mercati. Nello specifico, si tratta di Luc Hall, nuovo direttore vendite (nella foto di apertura), e Francesca Pozzobon, già operativa nel fondamentale ruolo di “content manager”.

Luc Hall – ex professionista al Team Wiggins – arriva a UDOG direttamente dalla filiale inglese di Pinarello: contesto nel quale ha ricoperto la prestigiosa carica di brand manager.

Il modello Tensione nella colorazione Artic White
Il modello Tensione nella colorazione Artic White

«Sono estremamente lieto – ha commentato Alberto Fonte, fondatore e CEO di UDOG – di dare il benvenuto a Luc Hall nella famiglia di UDOG. Negli ultimi anni Luc ha maturato una grande esperienza nel settore del ciclismo, ed il suo inserimento all’interno della nostra giovane famiglia è estremamente focalizzato sull’ampliamento della rete distributiva».

«UDOG è più di un marchio – ha ribattuto Luc Hall – avendolo sin da subito considerato un progetto al quale oggi sono davvero entusiasta di potermi unire. Quella che andrò ad affrontare con UDOG sarà un’incredibile opportunità per espandere la mia esperienza a livello internazionale: non vedo davvero l’ora di guardare al futuro con UDOG!».

Alberto Fonte, fondatore e CEO di UDOG
Alberto Fonte, fondatore e CEO di UDOG

Si gioca di squadra

Il progetto UDOG nasce nel 2021 in Veneto da ciclisti estremamente appassionati e motivati da una “mission” ben precisa: creare calzature per il ciclismo “intelligenti” e capaci di migliorare la propria esperienza in bici. I modelli in gamma sono oggi due: Cima e Tensione.

Autentico “motore” dell’iniziativa è Alberto Fonte, precedentemente brand manager di fi’zi:k e poi direttore vendite e marketing sia di Pinarello quanto di Kask. Ciclista competitivo da tutta la vita, con un amore spassionato per lo sport in tutte le sue discipline, dopo quindici anni di lavoro presso alcuni dei marchi più iconici del ciclismo, Alberto, insieme all’amico ed ex business manager di fi’zi:k e Crankbrothers Antonio Gerolimetto, decide appena due anni fa di creare questo nuovo brand: un marchio che è l’abbreviativo del termine Underdog, un’espressione sportiva che identifica un atleta in competizione dato per sfavorito ma in grado di catturare la passione dei fan. L’Underdog cerca di dimostrare che, con una spinta al successo, e un duro lavoro, chiunque può sorprenderci e vincere, chiunque può raggiungere i propri obiettivi: così nel ciclismo quanto nella vita.

UDOG