L’arrivo di Jebel Hafeet al UAE Tour non ha fatto altro che confermarci la pressoché inattaccabilità di Tadej Pogacar. Lo sloveno in questo momento è su un altro pianeta. Forse solo i bestioni alla Van Aert o un Ganna potrebbero metterlo in difficoltà su percorsi estremamente veloci. Forse… E quindi dove si potrebbe attaccare?
Una situazione del genere scoraggerebbe chiunque. Anche il lottatore più tosto, il samurai della situazione. Persino El Diablo, il mitico Claudio Chiappucci potrebbe avere le sue difficoltà.
E sì che Chiappucci aveva a che fare con un certo... Miguel Indurain, che non era propriamente l’ultimo arrivato. Lo spagnolo dominava le crono e controllava in salita, dando la sensazione che, volendo, avrebbe potuto staccare tutti anche lì. E in qualche caso lo fece pure. Claudio lo attaccava sempre. Anche quando non ne aveva, anche quando sapeva che con grande probabilità si sarebbe schiantato contro un “muro”. A volte in quel muro aprì una crepa. Una crepa che in qualche occasione divenne crollo.
Claudio, come si attacca oggi Pogacar? Come lo attaccheresti tu?
E’ difficile dirlo adesso. Dovrei stargli di fianco, studiarlo, conoscerlo… Perché un conto è vederlo dalla tv e un conto dal vivo. Tadej dà l’impressione di poter fare quello che vuole. E anche tutta la squadra sembra ormai sulla sua rotta. Anche ieri ho visto che vanno forte tutti in UAE Team Emirates. Tirano, scattano e lavorano per lui. E quando è così non è facile.
Ci sono delle analogie tra Pogacar e Indurain?
Sono fortissimi entrambi! Scherzi a parte, è una situazione diversa. Miguel i numeri li aveva anche in salita, anche se non li mostrava. E aveva dalla sua le lunghe cronometro individuali che oggi non ci sono più. Mettetevi nei miei panni: due crono lunghe e un prologo, che era quasi come una crono attuale. Indurain partiva già con un bel distacco su tutti. Per me quindi era un istinto naturale dover attaccare.
E quindi lo attaccavi comunque…
E cosa potevo fare? Come detto, partivo da “tre tappe in meno”. Quando scattavo facevo una fatica immane, ma pensavo che anche gli altri la facevano e tante volte riuscivo a prendere terreno. Ho sempre pensato che la miglior difesa fosse l’attacco. Mi dicevo: vediamo che succede. Preferivo anticipare, metterli in difficoltà e soprattutto creare confusione per rompere schemi e strapotere delle squadre.
Questa sarebbe un’ottima strategia d’attacco: rompere lo strapotere delle squadre, il loro controllo e “aprire” la corsa. Ma è ancora possibile?
Mmm – esclama scettico Chiappucci – c’è troppa, troppa tecnologia. Le radioline, le tv in ammiraglia (più auto di assistenza lungo il percorso, ndr), i computerini coi watt… Il corridore è un automa. Così si limita l’istinto e non c’è l’atleta che emerge. Il corridore emerge quando è solo, quando va al di là della tattica impostata dalla squadra. Quando durante la corsa si inventa una soluzione, anche se non fa in tempo a parlare con compagni e il diesse. E poi c’è un’altra cosa.
Cosa?
Oggi le corse sono più brevi. Corse più brevi e squadre più organizzate: è davvero difficile fare la differenza. E’ difficile dire dove attaccare. Oggi ci sono 5-6 fenomeni. Davvero non sai come fare. Prendiamo Van Aert. Vince dappertutto: a crono, in salita, in volata, nel cross. E lo stesso Pogacar va forte a crono, nelle classiche… e pure nel cross. Tra l’altro fanno tanto tutto l’anno. E a me – Chiappucci si toglie un sassolino – rompevano le scatole perché dicevano che facevo troppo, che d’inverno facevo “persino” il ciclocross…
Prima, Diablo, hai parlato di crono. Se tornassero ad essere più lunghe ci sarebbe più spettacolo? Magari anche un Van Aert davvero potrebbe lottare per un grande Giro e attaccarlo…
Non so se le crono più lunghe aumenterebbero lo spettacolo, di certo qualcosa andrebbe cambiato. Almeno a me non appassiona molto questo ciclismo così tecnologico. Più che le crono lunghe toglierei gli auricolari. Sarò fuori coro, ma sono completamente lontani da me. Guardiamo il mondiale come cambia.
Come cambia?
Per me cambia la corsa. I corridori sono meno preparati all’imprevisto. Emergono gli istinti sul momento. E tutto può nascere senza averlo programmato. Il famoso tranello come l’attacco al rifornimento, il ventaglio… Lo potresti fare. Ma oggi come fai se c’è chi vede la corsa in tv dall’ammiraglia?
Pogacar quindi si attacca a sorpresa?
Esatto.
Il Diablo contro Pogacar farebbe un’imboscata quindi?
Potrebbe essere, sì. Di certo non aspetterei la salita per attaccare. Cercherei di farlo su percorsi mossi, vari, tortuosi. Anche perché quando attacchi lui, devi pensare di attaccare anche la sua squadra. La prima cosa sarebbe quella di isolarlo e magari incoraggiare anche altri ad attaccare. Insomma, devi fare qualcosa di diverso dal solito. Io ho sempre saputo con chi avevo a che fare e mi adattavo al suo modo correre, cercando di capire dove attaccare appunto. Per esempio in discesa, soprattutto se pioveva.
Il tuo attacco più pazzo?
Milano-Sanremo 1991 – risponde secco Chiappucci – Io quell’attacco non lo avevo programmato. Non sapevo come sarebbe andata. Vedete quel che dicevo prima? Quando ho visto che pioveva e tutti avevano paura della discesa bagnata mi è venuto in mente. Ho capito che avevano paura perché prima della galleria del Turchino avevano iniziato a fare le volate per prenderla davanti. Tutti sapevano che potevo creare problemi e io volevo proprio fare sconquasso. Però anche l’attacco del Sestriere al Tour è stato abbastanza folle. Attaccai pensando semplicemente: vediamo un po’ che succede…
Serve quindi uno spirito un po’ folle per tentare di mettere in difficoltà Pogacar. Il che può sembrare doppiamente folle, vista la tecnologia del ciclismo. Ma se non si esce dalle righe con Tadej che è più forte, a meno che lui non abbia una giornata no, non lo batti. Semmai la questione non è tanto attaccare Pogacar in un momento inaspettato, ma essere disposti a rischiare di saltare…