Tour: sprinter e scalatori puri a rischio estinzione? Parla Bramati

09.08.2025
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Poche tappe per velocisti e scalatori puri in difficoltà con i big. L’ultimo Tour de France è stato un bel crocevia per sprinter e grimpeur puri. Una volta c’erano dieci giorni di “piattoni” e la Grande Boucle diventava il festival dei velocisti, ma forse era anche troppo. Oggi invece nei percorsi si inseriscono difficoltà, strappi, pavé. Pensiamo alle prime tappe già con le sfide fra Pogacar e Van der Poel o le fughe di Healey. Per contro, corridori Lenny Martinez e Valentin Paret-Peintre, bravissimi in salita, hanno dovuto anticipare per non essere schiacciati dagli uomini di classifica. Ci chiediamo perciò che futuro ci sia al Tour per queste due tipologie di ciclisti.

Per questo ragionamento abbiamo coinvolto Davide Bramati, direttore sportivo della Soudal-Quick Step. Il “Brama” aveva in corsa sia il velocista puro, Tim Merlier, e lo scalatore Paret-Peintre. Proprio i quei giorni Thierry Gouvenou, responsabile per ASO dei tracciati, per esempio aveva detto che per motivi di share televisivo e di attenzione si sta pensando di eliminare o limitare al massimo le tappe piatte.

Davide Bramati (qui al microfono di Jens Voigt) è direttore sportivo della Soudal dal 2010
Bramati (qui al microfono di Jens Voigt) è direttore sportivo della Soudal dal 2010
Davide, dunque, come vedi il futuro per queste due categorie così particolari e specifiche?

Il giorno che Gouvenou ha rilasciato quell’intervista c’era stata una tappa anomala con tanto vento contro e quindi meno bagarre. In più le tappe precedenti erano state affrontate ad alta velocità e ci stava un giorno di “relax”, però secondo me le tappe in volata e i velocisti ci saranno sempre. I velocisti sono parte del ciclismo e della sua storia. Magari si faranno delle volate con finali diversi o con qualche strappo, perché alla fine magari guarderanno anche la sicurezza al fine di arrivare con gruppi meno numerosi o più allungati. Però è giusto avere delle volate anche nei Grandi Giri, non puoi fare secondo me tre settimane impegnative.

Però è anche vero che c’è un importante incremento delle salite, tante volte ormai si arriva in volata dopo 2.000-2.500 metri di dislivello: cambierà negli anni il fisico del velocista? Sarà un po’ meno da 2.000 watt e un filo più scalatore?

Sicuramente il velocista dovrà essere sempre più pronto anche a passare certe salite. Penso per esempio alla seconda tappa che ha vinto Milan: non era un percorso facile. Eravamo sui 2.000 metri, forse le salite erano un po’ lontane dall’arrivo, però sicuramente il velocista ha faticato. E infatti si erano staccati. Di certo in futuro lo sprinter dovrà adeguarsi se i percorsi saranno sempre più duri: non dovrà solo mantenere l’esplosività, la velocità, ma dovrà anche migliorare in salita.

Chiaro…

Però torno indietro, ma non penso che cambierà tanto, almeno spero. In un Grande Giro i metri di dislivello sono già veramente tanti, metterne ancora più per avere meno volate, mi sembra portare il nostro sport su altre vie. E’ già molto duro, è sempre più duro e nonostante tutto le velocità che si stanno facendo sono pazzesche.

Prendiamo il tuo Merlier, per esempio, ci lavori da anni ormai: hai notato una sua trasformazione?

Tim in questi ultimi due anni è migliorato in salita e non ha perso la sua esplosività, la sua velocità. L’anno scorso ha vinto la tappa di Roma al Giro d’Italia, quindi l’ultima, superando le grandi montagne, quest’anno ha finito il Tour de France… In questi ultimi due anni lo vedo migliorato in salita senza aver perso il suo spunto.

Nel tempo anche i velocisti puri saranno destinati a dover tenere di più in salita. Qui Merlier contro Milan
Nel tempo anche i velocisti puri saranno destinati a dover tenere di più in salita. Qui Merlier contro Milan
C’è stata una tappa dell’ultimo Tour in cui Tim non è riuscito a tenere per giocarsi la volata?

Sì, ma non per questioni di dislivello. Penso alla prima vittoria di Milan. Quel giorno Merlier forò a 10 chilometri dall’arrivo e con le velocità di adesso paghi dazio. Ha cambiato bici, è rientrato però aveva speso troppo. C’erano questi ultimi tre chilometri in cui si girava a destra, la strada saliva, c’era una rotonda, da lì scendevi a tutta velocità e poi altre due rotonde prima dell’ultimo chilometro in leggera salita. Lì, ai 500-600 metri dall’arrivo, ha pagato lo sforzo per tornare in posizione per poter disputare lo sprint.

Passiamo agli scalatori. Voi in Soudal-Quick Step siete stati bravi nella gestione Paret-Peintre. Però viene da chiedersi se uno scalatore potrà mai tornare a fare classifica al Tour de France…

Sono convinto che in questo ciclismo se uno scalatore puro decide di non fare classifica è meglio. Voi avete nominato Martinez e Valentin, emblema di questa categoria. Noi non siamo mai partiti con l’idea di puntare alla maglia a pois, tutti eravamo venuti con un altro obiettivo che ben sapete (fare classifica con Remco Evenepoel, ndr) e di conseguenza i piani sono cambiati. Il giorno del Ventoux entrare nella fuga era importante e non facile: erano già state fatte le prime due ore a 52-53 all’ora. Per uno del suo peso era importante avere dei compagni vicino come di fatto è accaduto. Penso che per un vero scalatore l’obiettivo dipenda soprattutto da ciò che vuole la squadra.

Cioè?

Penso all’aiuto nel tenere la posizione: se è lui che deve essere aiutato o se deve aiutare. Se può riposarsi nelle tappe di pianura oppure se deve tenere. E torniamo al discorso del fare classifica o no. Per me è meglio che sia libero e punti alle tappe. Oggi se sei nei primi dieci della classifica e vai in fuga non è facile che ti lascino andare. Se sei al ventesimo posto è più facile.

Nella tappa del Ventoux. le prime due ore sono state corse a velocità supersoniche. Gli scalatori puri erano in difficoltà
Nella tappa del Ventoux. le prime due ore sono state corse a velocità supersoniche. Gli scalatori puri erano in difficoltà
Quindi anche per il futuro sarà un po’ destinato o a tirare per un vero big o a uscire di classifica?

Non è detto, non è facile rispondere: alla fine quanti scalatori puri c’erano davvero in gruppo al Tour? Restiamo sempre a quei due nomi. Nella tappa del Ventoux, come detto, hanno fatto le prime due ore in pianura ad oltre 50 di media e non è così scontato che atleti con quelle caratteristiche restino in gruppo. Al Tour tutte le tappe sono state fatte a velocità folli e sicuramente loro spendono di più di un corridore-scalatore di 60-63 chili, questa è la differenza. Però sicuramente sono corridori che quando la strada sale si vede che hanno ancora qualcosa in più. Nel caso di Martinez e Paret-Peintre sono ancora giovani, bisogna aspettare per giudicare.

Quindi secondo te in chiave futura al Tour de France chi è più a rischio: lo sprinter o lo scalatore puro?

E’ una domanda a trabocchetto e non è facile poter rispondere. Ad oggi io terrei il ciclismo esattamente com’è, perché è veramente un ciclismo spettacolare, corso ad alti livelli. Bisognerà capire cosa succederà fra qualche anno quando non ci saranno più questi tre-quattro dominatori assoluti. Magari si apriranno altri scenari. Io credo che certe frazioni piatte e certi corridori ci saranno sempre, sono parte del ciclismo.

E gli scalatori? Passeranno ancora gli scalatori da 50-55 chili, i Pozzovivo della situazione?

Dipenderà da quel che vogliono le squadre. Però dipende anche dal corridore. Valentin per esempio nonostante i suoi 52 chili a Parigi, sotto quell’acqua e sul pavé, è arrivato diciassettesimo: non è poco su quel percorso per uno come lui. Quindi in qualche modo sa essere competitivo anche su altri terreni.

L’erede di Pozzovivo… secondo Pozzovivo

02.02.2025
5 min
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Chi sarà l’erede di Domenico Pozzovivo? Diciamo che la foto di apertura un bell’indizio ve lo ha dato! Parliamo di scalatori, ovviamente, quei ciclisti dal fisico minuto, dal grande rapporto potenza/peso e da un’attitudine innata alle salite. Nell’attuale ciclismo, dove gli scalatori puri si vedono sempre meno, esiste qualcuno che possa raccogliere la sua eredità? Un ciclista che per caratteristiche fisiche e tecniche possa avvicinarsi al lucano?

Lo abbiamo chiesto direttamente a Domenico. Con i suoi 165 centimetri per 53 chili e vent’anni di carriera da professionista, Pozzovivo è stato un grimpeur amato ovunque. Il tifo sulle strade del Giro d’Italia, ma non solo, lo ha dimostrato.

Domenico Pozzovivo (classe 1982) ha disputato l’ultimo Giro nel 2024. Quanto calore per lui
Pozzovivo (classe 1982) ha disputato l’ultimo Giro nel 2024. Quanto calore per lui
Domenico, chi può essere il tuo erede per misure, mentalità e modo di affrontare la salita? Tu eri uno scalatore puro, puro e non è facile trovarne come te…

Eh già, ma penso che sia anche una fortuna per loro! Assomigliarmi solo in parte può essere un vantaggio, oggi gli scalatori devono avere anche altre caratteristiche. Poi dire a un giovane che deve fare vent’anni di carriera come la mia è una grande responsabilità. Se ci limitiamo a parametri semplici come altezza e peso, Matteo Fabbro sembrava il più tagliato per questa successione. Ho pedalato vicino a lui e vedevo come affrontava le salite, il tipo di rapporti che spingeva. Ma non c’è solo lui…

Sulla spalla di chi altro appoggi la lama della spada?

Senza andare troppo lontano, nella mia regione c’è Alessandro Verre. Anche lui mi somiglia parecchio rispetto ai parametri fisici (e anche nella meticolosità, ndr). Con la differenza che Alessandro ha anche uno spunto più esplosivo rispetto a me, venendo anche dal ciclocross. Si alza un po’ di più sui pedali. Le misure antropometriche sono simili alle mie e potrebbe davvero essere uno scalatore puro di alto livello. Deve insistere e continuare a lavorare.

Tra i suoi eredi il lucano vedeva anche Fabbro (167 cm per 52 kg). Il friulano però ad oggi è senza team
Tra i suoi eredi il lucano vedeva anche Fabbro (167 cm per 52 kg). Il friulano però ad oggi è senza team
Lo scalatore puro è una figura che sta scomparendo?

Pochi anni fa c’è stata l’ondata dei colombiani che aveva riportato in auge questo tipo di corridori. Se dovessi dire chi mi assomigliava di più, tra loro ce n’erano tantissimi. Il loro modo di pedalare e di affrontare le salite era davvero simile al mio. Adesso però ci sono meno talenti emergenti dal Sud America e lo scalatore puro sembra in disuso.

Chiaro…

Oggi si cerca un corridore più completo, che possa difendersi in uno sprint ristretto e che a cronometro non perda minuti. Il ciclismo attuale vuole atleti in grado di gestire meglio tutte le situazioni di gara, anche se questo significa rinunciare allo scalatore puro.

Essere scalatori non è solo una questione di fisico, ma anche di mentalità?

Assolutamente. Anche adesso che ho smesso di correre, se esco in bici faccio sempre almeno 400-500 metri di dislivello all’ora. Ci sono corridori che possono tranquillamente fare un giro del lago di Como, per dire, senza nemmeno arrivare a 1.000 metri di dislivello. Io non ci riuscirei, dovrei impormelo. Questo è già un segnale chiaro della differenza tra chi ha mentalità da scalatore e chi no.

Verre (169 cm per 59 kg) è cresciuto nel mito di Pozzovivo: questa investitura ad erede sembra un segno del destino
Verre (169 cm per 59 kg) è cresciuto nel mito di Pozzovivo: questa investitura ad erede sembra un segno del destino
Una volta gli scalatori limavano le viti, foravano il manubrio per risparmiare grammi…

Oggi se c’è qualcuno che in gruppo controlla ossessivamente il peso della bici e dei componenti è quasi sempre uno scalatore, perché ogni grammo fa la differenza. E oltre certi limiti pochi etti possono davvero incidere, perché in percentuale quei grammi rispetto ad un passita di 80 chili contano di più.

Hai citato Fabbro e Verre, ma ci sono altri giovani italiani o stranieri che vedi come possibili eredi?

Restando in Italia, ci sono scalatori forti, ma pochi con la mia taglia e puri. Pellizzari e Piganzoli, ad esempio, hanno una grande attitudine alla salita, ma sono più completi. Mentre tra gli stranieri, l’anno scorso mi ha colpito Van Eetvelt, piccolo e ben tagliato per le salite. Ha già fatto vedere ottime cose e ha più esplosività di me. Il suo modo di pedalare anche è simile al mio.

A proposito del modo di pedalare in salita: questo sta cambiando?

Sì, e cambierà sempre di più. L’accorciamento delle pedivelle e le nuove scelte biomeccaniche portano anche lo scalatore puro a modificare il proprio stile. I corridori più alti e longilinei hanno trovato grandi vantaggi con i nuovi rapporti e una cadenza più alta, ma anche per lo scalatore puro ci sono miglioramenti. Io ho il rimpianto di aver scoperto queste filosofie biomeccaniche solo a fine carriera, senza poterci lavorare molto. Aumentare la cadenza aiuta a essere più freschi nel finale.

Giro 2022, la corsa rosa passa sulle strade di Verre e Pozzovivo
Giro 2022, la corsa rosa passa sulle strade di Verre e Pozzovivo
Torniamo a Verre, che consiglio daresti a Verre per crescere come scalatore?

Deve trovare la sua dimensione nei grandi Giri. Sono le lunghe salite della terza settimana a dare valore a uno scalatore. E attenzione: non è vero che la salita piaccia sempre a uno scalatore. Anche questa figura, a volte, ne ha abbastanza. E andare forte su quelle salite ti consacra come grande scalatore.

Qual è la salita iconica della tua zona che Verre dovrebbe affrontare più spesso?

Monte Viggiano. Fu affrontata anche al Giro d’Italia nella tappa di Potenza. Per l’occasione venne asfaltata, prima era una salita da capre, sia per le pendenze che per il fondo stradale. Ora è piacevole. Alessandro dovrà farsi una bella mangiata di Monte Viggiano per diventare ancora più forte.

Scalatori ai raggi X: quali team hanno rinforzato i treni per la salita?

08.12.2024
7 min
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Il ciclomercato di quest’anno è stato particolare. Al netto dell’ultima “bomba” di mercato, riguardante il passaggio di Tom Pidcock dalla Ineos Grenadiers alla Q36.5, non ci sono stati enormi cambiamenti. O meglio, i cambiamenti ci sono stati ma sono stati concentrati in poche squadre. L’Astana-Qazaqstan per esempio ha subito una rifondazione, mentre un gran via vai ha interessato anche la EF Pro Cycling e la Soudal-Quick Step. In questa giostra, vogliamo concentrarci soprattutto su ciò che riguarda gli scalatori.

Quale team si è rinforzato di più? Qual è la squadra con il miglior treno in vista del 2025? Gli equilibri cambieranno o vedremo ancora la UAE Emirates dominare anche in salita? Non solo con Pogacar? Passiamo quindi in rassegna i team che hanno importanti uomini di classifica.

Per la UAE una scelta vasta di scalatori: dai grimpeur puri ai passisti scalatori. Alti, bassi, altissimi… davvero sembrano inattaccabili
Per la UAE una scelta vasta di scalatori: dai grimpeur puri ai passisti scalatori. Alti, bassi, altissimi… davvero sembrano inattaccabili

UAE ancora più forte?

La risposta all’ultima domanda è: molto probabilmente sì. La prima squadra al mondo non aveva bisogno di rafforzarsi quando la strada sale, eppure ci è riuscita. Come? Con il passaggio dal proprio devo team di Pablo Torres. Ora, con ogni probabilità, non vedremo Torres impegnato nei Grandi Giri o a fare l’ultimo uomo per Pogacar sulle salite del Giro o del Tour, ma è uno scalatore in più a disposizione dei tecnici UAE.

Ecco la rosa per la salita: Almeida, Del Toro, Torres, Majka, Ayuso, Christen, Grosschartner, McNulty, Sivakov, Vine, Soler e Adam Yates. Senza contare il giovane Arrieta, Novak e sua maestà Pogacar. In pratica, si potrebbero comporre tre formazioni distinte per altrettanti Grandi Giri, con più di un leader! Saranno quindi ancora loro i più forti? C’è da scommetterci.

Se parliamo di climber: è lui, Simon Yates, il pezzo forte del mercato di quest’anno
Se parliamo di climber: è lui, Simon Yates, il pezzo forte del mercato di quest’anno

Il gemello alla Visma

Ma per una UAE che lotta per mantenere alto lo scettro anche in salita, gli storici rivali della Visma-Lease a Bike rispondono con quello che, in termini di scalatori, è il vero colpo di mercato: l’acquisto di Simon Yates.

Con Vingegaard al 100 per cento, ma anche Van Aert, che non è uno scalatore ma va forte in salita, l’arrivo di Yates può dare un grande impulso ai gialloneri. Può essere l’uomo che fa la differenza nel momento di un attacco importante. Simon Yates potrebbe essere l’Adam Yates della situazione.
Oltre a questi tre nomi, gli scalatori di mister Plugge sono: il giovanissimo Nordhagen, Jorgenson, Valter, Uijtdebroeks e l’immenso Kuss. Saluta invece Bouwman.

Cresce bene anche il gruppo di scalatori per Remco: ottimo innesto quello del francese Valentin Paret-Peintre
Cresce bene anche il gruppo di scalatori per Remco: ottimo innesto quello del francese Valentin Paret-Peintre

Alla corte di Remco

Ecco poi la Soudal-Quick Step, che a nostro avviso, è la squadra che si è più rinforzata per quel che riguarda la salita. Non che sia ora la più forte, ma potrebbe aver ridotto il gap di parecchio. Ogni anno sembra che Evenepoel debba lasciare il team, ma poi arrivano sempre nuovi rinforzi. Dopo Landa, arrivato l’anno scorso, nel 2025 per dare manforte a Remco potrebbero essere schierati anche Garofoli, Valentin Paret-Peintre e Schachmann.

Oltre a loro, il treno Soudal-Quick Step per la salita vede capitan Cattaneo, Knox, Vansevenant e Van Wilder. Come i due precedenti team, ora anche Remco ha un treno più solido, anche se ha perso un uomo di esperienza (e di valore) come Hirt.

Dopo quello della UAE probabilmente il treno della Reb Bull di Roglic è il più forte, per nomi e numero di scalatori
Dopo quello della UAE probabilmente il treno della Reb Bull di Roglic è il più forte, per nomi e numero di scalatori

Tutti per Primoz

La Red Bull-Bora Hansgrhoe merita un discorso a parte in fatto di scalatori. Lo scorso anno, nel complesso, erano fortissimi: tolto Pogacar, in quanto a numero e qualità di scalatori, se la sarebbero giocata con la UAE. Quest’anno, però, si sono rinforzati più in altri settori e meno in salita.

Sono andati via Jungels, Buchmann, Schachmann, Kamna, Higuita, Palzer. E non sono nomi da poco. Certo, è arrivata una stellina alla quale, da italiani, siamo affezionati: Giulio Pellizzari.

Tuttavia, il gruppo scalatori del “Toro rosso” resta forte, anzi stellare: Roglic, Aleotti, Vlasov, Dani Martinez, Lipowitz e Hindley. Gasparotto e colleghi potranno dormire sonni tranquilli quando la strada sale. Gente come Hindley, Vlasov o Martinez potrà fare sia il passo che la sparata alla Adam Yates per l’attacco finale, o un gioco di squadra a due.

Giro 2023: Zana al lavoro per Dunbar, parte del treno Jayco è ben collaudato
Giro 2023: Zana al lavoro per Dunbar, parte del treno Jayco è ben collaudato

Jayco per O’Connor

È vero, loro hanno perso Simon Yates, ma hanno acquisito Ben O’Connor, sul podio della Vuelta e del mondiale. L’australiano si sente sempre più leader, alla Jayco-AlUla lo sanno bene, quindi lo sosterrà al meglio. Al suo fianco, ci saranno anche Bouwman e Double.

Questi tre atleti si uniscono a un pacchetto di scalatori già più che solido: Zana, Dunbar, Harper e De Marchi, che sa svolgere ottimamente il ruolo di gregario in salita quando serve. Certo, su carta pagano qualcosa rispetto a UAE e Red Bull, ma va detto che l’età media è piuttosto bassa e quindi ci si potrà lavorare.

Tolto Carlos Rodriguez, oggi lo scalatore più forte in casa Ineos è Arensman
Tolto Carlos Rodriguez, oggi lo scalatore più forte in casa Ineos è Arensman

Casa Ineos

E veniamo all’ex colosso del WorldTour. La squadra di Sir Brailsford sta vivendo una grande era di transizione. Senza più Pidcock, la stella su cui puntare è sempre Carlos Rodriguez. Lo spagnolo, seppur giovane, ha già mostrato la sua solidità.

Chi potrà aiutarlo l’anno prossimo? Nel complesso, la qualità dei corridori Ineos resta alta, anche per quanto riguarda gli scalatori. A dare loro manforte è arrivato Jungels, ma bisognerà vedere a che livello correrà. Per ora, le certezze in salita sono: Rodriguez, Arensman, De Plus, Thomas, Rivera e appunto Jungels. In più, ci sarebbe un asso nella manica, Egan Bernal, ma bisognerà vedere il suo livello. Un tempo anche Kwiatkowski tirava forte in salita, ma c’erano ben altri leader. L’intero ambiente era diverso. Di certo, rispetto a Red Bull-Bora Hansgrohe, UAE Emirates e Visma-Lease a Bike, Ineos paga qualcosa.

Zambanini e Tiberi, due vagoni del treno da salita della Bahrain-Victorious… che si rafforza con Lenny Martinez
Zambanini e Tiberi, due vagoni del treno da salita della Bahrain-Victorious… che si rafforza con Lenny Martinez

Bahrain d’assalto?

Altro team che può vantare un buon ventaglio di scalatori è la Bahrain-Victorious. Al loro arco si è aggiunta una freccia proprio quando il bersaglio è la salita: parliamo di Lenny Martinez. Il francese ha un’enorme voglia di mettersi in mostra, e in questa squadra potrà davvero trovare spazio. Con Antonio Tiberi, potrebbero formare una coppia interessante per il futuro.

Ecco quindi il treno di scalatori firmato Bahrain: Tiberi, Martinez, Buitrago, Pello Bilbao, Haig, Zambanini e capitan Caruso. Hanno perso un vagone importante, come Wout Poels, ma restano competitivi. Soprattutto, la gestione di Tiberi e Lenny Martinez risulta interessante. Sarà difficile vderli insieme però, perché è facile ipotizzare che uno correrà al Giro d’Italia e l’altro al Tour. Se però, in qualche corsa, riuscissero a lavorare insieme, la qualità del Bahrain in salita salirebbe di molto. E lo farebbero non tanto per il passo, ma perché due come loro possono attaccare. Pensiamo anche a Buitrago in tal senso.

La Israel-Premier Tech non ha un super leader ma ha tanti buoni scalatori. In maglia di campione canadese, Woods
La Israel-Premier Tech non ha un super leader ma ha tanti buoni scalatori. In maglia di campione canadese, Woods

Occhio alla Israel

E poi ci sono gli altri team, che hanno ottimi scalatori, ma non capitani che possono puntare troppo in alto nelle classifiche generali dei grandi Giri. Pensiamo alla Movistar di Enric Mas, per esempio, da sempre squadra votata alla salita: lì ci sono Mas, Formolo, Quintana, Pedrero, Rubio, Sanchez, ma raramente li abbiamo visti lavorare in modo corale.


Una corazzata che avrebbe anche uomini di classifica, ma non è super attrezzata per la salita (almeno non in modo specifico), è la Lidl-Trek. Ci spieghiamo: Ciccone va forte e lo stesso (si spera) per Tao Geoghegan Hart, ma poi i vari Oomen, Verona, Mollema, Skjellmose… è gente che va forte anche in salita, ma non sono scalatori puri. Magari sbaglieremo, ma facciamo fatica a vederli lavorare come un treno sui grandi valichi. Da segnalare però in positivo l’arrivo di Kamna, anche lui un atleta forte su più terreni.

Infine, l’Astana-Qazaqstan, la EF Pro Cycling e forse ancora di più la Israel-Premier Tech hanno molti scalatori. Ma saranno in grado di lavorare come un vero treno? E soprattutto, per quale leader? Tuttavia per la squadra israeliana, una piccola finestra la lasciamo aperta. Le presenze di Gee e Riccitiello, dato il grande progresso, potrebbero stimolare un buon treno in salita. In quel caso, gli scalatori non mancherebbero: Hirt, Frigo, Fuglsang, Lutsenko, Bennett. La qualità c’è, ma spesso è più di rimessa che per un’azione corale vera e propria.

Scalatori merce rara. Ma la Colpack ne fa incetta

21.11.2022
4 min
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Scalatori no, scalatori sì. Come la mettiamo con questa figura sempre più particolare nel ciclismo? Da sempre lo scalatore è colui che con le sue imprese in montagna ha esaltato le masse, ma c’è ancora? Giovanni Visconti qualche giorno fa ha espresso qualche (lecito) dubbio sul futuro del corridore da 55 chili.

E in effetti le imprese in salita restano, ma cambiano gli interpreti. Prendiamo Alessandro Covi. Il Puma di Taino si è mangiato la Marmolada e gli altri passi dolomitici, ma non è certo uno scalatore.  O al contrario prendiamo chi, come la Colpack Ballan Csb invece ha deciso di puntarci.

Ne parliamo con Antonio Bevilacqua manager e storico direttore sportivo dello squadrone bergamasco.

Antonio Bevilacqua, Francesco Rosa, Mercatale 2015 (foto Scanferla)
Antonio Bevilacqua è una colonna portante del gruppo di patron Colleoni (foto Scanferla)
Antonio Bevilacqua, Francesco Rosa, Mercatale 2015 (foto Scanferla)
Antonio Bevilacqua è una colonna portante del gruppo di patron Colleoni (foto Scanferla)
Il mondo va in una direzione e Colpack in un’altra! Scherzi a parte, la volta scorsa Gianluca Valoti ci aveva detto che 4 dei 6 nuovi arrivati dagli juniores erano degli scalatori. Come mai questa scelta?

Perché fa parte della nostra storia e della nostra politica. Abbiamo sempre voluto avere in squadra degli scalatori. Vedi Masnada, Ciccone e non ultimi Ayuso e Verre.

Però di corse adatte a questo profilo sembrano essercene sempre meno…

In Italia in effetti sono poche. A parte il Palio del Recioto, che è davvero duro, e alcune tappe del Giro under 23, non ci sono percorsi davvero per scalatori. Anche per questo penso che servirebbero gare più dure. Affrontare grandi salite serve ai ragazzi poi quando passano.

Beh, per esempio c’è la Bassano-Montegrappa…

Sì, ma è una. Le corse stanno cambiando. Lo scorso anno l’abbiamo vinta noi con Luca Rastelli, che però non è uno scalatore. E poi è una corsa di un giorno. Le salite vere alla fine le fanno al Giro under 23 e al Valle d’Aosta, almeno in Italia. Poi ci sono meno scalatori perché i team preferiscono il velocista per andare alla ricerca del numero di vittorie, ma non è il nostro obiettivo, la nostra filosofia.

Nespoli è uno dei giovani scalatori che ha ingaggiato la Colpack. Eccolo vincere a Gussago (foto Rodella)
Nespoli è uno dei giovani scalatori che ha ingaggiato la Colpack. Eccolo vincere a Gussago (foto Rodella)
In apertura si è accennato ai ragazzini scalatori che avete preso. Cosa ci dici di loro?

Abbiamo sei atleti di primo anno: Diego Bracalente, Lorenzo Nespoli, Leonardo Volpato, Pavel Novack, Nicolas Milesi e Gabriele Casalini. Anche se gli ultimi due non sono scalatori. Bracalente è un marchigiano e in salita ha mostrato dei bei numeri. Nespoli è un lombardo che ha vinto un paio di cronoscalate. Novack è un ceco che ha vinto la Strade Bianche e in salita ha fatto molto bene lo scorso anno. E Casalini anche ha mostrato ottimi dati.

Quando diciamo che questi ragazzi sono scalatori di che peso parliamo? 

Bracalente che è il più leggero è sui 60 chili. Nespoli ne fa già 65.

Allora anche voi non avete lo scalatore puro, puro da 55 chili…

No. Non si trovano più. O magari ci sono, ma andrebbero cercati diversamente. Oggi i ragazzi sono sempre più “fisicati”.

E come mai secondo te “andrebbero cercati”? Se fosse una figura ancora super presente “si troverebbero da soli”…

Io credo che un po’ sia dovuto ai percorsi che come abbiamo detto non presentano grandi salite. E un po’ perché tutto è diverso, si va poi forte. Anche i materiali, sono diversi… Le velocità più alte consentono a chi è più potente di andare meglio. Lo scalatore magari oggi, con le velocità che ci sono, arriva sotto la salita stanco e non riesce ad emergere, a dimostrare le sue caratteristiche. 

Josè Rujano è stato l’esempio massimo dello scalatore vecchio stile (piccolo e sui 50 chili). L’ultimo baluardo è Pozzovivo
Josè Rujano è stato l’esempio massimo dello scalatore vecchio stile (piccolo e sui 50 chili). L’ultimo baluardo è Pozzovivo
Quindi ha ragione Visconti: scalatore puro addio?

Ripeto, bisognerebbe trovarli. E avere anche più pazienza. Magari essendo così piccoli non andrebbero forte al primo anno e forse neanche al secondo. Ma non è facile oggi fare questo discorso. Restano poco. Si ragiona sui numeri dei test. Passano pro’ da juniores e tu non ci puoi lavorare. Prendiamo l’esempio del canadese Leonard. Lo ha preso la Ineos-Grenadiers dopo aver visto i suoi numeri. Tutti cercano il fenomeno, ma di Ayuso ce n’è uno.

Voi allora perché avete preso degli scalatori?

Perché ci crediamo. Anche noi abbiamo visto i test e sappiamo che questi atleti più leggeri hanno comunque dei buoni numeri e poi perché vogliamo fare bene nelle corse a tappe. Vogliamo aiutarli a tirare fuori queste loro caratteristiche.

In tanti anni di direttore sportivo qual è stato lo scalatore più scalatore che ricordi tra le tue mani?

Stefano Locatelli – ribatte secco Bevilacqua – in salita andava davvero forte. Solo che poi aveva altre lacune, come la discesa. Ricordo che Reverberi mi disse: «Io non ho mai visto un corridore appena passato andare così forte in salita». Al Giro dell’Appennino per esempio staccò tutti, ma poi in discesa cadde. E devo dire che anche Ciccone era un gran bello scalatore.

Scalatori puri in via di estinzione? Un fatto di preparazione

26.06.2022
5 min
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Come si fa sempre più dura i velocisti puri, anche per gli scalatori altrettanto puri non corrono tempi facilissimi. Da quel che ci disse Locatelli, circa lo sviluppo dei ragazzi qualche tempo fa, e da quello che ci hanno detto i direttori sportivi al Giro d’Italia U23, nell’inchiesta uscita ieri, di certo qualcosa si muove (in apertura Van Eetvelt, foto Isola Press).

Come nostra abitudine, abbiamo coinvolto due preparatori di estrazione diversa, sia per le epoche in cui hanno corso, sia per le caratteristiche fisiche che avevano. Stiamo parlando di Michele Bartoli e Alessandro Malaguti.

Michele Bartoli
Michele Bartoli (classe 1970) ha smesso di correre nel 2004, oggi è un preparatore
Michele Bartoli
Michele Bartoli (classe 1970) ha smesso di correre nel 2004, oggi è un preparatore

Bartoli sale in cattedra

«A mio avviso – dice Bartoli – la figura dello scalatore non sta sparendo, ma sta cambiando. Si sta evolvendo perché stanno cambiando le preparazioni. Oggi si hanno molte più informazioni, queste sono alla portata di tutti e tutti migliorano le performance. Vai a colmare i tuoi buchi, le tue lacune.

«Mi spiego. Ai miei tempi, il passista faceva il passista, il velocista faceva il velocista, anche in allenamento. Entrambi non dico che se ne fregavano della salita, ma quasi. Invece oggi tutti, dai velocisti agli scalatori, limano il peso, curano ogni zona del copro al 100%, fanno core stability e di conseguenze le prestazioni si appiattiscono, ma si appiattiscono in alto.

«Pantani, che è il simbolo dello scalatore, non credo si sia mai davvero allenato a crono. Oggi lo scalatore che punta alla classifica prende due volte a settimana la bici da crono e questo gli consente di andare forte anche su altri terreni. Anche il velocista cura la crono, specie se c’è un prologo in vista e a seguire tappe piatte dove vincendo può prendere la maglia di leader».

In pianura velocità sempre più alte: lo scalatore puro e leggero fa più fatica (foto Isola Press)
In pianura velocità sempre più alte: lo scalatore puro e leggero fa più fatica (foto Isola Press)

Passisti-scalatori avvantaggiati

Carlo Franceschi, il manager della Mastromarco Sensi Nibali, ci aveva detto che dovendo inseguire le vittorie, il ragazzino scalatore rischia di restare nascosto. E serve un buono scouting per non perderlo. E allora ci si chiede: alla lunga anche lo scalatore giovane sta cambiando?

«Per me – riprende Bartoli – cambia perché è una necessità generale. Ma ritorno al discorso di prima. Tu oggi sai che certi esercizi ti fanno andare forte, a prescindere da che tipo di corridore sei. Il core stabity per esempio ha inciso molto. Ai miei tempi io ogni tanto negli allenamenti invernali inserivo un po’ di leg press, ma tutto il resto… zero.

«Ne guadagna il passista scalatore? Sì, questa teoria ci può stare. Magari un Van Aert venti anni fa non ci sarebbe stato. Lo avrebbero fatto correre “solo” per il Fiandre e qualche corsa veloce e invece te lo ritrovi a crono, in volata, nelle classiche e sul Ventoux. Ha lavorato sulla percentuale di grasso corporeo, sulla resistenza aerobica ed ecco che ti può vincere anche una Tirreno».

«Questa cosa, forse perché l’avevo intuita già all’epoca, la dicevo a Petacchi, compagno di tanti allenamenti. Gli dicevo di non mollare dopo la Sanremo, di non curare solo le volate che con quel fisico, e qualche lavoro diverso, avrebbe potuto vincere un Fiandre».

Alessandro Malaguti (al centro) con i ragazzi della #inEmiliaRomagna: segue loro e alcuni professionisti
Alessandro Malaguti (al centro) con i ragazzi della #inEmiliaRomagna: segue loro e alcuni professionisti

Ecco Malaguti

Da Bartoli passiamo ad Alessandro Malaguti. La cosa sorprendente è che sostanzialmente il discorso non cambia: contano le nuove preparazioni.

«Se nel ciclismo moderno resiste ancora la figura dello scalatore puro? Rispondo “ni”, ma più no che sì. Semmai – dice il preparatore romagnolo – è cambiata la tipologia delle gare. Sono aumentate le velocità e il classico scalatore colombiano fa più fatica. Anche perché molto spesso oggi non sanno guidare bene la bici (prendono aria, non limano, ndr) e in questo modo faticano di più in pianura e arrivano più stanchi ai piedi della salita».

E quest’ultimo aspetto tutto sommato ce lo ha confermato anche ieri il piccolo Juan Carlos Lopez.

«Il secondo punto principale riguarda le tecniche di allenamento. Tutti si allenamento al massimo e tutti prima di essere ciclisti sono atleti. Queste sono anche le direttive della Fci. E alla fine vediamo che nel tappone del Fedaia arrivano ai 10 chilometri dall’arrivo in 50-60 corridori tutti insieme».

Evenepoel è piccolo di statura (170 centimetri) eppure spinge fortissimo anche sul passo
Evenepoel è piccolo di statura (170 centimetri) eppure spinge fortissimo anche sul passo

La statura non conta

Anche a Malaguti poniamo il discorso sui giovani, ai quali è richiesta una maturazione sempre più precoce. E lo scalatore che di base dovrebbe essere il più piccolo e meno sviluppato resta nell’ombra.

«Che il piccolo resti dietro perché è meno sviluppato ci può stare – dice Malaguti – ma non perché sia scalatore o meno. Semplicemente perché è indietro. Da un punto di vista meramente tecnico deve continuare a lavorare su tutti i fronti. In particolare mi riferisco al rapporto potenza/peso, che è quello che più di tutti conta.

«E in tal senso dico: non facciamoci ingannare dalla statura. Guardiamo Evenepoel. E’ piuttosto basso e l’altro giorno ha vinto il campionato nazionale a crono stracciando i suoi avversari. E lo stesso vale per il giovane Martinez».

Gli scalatori come scelgono le ruote ? Ce lo spiega Filippo Rinaldi

03.02.2022
4 min
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Dopo aver scoperto come scelgono i manubri i velocisti ci siamo chiesti: come sceglierà le ruote uno scalatore? Risponde Filippo Rinaldi, fondatore di Pippowheels, una voce di grande esperienza e di grandi conoscenze tecniche. La storia e lo studio dei prodotti negli anni hanno portato a determinate scelte, che come avremo modo di vedere, non sempre tendono all’efficienza o alla comodità.

Negli anni 90 e primi anni 2000 le ruote erano in alluminio e per alleggerire il peso si usavano profili minimi
Negli anni 90 e primi anni 2000 le ruote erano in alluminio e per alleggerire il peso si usavano profili minimi

Gli scalatori del passato

«C’è da fare una premessa fondamentale – ci dice Filippo Rinaldi – anni fa le ruote erano assemblate dai meccanici e quindi c’era una maggior possibilità di variazione. I raggi, per esempio, erano 20,24,28 o 32 ed il numero da montare sulla ruota era una scelta del corridore. Gli scalatori preferivano ruote da 20 raggi all’anteriore e di 24 al posteriore intrecciate in seconda. La scelta era dovuta al fatto che sulla ruota posteriore si scarica la potenza e quindi serve una ruota più rigida.

«Ora come ora il mercato non offre particolari scelte, le ruote vengono studiate ed assemblate in laboratorio. I corridori non possono più apportare modifiche, anche se hanno una vasta possibilità di scelta».

Molti scalatori tra cui Yates usano tubeless per questioni di marketing
Molti scalatori tra cui Yates usano tubeless per questioni di marketing
La scelta di base qual è?

Ovviamente la leggerezza, lo scalatore sceglie sempre la ruota più leggera. Gli aspetti che fanno maggiormente la differenza sono il cerchio e la scelta del copertoncino. Un risparmio di 15 grammi su questa parte della ruota incide tre volte di più rispetto ad elementi statici.

Partendo dal copertone, gli scalatori non usano il tubeless…

Esattamente, per il momento la tecnologia non offre un prodotto leggero come il tubolare, anche perché i cerchi del tubeless pesano di più e questo fa già la differenza.

Romain Bardet ruote nuove Shimano
Con l’avvento delle ruote in carbonio i corridori posso usare profili maggiori a parità di peso
Romain Bardet ruote nuove Shimano
Con l’avvento delle ruote in carbonio i corridori posso usare profili maggiori a parità di peso
Però i cerchi degli scalatori una volta erano con profili da 20 millimetri, ora sono da 50 millimetri.

E’ una questione di tecnologia e di sviluppo. Prima i cerchi erano in alluminio, una lega di peso maggiore rispetto al carbonio. Di conseguenza gli scalatori tendevano ad alleggerire il più possibile il cerchio. Il carbonio permette di creare prodotti con lo stesso peso e si sa che un cerchio più alto offre una maggiore efficienza aerodinamica, che nell’economia della corsa offre maggiori vantaggi.

Prima i copertoni erano anche da 19 millimetri, ora la tendenza è quella di usare quelli da 25.

Anche qui per un discorso di studio e sviluppo. Si è visto che il 25 millimetri offre un’ottima scorrevolezza in proporzione alle pressioni di gonfiaggio. Sono dell’idea che usando copertoni più larghi e di conseguenza cerchi più larghi e rigidi tra un po’ di tempo torneremo a vedere profili più bassi: 30-35 millimetri.

I freni a disco

Un altro grande cambiamento è avvenuto con i freni a disco, anche se in particolari occasioni qualcuno tende a non usarli. Al Giro di Lombardia, vinto da Pogacar, lo sloveno ha usato freni tradizionali, come nelle tappe più impegnative del Tour de France.

Carapaz (Ineos) e Pogacar (UAE Team Emirates) montano ruote con freni tradizionali mentre Vingegaard (Jumbo-Visma) usa i freni a disco
Carapaz (Ineos) e Pogacar (UAE) montano ruote con freni tradizionali mentre Vingegaard (Jumbo) usa i freni a disco

«Quella dei freni a disco è una scelta principalmente dettata dal mercato – continua Filippo – i pro’ sono la vetrina per sponsorizzare nuovi prodotti e quindi alcune squadre usano quel che il produttore vuole. Il team Jumbo-Visma aveva pubblicato uno studio nel quale diceva che il guadagno aerodinamico dei freni a disco era più importante di quello legato al peso dei freni tradizionali. Dichiarazione vera a metà, infatti Ineos e Pinarello, che sono più restii al passaggio, hanno sempre usato i freni tradizionali».

Il freno a disco ha cambiato il tipo di incrocio dei raggi?

Sì. Su ruote che montano freni a disco, i raggi hanno bisogno di una maggiore rigidità. Questo perché usando incroci in seconda e spostando il peso della frenata sul mozzo si aveva l’effetto, pinzando i freni, che il cerchio continuasse a girare. Si è dunque adoperato l’intreccio tangente, per avere una maggiore rigidità dei raggi e riuscire così a trasferire prontamente l’effetto della frenata su tutta la ruota.